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pag. 10<br />
La persona del tossicodipendente<br />
In un dibattito tenuto in una scuola media superiore nel 1977 ci capitò di registrare affermazioni dal<br />
seguente tono: molti giovani si drogano perchè hanno paura di vivere, perchè sono stufi di questa società<br />
perbenista, bella al di fuori ma all'interno in stato di decomposizione. La loro scelta può essere condannata,<br />
ma prima perchè non facciamo un esame di coscienza dentro di noi? Siamo stati noi a spingerli in un vicolo<br />
cieco, noi che nulla abbiamo fatto per capire i loro problemi e cercare di aiutarli e in molti casi poteva<br />
bastare solo una parola.<br />
Il 1° settembre 1979 “La Repubblica” pubblicò una lettera della quale riportiamo qualche passo saliente:<br />
“Siamo drogati e i drogati non trovano lavoro, nessuno si fida, ci avete spinto ai margini della società senza<br />
speranza. Voi, persone normali, siete disposte ad accettare il drogato, certo, solo però se vuol smettere di<br />
bucarsi, solo se si vuole reintegrare ma alle vostre condizioni. Ebbene, io non voglio vivere la vostra società<br />
e non ho più l'illusione vana di poterla cambiare come quando ero giovane (l'autrice della lettera ha<br />
vent'anni, n.d.r.). Allora davo tutta me stessa alla lotta politica, pensavo di contribuire con un cambiamento<br />
reale, fattibile della società. Ma poi ho capito, ho creduto di capire: impossibile fermare questa macchina,<br />
l'inferno di questa vita. Ormai non spero più di riuscire a vivere come vorrei e allora, per lo meno, voglio<br />
morire come mi pare”.<br />
A più di dieci anni emerge invece con chiarezza che il tossicodipendente si caratterizza non per la delusione<br />
di un ideale di protesta sociale, ma per l'immersione passiva in “una cultura debole, floscia, priva di valori e<br />
di stimoli coraggiosi e nobili” (C.M. Martini, 1989). I tossicodipendenti, in questi ultimi anni, si mostrano<br />
come gli esiti della spinta a vivere e a godere la vita attraverso la soddisfazione e il più pronta possibile, di<br />
tutti i desideri.<br />
D'altro canto qualche “drogato” anche allora riusciva ad anticipare questa diagnosi, come l'Augusto che il 24<br />
settembre 1979 così scrisse a “Panorama”.<br />
“Se hai i soldi e se qualcuno piazza bustine, corri a bucarti. Puoi aver fatto cinque anni di filosofia come me<br />
e sopportare a stento di leggere Topolino.<br />
La donna di un drogato potrà farsi in quattro, lavorare d'intelligenza e d'amore, ma non avrà mai niente in<br />
cambio. Sto con te, ma non contarci, perchè l'eroina è più forte di te e sarà sempre un mare di bugie”.<br />
La possibilità di provare (“se hai i soldi e qualcuno piazza”) diventa la voglia di provare, la “decisione” di<br />
provare.<br />
Il rifiuto di pensare (“puoi aver fatto cinque anni di filosofia come me e sopportare a stento di leggere<br />
Topolino”) diviene stato di vita non solo per la persona senza status socio-culturale, o addirittura<br />
emarginata, ma pure per chi è intelligente e colto.<br />
La forza dello sballo finisce a prevalere su tutto “l'eroina è più forte di te”.<br />
La fuga dalla verifica, in qualsiasi campo e ambito di vita, in special modo nel cercare il motivo, la genesi,<br />
la storia della propria tossicodipendenza, è costante: “sarà sempre un mare di bugie”.<br />
In una specie di scheda diagnostica della tossicodipendenza possiamo così precisare i due atteggiamenti<br />
caratterizzanti i soggetti che assumono droga o che continuano ad essere a rischio:<br />
1. Ricerca ed esperienza esasperata del piacere, voluto ad ogni costo.<br />
Da questo atteggiamento derivano precise conseguenze sul piano comportamentale, soprattutto:<br />
- il rifiuto di una vera terapia, con la mistificazione continua del vero motivo della dipendenza dalla droga;<br />
- l'incapacità di rapporti autentici con le persone non è possibile, infatti, nessun tipo di relazione paritetica di<br />
amicizia, di affetto e di vicendevole aiuto tra persone che operano secondo i criteri generati dalla scelta del<br />
piacere quale costantemente supremo valore di vita;<br />
- l'incapacità a perseguire e, pertanto, alla lunga, a ideare, autonomamente un programma di vita proprio<br />
perchè questo esige il contrario del “tutto e subito” al quale il tossicodipendente è legato.