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6<br />
Arrivavano tutti e tre in modi diversi<br />
e la cosa migliore era vedersi<br />
al bar del museo. Il tempo<br />
sarebbe passato prima in caso di<br />
ritardi. Come quello assai probabile di Teresa,<br />
che veniva da più lontano. Mark si era<br />
portato dietro il laptop. Dopo quindici anni<br />
non era sicuro di riconoscere Joe. Davvero<br />
era passato così tanto? O di più? Joe era stato<br />
un amico di Teresa. Mark diede un rapido<br />
sguardo ai tavolini all’esterno, poi entrò.<br />
Il bar era pieno e scalcinato. Mark ebbe l’impressione<br />
che gli avventori occupassero i tavolini<br />
molto più del tempo necessario a consumare<br />
bevande e spuntini. Molti leggevano<br />
il giornale. Nonostan-<br />
te il caldo, avevano<br />
tenuto quasi tutti il<br />
cappotto. Le vetrine<br />
erano appannate. Si<br />
accorse subito che la<br />
moglie non c’era – di<br />
solito avvertiva la sua<br />
presenza prima ancora<br />
di vederla – e soltanto<br />
un uomo richiese<br />
una seconda occhiata, un prete vestito di<br />
nero. Ma difficilmente Joe si sarebbe presentato<br />
con la tonaca. Non l’aveva mai fatto. Il<br />
prete seduto nell’angolo, di fronte alla vetrina,<br />
aveva gli stessi capelli, neri e lucidi, ma<br />
uno sguardo più ravvicinato rivelò che era<br />
troppo giovane. Joe non avrebbe più avuto<br />
i capelli così. Sarebbero stati sale e pepe ormai,<br />
o magari era calvo. Il tempo volava.<br />
Mark si prese un caffè, trovò un tavolino e<br />
sfilò il laptop dalla borsa, poi si alzò di nuovo.<br />
Dentro non si stava male, ma lui era a<br />
disagio. Il donnone di fronte alle prese con il<br />
Sudoku, i due della giovane coppia sulla sinistra<br />
concentrati ognuno sul suo eBook, gli davano<br />
sui nervi. Il “Financial Times” del prete<br />
Erano loro stessi<br />
un’istituzione, due coetanei<br />
in coppia da decenni: una<br />
squadra. ma era sempre con<br />
un sospiro di sollievo che<br />
Mark la riaccompagnava<br />
alla stazione.<br />
sembrava impolverato sotto la luce al neon.<br />
Mark portò il caffè sulla soglia. Fuori tirava<br />
vento. I pochi fumatori erano tutti ammassati.<br />
Dopo un attimo di esitazione, uscì; mise<br />
il caffè su un tavolino e tornò dentro a prendere<br />
il computer. Uscendo gli volò il tovagliolino.<br />
Mark si chiuse l’ultimo bottone del<br />
cappotto e lo sentì tirare. Gli si stava ingrossando<br />
il collo. Poi aprì lo schermo per mettersi<br />
al lavoro. Ora toccava a Joe riconoscere<br />
lui, sempre che Teresa non lo precedesse.<br />
Esaminando quello che aveva scritto, rendendosi<br />
conto che non andava bene e che<br />
le scadenze incombevano, Mark si chiese<br />
perché avesse acconsentito a prendere quel<br />
permesso. Di nor-<br />
ma la moglie doveva<br />
escogitare un’occasione<br />
speciale per<br />
creare uno di quei<br />
“momenti di coppia”<br />
come li chiamava lui,<br />
una ricorrenza o una<br />
riunione di famiglia<br />
in Cornovaglia; altrimenti<br />
era lui a invitarla<br />
a Londra per qualche cena istituzionale<br />
che richiedeva una compagna all’altezza. In<br />
quei casi se la cavavano discretamente. Erano<br />
loro stessi un’istituzione, due coetanei<br />
in coppia da decenni: una squadra. Ma era<br />
sempre con un sospiro di sollievo che Mark<br />
la riaccompagnava alla stazione. Mi presto a<br />
fare cose che non voglio, decise, perché detesto<br />
deludere le persone. Di sicuro non aveva<br />
nessuna voglia di rivedere Joe né di visitare<br />
la mostra; Joe avrebbe risvegliato ricordi<br />
molesti e le rassegne d’arte erano sempre sopravvalutate.<br />
Mark si stava ancora sforzando<br />
di concentrarsi sulla sua relazione quando<br />
una voce lo salutò.<br />
Ma non la voce di Joe. Era Richard Shields,<br />
pretesti | Dicembre 2012