Giugno - Circhi
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Zavatta che faceva salti mortali sul filo elastico bendato.<br />
Tutti riuniti, in questo spettacolo di tre ore, nella pancia<br />
di uno chapiteau che ospitava per la prima volta il vero<br />
gorilla King Kong, importato appositamente dagli Stati<br />
Uniti e prodotto da Dino De Laurentiis. Un prodigio della<br />
tecnologia alto 17,65 metri.<br />
Un evento colossale, che il giornalista Ugo Volli, su Repubblica<br />
evidenziò con un epiteto che fu anche il suo aggettivo,<br />
Supercircus, una coproduzione intereuropea che raggiunse<br />
la nostra città nel settembre 1975, su concessione del<br />
Dott. Luciano Savio e a seguito della rinuncia del medesimo<br />
piazzale antistante l’Ente Fieristico Pordenonese, da parte<br />
di Carlo Triberti, titolare del Circo Internazionale Tribertis<br />
al quale era stato precedentemente concesso lo spazio.<br />
Quello sarebbe stato l’ultimo anno di vita di Jumbo, ossia<br />
una delle più grandi parentesi circensi di tutti i tempi,<br />
della pista italiana.<br />
“Il Clown’s Circus, fu, a tutti gli effetti il primo<br />
circo ad avere la firma di un regista, esattamente<br />
come accade per le pièce da<br />
palcoscenico”.<br />
L’altro caso esemplare di ospitalità avvenne nel 1984<br />
quando a Verona, per volontà di un giovane ragazzo che<br />
rispondeva al nome di Antonio Giarola venne prodotto,<br />
dalla famiglia Cavedo, altrettanto importante dinastia<br />
circense nazionale, uno spettacolo intitolato Clown’s Circus.<br />
Il circo, una festa, che raggiunse Pordenone nel settembre<br />
di quell’anno, l’unico vissuto da questa brillantissima idea<br />
onirico-estetica. Anche in questo caso l’evento è di quelli<br />
da immortalare: siamo di fronte al primo esempio assoluto<br />
in Italia di cosiddetto circo di regia e drammaturgia<br />
applicate al circo tradizionale. Il Clown’s Circus, fu a tutti<br />
gli effetti il primo circo ad avere la firma di un regista,<br />
esattamente come accade per le pièce da palcoscenico.<br />
Non è un caso, infatti, che in quell’occasione, la stampa<br />
si trovasse sospesa nell’indefinibile operato a cavallo tra<br />
circo e teatro e fu proprio da quel momento che l’universo<br />
delle arti performative imparò a conoscere un<br />
genere di spettacolo seguitissimo oggi: quello del<br />
nouveau cirque o, appunto, del circo-teatro.<br />
Pordenone, infine, è una provincia che vanta un<br />
rapporto particolare con una delle più celebri e<br />
storiche famiglie circensi italiane: quella dei Togni.<br />
Forse in pochi sanno che nel Cimitero Comunale<br />
ricerche<br />
pordenonese esiste una tomba nella quale riposano i<br />
capostipiti di questa famiglia, Aristide Togni, ragioniere<br />
pesarese, e la moglie Teresa De Bianchi. Assieme a loro<br />
6 degli 8 figli dai quali presero vita i tre rami della dinastia<br />
Togni e quel Circo Nazionale Togni che tanto successo<br />
conobbe negli anni quaranta e cinquanta. Un legame<br />
affettivo, dunque, ha collegato e stretto in una fitta corrispondenza<br />
e frequentazione, iniziata nel 1927, Pordenone<br />
con questa famiglia di viaggianti.<br />
Vedendola così, oggi, priva di chapiteau, una tra le città<br />
italiane meno colorate da tendoni, per ragioni di spazio<br />
e motivi burocratici, potrebbe sembrare quasi impossibile<br />
un passato così frequentato da artisti, eppure… anche<br />
questa, forse, è una delle conseguenze del trascorrere<br />
degli anni, del trasformarsi delle città sempre più cementizzate<br />
e sempre meno fatte di spazi aperti. Anche questo<br />
è il segno, comunque, che la storia è passata anche qui,<br />
è segno che anche noi, spettatori e lettori di tutte le età<br />
abbiamo contribuito con la nostra partecipazione allo<br />
sfavillio di un universo viaggiante, noi, mondo dei fermi,<br />
che nel fluire frenetico degli anni abbiamo tutti uno<br />
chapiteau da ricordare, grande o piccolo che sia.