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68.intervallo Exibart.onpaper<br />

le preferenze di Patricia Rivadeneira<br />

direttore dell'Istituto Italo-Latino Americano<br />

<strong>01</strong>. La città Parigi<br />

02. Il libro Alla ricerca del tempo perduto<br />

03. Il film Orizzonte perduto (1937) di Frank Capra<br />

04. Il cantante Ravi Shankar<br />

05. Il ristorante Hasekura giapponese a Roma<br />

06. Il cocktail Bloody Mary<br />

07. L'uomo politico Nelson Mandela<br />

08. Il quotidiano Il Manifesto<br />

09. L'automobile non mi interessano le automobili<br />

10. Lo stilista Jean Paul Gautier<br />

11. L'attore Jack Nicholson<br />

12. Il programma tv Ballaro’<br />

13. La canzone La Llorona de Chavela Vargas<br />

Bruno Corà - direttore artistico Museo d'Arte della città di Lugano, tenterà il tredici sul prossimo numero<br />

ahbbellooo!!!<br />

s t r a f a l c i o n i d i g e s t<br />

Si chiama Palazzo Chuppi ed è la casa studio del pittore e regista Julian Schnabel: si trova nel West<br />

Village di New York…<br />

[su velvet]<br />

Il nome Chuppi ricorda piuttosto una scultura di Koons, altro che Schnabel. Il bel palazzo rosa,<br />

in stile veneziano, si chiama Chupi, con una p sola...<br />

Nel riquadro delle segnalazioni di eventi d'arte è indicata la mostra sul Louvre a Verona fino al 15 febbraio<br />

sotto la direzione di Marco Goldin…<br />

[sul primo numero del rinnovato playboy]<br />

Caro Playboy, non sarà mica meglio che pensi ad... altro e non alle mostre? Quella mostra sul<br />

Louvre a Verona è saltata e non si è proprio vista!<br />

...i funzionari del ministero per i Beni e le Attività culturali hanno rimesso in campo una vecchia legge<br />

fascista, che stabilisce che il 2 per cento del budget di un edificio pubblico venga destinato a un'opera<br />

decorativa.<br />

[su l'espresso si parla del maxxi e delle opere pubbliche che ospiterà]<br />

Oddio, proprio decorativa speriamo di no. Visto che l'aggettivo è quanto di più offensivo si<br />

possa usare nel mondo dell'arte contemporanea per definire un art work!<br />

...produce figurine, giocattoli, T-shirt, portachiavi, organizza una fiera d'arte a Tokyo "geisai"...<br />

[su l'espresso si parla del fenomeno takashi murakami]<br />

Geisai è nata a Tokyo, per carità, ma da qualche tempo non è più una fiera "di Tokyo", essendosi<br />

espansa pure a Miami…<br />

...in una splendida villa su uno dei sette colli di Roma.<br />

[su d di repubblica si parla della romana accademia americana]<br />

È su un colle, questo sì, ma non su uno dei Sette Colli propriamente intesi. Il Gianicolo, infatti,<br />

dove sta la bellissima Villa Aurelia, è chiamato non a caso l'ottavo colle.<br />

premio spam per l’arte.<br />

abbiate pietà di noi (e della nostra e-mail)<br />

Un evento di tutto rispetto, su questo non ci piove. E con nomi altisonanti<br />

come Studio Azzurro, Robert Gligorov ed Gian Luca Beccari. Il tutto dislocato<br />

tra una nuova galleria, a Bologna, e un teatro. Il nuovo spazio, inaugurato<br />

lo scorso 24 gennaio, si chiama Contemporary Concept e questo ci<br />

ha fatto pensare che il suo concetto è quello di mitragliare le caselle di<br />

posta elettronica di noi poveri redattori. Per l'evento<br />

I sing the body electric<br />

FACCIAMO13CON<br />

proprio questo è stato fatto. Il bel live media show si è visto accompagnare<br />

da un live media spamming in piena regola!!!<br />

"Ho dimenticato il mio<br />

ombrello", scriveva<br />

Nietzsche all'inizio degli anni<br />

'80 di un paio di secoli fa.<br />

Dopo aver reperito la frase<br />

nei Frammenti postumi,<br />

Derrida ne prendeva spunto<br />

nel 1979 per irridere gli psicoanalisti,<br />

che magari ci<br />

avrebbero visto "lo sprone<br />

ermafrodito di un fallo pudicamente<br />

ripiegato nei suoi<br />

veli". Ancora Derrida, in un<br />

articolo dedicato a François<br />

Loubrieu, citava il "parapioggia"<br />

che appare in Les<br />

vacances de Hegel di René<br />

Magritte. Trasfigurazione<br />

del banale allo stato "puro",<br />

direbbe Arthur C. Danto.<br />

Altrimenti detto, surreale<br />

immanentissimo. Si pensi<br />

all'ombrello che oscura la<br />

parte alta del volto nel<br />

Painting del 1946 di<br />

Francis Bacon; o a quello<br />

che appare in Triptych -<br />

Studies of the Human Body<br />

(1970), sempre del pittore<br />

irlandese di nascita: un<br />

ombrello che colà funge da<br />

bilanciere, da nietzscheana<br />

asta per funamboli. In<br />

Bacon, secondo Jean Clair,<br />

il parapioggia è un "utensile<br />

che intrattiene con il corpo<br />

relazioni privilegiate"; e un<br />

altro critico, Didier Ottinger,<br />

giunge a farne una metafora<br />

d'ampiezza sconfinata<br />

nella poetica baconiana:<br />

"Come l'ombrello, il cui<br />

genio pratico consiste nel<br />

passare dal volume al piano,<br />

da un cilindro compatto a<br />

un velo diafano, la sua pittura<br />

non punta a ridurre il<br />

volume dei corpi al piano<br />

rigoroso delle superfici<br />

monocrome". Lasciamo<br />

Bacon e i suoi numerosi<br />

ombrelli, di cui abbiamo<br />

citato appena un paio d'esempi.<br />

Paio che torna in<br />

un'installazione del 2007 a<br />

opera di Kazuko Miyamoto,<br />

presentata alla Galleria<br />

Bonomo di Bari. Dove si<br />

fronteggiavano, sullo sfondo<br />

d'un acrilico, un parasole<br />

giapponese in raffinata<br />

carta piegata e un malconcio<br />

parapioggia di foggia<br />

occidentale. Le conclusioni<br />

da trarre, almeno quelle a<br />

# lemma<br />

di marco enrico giacomelli<br />

OMBRELLO<br />

Mario Merz - Ombrello, 1967 - ombrello, neon, vernice spray - cm 61x198,7x71 -<br />

coll. privata - courtesy Fondazione Merz, Torino<br />

pelo d'acqua, richiedevano<br />

uno sforzo tutt'altro che<br />

sovrumano. (Il confronto di<br />

culture si rinnova nell'opera<br />

di Marcos Reis Peixoto,<br />

meglio noto come Marepe,<br />

e nella fattispecie in Dry<br />

Point del 2006, lavoro compreso<br />

nell'antologia Phaidon<br />

Ice Cream. Non sono però<br />

Oriente e Occidente i contendenti,<br />

bensì quel coacervo<br />

bahiano ove convergono<br />

Europa, Africa e<br />

Sudamerica precolombiana.)<br />

Un passo indietro per<br />

rammentarsi dell'ombrello<br />

che Nietzsche aveva scordato:<br />

nella sua lingua l'avrà<br />

chiamato Schirm, come<br />

quella Frau mit Schirm<br />

ritratta nel 1964 da<br />

Gerhard Richter a partire<br />

da una fotografia. La mano<br />

sinistra ben avvinghiata al<br />

suo parapioggia dai veli<br />

ripiegati, quella destra a<br />

coprire la bocca, come in un<br />

teatrale gesto di sgomento.<br />

Tutto sbilanciato sul côté<br />

ironico e giocoso è invece<br />

l'Untitled - Hard Rain del<br />

2005 di Robin Rhode.<br />

Sequenza consueta, in sedici<br />

scatti: l'artista arriva,<br />

rasenta un muro, vede che<br />

cominciano a cadere dal<br />

cielo le prime gocce di pioggia<br />

(pittura nera sul muro),<br />

apre l'ombrello e si ripara<br />

sotto quella che, in capo a<br />

pochi istanti, diventa una<br />

coltre impenetrabile.<br />

All'incirca come quella che<br />

spesso calava in quel di<br />

Münster, non risparmiando<br />

l'area intorno alla<br />

Frauenkirche, laddove Isa<br />

Genzken aveva disseminato<br />

i suoi ombrelli e ombrelloni,<br />

creando un circo grottesco<br />

e scalcagnato che, tuttavia,<br />

pareva avere ben poco da<br />

dire ai cittadini ciclisti della<br />

cittadina tedesca. Sarà<br />

forse un moto reazionario,<br />

ma a chi scrive pare che<br />

resti assai più vivo<br />

l'Ombrello del 1967 realizzato<br />

con neon d'ordinanza<br />

dal Re Leone, l'indimenticabile<br />

Mario Merz. <br />

Il prossimo lemma sarà<br />

guerra

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