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IL BUON LADRONE Dionigi Tettamanzi (Cardinale ... - Villa Schiari

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proprio peccato, anzi - andando ancora più a fondo nella considerazione della<br />

propria personalità - riconoscersi peccatore, capace di peccato e portato al peccato, è il<br />

principio indispensabile del ritorno a Dio » (Esortazione Reconciliatio et paenitentia,<br />

13).<br />

Il buon ladrone riconosce apertamente il proprio peccato: lo riconosce attraverso<br />

l'accettazione<br />

di una pena che ritiene giusta, in quanto dovuta al proprio<br />

comportamento cattivo. E lo riconosce davanti agli altri, in particolare davanti all'altro<br />

malfattore, affermando sia la propria ferma convinzione (espressa con il « rimprovero<br />

» mosso al compagno) sia la triste « solidarietà » nel male (ricorrendo al « noi »).<br />

Scrive l'evangelista: « Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei<br />

dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre<br />

azioni, egli invece non ha fatto nulla di male" »(Luca 23,40-41).<br />

Non solo davanti agli altri, ma anche e soprattutto davanti a Gesù il buon ladrone<br />

riconosce<br />

il proprio peccato. Infatti, da un lato contrappone al male da lui compiuto<br />

l'innocenza piena del Crocifisso: « Egli invece non ha fatto nulla di male » (v. 41) e,<br />

dall'altro lato, affida se stesso e il suo futuro al Crocifisso: « Gesù, ricordati di me... »<br />

(v. 42). Proprio lo splendore dell'innocenza di Gesù gli fa percepire tutta la tenebrosità<br />

del male compiuto. E sempre così: solo la stima e il fascino del bene possono<br />

sprigionare e alimentare il disprezzo e il rifiuto del male.<br />

In questione qui non è semplicemente un bene astratto e generico, bensì un bene<br />

profondamente<br />

personale, concreto, vivo. E Gesù stesso nella sua innocenza totale: «<br />

non ha fatto nulla di male ». Un'innocenza, quella di Gesù, che raggiunge il massimo<br />

del suo fulgore proprio sulla Croce, secondo l'antica profezia: « Maltrattato, si lasciò<br />

umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora<br />

muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì bocca » (Isaia 53,7).<br />

Possiamo ora comprendere un dato costante e fortemente significativo della<br />

tradizione<br />

morale e spirituale della Chiesa: questa invita alla contemplazione del<br />

Crocifisso e alla meditazione della passione e morte del Signore come « strada maestra<br />

» per radicare sempre più profondamente nel proprio « io » la coscienza del peccato.<br />

Nulla come la conoscenza di Gesù Cristo « crocifisso » può far percepire tutta la<br />

gravità del mysterium iniquitatis. E questo un punto particolarmente caro alla<br />

spiritualità di san Carlo Borromeo, che in un'omelia d 'inizio Quaresima diceva: «<br />

Nulla più vale ad eccitare in noi il dolore, a cavare lacrime, ad infondere l'odio al<br />

peccato, a portare alla vera conoscenza di noi stessi, quanto il continuo ricordo della<br />

Passione di Cristo Signore.. Dunque per sradicare il peccato, per infrangerne il giogo,<br />

per abolirne lo stesso nome, il Figlio di Dio liberamente si sottomise ad una morte sì<br />

crudele e ha tanto patito. E noi, memori di tutto questo, non detesteremo il peccato più<br />

della stessa morte, più dell'inferno, più di tutti i mali e di tutto ciò che merita di essere<br />

aborrito?» (Omelia del 24 febbraio 1584).<br />

L'accusa dei peccati e la lode a Dio « ricco di misericordia »<br />

Un altro passo nel cammino della conversione è l'accusa dei peccati, o, come<br />

tradizionalmente<br />

siamo soliti dire, la confessione. Il riconoscimento del proprio<br />

peccato parte sì dall'intimo della coscienza, ma investe la totalità della persona e<br />

quindi tocca anche la sua « relazionalità » con Dio e con gli altri. Per questo il<br />

riconoscimento del proprio peccato tende, per sua intima natura, ad essere « manifestato<br />

»: appunto, « confessato ».<br />

AQuesta nche per il buon ladrone è possibile parlare di « confessione » del male cornpiuto.<br />

si ritrova non solo nelle « parole » rivolte all'altro malfattore, ma ancor più<br />

nelle « parole » rivolte a Gesù crocifisso. Proprio commentando l'invocazione «<br />

Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno » (v. 42), il vescovo di Costantinopoli<br />

san Giovanni Crisostomo dice in una sua omelia: « Non ebbe il coraggio di dirlo prima<br />

di aver deposto con la confessione il carico dei peccati. Vedi quanto è potente la

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