Rapporto Annuale Federculture 2012
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Estratto distribuito da Biblet<br />
la cultura dall’emergenza allo sviluppo | 19<br />
che non siano estranei alla città, cioè al bene comune, e che siano attivi e responsabili:<br />
la capacità della classe politica deve essere illuminata da «un’attività fantastica e da una<br />
forza morale». Serve cioè un pensiero etico e spirituale profondo, una simpatia verso la<br />
condizione umana, che abbia la forza di immaginare e di costruire il futuro. Il carattere<br />
italiano più malefi co per l’effi cienza della vita pubblica del nostro Paese è, infatti, la<br />
mancanza di fantasia drammatica; quella capace di armonizzare gli elementi della vita<br />
reale (lavoro, gioia, soff erenza) innanzitutto nel pensiero, traducendoli poi in previsioni di<br />
cambiamento e in azioni. È il contrario di una visione retorica. O di quella cinica di molti<br />
politici e intellettuali che, con travestito realismo, hanno abdicato al loro ruolo critico.<br />
Aff rontare l’emergenza educativa per contrastare incuria e indiff erenza<br />
Gli educatori – il maestro Abreu in Venezuela, i parroci nelle frontiere dei quartieri<br />
malavitosi di Napoli e di paesini siciliani, molti insegnanti e genitori – sanno che la<br />
bellezza è un valore morale. L’ex vescovo di Locri, Mons. Giancarlo Maria Bregantini,<br />
nella sua pubblicazione «Non possiamo tacere» ripete con forza che «i paesi più brutti<br />
e trascurati sono quelli segnati dalla mafi a». L’apertura di un teatro illumina le strade<br />
nella notte, anima le attività economiche del quartiere, fa acquistare valore alle proprietà<br />
immobiliari. Stimola alla cura delle strade e dei giardini. Ma soprattutto è un centro<br />
di incontro tra le persone, trasmette signifi cati e messaggi culturali, fa ridere, piangere,<br />
pensare. E intorno a un luogo culturale vivo, non a una rovina abbandonata, si vince<br />
l’incuria e l’indiff erenza. È la storia di tutti i giorni. I bambini che crescono nel degrado<br />
e nella bruttezza sanno aff rontare di meno la corruzione e la violenza. Viceversa, il bello<br />
e la diff usione della cultura aiutano a considerare il rispetto degli altri e delle cose e a<br />
proiettarsi verso l’innovazione. La scuola di musica Al Kamandjati di Ramallah è uno<br />
straordinario esempio di superamento dell’odio tra giovani israeliani e palestinesi che,<br />
suonando insieme, traggono consistenza nelle ragioni della comprensione e dell’amicizia.<br />
Sconfi ggendo l’odio ideologico e razziale. Le bande musicali, per rimanere a casa<br />
nostra, che ancora oggi accompagnano la vita nei paesi, le ricorrenze civili e le cerimonie<br />
religiose, compresi i funerali dei compaesani, sono le più attuali forme d’integrazione<br />
e di partecipazione sociale. Tramandano le tradizioni della musica locale e avvicinano<br />
alle popolazioni i suoni e le parole degli inni sacri e patriottici. Peraltro i nostri tecnici<br />
della pubblicità, gli stilisti, gli artigiani hanno assorbito le bellezze dei paesaggi, i colori<br />
delle piazze, gli aff reschi dei palazzi storici, i marmi variopinti nelle basiliche romane<br />
passeggiandovi tutti i giorni. Da questa osmosi hanno prodotto linee grafi che, scarpe,<br />
abiti, forme di lampade, profi li e colori di mobili. Anche questo è il capitale culturale.<br />
Anche questo crea sviluppo.<br />
Serve una visione della storia, della società, del progresso. Se Gobetti vivesse oggi,<br />
lui che negli anni Venti sognava per l’Italia un capitalismo industriale d’avanguardia<br />
sull’idea della rivoluzione liberale, penso che sposerebbe l’idea di un nuovo fondamento<br />
basato sull’industria culturale e creativa. Dunque, un altro grande problema è<br />
identifi care un nuovo soggetto della trasformazione. Non può che essere il cittadino<br />
stesso che si riappropria dell’esercizio del pensiero, degli strumenti della formazione<br />
umana, delle modalità di espressione della propria libertà e del proprio essere. Come<br />
non pensare al coraggio di Prometeo, nella tragedia di Eschilo, che rubò il fuoco a<br />
Estratto della pubblicazione