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Competenze storia e filosofia - parte 1 - Nuovo sito del Liceo Costa

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La difficoltà fondamentale nel valutare e certificare una competenza nasce dal fatto che non si tratta<br />

di misurare il possesso e il controllo di nozioni ma di accertare i modi con cui lo studente sceglie,<br />

adatta, utilizza, trasferisce le proprie conoscenze. Sempre Stefanini osserva: “Se la dimensione è<br />

descrittiva (dei modi <strong>del</strong>l’essere competenti) e non quantitativa (<strong>del</strong>l’avere competenze) occorre<br />

separare il concetto di misurazione da quello di valutazione, separare il cosa si apprende dal come si<br />

apprende. Separare significa attribuire un valore il più possibile oggettivo, ammesso che lo sia, al<br />

cosa si apprende (prodotto cognitivo disciplinare) e un valore negoziale , come scambio di<br />

informazioni rispetto alla attività svolta (Ajello, A.,M., La competenza, il Mulino, 2003), al come si<br />

apprende (processo cognitivo-emotivo-personale). Michele Pellerey (Le competenze individuali e il<br />

portfolio, Roma, Nuova Italia, 2004) propone il principio di triangolazione, tipico <strong>del</strong>le<br />

metodologie qualitative: “per comprendere lo sviluppo <strong>del</strong>le competenze occorre osservare da più<br />

punti di vista e integrare le prospettive oggettive con quelle soggettive <strong>del</strong>lo studente e<br />

intersoggettive <strong>del</strong>la “comunità di pratiche”. 5<br />

A queste tre dimensioni 6 <strong>del</strong>l’osservazione dovranno corrispondere diversi strumenti di<br />

valutazione, ad esempio: il diario di bordo sul piano soggettivo, confronto dialogico, note e<br />

commenti valutativi da <strong>parte</strong> dei gruppi-lavoro, sul piano intersoggettivo e prove più o meno<br />

strutturate per la rilevazione <strong>del</strong>la dimensione cognitiva-operativa”.<br />

5) L’ attuale grave situazione scolastica (strozzatura <strong>del</strong>le risorse umane e materiali) può<br />

essere conciliata con una didattica per competenze?<br />

La ristrutturazione <strong>del</strong> curricolo, il connesso impegno valutativo (e la distensione dei tempi di esso),<br />

il doversi rapportare in modo articolato a tutti ed a ciascheduno, sembrano però cozzare duramente<br />

contro la realtà di classi sovraffollate, spazi temporali risicati di programmazione, spazi fisici non<br />

funzionali. Di fronte a ciò Stefanini aggiunge in modo molto concreto e realistico che “La<br />

letteratura <strong>del</strong>l’apprendimento per competenze suggerisce molteplici situazioni didattiche per lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>le competenze, affascinanti e valide sul piano scientifico ma spesso lontane dalla loro<br />

praticabilità specialmente di questi tempi con le classi da trenta ragazzi e la riduzione <strong>del</strong> tempo<br />

scuola. Occorre selezionare attività semplici, talvolta ”antiche,”che coinvolgono, nel migliore dei<br />

casi, tutto il consiglio di classe, ma anche solo alcuni docenti: processi di elaborazione (selezionare,<br />

archiviare, comparare, utilizzare analogie, contrapposizioni…) attività di argomentazione,<br />

decostruzione-costruzione guidate, role playng (mettersi nei panni di) compiti di realtà (cogliere<br />

5 Ancora Pellerey “In una competenza sufficientemente complessa si possono distinguere tre dimensioni<br />

fondamentali: la prima di natura cognitiva e riguarda la comprensione e l’organizzazione dei concetti che<br />

sono direttamente coinvolti; la seconda è di natura operativa e concerne le abilità che la caratterizzano; la<br />

terza è di natura affettiva e coinvolge convinzioni, atteggiamenti, motivazioni ed emozioni, che permettono<br />

di darle senso e valore personale”. Pellerey (2000)<br />

6 Per una più ampia esemplificazione di queste tre dimensioni cfr. più avanti la citazioni da Castoldi alle note<br />

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