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Exibart.onpaper libri.79<br />
a cura di marco enrico giacomelli<br />
la viande dell’arte<br />
Adottare il progetto merleau-pontiano di<br />
una "riabilitazione ontologica del sensibile" è l'obiettivo<br />
immediatamente chiarito da Carbone e<br />
approfondito nei sei capitoli del saggio. Le figure<br />
dello schermo e del velo, figure dell'irriducibile<br />
dimensione estetica del pensiero, costituiscono<br />
la trama di un discorso capace di abbracciare<br />
le tematiche che hanno ricorsivamente interessato<br />
la storia dell'estetica.<br />
Il tema del velo, che percorre senza soluzione di<br />
continuità il dibattito filosofico sullo statuto ontologico<br />
e gnoseologico dell'immagine da Platone<br />
a oggi, viene recuperato con un esplicito accento<br />
nietzscheano: il velo non copre, non occulta la<br />
verità, piuttosto sembra costituirne l'unico<br />
accesso adeguato, lo schermo capace di renderla<br />
visibile. "Noi non crediamo più che la verità<br />
rimanga verità se le si toglie il suo velo", scrive<br />
infatti Merleau-Ponty nel suo ultimo corso,<br />
traducendo un passaggio della Gaia scienza.<br />
Sono sufficienti queste poche premesse per<br />
individuare la costellazione di riferimenti all'interno<br />
della quale Carbone si muove con estrema<br />
agilità: l'estetica fenomenologica da un lato,<br />
con una predilezione per Merleau-Ponty, il cui<br />
pensiero il nostro autore conosce approfonditamente;<br />
dall'altro l'opera degli artisti - Klee,<br />
Cézanne, Bacon - e il lavoro del cinema, che<br />
hanno alimentato e continuano ad alimentare il<br />
dialogo fra arte e teoria. La filosofia non riflette<br />
sull'arte né l'arte riflette una certa filosofia, piuttosto<br />
l'una può pensare vantaggiosamente<br />
secondo l'altra, adottandone la postura e<br />
lasciando così accadere quell'ordine di senso<br />
che non esiste preliminarmente nelle cose né<br />
nel soggetto e che l'arte può rendere visibile.<br />
Il paradigma che si viene definendo è un paradigma<br />
innanzitutto estetico, laddove è proprio<br />
una logica del sensibile - della carne del visibile,<br />
della sensazione e del desiderio a seconda che<br />
se ne tenti una declinazione rispettivamente<br />
merleau-pontiana, deleuziana o lyotardiana - a<br />
candidarsi prepotentemente come il luogo dell'apertura<br />
del senso e della nostra partecipazione<br />
a esso.<br />
Alla luce di questo paradigma, che accomuna<br />
con rinnovata forza interpretativa i quadri di<br />
Cézanne, di Klee, di Bacon e l'immagine del cinema,<br />
è ancora una volta un concetto merleaupontiano<br />
a dimostrarsi particolarmente pregnante:<br />
quello di carne, il cui carattere eminentemente<br />
relazionale, la cui apertura all'irriducibilità<br />
dello sguardo dell'altro indicano la strada<br />
che la filosofia può e deve oggi percorrere.<br />
sbocchi e sblocchi oltre cortina<br />
Intellettuale cosmopolita, Lóránd Hegyi rappresenta<br />
un esempio piuttosto raro d'intelligenza<br />
non settoriale. Ciò significa che la competenza<br />
e l'acume con i quali legge l'arte contemporanea<br />
derivano anche e soprattutto dal fatto<br />
che sono immersi in una comprensione a ben<br />
più ampio spettro del mondo nel quale l'arte<br />
stessa è calata. Hegyi è dunque un pensatore<br />
che, diremo per semplicità, rimanda<br />
all'Umanesimo più che all'iper-specializzazione<br />
di questi nostri tempi.<br />
È esattamente per questa ragione che, faute<br />
d'espace, ci occuperemo della prima delle due<br />
parti di cui si compone il volume, la seconda<br />
(Cambiamento della Narrativa) essendo costituita<br />
da incursioni più avanzate in territori quasi<br />
monografici, si tratti di Lucio Fontana o Piero<br />
Manzoni, di Yves Klein o Günther Brus. Non<br />
che manchino tali approfondimenti nelle prime<br />
pagine, dedicate al Paradigma Mitteleuropa,<br />
ma sono inserite in un contesto di maggior<br />
respiro, e innanzitutto sostengono una tesi più<br />
originale rispetto a quella, diremo ancora per<br />
semplicità, troppo genericamente lyotardiana<br />
della seconda parte.<br />
Prendendo a modello l'area mitteleuropea,<br />
Hegyi riflette così su alcuni caratteri propri<br />
della nostra epoca, ossia "una sensibilità immanente,<br />
antigerarchica e in un certo senso<br />
melanconica". Ma ci pare più interessante, per<br />
chi in quell'area non è nato né vissuto, comprenderne<br />
le caratteristiche precipue. In ciò la<br />
scatto con calma<br />
Dall'horror vacui alla "compassione": è<br />
questo il percorso lungo il quale Diego<br />
Mormorio guida il lettore nel suo ultimo libro,<br />
Meditazione e fotografia. Vedendo e ascoltando<br />
passare l'attimo.<br />
Il racconto si snoda sulla scia di un discorso<br />
narrativo orchestrato sulle corde di un andamento<br />
musicale lento ma costante, incessante,<br />
che sottende al ritmo del nostro respiro<br />
(spiritus), alla cadenza dei nostri passi.<br />
Acquisirne la consapevolezza significa affinare<br />
i nostri sensi, imparare ad ascoltare e a<br />
vedere; in altri termini, significa conciliarsi con<br />
il mondo e con la natura di cui siamo parte o,<br />
meglio, con cui siamo "in relazione", proprio<br />
come indica quel famoso principio - conquista<br />
tarda delle scienze occidentali, ma da sempre<br />
immanente alle filosofie orientali - secondo il<br />
quale "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si<br />
trasforma".<br />
Seguendo la successione ritmica, naturale dei<br />
passi e del respiro, l'autore ripercorre la storia<br />
della fotografia. A partire dalla nascita dell'arte<br />
figurativa, con la sua lenta evoluzione,<br />
passando attraverso i vedutisti del<br />
Cinquecento e l'ancestrale sapienza dei maestri<br />
Zen. Trovano opportunamente posto il<br />
guida di Hegyi è basilare. Quando, innanzitutto,<br />
sottolinea come il problema dell'identità - in<br />
Paesi ove i sistemi valoriali sono frutto di elaborazioni<br />
"calate dall'alto" - è ipersensibile, sfociando<br />
spesso in un eroismo patetico che accomuna<br />
la vita del singolo e del popolo. Di conseguenza,<br />
il ruolo dell'intellettuale - e quindi dell'artista<br />
- diviene prometeico, di enorme e amplissima<br />
portata. Ma tale compito dai tratti profetici<br />
non potendo essere portato a termine, specie<br />
quando - direbbe Gramsci - l'intellettuale<br />
non è "organico" al sistema politico, il rovescio<br />
della medaglia reca in effigie l'isolamento e il<br />
rifugio in "mitologie private" (gli esempi più lampanti<br />
sono gli atelier di Karel Malich a Praga e<br />
di György Jovánovics a Budapest).<br />
Il campo in cui opera l'artista mitteleuropeo è<br />
insomma iper-ideologizzato. Ne consegue che<br />
la storia e la sua filosofia assumono un'importanza<br />
spropositata, ma soprattutto miscelano<br />
cieco progressismo al fatalismo più irrazionale<br />
e immobilizzante. In questo senso, l'unica via<br />
d'uscita - praticata da artisti quali Miroslav<br />
Balka, Katarzyna Kozyra e László Fehér - consiste<br />
nell'esemplarizzare la (propria) vita individuale<br />
e, in tal modo, cangiarla in (metafora d')<br />
arte. Col rischio, per usare un eufemismo, di<br />
non storicizzare gli eventi, ma di appropriarsene<br />
in maniera soggettivistica.<br />
Naturalmente, gli spunti di riflessione offerti da<br />
Hegyi non si limitano a ciò. Almeno ne vanno<br />
accennati un paio d'altri, utili per inquadrare il<br />
Pentateuco e Platone, Sant'Agostino e Albert<br />
Einstein, Charles Darwin e Pavel Florenskij; e<br />
certo non può mancare l'amata Wislawa<br />
Szymborska. Ci sono musicisti, filosofi, poeti;<br />
sono tanti e tutti in grado di relazionarsi con<br />
la fotografia e con i fotografi.<br />
Di questi ultimi, in particolare, Diego<br />
Mormorio ama raccontare alcuni episodi<br />
salienti della loro vita e della loro opera, del<br />
loro modo di catturare l'attimo, di riprodurre<br />
il movimento, di mostrare le luci e le ombre, il<br />
loro saper raccontare tutta una vita in un solo<br />
volto o l'intero mondo in un solo cielo. Tra loro<br />
non possono mancare il fotografo e disegnatore<br />
Henri Cartier-Bresson con le sue acute<br />
riflessioni sulla fotografia; il ritrattista August<br />
Sander, il cui immenso lavoro è stato osteggiato<br />
e poi in gran parte distrutto dal regime<br />
nazista. Tra propaganda e denuncia appaiono<br />
i primi reportage di guerra a cura di Roger<br />
Fenton e Thimoty H. O'Sullivan. C'è la fotografia<br />
intesa come "sguardo" e la fotografia<br />
intesa come ricerca, sperimentazione, attorno<br />
al movimento, alle forme, alla luce, a partire<br />
da Marey e Muybridge fino ad A. L.<br />
Coburn, Moholy Nagy e Man Ray.<br />
Il volume si presenta come un percorso cultu-<br />
Nel complesso, quello di Carbone è un testo<br />
estremamente chiaro e accessibile anche ai<br />
non addetti ai lavori, con un unico limite, forse,<br />
quello cioè di restare talvolta imbrigliato in<br />
un'architettura troppo didascalica, evenienza<br />
peraltro motivata dal contesto nel quale il saggio<br />
ha trovato l'inaugurale ispirazione. Ecco allora<br />
che l'obiettivo dichiarato al principio e ribadito<br />
fin nelle ultimissime battute, quello cioè di fondare<br />
sulla riabilitazione ontologica del sensibile il<br />
progetto di una filosofia da fare, si presenta più<br />
come una profonda e originale discussione della<br />
tradizione di pensiero nella quale il saggio esplicitamente<br />
si muove piuttosto che come un suo<br />
effettivo prolungamento. <br />
[giulia matteucci]<br />
info.<br />
Mauro Carbone - Sullo schermo dell'estetica.<br />
La pittura il cinema e la filosofia da fare<br />
Mimesis, Milano 2008<br />
Pagg. 131, 15 euro<br />
ISBN 9788884837189<br />
Info: www.mimesisedizioni.it<br />
fenomeno Mitteleuropa. In primis, quest'ultima<br />
è sì un esempio importante di multiculturalismo,<br />
ma va tenuto a mente che si tratta d'una<br />
"coesistenza forzata"; in secondo luogo, se da<br />
un lato i Paesi dell'area presentano "modelli<br />
concettuali molto simili" (e ciò è valido anche<br />
per l'Austria, così come per i Paesi dell'area<br />
centro-orientale dell'Europa pure prima della<br />
"spartizione" del secondo dopoguerra), dall'altro<br />
non si può etichettare la Mitteleuropa come<br />
un insieme omogeneo.<br />
Hegyi ribadisce con forza e insistenza tali differenze,<br />
sino a scrivere che "esistevano più limitazioni<br />
per quanto riguarda gli scambi culturali<br />
tra i Paesi socialisti di quante non ne esistessero<br />
tra Polonia e Ungheria e l'Occidente". Come<br />
sempre, dalla trasparenza dell'acqua nascono<br />
le infinite sfumature dell'arcobaleno. <br />
[m.e.g.]<br />
info.<br />
Lóránd Hegyi - Fragilità della Narrativa.<br />
Nuovo approccio all'arte contemporanea e<br />
la Mitteleuropa come paradigma<br />
Skira, Milano 2008<br />
Pagg. 240, 29 euro<br />
ISBN 9788861307247<br />
Info: www.skira.net<br />
rale, autobiografico, lungo una vita, fondato<br />
sull'esperienza fotografica e meditativa che<br />
l'autore ci suggerisce di esercitare e di educare,<br />
al fine di cogliere la pienezza di significato<br />
della nostra esistenza. E allora tutti possiamo<br />
senza indugio cominciare da qui: "Aspettare<br />
la nascita di un fiore, seguirne il cammino, il<br />
suo arrivare fino alla massima bellezza e poi il<br />
suo cominciare ad appassire. Il cammino<br />
della bellezza di un fiore è come la nostra vita,<br />
bisogna amarla sapendo che appassirà,<br />
senza angoscia, con compassione". <br />
[adriana scalise]<br />
info.<br />
Diego Mormorio - Meditazione e fotografia.<br />
Vedendo e ascoltando passare l'attimo<br />
Contrasto, Roma 2008<br />
Pagg. 168, 19 euro<br />
ISBN 9788869651113<br />
Info: www.contrastobooks.com