Fermata di Gaggio: un viaggio nella memoria (2001) - Emanuele Stival
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l ragazzi della ferrovia<br />
LA MANUTENZIONE<br />
Una volta all'anno, <strong>un</strong> treno merci si fermava a <strong>Gaggio</strong> per scaricare <strong>un</strong> vagone<br />
<strong>di</strong> vecchie traversine da binario. Noi ragazzi eravamo lì a guardare: in meno <strong>di</strong> 15<br />
minuti, i sei operai addetti al lavoro riuscivano a scaricare tutti quei pezzi <strong>di</strong> legno.<br />
Lavoravano <strong>di</strong> gran lena, perché il treno non poteva stare fermo più <strong>di</strong> tanto: altri<br />
treni incalzavano.<br />
A guardarli, quegli operai sembravano faticare, ma era nulla in confronto a<br />
quanto avveniva nei mesi <strong>di</strong> luglio e agosto quando, con pala e piccone, lavoravano<br />
alla manutenzione, cambiavano cioè le vecchie traversine con quelle nuove ed<br />
erano costretti a battere con la testa del piccone sui grossi sassi del pietrisco per fare<br />
in modo che le traversine poggiassero sul fondo con tanta solidezza.<br />
Quegli operai non erano ferrovieri, ma appartenevano ad <strong>un</strong>'impresa privata;<br />
lavoravano sempre sotto l'occhio vigile del loro capo e dell'assistente delle ferrovie.<br />
Potevano fermarsi solo per asciugarsi il sudore che colava abbondante dalla loro<br />
fronte; altra pausa brevissima era concessa per bere acqua o anche vino. Il vino era<br />
consentito, a loro spese, naturalmente, perché, essendo ricco <strong>di</strong> calorie, dava loro<br />
molta forza.<br />
A mezzogiorno, arrivavano con la bicicletta, l<strong>un</strong>go la ferrata, le loro mogli con<br />
la sporta contenente il pranzo: pasta, polenta e formaggio.<br />
Un altro spettacolo da vedere era, per noi ragazzi, il cambio delle rotaie, che<br />
venivano portate sul posto su <strong>un</strong> carrello, spinto con l<strong>un</strong>ghe pertiche, - quasi dei<br />
remi, appoggiate sui sassi - da sei operai.<br />
Arrivati sul posto, gli operai spingevano la rotaia fino a farla cadere poi, accoppiati<br />
e con <strong>un</strong>a grossa tenaglia in mano, all'or<strong>di</strong>ne del capo:<br />
- Pronti... Hop! -, come d'incanto l'alzavano, la spostavano e l'adagiavano sulle<br />
traversine, dove veniva fissata con delle grosse viti dette "caviglie re L." Noi ragazzi<br />
guardavamo tutto questo con meraviglia e ammirazione..<br />
L<strong>un</strong>go la ferrata passava ogni giorno <strong>un</strong> ferroviere, che camminava in equilibrio<br />
su <strong>un</strong>a rotaia, reggendosi con <strong>un</strong> bastone per non cadere - c'era anche chi del basto-<br />
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