Percorso tematico - Palumbo Editore
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M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
pagina 1<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Come all’interno del secondo modulo sul teatro ti<br />
abbiamo proposto un percorso a tema a partire da<br />
alcuni testi presenti, anche sulla Commedia ti proponiamo<br />
un percorso <strong>tematico</strong> a partire dal testo di Plauto<br />
che possiamo ritenere l’archetipo del tema individuato:<br />
quello del sosia, inteso come doppio di sé. Il nome<br />
proprio del personaggio plautino è nella lingua di oggi<br />
un nome comune che significa ‘persona tanto somigliante<br />
a un’altra da poter essere scambiata per essa’.<br />
In una Pagina degli strumenti nel primo modulo sul teatro,<br />
collegandoci alla commedia I due gemelli veneziani<br />
di Carlo Goldoni avevamo già accennato al tema del<br />
doppio in letteratura e avevamo indicato come radici<br />
del tema le commedie di Plauto, in particolare l’Amphitruo<br />
e i Menaechmi, in cui il casuale incontro di gemelli<br />
vissuti in famiglie diverse generava un divertente susseguirsi<br />
di equivoci (on line 41).<br />
Che i gemelli monozigoti, cioè quelli che provengono<br />
dal medesimo ovulo fecondato e che condividono pla-<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong><br />
Il doppio: il sosia e l’ombra<br />
centa e liquido amniotico durante la gravidanza, siano<br />
fisicamente molto simili, è un fenomeno del tutto normale<br />
in natura, anche se i malintesi e gli scambi di persona<br />
che la perfetta somiglianza può creare si presta<br />
molto al genere commedia “degli equivoci” (da Plauto,<br />
i Menaechmi, a Shakespeare, La commedia degli errori,<br />
a Goldoni, I due gemelli veneziani), ma non sarebbe certo<br />
un fenomeno naturale vedere in un individuo estraneo<br />
la propria immagine; a livello psicologico, ciò creerebbe<br />
un forte turbamento, quasi uno sdoppiamento<br />
della personalità.<br />
Il tema del sosia, e anche quello dell’ombra, che materializza<br />
in certo qual modo la proiezione del doppio<br />
fuori dal corpo, sono temi ricorrenti in letteratura, non<br />
interessata all’aspetto patologico, che potrebbe interessare<br />
chi si occupa di medicina o di antropologia, ma<br />
al significato profondo a livello esistenziale che emerge<br />
quando un personaggio o una storia ruotano attorno<br />
ad una simile situazione psicologica.
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
pagina 2<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Leggere le immagini<br />
Juan Muñoz, Dos figuras,<br />
1997. Collezione Helga da<br />
Alvar, Madrid.<br />
Una inquietante scultura di questo originale artista spagnolo è stata scelta in<br />
apertura del percorso <strong>tematico</strong> proprio per la forza simbolica del soggetto<br />
rappresentato: un omino che si guarda allo specchio con il volto seminascosto<br />
da una maschera nera. Anche in questa realizzazione artistica v’è uno specchio<br />
dove si riflette la doppia immagine di due uomini identici tra loro. L’uno è alle<br />
spalle dell’altro, in un gesto che potrebbe essere di protezione o di minaccia.<br />
L’immagine si presta particolarmente per introdurre il tema del sosia.<br />
In entrambi i testi letterari che abbiamo selezionato, il primo di un grande<br />
romanziere russo dell’Ottocento, il secondo di un famoso scrittore del terzo<br />
millennio, quella del sosia è una figura nemica la cui comparsa improvvisa<br />
sconvolge un’apparente normalità.
L’autore<br />
e l’opera<br />
da<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
F. M. Dostoevskij, Il sosia,<br />
traduzione di G. De Dominicis<br />
Jorio, Rizzoli, Milano 2009<br />
pagina 3<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Fëdor M. Dostoevskij<br />
Il sosia<br />
Fëdor Michailovič Dostoevskij (Mosca, 1821 - San Pietroburgo, 1881) non è solo uno dei maggiori<br />
romanzieri russi dell’Ottocento, ma lo è di tutti i luoghi e di tutti i secoli. Nel contesto politico e<br />
sociale della Russia ottocentesca, ha saputo esplorare la psicologia umana con acutezza e sensibilità,<br />
creando capolavori per i lettori di ogni tempo.<br />
Scrisse il primo romanzo all’età di ventitré anni, Povera gente, che riscosse un immediato successo di pubblico<br />
e di critica. Il sosia fu il suo secondo romanzo. Ebbe una vita difficile e travagliata, segnata da numerosi lutti,<br />
come la morte prematura della madre, del padre che venne ucciso, della prima moglie, di figli bambini. Nel 1849<br />
venne arrestato e imprigionato per partecipazione a società segreta con scopi sovversivi. Condannato a morte,<br />
ebbe la pena commutata ai lavori forzati solo quando lo avevano già portato sul patibolo. Dopo cinque anni di<br />
dura galera fu infine liberato per buona condotta. Furono traumi e dolori che lo segnarono profondamente nel<br />
corpo e nell’anima e che costituirono materia della sua narrazione e della sua riflessione filosofica.<br />
Tra le maggiori opere narrative ricordiamo Memorie dal sottosuolo (1864), Delitto e castigo (1866), L’idiota (1869),<br />
I fratelli Karamàzov (1879), forse il suo capolavoro, senz’altro il testo più intenso.<br />
Il sosia traduce in italiano il termine russo Dvojnik, che significa ‘doppio’.<br />
Il protagonista del romanzo, Jákov Petròv Goljádkin, nel corso di una passeggiata notturna lungo le vie di Pietroburgo,<br />
si trova di fronte un uomo identico a lui, come se la sua immagine allo specchio si fosse incarnata in un<br />
individuo in carne e ossa. Tutta la narrazione assume un colorito fantastico che sfiora l’assurdo, nonostante il<br />
testo sia scritto in un periodo di forte realismo in letteratura. Non tutti i lettori intuiscono che il sosia possa<br />
essere frutto della mente malata del protagonista. La follia, attorno alla quale ruota l’intera invenzione poetica,<br />
non è vista dall’esterno come fenomeno patologico del diverso, bensì viene legittimata come materia letteraria,<br />
capace di cogliere l’umanità<br />
nella sofferenza e nel<br />
degrado.<br />
Il testo<br />
Viene riportato il brano in cui Goljadkin incontra per la prima volta il secondo<br />
se stesso, un incontro che lo turberà sin da subito, come per<br />
presentimento, prima ancora di rendersi conto del motivo.<br />
“Che razza di bel tempo!” pensò il nostro eroe. “Be’, non capiterà mica anche l’inondazione?<br />
L’acqua, si vede, è salita con troppa rapidità”. Goljadkin aveva appena<br />
finito di pensare e di mormorare questo, che vide venirgli incontro un passante<br />
che probabilmente si era, come lui, attardato per qualche motivo. Il fatto pareva<br />
banale, casuale; ma, non si sa perché, Goljadkin si turbò e direi quasi si spaventò e<br />
provò un certo smarrimento. Non che egli temesse l’incontro con qualche malintenzionato,<br />
ma così… forse… “E chi lo conosce, questo ritardatario…” balenò per<br />
il capo a Goljadkin. “Forse fa parte anche lui di tutto il resto, forse qui è la cosa più<br />
importante e non viene qui inutilmente, ma con qualche scopo mi attraversa il<br />
cammino e mi dà un urtone”. Forse, però, Goljadkin non pensò proprio a questo,<br />
ma è certo che sentì immediatamente qualcosa di simile e di molto sgradevole.<br />
D’altra parte, non gli rimase più tempo né di sentire né di pensare: il passante si<br />
trovava già a pochi passi da lui. Goljadkin, secondo la sua abitudine di sempre, si<br />
affrettò ad assumere un’aria del tutto particolare, un’aria che dava chiaramente a<br />
vedere che lui, Goljadkin, se ne stava per suo conto, che non faceva nulla, che la<br />
strada era abbastanza ampia per tutti e che lui, Goljadkin, da parte sua, non toccava<br />
nessuno. D’un tratto si fermò, come inchiodato a terra, come colpito dal fulmine,<br />
poi rapidamente si voltò verso l’individuo che lo aveva appena sorpassato, come<br />
se qualcosa l’avesse tirato per le spalle, come se il vento gli avesse fatto fare un<br />
giro a guisa di una banderuola. Il passante andava rapidamente scomparendo nella<br />
bufera di neve. Anche egli camminava frettoloso e anch’egli, come Goljadkin, era
1 Petruska: il cameriere di<br />
Goljadkin.<br />
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Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra<br />
pagina 4<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Fëdor M. Dostoevskij Il sosia<br />
on line 54<br />
imbacuccato dalla testa ai piedi, e anche egli tirava avanti sgambettando sul marciapiedi<br />
[…]<br />
Finalmente vide il suo sconosciuto alla svolta della via Italjànskaja. Ora, però, lo<br />
sconosciuto non gli si dirigeva più incontro, ma camminava nella sua stessa direzione<br />
e correva persino, sopravvanzandolo di pochi passi. Finalmente arrivarono in via<br />
delle Sei Botteghe. Goljadkin si sentì mozzare il respiro. Lo sconosciuto si fermò<br />
proprio davanti all’edificio in cui si trovava l’appartamento di Goljadkin. Si udì<br />
squillare un campanello e quasi nello stesso momento lo stridere di un paletto di<br />
ferro. Il cancelletto si aprì, lo sconosciuto si chinò, balenò e scomparve. Quasi nello<br />
stesso momento giunse anche Goljadkin e come una freccia volò sotto il portone.<br />
Senza dar retta al brontolio del portiere si precipitò nel cortile dove scorse immediatamente<br />
il suo interessante compagno di strada, che per un momento aveva<br />
perduto. Lo sconosciuto saettò nell’ingresso della scala che portava all’appartamento<br />
di Goljadkin, ed ecco Goljadkin slanciarsi sulle sue tracce. La scala era buia, umida,<br />
sudicia. Su tutti i ballatoi erano accumulati mucchi di ciarpame di ogni genere di<br />
proprietà degli inquilini, cosicché un estraneo, che, non pratico del luogo, fosse<br />
capitato nell’oscurità in quella scala, sarebbe stato costretto a raggirarcisi per<br />
mezz‘ora, sempre rischiando di rompersi le gambe e maledicendo, insieme con la<br />
scala, anche i suoi conoscenti andati a ficcare il proprio domicilio in luogo così<br />
scomodo. Ma il compagno di strada di Goljadkin pareva fosse pratico del posto,<br />
pareva uno di casa: correva disinvolto, senza inciampare, e dimostrava una perfetta<br />
conoscenza dell’ambiente. Goljadkin stava già per raggiungerlo; anzi due o tre volte<br />
la falda del cappotto dello sconosciuto gli aveva sbattuto sul naso. Si sentiva mancare<br />
il cuore. L’uomo misterioso si fermò proprio davanti alla porta dell’appartamento<br />
di Goljadkin, bussò e (circostanza, del resto, che in un altro momento avrebbe meravigliato<br />
Goljadkin) Petruska, 1 come se fosse rimasto lì in attesa e senza neppure<br />
coricarsi, aprì immediatamente la porta e seguì con la candela in mano lo sconosciuto<br />
che era entrato. Il nostro eroe, fuori di sé, si precipitò in casa sua; trascurando<br />
di togliersi cappotto e cappello, percorse il piccolo corridoio e, come colpito dal<br />
fulmine, ristette sulla soglia della propria camera. Tutti i presentimenti di Goljadkin<br />
si erano avverati alla perfezione. Tutto ciò che egli temeva e aveva preveduto, si<br />
era avverato. Il respiro gli mancò e la testa cominciò a girargli. Lo sconosciuto era<br />
seduto davanti a lui, anch’egli in cappotto e cappello, sul suo letto, sorrideva lievemente<br />
e, strizzando gli occhi, accennava amichevolmente col capo. Goljadkin<br />
voleva gridare, ma non poté; voleva protestare in un modo qualsiasi, ma non ne<br />
ebbe la forza. I capelli gli si rizzarono sulla fronte e, in preda al terrore, si abbandonò<br />
privo di sensi. E ce n’era veramente motivo. Goljadkin aveva perfettamente riconosciuto<br />
il suo amico della notte. L’amico della notte non era altri che lui stesso,<br />
Goljadkin, un altro Goljadkin in tutto identico a lui, era, in una parola, ciò che si<br />
chiama il proprio sosia, sotto tutti i rapporti…
L’autore<br />
e l’opera<br />
da<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
J. Saramago, L’uomo duplicato,<br />
traduzione di R. Desti, Einaudi,<br />
Torino 2005<br />
pagina 5<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Josè Saramago<br />
L’uomo duplicato<br />
José Saramago (1922-2010), narratore, poeta e drammaturgo portoghese, vincitore del premio<br />
Nobel per la letteratura nel 1998, è considerato tra i maggiori scrittori contemporanei. Tra le sue<br />
opere più importanti ricordiamo il libro di racconti Oggetto quasi (1978) e i romanzi Memoriale del<br />
convento (1982), L’anno della morte di Ricardo Reis (1984), La zattera di pietra (1986), Il Vangelo<br />
secondo Gesù Cristo (1991), Le intermittenze della morte (2005), Il viaggio dell’elefante (2008).<br />
L’uomo duplicato è un romanzo del 2002 che si fa rifà in parte al precedente illustre di Dostoevskji. Il titolo<br />
stesso non è che una variante di “sosia”, ad indicare un individuo che si duplica in un altro se stesso, fenomeno<br />
per il quale nel corso del romanzo verranno usati di volta in volta termini diversi: “follia”, “copia”, “balordaggine”,<br />
“assurdità” oppure un “doppio”, una “controfigura”, un “uomo identico”, un “siamese staccato”, un “uguale”,<br />
un “ripetuto”, un “duplicato”.<br />
Il protagonista del romanzo, un certo Tertuliano Máximo Afonso, professore di storia in una scuola media, si<br />
accorge dell’esistenza di un suo sosia vedendo un film in una vecchia videocassetta, prestatagli da un collega<br />
con l’intenzione di distrarlo da un momento di solitudine e di depressione. La scoperta di avere un sosia viene<br />
vissuta da Máximo Afonso con grande angoscia e con la sensazione di una tragedia imminente. Il collegamento<br />
col Sosia di Fëdor Dostoevskij, scritto più di 150 anni prima, è inevitabile, nonostante le differenze sostanziali.<br />
Mentre il sosia nel romanzo russo è davvero un doppio, stesso nome, stessa abitazione ecc., nel romanzo di<br />
Saramago il “duplicato” ha nome diverso, abita altrove e non fa lo stesso mestiere, il suo duplicato, António<br />
Claro, è un attore, anche se di quart’ordine. L’elemento fantastico nel romanzo si mescola al realistico e, in par-<br />
ticolare nella conclusione,<br />
raggiunge il paradosso e<br />
l’assurdo. Non vogliamo<br />
raccontarti altro della trama<br />
del romanzo, per non<br />
toglierti il gusto del finale,<br />
la storia è intrigante, la<br />
scrittura originale, la lettura<br />
piacevole.<br />
Il testo<br />
Come per il Sosia di Dostoevskij, viene riportato il momento in cui per<br />
la prima volta il protagonista si accorge di avere un sosia. Non si tratta<br />
al momento di un incontro reale. L’uomo vede il suo doppio, un uomo<br />
identico a se stesso, in un film alla TV, risalente a cinque anni prima:<br />
le uniche differenze sono dovute esclusivamente al tempo trascorso (i baffi che ora<br />
non porta più, l’età). L’incontro è pertanto inserito in una dimensione di finzione,<br />
come può essere quella cinematografica. Il forte turbamento che l’uomo prova è<br />
però reale e presente.<br />
Da notare, tipico della scrittura di Saramago, l’uso preponderante della virgola che<br />
spesso sostituisce anche il punto fermo. L’uso non convenzionale della virgola rende<br />
la scrittura particolarmente originale e la lettura estremamente scorrevole.<br />
Tertuliano Máximo Alfonso si alzò dalla sedia, s’inginocchiò davanti al televisore,<br />
con la faccia talmente vicina allo schermo quanto glielo permetteva la visione,<br />
Sono io, disse, e di nuovo sentì che i peli del corpo gli si rizzavano, non era vero,<br />
non poteva essere vero, qualsiasi persona equilibrata casualmente lì presente lo<br />
avrebbe tranquillizzato, Che idea, mio caro Tertuliano, abbia la bontà di osservare<br />
che lui ha i baffi, mentre lei ha il viso rasato. Le persone equilibrate sono così,<br />
hanno l’abitudine di semplificare tutto, e dopo, ma sempre troppo tardi, le vediamo<br />
stupirsi di fronte alla copiosa diversità della vita, allora si ricordano che i baffi e le<br />
barbe non hanno volontà propria, crescono e prosperano quando glielo si permette,<br />
a volte anche per pura indolenza del portatore, ma, da un momento all’altro, solo<br />
perché la moda è cambiata o perché la pelosa monotonia li ha resi molesti allo<br />
specchio, scompaiono senza lasciare traccia. Non dimenticando altresì, perché<br />
quando si tratta di attori e arti sceniche può capitare di tutto, la forte probabilità<br />
che il sottile e ben curato paio di baffi dell’impiegato della reception sia, semplicemente,<br />
finto. Non è mica una novità. Queste considerazioni, che, essendo ovvie,<br />
balzerebbero con la massima naturalezza all’occhio di chiunque, Tertuliano Máximo
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pagina 6<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Josè Saramago L’uomo duplicato<br />
on line 54<br />
Afonso potrebbe averle prodotte di propria sponte se non fosse stato tanto concentrato<br />
a ricercare nel film altre situazioni in cui ci fosse lo stesso attore secondario,<br />
o figurante con qualche battuta, come più rigorosamente converrebbe designarlo.<br />
Sino alla fine della storia, l’uomo coi baffi, sempre nel suo ruolo di impiegato alla<br />
reception, è comparso in altre cinque occasioni, ogni volta con scarso lavoro, anche<br />
se nell’ultima gli toccava scambiare due frasi pretenziosamente maliziose con la<br />
dominatrice Ines de Castro e dopo, mentre lei si allontanava sculettando, guardarla<br />
con un’espressione caricatamente libidinosa, che il regista doveva aver considerato<br />
irresistibile all’appetito di risate dello spettatore. Inutile dire che se Tertuliano Máximo<br />
Afonso non ci ha trovato niente di divertente la prima volta, tanto meno ce<br />
l’ha trovato la seconda. Era tornato alla prima immagine, quella in cui l’impiegato<br />
della reception, in primo piano, fissa direttamente Ines de Castro, e analizzava, meticoloso,<br />
l’immagine, tratto per tratto, lineamento per lineamento, A parte alcune<br />
lievi differenze, pensò, i baffi soprattutto, i capelli con un taglio diverso, la faccia<br />
meno piena, è uguale a me. Ora si era tranquillizzato, senza dubbio la somiglianza<br />
era, per cosi dire, stupefacente, ma niente di più, le somiglianze non mancano davvero<br />
al mondo, prendete i gemelli, per esempio, piuttosto ci sarebbe da stupirsi se,<br />
con più di sei miliardi di persone nel pianeta, non se ne trovassero almeno due<br />
uguali. Che non potrebbero mai essere perfettamente uguali, uguali in tutto, è risaputo,<br />
disse, come se stesse conversando con quel suo quasi altro io che lo guardava<br />
dal televisore. Di nuovo seduto sulla sedia, occupando dunque la posizione<br />
relativa dell’attrice che interpretava il ruolo di Ines de Castro, scherzò facendo,<br />
anche lui, il cliente dell’albergo, Mi chiamo Tertuliano Máximo Afonso, annunciò,<br />
e poi, sorridendo, E lei, la domanda era tra le più coerenti, se due persone uguali<br />
s’incontrano, è naturale che vogliano sapere tutto l’una dell’altra, e il nome è sempre<br />
la prima cosa perché immaginiamo che sia la porta da cui si entra. Tertuliano Máximo<br />
Afonso fece scorrere il nastro sino alla fine, ecco lì l’elenco degli attori di minore<br />
importanza, non si ricordava se erano menzionati anche i ruoli che interpretavano,<br />
alla fin fine no, i nomi comparivano in ordine alfabetico, semplicemente,<br />
ed erano molti. Afferrò un po’ distrattamente la scatola della cassetta, diede ancora<br />
uno sguardo a quello che c’era scritto e si mostrava, i volti sorridenti degli attori<br />
principali, un breve riassunto della storia e anche, in basso, su una riga di informazioni<br />
tecniche, in carattere piccolo, la data del film. Ha già cinque anni, mormorò,<br />
mentre si rammentava che la stessa cosa gliel’aveva detta il collega di Matematica.<br />
Già cinque anni, ripeté, e tutt’a un tratto il mondo ebbe un altro scossone, non era<br />
l’effetto di un’impalpabile e misteriosa presenza che lo aveva svegliato, bensì qualcosa<br />
di concreto, e non solo concreto, ma anche documentabile. Con mani tremanti<br />
aprì e chiuse vari cassetti, ne sviscerò buste con negativi e copie di fotografie, sparpagliò<br />
tutto sulla scrivania, finalmente trovò quel che cercava, un suo ritratto, di<br />
cinque anni prima. Aveva i baffi, il taglio di capelli diverso, la faccia meno piena.
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Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Due film si inseriscono nel percorso,<br />
perfettamente inerenti al tema del<br />
sosia. Pur ruotando attorno allo stesso<br />
tema i due film sono molto diversi<br />
tra loro. Uno appartiene al genere<br />
La donna che<br />
visse due volte<br />
LA LOCANDINA<br />
Titolo originale: Vertigo<br />
Regia: Alfred Hitchcock<br />
Anno: 1958<br />
Genere: Giallo<br />
Durata 128 min.<br />
Nazione: USA<br />
Interpreti: Kim Novak, James Stewart<br />
Il film è tratto dal romanzo D’entre<br />
les morts degli autori francesi Pierre<br />
Boileau e Thomas Narcejac, che<br />
ambientano la vicenda a Parigi. Il regista<br />
Alfred Hitchcock la traspone<br />
invece a San Francisco.<br />
La trama Il protagonista, John<br />
“Scottie” Ferguson, dopo il trauma<br />
per un incidente in servizio in cui ha<br />
rischiato di cadere nel vuoto e ha<br />
assistito alla morte di un collega,<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
giallo e il regista è uno dei grandi<br />
maestri del genere, l’americano Alfred<br />
Hitchcock (volume di Narrativa,<br />
Modulo 6, p. 388), l’altro appartiene<br />
al genere commedia, una commedia<br />
soffre di acrofobia, panico per l’altezza<br />
che gli procura una forte sensazione<br />
di vertigine. Lascia pertanto<br />
il suo lavoro in polizia perché si sente<br />
inadeguato al ruolo e accetta di<br />
lavorare per un amico che gli ha<br />
chiesto di sorvegliare la moglie Madeleine,<br />
perché la donna, in momenti<br />
ricorrenti, cerca la morte come<br />
posseduta dallo spirito della bisnon-<br />
comunque che si tinge di giallo, e il<br />
regista è anch’esso un grande del<br />
genere commedia, l’italiano Roberto<br />
Benigni. Più di trenta anni separano<br />
inoltre un film dall’altro.<br />
La locandina<br />
originale del film<br />
La donna che visse<br />
due volte di Alfred<br />
Hitchcock.<br />
na Carlotta Valdes, suicidatasi cento<br />
anni prima. Ferguson rimane affascinato<br />
dalla bellezza misteriosa<br />
di Madeleine e tra i due nasce una<br />
travolgente storia d’amore. Ma Madeleine<br />
riuscirà a suicidarsi gettandosi<br />
da un campanile senza che<br />
Ferguson la possa salvare, perché,<br />
nel tentativo di raggiungerla nelle<br />
scale, rimarrà bloccato da un attac-
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Poesia e teatro<br />
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pagina 8<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
co della sua malattia. Sconvolto sarà<br />
costretto ad una lunga cura psichiatrica<br />
in una clinica. Un anno dopo,<br />
incontrerà casualmente una<br />
donna di nome Judy, una vera e propria<br />
sosia di Madeleine, ma meno<br />
sofisticata e misteriosa. Ossessionato<br />
dal ricordo di Madeleine, farà<br />
di tutto per trasformare Judy nella<br />
donna amata, costringendola a vestirsi<br />
e a pettinarsi come lei, ma finirà<br />
per scoprirla coinvolta in un piano<br />
diabolico. L’amico Gavin Helster,<br />
il marito di Madeleine, che voleva<br />
uccidere la moglie e simularne il suicidio,<br />
aveva ingaggiato Judy, che le<br />
assomigliava moltissimo, per fingersi<br />
Madeleine e Ferguson come testimone<br />
inconsapevole, contando<br />
sul fatto che lui non sarebbe mai<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
riuscito a seguire la donna per le<br />
scale del campanile a causa della<br />
sua malattia. L’ex poliziotto infatti<br />
non aveva potuto vedere Gavin lanciare<br />
dal campanile la vera Madeleine,<br />
vestita come Judy-Madeleine,<br />
precedentemente strangolata.<br />
La vicenda ha una conclusione<br />
drammatica: ignara che Ferguson<br />
sia a conoscenza della verità, Judy<br />
si lascia condurre sul campanile della<br />
morte, dove l’uomo la costringe<br />
a rivivere la scena del delitto. Salendo<br />
le scale della vecchia torre,<br />
Scottie si accorge di aver vinto la<br />
sua acrofobia. Ma Judy, dopo aver<br />
confessato, finisce per cadere nel<br />
vuoto come la vera Madeleine, spaventata<br />
dall’improvviso comparire<br />
di un’ombra misteriosa, che si rive-<br />
Cineforum<br />
Alcuni suggerimenti per orientare la discussione, una volta che lo schermo è spento.<br />
Il regista del film è in maestro del brivido e della suspense.<br />
Nel modulo sul giallo nel volume di Narrativa viene<br />
esaminato un altro famoso film dello stesso regista, La<br />
finestra sul cortile (Modulo 6, p. 391), film che ha tra<br />
l’altro lo stesso interprete maschile James Stewart, uno<br />
dei maggiori attori americani degli anni Cinquanta e Sessanta.<br />
Sapete individuare ed elencare, scambiandovi<br />
idee ed esperienze, le differenze che trovate con i thriller<br />
di oggi?<br />
lerà poi essere solo una suora accorsa<br />
al campanile richiamata dagli<br />
insoliti rumori.<br />
Ti abbiamo svelato la fine, e ciò non<br />
sarebbe corretto trattandosi di un<br />
giallo, ma il film è ormai un classico<br />
del genere, viene spesso riproposto<br />
in Tv, e non è facile trovare chi, almeno<br />
tra gli adulti, non l’abbia visto<br />
almeno due volte, e la seconda volta<br />
riesce ad emozionare come la prima,<br />
grazie all’abilità del regista e alla<br />
sorprendente interpretazione<br />
dell’attrice Kim Novak, perfetta nel<br />
doppio ruolo.<br />
Sullo stesso tema è il divertente<br />
film Johnny Stecchino, la cui vicenda<br />
ruota anch’essa attorno al tema del<br />
sosia.<br />
– a livello di mezzi tecnici (fotografia, effetti speciali,<br />
ecc.)<br />
– a livello di modalità narrativa (velocità, suspense, montaggio<br />
delle scene ecc.)<br />
– a livello di fruizione da parte dello spettatore (emozioni,<br />
messaggio, ecc.)<br />
Il film vi è piaciuto o lo avete trovato “superato”? Motiva<br />
la tua risposta.<br />
Trova tre aggettivi per definire il film.
Johnny<br />
Stecchino<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
pagina 9<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
LA LOCANDINA<br />
Regia: Roberto Benigni<br />
Anno: 1991<br />
Sceneggiatura: Roberto Benigni,<br />
Vincenzo Cerami<br />
Nazione: Italia<br />
Interpreti: Roberto Benigni, Nicoletta<br />
Braschi<br />
La trama<br />
Il protagonista Dante, è un<br />
uomo semplice, pasticcione ed ingenuo,<br />
che si guadagna da vivere facendo<br />
l’autista di un scuolabus per<br />
ragazzi disabili e arrotondando le entrate<br />
grazie ad un sussidio ottenuto<br />
imbrogliando un’assicurazione per<br />
un finto tic nervoso alla mano destra.<br />
È inconsapevole di essere sosia<br />
di Johnny Stecchino, un pericoloso<br />
e crudele mafioso che vive nella<br />
lontana Sicilia e che non avrebbe<br />
mai conosciuto se il caso o il desti-<br />
Cineforum<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Il regista e interprete del film è Roberto Benigni, regista<br />
e interprete di altri due film le cui schede trovi nel volume<br />
di Narrativa, Pinocchio (Modulo d’ingresso, p. 21) e La<br />
vita è bella (Modulo 8, p. 494). Si tratta di film molto diversi<br />
tra loro per genere e contenuto ma contrassegnati<br />
dallo stesso inconfondibile…<br />
Trova il termine per concludere la frase e stimola i tuoi<br />
no non gli avesse fatto incontrare la<br />
bella e misteriosa Maria. Una notte<br />
la donna, moglie di Stecchino, lo investe<br />
con l’auto e sviene nel soccorrerlo<br />
vedendo in lui l’immagine del<br />
marito. Qualche giorno dopo, la donna<br />
si presenta di nuovo a Dante e<br />
lo fa innamorare. Maria lo convince<br />
a seguirla a Palermo, dove lo ospita<br />
in una lussuosa villa. In realtà Dante<br />
è vittima di un raggiro organizzato<br />
per la sua straordinaria somiglianza<br />
Alcuni suggerimenti per orientare la discussione, una volta che lo schermo è spento.<br />
La locandina del film<br />
Johnny Stecchino di<br />
Roberto Benigni.<br />
con Johnny Stecchino, che si attende<br />
una vendetta mafiosa per tradimento.<br />
Nelle intenzioni Dante dovrebbe<br />
essere ucciso dai mafiosi al<br />
posto di Johnny, che nel frattempo<br />
vive nascosto negli scantinati della<br />
villa stessa, scrutando non visto il<br />
suo sosia. Ma le cose andranno assai<br />
diversamente.<br />
Si tratta di una “commedia degli equivoci”<br />
buffa ed esilarante scritta e realizzata<br />
con lo scopo di far ridere.<br />
compagni nel trovarne altri capaci di definire lo stile ironico,<br />
tenero e irresistibile di uno dei maggiori protagonisti<br />
del cinema italiano di oggi.<br />
Quali battute del film ti sono rimaste maggiormente impresse?<br />
Confronta i due personaggi doppi: il sadico boss Johnny<br />
Stecchino e l’imbranato Dante.
L’autore<br />
e l’opera<br />
da<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
H. C. Andersen, L’ombra, in<br />
Fiabe, traduzione di A. Manghi e<br />
M. Rinaldi, Einaudi, Torino 1997<br />
pagina 10<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
I due testi che seguono riguardano il tema dell’ombra. L’ombra è un fenomeno<br />
del tutto naturale, ma in letteratura diviene allegoria dell’esistenza. Anche questa<br />
volta i testi appartengono a due epoche differenti: il primo è dell’Ottocento; il<br />
secondo appartiene alla modernità.<br />
Sul tema dell’ombra, il vero archetipo moderno è comunque la Meravigliosa<br />
storia di Peter Schlemil, di Adalbert von Chamisso, che è anche uno dei romanzi<br />
fantastici più belli della letteratura dell’epoca romantica. Lo puoi ritrovare nel<br />
volume di Narrativa, Modulo 4, p. 232. Schlemil era un personaggio che piaceva<br />
molto a Pirandello, che infatti lo cita e riprende più volte, in particolare per il<br />
tema dell’ombra.<br />
Hans Christian Andersen<br />
L’ombra<br />
Hans Christian Andersen (1805-75), scrittore danese, figlio di un ciabattino, che lo lasciò orfano<br />
all’età di undici anni, e di una madre analfabeta, nella giovinezza tentò molti mestieri, legati tutti al<br />
mondo dell’arte: fu cantante, attore, ballerino, poeta e drammaturgo, ma la fortuna gli arrise infine<br />
come scrittore di fiabe per l’infanzia. Scrisse fiabe del tutto originali che tutti hanno sentito raccontare<br />
da bambini come Il brutto anatroccolo, Il soldatino di stagno, I vestiti nuovi dell’imperatore, La piccola fiammiferaia,<br />
La principessa sul pisello.<br />
II racconto-fiaba che abbiamo selezionato risale al 1847. Molti requisiti lo legano al genere fiaba, come la<br />
genericità dei personaggi e dei luoghi (un filosofo, i paesi caldi, i paesi freddi), l’incontro tipico con la Principessa,<br />
gli elementi fantastici (la casa dove abita la Poesia, l’ombra che abbandona il corpo padrone e diviene uomo a<br />
sua volta), lo stile facile e scorrevole della narrazione, ma i contenuti e soprattutto la conclusione, amari e grotteschi,<br />
si allontanano dal genere, sono più facilmente interpretabili da un lettore più adulto e mostrano il pes-<br />
simismo dell’autore nel<br />
suo giudizio sulla cattiveria<br />
degli uomini.<br />
Il testo<br />
A differenza dei testi precedenti, tratti dai romanzi, la fiaba di Andersen,<br />
essendo un racconto, ti viene riportata, pur con alcuni tagli, nella<br />
sua interezza. Potrai seguire la vicenda nel suo svolgersi dall’inizio<br />
alla fine.<br />
Nei paesi caldi, lì sì che il sole brucia! La gente diventa color mogano, e nei paesi<br />
caldissimi diventa addirittura nera, tanto è abbrustolita. Dai paesi freddi, un filosofo<br />
era giunto però soltanto nei paesi caldi, e credeva di poter correre in giro come<br />
se fosse in patria, ma ne perse ben presto l’abitudine. Anche lui, come tutte le persone<br />
ragionevoli, doveva starsene tappato in casa. Persiane e finestre restavano<br />
chiuse tutto il giorno; sembrava che l’intera casa dormisse o che fossero tutti usciti.<br />
La viuzza stretta stretta dove abitava, coi fabbricati alti alti, era fatta in modo che il<br />
sole era costretto a starci dalla mattina alla sera: una cosa proprio insopportabile!<br />
Il filosofo dei paesi freddi era giovane, era intelligente, ma gli sembrava di star<br />
seduto entro una stufa accesa: questo lo sciupava e lo rese magro magro; persino<br />
la sua ombra rimpiccioliva, il sole aveva consumato anche lei, l’aveva fatta diventare<br />
molto più esile di quel che non fosse al suo paese. Rivivevano tutti e due solo verso<br />
sera, dopo il tramonto.<br />
Era proprio una gioia vederli: appena il lume veniva portato nella stanza, l’ombra<br />
si distendeva sulla parete, raggiungeva persino il soffitto tanto diventava lunga: sentiva<br />
proprio il bisogno di stirarsi per riacquistare le forze. Il filosofo usciva sul balcone<br />
per sgranchirsi un poco, e a mano a mano che le stelle apparivano in quella<br />
meravigliosa limpidità dell’aria, gli sembrava di rinascere. Su tutti i balconi della
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Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
pagina 11<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Hans Christian Andersen L’ombra<br />
strada, e nei paesi caldi ogni finestra ha un balcone, usciva gente, perché hanno bisogno<br />
d’aria anche quelli che sono abituati a essere color mogano. Quanta vita, là<br />
in alto come giù nella strada! Calzolai e sarti, tutti uscivano dalle case, tiravano fuori<br />
tavolini e seggiole, i lumi brillavano, sì, erano più di mille lumi a brillare, e chi<br />
parlava, chi cantava, chi andava su e giù passeggiando; passavano carrozze e passavano<br />
asinelli: kling, kling, kling, tutti con la sonagliera. I morti venivano accompagnati<br />
alla tomba da cortei salmodianti, i monelli sparavano le castagnole e le<br />
campane delle chiese suonavano: quanta vita per la strada! Solo nella casa situata<br />
proprio dirimpetto a quella dove abitava il filosofo straniero regnava un gran silenzio;<br />
eppure era abitata, perché sul balcone c’erano dei fiori che crescevano a meraviglia<br />
con tutto quel caldo, non avrebbero potuto esser così senza esser innaffiati, e questo<br />
doveva pur farlo qualcuno; vi abitava certo gente. La sera era socchiuso anche il<br />
balcone della casa di fronte, ma dentro era buio, o almeno era buio nella stanza davanti,<br />
mentre dal di dietro si sentiva venire una musica. Al filosofo straniero quella<br />
sembrava veramente straordinaria, ma può anche darsi che fosse frutto della sua<br />
immaginazione, dato che lui trovava tutto straordinario laggiù nei paesi caldi; se<br />
non fosse stato per il sole! Il padrone di casa dello straniero diceva di non sapere<br />
chi avesse preso in affitto la casa di fronte: non si vedeva nessuno e, quanto alla<br />
musica, gli sembrava noiosa da morire. È come se uno stesse lì seduto a esercitarsi<br />
su di un pezzo senza portarlo mai a termine, sempre lo stesso pezzo. Ha un bel<br />
dire che se la caverà; non ci riuscirà mai, per quanto suoni!<br />
Una notte lo straniero si svegliò, dormiva col balcone aperto, e il vento ne aveva<br />
un po’ sollevato la tenda, e gli parve che dalla casa di fronte venisse uno strano<br />
splendore: tutti i fiori brillavano come fiamme dai più smaglianti colori, e tra di<br />
essi c’era una sottile, bellissima fanciulla, e sembrava che risplendesse anche lei.<br />
La luce gli ferì gli occhi, ma è anche vero che li teneva così spalancati, si era appena<br />
svegliato. Con un balzo fu sul pavimento e si avvicinò pian piano alla tenda; ma la<br />
fanciulla non c’era più, non c’era più nemmeno la luce, i fiori non brillavano affatto,<br />
ma erano belli come sempre, il balcone era socchiuso e dal fondo risuonava una<br />
musica così dolce e meravigliosa che a sentirla ci si poteva lasciar andare alle più<br />
dolci fantasticherie.<br />
Sembrava un incantesimo, ma chi abitava lì? Dov’ era il vero ingresso? Il pianterreno<br />
era tutto occupato da una fila di botteghe e non era possibile che si dovesse<br />
sempre passare per di lì.<br />
Una sera lo straniero se ne stava sul balcone e dietro di lui nella stanza, brillava<br />
un lume: era quindi più che naturale che la sua ombra si posasse sul muro dirimpetto;<br />
se ne stava seduta proprio tra i fiori, sul balcone, e quando lo straniero si<br />
muoveva, si muoveva anche lei, perché succede così.<br />
– La mia ombra, credo, è l’unico essere vivente che si veda là, – si disse il giovane.<br />
– Guarda con che grazia siede tra i fiori! Il balcone è socchiuso e l’ombra dovrebbe<br />
avere l’accortezza di andar dentro, di guardarsi un po’ intorno e di tornare poi a<br />
raccontare quello che ha visto. Ti dovresti proprio rendere utile, – aggiunse scherzando.<br />
– Fammi il piacere di entrare! Su! Va’ pure dentro! – Fece un cenno all’ombra<br />
e quella gli fece un cenno a sua volta. – Su, va’, ma poi torna! – Così dicendo, lo<br />
straniero si alzò, e la sua ombra sul balcone dirimpetto fece lo stesso, poi si volse,<br />
e anche quella si voltò: se qualcuno fosse stato bene attento, avrebbe potuto veder<br />
chiaramente l’ombra infilarsi attraverso il battente socchiuso del balcone dirimpetto,<br />
proprio nel momento in cui lo straniero entrava nella stanza, lasciando ricadere la<br />
tenda dietro di sé.<br />
La mattina dopo lo straniero uscì per prendere un caffè e leggere i giornali. –<br />
Ma che succede? – esclamò non appena fu al sole. – Non ho la mia ombra! Ma<br />
allora, ieri se n’è andata davvero e non è più tornata: è una bella seccatura!<br />
[…]
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Poesia e teatro<br />
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pagina 12<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Hans Christian Andersen L’ombra<br />
on line 54<br />
Passarono i giorni e passarono gli anni, molti anni.<br />
Eccolo lì, una bella sera, nella sua stanza, quando bussarono pian piano alla porta.<br />
– Avanti! – disse, ma nessuno entrò, e allora lui aprì la porta e si vide davanti un<br />
tipo così magro che ne fu quasi sconvolto. Era vestito con molta eleganza del resto,<br />
e certamente doveva essere una persona distinta.<br />
– Con chi ho l’onore di parlare? – chiese il filosofo.<br />
– Me l’aspettavo, – rispose quella persona tanto distinta, – che non mi avrebbe<br />
riconosciuto! Ora ho preso corpo talmente, ho addirittura carne e vestiti, come gli<br />
altri. Lei non avrebbe mai immaginato di potermi vedere in così buone condizioni.<br />
Non riconosce la sua vecchia ombra? Pensava certo che non sarei tornata mai più.<br />
Gli affari mi sono andati ottimamente da quando l’ho lasciata; ho acquistato molto,<br />
in tutti i sensi. Se devo riscattare la mia libertà, ora posso farlo! – e così dicendo<br />
agitò tutto un mazzetto di ciondoli preziosi appesi all’orologio e posò una mano<br />
sulla pesante catena d’oro che portava al collo: che scintillio di diamanti su tutte<br />
le dita! E non c’era nulla di falso.<br />
– Non riesco a capacitarmi, – disse il filosofo. – Che significa tutto ciò?<br />
[…]<br />
– Ora glielo racconterò, – disse quella sedendosi, – ma lei deve promettere che<br />
non dirà mai a nessuno qui in città, dovunque mi incontri, che sono stata la sua<br />
ombra. Ho l’intenzione di fidanzarmi; di famiglie posso mantenerne più di una con<br />
i miei mezzi!<br />
– Sta’ tranquilla! – la rassicurò il filosofo. – Non dirò a nessuno chi sei veramente;<br />
eccoti la mia mano! Te lo prometto, parola di gentiluomo!<br />
– Parola di ombra! – replicò quella, e non poteva dire altrimenti. D’altra parte<br />
era davvero straordinario come era simile a un uomo: era vestita tutta di scuro, con<br />
i più fini abiti neri, gli stivaletti lucidi e un cappello a cilindro che si poteva appiattire<br />
con un colpo solo, così che diventava solamente fondo e falde, per non parlare di<br />
quello che già sappiamo, dei ciondoli, della collana d’oro e degli anelli di diamanti:<br />
l’ombra era veramente vestita con grande eleganza, ed era questo a far di lei un<br />
uomo in tutto e per tutto.<br />
– Ora le racconterò, – disse, e intanto poggiò con quanta forza aveva i piedi,<br />
con gli stivaletti lucidi, sul braccio della nuova ombra del filosofo, stesa ai suoi piedi<br />
come un can barbone; forse lo fece per superbia o forse per riuscire a farsela attaccare<br />
ai piedi, ma l’ombra coricata a terra rimase ferma e tranquilla, per poter<br />
ascoltare; voleva davvero sentire come si doveva fare per liberarsi e mettersi allo<br />
stesso livello del proprio padrone.<br />
Sa chi abitava nella casa di fronte? – domandò l’ombra. – La cosa più bella che<br />
esista, la «poesia»! Rimasi lì tre settimane, ed è come se fossi vissuto tremila anni e<br />
avessi letto tutte le opere di scrittori e di poeti. Glielo dico io e può star sicuro che<br />
è vero! Ho visto tutto e so tutto!<br />
– La poesia! – gridò il filosofo. – Sì, essa è spesso un eremita, nelle grandi città!<br />
La poesia! L’ho intravveduta un attimo soltanto, ma mi si chiudevano gli occhi dal<br />
sonno. Stava sul balcone, splendente come l’aurora boreale. Racconta, racconta!<br />
Tu eri sulla terrazza, sei entrato, e poi…<br />
– Poi mi sono trovato nell’anticamera! – proseguì l’ombra. – E lei è rimasto seduto,<br />
a guardare verso di quella. Non c’era luce, ma una specie di penombra, però<br />
tutte le porte di una lunga fila di sale e di saloni erano spalancate, e lì sì che ce<br />
n’era di luce! Ne sarei stato fulminato se mi fossi spinto sino in fondo, dalla fanciulla,<br />
ma io andai cauto, presi tempo; così bisogna fare!<br />
– E poi, che cosa hai visto? – chiese il filosofo.<br />
– Ho visto tutto, ora glielo racconterò, ma, non è per superbia, mi creda, libero<br />
come sono e con la mia cultura, per non parlare della mia buona posizione, e delle<br />
mie splendide condizioni finanziarie, desidererei proprio che mi desse del lei!
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pagina 13<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Hans Christian Andersen L’ombra<br />
– Le chiedo scusa, – disse subito il filosofo, – è una vecchia abitudine che non<br />
riesco a levarmi. Lei ha tutte le ragioni! Me ne ricorderò! Ma ora mi racconti tutto<br />
quello che ha visto!<br />
– Tutto! – dichiarò l’ombra. – Perché io ho visto tutto e so tutto!<br />
[…]<br />
Nell’anticamera della casa della poesia, l’ombra imparò a conoscere se stesso<br />
e le cose del mondo, e divenne uomo! Avrebbe voluto tornare dal suo filosofo<br />
padrone, ma quest’ultimo aveva lasciato nel frattempo i paesi caldi. L’ombra,<br />
poiché non si era procurato ancora quella “vernice” che rende riconoscibile un<br />
uomo, né stivali, né vestiti, si nascose non vista sotto le gonne delle donne,<br />
dentro le case degli uomini e vide le azioni più segrete e turpi, la cui conoscenza<br />
gli permise, attraverso l’arma vile del ricatto, di procurarsi in poco tempo enormi<br />
ricchezze. Dopo aver raccontato la sua storia all’antico padrone, l’ombra se ne<br />
andò promettendo che sarebbe tornata di tanto in tanto a fargli visita. Il filosofo<br />
legato ai suoi princìpi razionali e morali, non fu altrettanto fortunato: il dispiacere<br />
per essersi reso conto che quanto scriveva intorno al vero, al buono e al bello,<br />
non interessasse più a nessuno, lo aveva fatto ammalare.<br />
– Dovrebbe andare in un luogo di cura! – gli consigliò l’ombra che era venuta<br />
a fargli visita. – E l’unica cosa da fare! La prenderò con me per amore della nostra<br />
vecchia amicizia: io pagherò il viaggio, lei ne scriverà la relazione, e cosi mi farà<br />
un po’ divertire lungo la strada. Voglio giusto andare in un luogo di cura, la mia<br />
barba non cresce come dovrebbe e questa in fondo è una malattia, perché la barba<br />
bisogna pure averla! Sia ragionevole, dunque, e accetti la mia offerta: viaggeremo<br />
insieme, come due buoni compagni!<br />
E così partirono; l’ombra era il padrone, e il padrone era l’ombra; andarono insieme<br />
in carrozza, a cavallo, a piedi, uno accanto all’altro, uno dietro l’altro, a seconda<br />
della posizione del sole: l’ombra stava sempre attenta a mettersi dalla parte del padrone,<br />
ma il filosofo non badava affatto a queste cose; aveva un gran buon cuore,<br />
era mite e gentile, tanto che un giorno disse all’ombra: – Come compagni di viaggio<br />
e dato anche che siamo cresciuti insieme sin dalla fanciullezza, non vogliamo darci<br />
del tu? Viene tanto più spontaneo!<br />
– È un’idea, – disse l’ombra, che ormai era il vero e proprio padrone, – espressa<br />
con gran benevolenza e grande schiettezza: vorrei poter parlare anch’io con altrettanta<br />
benevolenza e altrettanta schiettezza. Da persona colta quale lei è, sa certamente<br />
come sia strana la natura degli uomini. Alcuni non possono toccare della<br />
carta da pacchi senza sentirsi male, altri provano un brivido in tutto il corpo solo<br />
a far strisciare una punta contro una lastra di vetro: a me fa un tale effetto quando<br />
la sento darmi del tu: mi sembrerebbe di essere schiacciato a terra nella mia posizione<br />
d’una volta. Lei vede bene che si tratta di una sensibilità, e che non è il caso<br />
di parlare di superbia; non potendo lasciarmi dare del tu da lei, sarò felice di darle<br />
io del tu, così il suo desiderio sarà soddisfatto, almeno per metà. E così l’ombra<br />
diede del tu al suo antico padrone.<br />
«E un po’ forte, – pensava quello, – che io debba dargli del lei e che lui mi dia<br />
del tu», ma ormai non c’era nulla da fare. Giunsero così in un luogo di cura dove<br />
si trovavano molti forestieri, e tra questi la bellissima figlia di un re, che aveva la<br />
malattia di aver la vista troppo acuta, cosa molto preoccupante. Ella notò subito<br />
che il nuovo arrivato era diversissimo da tutti gli altri: – Dicono che è venuto qui<br />
per farsi crescere la barba, ma io vedo bene che la ragione vera è che è senza ombra.<br />
Si era così destata la sua curiosità, e durante la passeggiata attaccò subito discorso<br />
con il forestiero. Siccome era figlia di un re, non aveva bisogno di fare tanti com-
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Hans Christian Andersen L’ombra<br />
on line 54<br />
plimenti e perciò gli disse: – La sua malattia è quella di non essere capace di proiettare<br />
un’ombra.<br />
– Sua Altezza Reale dev’essere in via di guarigione, – rispose quella. – Io so che<br />
la Sua malattia consiste nel veder le cose troppo chiaramente, ma ora non è più<br />
così! Lei è guarita, perché io ho proprio un’ombra eccezionale! Non vede quel<br />
tipo che mi fa sempre compagnia? Ebbene gli altri hanno un’ombra comune, ma<br />
io rifuggo da tutto quello che è comune. Di solito diamo ai nostri servitori delle livree<br />
più eleganti dei nostri stessi abiti: allo stesso modo io ho voluto che la mia<br />
ombra si vestisse da uomo. Lei può vedere che ha persino un’ombra per conto<br />
suo. E un lusso che costa caro, ma a me piace aver qualcosa di diverso dagli altri.<br />
«Ma come, – pensò la principessa – possibile che io sia proprio guarita? Ma<br />
allora questo luogo di cura è il migliore che esista! L’acqua poi, ai nostri giorni,<br />
compie dei veri miracoli! Ma io non voglio andarmene, perché ora comincia il<br />
bello! Il forestiero mi piace moltissimo. Basta che non gli cresca la barba, altrimenti<br />
se ne va!».<br />
La sera, la figlia del re e l’ombra ballarono insieme nel grande salone da ballo.<br />
Lei era molto leggera, ma il suo cavaliere era ancor più leggero di lei: un ballerino<br />
simile non le era mai capitato.<br />
[…]<br />
La storia termina col matrimonio tra la figlia del re e l’ombra e con l’eliminazione<br />
di chi avrebbe potuto svelare la verità alla fanciulla.<br />
La mia ombra è impazzita, crede di essere un uomo e che io, figurati, sia la sua<br />
ombra!<br />
– È terribile! – confermò la principessa. – Ma lo hanno rinchiuso almeno?<br />
– Certamente! Temo però che non riacquisterà più la ragione.<br />
– Povera ombra, – sospirò la principessa, – sarà certo molto infelice! Credo che<br />
sia una buona azione toglierle quel po’ di vita che le è rimasta; a pensarci bene,<br />
sarà necessario liberarci di lei senza tanto chiasso.<br />
– Mi pesa, – disse l’ombra. – È stato un fedele servitore! – E tirò una specie di<br />
sospiro.<br />
– Che carattere nobile! – esclamò la figlia del re.<br />
La sera, tutta la città fu illuminata a giorno, i cannoni spararono: bum! Bum! E<br />
i soldati presentarono le armi. Che nozze! La principessa e l’ombra uscirono sul<br />
balcone per farsi vedere, e per farsi acclamare ancora. – Urrà, urrà.<br />
Il filosofo non sentì nulla di tutto questo, perché l’avevano ucciso.
L’autore<br />
e l’opera<br />
da<br />
L. Pirandello, Il fu Mattia<br />
Pascal, Mondadori, Milano<br />
2008<br />
1 Stìa: è il nome del podere<br />
che era di proprietà dei Pascal,<br />
presso il cui mulino era stato titrovato<br />
il cadavere scambiato<br />
per Mattia.<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
2 Romilda e la vedova Pescatore:<br />
la moglie e la suocera.<br />
3 acconciato: adattato.<br />
4 il supplizio di Tantalo: se-<br />
pagina 15<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Luigi Pirandello<br />
Io e la mia ombra<br />
Si tratta di un autore che indubbiamente già conosci come autore di novelle e di testi teatrali (vedi<br />
volume di Narrativa, Primo piano su un autore, p. 734). Questa volta il brano è tratto da uno dei<br />
suoi romanzi, forse il più conosciuto e il più letto anche nella scuola, Il fu Mattia Pascal.<br />
Il protagonista, Mattia Pascal, è sostanzialmente nella vita un fallito, ha perso per incapacità i suoi<br />
averi e si è sposato per dovere con una donna che non lo ama e vive con una suocera che lo disprezza. Allontanatosi<br />
da casa dopo l’ennesimo litigio con moglie e suocera, vince una considerevole somma di denaro al casinò di<br />
Montecarlo. Prende il treno per ritornare a casa e mostrare trionfante la propria vincita alle donne che lo ritengono<br />
un buono a nulla, ma durante il viaggio legge su un quotidiano la notizia della propria morte; si trattava in realtà<br />
di un erroneo riconoscimento del cadavere di un suicida decomposto dall’acqua del fiume. Mattia decide di approfittare<br />
di quell’occasione fortuita per eclissarsi per sempre come Mattia Pascal e assumere una nuova identità<br />
scegliendo il nome di Adriano Meis, per cominciare da capo una vita diversa. Ma si accorgerà ben presto dell’irrealizzabilità<br />
del suo progetto. Si innamora di una donna, Adriana, e quando la bacia comprende che senza una<br />
identità civilmente comprovata, come uomo non può prometterle nulla né nulla realizzare. Si renderà conto di<br />
essere soltanto l’ombra di se stesso. Tenterà di uscire da questa situazione fingendo un altro suicidio, quello di<br />
Adriano Meis, per ritornare nei panni di Mattia Pascal. Ma anche questa soluzione non sarà possibile. La moglie,<br />
convinta di essere vedova, si era nel frattempo sposata con un altro e la sua condizione sarà ancora una volta<br />
quella dell’esclusione.<br />
Non gli resta che essere Il<br />
fu Mattia Pascal, alla cui<br />
tomba di tanto in tanto<br />
porterà dei fiori.<br />
Il testo<br />
Il brano è tratto dal capitolo XV del romanzo. È il momento in cui l’io<br />
protagonista prende consapevolezza della propria condizione: l’operazione<br />
di poter creare un doppio di sé è fallita; sente di essersi annullato<br />
come uomo e di essere ridotto ad essere soltanto l’ombra dell’uomo<br />
che aveva sperato di diventare.<br />
[…] la vita mi aveva trascinato, con la sua foga irresistibile: la vita che non era più<br />
per me. Ah, ora me n’accorgevo veramente, ora che non potevo più con vani pretesti,<br />
con infingimenti quasi puerili, con pietose, meschinissime scuse impedirmi<br />
di assumer coscienza del mio sentimento per Adriana, attenuare il valore delle mie<br />
intenzioni, delle mie parole, de’ miei atti. Troppe cose, senza parlare, le avevo detto,<br />
stringendole la mano, inducendola a intrecciar con le mie le sue dita; e un bacio,<br />
un bacio infine aveva suggellato il nostro amore. Ora, come risponder coi fatti alla<br />
promessa? Potevo far mia Adriana? Ma nella gora del molino, là alla Stìa, 1 ci avevano<br />
buttato me quelle due buone donne, Romilda e la vedova Pescatore; 2 non ci s’eran<br />
mica buttate loro! E libera dunque era rimasta lei, mia moglie; non io, che m’ero<br />
acconciato 3 a fare il morto, lusingandomi di poter diventare un altro uomo, vivere<br />
un’altra vita. Un altr’uomo, sì, ma a patto di non far nulla. E che uomo dunque?<br />
Un’ombra d’uomo! […]<br />
Io mi vidi escluso per sempre dalla vita, senza possibilità di rientrarvi. Con quel<br />
lutto nel cuore, con quell’esperienza fatta, me ne sarei andato via, ora, da quella<br />
casa, a cui mi ero già abituato, in cui avevo trovato un po’ di requie, in cui mi ero<br />
fatto quasi il nido; e di nuovo per le strade, senza meta, senza scopo, nel vuoto. La<br />
paura di ricader nei lacci della vita, mi avrebbe fatto tenere più lontano che mai<br />
dagli uomini, solo, solo, affatto solo, diffidente, ombroso; e il supplizio di Tantalo 4<br />
si sarebbe rinnovato per me.<br />
condo la mitologia greca, Tantalo,<br />
figlio di Zeus, recò agli dèi<br />
molteplici offese, pertanto fu<br />
gettato nell’Ade e condannato<br />
ad un eterno e terribile suppli-<br />
zio: affamato e assetato, non<br />
poteva né cibarsi né bere, nonostante<br />
fosse circondato da cibo<br />
e acqua.
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Uscii di casa, come un matto. Mi ritrovai dopo un pezzo per la via Flaminia,<br />
vicino al Ponte Molle. Che ero andato a fare lì? Mi guardai attorno; poi gli occhi mi<br />
s’affisarono su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplarla; infine alzai<br />
un piede rabbiosamente su essa. Ma io no, io non potevo calpestarla, l’ombra mia.<br />
Chi era più ombra di noi due? io o lei?<br />
Due ombre!<br />
Là, là per terra; e ciascuno poteva passarci sopra: schiacciarmi la testa, schiacciarmi<br />
il cuore: e io, zitto; l’ombra, zitta.<br />
L’ombra d’un morto: ecco la mia vita 5 …<br />
Passò un carro: rimasi lì fermo, apposta: prima il cavallo, con le quattro zampe,<br />
poi le ruote del carro.<br />
– Là, così! forte, sul collo! Oh, oh, anche tu, cagnolino? Sù, da bravo, sì: alza un’anca!<br />
alza un’anca!<br />
Scoppiai a ridere d’un maligno riso; il cagnolino scappò via, spaventato; il carrettiere<br />
si voltò a guardarmi. Allora mi mossi; e l’ombra, meco, dinanzi. Affrettai il<br />
passo per cacciarla sotto altri carri, sotto i piedi de’ viandanti, voluttuosamente.<br />
Una smania mala mi aveva preso, quasi adunghiandomi il ventre; alla fine, non potei<br />
più vedermi davanti quella mia ombra; avrei voluto scuotermela dai piedi, Mi voltai;<br />
ma ecco; la avevo dietro, ora; «E se mi metto a correre», pensai, «mi seguirà!».<br />
Mi stropicciai forte la fronte, per paura che stessi per ammattire, per farmene<br />
una fissazione. Ma sì! così era! il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra:<br />
ero io, là per terra, esposto alla mercé dei piedi altrui. Ecco quello che restava di<br />
Mattia Pascal, morto alla Stìa: la sua ombra per le vie di Roma.<br />
Ma aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; aveva denari, quell’ombra,<br />
e ciascuno poteva rubarglieli; aveva una testa, ma per pensare e comprendere<br />
ch’era la testa di un’ombra, e non l’ombra d’una testa. 6 Proprio così!<br />
Allora la sentii come cosa viva, e sentii dolore per essa, come il cavallo e le ruote<br />
del carro e i piedi de’ viandanti ne avessero veramente fatto strazio. E non volli lasciarla<br />
più lì esposta, per terra, Passò un tram, e vi montai.<br />
5 L’ombra d’un morto: ecco<br />
la mia vita: la frase sintetizza<br />
la terribile inconsistenza della<br />
realtà in cui vive il personaggio,<br />
non più individuo, non più uomo<br />
capace di scegliere e vivere<br />
pagina 16<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
Luigi Pirandello Io e la mia ombra<br />
una propria vita, ma soltanto<br />
ombra e per di più ombra di<br />
una persona che non esiste più.<br />
6 la testa di un’ombra, e<br />
non l’ombra d’una testa: la<br />
figura retorica del chiasmo ri-<br />
on line 54<br />
balta totalmente il senso della<br />
frase. La testa di un’ombra si riferisce<br />
a cosa evanescente,<br />
mentre l’ombra di una testa rimanda<br />
all’individuo che fisicamente<br />
ha una testa.
da<br />
M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />
Poesia e teatro<br />
<strong>Percorso</strong> <strong>tematico</strong> Il doppio: il sosia e l’ombra on line 54<br />
F. Pessoa, Il poeta è un<br />
fingitore, a cura di A. Tabucchi,<br />
Feltrinelli, Milano 1999<br />
pagina 17<br />
Modulo 8 Nella storia del teatro: la commedia nella classicità e nella modernità<br />
Unità di apprendimento 1 La commedia nel mondo classico<br />
A conclusione del percorso un frammento poetico di Fernando Pessoa (Modulo<br />
1, p. 7) che nella sua brevità è capace di contenere ed esprimere il significato<br />
profondo del tema.<br />
Fernando Pessoa<br />
«Sento che niente sono, se non l’ombra»<br />
Sento che niente sono, se non l’ombra<br />
di un volto imperscrutabile nell’ombra:<br />
e per assenza esisto, come il vuoto.<br />
L’autore Fernando Pessoa nato nel 1888, portoghese cresciuto in Sudafrica, si stabilì<br />
poi definitivamente nella natia Lisbona, dove rimase fino alla morte, che lo colse nel<br />
1935. Pessoa è un personaggio assai complesso nel panorama letterario della prima<br />
metà del Novecento. Nella sua opera – come nella sua biografia di uomo schivo e misterioso,<br />
frequentatore assiduo di librerie – si riflettono le concezioni della psicanalisi e della<br />
filosofia del tempo, che mettevano a nudo la difficoltà dell’uomo a riconoscersi in un’identità<br />
precisa, ossia a dare una risposta unica e definita alla domanda “chi sono io?”. Non<br />
a caso le sue opere sono firmate di volta in volta non solo dallo stesso Pessoa, ma anche<br />
da altri personaggi immaginari (i cosiddetti “eteronimi”), ognuno con una propria storia<br />
e una propria personalità. Pessoa è annoverato adesso tra gli scrittori più grandi ed<br />
originali del Novecento, ma è stato conosciuto tardi: infatti soltanto dopo la sua morte<br />
fu scoperta un’impressionante mole di scritti, chiusi dentro un baule che in Italia è stato<br />
reso noto dallo scrittore Antonio Tabucchi, studioso e traduttore dell’opera di Pessoa.