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16. Sindromi da alterata pressione endocranica

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618 Le grandi sindromi neurologiche<br />

(con fluoresceina sodica o verde di indocianina<br />

endovena) è particolarmente utile, specie nei<br />

casi dubbi, permettendo di distinguere un papilledema<br />

vero (diffuso) <strong>da</strong> uno pseudo-papilledema<br />

<strong>da</strong> corpi ialini (multifocale) o <strong>da</strong> iperopia<br />

e <strong>da</strong> un papilledema <strong>da</strong> papillite.<br />

L’esame dell’acuità visiva, e soprattutto la<br />

campimetria manuale di Goldmann o automatica<br />

di Humphrey con test di sensibilità al contrasto<br />

ed al colore permettono di documentare<br />

l’esistenza di un deficit visivo anche infraclinico<br />

e di seguirne periodicamente l’evoluzione. I difetti<br />

visivi che più frequentemente si osservano<br />

sono rappresentati <strong>da</strong> restringimenti concentrici<br />

(30%) e difetti nasali inferiori (15%). Seguono<br />

difetti arcuati, allargamento della macchia<br />

cieca fisiologica, scotomi cieco-centrali. Lo studio<br />

dei potenziali evocati visivi, invece, è scarsamente<br />

utile.<br />

Qualora coesista diplopia, il test di Hess-<br />

Lancaster permette di appurare se essa dipende<br />

<strong>da</strong> un’isolata paralisi dell’abducente, oppure <strong>da</strong><br />

una paralisi di altri nervi oculomotori (III e IV),<br />

incompatibile con diagnosi di IIH.<br />

Il riscontro anamnestico di uno o più episodi<br />

di amaurosi fugace monoculare richiede tassativamente<br />

lo studio eco-Doppler dei vasi sopra-aortici,<br />

onde escludere l’eventualità di una<br />

patologia ateromasica carotidea.<br />

La diagnosi infine deve sempre considerare la<br />

possibilità di malattie o affezioni sistemiche ancora<br />

poco appariscenti, di cui la sindrome può tuttavia<br />

costituire il primo segnale di avvertimento.<br />

TERAPIA<br />

Si deve innanzi tutto valutare e tener conto<br />

delle condizioni visive del paziente, programmando<br />

una soluzione neurochirurgica qualora si<br />

verifichino peggioramenti del visus progressivi<br />

o anche improvvisi.<br />

La terapia medica comprende: a) sospensione<br />

di ogni farmaco a sospetta o accertata azione<br />

causale, b) sottrazione ripetuta di liquor per<br />

via lombare (20-40 ml, 3-4 volte nell’arco di 2-<br />

4 settimane), c) somministrazione di diuretici<br />

(acetazolamide retard fino ad 1 g/dì per os.;<br />

furosemide, clortalidone, ecc.) e vasocostrittori<br />

periferici; d) attuazione di una dieta a basso contenuto<br />

di NaCl ed acqua e, in caso di sovrappeso,<br />

adeguatamente ipocalorica; e) 2-3 periodi<br />

di riposo supino per 30'-1 h nel corso della<br />

giornata.<br />

Solo in casi particolarmente gravi può essere<br />

indicato un breve ciclo di terapia con glicocorticoidi<br />

(desametazone, 8-16 mg/dì per alcuni<br />

giorni sotto gastroprotezione).<br />

I risultati sono in genere soddisfacenti, anche<br />

se non suffragati <strong>da</strong> evidenze meta-analitiche a<br />

riguardo: infatti, la sindrome può migliorare e<br />

guarire spontaneamente già dopo la prima<br />

rachicentesi terapeutica, ma anche recidivare a<br />

distanza di tempo.<br />

Il trattamento neurochirurgico (derivazione<br />

lombo-peritoneale) è riservato ai pazienti più<br />

gravi e resistenti, o ai pazienti con peggioramento<br />

del visus. Può essere alternativamente applicato<br />

un più semplice, settoriale intervento di<br />

fenestrazione e decom<strong>pressione</strong> del nervo ottico<br />

per via transcongiuntivale. Ciascun approccio<br />

presenta vantaggi e svantaggi, ma non è stato<br />

ancora chiarito quale dei due produca i migliori<br />

risultati, anche in termini di rapporto rischi/benefici<br />

(Brazis e Lee, 1998).<br />

In particolari casi di grave IIH con ipertensione<br />

venosa <strong>da</strong> ostruzione parziale dei seni è<br />

stata verificata anche l’utilità di un’angioplastica<br />

per via endoscopica con posizionamento di<br />

«stent» a dimora (Malek et al., 1999).<br />

4. Idrocefalo<br />

Il termine «idrocefalo» (idro- + kephalé‚ testa)<br />

è stato usato per la prima volta <strong>da</strong> Ippocrate<br />

per indicare un abnorme aumento del volume<br />

liquorale a spese del parenchima cerebrale.<br />

Epifenomeno di patologie anche molto dissimili,<br />

l’idrocefalo può rimanere confinato al sistema<br />

ventricolare (idrocefalo interno), manife-

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