NEWSLETTER #56 - aisna
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AISNA Newsletter 56, p. 18<br />
da chi poteva tra i più affezionati dei vecchi allievi. Palestre di dibattito, stimoli alla ricerca e alla<br />
condivisione, sotto il suo occhio attento, esigente, premessa di ricevimenti ed incontri più personali.<br />
Una scuola, che ha spinto ognuno a cercare la sua strada, forti di quelle lezioni, stimolati sempre a<br />
realizzare ciò che stavamo inseguendo, e ad innovare.<br />
*<br />
Ad un mese di distanza dal suo non essere più qui con noi, l’AISNA ci suggerisce di<br />
selezionare un testo di Lombardo per la nostra prima giornata di memoria. Sullo stimolo di questo<br />
invito, ritorno ora alle pagine di Lombardo per cercarne la voce e l’insegnamento. E mi accorgo che<br />
quella voce, così eloquente, capace di andare a fondo, di guidarti nella riflessione, di avvolgerti in<br />
“cerchi concentrici” di riferimento sempre più ampi, che mi sembrava irrecuperabile sul testo<br />
scritto, è invece ancora rintracciabile lì, nelle pagine dei suoi testi. Se ne sente ancora il tono, l’eco,<br />
per chi lo ha conosciuto. Vi è ricca possibilità di scelte a disposizione, per dare il senso di un<br />
insegnamento, di una sua lettura del mondo attraverso la lettura dei testi.<br />
Decido di soffermarmi sulla rivista che ha caratterizzato il suo pluriennale impegno di<br />
americanista, Studi Americani, da lui non ancora trentenne fondata e diretta a partire dal 1955. Ho<br />
la fortuna di averne anche il prezioso primo numero (i numeri successivi mi sono stati spediti al<br />
momento del mio primo contributo alla rivista; ma questo, che mi mancava, mi è ancora più caro<br />
per essermi arrivato in dono, quale sorta di eredità spirituale, dalle carte di Paolo Milano). Nel<br />
risvolto interno di copertina leggo il sottotitolo, “Rivista annuale dedicata alle lettere e alle arti negli<br />
Stati Uniti d’America”, e i nomi dei componenti del Comitato di redazione, Nemi D’Agostino,<br />
Vittorio Gabrielli, Giorgio Melchiorri e B.M. Tedeschini Lalli. In questo primo numero del 1955 i<br />
saggi raccolti sono scritti, nell’ordine, da Vittorio Gabrieli, Giorgio Melchiori, Agostino Lombardo,<br />
Carlo Izzo, Augusto Guidi, Biancamaria Tedeschini Lalli, Alfredo Rizzardi, Glauco Cambon, Paola<br />
Bompard, Roberto Giammanco: un concentrato dei massimi studiosi di quella generazione, che<br />
Lombardo era riuscito a chiamare a raccolta intorno al suo progetto. Vedo i temi, che muovono da<br />
approcci di tipo comparatistico (rapporto tra America e Europa, confronto tra tradizione americana<br />
ed inglese), si concentrano poi sull’amato Hawthorne e su altri grandi classici dell’Ottocento<br />
americano, Thoreau, Melville, per poi passare alla poesia del Novecento (Wallace Stevens e<br />
William Carlos Williams), al romanzo (Faulkner) e a riflessioni estetico-filosfiche sulla concezione<br />
dell’arte. Con la sua sobria copertina giallognola, che rimarrà identica fino all’ultimo volume, la<br />
rivista si presenta così fin dal primo numero come una sintesi di approfondimenti critici di alto<br />
livello sulle “lettere e le arti degli Stati Uniti d’America”, e d’altra parte, come chiarito nella stessa<br />
“Premessa” della redazione, anche come “incentivo per quei giovani che si avviano verso questo<br />
genere di studi”. E’ interessante osservare la insistenza sulla parola “studi”, che già compare con<br />
evidenza nel titolo, e dà, al taglio critico della nascente disciplina, una apertura allora forse neppure<br />
prevedibile verso il futuro di nuove simbiosi culturali.<br />
Da questa rivista, divenuta, così come era nelle intenzioni, fondamentale terreno di cultura<br />
per i giovani studiosi successivi (la storia di quanti americanisti non è iniziata da quella palestra? la<br />
mia nascerà a partire dal n. 12, 1966), seleziono due brani.<br />
Il primo è tratto dal contributo di Agostino Lombardo al n. 5 di Studi Americani (1959), quel<br />
suo saggio “La critica italiana sulla letteratura americana”, in cui, riflettendo sul passaggio dalla<br />
fase pionieristica e talvolta entusiasmante dell’interesse critico per la letteratura americana alla<br />
nuova fase di studi sistematici di taglio accademico, concludeva storicizzando: “Questo è il<br />
momento dello studio, della ricerca” (p. 49). La affermazione relativa alla fase nuova nascente<br />
veniva quindi documentata, a mo’ di esempio, da un lato con la pubblicazione delle prime serie<br />
storie italiane della letteratura americana, ad opera di Salvatore Rosati (1956) e Carlo Izzo (1957), e<br />
dall’altro con l’uscita di Studi Americani, presentata con orgoglio, “sia lecito dirlo”, come “la prima<br />
rivista europea dedicata agli Studi Americani”. La capacità di inserirsi, con il pensiero e l’azione,<br />
nella storia del proprio tempo, la consapevolezza dell’importanza storica di ciò che si realizza, il<br />
senso della novità, sono segni di una voce, e di una azione, che si presentavano, appunto, con questa<br />
autorevolezza e carica morale, ed impronta innovativa. Di ciò sentiamo il sapore anche nella