Redone n. 5-6 anno 2005 - Parrocchia GOTTOLENGO
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La notte fra il 14 e il 15, al nostro<br />
accampamento sono venuti<br />
dei capi partigiani greci a<br />
chiedere al mio Colonnello se<br />
voleva passare dalla loro parte,<br />
con tutti i suoi soldati avrebbero<br />
dato loro armi e viveri in<br />
abbondanza purché avessero<br />
deciso di collaborare a scacciare<br />
il nemico dalla Grecia, ma<br />
ormai la propaganda tedesca<br />
aveva già incominciato il suo<br />
impulso e perciò anche il nostro<br />
Colonnello era ormai convinto<br />
che ci portassero a casa,<br />
per questo rispose così agli artigiani:<br />
“i miei alpini h<strong>anno</strong> già<br />
sofferto troppo, i tedeschi mi<br />
h<strong>anno</strong> dato parola d’onore che<br />
ci f<strong>anno</strong> rimpatriare tutti e per<br />
questo io voglio essere fiero di<br />
mandare tutti alle loro case”. Il<br />
mio Colonnello era un brav’uomo,<br />
anche lui, privo di qualsiasi<br />
comunicazione, era allo scuro<br />
di tutto ciò che poteva accadere<br />
e neanche lui sapeva cosa<br />
decidere.<br />
Al mattino seguente siamo di<br />
nuovo partiti, abbiamo fatto<br />
tappa a Corizza città importante<br />
d’Albania, qui abbiamo saputo<br />
che si doveva proseguire<br />
fino a Florina in Macedonia, là<br />
ci sarebbe stato il treno che ci<br />
portava, dove non si sapeva.<br />
Anche qui, una mezza giornata<br />
di sosta, solo il tempo necessario<br />
per fare qualcosa da<br />
mangiare e riposarsi un poco e<br />
poi siamo ripartiti ancora e tutti<br />
i giorni erano uguali, si partiva<br />
di buon mattino, si arrivava ai<br />
posti di tappa a circa mezzo-<br />
giorno, si mangiava, si riposava<br />
e si ripartiva.<br />
Dopo sei o sette giorni che si<br />
marciava, i tedeschi ci h<strong>anno</strong><br />
autorizzato di scrivere tutti una<br />
cartolina inviando saluti a casa<br />
con un presto arrivederci, che<br />
loro avrebbero pensato ad inviare<br />
in Italia a mezzo aereo. Da<br />
quel giorno ci siamo animati ancora<br />
di più e si marciava sempre<br />
più volentieri, con la speranza<br />
di avvicinarci sempre più veloci<br />
a quel treno che avrebbe dovuto<br />
portarci in Italia. Sulle strade<br />
si incontravano molte autocolonne<br />
di truppe tedesche che<br />
andavano a occupare i presidi<br />
lasciati da noi.<br />
I viveri che avevamo sulle poche<br />
carrette lasciate dai tedeschi<br />
incominciavano a diminuire<br />
e allora ci siamo dati a rubare<br />
patate che erano ancora nei<br />
campi durante le soste che si<br />
facevano, e poi c’era la popolazione<br />
greca o albanese che<br />
ci vendeva delle mele oppure<br />
qualche pezzo di pane. Soldi<br />
ne avevamo, per noi allora non<br />
avevano più nessun valore, e<br />
perciò li spendevamo quando<br />
si trovava qualcosa, che era<br />
sempre molto poco perché<br />
anche laggiù non c’era altro<br />
che caos per la guerriglia che<br />
ogni giorno andava sempre<br />
crescendo.<br />
Era ormai più di dieci giorni che<br />
si camminava, ma a quella città<br />
tanto desiderata non si arrivava<br />
mai, avevamo ormai attraversato<br />
tutta l’Albania e giunti<br />
di nuovo in Grecia e cioè in<br />
- 3 -<br />
Il <strong>Redone</strong><br />
Macedonia, eravamo tutti sfiniti<br />
e cominciavamo a perdere<br />
un poco di coraggio, ma i tedeschi<br />
con le loro motociclette<br />
continuavano su e giù della<br />
colonna a scopo di controllo,<br />
avevano ormai capito della nostra<br />
stanchezza e per la paura<br />
che anche noi si scappasse<br />
coi partigiani come tanti altri,<br />
ci facevano coraggio dicendoci<br />
che Florina era ormai poco<br />
distante e là ci sarebbe stato il<br />
treno che ci aspettava per portarci<br />
in Italia. Allora sentendo<br />
così, ci siamo animati un poco<br />
e con impeto ci siamo messi<br />
di nuovo a marciare (e difatti<br />
cancellato).<br />
Dopo tre giorni, di dura fatica<br />
siamo arrivati a Florina dove<br />
veramente c’era il treno che<br />
ci aspettava. Mancava ancora<br />
un’ora all’orario per salire in<br />
treno e così abbiamo approfittato<br />
per comperarsi qualche filoncino<br />
di pane bianco, che da<br />
più di un <strong>anno</strong> non vedevo e poi<br />
mentre si stava cavarsi la sete<br />
con delle angurie abbiamo<br />
sentito dei fischi qua e là erano<br />
i tedeschi che davano ordine<br />
di montare in treno, erano le<br />
ore 6 del giorno 29 settembre<br />
1943, sedici giorni di continue<br />
marce sfidando con coraggio<br />
senza pari tutte le fatiche, sole<br />
tropicale, sete, stanchezza,<br />
dormire sotto una tenda al duro<br />
e all’umidità e tante altre cose<br />
che per me, sono impossibili a<br />
descrivere.<br />
Continua nel prossimo numero