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Nabucco - Il giornale dei Grandi Eventi

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14 <strong>Nabucco</strong> <strong>Il</strong><br />

Fresco di nomina come docente di discipline<br />

dello spettacolo alla Università di Parma e<br />

da sempre cultore dello spettacolo popolare<br />

e del circo, non mi arrabbiai quando, giunto con<br />

la macchina a Reggio Emilia, un ragazzo in bicicletta<br />

mi attraversò la strada. Non inveii perché il<br />

temerario si divertiva ad alzare la ruota davanti.<br />

Ho pensato che Reggio è una delle città del “quadrilatero”<br />

circense: qui ed a Modena, Verona,<br />

Mantova, sono nati molti <strong>dei</strong> più celebri clowns e<br />

giocolieri italiani. Ma giunto a destino i segnali di<br />

un altro spettacolo, ancora più amato dal popolo,<br />

mi attraggono. A Parma danno subito nell’occhio<br />

i manifesti del Teatro Regio. Alla “Grotta Mafal-<br />

Mario Verdone<br />

da”, m’hanno detto, fanno capo i “cospiratori” verdiani. Non possono<br />

essere, per statuto, più di 31, quante le opere di Verdi. Ogni tanto c’è<br />

la cerimonia <strong>dei</strong> “nuovi iscritti”, a rimpiazzare quelli che se ne sono<br />

andati. Non si tratta che di intenditori, reputati, collaudati. Nelle trattorie<br />

sono incorniciate, insieme agli immancabili ritratti di Verdi, anche<br />

locandine di spettacoli ottocenteschi. Da “Campana” ve ne sono<br />

attaccate diverse, coi bei caratteri bodoniani.<br />

<strong>Il</strong> nome di Verdi è ripetuto nelle pietre stradali, nelle lapidi, in un cinema,<br />

nei busti, nei libri in mostra nelle vetrine.<br />

Verdi è spesso, qui, l’argomento principe. Per farsi benvolere dai parmigiani<br />

non sarà male, almeno una volta, una citazione. E bisogna anche<br />

mostrare di capire subito, al volo, nel caso inverso. «Oh mia patria,<br />

sì bella e perduta…», dice la protesta velata di un pensionato che attende<br />

battendo i denti un autobus che è troppo in ritardo. «..<strong>Nabucco</strong>, atto<br />

terzo!». «Si», rispondo io, «ma il pensiero va sempre sulle ali dorate...».<br />

La battuta del libretto prende il posto, qui, del proverbio, del modo<br />

di dire, del motto: «All’erta». «Oh detti!». «Io tremo!». «Profferisti?».<br />

«Funesto presagio!». «Non ti scordar di me!».<br />

Oggi si parla del Trovatore dappertutto: dal barbiere, dal giornalaio,<br />

dai bidelli del Rettorato. È la quarta ed ultima replica. Ed è il 27 gennaio<br />

1971. Settanta anni dalla morte del Maestro. Appuntamento al<br />

Regio, sì, ma è tutto esaurito. Arrangiarsi per l’ingresso.<br />

Devo dire che è stata per me una serata memorabile, da “albo lapillo”<br />

.Ho potuto conoscere molto, di Parma, in una sola sera.<br />

<strong>Il</strong> momento iniziale lascia intendere un certo nervosismo, nel palcoscenico<br />

come negli spettatori. Ai cantanti la sala si spalanca come una<br />

fossa <strong>dei</strong> leoni. <strong>Il</strong> loggione, il famoso loggione, ha messo in fuga, alla<br />

“prima”, il baritono Bruson, Conte di Luna, reo di un passaggio di<br />

catarro durante un acuto. «Di quella speme...». C’è una parte del pubblico<br />

lassù, tutt’altro che ben disposta. Non gliel’ha perdonata. E non<br />

sarà facile riconquistarla.<br />

<strong>Il</strong> loggione di Parma è ipersensibile, severo, cauto al primo levar di<br />

sipario, talvolta sordamente minaccioso, anche nel silenzio; turbolento,<br />

pieno di malumori e di entusiasmi ragionati. Scontroso come un<br />

ragazzino precoce. Non ammette sfasature nella scena, nel movimento<br />

degli attori, nel costume, nel coro. Spesso, anche, esagera. Ma se<br />

tutto procede senza inciampo, se acquista sicurezza, si scioglie. Allora<br />

spasima per i suoi cantanti preferiti, idoleggia, mitizza. Toglie e dà<br />

i propri favori, non senza qualche capriccio. È il pubblico!<br />

La prima scena va bene. Non ci sono applausi. Bruson torna a cantare.<br />

Continua ad andar bene. Ma la pace non sembra segnata, almeno<br />

col loggione, che mostrerà sempre, durante tutta la rappresentazione,<br />

di preferire il tenore Richard Tucker, che ha 54 anni almeno, giacche<br />

era già celebre con Toscanini. Renato Bruson fa di tutto per piacere.<br />

Vuole la riconciliazione.<br />

Nell’intervallo visito il teatro. Sono stato qui altre<br />

volte – c’era Dario Fo - ma soltanto oggi ho la accortezza<br />

di curiosare dappertutto, dopo avere attraversato<br />

il palcoscenico, prima della rappresentazione,<br />

per superare, autorizzato, l’ostacolo<br />

dell’introvabile biglietto. Ed ammiro i bei salottini<br />

del prim’ordine, con specchi, velluti, profumi,<br />

whisky e bon-bons, secondo la tradizione delle<br />

buone famiglie parmensi. Poi, i più andanti salotti<br />

degli ordini superiori. Al quarto, dove domina<br />

il pubblico minuto, sono avanzi dì merende<br />

e bottiglie vuote sui tavolinetti. Non si tratta del<br />

“servizio ai palchi”, annunciato con cartello al<br />

bar, È proprio il lambrusco di casa.<br />

Riprende il secondo atto. È il coro degli zingari. <strong>Il</strong> magnano, al centro,<br />

manovra destramente i martelli, ma esce più dì una volta di tempo.<br />

Un mormorio esecrato esce dal loggione scontroso. E una voce mi<br />

pare che dica: «ma va’ per bruset», che deve voler dire «va per castagne»,<br />

bruciate naturalmente.<br />

Ma il Conte di Luna e Manrico sono in forma, Azucena incanterà per<br />

«Ai monti nostri», Bruson piace, infine, per come esegue, in crescendo,<br />

la romanza «<strong>Il</strong> balen». È la riconciliazione ? A «Di quella pira l’orrendo<br />

fuoco..» del Tucker, succede il finimondo. Si sente gridare «Bravo!»,<br />

cosa inconsueta in teatro, anche dalle donne, con voci stridule che sovrastano<br />

il clamore. Gli applausi si moltiplicano. Ormai la pace è fatta<br />

anche con Bruson, sono applauditi con fragore Tucker, sempre più<br />

di Bruson, e Katya Ricciarelli, nonché Bianca Rosa Zanibelli dopo<br />

«Condotta era in ceppi» e l’orchestra col maestro Erede.<br />

È una bella serata verdiana, con una platea sempre più festosa, ma si<br />

arriva, dallo spettacolo, al rito, allorché l’altoparlante annuncia con<br />

voce commossa che il “Regio” intende celebrare il 70° anniversario<br />

della morte di Verdi con il coro del <strong>Nabucco</strong>, a chiusura della serata.<br />

Finale a sorpresa. Sono convenuti i “confratelli” delle corali locali, tutti<br />

in semicerchio, “Verdi”, “Città di Parma”, “Astra femminile”, “Collecchiese”,<br />

con gli alunni del Conservatorio: 150 voci.<br />

Quando il coro si è disposto sul palcoscenico, il colpo d’occhio è imponente.<br />

Ora cadono dall’alto manifestini gialli e rosa con il testo del<br />

celebre coro del <strong>Nabucco</strong>. <strong>Il</strong> pubblico delle poltrone li afferra. La voce<br />

che prima chiamava Tucker ora grida, a piena gola, a più riprese, «Viva<br />

Verdi!». <strong>Il</strong> calore della partecipazione sale, e allorché «Va pensiero<br />

sulle ali dorate…» comincia, si placa immediatamente l’ardore della<br />

platea per un ascolto addirittura religioso. Non dappertutto, però.<br />

Perché la corale <strong>dei</strong> “31”, al quarto ordine, freme. Certuni escono sui<br />

corridoi, per calmarsi, o mugolando, con voci sempre intonate, educate,<br />

i versi del pezzo immortale. È un cedere alla brama di unirsi, e non<br />

frenarsi, come tigrotti che saltano da un lato all’altro della gabbia.<br />

L’ovazione, dopo l’ultimo verso, è indescrivibile: lacrime agli occhi,<br />

«Viva Verdi!», mani che si spellano. Ma il silenzio rispettato nella precedente<br />

esecuzione, dopo le prime battute, non vi sarà più. Gli stessi<br />

coristi, dal palcoscenico, fan gesti di incitamento per invitare tutti al<br />

canto. I volantini sono stati lanciati apposta. Allora è un fragoroso<br />

canto che invade tutto il teatro, potente, imperioso, glorioso. Partecipano,<br />

con i coristi, cui si sono aggiunti Tucker, Bruson, Katya Ricciarelli,<br />

Bianca Rosa Zanibelli “Grotta Mafalda”, i dirigenti, i “31”, gli<br />

spettatori, le corali minori del quarto, i commessi e i controllori, i<br />

pompieri di servizio, i baristi: «Va pensiero sull’ali dorate …».<br />

Parma, 28 gennaio 1971<br />

Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />

<strong>Il</strong> ricordo di Mario Verdone del 70° della morte di Verdi al Regio di Parma<br />

Una “Sagra” Verdiana<br />

Era da tempo che l’amico e collaboratore del “Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong>” Mario Verdone, purtroppo scomparso il 26 giugno 2009 mi diceva con aria goliardica:<br />

«Ho un pezzetto scritto tanti anni fa che devi tener presente quando ci sarà <strong>Il</strong> <strong>Nabucco</strong> od <strong>Il</strong> Trovatore…». Mio malgrado non sono riuscito ad<br />

accontentarlo in vita, ma lo faccio con grande piacere e soprattutto grande affetto proprio ora, in un numero importante, quando il <strong>Nabucco</strong> è stato scelto per celebrare<br />

il 150° dell’unità d’Italia. Penso che Mario ne sarebbe stato contento.<br />

andrea marini<br />

mario Verdone

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