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Quello che gli altri non vi dicono… - Archivio del Fendente

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Il Ponte Otto Martiri<br />

Tradizione, storie e leggenda<br />

di Francesco Crociani<br />

Badia Tedalda - Il ponte Otto Martiri sul fiume Marecchia<br />

rappresenta un collegamento strategico: in passato la maggior<br />

parte <strong>del</strong> fiume veniva superata a guado, ad acqua bassa,<br />

sce<strong>gli</strong>endo punti di passaggio pianeggianti, dove le acque<br />

scorrevano più lentamente. Le due sponde contrapposte avevano<br />

pochi punti di comunicazione <strong>che</strong> oltrepassavano il Marecchia.<br />

Le <strong>vi</strong>e all’epoca erano unite da qual<strong>che</strong> passerella in legno,<br />

percorribile an<strong>che</strong> da carrozze e per superarle, a volte, bisognava<br />

pagare una gabella. Spesso succedeva <strong>che</strong>, a causa dei continui<br />

straripamenti <strong>del</strong>le acque, per le troppe piene, le due sponde<br />

rimanevano separate per diversi mesi <strong>del</strong>l’anno, specialmente nei<br />

periodi invernali, quando il fiume ingrossava per le abbondanti<br />

piogge o ne<strong>vi</strong>cate. Cessata la fiumana, occorreva ricollocare<br />

strade e passerelle nella loro posizione iniziale. Il fiume <strong>che</strong><br />

attraversa la Valmarecchia ha una gran letto, le distanze tra le<br />

due sponde sono enormi, e <strong>non</strong> è un caso se nel bacino si contano<br />

pochi ponti. All’inizio <strong>del</strong> ‘900, la costruzione di un ponte era<br />

un’opera di grande impegno, considerata quasi prodigiosa. Per<br />

questo la loro costruzione ha dato origine a molte leggende, <strong>che</strong><br />

spesso avevano come protagonista il diavolo, in quanto<br />

congiungere due luoghi separati era <strong>vi</strong>sta da molti come un’opera<br />

diabolica. Il ponte è l’unica <strong>vi</strong>a di comunicazione, un’opera<br />

necessaria per unire due vallate, separate da un fiume a volte<br />

sonnacchioso e, a volte, turbolento come il Marecchia. Poco<br />

sappiamo sull’idea originaria <strong>del</strong>la costruzione <strong>del</strong> ponte: le<br />

notizie documentabili circa il primo progetto di realizzazione <strong>non</strong><br />

esistono, abbiamo solo qual<strong>che</strong> testimonianza orale. Si pensa <strong>che</strong><br />

il manufatto sia stato progettato nel 1914: i primi lavori<br />

cominciarono nel 1922, la ditta esecutrice era composta da alcuni<br />

specialisti venuti dalla Germania, l’opera fu terminata nel 1925. Il<br />

ponte venne battezzato con il nome <strong>del</strong>la località dove era stato<br />

eretto: “Ponte dei Carrettoni ”. Costruito in una striscia di terra<br />

dove finiva la vecchia mulattiera ed iniziava l’attraversamento a<br />

guado <strong>del</strong> fiume, per passare dall’alta parte <strong>del</strong>la sponda. L’opera<br />

è costruita interamente in pietra, con sette campate, sopra i<br />

parapetti realizzati con i mattoni, stuccati nei giunti con sabbia e<br />

calce. Con questa struttura di collegamento, le vallate <strong>del</strong><br />

Senatello e <strong>del</strong>la Valtiberina per la prima volta hanno un diretto<br />

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interscambio, inoltre si av<strong>vi</strong>cinano i comuni limitrofi: Pennabilli<br />

(nel versante di fronte) e Novafeltria, in questo contesto assumono<br />

una notevole importanza.<br />

La vera no<strong>vi</strong>tà consiste nel poter raggiungere velocemente alcune<br />

città importanti, come Rimini e Arezzo, collegate tra loro tramite i<br />

bus di linea. Ogni ponte racconta la propria storia: quella <strong>del</strong> ponte<br />

Carrettoni - poi Otto Martiri - è assai intricata, per la scarsità di<br />

documenti <strong>che</strong> lo riguardano e per le leggende popolari <strong>che</strong><br />

circolano nei territori dallo stesso collegati. Il ponte dei Carrettoni è<br />

in zona imper<strong>vi</strong>a, lontano dai centri abitati, <strong>non</strong> ha mai avuto poeti o<br />

scrittori <strong>che</strong>, con le loro immaginazione, lo cantassero. I fantastici<br />

racconti, pieni di emozioni, intensi di storia da fotografare, con<br />

colori da mozzafiato, qui sono venuti a mancare. Qual<strong>che</strong> leggenda,<br />

<strong>che</strong> si mescola alla realtà, ci può aiutare a conoscere me<strong>gli</strong>o <strong>gli</strong><br />

aspetti legati ad un passato e a condizioni di <strong>vi</strong>ta assai dure. La<br />

storia di un ponte è sempre stata caratterizzata da eventi <strong>che</strong>,<br />

attraverso la <strong>vi</strong>ta quotidiana, danno origine a piccole o grandi<br />

<strong>vi</strong>cende. Gosto Fabbri, fi<strong>gli</strong>o di Lodo<strong>vi</strong>co, ha <strong>vi</strong>ssuto una <strong>vi</strong>ta nei<br />

paraggi <strong>del</strong> ponte Otto Martiri, ed è una fonte orale di primaria<br />

importanza per la conoscenza <strong>del</strong>la storica costruzione: “mio padre<br />

ha lavorato come muratore nel ponte Carrettoni, in un’atti<strong>vi</strong>tà tipica<br />

stagionale, a supporto <strong>del</strong>la conduzione <strong>del</strong>l’osteria di cui era<br />

proprietario e gestore. Una volta l’economia di montagna era mista,<br />

venivano svolte più atti<strong>vi</strong>tà integrative. Lodo<strong>vi</strong>co, specializzato in<br />

muratura con la pietra, molto richiesto in vallata, conosceva il<br />

materiale da costruzione, <strong>che</strong> veniva dalle nostre cave. Si scavava il<br />

terreno e la roccia con la zappa, si preparava l’impasto per costruire<br />

le fondamenta. Il lavoro proseguiva sotto la guida <strong>del</strong> capomastro,<br />

solo lui conosceva i numeri <strong>del</strong> disegno. Per arrotondare la paga,<br />

Lodo<strong>vi</strong>co, la notte, cuoceva il cibo per <strong>gli</strong> operai, lo riponeva in un<br />

pentolino per consumarlo poi nel lavoro: in estate all’ombra di<br />

qual<strong>che</strong> muro o ponteggio e d’inverno attorno ad un fo<strong>che</strong>rello<br />

acceso con pezzi di legno di scarto. Il cibo, consisteva in una<br />

pagnotta di pane, svuotata all’interno, riempita di fagioli cotti. Il<br />

bere era il <strong>vi</strong>no <strong>del</strong>le nostre campagne. “Ricordo - prosegue Gosto -<br />

<strong>che</strong> da piccolo andavo con il babbo a giocare in cima al ponte, e<br />

ascoltavo dalla sua voce quanto sudore era stato versato per la<br />

realizzazione <strong>del</strong>l’opera. Durante <strong>gli</strong> sca<strong>vi</strong> di sistemazione, in una<br />

ca<strong>vi</strong>tà, vennero alla luce resti di ossa umane, fatte risalire al periodo<br />

<strong>del</strong>le guerre <strong>che</strong> in passato c’erano state tra le contee dei luoghi:<br />

Cicognaia, Montebello e Monterotondo. Le spo<strong>gli</strong>e furono stipate in<br />

sacchi, caricate nei barocci trainate da buoi e portati ne<strong>gli</strong> ossari dei<br />

cimiteri adiacenti. Oggi, a parlare di tutto questo provo una<br />

profonda amarezza, per <strong>gli</strong> anni <strong>che</strong> sono passati, ma an<strong>che</strong> un certo<br />

piacere, nel vedere ristrutturato il ponte, dopo anni di chiusura e<br />

degrado”. Dal racconto orale di Linda - sorella di Gosto - trapela un<br />

po’ di malinconia: “i primi <strong>vi</strong>andanti <strong>che</strong> percorrevano il ponte a<br />

piedi provenivano dalle nostre campagne, un tempo molto popolate:<br />

contadini, mezzadri, operai <strong>che</strong> si recavano a prendere il bus alla<br />

Ripa <strong>del</strong>la Valenta, dove tutti accalcati, iniziavano il <strong>vi</strong>aggio per<br />

raggiungere un luogo lontano, ed era un momento importante, tutti<br />

si vestivano a festa. Le spo<strong>gli</strong>e furono stipate in sacchi, caricate nei<br />

barocci trainate da buoi e portati ne<strong>gli</strong> ossari dei cimiteri adiacenti”.<br />

“Transitavano nella stessa <strong>vi</strong>a commercianti, carbonai, legnaioli e<br />

vetturini <strong>che</strong> con i muli, carichi di soma (provenienti dalla valle <strong>del</strong><br />

Senatello) (continua a pag. 14)

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