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Wu Ming – Pantegane e sangue (.pdf scaricabile) - lucatleco

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- 11 -<br />

Quando sollevo lo sguardo non c’è più nessuno. Non sono più davanti alla Topaia, ma nel<br />

centro di Topolinia.<br />

E sono solo. Strade deserte, nessuno in giro, nessuno alle finestre. Solo. I muri e il fondo<br />

stradale hanno colori finti, di tonalità accese, pastello. Tracce di vita: zero. Neanche una<br />

cartaccia per terra o una merda di cane spiaccicata.<br />

Era notte, sono sicuro che era notte, ma adesso c’è luce, questa luce irreale, senza sole.<br />

Merda. Non ho calato niente. Ho bevuto solo un dito di scotch. Dove cazzo sono tutti quanti!?<br />

Cammino per la città deserta convinto di essere impazzito. Giro l’angolo e mi imbatto in un<br />

manifesto pubblicitario. Un tipo basso, baffetti neri e ciuffo da una parte, indossa una camicia<br />

bruna e una croce uncinata gli cinge il braccio. Strano. Ho un moto spontaneo di simpatia per<br />

un uomo che nemmeno conosco. Perché? Che significa?<br />

Mentre mi avvicino, i tratti somatici del tizio mutano impercettibili fino a trasformarsi in quelli di<br />

un uomo di mezza età, anche lui capelli neri, baffi sottili, solo appena più lunghi. Lo sguardo è<br />

falso e inquietante, il sorriso mette i brividi e al tempo stesso attrae. Sento montare dentro<br />

una gran nostalgia, come la sensazione di qualcosa per sempre lontano. Senza<br />

accorgermene, formulo nella mente la parola: PAPÀ.<br />

Mio padre? Non ho mai avuto un padre. Come cazzo è possibile?<br />

Poi qualcosa attrae la mia attenzione, oltre la vetrina del negozio di fronte. Vende cornici, c’è<br />

una fotografia racchiusa in un riquadro d’argento, è una vecchia immagine sbiadita: un<br />

cavallo A e una mucca A abbracciati e sorridenti. Li riconosco, Orazio e Clarabella. Nella<br />

cornice accanto c’è Eta Beta, il mio amico marziano, che se la ride. Questi li conoscevo, dove<br />

sono finiti? Sono morti? No, non ho mai saputo che fossero morti, solo a un certo punto non li<br />

ho più visti in giro, sono come… scomparsi. Chi li ha fatti sparire?<br />

Poco più in là, sotto l’insegna spenta di un cinema, mi riconosco nel cartellone di un film. Ho<br />

l’aria stolta e giuliva, indosso una tunica a stelline, da mago, troppo larga e impugno una<br />

bacchetta. In basso, una processione di scope marcia compatta. FANTASIA, campeggia<br />

sopra le figure. Ho un brivido, l’eco remota di un ricordo. Paura e disgusto. Che storia era?<br />

C’era un mago, sì, e io ero l’ apprendista. E combinavo un gran casino… C’erano scope<br />

antropomorfe e acqua dappertutto e una marcetta del cazzo che non smetteva più… E chi se<br />

lo ricordava. Perché l’avevo fatto? Chi mi aveva costretto a far la parte del coglione?<br />

Cammino ancora e con la coda dell’occhio intravedo un grande poster, dentro un bar vuoto.<br />

Proprio sopra il bancone, un disegno in bianco e nero: un topo con assurdi mutandoni e occhi<br />

senza pupille. Sono ancora io. Sono io da giovane. E al mio fianco c’è un grosso gatto<br />

ingobbito, con la coda penzolante, una gamba di legno tipo pirata e l’aria famelica. E’ Pietro,<br />

cinquanta chili fa e senza doppi menti. Ma sì, ero un maledetto sorcio degli anni Trenta. Molto<br />

prima di diventare uno sbirro, poi… Il tempo, il tempo mi sfugge. Settantadue anni: dovrei<br />

essere decrepito, dovrei essere… morto.<br />

Ma a Topolinia non muore mai nessuno. Non era mai successo, prima che sparassi al leone<br />

A e all’amico dromedario. Ma allora…<br />

Dove diavolo sono finito? Dove sono finiti tutti?<br />

Sul muro davanti a me, un altro cartellone: lo yak buddista sparacazzate, seduto a gambe<br />

incrociate, un fumetto gli esce dalla bocca: - NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA.<br />

Rumore di passi alle spalle. Mi volto, vengono da lontano, risuonano nelle strade deserte.<br />

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