Col Colleano Pensare con i piedi di Ruggero Leonardi
Ricordo Gene Mendez, funambolo dotato di grande spettacolarità, che negli anni '70 del secolo alle nostre spalle passò per Milano con il circo di Liana Orfei. Quando scendeva dal filo era un uomo stanco e non lo nascondeva: “Dieci minuti della mia esibizione equivalgono, per logorio fisico e mentale, alla giornata di un impiegato”. Fu allora che incominciai a concentrare la mia attenzione su chi cammina in quello strano modo. Chi cammina sul filo teso, sia che abbia sotto i piedi una platea di circo sia che abbia sotto i piedi le cascate del Niagara, non sa di camminare sul filo teso. O per essere più precisi, lo sa ma finge di non saperlo. Il funambolo cammina dentro una sua propria dimensione, gli occhi rivolti a un punto dell'orizzonte di cui lui solo sa, la mente concentrata nei soli movimenti indispensabili, i piedi che conoscono il loro mestiere e sanno posarsi su quel marciapiede di dosati millimetri come vuole la regola, con le punte in fuori e con appoggio prima sul tallone e poi sull'alluce. Qualche volta i piedi si staccano entrambi perché l'uomo sul filo, per dovere di spettacolo, fa strane cose, ma la spina dorsale resta sempre perfettamente perpendicolare alla linea retta del filo. Lavorare sul filo teso è una disciplina che affascina ma anche – e con ragione - sgomenta. Quel saldo equilibrio nervoso, che di per sé è condizione necessaria per ogni artista di circo, per il funambolo è sopravvivenza. Che Andrea Loreni in Piazza Maggiore a Bologna (foto di Fabio Marino) comincia dai piedi, passa per il meccanismo mentale umano e ai piedi con imperio ritorna. A quei piedi che devono essere protetti con apposite calzature dalla durezza acuminata del filo, però mantenendo quella sensibilità prensile senza la quale il funambolo non è. Accostarsi a questo lavoro senza convinzione non è dato. Se l'artista non lo ama, difficilmente lo continuerà. Non solo il piede deve imparare a soffrire, ma il corpo intero là dove cade quando l'equilibrio è malriuscito, e quando la mente è chiamata a metabolizzare subito il disagio del corpo. Per queste ragioni, benché si tratti di un episodio che ormai ha 90 anni di vita, ancora riusciamo a stento – noi semplici spettatori che talvolta siamo capaci di scivolare persino su un comodo marciapiede – a comprendere quel che riuscì allora a un artista da leggenda. “Con Colleano”, ci ricorda Alessandro Serena nella sua densa Storia del Circo, “nome d'arte di Cornelius Sullivan, funambolo di origine australoirlandese (1899-1973), all'età di 12 anni è acrobata equestre e nel 1925 è al Ringling Bros. Dove a lungo, in seguito, occuperà la pista centrale. Primo funambolo a non usare nessun attrezzo di bilanciamento, nel 1919 è anche il primo a eseguire, sulla fune, il salto mortale in avanti”. Che è impresa teoricamente impossibile, perché impone di metterla in atto “con i piedi ciechi”. Saltare all'indietro, per chi è del circo, è gioco da ragazzi. Ricordo che lo fece davanti ai miei occhi una volta, 5