Casa dolce casa - Acido Politico
Casa dolce casa - Acido Politico
Casa dolce casa - Acido Politico
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
ANNO III, NUMERO 19 - GENNAIO 2008<br />
Mensile universitario di politica, cultura e società
4<br />
Copertina<br />
<strong>Casa</strong><br />
<strong>dolce</strong> <strong>casa</strong><br />
di Flavio Bini<br />
9<br />
Università<br />
Nuove regole alle<br />
prossime lauree?<br />
di L.B.<br />
11<br />
Reportage<br />
Albania,<br />
anno zero<br />
dall’inviato Leonard Berberi<br />
16<br />
L’analisi<br />
La grande confusione<br />
elettorale<br />
di Antonio Bisignano<br />
18<br />
Dossier<br />
Le conseguenze<br />
sull’allargamento UE<br />
di Dario Luciano Merlo<br />
20<br />
Focus<br />
Colombia, il conflitto<br />
taciuto<br />
di Ana Victoria Arruabarrena<br />
22<br />
Russia<br />
Le elezioni farsa e il<br />
futuro della Russia<br />
di Debora Pignotti<br />
23<br />
Turchia<br />
Il GAP tra acqua e<br />
minoranze etniche<br />
di Claudia Robustelli<br />
26<br />
Commento<br />
Il regresso<br />
del progresso<br />
di Luca Fontana<br />
LE RUBRICHE<br />
1 Editoriale<br />
2 Scienze Politiche<br />
3 Numeri<br />
26 Pensieri & Parole<br />
30 International<br />
31 Sciuscià<br />
31 Parole in libertà<br />
32 Cinema<br />
Cartoline dall’Inferno<br />
Cazzario<br />
Comitato di Garanzia<br />
Un comitato costituito da docenti della Facoltà<br />
di Scienze Politiche si è assunto ‐ su richiesta<br />
della Direzione e della Redazione di “<strong>Acido</strong><br />
<strong>Politico</strong>” ‐ il compito di garantire la libertà e la<br />
correttezza sul piano legale del contenuto del<br />
periodico, senza peraltro interferire sui suoi<br />
orientamenti e contenuti e senza pertanto<br />
garantirne in alcun modo la bontà. Il comitato è<br />
composto dai prof. Antonella Besussi,<br />
Francesco Camilletti, Ada Gigli Marchetti,<br />
Marco Leonardi, Lucia Musselli, Michele<br />
Salvati e Pietro Ichino, il quale assume, ai fini<br />
della legge sulla stampa, la funzione di<br />
direttore responsabile.<br />
MENSILE UNIVERSITARIO<br />
DI POLITICA, CULTURA E SOCIETÀ<br />
DIRETTO DA<br />
FLAVIO BINI<br />
LEONARD BERBERI<br />
CAPOREDATTORE<br />
GABRIELE GIOVANNINI<br />
IN REDAZIONE<br />
ANA VICTORIA ARRUABARRENA<br />
DANIELA BALIN<br />
ANTONIO BISIGNANO<br />
ALESSANDRO CASOLI<br />
LUCA CERIANI<br />
BENEDETTA DE MARTE<br />
ARMANDO DITO<br />
LUCA FONTANA<br />
MARCO FONTANA<br />
JACOPO GANDIN<br />
GABRIELE GIOVANNINI<br />
DANIELE KESHK<br />
MARZIA LAZZARI<br />
DARIO LUCIANO MERLO<br />
CLAUDIA ROBUSTELLI<br />
FRANCESCO RUSSO<br />
COLLABORATORI<br />
MARCO ANDRIOLA<br />
MIRKO ANNUNZIATA<br />
DANILO APRIGLIANO<br />
LUCA SILVIO BATTELLO<br />
DANIELA BELLANI<br />
PIETRO BESOZZI<br />
MARCO BRUNA<br />
FRANCESCO CACCHIOLI<br />
ALESSANDRO CAPELLI<br />
STEFANIA CARUSI<br />
GIULIANA CATALANO<br />
ALESSANDRO CHIATTO<br />
SERGIO DEMONTE<br />
FILIPPO FACCO<br />
GIULIA LAURA FERRARI<br />
MATTEO FORCINITI<br />
ANDREA FUMAGALLI<br />
STEFANO GASPARRI<br />
CHIARA JACINI<br />
LORENZA MARGHERITA<br />
DEBORA PIGNOTTI<br />
MIRKO PIRALLA<br />
GILBERTO ROSSI<br />
LAURA TAVECCHIO<br />
IMPAGINAZIONE & GRAFICA<br />
LEONARD BERBERI<br />
VIGNETTE<br />
FLAMINIA SPARACINO<br />
CONTATTI<br />
redazione@acidopolitico.com<br />
SITO WEB<br />
www.acidopolitico.com<br />
WEBMASTER<br />
ALESSANDRO LEOZAPPA<br />
STAMPA<br />
“Zetagraf Snc”<br />
Via Pomezia, 12 - Milano<br />
Stampato con il contributo<br />
derivante dai fondi previsti dalla<br />
Legge n. 429 del 3 Agosto 1985<br />
Registrato al Tribunale di Milano,<br />
n. 713 del 21 novembre 2006<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
PIETRO ICHINO<br />
Numero chiuso il 4 gennaio 2008
a nostra Costituzione compie 60 anni. <strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong> vuole dedicare lo spazio in genere riserva‐<br />
to all’Editoriale per rendere omaggio ad un testo ancora urgente e di straordinaria modernità.<br />
La selezione degli articoli che segue non risponde ad un criterio di importanza, impossibile da<br />
sostenere, ma alla volontà di evidenziare i punti di maggiore attualità di un testo che deve rappresen‐<br />
tare sempre il punto di riferimento dell’agire politico e della convivenza civile.<br />
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul<br />
1 lavoro.<br />
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle<br />
forme e nei limiti della Costituzio‐<br />
ne.<br />
2 La<br />
Repubblica riconosce e<br />
garantisce i diritti inviola‐<br />
bili dell’uomo, sia come singolo<br />
sia nelle formazioni sociali ove<br />
si svolge la sua personalità, e ri‐<br />
chiede l’adempimento dei doveri<br />
inderogabili di solidarietà politica,<br />
economica e sociale.<br />
3 Tutti<br />
i cittadini hanno pari<br />
dignità sociale e sono eguali<br />
davanti alla legge, senza distin‐<br />
zione di sesso, di razza, di lin‐<br />
gua, di religione, di opinioni politiche, di<br />
condizioni personali e sociali.<br />
È compito della Repubblica rimuovere gli osta‐<br />
coli di ordine economico e sociale, che, limitando<br />
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, im‐<br />
pediscono il pieno sviluppo della persona umana e<br />
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’orga‐<br />
nizzazione politica, economica e sociale del Paese.<br />
4 La<br />
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto<br />
al lavoro e promuove le condizioni che rendano<br />
effettivo questo diritto.<br />
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le pro‐<br />
prie possibilità e la propria scelta, un’attività o una<br />
funzione che concorra al progresso materiale o spiritua‐<br />
le della società.<br />
7 Lo<br />
11<br />
Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel<br />
proprio ordine, indipendenti e sovrani. (…)<br />
L’Italia ripudia la guerra come strumento di<br />
offesa alla libertà degli altri popoli e come mez‐<br />
zo di risoluzione delle controversie internazionali<br />
13<br />
18<br />
La libertà personale è inviolabile. (…)<br />
I cittadini hanno diritto di associarsi libera‐<br />
mente, senza autorizzazione, per fini che non<br />
sono vietati ai singoli dalla legge penale.<br />
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perse‐<br />
guono, anche indirettamente, scopi politici mediante<br />
organizzazioni di carattere militare.<br />
19<br />
Tutti hanno diritto di professare liberamente la<br />
propria fede religiosa in qualsiasi forma, indivi‐<br />
duale o associata, di farne propaganda e di esercitarne<br />
in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di<br />
riti contrari al buon costume.<br />
21<br />
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente<br />
il proprio pensiero con la parola, lo scritto e<br />
ogni altro mezzo di diffusione.<br />
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o<br />
censure. (…)<br />
27<br />
La responsabilità penale è personale.<br />
L’imputato non è considerato colpevole sino<br />
alla condanna definitiva. (…)<br />
29<br />
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia<br />
come società naturale fondata sul matrimonio.<br />
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giu‐<br />
ridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a<br />
garanzia dell’unità familiare.<br />
32<br />
La Repubblica tutela la salute come fondamen‐<br />
tale diritto dell’individuo e interesse della col‐<br />
lettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.<br />
34<br />
La scuola è aperta a tutti. (...)<br />
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,<br />
hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.<br />
36<br />
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione pro‐<br />
porzionata alla quantità e qualità del suo lavoro<br />
e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla fami‐<br />
glia un’esistenza libera e dignitosa.<br />
37<br />
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a pa‐<br />
rità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano<br />
al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consenti‐<br />
re l’adempimento della sua essenziale funzione fami‐<br />
liare e assicurare alla madre e al bambino una speciale<br />
adeguata protezione.<br />
42<br />
(...) La proprietà privata è riconosciuta e garan‐<br />
tita dalla legge, che ne determina i modi di ac‐<br />
quisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne<br />
la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.<br />
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbli‐<br />
53 che in ragione della loro capacità contributiva.<br />
Il sistema tributario è informato a criteri di progressivi‐<br />
tà.<br />
139<br />
La forma repubblicana non può essere og‐<br />
getto di revisione costituzionale.<br />
redazione@acidopolitico.com
SCIENZE POLITICHE<br />
Forse non tutti<br />
sanno che...<br />
i parla spesso delle<br />
scarse agevolazioni<br />
offerte agli studenti,<br />
con particolare riferimento<br />
alle iniziative culturali. E se<br />
invece queste possibilità ci<br />
fossero, soltanto celate nei<br />
meandri del sito<br />
www.unimi.it? E’ il caso<br />
del cinema per esempio. In<br />
pochi sanno infatti che l’U‐<br />
niversità ha stretto una<br />
convenzione con Spazioci‐<br />
nema (titolare di due Multi‐<br />
sala a Milano, Apollo e<br />
Anteo, e quattro a Monza<br />
per un totale di 17 sale) che<br />
consente l’accesso al cine‐<br />
ma a tariffe vantaggiose.<br />
Biglietto ridotto (5€ anziché<br />
7,50) per tutti gli spettacoli<br />
il lunedì e per lo spettacolo<br />
delle 22.30 dalla Domenica<br />
al giovedì. Inoltre sconto<br />
sull’acquisto della tessera<br />
AGIS‐Amici del cinema e<br />
molte alte altre agevolazio‐<br />
ni. Per maggiori informa‐<br />
zioni: http://www.unimi.it/<br />
c a t a l o g h i /<br />
divisione_economato/<br />
C o l l a b o r a z i o ‐<br />
ne_spaziocinema.pdf (F.B.)<br />
Inviate i vostri articoli e le<br />
vostre lettere all’indirizzo di<br />
posta elettronica:<br />
redazione@acidopolitico.com<br />
Tutti i testi pervenuti do‐<br />
vranno essere originali e fir‐<br />
mati. La direzione si riserva il<br />
diritto di apporre qualsiasi<br />
correzione o modifica, nonché<br />
la decisione finale in merito<br />
alla pubblicazione. Il contenu‐<br />
to del singolo articolo non<br />
definisce il pensiero di tutta la<br />
redazione.<br />
***<br />
COPYRIGHT Le condizioni<br />
di utilizzo di testi e immagini in<br />
questo numero, laddove è stato<br />
possibile, sono state concordate<br />
con gli autori. Se ciò non è stato<br />
possibile, l’editore si dichiara<br />
pronto a riconoscere un giusto<br />
compenso.<br />
www.acidopolitico.com<br />
MONDOBLOG<br />
ILANO ‐ «Solari cambia pusher»<br />
M scrive uno studente sul blog del<br />
professore di Organizzazione delle Risorse<br />
Umane presso la Facoltà di Scienze Politi‐<br />
che, Luca Solari (http://web.mac.com/<br />
luca_solari/Luca_Solari/Benvenuto.html). La<br />
frase è di uno studente in risposta ad un<br />
post del professore sugli attacchi che il<br />
responsabile dell’informatica di<br />
Facoltà, il prof. Stefano Iacus, ha<br />
ricevuto nei mesi di novembre e<br />
dicembre. La polemica è nata<br />
quando il sito web della nostra<br />
rivista ha rivelato che ‐ per l’enne‐<br />
sima volta ‐ sarebbero cambiate le<br />
regole presso il Polo di Calcolo, la<br />
struttura che consente di effettua‐<br />
re le stampe comprando solo una risma di<br />
carta: da due mesi il limite massimo di<br />
fogli stampabili è di 500 all’anno (con de‐<br />
roghe per chi si deve laureare).<br />
«Un episodio ha suscitato in me molta<br />
rabbia ‐ scrive il prof. Solari ‐, preoccupa‐<br />
zione e in fondo, anche se è una parola<br />
molto forte, disgusto ed è accaduto entro i<br />
confini della mia università. Vorrei che<br />
tutti lo conoscessero per reagire. Prima che<br />
sia troppo tardi. Un mio collega ed amico,<br />
Stefano Iacus che ha senza nessun vantag‐<br />
gio accettato di supportare la gestione del‐<br />
via conservatorio<br />
l’informatica di facoltà, è stato oggetto di<br />
un attacco personale molto grave a base di<br />
falsità evidenti e con uno stile che perso‐<br />
nalmente giudico terroristico da parte di<br />
un gruppuscolo di studenti che si permet‐<br />
tono di quando in quando, supportati da<br />
qualche giornalista compiacente e forse<br />
fiancheggiati da qualche quadro (nel senso<br />
anche inglese di squared...) di<br />
estrema sinistra anche di occupa‐<br />
re la Presidenza di Facoltà nell’in‐<br />
differenza di tutti (anche se, sempre<br />
sul sito di “<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”, ne è stata<br />
data informazione immediata, ndr).<br />
(…) Personalmente non sopporto<br />
più che questo possa essere tolle‐<br />
rato; a mio avviso aggredire ver‐<br />
balmente le persone senza elementi speci‐<br />
fici e con toni da brigatisti qualifica come<br />
brigatisti, perché le parole sono l’antica‐<br />
mera delle azioni. (…) Chiedo a chi ha il<br />
coraggio, di provare a contro‐organizzarsi<br />
e metterli chiaramente in minoranza. Lo<br />
stesso chiedo ai miei colleghi. Prima che<br />
sia troppo tardi...»<br />
Una sola domanda vorremmo fare, però,<br />
al prof. Solari: essendo noi di “<strong>Acido</strong><br />
<strong>Politico</strong>” gli unici a fare informazione su<br />
Scienze Politiche, chi sarebbe questo<br />
«giornalista compiacente»?<br />
IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (suddivisione per sesso)<br />
IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (suddivisione per origine)<br />
IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (voto di maturità)
PORTAFOGLIO<br />
Per l’anno che si è appena concluso, le<br />
regioni hanno stanziato delle somme con‐<br />
siderevoli per le spese di rappresentanza.<br />
Prima, in classifica, la seconda regione più<br />
piccola d’Italia, il Molise. Con 400mila<br />
euro ‐ stando ai bilanci preventivi pubbli‐<br />
cati dal quotidiano “Italia Oggi” ‐ la regio‐<br />
ne guidata dal forzista Michele Iiorio svet‐<br />
ta sopra tutte le altre.<br />
Seconda la Sardegna (357mila euro) segui‐<br />
ta dalla Toscana (332.500), Calabria<br />
(300mila), Campania (278.700), Valle D’A‐<br />
osta (200mila), Liguria (198mila), Basilica‐<br />
ta (165.800), Abruzzo (163mila), Friuli Ve‐<br />
nezia Giulia (155mila), Umbria (92.700),<br />
Trentino Alto Adige (90mila). Stona, in<br />
tutto questo, l’Emilia Romagna che ha<br />
stanziato “solo” 23mila euro.<br />
FREDDURE<br />
«Sempre più confusa la si‐<br />
tuazione delle intercettazio‐<br />
ni: ieri Berlusconi avrebbe<br />
telefonato ad Ancelotti per<br />
proporgli di ingaggiare, al<br />
posto di Dida, una certa Ele‐<br />
na Russo»<br />
www.gago.splinder.com<br />
COSA NE PENSATE?<br />
Tra poco verranno installati dei cancelli per<br />
impedire che i ragazzi possano sostare nel<br />
corridoio di fianco alle aule 10 e 11 e fumare,<br />
creando così fastidio durante le lezioni. Voi siete<br />
favorevoli o contrari?<br />
Il Preside, per evitare quanto successo in<br />
seguito ai festeggiamenti di laurea nel mese<br />
scorso (leggi l’articolo a pag. 9), propone di<br />
dividere il momento della discussione<br />
dell’elaborato finale (la bozza è solo per le lauree triennali) dal momento della<br />
proclamazione (che dovrebbe avvenire il sabato, per tutti i neo‐laureati). Cosa<br />
ne pensate?<br />
DITE LA VOSTRA SUL FORUM DEL NOSTRO SITO WEB<br />
ALTRAINFORMAZIONE<br />
AMERICA<br />
CANADA ‐ Tempi duri per gli immi‐<br />
grati che vogliono trasferirsi nella regio‐<br />
ne del Quebec. La cittadina di Hérou‐<br />
xville, realtà francofona e cattolica che<br />
non ha nessun residente di origine stra‐<br />
niera, ha deciso di imporre ai nuovi ar‐<br />
rivati un codice di condotta ‐ come ri‐<br />
porta un articolo del “New York Ti‐<br />
mes”. Tra i punti di questo codice, il<br />
divieto di indossare il velo per le donne<br />
(ad eccezione di Halloween), e della<br />
punizione corporale in pubblico.<br />
L’iniziativa ha dato il via ad un ampio<br />
dibattito (che dura ormai da un anno)<br />
tra comunità musulmana canadese e<br />
cittadini del Quebec. Tanto che il primo<br />
ministro della regione, Jean Charest, ha<br />
deciso di istituire una speciale commis‐<br />
sione (Commission on Accomodation Prac‐<br />
tices Related to Cultural Differences, nda)<br />
per redigere un rapporto. Il tutto si è<br />
trasformato, però, in una campagna xe‐<br />
nofoba da parte della destra estrema e<br />
dei male informati. Campagna che ha<br />
coinvolto anche i canadesi di cultura<br />
ebraica (sempre più oggetto di attacchi<br />
da parte dei razzisti). Sameer Zuberi,<br />
coordinatore dei diritti umani del<br />
“Consiglio canadese sui rapporti Ameri‐<br />
cano‐islamici” ha affermato che “le per‐<br />
sone sono oggi più divise di quanto lo<br />
fossero un anno fa, questo è fuori di‐<br />
scussione”.<br />
NUMERI<br />
7.368.000<br />
I giovani celibi e nubili<br />
(età 18‐34 anni) che vivo‐<br />
no insieme ad almeno un<br />
genitore (fonte: ISTAT)<br />
72,1<br />
La percentuale delle fa‐<br />
miglie italiane che abita<br />
in una <strong>casa</strong> di proprietà<br />
(fonte: ISTAT)<br />
82,3<br />
La percentuale delle fa‐<br />
miglie che possiede al‐<br />
meno un telefono cellu‐<br />
lare (fonte: ISTAT)<br />
22,7<br />
La percentuale della po‐<br />
polazione italiana supe‐<br />
riore ai 14 anni che affer‐<br />
ma di fumare (fonte: ISTAT)<br />
13,4<br />
Il numero medio giorna‐<br />
liero delle sigarette fu‐<br />
mate da un italiano<br />
(fonte: ISTAT)<br />
94,2<br />
La percentuale della po‐<br />
polazione italiana supe‐<br />
riore ai 3 anni che guarda<br />
la tv (fonte: ISTAT)<br />
33,1<br />
La percentuale della po‐<br />
polazione superiore ai 14<br />
anni che si informa di<br />
politica (fonte: ISTAT)<br />
www.acidopolitico.com / redazione@acidopolitico.com a cura di Leonard Berberi
Il comune mette in vendita<br />
centinaia di immobili di sua<br />
proprietà. Sedi di<br />
associazioni, appartamenti<br />
storici, negozi e uffici. Lo<br />
scopo: incassare tanto e<br />
subito. Nel frattempo, lo<br />
scandalo degli “affitti di<br />
lusso”<br />
di Flavio Bini<br />
ILANO ‐ Agenda fitta di impegni, questo me‐<br />
se, per il Comune di Milano. Si avvia la speri‐<br />
mentazione annuale dell’Ecopass, la grande<br />
scommessa politica del sindaco Moratti che dovrebbe<br />
portare, secondo le stime di palazzo Marino, ad una ridu‐<br />
zione del 10% della congestione nella zona centrale e del<br />
30% dell’inquinamento atmosferico. Facile prevedere che<br />
i riflettori della stampa saranno puntati sull’iniziativa, la<br />
prima di portata rilevante messa in atto sul territorio ita‐<br />
liano. Ecopass quindi, ma non solo. Il Comune infatti<br />
attende anche risposte importanti dalla Corte dei Conti<br />
in merito a questioni altrettanto delicate. La prima quella<br />
dei derivati finanziari che, dopo la messa in onda della<br />
puntata di Report nell’ottobre scorso, ha messo in allar‐<br />
me l’opposizione che ha segnalato, proprio a causa del‐<br />
l’utilizzo di questi strumenti finanziari, il rischio di pe‐<br />
santi indebitamenti con le banche. Sempre la Corte dei<br />
Conti, tuttavia, si dovrà esprimere su un’altra vicenda<br />
che ha visto chiamato in causa il sindaco nelle settimane<br />
passate: lo scandalo delle consulenze d’oro. L’ex ministro<br />
dell’istruzione è accu‐<br />
sata infatti di avere<br />
sostituito, all’indomani<br />
della vittoria elettorale,<br />
decine di dirigenti pub‐<br />
blici con uomini di fi‐<br />
ducia, molti dei quali<br />
candidati non eletti<br />
nelle liste dei partiti<br />
che la sostengono.<br />
All’ombra di tutto<br />
questo però, un’altra<br />
importante questione si<br />
presenta all’agenda<br />
comunale per il nuovo<br />
anno: il tema immobi‐<br />
liare.<br />
«Il 25 settembre la<br />
Giunta approva il<br />
Piano di<br />
valorizzazione degli<br />
immobili, attraverso<br />
il quale il Comune<br />
vende una grossa<br />
fetta del proprio<br />
patrimonio<br />
immobiliare»<br />
Nel numero di Aprile 2007 ci eravamo occupati dei<br />
rapporti tra privati e amministrazione comunale e di co‐<br />
me quest’ultima non si dimostrasse sempre in grado di<br />
difendere l’interesse pubblico di cui è rappresentante.<br />
I mesi di ottobre e novembre sono però stati segnati da<br />
una questione diversa, quella cioè degli immobili di pro‐<br />
prietà comunale, ed in particolare da due vicende che,<br />
seppur distinte, si sono sovente incrociate. Per compren‐<br />
dere tuttavia le ragioni di tale intersezione occorre ripar‐<br />
tire dal principio.<br />
Il 25 settembre la Giunta approva il Piano di valorizza‐<br />
zione degli immobili, attraverso il quale il Comune ven‐<br />
de una grossa fetta del proprio patrimonio immobiliare.<br />
Il provvedimento non interessa la cosiddetta edilizia resi‐<br />
denziale pubblica (ERP) dal momento che la legge ne<br />
vieta l’alienazione se non a determinate condizioni. Il<br />
patrimonio demaniale non è tuttavia composto soltanto<br />
da case popolari. Ci sono innanzitutto le abitazioni, circa<br />
1850 quelle gestite ancora dal comune. A queste si ag‐<br />
giungono gli immobili cosiddetti ad uso diverso come ne‐<br />
gozi e uffici ma anche magazzini e box; su questi ultimi<br />
però non esistono cifre ufficiali. Torniamo alle case. Nel<br />
corso delle amministrazioni passate molti di questi im‐<br />
mobili vengono concessi dal comune, proprietario, a pri‐
COPERTINA<br />
vati spesso con canoni di locazione, e<br />
quindi affitti, molto più bassi del prez‐<br />
zo di mercato. Fin qui tuttavia nulla di<br />
illecito: tra comune e affittuari viene<br />
siglato infatti un regolare contratto di<br />
locazione.<br />
La domanda però sorge spontanea:<br />
per quale motivo il Comune affitta per<br />
anni i propri immobili, alcuni anche in<br />
zone centrali se non centralissime, a<br />
prezzi quasi risibili? Non avrebbe forse<br />
tutto l’interesse di monetizzare al mas‐<br />
simo dagli affitti degli immobili di sua<br />
proprietà, dal momento che non si trat‐<br />
ta di case popolari ma di abitazioni o<br />
addirittura negozi nel pieno centro di<br />
Milano?<br />
La questione viene sollevata con sin‐<br />
golare tempestività a metà del mese di<br />
Ottobre, un occhio in particolare al ca‐<br />
lendario aiuta a comprendere meglio le<br />
tappe della vicenda.<br />
I primi giorni del mese scoppia la<br />
polemica attorno agli appartamenti di<br />
proprietà del Policlinico, altro ente pub‐<br />
blico dotato di un patrimonio immobi‐<br />
liare consistente. Grazie ai lasciti dei<br />
suoi ex pazienti e ad altre donazioni,<br />
esso può vantare, attraverso la fonda‐<br />
zione omonima, la proprietà di 1596<br />
abitazioni più altre 500 nell’hinterland.<br />
I quotidiani evidenziano come molti di<br />
questi immobili siano stati concessi in<br />
affitto a tariffe molto più basse del<br />
prezzo di mercato.<br />
Il Presidente della Fondazione, l’ex<br />
sindaco Carlo Tognoli, rispedisce al<br />
mittente tutte le critiche: «Abbiamo<br />
anche stipulato un accordo con il Co‐<br />
mune per riservare il 60 per cento delle<br />
«Il patrimonio<br />
demaniale non è<br />
tuttavia composto<br />
soltanto da case<br />
popolari. Ci sono<br />
innanzitutto le<br />
abitazioni, circa 1850<br />
quelle gestite ancora<br />
dal comune»<br />
abitazioni che si liberano ogni anno agli<br />
sfrattati. Le tariffe, in questo caso, sono<br />
agevolate». E conclude: «L´accordo è<br />
stato stipulato dal 2001. Se ci sono state<br />
in passato corsie preferenziali queste<br />
non esistono più da alcuni anni. Se è<br />
successo in passato non è una responsa‐<br />
bilità nostra».<br />
La polemica si spegne in fretta, anche<br />
perché c’è molta altra carne al fuoco che<br />
sta per essere servita. Il 5 ottobre infatti<br />
il Sindaco Letizia Moratti e l’assessore<br />
alla <strong>casa</strong> Gianni Verga chiedono di ef‐<br />
fettuare un audit interno sui criteri di<br />
assegnazione del patrimonio abitativo e<br />
non abitativo comunale e sulla gestione<br />
amministrativo‐contabile dei contratti.<br />
Quando si aprono i fascicoli relativi ai<br />
contratti di locazione, siglati nel corso<br />
degli anni dalle diverse amministrazio‐<br />
ni, scoppia lo scandalo Affittopoli.<br />
Sulle pagine dei quotidiani si molti‐<br />
plicano gli articoli in merito ai cosiddet‐<br />
ti “affitti di lusso”. 205 metri quadri in<br />
Piazza Duomo per soli 412 euro al me‐<br />
se, 342 per un appartamento in Via Ugo<br />
Foscolo, a due passi dalla Galleria.<br />
“Libero” e “Il Giornale” sono i primi a
parlarne, il 16 Ottobre. I dati, però, non<br />
sarebbero pubblici, ma accessibili sol‐<br />
tanto ai consiglieri comunali. Chiamia‐<br />
mo la divisione Demanio e Patrimonio,<br />
che a fronte della nostra richiesta di<br />
consultare gli stessi dati ci ribadisce<br />
quello che già sapevamo: non si tratta<br />
di documenti pubblici, per consultarli<br />
occorre una formale richiesta di accesso<br />
agli atti. Auguri, i tempi sono lunghissi‐<br />
mi.<br />
Se i dati non sono pubblici come han‐<br />
no fatto i giornali a pubblicarli? Sempli‐<br />
ce, sono stati passati sottobanco dai<br />
consiglieri, il mestiere più antico del<br />
mondo, e forse non il più illegittimo; il<br />
diritto di cronaca è anche questo. Ciò<br />
che importa è che il giorno dopo i dati<br />
sono di tutti, o meglio alcuni di questi,<br />
sempre gli stessi, pubblicati su Repub‐<br />
blica, Corriere, Leggo e decine di altri<br />
quotidiani.<br />
E’ il 17 Ottobre, e lo scandalo Affitto‐<br />
poli non poteva trovare giorno migliore<br />
per far parlare di sé. Il 17 Ottobre è an‐<br />
che il giorno infatti della convocazione<br />
del Consiglio Comunale per votare la<br />
delibera 121, quella relativa alla vendita<br />
del patrimonio immobiliare di proprie‐<br />
tà comunale, il Piano di valorizzazione<br />
approvato in Giunta a settembre. Set‐<br />
tantasei Lotti di natura mista. Il 30%<br />
del portafoglio in vendita è composto<br />
da unità residenziali occupate (circa<br />
550 alloggi), il 20% da immobili resi‐<br />
denziali liberi (220 unità), il 35% da<br />
immobili ad uso diversi (uffici, negozi e<br />
magazzini), la restante parte da box e<br />
autorimesse. Il tutto viene messo in<br />
vendita in blocco, attraverso la creazio‐<br />
«Ci sono anche edifici<br />
importanti come la sede<br />
dell’ANPI,<br />
l’Associazione<br />
Nazionale Partigiani<br />
d’Italia, che<br />
difficilmente potrà<br />
permettersi un affitto a<br />
prezzi di mercato a due<br />
passi dal centro»<br />
COPERTINA<br />
ne di un fondo di investimento. Lo sco‐<br />
po è quello di incassare dalla vendita in<br />
blocco degli immobili una cifra non<br />
inferiore a 240 milioni di euro e dispor‐<br />
re di una liquidità immediata( 120 mi‐<br />
lioni entreranno immediatamente nelle<br />
casse di Palazzo Marino) a scapito di<br />
una più efficace valorizzazione dei sin‐<br />
goli immobili. Sulla scelta di tale stru‐<br />
mento vengono avanzate alcune obie‐<br />
zioni.<br />
Nel corso di un’intervista il consiglie‐<br />
re comunale Basilio Rizzo (Lista Fo)<br />
afferma: «Contesto questo modo di o‐<br />
perare, perchè farà avvantaggiare qual‐<br />
che operatore finanziario che anticiperà<br />
i soldi al comune di Milano e dopo pen‐<br />
serà di riguadagnare sulla rivendita di<br />
questi alloggi. E il comune ‐ conclude<br />
Rizzo ‐ trarrà il vantaggio dalla vendita<br />
al dettaglio al massimo al 50% degli<br />
utili».<br />
Il Comune, dunque, vende. Ma che<br />
legame c’è tra il Piano di valorizzazio‐<br />
ne, vendita di immobili, e lo scandalo<br />
degli affitti che viene sapientemente<br />
fatto esplodere a ridosso della votazio‐<br />
ne della delibera in consiglio comuna‐
COPERTINA<br />
le? Poco in realtà, a parte il sospetto che<br />
le due vicende siano state fatte intrec‐<br />
ciare di proposito per giustificare, an‐<br />
che agli occhi dei cittadini, la vendita<br />
più consistente del patrimonio immobi‐<br />
liare che Milano ricordi in tempi recen‐<br />
ti. Come spiega Rizzo infatti: «Questa<br />
giunta ha fatto una cosa, peraltro meri‐<br />
toria, e cioè aprire questi archivi (degli<br />
“affitti di lusso” ndr) però l’ha fatto, e<br />
questo è lo scandalo nello scandalo, allo<br />
scopo di giustificare il fatto che doveva<br />
vendere».<br />
Una domanda, a questo punto, sorge<br />
spontanea: che cosa viene messo in<br />
vendita? Gli elenchi, questa volta pub‐<br />
blici, messi a disposizione del Comune<br />
evidenziano alcuni dati interessanti. Si<br />
tratta di edifici che rappresentano realtà<br />
molto diverse le une delle altre. Ci sono<br />
i palazzi di Via Lanzone, Via Pantano e<br />
Via Santa Sofia, edifici che già erano<br />
comparsi nella vicenda degli “affitti di<br />
lusso”.<br />
Ci sono anche edifici importanti come<br />
la sede dell’ANPI, l’Associazione Na‐<br />
zionale Partigiani d’Italia, che difficil‐<br />
mente potrà più permettersi un affitto a<br />
prezzi di mercato a due passi dal cen‐<br />
tro. C’è la <strong>casa</strong> di Via Morigi 8, storica<br />
<strong>casa</strong> autogestita a due passi dai resti<br />
romani di via Brisa e quella al numero 4<br />
di Piazza Santa Maria del Suffragio,<br />
dove alloggia anche una comunità di<br />
cingalesi.<br />
Ci sono sedi di associazioni, come<br />
Saman, in Via Ortica 19, impegnata per<br />
il recupero di tossicodipendenti, che<br />
non ha avuto la stessa fortuna toccata<br />
ad altre associazioni come i Lions, E‐<br />
mergency, l’Associazione Ornitologica<br />
(tutte concentrate nel palazzo di Via<br />
Bagutta 12) o partiti come Verdi (Via<br />
Fiamma), Lega (Piazza 24 Maggio) e<br />
UDC (Via Silvio Pellico) che hanno con‐<br />
servato le loro sedi con affitti equocano‐<br />
ne.<br />
Nella lunga lista di edifici interessati<br />
dalla delibera ci sono infine altri immo‐<br />
bili. Sono i palazzi di Corso XXII Mar‐<br />
zo, Via Cicco Simonetta e Via Cesaria‐<br />
no. Interi edifici restaurati a spese del<br />
Comune e lasciati completamente vuoti<br />
per anni, premurandosi anzi di pagare<br />
qualcuno per custodirli dalle occupa‐<br />
zioni abusive. Le occupazioni abusive,<br />
altra croce con cui il Comune deve con‐<br />
frontarsi.<br />
A Milano sono 2833 gli abusivi in case<br />
popolari e rappresentano il 6,3% di tutti<br />
gli inquilini in edilizia residenziale<br />
pubblica. Comunque la si pensi in meri‐<br />
to, lasciare interi palazzi vuoti non sem‐<br />
bra una strategia particolarmente bril‐<br />
lante, soprattutto alla luce delle 14.191<br />
famiglie che a Milano hanno fatto ri‐<br />
chiesta di un alloggio popolare, molte<br />
delle quali hanno disperato bisogno di<br />
una <strong>casa</strong>. 157 abitazioni sarebbero<br />
pronte anche nel grande edificio di<br />
Piazzale Dateo, la cui storia è ormai<br />
quasi parte della storia stessa della cit‐<br />
tà. L’edificio però non rientra nell’elen‐<br />
co degli immobili interessati dal Piano<br />
di valorizzazione.<br />
Il Comune, dopo aver perso la pro‐<br />
pria battaglia con il comitato inquilini<br />
che si era appellato al Consiglio di Sta‐<br />
to, ha dovuto accettare l’impossibilità<br />
di mettere in vendita un edificio che<br />
avrebbe fatto gola a non pochi specula‐<br />
tori. Il suo valore era stato stimato in‐<br />
fatti attorno ai 70 milioni di euro, poco<br />
più di un terzo del valore di tutti e set‐<br />
tantasei lotti messi in vendita dal Co‐<br />
mune a ottobre.<br />
Oggi vi alloggiano temporaneamente,<br />
in affitto, le 35 famiglie che hanno visto<br />
le proprie case distrutte dal disastro di<br />
Via Lomellina, le altre 122 abitazioni<br />
sono chiuse a chiave. Il Comune ha get‐<br />
tato la spugna ed il destino di questo<br />
palazzo è, nei piani dell’amministrazio‐<br />
ne, quello di farne una residenza per<br />
famiglie a reddito basso(sotto i 14 mila<br />
euro) e reddito medio‐basso( fino a 23<br />
mila), con affitti commisurati alle di‐<br />
sponibilità degli inquilini.<br />
E i 205 metri quadrati in Piazza Duo‐<br />
mo? Gli affitti stracciati in Galleria? Per<br />
il momento non si toccano, magari fra<br />
qualche anno arriverà anche il loro tur‐<br />
no.<br />
In molti si domandano tuttavia se di<br />
tutti questi immobili, patrimonio non<br />
degli amministratori comunali ma dei<br />
cittadini milanesi, non fosse il caso di<br />
mantenere la proprietà allineando gli<br />
affitti ai prezzi di mercato, o almeno<br />
commisurandoli alla disponibilità eco‐<br />
nomica degli inquilini.<br />
Dunque continuare ad affittare, ma al<br />
giusto prezzo, piuttosto che vendere e<br />
liberarsi per sempre dei propri immobi‐<br />
li. Il rischio di un’operazione come<br />
quella che si sta mettendo in atto è di<br />
scegliere in funzione di cosa fa guada‐<br />
gnare di più, subito.<br />
Salvo poi, fra qualche amministrazio‐<br />
ne, estinta o dispersa la liquidità deri‐<br />
vante dalla vendita e rimessa in discus‐<br />
sione quest’ultima, allargare le braccia e<br />
dire: “Non è colpa nostra, ha deciso chi<br />
c’era prima di noi”. Questo ritornello sì,<br />
un pezzo di storia milanese.<br />
Flavio Bini
Scienze Politiche invasa<br />
dalle bottiglie di spumante<br />
Il preside: basta!<br />
Dopo l’ultima sessione, quella di Dicembre, e le<br />
conseguenze inqualificabili che hanno fatto seguito<br />
ai festeggiamenti per i neo-laureati, il prof. Checchi<br />
ha detto “Basta!”. Così, per evitare che si ripeta,<br />
vuole separare la discussione dalla proclamazione<br />
MILANO ‐ Bottiglie di spumante, resi‐<br />
dui di dolci e cibi salati, tracce di be‐<br />
vande sui muri, sul pavimento e fogli<br />
che annunciavano la laurea di qualcu‐<br />
no. Questo appariva a chi fosse passato<br />
nella sede di via Conservatorio alle set‐<br />
te di sera di mercoledì 19 dicembre,<br />
dopo una giornata intensa di discussio‐<br />
ni di laurea.<br />
Uno “spettacolo” – evidentemente –<br />
oltre i limiti consentiti.<br />
Così il preside Checchi, alle 14.30 del<br />
giorno successivo ha convocato i quat‐<br />
tro esponenti principali delle liste stu‐<br />
dentesche in Facoltà, Enrico Sbolli<br />
(Sinistra Universitaria), Francesco Cac‐<br />
chioli (Obiettivo Studenti), Marco Pro‐<br />
copio (Azione Universitaria) e Alberto<br />
Garbo (Unicentro), per valutare alterna‐<br />
tive possibili che possano evitare lo<br />
schiamazzo quotidiano delle sessioni di<br />
laurea (cori, festeggiamenti, ecc) e le<br />
conseguenze «inqualificabili».<br />
«Ho ricevuto una ventina di mail di<br />
docenti che si sono lamentati per il ru‐<br />
more di ieri – ha esordito il preside – e<br />
ritengo che quello che è successo non<br />
debba più ripetersi. Sono stati riempiti<br />
tre grossi sacchi neri dell’immondizia<br />
con solo bottiglie di spumante vuote.<br />
Ieri c’era gente che agitava le bottiglie<br />
manco fossimo in Formula Uno e anda‐<br />
va a versarlo addosso alle persone! – ha<br />
proseguito quasi sconsolato ‐. Per non<br />
IL SONDAGGIO<br />
Sul sito della rivista,<br />
www.acidopolitico.com, potete<br />
votare la proposta del Preside<br />
che mira a dividere in due mo‐<br />
menti separati la discussione<br />
dell’elaborato finale (quindi per<br />
le lauree triennali) dall’atto della<br />
proclamazione (che dovrà svol‐<br />
gersi in un altro giorno, preferi‐<br />
bilmente il sabato mattina, insie‐<br />
me a tutti gli altri laureati). Voi<br />
che ne pensate? Siete d’accordo o<br />
no sulla proposta? Votate il no‐<br />
stro sondaggio!<br />
VIA CONSERVATORIO<br />
parlare dello sporco e del pavimento<br />
imbrattato di alcolici e altro. Tutto que‐<br />
sto, ovviamente, comporta spese per la<br />
pulizia».<br />
«Abbiamo raccolto qualcosa come 400<br />
bottiglie vuote – ha riferito il dott. Ver‐<br />
recchia, responsabile strutture di Facol‐<br />
tà ‐. Nessuno impedisce di festeggiare,<br />
ma cosa costa evitare di sporcare per<br />
terra e di buttare l’immondizia nei ce‐<br />
stini appositi?».<br />
Ed ecco la soluzione proposta dal di‐<br />
rigente: «de‐enfatizzare le lauree trien‐<br />
nali». L’ipotesi sarebbe quella di sepa‐<br />
rare la discussione dalla proclamazione.<br />
Quindi, ci dovrebbe essere un giorno di<br />
discussione dell’elaborato finale e un<br />
altro giorno per la proclamazione con<br />
anche pronunciamento del voto di lau‐<br />
rea. Proclamazione che avverrebbe il<br />
sabato mattina per tutti gli studenti che<br />
si sono laureati all’appello relativo<br />
(nell’ipotesi, solo quelli del triennio).<br />
Così si eviterebbero schiamazzi (il saba‐<br />
to di solito ci sono esami e non lezioni)<br />
ed i festeggiamenti si concentrerebbero<br />
solo in quella mattinata.<br />
Nelle intenzioni, il preside in persona<br />
dovrebbe proclamare uno ad uno i neo‐<br />
laureati (magari consegnando loro un<br />
papiro di riconoscimento) e in seguito<br />
si può festeggiare. Ma sempre con mo‐<br />
derazione, ovviamente. Del resto, «con<br />
mille laureati ogni anno in questa facol‐<br />
tà diventa difficile controllare i ragazzi<br />
durante i festeggiamenti» ha constatato<br />
il prof. Checchi.<br />
I rappresentanti degli studenti hanno<br />
concordato sul fatto che dovesse essere<br />
posto un limite ai festeggiamenti e si<br />
sono impegnati a dare una mano al<br />
preside per evitare che nelle prossime<br />
sessioni si verifichi quello che succede<br />
sempre più spesso nelle ultime sessioni.<br />
«Questo fenomeno si manifesta da<br />
quando ci sono le lauree triennali – è<br />
intervenuto il prof. Ballarino, anch’egli<br />
presente – e succede soprattutto quan‐<br />
do a laurearsi sono studenti che poi<br />
proseguono gli studi nella stessa Facol‐<br />
tà».<br />
Il preside ha concluso dicendo che a<br />
breve invierà una mail a tutti gli stu‐<br />
denti di Facoltà lamentando quanto<br />
successo nella speranza che non succe‐<br />
da mai più. Nel frattempo, vi chiedia‐<br />
mo: siete d’accordo sul dividere in due<br />
momenti la laurea triennale? Votate il<br />
sondaggio che trovate sul nostro sito.<br />
L.B.<br />
www.acidopolitico.com<br />
redazione@acidopolitico.com
dal nostro inviato Leonard Berberi<br />
IRANA – Quello che ti colpisce<br />
subito dell’Albania, appena<br />
atterrati all’aeroporto “Madre<br />
Teresa”, è la presenza impressionante<br />
di cartelloni che pubblicizzano una<br />
banca o l’altra. “Ottime notizie per gli<br />
emigrati” reca scritto un annuncio.<br />
“Deposita i tuoi risparmi nella banca<br />
del tuo paese” consiglia un altro 6x3.<br />
Peccato che, come ammette Ardian<br />
Fullani, governatore della Banca d’Al‐<br />
bania, i conti del paese non è che goda‐<br />
no di ottima salute. Tanto per rendere<br />
l’idea, negli ultimi nove mesi dell’anno<br />
appena concluso, il deficit commerciale<br />
è stato di 1,2 miliardi di euro. E, come<br />
se non bastasse, alla fine di dicembre,<br />
lo stesso governatore ha rivelato che<br />
quasi il 40% degli albanesi vive grazie<br />
ai soldi che i parenti emigrati in Grecia<br />
e Italia inviano in patria. Senza questi,<br />
REPORTAGE<br />
Il governo di centro-destra guarda all’Unione Europea. Ma la crisi economica<br />
rilevante, la disoccupazione, la corruzione, la legislazione ancora tutta da definire ed<br />
il black out energetico allontanano sempre di più dall’obiettivo il “paese delle Aquile”<br />
infatti, un milione e duecentomila per‐<br />
sone sarebbero costrette a sopravvive‐<br />
re con meno di due dollari al giorno.<br />
A undici anni esatti dal terribile 1997,<br />
quando il paese si trasformò in feudo<br />
di improvvisati signori di guerra e 700<br />
milioni di euro (buona parte dei rispar‐<br />
mi albanesi) sparirono insieme alle<br />
banche piramidali “Vefa Holding”,<br />
“Gjallica” e “Kamberi” (le quali pro‐<br />
mettevano interessi sui depositi anche<br />
del 400% al mese), la situazione è so‐<br />
stanzialmente rimasta la stessa. Anzi, a<br />
ben vedere, sembra sia peggiorata.<br />
Politologi, sociologi ed economisti al‐<br />
banesi l’hanno chiamata “la crisi silen‐<br />
ziosa”. La corruzione (nel 2007 il presi‐<br />
dente del Consiglio ha ricevuto qualco‐<br />
sa come tredicimila segnalazioni), il<br />
clientelismo, l’inflazione a livelli sem‐<br />
pre più allarmanti (4,4% su base an‐
REPORTAGE<br />
nua, almeno il doppio secondo le asso‐<br />
ciazioni dei consumatori), la crisi ener‐<br />
getica, l’imposizione fiscale, la reces‐<br />
sione economica, la legislazione caren‐<br />
te, i problemi di attribuzione della pro‐<br />
prietà terriera e la sfiducia sul futuro<br />
hanno trasformato un paese dalle in‐<br />
credibili potenzialità in uno staterello<br />
di terzo, quarto mondo. A tutto questo<br />
si deve aggiungere un fenomeno degli<br />
ultimi anni: i delitti in famiglia, i quali,<br />
aumentati in modo esponenziale, ogni<br />
anno portano via centinaia di vite<br />
(quasi tutte donne) senza un filo con‐<br />
duttore logico.<br />
***<br />
Altri tempi, quelli della prima metà<br />
degli anni Novanta, quando la transi‐<br />
zione verso un regime democratico –<br />
ancora in corso d’opera – fece vivere al<br />
“paese delle Aquile” un vero e proprio<br />
boom economico. Poi vennero le ban‐<br />
che piramidali le quali, approfittando<br />
dei silenzi del governo democratico<br />
capeggiato da Sali Berisha (attuale<br />
premier) e dell’ottimismo albanese<br />
fecero crollare il denaro in circolazione<br />
quindi i consumi quindi l’economia<br />
intera. A distanza di undici anni il pae‐<br />
se non si è ancora ripreso. Troppi i pro‐<br />
blemi strutturali che non le consentono<br />
di emergere, nonostante la politica –<br />
definita “spericolata” dalle organizza‐<br />
zioni internazionali – lanciata da Beri‐<br />
sha nel settembre del 2006 chiamata<br />
“Albania 1 euro” (un euro per l’affitto<br />
di un ettaro di terra dove far costruire<br />
le fabbriche, un euro la spesa per av‐<br />
viare un’impresa, ecc) volta ad attirare<br />
gli investimenti stranieri. Piano fallito.<br />
Le imprese straniere non si fidano più<br />
delle promesse, così come di una legi‐<br />
slazione che troppo spesso viene inter‐<br />
pretata in modo soggettivo dalle varie<br />
corti. Per non parlare di un problema<br />
mai risolto: quello della determinazio‐<br />
ne della proprietà. Un terzo del territo‐<br />
rio albanese è oggetto di dispute legali<br />
circa i veri proprietari degli appezza‐<br />
menti di terreno. Succede così che,<br />
stando al catasto, quello stesso lotto di<br />
terra appartiene a due, tre o dieci pro‐<br />
prietari diversi<br />
***<br />
Gli albanesi si aspettano tanto per il<br />
2008. L’ingresso nella NATO è diven‐<br />
tato una sorta di invito per l’ammissio‐<br />
ne all’Unione Europea. Ma gli stessi<br />
sanno bene che l’Europa è ancora mol‐<br />
to lontana.<br />
Per l’ennesimo inverno, la popolazio‐<br />
ne sta patendo il black‐out energetico,<br />
il freddo ed un rialzo dei prezzi preoc‐
cupante. I primi dieci mesi dell’anno<br />
sono trascorsi senza che una sola goc‐<br />
cia d’acqua sia caduta dal cielo. Le ri‐<br />
serve idriche si sono drasticamente<br />
ridotte e questo ha comportato l’inter‐<br />
ruzione dell’energia elettrica già in<br />
estate. Quest’inverno, poi, le interru‐<br />
zioni in città hanno raggiunto le otto<br />
ore. Nelle campagne si sono toccati<br />
picchi di venti ore.<br />
Attualmente, il paese importa dall’e‐<br />
stero – pagando prezzi esorbitanti –<br />
l’85% del fabbisogno giornaliero di<br />
energia elettrica. Questo significa –<br />
come ammette il KESH (l’ente energe‐<br />
tico albanese) – che ci sarà un aumento<br />
sulle bollette nel 2008 di circa il 38%.<br />
Tutto questo ha influito – e influirà<br />
ancora – sull’andamento dei prezzi.<br />
Nell’anno appena trascorso, l’aumento<br />
dei prezzi dei prodotti del paniere base<br />
considerato dall’INSTAT (l’Istituto di<br />
Statistica) è stato di 7 volte superiore<br />
all’aumento medio dei prezzi negli<br />
ultimi sei anni. Per fare un esempio<br />
significativo, il pane ed i cereali sono<br />
aumentati, in soli nove mesi, del 21%.<br />
***<br />
Così basta aggirarsi per i mercati di<br />
Tirana per vedere gli effetti. Fino a due<br />
anni fa erano sempre pieni di persone<br />
pronte a comprare. Negli ultimi venti‐<br />
quattro mesi si acquista solo l’indi‐<br />
spensabile. A Natale e Capodanno è<br />
andato peggio. «Abbiamo pensato tutti<br />
che col passare del tempo le cose sa‐<br />
rebbero migliorate – confessa Paskal,<br />
fruttivendolo da dieci anni a sud‐ovest<br />
della capitale ‐, la realtà è che stiamo<br />
andando sempre più a fondo. La gente<br />
non compra più niente perché non ha<br />
più soldi da spendere. E io non posso<br />
nemmeno abbassare i prezzi, altrimen‐<br />
REPORTAGE<br />
ti dovrei chiudere». A confermare le<br />
parole di Paskal, l’ultimo rapporto<br />
della “Banca Europea per la Ricostru‐<br />
zione e lo Sviluppo” (BERS), scrive che<br />
«l’economia albanese è sonnolenta e vi<br />
è una totale assenza di politiche econo‐<br />
miche».<br />
Diana, un’insegnante trentenne alle<br />
elementari, passa tra i banchi frutta e<br />
verdura che danno su una strada traffi‐<br />
cata di Kavaje, quaranta chilometri a<br />
sud‐ovest di Tirana. «Con questi prezzi<br />
non riesco a comprare nulla – dice ‐,<br />
non capisco perché i fruttivendoli si<br />
ostinino ad alzare i prezzi quando non<br />
ci sono soldi». Il contadino che sta ven‐<br />
dendo sente le lamentele e risponde<br />
che deve mangiare anche lui. Ne nasce<br />
una discussione animata che finisce in<br />
uno sconto fatto alla donna su melan‐<br />
zane e peperoni.<br />
Eppure a Tirana si lavora. Palazzi alti<br />
decine di metri sorgono come funghi<br />
in centro così come in periferia, i grat‐<br />
tacieli cominciano a delineare una città<br />
dinamica, spinta verso l’Occidente<br />
grazie ad un sindaco, Edi Rama, che<br />
sogna di diventare primo ministro. Le<br />
discoteche ed i pub sono sempre pieni<br />
e gli appartamenti hanno raggiunto<br />
prezzi non dissimili da quelli di una<br />
città italiana della fascia medio‐alta .<br />
Insomma, una città europea. Ma mol‐<br />
ti abitanti della capitale parlano di una<br />
modernità e prosperità di facciata.<br />
«Raschiando i vetri scintillanti – confi‐<br />
da il cinquantaquattrenne Hajdar –<br />
trovi la povertà».<br />
Nelle altre città, invece, non hai biso‐<br />
gno di “raschiare”. La realtà ti si palesa<br />
davanti agli occhi: la disoccupazione<br />
costringe centinaia di uomini a trascor‐<br />
rere lunghe giornate nei bar bevendo<br />
caffè, facendo colazione col riso pilaf e<br />
qofte (polpette di manzo), leggendo i<br />
quotidiani sportivi (per un giornale<br />
d’informazione se ne vendono sei<br />
sportivi), compilando schede per le<br />
scommesse sportive.<br />
Nella sola città di Kavaje, quaranta‐<br />
mila abitanti circa, il 28% delle famiglie<br />
riceve un misero sussidio di disoccu‐<br />
pazione. Non va meglio nelle altre cit‐<br />
tà. Ed è così che il miraggio italiano<br />
ritorna in voga. Elton, un ventunenne<br />
di Durazzo, mira al Belpaese: «Là c’è<br />
lavoro, ci sono i soldi e... – ride – ci<br />
sono anche le belle donne e le belle<br />
macchine!». Anche Daniel, un ragazzo<br />
tipicamente albanese, con gli occhi<br />
azzurri ed i capelli biondi, vuole an‐<br />
darsene dall’Albania perché «non si<br />
fanno abbastanza soldi» e perché «con
REPORTAGE<br />
trecentomila lek al mese (la moneta<br />
locale, circa 230 euro, nda) non ti puoi<br />
permettere niente». Ma scordatevi i<br />
gommoni, cancellate dalla vostra me‐<br />
moria i mercantili stracolmi di albanesi<br />
che agli inizi degli anni Novanta inva‐<br />
devano il porto di Bari. Questa volta in<br />
Italia si va con un visto (regolare o me‐<br />
no). Possibilmente in aereo.<br />
***<br />
“Transparency International”, nel<br />
suo ultimo rapporto, colloca l’Albania<br />
al 111° posto per indice di percezione<br />
della corruzione, insieme a Guatemala,<br />
Kazakhstan, Laos, Nicaragua, Para‐<br />
guay, Timor Est, Vietnam, Yemen,<br />
Zambia. Gli albanesi non sono poi così<br />
sorpresi: «Dov’è la novità? E’ da quan‐<br />
do se n’è andato Enver Hoxha che in<br />
questo paese te la cavi e vai avanti solo<br />
a colpi di mazzette» sbotta Qamil, un<br />
settantenne in attesa di farsi visitare al<br />
QSUT, il Centro ospedaliero universi‐<br />
tario di Tirana. «In questo paese devi<br />
sempre augurarti che non succeda nul‐<br />
la alla tua salute – prosegue – altrimen‐<br />
ti devi prepararti a sborsare un bel po’<br />
di denaro! Devi dare soldi al poliziotto<br />
che fa da guardia all’ingresso dell’o‐<br />
spedale, devi dare soldi all’infermiera<br />
per far sì che lei chiami il dottore il<br />
prima possibile, devi dare qualcosa<br />
anche al medico che ti deve visitare,<br />
altrimenti non ti visita mica! Poi devi<br />
sborsare migliaia di lek per comprare i<br />
medicinali in farmacia. Mi spieghi co‐<br />
me faccio io con 80mila lek di pensione<br />
al mese a permettermi tutto questo?».<br />
Il caso di Qamil non è un caso isola‐<br />
to. «Diciamo che è diventato una sorta<br />
di modus operandi, un gesto da com‐<br />
piere perché è entrato a far parte della<br />
nostra cultura – rivela un alto funzio‐<br />
nario del Ministero della Difesa che<br />
preferisce rimanere anonimo – e se<br />
succede a livelli “popolari”, figurati ai<br />
piani alti!» ride malizioso. La spiega‐<br />
zione di come vadano le cose da queste<br />
parti è preoccupante: «Tu credi che chi<br />
sale ai vertici del potere lo faccia per<br />
amore di patria? La realtà è che nel<br />
momento in cui uno ha una parte del<br />
potere decisionale in mano, non fa al‐<br />
tro che massimizzare la carica assunta.<br />
Per questo le mazzette, i favori, sono<br />
bene accetti. Si fa politica per guada‐<br />
gnare tanto e starsene in pace per tutto<br />
il resto della vita. Così, se un domani<br />
qualcuno dovesse venire ad offrirmi<br />
del denaro in cambio di un’agevolazio‐<br />
ne, non mi farei problemi ad accettare<br />
l’“offerta”. Non sono mica un fesso!<br />
Così fanno tutti!».<br />
Il funzionario si spinge oltre: «Lavoro<br />
qui da un bel po’ e posso dirti che ho<br />
assistito personalmente a casi di corru‐<br />
zione di giudici prima di una sentenza.<br />
Io ovviamente non parlo, ho dei figli<br />
da mantenere!».<br />
CARTA D’IDENTITA’<br />
SUPERFICIE<br />
28.748 kmq.<br />
POPOLAZIONE<br />
3.200.000 abitanti<br />
DENSITA’<br />
125 ab. / kmq.<br />
PIL (2006)<br />
17.965 milioni di dollari<br />
PIL PRO CAPITE (2006)<br />
5.405 dollari<br />
DIRITTI POLITICI / LIBERTA’ CIVILI*<br />
3 / 3 ‐ Paese parzialmente libero<br />
(*Valore massimo: 5; fonte: Freedom House, 2007)<br />
Quando gli chiediamo se la Polizia si<br />
sia mai accorta dei minorenni che gira‐<br />
no per le altre città (esclusa Tirana,<br />
dove il sindaco ha da tempo intrapreso<br />
un’opera “educativa”) guidando auto<br />
di lusso e non solo, sfrecciando per il<br />
centro nella più totale anarchia, lo stes‐<br />
so funzionario ammette la propria im‐<br />
potenza e quella dei colleghi: «Se tu<br />
sequestri la macchina al figlio del si‐<br />
gnor X e questo è parente o amico di<br />
qualcuno che conta, il poliziotto che ha<br />
osato applicare semplicemente la legge<br />
rischia il posto di lavoro. Allora si pre‐<br />
ferisce chiudere un occhio. Ti dico di<br />
più: è successo che il figlio minorenne<br />
di un personaggio che ha amicizie in<br />
alto ha investito, uccidendola, una ma‐<br />
dre di tre figli. Il giorno dopo, questo<br />
stesso ragazzino, circolava tranquilla‐<br />
mente guidando la stessa macchina».<br />
La domanda sorge spontanea: così<br />
pensate di chiedere all’UE di entrare a<br />
farne parte? «Penso che gli albanesi<br />
non vogliano davvero l’ingresso. Ve‐<br />
diamo quello che stanno facendo gli<br />
zingari da voi. Già maltrattiamo i rom<br />
nati in Albania, figurati dover soppor‐<br />
tare l’ingresso libero di altri provenien‐<br />
ti dalla Romania. Storicamente siamo<br />
sempre stati un popolo isolato e per<br />
quanto possa pensare Berisha, stiamo<br />
facendo il contrario di quello che Bru‐<br />
xelles ci chiede».<br />
***<br />
La risposta ha un tono sereno, perché<br />
di fatto, parlando con decine di perso‐<br />
ne, sono sereni tutti gli albanesi. Non è<br />
la serenità di chi si sveglia ogni matti‐<br />
na per andare a lavorare, di chi sa di<br />
avere dallo Stato le condizioni minime<br />
per vivere. È, invece, la serenità di chi<br />
da tempo ha rinunciato al futuro, di<br />
chi non spera in niente di buono. La<br />
serenità di chi, sotto sotto, rimpiange<br />
la dittatura, che era pur sempre «dura<br />
– come dice Shaban –, ma almeno si<br />
lavorava, si mangiava, le città erano<br />
pulite, ci si voleva tutti bene e si torna‐<br />
va a <strong>casa</strong> sicuri di aver realizzato qual‐<br />
cosa di buono per la società».<br />
Mentre governo e opposizione si<br />
danno battaglia ogni giorno, fuori dal‐<br />
le mura della politica sopravvive una<br />
nazione condannata al limbo istituzio‐<br />
nale ed al malcostume diffuso. Dove<br />
porterà tutto questo nessuno lo sa, an‐<br />
che se Shaban ha già la risposta: «si<br />
ripeterà un nuovo 1997, sarà l’anarchia<br />
totale!». E vedi in lui risuonare il detto<br />
«si stava meglio quando si stava peg‐<br />
gio».<br />
Leonard Berberi
FRAMMENTI<br />
NUOVI COLLABORATORI CERCASI<br />
© FRANCESCO FERDINANDO TROTTA, 2007 - “Da Agira a Palermo”
L’ANALISI<br />
La grande<br />
confusione<br />
elettorale<br />
are un punto sulla situazione del‐<br />
la riforma del sistema elettorale<br />
italiano è ora come ora un po’<br />
un’impresa titanica. Nel panorama par‐<br />
titico italiano regna una tale confusione<br />
sul sistema da adottare alle prossime<br />
elezioni politiche che tirare le somme di<br />
questo processo di cambiamento rischia<br />
di portare ad una confusione di idee che<br />
potrebbe far rimpiangere l’assoluta i‐<br />
gnoranza.<br />
È bene sottolineare, prima di incomin‐<br />
ciare, che in Italia manca la premessa<br />
principale di un processo di riforma<br />
elettorale: il sistema partitico italiano<br />
deficita di un’idea chiara su quello che<br />
vuole fare e soprattutto di quello che<br />
vuole ottenere da tale sistema. Le varie<br />
posizioni dei soggetti partitici, attori<br />
fondamentali che ci piaccia o no di tale<br />
processo, portano più a posizioni diver‐<br />
genti che a posizioni consensuali. I se‐<br />
gnali evidenti di tale disgregazione di<br />
proposte sono chiari.<br />
Potremmo dividere l’ampissimo pano‐<br />
rama di proposte atte a riformare la leg‐<br />
ge elettorale in due grandi famiglie. La<br />
prima, sostenuta dai partiti maggiori,<br />
consta di riforme in senso più o meno<br />
maggioritario atte a diminuire il numero<br />
dei partiti, sottorappresentando i partiti<br />
minori e sovra rappresentando, invece,<br />
le formazioni più grandi. Il secondo<br />
gruppo è quello rappresentato da quelle<br />
proposte che fingono di andare in senso<br />
maggioritario ma che minuziosamente<br />
costruite sono mirate a lasciare la solu‐<br />
zione così com’è. In questo grande cal‐<br />
derone sfugge forse un particolare che<br />
non dovrebbe invece passare in secondo<br />
piano.<br />
Per ottenere una riforma appartenente<br />
alla famiglia del primo gruppo c’è biso‐<br />
gno del consenso di coloro i quali vor‐<br />
rebbero una riforma del secondo grup‐<br />
po, e viceversa. Ciò è falso solo nel caso<br />
ci si trovi di fronte ad un grande consen‐<br />
so tra le formazioni partitiche maggiori,<br />
ma con un Senato così “delicato” al go‐<br />
verno Prodi tale possibilità non convie‐<br />
ne più di tanto. Il risultato è un processo<br />
di riforma che rimane ingessato. Tale<br />
di Antonio Bisignano<br />
ingessatura è doppiamente pericolosa.<br />
Primo perché denota che i partiti italiani<br />
pensano solo a loro stessi e non al bene<br />
del Paese (situazione che tra l’altro ci è<br />
già ben chiara da tempo). Secondo per‐<br />
ché la bomba ad orologeria del referen‐<br />
dum elettorale pian piano si avvicina al<br />
momento in cui non potrà più essere<br />
ignorata dai nostri politicanti.<br />
I quesiti del referendum elettorale, che<br />
seppur presi singolarmente appaiono<br />
positivi, nel complesso del sistema elet‐<br />
torale destano parecchie perplessità<br />
perché sono disegnati per inserirsi per‐<br />
fettamente in un sistema partitico che si<br />
modella come i referendari vogliono che<br />
si modelli, in caso contrario il danno che<br />
si creerebbe sarebbe ancor più grande di<br />
quello che il “Porcellum” creò nell’Apri‐<br />
le 2006. Il primo quesito assegnando il<br />
premio di maggioranza al singolo parti‐<br />
to che ottiene in ogni singola circoscri‐<br />
zione il più alto numero di suffragi anzi‐<br />
ché alla coalizione è un fortissimo incen‐<br />
tivo per i singoli partiti a unirsi in gran‐<br />
di piattaforme partitiche.<br />
Se questo processo non porta alla forma‐<br />
zione di due grandi partiti “all’inglese”<br />
ma configura (come effettivamente il<br />
sistema partitico italiano in questi mesi<br />
si sta strutturando)invece due partiti<br />
maggiori, ma non grandissimi, e due<br />
minori, ma non piccolissimi, si rischie‐<br />
rebbe di avere il partito che riceve più<br />
voti fortemente rappresentato in Parla‐<br />
mento e gli altri tre fortemente sotto‐<br />
rappresentati.<br />
Se aggiungiamo poi la possibilità che<br />
uno dei tre partiti che sono usciti sotto‐<br />
rappresentati dalle urne si possa alleare<br />
col partito maggiore che ha ricevuto il<br />
premio di maggioranza la situazione<br />
alla Camera dei Deputati porterebbe<br />
una maggioranza molto ampia da una<br />
parte ed un’opposizione molto ristretta<br />
dall’altra, risultato agli antipodi del voto<br />
popolare. Insomma, se si vuole creare<br />
una maggioranza solida è bene farlo con<br />
altri metodi.<br />
Il secondo quesito, assegnando il pre‐<br />
mio di maggioranza su base regionale ai<br />
singoli partiti che ottengono più voti in<br />
ciascuna regione, così come è pensato<br />
dai referendari non risolve il problema<br />
che si aveva col “Porcellum”.<br />
La patata bollente è solo spostata dalle<br />
coalizioni ai singoli partiti, e nell’idea<br />
referendaria di due grandi partiti la pos‐<br />
sibilità di un Senato della Repubblica<br />
“traballante” come quello attuale non è<br />
spazzata via. Il terzo quesito, eliminan‐<br />
do le candidature plurime (in diverse<br />
circoscrizioni), è senz’altro positivo,<br />
andando a correggere un’anomalia tutta<br />
italiana. Il referendum però non risolve<br />
il problema delle liste bloccate e dona<br />
un premio di maggioranza fin troppo<br />
generoso in certe condizioni di struttu‐<br />
razione partitica. Uno sforzo in più i<br />
referendari potevano anche farlo, sarà<br />
per la prossima volta.<br />
La proposta Vassallo‐Veltroni è proba‐<br />
bilmente il metodo più opportuno tra<br />
quelli finora proposti per creare una via<br />
di mezzo che non annulli completamen‐<br />
te i partiti più piccoli e che dia ai partiti<br />
maggiori un risultato elettorale gestibile<br />
in numero di seggi per poter governare.<br />
Il territorio italiano viene diviso in colle‐<br />
gi da due seggi ciascuno, i quali sono<br />
raggruppati in circoscrizioni da 12,14 o<br />
16 seggi. Nella scheda elettorale si ha<br />
sotto il simbolo del partito il nome del<br />
candidato che si presenta in ogni singo‐
lo collegio e poco più in basso la lista<br />
dei nomi che il partito presenta nella<br />
circoscrizione. L’elettore dà un singolo<br />
voto, quello al partito (e quindi automa‐<br />
ticamente al candidato di collegio e alla<br />
lista di circoscrizione collegati). Vengo‐<br />
no dichiarati eletti i candidati che nel<br />
loro collegio hanno ottenuto il maggior<br />
numero di voti.<br />
La ripartizione dei seggi avverrà però in<br />
ambito circoscrizionale stabilendo a<br />
quanti seggi, nel totale<br />
(uninominale+lista), ha diritto ciascun<br />
partito su base proporzionale. Si proce‐<br />
de all’assegnazione dei seggi e se un<br />
partito ha un numero di candidati vinci‐<br />
tori maggiore del numero dei seggi otte‐<br />
nuto col computo del totale dei voti su<br />
base proporzionale li mantiene e si pro‐<br />
cede ad una nuova ripartizione. Nella<br />
ripartizione i seggi ulteriori (dopo quelli<br />
assegnati ai candidati vincitori nei colle‐<br />
gi) vengono assegnati, su base propor‐<br />
zionale, anzitutto ai migliori perdenti<br />
nei collegi uninominali.<br />
Le liste bloccate di nomi vengono prese<br />
in considerazione solo nel caso in cui un<br />
partito abbia diritto, su base proporzio‐<br />
nale, a più del 50% dei seggi disponibili<br />
nella circoscrizione, caso rarissimo. Per‐<br />
tanto tutto il sistema elettorale, sebbene<br />
basato su un computo di voti su base<br />
proporzionale e circoscrizionale, è con‐<br />
centrato sui nomi dei collegi uninomina‐<br />
li.<br />
Tale sistema avvantaggia in maniera<br />
significativa i grandi partiti a vocazione<br />
maggioritaria e pone per tutti i partiti<br />
una soglia implicita di voti che si attesta<br />
attorno al 4‐5% in ogni circoscrizione. I<br />
partiti medi (dal 5 al 12%) otterrebbero<br />
qualche seggio in meno rispetto al<br />
“Porcellum” ma non sarebbero costretti<br />
ad allearsi con altre formazione politi‐<br />
che per formare coalizioni. La mancanza<br />
di soglia di sbarramento è giustificata<br />
dalla presenza di circoscrizioni piccole e<br />
dall’utilizzo del metodo d’Hondt per la<br />
ripartizione su base proporzionale.<br />
A mettere una soglia di sbarramento al<br />
sistema proposto dal prof. Vassallo ci<br />
pensa la proposta/bozza Bianco.<br />
La bozza del Sen. Bianco prevede un<br />
sistema elettorale che modifica in parte<br />
la proposta Vassallo inserendo una so‐<br />
glia di sbarramento per i singoli partiti<br />
del 5% a livello nazionale o del 7% in<br />
almeno cinque circoscrizioni e asse‐<br />
gnando i seggi per metà con i collegi<br />
uninominali e per metà con le liste su<br />
base proporzionale (mentre nel Vassal‐<br />
lum i seggi rimanenti dopo l’assegnazio‐<br />
ne ai candidati vincenti in ogni collegio<br />
venivano assegnati ai migliori perdenti,<br />
L’ANALISI<br />
sempre dei collegi uninominali della<br />
circoscrizione).<br />
E’ bene notare che con la proposta Bian‐<br />
co le circoscrizioni elettorali dovrebbero<br />
diventare trentadue, un numero inferio‐<br />
re a quelle della proposta Vassallo che<br />
invece prevede un numero di circoscri‐<br />
zioni (con seicentotrenta deputati) che si<br />
dovrebbe attestare intorno a quaranta‐<br />
cinque. Ciò è indice che con circoscrizio‐<br />
ni più grandi la proposta Bianco attenua<br />
la sua vocazione maggioritaria, vocazio‐<br />
ne che rimane solo con la soglia di sbar‐<br />
ramento che, con dovuti calcoli, sarebbe<br />
facilmente aggirabile dai partiti “in bili‐<br />
co”.<br />
Il Referendum, il Vassallum e la propo‐<br />
sta Bianco sono le tre più importanti<br />
iniziative (una popolare e le altre due<br />
politiche) che sembrano poter scuotere il<br />
panorama partitico italiano e che posso‐<br />
no delineare un buon punto di partenza<br />
verso un processo di riforma.<br />
I partiti italiani negli ultimi mesi hanno<br />
concepito un così alto numero di propo‐<br />
ste che sembrano stiano quasi esauren‐<br />
do tutte le possibilità di sistema elettora‐<br />
le italiano che una mente umana possa<br />
concepire; ma, ahinoi, siamo ben consa‐<br />
pevoli che tale furia creativa si continue‐<br />
rà ad esprimere anche nelle successive<br />
settimane, anziché venir utilizzata per<br />
altre tematiche in cui la vena innovatrice<br />
e moderna della politica italiana sembra<br />
sia rimasta agli anni ottanta. Per esem‐<br />
pio, giovani e lavoro, istruzione, welfa‐<br />
re, ambiente…<br />
Di sicuro se si vogliono avere risultati<br />
soddisfacenti è bene accantonare l’idea<br />
del premio di maggioranza concentran‐<br />
dosi soprattutto su collegi uninominali<br />
e/o circoscrizioni piccole.<br />
Sarebbe opportuno obbligare a priori i<br />
partiti ad un sistema di primarie laddo‐<br />
ve si vogliono introdurre i collegi unino‐<br />
minali e inserire le liste aperte (con pos‐<br />
sibilità di preferenza,sbloccate) laddove<br />
si voglia introdurre lo scrutinio propor‐<br />
zionale.<br />
Una vera svolta in senso maggioritario<br />
purtroppo non si potrà avere fino a<br />
quando i partiti minori avranno la pos‐<br />
sibilità di ricattare Prodi nel far cadere il<br />
Governo.<br />
Di ciò l’intera classe politica è consape‐<br />
vole ma forse questa situazione di stallo<br />
fa un po’ comodo a tutti. Per continuare<br />
a rimandare in futuro una situazione in<br />
cui finalmente una forza politica dovrà<br />
assumersi la responsabilità e l’onere,<br />
avendone i mezzi, di ideare, costruire e<br />
portare avanti, quelle riforme e quegli<br />
interventi strutturali di cui il Paese ha<br />
bisogno ormai da troppo tempo.
DOSSIER<br />
di Dario Luciano Merlo<br />
Quali conseguenze<br />
sull’allargamento UE?<br />
L’Europa allargata è un’opportunità politica rilevante. Ma le preoccupazioni<br />
sui flussi migratori e i finanziamenti allargano il fronte degli scettici<br />
MILANO ‐ Poco più di un anno fa, le<br />
repubbliche di Romania e Bulgaria fe‐<br />
steggiavano lʹadesione allʹUnione Euro‐<br />
pea, con grandiose celebrazioni e feste<br />
nelle piazze di Bucarest e Sofia in occa‐<br />
sione del capodanno che sanciva il loro<br />
formale ingresso tra i membri dellʹUnio‐<br />
ne. Lʹentusiasmo dei cittadini di quei<br />
Paesi era sicuramente giustificato dalle<br />
prospettive di crescita e dalle agevolazio‐<br />
ni di cui tutti i cittadini europei possono<br />
usufruire, in particolare la libertà di cir‐<br />
colazione in tutti i Paesi membri. Un en‐<br />
tusiasmo, tuttavia, non condiviso dal<br />
resto dei cittadini europei, spesso scettici<br />
e dubbiosi verso un così rapido allarga‐<br />
mento dei confini verso est. Come chiari‐<br />
sce il prof. Spaventa in un articolo su<br />
AffariInternazionali.it, la maggior parte<br />
dei dubbi riguardavano il probabile au‐<br />
mento del flusso di immigrati da parte<br />
dei due Paesi balcanici, il cui reddito pro‐<br />
capite è pari a circa un decimo di quello<br />
della zona Euro, ma anche i timori di<br />
alcuni tra i Paesi fondatori che vedono<br />
dirottati verso oriente i fondi di coesione<br />
e sviluppo ai quali per la maggior parte<br />
contribuiscono proprio i Paesi più ricchi.<br />
Entrambe le critiche, però, sono in qual‐<br />
che modo sopravvalutate e non tali da<br />
rendere sconsigliabile lʹingresso di nuovi<br />
Stati in futuro, come la Croazia, i cui ne‐<br />
goziati per lʹingresso nellʹUnione sono<br />
già a buon punto.<br />
Il problema dei finanziamenti è sicura‐<br />
mente meno evidente per i cittadini ri‐<br />
spetto a quello dellʹimmigrazione, ma<br />
spesso artefice di forti contrasti, come<br />
quello che portò nel 1984 ad istituire un<br />
rimborso per la Gran Bretagna, che stori‐<br />
camente aveva ricevuto molti meno soldi<br />
di quanti ne aveva versati nelle casse<br />
dellʹUE. Eʹ utile ricordare, innanzitutto,<br />
che i fondi di coesione e sviluppo sono<br />
erogati per aiutare la crescita delle regio‐<br />
ni più povere e rendere più omogenea la<br />
qualità della vita e le opportunità in tutto<br />
il territorio europeo, oppure per la co‐<br />
struzione di quelle infrastrutture che<br />
rendano lʹEuropa unʹunica grande nazio‐<br />
ne, accorciando i tempi di trasporto e di<br />
comunicazione.<br />
Le recenti indicazioni, presenti nel pro‐<br />
gramma 2007‐2013 vedono ancora il 49%<br />
dei fondi destinati ai quindici Paesi già<br />
membri dellʹUnione prima del 2004 e la<br />
restante parte ai Paesi di nuova adesione,<br />
nonostante questi ultimi siano general‐<br />
mente più bisognosi di grandi opere e<br />
contributi finanziari. In particolare, la<br />
Romania riceverà poco più di 17 miliardi<br />
di euro e la Bulgaria circa 6 miliardi men‐<br />
tre, per fare un confronto, la sola Italia ne<br />
riceverà quasi 26, destinati per la mag‐<br />
gior parte alle regioni del Sud, dove<br />
spesso non vengono utilizzati per gli<br />
scopi a cui sono destinati. Di recente lʹeu‐
odeputato Giulietto Chiesa ha denuncia‐<br />
to che nel 2006 in Italia vi sono stati 1221<br />
casi denunciati, con truffe accertate per<br />
318 milioni e 104 mila euro. La famosa<br />
inchiesta “Why Not” che ha visto coin‐<br />
volti anche il Presidente del Consiglio e il<br />
Ministro della Giustizia Clemente Ma‐<br />
stella, riguardava lʹoccultamento di deci‐<br />
ne di miliardi di fondi europei nel corso<br />
di diverse legislature.<br />
Il problema, quindi, non è per ora la di‐<br />
stribuzione dei fondi a livello europeo,<br />
ma piuttosto la loro gestione corretta ed<br />
efficiente a livello statale.<br />
Tornando alla questione dellʹimmigrazio‐<br />
ne, si tratta di preoccupazioni già sorte<br />
nel 2004 con lʹingresso della Polonia e di<br />
nove altri Paesi.<br />
I flussi di immigrati, da allora, sono sì<br />
aumentati, ma in maniera controllata,<br />
senza che si creassero difficoltà e tensio‐<br />
ni, anzi spesso i cittadini polacchi sono<br />
ormai tra i meglio integrati negli Stati che<br />
li hanno ospitati e lo stesso possiamo<br />
aspettarci da parte dei cittadini di Bulga‐<br />
ria e Romania nel medio periodo.<br />
Un flusso controllato di immigrati per‐<br />
mette alle imprese di coprire quelle posi‐<br />
zioni per cui in Italia è difficile reperire<br />
manodopera, in particolare per quanto<br />
riguarda i lavori di fatica e altri social‐<br />
mente svalutati, che i cittadini italiani<br />
non accettano di buon grado.<br />
Dallʹaltro lato la possibilità per le aziende<br />
italiane di delocalizzare la propria pro‐<br />
duzione nei Paesi di nuova adesione,<br />
abbassando i costi e sfruttando conve‐<br />
nientemente la manodopera presente in<br />
loco. Un espediente già utilizzato da<br />
molte imprese italiane ed europee, come<br />
FIAT, che con il nuovo stabilimento di<br />
Tychy in Polonia, ha superato gli stan‐<br />
dard di qualità di tutti gli altri stabili‐<br />
menti del gruppo. Quello che spaventa,<br />
però, soprattutto in Italia, è lʹaumento<br />
della criminalità conseguente allʹaumen‐<br />
to del numero di immigrati, che attirati<br />
dalla ricchezza e dalle opportunità, si<br />
ritrovano poi senza lavoro. Un fenomeno<br />
acuito da fatti che, seppur gravi, alcune<br />
forze politiche hanno strumentalizzato<br />
per attirare voti, tra cui alcuni omicidi<br />
avvenuti per mano di immigrati romeni<br />
e i frequenti episodi di intolleranza di<br />
alcuni residenti di città del Nord verso i<br />
campi rom. Una intolleranza a volte giu‐<br />
stificata, ma che dovrebbe rivolgersi ver‐<br />
so le istituzioni, che pur avendo gli stru‐<br />
menti e i mezzi per risolvere queste si‐<br />
tuazioni decidono di non agire e mante‐<br />
nere lo status quo, un comportamento<br />
spesso tenuto dai governi poco coraggio‐<br />
si che si succedono in Italia da ormai più<br />
di ventʹanni. La normativa comunitaria,<br />
come ben spiegato da Paola Mariani su<br />
“lavoce.info”, prevede infatti, che anche i<br />
cittadini comunitari possano rimanere<br />
In alto, il parlamento europeo a Strasburgo.<br />
Nella cartina, in grigio scuro, i paesi membri<br />
dell’Unione Europea<br />
più di tre mesi in uno Stato membro solo<br />
a patto di essere lavoratori autonomi o<br />
dipendenti, avere risorse economiche<br />
sufficienti e stipulare unʹassicurazione<br />
malattia. In mancanza di queste condi‐<br />
zioni, è possibile espellere il cittadino<br />
comunitario con trenta giorni di preavvi‐<br />
so. In alternativa lʹespulsione è possibile<br />
anche immediatamente, per motivi di<br />
ordine pubblico, sicurezza pubblica o<br />
sanità pubblica, intendendo con questa la<br />
necessità di non pesare ingiustamente sul<br />
sistema di welfare nazionale. Lʹespulsio‐<br />
ne, in questo caso, è affidata ai prefetti<br />
che sul territorio hanno una maggiore<br />
DOSSIER<br />
competenza e controllo. Eʹ<br />
chiaro che garantire la<br />
sicurezza significa effettua‐<br />
re ordinari controlli sulle<br />
persone che rappresentano<br />
un pericolo per la comuni‐<br />
tà e unʹespulsione forzata<br />
di chi si rifiutasse di adem‐<br />
piere agli obblighi di legge.<br />
Si tratta di un lavoro che<br />
spetta ai governi, che pos‐<br />
sono eventualmente deci‐<br />
dere con quanta fermezza<br />
applicare le direttive, ma<br />
non di demandare alle<br />
istituzioni europee i pro‐<br />
blemi che da soli non rie‐<br />
scono a risolvere.<br />
A livello comunitario, sarà piuttosto ne‐<br />
cessario contribuire alla sorveglianza dei<br />
nuovi confini dellʹUnione, che con lʹallar‐<br />
gamento dellʹarea Schengen, lʹarea senza<br />
valichi di frontiera e controllo dei docu‐<br />
menti, che è avvenuta dal 21 Dicembre<br />
2007 che si è spostata ad Est, inglobando<br />
nove nuovi Stati, non sempre in grado di<br />
garantire lʹimpenetrabilità dei loro im‐<br />
mensi confini.<br />
I confini dellʹarea Schengen diventano a<br />
questo punto davvero importanti perché<br />
oltrepassarli, per chi non ne avesse il<br />
diritto, significherebbe poter circolare<br />
attraverso ventisette Stati senza essere<br />
sottoposto virtualmente a nessun con‐<br />
trollo.<br />
PER SAPERNE DI PIU’<br />
http://europa.eu/index_it.htm<br />
http://ue.eu.int/<br />
http://eur‐lex.europa.eu/it/treaties/index.htm<br />
http://european‐convention.eu.int/index.asp<br />
http://consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/CharteIT.pdf<br />
http://www.interculturaldialogue2008.eu/
FOCUS<br />
di Ana Victoria Arruabarrena<br />
MILANO ‐ Niente da festeggiare. Pur‐<br />
troppo anche il 2008 nasce accompagnato<br />
da diversi scenari di guerra e se si voles‐<br />
sero mappare i maggiori conflitti odierni<br />
un buon indice per rilevarli potrebbe<br />
essere il numero di rifugiati dato dall’Al‐<br />
to Commissariato per le Nazioni Unite.<br />
Al primo e al terzo posto troveremmo<br />
senza molta sorpresa l’Afghanistan e<br />
l’Iraq, e al secondo un paese per molti<br />
forse impensabile. Non è la Cecenia, non<br />
è in Medioriente, né in Africa. Eppure è<br />
un conflitto che dura da circa mezzo se‐<br />
colo, con la diretta ingerenza politica e<br />
militare delle diverse amministrazioni<br />
USA come ai tempi del Plan Condor.<br />
Una guerra che porta da allora terrore,<br />
stragi, morte a più di tre generazioni.<br />
La sua principale caratteristica ormai da<br />
tempo, parrebbe essere quella di essere<br />
un conflitto silenzioso e sconosciuto. Non<br />
per caso certo.<br />
Benvenuti in Colombia<br />
Alla chiusura di questo numero il presi‐<br />
dente del Venezuela Hugo Chavez in<br />
compagnia del regista Oliver Stone do‐<br />
vrebbero essere in partenza verso la Co‐<br />
lombia per conversare con le FARC e<br />
portare nella Repubblica Bolivariana due<br />
prigionieri ora in mano degli insorti. Il<br />
tutto viene mostrato come il frutto del‐<br />
l’impegno di Sarkozy per liberare Ingrid<br />
Betancourt.<br />
Ma questo messaggio, cioè quello della<br />
liberazione della moglie di un diplomati‐<br />
co francese, non è un contributo alla<br />
soluzione del conflitto in Colombia. An‐<br />
zi, è un’ulteriore provocazione perché<br />
nega l’esistenza di una guerra decennale,<br />
legittima un Governo che porta avanti il<br />
terrorismo di Stato in modo sistematico e<br />
non riconosce, come invece l’ONU fa, le<br />
FARC (forze armate rivoluzionarie) come<br />
un gruppo insorgente e non come un<br />
gruppo terroristico.<br />
In una lettera a Sarkozy l’intellettuale<br />
statunitense James Petras scrive:<br />
“Il Suo drammatico e molto pubblicizzato<br />
intervento ha attirato l’attenzione dell’opi‐<br />
nione pubblica mondiale sui prigionieri dete‐<br />
nuti dalle FARC, ma non menziona la diffici‐<br />
le situazione dei colombiani prigionieri politi‐<br />
ci del governo, torturati e trattati brutalmen‐<br />
te da un Presidente i cui soci congressisti più<br />
prossimi sono in attesa di essere processati<br />
per i loro legami, di vecchia data, con gli<br />
squadroni della morte paramilitari e narco‐<br />
trafficanti”.<br />
E il nucleo della questione è proprio qui,<br />
nonostante le FARC abbiano tutti i requi‐<br />
siti per essere riconosciute come soggetto<br />
di diritto internazionale in quanto eserci‐<br />
tano un controllo effettivo su quasi la<br />
Colombia, il<br />
conflitto taciuto<br />
All’ombra del sequestro di Ingrid Betancourt si staglia il<br />
ritratto di un paese in guerra da oltre 40 anni. Dove impunità,<br />
sequestri e torture sono all’ordine del giorno. E dove si<br />
perpetua un conflitto civile con l’intervento diretto politico e<br />
militare degli USA che a molti fa comodo non riconoscere.<br />
metà del territorio, possiedono un appa‐<br />
rato organizzativo e un livello di intensi‐<br />
tà costante negli anni, molti Stati si osti‐<br />
nano a considerarle come un gruppo<br />
terroristico (vedi Posizione Comune 200‐<br />
6/725/PESC del Consiglio). Questo per‐<br />
ché come ben ci ricorda il professor Cas‐<br />
sese “la Comunità internazionale è divi‐<br />
sa sotto il profilo ideologico e politico”, e<br />
quindi mossa da profondi interessi eco‐<br />
nomici e geo strategici.<br />
Da parte dell’UE e degli Usa viene dun‐<br />
que interpretata come una lotta al terrori‐<br />
smo, quando invece il riconoscimento di<br />
belligeranza consentirebbe che al conflitto<br />
in corso venissero applicate le norme del<br />
“Diritto dei conflitti armati internaziona‐<br />
li” e che i diversi attori dello stesso venis‐<br />
sero riconosciuti come destinatari dei<br />
diritti e degli obblighi discendenti dallo<br />
jus bello, diritto questo che deve regolare<br />
lo scambio di prigionieri, la presenza<br />
delle comunità di pace, gli accordi di<br />
pace, le tregue.<br />
In questa cornice si devono collocare i<br />
27.146 prigionieri politici rinchiusi nelle<br />
carceri del governo (membri delle FARC,<br />
contadini, studenti, lavoratori, intellet‐<br />
tuali) e anche quello di Betancourt, quel‐<br />
lo dei 3 agenti della CIA catturati in se‐<br />
guito all’abbattimento di un aereo, e de‐<br />
43 milioni di abitanti<br />
31% indigente<br />
64.2% al di sotto della soglia di<br />
povertà<br />
13% tasso disoccupazione<br />
40% tasso di sottoccupazione<br />
2° paese per rifugiati con 2.5<br />
milioni, dopo l’Afghanistan e<br />
prima dell’Iraq (dati del UNHCR<br />
Alto Commissariato per le nazioni<br />
Unite, 2006 )<br />
4% tasso di crescita (FMI)<br />
120mila morti in 30 anni di conflitto<br />
Elezioni 2006: potenziali votanti<br />
26.731700, voti ottenuti da Uribe<br />
7.362278, astenuti 14.677967.<br />
Prigionieri politici: 3000 in mano<br />
delle FARC (stima), 27146 nelle<br />
prigioni del governo<br />
(dati: NU, UNHCR, La Jornada,<br />
Rapporto ICE-Colombia 2007)<br />
gli altri prigionieri politici in mano delle<br />
FARC.<br />
Perché ciò non avviene?<br />
Perché “interessa” la Colombia?<br />
Così come occorre ricordarsi di chiedersi<br />
perchè tutti i capi di Stato dei paesi del‐<br />
l’UE, che si fanno difensori dei diritti<br />
umani, continuano a stringere la mano<br />
all’omologo di uno Stato che ha stermi‐<br />
nato più della metà della popolazione<br />
cecena, allo stesso modo occorre porsi la<br />
domanda nei confronti di un presidente,<br />
Uribe, che già al terzo mandato conta tra<br />
i suoi deputati il 30% tra paramilitari e<br />
narcotrafficanti, e affligge i suoi conna‐<br />
zionali insieme alla collaborazione di<br />
Washington un guerra senza codici.<br />
Nel primo caso la risposta potrebbe esse‐<br />
re data dalla dipendenza dell’Italia dal<br />
gas russo.<br />
Nel caso della Colombia invece si può<br />
facilmente analizzare una serie di dati:<br />
innanzitutto gli USA sono il primo par‐<br />
tner commerciale della Colombia e la<br />
Colombia è il secondo partner commer‐<br />
ciale italiano della regione. Il paese pos‐
siede infine il 10% di tutta la biodiversità<br />
terrestre.<br />
L’importanza strategica della biodiver‐<br />
sità e la militarizzazione dell’area<br />
La biodiversità è uno degli anelli centrali<br />
per comprendere la problematica colom‐<br />
biana. Se per gli Usa l’appropriamento<br />
del petrolio in altre latitudini è un pro‐<br />
getto a breve termine, quello di nuove<br />
risorse in virtù di una crisi di acqua e di<br />
energia prevista per il 2030 è all’ordine<br />
del giorno. Anzi appartiene, come sem‐<br />
pre, alla loro sicurezza nazionale.<br />
Le risorse biologiche e i prodotti della<br />
natura sono alla base di numerose attivi‐<br />
tà industriali quali l’agricoltura, la co‐<br />
smesi, la farmaceutica, l’industria carta‐<br />
ria, lʹorticoltura e la costruzione. E se<br />
come già si delinea, il XXI secolo sarà<br />
quello della biotecnologia e dell’ingegne‐<br />
ria genetica, chi avrà controllo su queste<br />
risorse dominerà ancora per tempo.<br />
Nonostante ciò, la biodiversità non basta<br />
per spiegare l’accanimento contro questo<br />
paese.<br />
All’inizio del 2006 su Foreign Affairs è<br />
stato pubblicato un articolo dal titolo<br />
“Washington sta perdendo l’America<br />
Latina?”, ed effettivamente da molti pun‐<br />
ti del continente, oltre ad una storica<br />
resistenza anti‐yankee, arrivano chiari<br />
segnali non solo di resistenza alle impo‐<br />
sizioni neoliberiste USA, e ai trattati di<br />
libero commercio come ALCA, ma nuovi<br />
movimenti contadini, indigeni, e anche<br />
cittadini che tornano a parlare di distri‐<br />
buzione delle terre, riforma agraria, rina‐<br />
zionalizzazione di risorse vitali come<br />
l’acqua e il gas svendute a multinazionali<br />
europee che operano in modo monopoli‐<br />
stico.<br />
In questo contesto gli Usa, dopo aver<br />
“perso” il Venezuela nonostante il feroce<br />
colpo di Stato da loro organizzato ai dan‐<br />
ni del Governo di Chavez nel 2002 e i<br />
continui discrediti nei confronti del pro‐<br />
cesso rivoluzionario bolivariano, non<br />
a Colombia vive un a guerra da più di<br />
L 40 anni. L’origine di questo conflitto<br />
risale alla storica ostilità tra conservatori e<br />
liberali e trova il suo punto più critico nell’a‐<br />
prile del 1948 quando viene assassinato il<br />
lider liberale Gaitan a Bogotà mentre è al<br />
governo il partito conservatore. L’assassinio<br />
coincide con la nascita dellʹOEA (OSA), il<br />
cui atto viene sottoscritto dai vari ambascia‐<br />
tori in un garage di Bogotá a causa del solle‐<br />
vamento popolare, il Bogotazo, che vede i<br />
ʺgaitanistiʺ liberali affrontare le brigate pa‐<br />
ramilitari.<br />
Trecentomila morti dopo, la dittatura del<br />
generale Rojas Pinilla (1953‐57) non è meno<br />
RIQUADRO STORICO<br />
possono permettersi di perdere anche la<br />
Colombia non solo per la sua importanza<br />
in risorse naturali ma anche dal punto di<br />
vista geostrategico confinando con Pana‐<br />
ma e il Venezuela. Ed è proprio per non<br />
perdere la propria egemonia sulla regio‐<br />
ne è in atto ormai da anni il Plan Colom‐<br />
bia.<br />
Ideato dagli Usa ed attuato insieme al<br />
Governo di Uribe, il Plan Colombia giu‐<br />
stifica la sua esistenza come lotta al terro‐<br />
rismo e al narcotraffico.<br />
Le principali azioni sono, come ricorda lo<br />
stesso europarlamentare Agnoletto nel<br />
corso di una conferenza stampa, l’elimi‐<br />
nazione dell’appoggio sociale attraverso<br />
il massacro di civili (anche di quelle co‐<br />
munità, per esempio S. Josè de Aprtadò<br />
che si dichiarano “Comunità di pace” e<br />
quindi neutrali) e la distruzione delle<br />
coltivazioni di coca mediante costanti<br />
fumigazioni. Queste fumigazioni, attra‐<br />
verso l’uso del glisofato, avvelenano non<br />
solo i campi che non saranno più coltiva‐<br />
bili, ma l’acqua, la fauna, e costringono i<br />
contadini a numerose migrazioni per la<br />
sopravivenza. L’obbiettivo reale è di‐<br />
struggere fisicamente, piegare, sconfigge‐<br />
re, un movimento organizzato ed armato<br />
come le FARC (e il loro immenso radica‐<br />
mento popolare) che si oppone ai Trattati<br />
di Libero Commercio (TLC), applica la<br />
riforma agraria all’interno dei suoi terri‐<br />
tori e potrebbe seguire in tempi di pace<br />
una strada simile a quella in atto in Ve‐<br />
nezuela. Sul piano logistico sono presenti<br />
numerosi eliporti nel cuore della selva<br />
base degli elicotteri da guerra Black<br />
Hawk, diversi palloni aerostatici d’intel‐<br />
ligence nel sud amazzonico colombiano.<br />
I paramilitari<br />
Per completare il quadro, è essenziale<br />
conoscere il quarto attore di questa tra‐<br />
gica guerra, dopo Usa, FARC e governo.<br />
Sono i paramilitari, che combattono di<br />
fianco al Governo, ma si occupano del<br />
dura ed il suo abbattimento porta allʹ<br />
ʹalternanzaʹ liberale‐conservatrice dei 12<br />
anni seguenti. A metà degli anni ’60 in piena<br />
guerra fredda, con le stesse rivendicazioni<br />
degli altri movimenti rivoluzionari latinoa‐<br />
mericani (riforma agraria, distribuzione delle<br />
ricchezze, e socialismo) nascono le FARC,<br />
movimento di liberazione nazionale, come<br />
risposta alla violenza lanciata dallo Stato<br />
durante la sua applicazione del Plan LASO<br />
(Latin American Security Operation).<br />
Nel 1985 nasce l’Union Patriotica come<br />
frutto degli accordi di cessate il fuoco tra il<br />
Governo di Belisario Betancourt e le FARC.<br />
Esprime una tregua mediante la quale le<br />
FOCUS<br />
“lavoro sporco”.<br />
Per mano loro sono tristemente ricorrenti<br />
le torture, i massacri di villaggi (nel 2000<br />
uno ogni 2 giorni), dove per massacri<br />
Agnoletto intende “decapitazioni col<br />
machete e squartamento con le motose‐<br />
ghe”, numerose fosse comuni, il furto di<br />
milioni di ettari agricoli, il traffico di ar‐<br />
mi e di droga.<br />
Il governo di Uribe nel 2005 ha promul‐<br />
gato la legge “Giustizia e pace” che ha<br />
permesso hai paramilitari consegnando<br />
le armi (simbolicamente anche solo un’u‐<br />
nica pistola), di pulire la loro fedina pe‐<br />
nale senza essere in futuro mai più giudi‐<br />
cati per i crimini commessi. Di questa<br />
legge si sono avvalsi molti narcotraffi‐<br />
canti, spacciatisi per paramilitari.<br />
Soluzioni del conflitto<br />
A breve termine la liberazione dei prigio‐<br />
nieri in mano delle FARC come per e‐<br />
sempio Ingrid Betancourt, dipende da un<br />
do ut des (dare per ricevere), ossia dalla<br />
liberazione dei combattenti della resi‐<br />
stenza delle FARC imprigionati nelle<br />
carceri dello Stato colombiano.<br />
Per questo l’Unione Europea può vera‐<br />
mente giocare un ruolo fondamentale.<br />
Innanzitutto riconoscendo che in Colom‐<br />
bia vi è una vera e propria guerra, rico‐<br />
noscendo gli insorti come interlocutori in<br />
quanto soggetti di diritto internazionale<br />
e non banditi, denunciando i gravissimi<br />
abusi nel campo dei diritti umani da par‐<br />
te dei paramilitari e di Uribe, dissenten‐<br />
do dall’ingerenza militare e politica di‐<br />
retta degli USA nella regione, ma soprat‐<br />
tutto includendo delle clausole che obbli‐<br />
ghino la Colombia a rispettare certe rego‐<br />
le al fine di proseguire gli accordi com‐<br />
merciali in atto.<br />
Per quanto riguarda il futuro dei colom‐<br />
biani purtroppo o per fortuna non ci re‐<br />
sta che riprendere una frase del loro<br />
grande lider Bolivar: non vi è metodo per<br />
raggiungere la libertà che lottare per<br />
essa. Forse prendendo proprio spunto<br />
dai loro vicini venezuelani.<br />
FARC lasciano le armi, e il Governo si impe‐<br />
gna a rispettarli.<br />
L’Union Patriottica conta fra le sue file anche<br />
membri delle FARC, del PC colombiano,<br />
liberali, socialisti, sindacalisti, e lottatori per i<br />
diritti umani. Si presenta nel 1985 alle ele‐<br />
zioni, al seguito delle quali non vince a livello<br />
nazionale ma ottiene molti seggi in Parla‐<br />
mento e nei diversi consigli comunali. Tra<br />
l’86 e l’87 saranno uccisi i primi 3 dirigenti e<br />
negli anni seguenti assassinati quasi tutti i<br />
parlamentari dell’UP, i militanti, i simpatiz‐<br />
zanti fino ad arrivare al 1992 con una stima<br />
di 4000 omicidi. Di conseguenza le FARC si<br />
riorganizzano e riprendono le armi. (a.v.a.)
RUSSIA<br />
di Debora Pignotti<br />
ussia Unita, il partito di Putin, ha<br />
R vinto le elezioni parlamentari del 2<br />
dicembre 2007 con il 64,2 % dei voti. Il<br />
leader Gryzlov ha annunciato la conqui‐<br />
sta della Duma da lui presieduta e l’in‐<br />
tenzione di RU di governare autonoma‐<br />
mente.<br />
La maggioranza di 315 seggi su 450 (di<br />
cui uno occupato da Putin stesso) per‐<br />
metterà al partito di approvare qualun‐<br />
que decisione, inclusi emendamenti co‐<br />
stituzionali per i quali è necessaria la<br />
maggioranza qualificata (301 voti). RU è<br />
inoltre sostenuta dagli ultranazionalisti<br />
“liberaldemocratici”di Zhirinovskij (8,2<br />
%) e da Russia Giusta di Mironov, presi‐<br />
dente della Camera Alta (7,8 %). Solo i<br />
comunisti guidati da Zyuganov (11,6 %)<br />
potrebbero osteggiare RU: infatti ‐ assie‐<br />
me ai partiti agrario, democratico e libe‐<br />
rale rimasti esclusi dallo sbarramento al 7<br />
% del nuovo sistema proporzionale ‐<br />
hanno denunciato irregolarità nelle ope‐<br />
razioni di voto.<br />
I quotidiani sovietici Novaya Gazeta,<br />
Izvestija e Pravda sono concordi con l’‐<br />
opposizione nel definire le elezioni una<br />
farsa: “Putin diventerà leader nazionale,<br />
considerando che in Germania per leader<br />
nazionale si intende Führer (Latynina),<br />
“il nostro è uno Stato atrofizzato in mano<br />
agli agenti di polizia [..] che ci hanno<br />
obbligati ad interessarci ad una politica<br />
antiquata, [inoltre] gli intenti ufficiali<br />
sono ben altra cosa dagli intenti rea‐<br />
li” (Ryabov); Voshanov ha perfino intito‐<br />
lato un suo articolo “E’ possibile esser<br />
orgogliosi della propria vittoria di elezio‐<br />
ni senza alternativa?”.<br />
Indipendentemente dal risultato, Putin si<br />
è dimesso alla scadenza del mandato. In<br />
attesa delle presidenziali del marzo 2008<br />
(alle quali Putin non si potrà presentare,<br />
sempre che la costituzione non venga<br />
modificata ad hoc), il 24 dicembre sono<br />
state rese pubbliche in via ufficiosa le<br />
candidature: Medvedev per RU (che pre‐<br />
merà per l’elezione di Putin a Primo Mi‐<br />
nistro e che ha già il 45% dei consensi<br />
dato lo stretto legame col presidente u‐<br />
scente), Zyuganov e Zhirinovskij.<br />
La propaganda elettorale è stata massic‐<br />
cia e pervasiva, con le città tirate a festa e<br />
colorate di bianco, rosso e blu (i colori<br />
della patria e di Russia Unita) e le elezio‐<br />
ni sarebbero avvenute in un clima intimi‐<br />
datorio: sono stati visti pacchi di schede<br />
infilati nelle urne, studenti e militari fare<br />
il giro di più seggi e le pazienti incinte di<br />
un ospedale degli Urali sono state co‐<br />
strette a votare per non rischiare la di‐<br />
missione forzata. Molti sono stati anche<br />
gli incentivi: in Siberia occidentale un<br />
governatore ha promesso la costruzione<br />
di appartamenti al paese che avesse avu‐<br />
Le elezioni farsa e il<br />
futuro della Russia<br />
Le elezioni parlamentari sembrano far<br />
trasparire un cliché già visto: niente pluralismo<br />
e chiusura verso l’Occidente<br />
to più votanti. L’affluenza del 60 % era<br />
scontata, anche se le percentuali sono<br />
state maggiori nelle periferie e il picco<br />
del 99,3 % in Cecenia la dice lunga sui<br />
sistemi di persuasione adottati.<br />
Mosca ha osteggiato l’invio degli osser‐<br />
vatori OSCE ma alla fine ha dovuto cede‐<br />
re e le delegazioni nazionali sono riuscite<br />
a seguire le operazioni di voto. L’Italia<br />
non ha ravvisato palesi irregolarità e al<br />
Ministero degli Esteri è prevalsa la linea<br />
della non ingerenza. Ufficialmente la<br />
Russia è ritenuta una democrazia giova‐<br />
ne bisognosa di ulteriori test democratici<br />
e, dati i problemi col mondo arabo e gli<br />
impegni europei, sarebbe da irresponsa‐<br />
bili da parte dell’Italia aprire un’ulteriore<br />
area di crisi. In realtà ci sono ragioni di<br />
natura economica: la dipendenza dal<br />
petrolio russo rende tutta l’Europa, e non<br />
solo l’Italia, molto debole. Nonostante ciò<br />
il premier britannico Brown ha chiesto a<br />
Mosca di tranquillizzare la comunità<br />
internazionale e il cancelliere tedesco<br />
Merkel ha giudicato il voto non aderente<br />
agli standard europei. Solo il presidente<br />
francese Sarkozy si è apertamente com‐<br />
plimentato con Putin. Gli USA hanno<br />
reagito duramente ed hanno esortato<br />
Mosca ad indagare sulle accuse di brogli.<br />
Come prevedibile, gli osservatori di Ka‐<br />
zakhstan e Asia centrale hanno dichiara‐<br />
to che le elezioni sono state perfettamen‐<br />
te regolari.<br />
E’ però vero che alcune regole sono di‐<br />
scutibili: madre e figlia possono entrare<br />
assieme nella cabina elettorale; il docu‐<br />
mento d’identità viene visionato molto<br />
velocemente e restituito prima dell’in‐<br />
gresso nella cabina al proprietario, il qua‐<br />
le teoricamente può andarsene con la<br />
scheda senza alcun controllo; c’è stato un<br />
passaggio di poteri sul controllo delle<br />
operazioni di voto dalla polizia ordinaria<br />
ai servizi segreti del FSB, apparentemen‐<br />
te inspiegabile e il sospetto di falsificazio‐<br />
ni precedenti alle operazioni di voto ri‐<br />
mane forte. Ciò può far capire quanto la<br />
democrazia russa sia ancora immatura<br />
rispetto alle democrazie europee.
Il progetto GAP: tra acqua<br />
e minoranze etniche<br />
La Turchia, attraverso le risorse idriche, vuole<br />
regolare il flusso d’acqua del Tigri e l’Eufrate. Ma<br />
gran parte della zona è abitata dall’etnia curda<br />
a Turchia ha inserito nelle proprie<br />
L strategie di progresso la realizzazio‐<br />
ne di un progetto noto con il nome di<br />
Great Anatolian Project (Gap) o<br />
Southeastern Anatolia Project. Il Gap è<br />
nato sulla base delle immense risorse<br />
idriche di cui la Turchia dispone e che<br />
conferiscono al progetto stesso anche una<br />
valenza stategica. Esse infatti sono<br />
dislocate per lo più nella regione<br />
sudorientale della Turchia, area a<br />
maggioranza curda. Il Gap<br />
permetterebbe quindi al governo di<br />
Ankara di esercitare un maggior<br />
controllo sull’area di residenza di questa<br />
minoranza irredentista e, al tempo stesso,<br />
di realizzare una proficua gestione delle<br />
risorse idriche, indispensabili per tutti i<br />
Paesi circostanti. Un ruolo di primo<br />
piano è infatti ricoperto dai fiumi Tigri<br />
ed Eufrate che hanno le proprie sorgenti<br />
nell’area sudorientale della penisola<br />
anatolica e che attraversano entrambi<br />
Turchia ed Iraq, mentre l’Eufrate<br />
interessa anche il territorio siriano. Dal<br />
1999 ha preso il via il Gap: attraverso di<br />
di Claudia Robustelli<br />
esso la Turchia, Stato upstreamer, vuole<br />
regolare il flusso dell’acqua di questi due<br />
grandi fiumi e, a tal, fine, ha realizzato 24<br />
dighe in 7 anni. Le prime ad essere state<br />
costruite sono state quelle di Birecik e<br />
Karkamus, poste a valle dell’opera<br />
idraulica Ataturk. La posizione di tale<br />
infrastruttura è stategica in quanto si<br />
trova a pochi kilometri dalla frontiera<br />
con la Siria, la quale dipende in misura<br />
sempre più crescente dalle acque<br />
dell’Eufrate. A queste è seguita la<br />
realizzazione di numerose altre dighe nel<br />
bacino del Tigri, tra le quali si possono<br />
annoverare quelle di Batman e Dicle.<br />
TURCHIA<br />
Questo progetto idrografico pemette alla<br />
Turchia di appianare le diversità<br />
topografiche che la caratterizzano. Essa,<br />
infatti, presenta un territorio con<br />
caratteristiche fisiche duali: nelle regioni<br />
settentrionali e meridionali il territorio è<br />
montagnoso, con l’unica eccezione di<br />
un’area umida lungo le coste bagnate dal<br />
Mar Nero; la parte centrale e<br />
sudorientale della penicola è invece<br />
semiarida. Una gestione razionale e<br />
controllata dele risorse idriche<br />
permetterebbe ad Ankara di agire in<br />
modo tale da rendere coltivabili anche<br />
quelle aree oggi caratterizzate<br />
dall’aridità. Il Great Anatolian Project è<br />
volto infatti ad apportare un<br />
miglioramento alla capacità agricola del<br />
territorio da esso interessato, nonchè a<br />
fornire input per la creazione di industrie<br />
agroalimentari e lo sfuttamento delle<br />
potenzialità energetiche dell’acqua. Che<br />
lo sviluppo della Turchia dovesse<br />
passare attraverso le risorse idriche del<br />
Paese era già evidente al Padre della<br />
Patria, Kemal Ataturk, il quale aveva<br />
visto in queste risorse lo strumento per<br />
elettrificare la neonata Repubblica turca<br />
così da promuoverne<br />
l’industrializzazione e la<br />
modernizzazione. Fu così che nel 1938<br />
iniziò il processo di realizzazione delle<br />
numerose opere idrauliche sul territorio<br />
anatolico. Ultima ma non meno<br />
importante è la riorganizzazione etnica<br />
resa possibile dalla messa in atto del<br />
Gap. Il progetto, infatti, si estende su<br />
gran parte del territorio occupato dalla<br />
minoranza curda e quindi al confine con<br />
l’Iraq e la Siria. In questa regione il<br />
governo turco ha da sempre stanziato<br />
numerose forze armate al fine di<br />
ostacolare l’irredentismo curdo e le<br />
azioni del Pkk. Tale situazione ha fatto sì<br />
che lo sviluppo dell’area fosse ostacolato<br />
dalla presenza militare e che si<br />
verificasse il fenomeno dell’emigrazione.<br />
Tuttavia, la popolazione curda nell’area<br />
risulta essere ancora numerosa in quanto<br />
il tasso di natalità è molto alto. La<br />
popolazione vive quindi in uno stato di<br />
continua tensione e ingerenze militari e<br />
statali. In quest’ottica, Ankara vorrebbe<br />
utilizzare il Gap per creare sviluppo e<br />
apportare miglioramenti per quanto<br />
riguarda il livello di vita al fine di ridurre<br />
l’ostilità curda nei confronti del governo<br />
centrale.<br />
Il Gap, quindi, andrebbe ad investire<br />
anche i rapporti tra Ankara e Baghdad<br />
sia dal punto di vista idrico ( si ricordi<br />
infatti che l’Iraq è un paese downsreamer<br />
che dipende per lo più dalle acque del<br />
Tigri) e sia sotto il punto di vista etnico,<br />
essendo anch’esso interessato dal<br />
problema irredentista curdo, come è<br />
stato rivelato dai fatti di quest’autunno.
CORSI E RICORSI<br />
I Laogai e la storia<br />
che si ripete<br />
Sono dei veri e propri campi di concentramento<br />
cinesi (se ne contano circa mille) dove sono<br />
costretti a lavorare bambini, donne e uomini<br />
lcuni avvenimenti ci fanno capire<br />
A cosa possa esserci dietro la democra‐<br />
tic façade di uno stato e come le politiche<br />
di potenza possano celare per molti anni<br />
eventi tragici e disumani.<br />
Harry Wu della Fondazione Laogai è un<br />
dissidente ed ex detenuto nei Laogai<br />
cinesi da dove è fuggito con altri ex pri‐<br />
gionieri negli USA. Wu ricorda i milioni<br />
di persone detenute in questi campi, co‐<br />
strette a lavorare 18 ore al giorno in con‐<br />
dizioni disumane senza salario, private<br />
dei diritti civili e spesso a contatto con<br />
materiali tossici. Chi non rispetta le diret‐<br />
tive dei campi subisce una politica di<br />
denutrizione e tortura a scopo coercitivo;<br />
esecuzioni di massa con vendita di orga‐<br />
ni freschi; sfruttamento dei bambini sot‐<br />
toposti ai lavori forzati; rappresaglie nei<br />
confronti delle varie Chiese; aborti e ste‐<br />
rilizzazioni forzate.<br />
Secondo Amnesty International, in molte<br />
istituzioni statali cinesi sono perpetrate<br />
torture e maltrattamenti quali ʺcalci, per‐<br />
cosse, scosse elettriche, sospensione per<br />
gli arti superiori, incatenamento in posi‐<br />
zioni dolorose e privazione del cibo e del<br />
sonnoʺ.<br />
La tortura nei Laogai è testimoniata dai<br />
praticanti del Falun Gong, che riportano<br />
di Michele Capaccioli<br />
numerosi altri metodi. Pratiche dello<br />
stesso tipo sono documentate negli anni<br />
ʹ90 da Harry Wu e nel 1958 dal Libro<br />
bianco sul lavoro forzato nella Repubbli‐<br />
ca Popolare Cinese della Commissione<br />
Internazionale contro il regime concen‐<br />
trazionario.<br />
Philip Williams e Yenna Wu spiegano<br />
che i metodi di tortura recenti differisco‐<br />
no di poco da quelli tradizionali, applica‐<br />
ti durante la dinastia Qing. Il libro Huo<br />
diyu di Li Baojia del 1906 descrive e mo‐<br />
stra graficamente tali metodi.<br />
La Repubblica Popolare Cinese definisce<br />
i Laogai come “un processo di riforma<br />
dei criminali attraverso il lavoro, essen‐<br />
zialmente un metodo efficace per elimi‐<br />
nare i criminali e i controrivoluzionari”.<br />
Il Tifa, che elenca i vocaboli utilizzabili in<br />
Cina, afferma che è illegale chiamare i<br />
Laogai “campi di concentramento” o<br />
semplicemente “campi”, perché si riferi‐<br />
scono solamente ai campi nazisti, sovieti‐<br />
ci o della Cina nazionalista. Ma, come<br />
vedremo, è la Cina a commettere qualco‐<br />
sa di illegale, manipolando la realtà dei<br />
fatti al mondo intero.<br />
Molte sono state le denunce della comu‐<br />
nità internazionale:<br />
‐ il Congresso degli Stati Uniti a grande<br />
maggioranza approvò il 16 dicembre<br />
2005 la mozione 294 per condannare i<br />
Laogai quale strumento di repressione<br />
del Governo cinese, proibendo l’importa‐<br />
zione di tutti i prodotti provenienti dai<br />
lavori forzati nei campi di concentramen‐<br />
to cinesi e richiamando l’appoggio del<br />
Parlamento dell’Unione Europea affinché<br />
una simile risoluzione venisse approvata<br />
dalla Commissione per i Diritti Umani<br />
dell’ONU.<br />
‐ il 7 settembre del 2006 il Parlamento<br />
Europeo ha approvato una risoluzione<br />
non legislativa a scopo di critica delle<br />
violazioni delle libertà religiose, del ri‐<br />
corso alla tortura ecc, chiedendo il rila‐<br />
scio di tutti i prigionieri politici. L’UE ha<br />
anche espresso la preoccupazione nei<br />
confronti dell’accondiscendenza mostra‐<br />
ta da Yahoo e Google verso la politica di<br />
censura del Governo cinese;<br />
‐ il Bundestag tedesco il 7 marzo 2007<br />
approva a larghissima maggioranza la<br />
mozione 16/5146 presentata da esponenti<br />
di CDU/CSU, FDP, SPD e Verdi e dive‐<br />
nuta successivamente risoluzione il 10<br />
maggio, quale strumento di condanna<br />
dei Laogai;<br />
‐ nel giugno del 2004 il Ministero per il<br />
Commercio ed Affari Esteri australiano<br />
in un documento commerciale inerente<br />
alla Cina, dedica un intero capitolo al<br />
“China’s Prison Labour System – the<br />
Laogai”, dove si paragonano i Laogai ai<br />
campi sovietici, stimandone tra i 1000 e<br />
6000 con un numero di prigionieri tra 10<br />
e 20 milioni. Inoltre, viene affermato che<br />
“... la Cina è uno stato a partito unico con<br />
un forte apparato di sicurezza che non<br />
ammette il dissenso politico. In un paese<br />
di 1,2 miliardi di abitanti si può presu‐<br />
mere che molti siano incarcerati per una<br />
varietà di ragioni ‐ la dura repressione<br />
dei Falun Gong negli ultimi anni è un<br />
esempio. È pratica normale della politica<br />
cinese far lavorare i prigionieri, è proba‐<br />
bile che questi prigionieri producano<br />
beni di consumo e che alcuni di questi<br />
giungano anche sui mercati internaziona‐<br />
li”.<br />
Non esiste la perfezione, ma chi usa la<br />
diplomazia, affermando che non è possi‐<br />
bile interferire negli affari interni di un<br />
Paese, dovrebbe essere messo di fronte<br />
alla proprie responsabilità. Come direbbe<br />
il Manzoni, “A noi poverelli le matasse<br />
paion più imbrogliate, perché non sap‐<br />
piamo trovarne il bandolo”. E’ quindi<br />
giunto il momento che la comunità inter‐<br />
nazionale, sicuramente al corrente della<br />
situazione meglio di noi, dia alla Cina un<br />
aut aut per riflettere di più sul “come<br />
viviamo”. Infatti, come diceva Abrahm<br />
Lincoln, “Potete ingannare tutti per qual‐<br />
che tempo e alcuni per tutto il tempo, ma<br />
non potete ingannare tutti per tutto il<br />
tempo”.
di Chiara Jacini<br />
nche il progetto di Martti Ahti‐<br />
saari per lo statuto futuro del<br />
Kosovo non ha avuto successo,<br />
ricevendo il rifiuto da parte della Serbia.<br />
Questo ennesimo fallimento di accordo<br />
fra Belgrado e Pristina rende la situazio‐<br />
ne sempre più rischiosa, andando a raf‐<br />
forzare l’idea espressa da Zivkovic (ex<br />
primo ministro serbo), che “Fin dai tempi<br />
del principe Lazar chiunque abbia af‐<br />
frontato il problema del Kosovo ha mise‐<br />
ramente fallito”.<br />
Il piano di Martti Ahtisaari, inviato spe‐<br />
ciale del Segretario Generale dell’Onu<br />
per la definizione dello statuto del Koso‐<br />
vo, prevedeva un’indipendenza della<br />
regione ma a condizione di importanti<br />
riforme costituzionali da attuare sotto il<br />
controllo della comunità internazionale,<br />
che avrebbe provveduto alla salvaguar‐<br />
dia dei diritti delle enclaves serbe.<br />
Proponeva una decentralizzazione in sei<br />
nuove municipalità nelle zone serbe fino‐<br />
ra inglobate in più vaste municipalità<br />
controllate da maggioranza albanese,<br />
attribuendo loro competenze.<br />
Il progetto di Ahtisaari di mettere in pra‐<br />
tica il modello di democrazia multietnica<br />
era una sfida abbastanza ardua, ma dato<br />
gli episodi di violenza che si sono susse‐<br />
guiti negli ultimi decenni e l’eliminazio‐<br />
ne dei diritti, non solo politici ma anche<br />
civili, della maggioranza albanesi,dal<br />
1990 in poi, ha portato a pensare che l’i‐<br />
potesi di una sostanziale autonomia del<br />
Kosovo fosse del tutto velleitaria.<br />
Secondo Athisaari provare a fare convi‐<br />
vere le due etnie attraverso un sistema di<br />
integrazione e partecipazione delle co‐<br />
munità serbe ai vari livelli istituzionali<br />
secondo il principio di sussidiarità, a‐<br />
vrebbe portato a lungo termine risultati<br />
migliori che una soluzione separatista<br />
come quella proposta dai vertici di Bel‐<br />
grado.<br />
La Serbia proponeva invece una sparti‐<br />
zione territoriale che oltre ad essere forte‐<br />
mente antitetica alla multietnicità, avreb‐<br />
be portato all’esodo in massa dei non<br />
albanesi o comunque avrebbe lasciato le<br />
comunità serbe al di fuori del proprio<br />
territorio in mano al loro destino.<br />
Il rifiuto di Belgrado è parso a molti au‐<br />
tolesionista al cospetto degli effettivi<br />
vantaggi che il piano Ahtisaari avrebbe<br />
BALCANI<br />
Kosovo, la prima sfida del 2008<br />
Bocciata la proposta Ahtisaari, falliti i tentativi di soluzione della Trojka,<br />
l’indipendenza della regione si trasforma nella prima sfida per l’Europa<br />
portato a tutte le comunità serbe, ma, se<br />
si possono intuire le ragioni interne, do‐<br />
vute al bisogno di captare consensi elet‐<br />
torali, non sono chiare le intenzioni futu‐<br />
re per alleviare le tensioni; non si capisce<br />
come la Serbia pensa di poter gestire nel<br />
territorio le competenze di una sovranità<br />
residua in una provincia al novanta per‐<br />
cento albanese, se non con l’utilizzo di<br />
forze militari per proteggere le minoran‐<br />
ze serbe.<br />
Bisogna però precisare che neanche il<br />
governo di Pristina era fiducioso riguar‐<br />
do al progetto proposto da Ahisaari; si<br />
era infatti espresso disponibile a quello<br />
che definiva “un difficile ma accettabile<br />
compromesso” solo nel momento in cui<br />
si era assicurato il rifiuto da parte di Bel‐<br />
grado.<br />
Ovviamente il mancato accordo fra Bel‐<br />
grado e Pristina ha messo in moto pesan‐<br />
ti interferenze da parte della comunità<br />
internazionale in generale, ma soprattut‐<br />
to dei suoi maggiori esponenti, che han‐<br />
no cercato di strumentalizzare il proble‐<br />
ma per favorire i propri interessi.<br />
Tra la spinta russa verso un atteggiamen‐<br />
to intransigente nei confronti dei kosova‐<br />
ri e le pressioni statunitensi verso un’in‐<br />
dipendenza kosovara forse chi avrebbe<br />
potuto esercitare un forza risolutrice era<br />
l’Europa, la quale, invece, trovatasi divi‐<br />
sa al suo interno, non ha potuto esercita‐<br />
re quel ruolo centrale nella politica balca‐<br />
nica, designata al vertice di Salonicco nel<br />
2003 con l’impegno per il processo di<br />
stabilizzazione e associazione.<br />
Inizialmente l’Unione Europea aveva<br />
perorato il piano Athisaari ma dopo il<br />
rifiuto della Serbia, si è sfaldata in diver‐<br />
se posizioni: i paesi europei come, Spa‐<br />
gna, Slovacchia, Grecia, Cipro, Romania,<br />
caratterizzati anche loro da tensioni etni‐<br />
che interne hanno cambiato posizione<br />
per paura che l’ondata di seccessione<br />
arrivasse fino dalle loro parti.<br />
Il fallimento coinvolge anche la comunità<br />
internazionale; il Consiglio di Sicurezza,<br />
infatti, non è riuscito a superare i contra‐<br />
sti e si è trovato nuovamente a non saper<br />
gestire questo focolaio balcanico.<br />
Un occasione persa anche per l’Unione<br />
Europea che una volta di più non è riu‐<br />
scita a trovare una posizione univoca e<br />
quindi ad assumere un ruolo decisivo<br />
sullo scacchiere internazionale, neanche<br />
riguardo a un problema che si presenta<br />
in <strong>casa</strong> propria.
l lavoro nobilita l’uomo, ma<br />
qualche volta va anche oltre e lo<br />
uccide.<br />
In Italia gli incidenti sul lavoro non<br />
accennano a diminuire e in molti<br />
casi, come accaduto recentemente,<br />
assumono connotazioni tragiche ed<br />
irreparabili. La radice di queste tra‐<br />
gedie è da ricercarsi nel capovolgi‐<br />
mento di valori e significati attribuiti<br />
al lavoro, capovolgimento causato da<br />
molteplici fattori che rendono quasi<br />
esercizio ozioso trovare colpevoli e<br />
responsabili, costringendoci a partire<br />
dalla consapevolezza che stiamo as‐<br />
sistendo alla frana di un sistema che<br />
fatica a reggersi in piedi. Nella scala<br />
dei valori è avvenuta un’inversione<br />
dove la produzione ed il profitto<br />
hanno definitivamente scavalcato la<br />
centralità delle persone.<br />
Le imprese italiane sono sempre più<br />
orientate al raggiungimento del mas‐<br />
simo guadagno costrette a fronteg‐<br />
giare con difficoltà i nuovi mercati e<br />
tendono a cercare competitività nella<br />
direzione ossessiva del taglio dei<br />
costi.<br />
Le conseguenze sono immediata‐<br />
mente visibili. Scarsa qualità, tempi<br />
di esecuzione sempre più contratti,<br />
aridità dʹinvestimenti nella ricerca,<br />
nella tecnologia e purtroppo anche<br />
nella sicurezza, con un utilizzo di<br />
lavoratori troppo spesso non ade‐<br />
guatamente preparati rispetto alle<br />
mansioni assegnate.<br />
Scavando poi nei settori dove il som‐<br />
merso ed il lavoro nero la fanno da<br />
padrone, come nel caso delle piccole<br />
imprese edili, la questione sicurezza<br />
diventa un grosso punto interrogati‐<br />
vo.<br />
I lavoratori sono con l’acqua alla gola<br />
e, sempre più concentrati nel difficile<br />
obiettivo di arrivare alla fine del me‐<br />
ENSIERI AROLE<br />
I fatti d’attualità commentati dai ragazzi<br />
Il regresso<br />
del progresso<br />
di Luca Fontana<br />
se e di conservare il posto di lavoro,<br />
tendono ad accettare condizioni e<br />
richieste che un tempo sarebbero<br />
state oggetto quantomeno di un’at‐<br />
tenta valutazione.<br />
Il sindacato, dal canto suo, non forni‐<br />
sce sempre la sensazione di mirare<br />
correttamente i bersagli da colpire,<br />
disperdendo energie preziose da uti‐<br />
lizzare, ad esempio, nel fare della<br />
sicurezza un punto comune impre‐<br />
scindibile della contrattazione collet‐<br />
tiva.<br />
«La repressione ed il<br />
controllo devono essere<br />
accompagnati dalla<br />
promozione dell’attività<br />
di prevenzione che non<br />
può non passare<br />
attraverso una nuova<br />
cultura del lavoro da<br />
inculcare a imprese e<br />
lavoratori partendo dalle<br />
più giovani generazioni»<br />
Gli incidenti sul lavoro rappresenta‐<br />
no un campanello d’allarme ancora<br />
più assordante se pensiamo che oggi,<br />
nel terzo millennio, esistono leggi<br />
valide rispetto al passato e che il pro‐<br />
gresso e la tecnologia forniscono, in<br />
teoria, gli strumenti necessari per<br />
lavorare in discreta sicurezza. Invece<br />
le cifre ci raccontano un’altra storia,<br />
intrisa di tragici capitoli che un paese<br />
civile non dovrebbe essere costretto<br />
ad ascoltare. Come arginare il pro‐<br />
www.acidopolitico.com<br />
blema in tempi brevissimi?<br />
Ovviamente si potranno inasprire le<br />
pene per chi infrange le leggi, ma è<br />
inutile ricercare con un colpo di bac‐<br />
chetta magica la soluzione urlata, il<br />
rimpallo di responsabilità, il solito<br />
voltare pagina senza che cambi nulla<br />
dettato, come sempre accade in Ita‐<br />
lia, dagli spruzzi dell’onda emotiva.<br />
Non è di questo che abbiamo biso‐<br />
gno.<br />
Le famiglie delle vittime ed i lavora‐<br />
tori che da domani per ogni giorno<br />
fino alla pensione timbreranno nuo‐<br />
vamente il cartellino non vogliono<br />
vendette sporadiche, vogliono solo<br />
giustizia e la certezza di poter ab‐<br />
bracciare la sera i propri cari. Si ri‐<br />
spettino e si facciano rispettare le<br />
leggi già in vigore, con un contributo<br />
di serietà e impegno da parte di tutti.<br />
Politica, impresa e sindacato.<br />
La repressione ed il controllo devono<br />
essere accompagnati dalla promozio‐<br />
ne dell’attività di prevenzione che<br />
non può non passare attraverso una<br />
nuova cultura del lavoro da inculca‐<br />
re a imprese e lavoratori partendo<br />
dalle più giovani generazioni.<br />
La politica può fare la sua parte ado‐<br />
perandosi con l’attività ispettiva e di<br />
controllo da svolgere con maggiore<br />
efficacia anche se la struttura produt‐<br />
tiva italiana composta di piccole,<br />
piccolissime imprese, non rende la<br />
vita semplice agli ispettori che natu‐<br />
ralmente non sono presenti sul terri‐<br />
torio in numero sufficiente.<br />
Il governo deve però moltiplicare gli<br />
sforzi iniziati in questi mesi, perché<br />
in un paese civile si può vivere per<br />
lavorare o lavorare per vivere, secon‐<br />
do i punti di vista di ognuno, ma non<br />
si dovrebbe mai lavorare per morire<br />
o morire per lavorare. Il tempo delle<br />
parole è scaduto.
Un governo bipartitico<br />
all’orizzonte<br />
he Berlusconi non sia nuovo ai<br />
colpi di scena è un fatto risaputo.<br />
Venuto fuori dalle ceneri di tan‐<br />
gentopoli nei primi anni novanta è ormai<br />
il padrone assoluto della scena politica<br />
italiana: amato e odiato leader politico,<br />
galvanizzatore di masse, retorico populi‐<br />
sta e grande comunicatore, ha presieduto<br />
ben tre governi ed è tra i responsabili<br />
dell’attuale sistema bipolare.<br />
Attualmente è il capo dell’opposizione e<br />
negli ultimi mesi è ritornato sotto i riflet‐<br />
tori rielaborando il sistema operativo del<br />
suo partito e sancendo la fine della coali‐<br />
zione che lo ha portato al governo nella<br />
scorsa legislatura. Traspare lucidamente<br />
che le sue recenti azioni siano mosse da<br />
obbiettivi e volontà ben precise e che<br />
nella sua immaginazione sia già raffigu‐<br />
rato in maniera definita il futuro politico<br />
del paese. Certamente lui ha i numeri<br />
per poter cambiare le carte in tavola.<br />
In ogni modo le sue mosse sembrano<br />
determinate. A sinistra nasce il Pd in<br />
risposta a quel cambiamento politico<br />
ormai invocato da anni e Berlusconi, per<br />
non restare indietro, trasforma Forza<br />
Italia in Partito delle libertà annuncian‐<br />
done la nascita dal predellino di una<br />
macchina in mezzo a una folla osannante<br />
e senza tenere in alcun conto gli alleati.<br />
Successivamente sancisce la fine della<br />
<strong>Casa</strong> delle libertà facendo sapere di voler<br />
dire addio ai “vecchi parrucconi della<br />
politica” (è ovvio che un trapianto di<br />
capelli è molto meglio!) e aprendo, intan‐<br />
to, il dialogo con Veltroni sulla legge<br />
elettorale. Appare chiaro che l’intesa non<br />
si cerca solo su questa ipotesi di riforma<br />
ma va ben più in là e c’è chi paventa la<br />
formazione di un futuro governo biparti‐<br />
to, ipotesi sicuramente da non escludere,<br />
anzi!<br />
Ma proviamo ad analizzare questo possi‐<br />
bile scenario. Veltroni non vede l’ora di<br />
mandare a <strong>casa</strong> Prodi e diventare leader<br />
di un futuro governo. Ha ben capito però<br />
che il centrosinistra attuale sta ormai<br />
esalando i suoi ultimi respiri e sa che se<br />
il Pd non cerca nuove alleanze o non<br />
realizza concretamente la sua vocazione<br />
maggioritaria (il che è alquanto improba‐<br />
bile) potrà dire addio a Palazzo Chigi.<br />
Le soluzioni a ben vedere non sono mol‐<br />
te e un’alleanza col Cavaliere sembrereb‐<br />
be la strada più praticabile.<br />
di Danilo Aprigliano<br />
«Per quanto riguarda il<br />
destino politico del<br />
nostro Paese è certo<br />
che un governo<br />
bipartitico potrebbe<br />
risolvere alcune delle<br />
anomalie nei governi<br />
di <strong>casa</strong> nostra»<br />
Dal canto suo Berlusconi sa che il centro‐<br />
destra non gode di ottima salute e deside‐<br />
rerebbe presiedere un governo un po’<br />
meno vincolante. Che tra i due ci siano<br />
intenzioni di avvicinamento sembra ab‐<br />
bastanza chiaro. A parte certe frequenta‐<br />
zioni e i dialoghi nei cantieri tra Veltroni<br />
e Letta, basti pensare ai silenzi del Pd<br />
sugli ultimi problemi giudiziari del<br />
leader dell’opposizione e agli attacchi più<br />
soft che quest’ultimo riserva all’ala mode‐<br />
rata della maggioranza.<br />
Per quanto riguarda il destino politico del<br />
nostro Paese è certo che un governo bi‐<br />
partitico potrebbe risolvere alcune delle<br />
anomalie nei governi di <strong>casa</strong> nostra. In‐<br />
nanzitutto sparirebbero le ali estreme<br />
delle coalizioni e non avremmo più ese‐<br />
cutivi ricattati da partiti come Rifondazio‐<br />
ne comunista, la Lega nord o, peggio,<br />
l’Udeur. Ci si accorderebbe più facilmen‐<br />
te nell’attività di governo e si potrebbe<br />
anche tentare qualche riforma seria e ra‐<br />
dicale (sempre che ce ne sia la volontà tra<br />
i vari responsabili) e magari qualche azio‐<br />
ne a vocazione liberale (non certo laica<br />
comunque).<br />
Resterebbero sicuramente varie incognite,<br />
a partire dal conflitto di interessi del Ca‐<br />
valiere e dalla possibilità di autoritarismo<br />
bipartitico (il che, comunque, non appor‐<br />
terebbe sostanziali cambiamenti nella<br />
partitocrazia italiana), un’invasione mo‐<br />
dello piovra di tutti gli apparati di potere,<br />
un ritorno in grande stile della Democra‐<br />
zia Cristiana. Sono comunque solo dei<br />
rischi e, considerando la situazione attua‐<br />
le, chissà che non valga la pena di correr‐<br />
li.<br />
PENSIERI & PAROLE<br />
PAROLE & POLITICA<br />
LE FRASI DI GIANCARLO GENTILINI<br />
“Bisognerebbe vestirli da leprotti<br />
per fare pim pim pim col fucile”<br />
Sugli immigrati “perdigiorno”<br />
Il Messaggero, 09.08.2007<br />
****************************<br />
“Siamo in guerra, i gommoni degli<br />
immigrati devono essere affondati a<br />
colpi di bazooka. Occorre puntare ad<br />
altezza uomo”<br />
“Tutte le sparate del pro sindaco”,<br />
Il Messaggero, 09.08.2007<br />
****************************<br />
“Ho dato disposizioni alla coman‐<br />
dante dei vigili urbani affinché faccia<br />
pulizia etnica dei culattoni... Qui a<br />
Treviso non cʹè nessuna possibilità<br />
per culattoni e simili”<br />
La Repubblica, 09.08.2007<br />
****************************<br />
“Io non ho nulla contro i gay, le pro‐<br />
stitute, le lesbiche: ognuno è arbitro<br />
del proprio corpo. Non tollero però<br />
che queste esibizioni amorose, o al‐<br />
tro, avvengano nella provincia di<br />
Treviso. Pulizia etnica quindi signifi‐<br />
ca tabula rasa”<br />
L’Unità, 09.08.2007
BOTTA & RISPOSTA<br />
«Il paese delle “assurde” meraviglie»<br />
Dopo la nostra inchiesta sul “Ku Klux Klan Italia”, una replica<br />
piccata degli “Ufficiali del Reame” pubblicata sul loro blog<br />
tenta di smentire quanto scritto sulla nostra rivista<br />
are dellʹAmore verso Dio, la Cristianità<br />
e lʹOccidente il proprio primo principio<br />
di vita sembra essere per alcuni<br />
ʺIstigare alla Guerra Santaʺ.<br />
Così sembra pensarla tale ʺL. B.ʺ, gestore del<br />
sito/blog ʺ<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>ʺ, che in un suo re‐<br />
cente articolo dalle esilaranti finiture inerente<br />
al Reame dʹItalia della White Legion Knights<br />
of the Ku Klux<br />
Klan, ha espressa‐<br />
mente istigato alla<br />
repressione immoti‐<br />
vata (In puro stile<br />
STATO DI POLI‐<br />
ZIA) di tutti coloro<br />
a lui non congeniali<br />
per Fede o veduta<br />
politica.<br />
Ebbene si, perchè il<br />
confuso articolo in<br />
q u e s t i o n e<br />
(Evidentemente<br />
costruito sulla base di va‐<br />
sta ignoranza in materia), è un minestrone di<br />
interpretazioni personali, un mix esplosivo in<br />
cui vengono tirati in causa persone del tutto<br />
estranee al Klan (Spesso da lui definiti<br />
ʺMEMBRIʺ nel corso del travagliato testo),<br />
persone addirittura a noi avverse in quanto<br />
sostenitori del più criminale fondamentali‐<br />
smo islamico e altre che hanno sfoggiato una<br />
discreta conoscenza della natura evolutiva<br />
del KKK ma ancora non del tutto sufficiente.<br />
Tutte persone ʺpescateʺ e spiate in puro stile<br />
ʺJames Bondʺ da Blog in giro per la rete.<br />
La lettura del suddetto articolo (che ci è stato<br />
prontamente segnalato) si è rivelata una vera<br />
e propria gita in un mondo fantastico e irrea‐<br />
le dove i passi della Sacra Bibbia vengono<br />
costantemente tacciati di criminosità e razzi‐<br />
smo, dove lʹessere Cristiani devoti significa<br />
essere politicanti estremisti, dove il Klan è<br />
divenuto ANTISICILIANO (Sebbene qualche<br />
meridionale lo abbiamo pure) dove compiere<br />
errori di scrittura (del tutto normali per chi<br />
scrive ore e ore sul web) sono sintomo di<br />
velato analfabetismo, dove amare la propria<br />
religione, le Proprie Tradizioni e la propria<br />
Gente significa mirare allo<br />
sterminio indiscriminato delle altre razze e<br />
popoli, dove magari postare articoli di crona‐<br />
ca nera è sintomo di odio e non dʹinformazio‐<br />
ne benevola.<br />
E lì, sovrastante una montagna di fantastiche‐<br />
rie farcite da un apparente intellettualismo,<br />
ecco il sommo sovrano ʺL.B.ʺ regnare<br />
ʺsputandoʺ sentenze unidirezionali, condan‐<br />
nando pensieri e persone ed esigendone la<br />
repressione ingiustificata.<br />
Ma non finisce lì!<br />
Eh, già! Poichè sembra che il nostro dotto<br />
oratore sia giudice non solo delle genti, ma<br />
anche delle FEDI. Egli infatti dichiara indiret‐<br />
tamente di essere in possesso delle ʺVERITAʹ<br />
DELLA BIBBIAʺ tacciando di fasullità e di‐<br />
storsione le ʺLettureʺ a lui non congeniali.<br />
(Anche se non è<br />
ben chiaro quale<br />
secondo lui sia<br />
lʹinterpretazione<br />
dottrinale Cristia‐<br />
na corretta).<br />
E ora con sommo<br />
dispiacere e scon‐<br />
volgimento per<br />
tutti i credenti nel<br />
ʺVecchio Testa‐<br />
mentoʺ (Cristiani<br />
e non) precisiamo che il ʺnostro<br />
incontestabile autoreʺ ha espressamente<br />
dichiarato che il Deuteronomio e la Genesi<br />
sono da considerarsi intrisi di Passi MALVA‐<br />
GI e quindi da sopprimere…<br />
a quanto pare ʺL.B. DEVE AVERE SEMPRE<br />
RAGIONEʺ (Convinto lui...)…<br />
Ebbene noi non obblighiamo certo il signore<br />
in questione ad approvare, condividere o<br />
sostenere la nostra Chiesa ma per il rispetto<br />
del Credo dellʹintera Cristianità lo preghiamo<br />
di rivolgere le sue critiche/offese altrove e<br />
non alle Sacre Scritture.<br />
Gli Ufficiali di Reame<br />
________________________________________<br />
ari “Ufficiali di Reame”,<br />
se aveste davvero letto l’inchiesta<br />
pubblicata sullo scorso numero di<br />
“<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”, vi sareste risparmiati que‐<br />
sta figuraccia. Va bene cercare di “smontare”<br />
un articolo, ma addirittura stravolgere quan‐<br />
to di più palese ci possa essere (cioè quello<br />
che è stato scritto), ha il sapore della presa<br />
per i fondelli. Per questo, non ha senso cor‐<br />
reggere punto per punto la Vostra presa di<br />
posizione ufficiale. Quanto alle offese gratui‐<br />
te rivolte alla mia persona, lascio ai lettori<br />
giudicare.<br />
Per inciso, non sono il “gestore” di “<strong>Acido</strong><br />
<strong>Politico</strong>”, ma uno dei quasi cinquanta ragaz‐<br />
zi che si impegnano a realizzare questo pro‐<br />
getto editoriale. Anche questa piccola, quanto<br />
significativa imprecisione dimostra che la<br />
Vostra attenzione è stata prossima allo zero.<br />
Leonard Berberi<br />
PROMEMORIA<br />
gni volta che devo parlare<br />
della vicenda Europa 7 lo<br />
faccio con un misto di<br />
sentimenti che oscillano tra la rab‐<br />
bia e la tristezza. In un paese nor‐<br />
male una vicenda come quella di<br />
cui vi esorterò ad informarvi a‐<br />
vrebbe suscitato lo scalpore e l’in‐<br />
dignazione di un gran numero di<br />
cittadini ma in Italia ciò non avvie‐<br />
ne ed il tutto passa, come altri ac‐<br />
cadimenti altrettanto stucchevoli,<br />
in maniera completamente natura‐<br />
le in un silenzio assordante. Non è<br />
mia intenzione indagare in questa<br />
pagina i motivi per i quali si arriva<br />
ad una situazione del genere, an‐<br />
che perché molto probabilmente<br />
non basterebbero neanche tutte le<br />
pagine di questo giornale. Ed inol‐<br />
tre più ne parlo e più mi irrito.<br />
La voce “Europa 7” di Wikipedia<br />
spiega perfettamente, in maniera<br />
chiara e ordinata, il susseguirsi di<br />
fatti di cui si costruisce questa vi‐<br />
cenda, che tutti dovrebbero sapere<br />
ma che purtroppo pochi conosco‐<br />
no.<br />
Vi esorto a leggere quella voce di<br />
wikipedia, così come vi invito a<br />
digitare su Youtube sempre<br />
“Europa 7” e a vedere l’intervista a<br />
Di Stefano. Non penso di poter<br />
aggiungere nulla di più di quello<br />
che potete trovare in queste due<br />
straordinarie fonti d’informazione<br />
che la tecnologia ci sta donando e<br />
che stridono in positivo in con‐<br />
fronto all’appiattimento omologa‐<br />
to e manipolato dell’informazione<br />
televisiva e del panorama giornali‐<br />
stico (tranne alcuni rari casi) italia‐<br />
no.<br />
Per tutelare l’informazione gover‐<br />
nativa e controllata si va contro<br />
una sentenza della Corte Costitu‐<br />
zionale (sentenza 466/2002), contro<br />
la legge italiana (art. 3, comma 6 e<br />
7, della legge 31/07/97, n. 249 ;<br />
Decr.Min. del 28/07/99), contro il<br />
Consiglio d’Europa (risoluzione<br />
Giugno 2004).<br />
In attesa di una sentenza della<br />
Corte Giustizia Europea Europa 7<br />
continua a rimanere non operati‐<br />
va, ormai da più di otto anni. Una<br />
scelta bi‐partisan e largamente<br />
condivisa che, anche se illegale,<br />
non può non mettere tutti d’accor‐<br />
do, o sbaglio?<br />
Antonio Bisignano
E<br />
INCISO<br />
’ invisibile, come l’altra faccia della luna.<br />
Si chiama ‘Ndrangheta e rappresenta la<br />
criminalità organizzata calabrese: una tra<br />
le più forti e pericolose organizzazioni criminali<br />
del mondo. Secondo le forze dell’ordine in Calabria<br />
sono attualmente operanti 150 clan locali<br />
che affiliano circa 6000 mafiosi.<br />
La mafia calabrese ha un potere enorme, in<br />
molte zone d’Italia ha ormai raggiunto un controllo<br />
considerevole, è praticamente ovunque:<br />
dalla Valle d’Aosta al litorale laziale, dal Veneto<br />
al Piemonte.<br />
E nella ricca Lombardia? L’hinterland milanese<br />
è il paradiso degli affari: non c’è solo il traffico<br />
di cocaina, ma anche costruzioni, negozi, discoteche.<br />
Sta crescendo una nuova generazione<br />
della mafia che cambia stile per diventare più<br />
forte. A Buccinasco (la Platì del Nord) si preferisce<br />
far finta di niente, eppure solo pochi anni fa<br />
l’ex sindaco Maurizio Carbonera riceveva diversi<br />
atti intimidatori.<br />
La ‘ndrangheta, però, non la troviamo solo in<br />
Italia, è presente o traffica in oltre 40 paesi del<br />
mondo, soprattutto in Australia, Canada e Germania.<br />
Molteplici sono i suoi interessi: appalti edilizi,<br />
estorsioni, sfruttamento della prostituzione,<br />
tangenti, riciclaggio di denaro, smaltimento di<br />
rifiuti tossici, traffico di armi e di droga.<br />
Nel 2004 si stima che la ‘ndrangheta abbia guadagnato<br />
solo dal traffico di droga 22 miliardi e<br />
340 milioni di euro e la fonte principale di tali<br />
guadagni è senza dubbio la cocaina: è il petrolio<br />
bianco il vero miracolo del capitalismo moderno,<br />
una gigantesca ragnatela mondiale gestita<br />
assieme alla camorra. Nel traffico delle<br />
armi il guadagno è di 2 miliardi e 353 milioni di<br />
euro, mentre 4 100 milioni di euro è il giro d’affari<br />
nell’usura. Questa ovviamente è solo una<br />
parte dei suoi guadagni: secondo dati Eurispes<br />
la ‘ndrangheta nel 2004 ha avuto un giro d’affari<br />
stimato di 36 miliardi di euro.<br />
In Italia si può parlare di mafia in maniera<br />
spettacolare, cinematografica, ma quando si<br />
dice qualcosa di pesante per l’opinione pubblica<br />
c’è un rifiuto totale. Sono diverse le zone del<br />
meridione soggette a situazioni disperate<br />
(come Reggio Calabria), ma tutto ciò non attira<br />
attenzione perché non ci sono stragi, non ci<br />
sono morti. Non ci sono stragi perché ormai<br />
non c’è più bisogno di sparare e tale è il controllo<br />
che non c’è bisogno di ammazzare.<br />
In Calabria hanno smesso di sparare perché<br />
hanno vinto. Esiste un’emergenza mafiosa solo<br />
di fronte alla visibilità del fenomeno e, nella<br />
normalità della pax mafiosa, l’indifferenza degli<br />
organi d’informazione è totale, l’indifferenza<br />
dell’opinione pubblica segue. Il potere dell’informazione<br />
è notevole: loro vogliono proprio il<br />
silenzio, vogliono che questa situazione non<br />
arrivi a livello nazionale, perché se non arriva a<br />
diventare un problema nazionale il controllo del<br />
territorio, per loro, è garantito.<br />
Quanti servizi avete visto in televisione o avete<br />
letto sui giornali (a parte l’eccezione dell’inchiesta<br />
di Curzio Maltese su Repubblica e pochi<br />
altri) sulla ‘ndrangheta in Calabria? Perché tutto<br />
questo silenzio dei media? Perché si preferisce<br />
parlar d’altro quando abbiamo la più grave emergenza<br />
per l’intero paese? E lo Stato? Per il<br />
momento si preferisce togliere l’inchiesta al pm<br />
De Magistris che indagava su collusioni tra mafia,<br />
politica e altri poteri occulti.<br />
Lo stato può (e deve) combattere la mafia, ha<br />
tutti gli strumenti necessari per farlo. Ma siamo<br />
sicuri che lo stia facendo?<br />
Matteo Forciniti<br />
MILANO ‐ Alla parola islam vengo‐<br />
no associate tante immagini: violen‐<br />
za, intolleranza, arretratezza, l’immo‐<br />
bilismo sociale di una religione che<br />
per molti ha solo il volto dell’inte‐<br />
gralismo alla Bin Laden.<br />
Ma non c’è solo questo. I venti di<br />
modernità soffiano anche in questo<br />
mondo in apparenza solo retrogrado.<br />
Dalla fine del XIX secolo, in tutte le<br />
regioni del mondo islamico, emerge<br />
l’esistenza di una questione femmini‐<br />
le e i riformisti individuano nell’ade‐<br />
guamento della condizione giuridica<br />
della donna la sfida cruciale.<br />
La questione della donna mussulma‐<br />
na è diversa da quella<br />
della donna in genere. I<br />
modernisti sanno che si<br />
scontrano con un mon‐<br />
do dove l’inferiorità<br />
femminile è sacralizza‐<br />
ta. Il Corano stabilisce<br />
“gli uomini sono prepo‐<br />
sti alle donne, perché<br />
Dio ha prescelto alcuni<br />
esseri su gli altri e per‐<br />
ché essi donano dei loro<br />
beni per mantenerle”.<br />
Dio consacra la donna<br />
a questa condizione di “eterna mino‐<br />
renne” tenuta all’obbedienza al mari‐<br />
to, priva di diritto di divorzio, espo‐<br />
sta al ripudio, tenuta ad accettare la<br />
poligamia come strumento di prote‐<br />
zione femminile. Su di lei si fonda<br />
l’onore e anche il disonore dei paren‐<br />
ti maschi.<br />
La sua virtù è la sua castità, segno<br />
ambivalente di distinzione e rispetto<br />
quanto di segregazione e oppressio‐<br />
ne. In Marocco il movimento femmi‐<br />
nile dal 1980 chiede la riforma del<br />
codice dello statuto personale la Mu‐<br />
dawwana fondato sulla Shari’a.<br />
Union de l’Action femminine riven‐<br />
dica uguaglianza tra coniugi, la pos‐<br />
sibilità per la donna maggiorenne di<br />
sposarsi senza ricorrere al tutore ma‐<br />
trimoniale, pari diritti e doveri per i<br />
coniugi, diritto di divorzio, abolizio‐<br />
ne della poligamia, diritto di tutela<br />
sui propri figli e considerare lavoro e<br />
studio diritti inalienabili per le don‐<br />
SOCIETA’<br />
Venti di modernità<br />
soffiano sull’Islam<br />
La questione femminile viene posta al centro<br />
del dibattito riformista dai musulmani<br />
di Stefania Carusi<br />
ne. Sono gli anni novanta e la revisio‐<br />
ne della Mudawwana è sempre più<br />
necessaria all’interno di in Paese che<br />
cerca di affermare una democrazia,<br />
inattuabile la dove la metà della po‐<br />
polazione è in condizione di evidente<br />
inferiorità. Le femministe marocchine<br />
raccolgono una petizione di otre un<br />
milione di firme provocando la vio‐<br />
lenta reazione degli islamisti che le<br />
accusano di andare contro la lettera<br />
dell’islam. La riforma del 93 è insod‐<br />
disfacente.<br />
Le donne marocchine comprendono<br />
che questa battaglia non può combat‐<br />
tersi lontano dal terreno religioso ma<br />
continuano a lottare. Nel 95 alla IV<br />
conferenza Mondiale delle nazioni<br />
Unite sulla donna il<br />
movimento trova nuovi<br />
slanci. Si crea un cordi‐<br />
namento transnazionale<br />
tra i vari movimenti<br />
femminili del Maghreb.<br />
Viene proposto un nuo‐<br />
vo Codice di famiglia.<br />
Molti sono i sostegni<br />
internazionali e in Ma‐<br />
rocco nel 98 sale al pote‐<br />
re il blocco democratico<br />
e il re Mohammed VI.<br />
Viene presentato un<br />
progetto di legge per L’integrazione<br />
femminile. Immediata la reazione<br />
degli islamisti. Il conflitto si sposta<br />
nelle piazze di Rabat e <strong>Casa</strong>blanca<br />
80.0000 modernisti contro 500.000<br />
islamisti. Il progetto di legge passa<br />
nelle mani del re l 8 marzo 2001. La<br />
riforma si conclude nel 10 ottobre<br />
del 2003 secondo un interpretazione<br />
evolutiva dei testi sacri è conforme<br />
all’islam, viene emanata 2004. la<br />
vittoria e un traguardo che è solo<br />
l’inizio.<br />
Una legge non può scardinare le con‐<br />
vinzioni di una società ancora gelosa‐<br />
mente attaccata ad una tradizione<br />
religiosa lenta nell’evolvere. La legge<br />
votata secondo principi democratici<br />
tesa verso un orizzonte maggiormen‐<br />
te laico è il risultato di un mondo<br />
femminile deciso a svestire i veli del‐<br />
l’oppressione.<br />
www.acidopolitico.com
UNITED STATES<br />
DES MOINES — The Democratic and<br />
Republican presidential candidates<br />
are navigating a far different set of<br />
issues as they approach the Iowa<br />
caucuses on Thursday than when<br />
they first started campaigning here a<br />
year ago, and that is likely to change<br />
even more as the campaigns move<br />
to New Hampshire and across the<br />
country.<br />
Even though polls show that Iowa<br />
Democrats still consider the war in<br />
Iraq the top issue facing the country,<br />
the war is becoming a less defining<br />
issue among Democrats nationally,<br />
and it has moved to the back of the<br />
stage in the rush of campaign rallies,<br />
town hall meetings and speeches<br />
that are bringing the caucus competition<br />
to an end. Instead, candidates<br />
are being asked about, and are increasingly<br />
talking about, the mortgage<br />
crisis, rising gas costs, health<br />
care, immigration, the environment<br />
and taxes.<br />
The shift suggests that economic<br />
anxiety may be at least matching<br />
national security as a factor driving<br />
the 2008 presidential contest as the<br />
voting begins.<br />
The campaigns are moving to recalibrate<br />
what they are saying amid<br />
signs of this changing backdrop; gone<br />
are the days when debates and<br />
television advertisements were filled<br />
with references to Iraq.<br />
Senator Hillary Rodham Clinton of<br />
New York recently produced a television<br />
advertisement that attacked the<br />
Bush administration for failing to<br />
deal with “America’s housing crisis.”<br />
Mitt Romney, the Massachusetts Republican,<br />
has begun talking about<br />
expanding health care coverage, an<br />
issue of particular concern in New<br />
Hampshire.<br />
“People say that health care is a Democratic<br />
issue,” he said. “Baloney.”<br />
John Edwards of North Carolina has<br />
a ready answer when asked about<br />
immigration at rallies here — a subject<br />
that rarely if ever came up at<br />
Democratic gatherings a year ago.<br />
He drew cheers at a New Year’s Day<br />
rally in Ames when he said that while<br />
he would support a path to citizenship<br />
for illegal immigrants, he<br />
would insist that none could become<br />
naturalized “until they learned to<br />
speak English.”<br />
Part of the shift appears to stem<br />
from the reduction in violence in Iraq<br />
after President Bush’s decision to<br />
send more troops there last year.<br />
Mrs. Clinton, who once faced intense<br />
opposition from her party’s left over<br />
her vote to authorize the war, now is<br />
NEW YORK TIMES<br />
Domestic issues now<br />
outweigh Iraq<br />
rarely pressed on it, though Democrats<br />
say it continues be a drag on<br />
her in this state. Senator John<br />
McCain, a strong proponent of increased<br />
troop levels, is off of the defensive<br />
and now positions himself as<br />
having been prescient about what<br />
would work to quell the violence.<br />
“You see much more concern about<br />
the economy,” said Mark Penn, Mrs.<br />
Clinton’s chief strategist. “You see<br />
much more concern about health<br />
care. When we started it was principally<br />
concern about the war, and<br />
now it’s a mix of war, the economy<br />
and health care.”<br />
Alex Castellanos, a senior strategist<br />
for Mr. Romney, said much the same<br />
thing was happening on the Republican<br />
side and suggested that it may<br />
have contributed to the success of<br />
Mike Huckabee, the Republican former<br />
governor of Arkansas.<br />
“As concern in the economy grows,<br />
you’ve seen in both parties this populist<br />
strain of appealing to voters,”<br />
Mr. Castellanos said.<br />
The shift in emphasis is also a reflection<br />
of the fact that New Hampshire<br />
is, politically, a very different place<br />
from Iowa, especially for Republicans.<br />
A central part of the Republican<br />
appeal here has been to social<br />
conservatives on issues like abortion<br />
and same-sex marriage; they have<br />
far less sway in New Hampshire.<br />
In that state, where the primary is<br />
held Jan. 8, Mr. McCain, Mr. Romney<br />
and Mrs. Clinton have begun<br />
broadcasting advertisements that<br />
talk about cutting taxes and reducing<br />
government spending. Both<br />
those issues have historically proved<br />
to have great resonance with New<br />
Hampshire voters, and particularly<br />
with independents who are allowed<br />
to vote in either primary.<br />
This is not to suggest that Iraq is no<br />
longer a pressing issue for many<br />
voters. Senator Barack Obama<br />
points to his unwavering opposition<br />
to the war in a television advertisement<br />
being broadcast in the final<br />
hours here, and Mr. McCain is pointing<br />
to his early advocacy of increasing<br />
troop levels in Iraq as evidence<br />
that he had more national security<br />
credentials than Mr. Romney.<br />
What has changed, though, is that<br />
the war in Iraq is far from the only<br />
issue driving this election, the result<br />
of the decline in carnage there and<br />
daily reports that the nation’s economy<br />
might be in trouble.<br />
“I still think the war is a real important<br />
issue,” said David Axelrod, a<br />
senior strategist for Mr. Obama. “But<br />
the sense of economic insecurity has<br />
grown and pushed those other issues<br />
up on the list of concerns.”<br />
That has become increasingly evident<br />
in what the candidates are hearing<br />
from voters. Mrs. Clinton and<br />
Mr. Obama were pressed on Social<br />
Security, gaps in Medicare coverage,<br />
the economic threat to middle class<br />
from the alternative minimum tax<br />
and rising energy costs. All the candidates<br />
are hearing, at virtually every<br />
stop, questions about immigration<br />
and trade deals.<br />
And it was increasingly evident in<br />
what the candidates were choosing<br />
to say at a time when they were enjoying<br />
as big as a stage as they will<br />
during this caucus season. In his<br />
speeches, Mr. Obama is spending<br />
less time speaking about the war<br />
than he once did, instead talking<br />
about a “retirement system that is in<br />
tatters,” and the loss of jobs to Mexico.<br />
Mr. McCain talked about Iraq<br />
and Pakistan, but moved to on to<br />
talk about education, health care<br />
and global warming.<br />
“There are a number of challenges<br />
facing us domestically,” Mr. McCain<br />
said Wednesday in Londonderry,<br />
N.H.<br />
Mrs. Clinton is devoting a long portion<br />
of her closing speech to health<br />
care. Mr. Huckabee’s closing stump<br />
speech is devoted to economic anxiety,<br />
as he criticizes Wall Street and<br />
hedge funds managers and says that<br />
the wealthy cannot understand the<br />
concerns of everyday people.<br />
And Mr. Edwards on Wednesday seized<br />
on the news that oil prices had<br />
reached $100 a barrel to reprise the<br />
populist message that long ago eclipsed<br />
the war as the central thrust<br />
of the campaign. “Today’s report<br />
that the price of oil has reached<br />
$100 a barrel is just another example<br />
of how corporate greed is squeezing<br />
the middle class,” he said.<br />
Adam Nagourney
10 years later,<br />
Chiapas<br />
massacre still<br />
haunts Mexico<br />
by Marc Lacey<br />
ACTEAL, Mexico — It was 10<br />
years ago that gunmen crept down<br />
the hillside into the center of this<br />
impoverished Indian village in<br />
Chiapas State. By the time they fled<br />
hours later, the attackers had lit‐<br />
tered the ground with bullet cas‐<br />
ings and killed 45 innocent people,<br />
including 21 women and 15 chil‐<br />
dren.<br />
Since the Acteal massacre, on Dec.<br />
22, 1997, dozens of people have<br />
been arrested and convicted. But<br />
the case remains as foggy as the<br />
community, which is so high in the<br />
hills that clouds sometimes linger<br />
at ground level and the lush vege‐<br />
tation can disappear into the haze.<br />
Then‐President Ernesto Zedillo,<br />
reacting to international outrage<br />
over the killings, ordered an ag‐<br />
gressive investigation. What prose‐<br />
cutors found was ugly: While local<br />
government officials and police<br />
officers had not wielded the weap‐<br />
ons that day, they had allowed the<br />
slaughter to occur and tampered<br />
with the crime scene afterward.<br />
The killers had been members of<br />
the then‐ruling Institutional Revo‐<br />
lutionary Party, or PRI. The victims<br />
were Roman Catholic advocates<br />
from a group called Las Abejas, or<br />
The Bees, who sympathized with<br />
the Zapatista rebels who were in<br />
open revolt in Chiapas.<br />
All involved were poor Tzotzil<br />
Indians, many of them related.<br />
A decade after the massacre, the<br />
Tzotzil live side by side but divi‐<br />
ded. In one group, the one that<br />
backs the PRI, many of the men<br />
have been sent to prison for the<br />
killings. The others, from the Abe‐<br />
jas group, who live down the road,<br />
insist that even more killers are at<br />
large.<br />
Meanwhile, Mexico’s courts strug‐<br />
gle to handle what has grown into<br />
one of the country’s longest and<br />
most complex cases. A dozen ju‐<br />
dges have been involved in the<br />
trials and, now, the appeals of their<br />
convictions.<br />
Articolo pubblicato sul “New York Times”<br />
Versione integrale sul sito nytimes.com<br />
INTERNATIONAL / INTERNACIONAL<br />
La justicia reconoce el<br />
derecho a la huelga de los<br />
“sin papeles”<br />
Julio M. Lázaro<br />
El Pleno del Tribunal Constitucional ha reconocido el<br />
derecho de huelga a los inmigrantes sin papeles que<br />
estén trabajando en España en situación irregular, incluso<br />
a pesar de que, al no estar autorizados a permanecer<br />
en España, tampoco están autorizados para trabajar. La<br />
aparente contradicción la salva el alto tribunal significando<br />
que el derecho de huelga es un derecho fundamental<br />
reconocido a los trabajadores "en defensa de sus<br />
intereses", entre los que puede estar "el de la regularidad<br />
de su situación administrativa, pese a la irregularidad<br />
de la misma".<br />
La sentencia recuerda que el derecho de huelga de los<br />
trabajadores para la defensa de sus intereses es un derecho<br />
fundamental reconocido en el artículo 28.2 de la<br />
Constitución, el cual no realiza distinción alguna en<br />
cuanto a los sujetos titulares del derecho, por lo que se<br />
reconoce de manera general a todos ellos, independientemente<br />
de la legalidad o ilegalidad de su situación. El<br />
Tribunal argumenta que la carencia de la autorización<br />
para trabajar no invalida el contrato de trabajo respecto<br />
a los derechos del trabajador extranjero. Tales derechos<br />
se atribuyen a la persona sólo por el hecho de ser trabajador<br />
y, como tal, entre sus derechos básicos está el de<br />
huelga. Así, no es constitucionalmente admisible que se<br />
le prive de una protección para la defensa de sus intereses.<br />
En consecuencia, la sentencia declara inconstitucional<br />
del inciso "cuando estén autorizados a trabajar" del<br />
artículo 1.9 de la Ley de Extranjería. (EL PAIS)<br />
L’alcova triste<br />
di Giuliana Catalano<br />
Ognuno prende ciò di cui ha bisogno<br />
Lo scarnifica con indifferenza<br />
Ciascuno ignora l’altrui necessità<br />
Si nutre di un’altra carne<br />
di un altro alito<br />
di un altro umore.<br />
Si scalda<br />
In quel tiepido abbraccio<br />
Che lo trasporta in un altrove<br />
Ignoto all’altro,<br />
Che lo culla in una dimensione<br />
Dove quel calore<br />
Portava senso<br />
Bruciava sulla pelle<br />
Contorceva le budella<br />
Faceva salire le lacrime agli occhi<br />
Muoveva ogni cosa.<br />
La notte soleva portare con sé un canto, una danza<br />
Ora è immota e silenziosa.<br />
Solo gli occhi vagano confusi,<br />
l’animo appannato,<br />
al di là di questa stretta aliena,<br />
valicano la bugia.<br />
di Leonard Berberi<br />
i dice spesso che il gior‐<br />
nalismo anglosassone<br />
sia il migliore, anche se<br />
per alcuni (soprattutto italiani)<br />
non è così.<br />
Onestamente non ho mai<br />
capito il vero motivo, ma mi è<br />
bastato vedere un programma<br />
radiofonico della BBC il 31 Di‐<br />
cembre (trasmesso anche sulla<br />
tv BBC World) per arrivare alla<br />
conclusione che sì, il giornali‐<br />
smo anglosassone sia il miglio‐<br />
re. Non perché più professiona‐<br />
le, ma perché più “freddo”,<br />
meno patetico (qui nel senso di<br />
commuovente) e, soprattutto,<br />
con un punto di vista per nien‐<br />
te localistico e molto globale.<br />
Un’ora circa di dibattito su<br />
quanto successo nel 2007 e su‐<br />
gli scenari futuri che si poteva‐<br />
no presentare nell’anno appena<br />
iniziato con molti “punti caldi”<br />
quali il Kosovo, il Medio Orien‐<br />
te, l’Iraq, il Pakistan, la Cina, il<br />
Kenia, l’America Latina. Ma a<br />
parlare non erano politologi o<br />
professori, bensì gli stessi corri‐<br />
spondenti e giornalisti dell’e‐<br />
mittente all‐news britannica.<br />
Ne è venuto fuori un dibattito<br />
ampio, approfondito, con pa‐<br />
recchi risvolti interessanti. E,<br />
cosa che non succede mai da<br />
noi, un programma che ha vi‐<br />
sto spesso i giornalisti e<br />
“colleghi di banco” discutere e<br />
non concordare con le tesi degli<br />
altri.<br />
Inutile scrivere che non si è<br />
minimamente accennato al<br />
delitto di Perugia (dove è coin‐<br />
volta una ragazza britannica).<br />
Cosa che su quasi tutti i siti<br />
d’informazione nostrana, appa‐<br />
riva come una delle notizie più<br />
rilevanti dell’anno.<br />
Forse è questa la differenza<br />
tra giornalismo italiano e quel‐<br />
lo anglosassone: da noi domina<br />
ancora la mentalità provinciale.<br />
I britannici (ma anche gli ame‐<br />
ricani) hanno capito che il cen‐<br />
tro di oggi è il mondo, non il<br />
nostro quartiere.<br />
E’ l’unico modo per compren‐<br />
dere perché un minimo battito<br />
d’ali di farfalla sia in grado di<br />
provocare un uragano dall’al‐<br />
tra parte del mondo.
CINEMA<br />
visto da Marco Fontana<br />
«Haggis ha voluto portare<br />
alla luce uno dei lati più<br />
crudeli della guerra:<br />
il ritorno a <strong>casa</strong>»<br />
na ragazza russa muore dando<br />
U alla luce un figlio. Lʹostetrica,<br />
Anna, ne traduce il diario alla ricerca<br />
dei parenti cui dare in affido il bam‐<br />
bino. Scoprirà inquietanti rapporti<br />
con la mafia russa, giri di prostitu‐<br />
zione e criminalità che rapidamente<br />
la stringono in una pericolosa rete.<br />
David Cronenberg per la prima volta<br />
si allontana dal suo Canada per rac‐<br />
contare un film in cui, dopo “A hi‐<br />
story of violence”, torna a dirigere<br />
Viggo Mortensen.<br />
Un thriller che rispetta tutti i canoni<br />
del noir e racconta con incisività il<br />
peso che hanno le scelte sulla vita<br />
dell’uomo. La pellicola è costruita<br />
intorno a due elementi: l’ostetrica<br />
Naomi Watts e il figlio del boss Vin‐<br />
cet Cassel che deve accettare le leggi<br />
che la malavita gli impone pur an‐<br />
ank Deerfield (Tommy Lee Jo‐<br />
H nes), veterano del Vietnam ma‐<br />
niaco dellʹordine e patriota devoto,<br />
parte alle ricerca del figlio Mike, tor‐<br />
nato dallʹIraq da appena una settima‐<br />
na e misteriosamente scomparso.<br />
Grazie allʹaiuto dellʹispettore Emily<br />
Sanders (Charlize Theron) il cadave‐<br />
re del giovane soldato viene ritrova‐<br />
to in una zona militare, fatto brutal‐<br />
mente a pezzi e con segni visibili di<br />
bruciature. Man mano che la verità<br />
sul delitto viene a galla le convinzio‐<br />
ni etiche e morali del militare vengo‐<br />
no minate alla base.<br />
Dopo il successo e i due premi Oscar<br />
ottenuti con ʺCrashʺ, il regista cana‐<br />
dese Paul Haggis prova con un film<br />
di denuncia e ci riesce alla perfezio‐<br />
ne. Haggis ha voluto portare alla<br />
luce uno dei lati più crudeli della<br />
guerra: il ritorno a <strong>casa</strong>. Milioni di<br />
ragazzi vengono mandati al fronte<br />
ma sono molti meno quelli che ritor‐<br />
nano, e quasi tutti soffrono della co‐<br />
Nella valle di Elah<br />
siddetta PTSD, cioè sindrome da<br />
stress post traumatico.<br />
Il regista riesce bene ad evidenziare<br />
il fatto che quei ragazzi, plagiati dal<br />
regime e dalla disciplina militare,<br />
credono ciecamente in ciò che fanno.<br />
Ma quando si trovano davanti allʹor‐<br />
rore in loro scatta un meccanismo di<br />
difesa che li porta a confondere la<br />
realtà. Compiono atti atroci senza<br />
rendersene conto, non riescono più a<br />
distinguere il bene dal male, ciò che<br />
è divertente da ciò che è disumano.<br />
La storia della bibbia che riguarda il<br />
giovane Davide, mandato a combat‐<br />
tere il gigante Golia con solo una<br />
fionda (nella Valle di Elah appunto),<br />
per Haggis riassume lʹincoscienza<br />
dei governi che mandano tanti gio‐<br />
vani a combattere contro qualcosa di<br />
più grande di loro, qualcosa di in‐<br />
comprensibile e terribile, con la sola<br />
arma del patriottismo.<br />
Voto 8<br />
La promessa dell’assassino visto da Marco Fontana<br />
dando contro quelli che sarebbero i<br />
suoi veri ideali: amicizia, onore e<br />
rispetto. Tra i due fa da ponte, da<br />
legame, un bravissimo e enigmatico<br />
Viggo Mortensen. Al centro della<br />
riflessione di Cronenberg, come ac‐<br />
cadeva in A history of violence, la<br />
questione morale: il comportamento<br />
di un uomo nel momento in cui il<br />
suo mondo, quello malavitoso, si<br />
scontra con quello cosiddetto norma‐<br />
le.<br />
Film complesso, teso, e sostanzial‐<br />
mente bellissimo. Cronenberg firma<br />
un altro avvincente, ma non facile,<br />
film sull’incapacità di operare in un<br />
unico modo sulla propria vita e su<br />
quella degli altri.<br />
Voto 9<br />
«Film complesso, teso, sostanzialmente bellissimo»
DIO, PATRIA, FAMIGLIA<br />
Un militare accompagna<br />
Rachel Guy-Latham a vedere<br />
il corpo del marito, il<br />
sergente Thomas Lee Latham,<br />
23 anni, ucciso in<br />
uno scontro a Baghdad<br />
(ANTHONY SUAU - TIME MAGAZINE)<br />
SALVATE IL SOLDATO RYAN<br />
Soldati americani proteggono da un attacco<br />
un loro collega ferito a Qubah, Iraq, in<br />
attesa che arrivi l’elicottero di soccorso<br />
(YURI KOZYREV - NOOR)<br />
UN TRANQUILLO WEEK<br />
END DI PAURA<br />
Somali scappati dai combattimenti<br />
di Mogadisho, si rifugiano<br />
nel campo di Baletwayne,<br />
Somalia<br />
(MARCUS BLEADSDALE)
New York<br />
‐ è vietato tenere un gelato in tasca di domenica mentre si passeggia per le strade della capitale;<br />
‐ è vietato, ed è prevista una multa salatissima per chi non ottempera al precetto, addormentar‐<br />
si dal parrucchiere sotto il casco;<br />
‐ è legale attraversare la strada distrattamente ma non se lo si fa in diagonale;<br />
‐ è illegale trasportare bevande gassate;<br />
‐ è illegale sparare a una lepre da un tram;<br />
Stato di Washington<br />
‐ la legge vieta qualsiasi tipologia di maratona di ballo o maratona di saltello anche se la si pra‐<br />
tica scivolando, slittando, rotolando o strisciando;<br />
‐ è illegale prendere un pesce scagliandogli contro una pietra;<br />
‐ si può essere multati fino a 500 dollari per aver rimosso o deturpato lʹetichetta su un cuscino;<br />
‐ a Seattle è vietato portare unʹarma nascosta che superi i 180 centimetri di lunghezza<br />
‐ sempre a Seattle sono proibiti i lecca‐lecca;<br />
‐ è fatto obbligo ad un automobilista con intenzioni criminali di fermarsi ai confini della città e<br />
telefonare al capo della polizia per avvertirlo che sta entrando in città;<br />
‐ unʹautomobile guidata di notte deve essere preceduta per circa un centinaio di metri da un<br />
uomo con lanterna;<br />
Pennsylvania<br />
‐ I veicoli che viaggiano in strade di campagna di notte, devono lanciare un razzo ogni miglio,<br />
quindi aspettare dieci minuti perché la strada sia sgombra.<br />
‐ Se un autista vede un gruppo di cavalli, deve mettersi su un lato della strada e coprire la sua<br />
vettura con una coperta o uno strato di polvere che sia colorata per confondersi con il paesag‐<br />
gio.<br />
‐ Nel caso in cui un cavallo rifiuti di superare una vettura lungo la strada, il proprietario deve<br />
mettere la sua macchina da un lato ed occultarsi nei cespugli.<br />
‐ ad Hazelton la legge proibisce ad una persona di sorseggiare una bevanda gassata mentre tie‐<br />
ne discorsi a studenti in un auditorio scolastico;<br />
‐ una speciale ordinanza di pulizia vieta alle <strong>casa</strong>linghe di nascondere immondizia e polvere<br />
sotto i tappeti di unʹabitazione;<br />
‐ nessun uomo può acquistare alcolici senza il permesso scritto di sua moglie;<br />
‐ è illegale avere oltre 16 donne che abitano insieme in una <strong>casa</strong> perché ciò costituisce un bor‐<br />
dello... dʹaltra parte, fino a 120 uomini possono vivere insieme senza infrangere la legge;<br />
‐ una legge dello Stato proibisce di cantare nella vasca da bagno.<br />
PER COLLABORARE CON NOI CONTATTACI ALL’INDIRIZZO<br />
VISITA IL NOSTRO SITO WEB E PARTECIPA AL FORUM