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Casa dolce casa - Acido Politico

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ANNO III, NUMERO 19 - GENNAIO 2008<br />

Mensile universitario di politica, cultura e società


4<br />

Copertina<br />

<strong>Casa</strong><br />

<strong>dolce</strong> <strong>casa</strong><br />

di Flavio Bini<br />

9<br />

Università<br />

Nuove regole alle<br />

prossime lauree?<br />

di L.B.<br />

11<br />

Reportage<br />

Albania,<br />

anno zero<br />

dall’inviato Leonard Berberi<br />

16<br />

L’analisi<br />

La grande confusione<br />

elettorale<br />

di Antonio Bisignano<br />

18<br />

Dossier<br />

Le conseguenze<br />

sull’allargamento UE<br />

di Dario Luciano Merlo<br />

20<br />

Focus<br />

Colombia, il conflitto<br />

taciuto<br />

di Ana Victoria Arruabarrena<br />

22<br />

Russia<br />

Le elezioni farsa e il<br />

futuro della Russia<br />

di Debora Pignotti<br />

23<br />

Turchia<br />

Il GAP tra acqua e<br />

minoranze etniche<br />

di Claudia Robustelli<br />

26<br />

Commento<br />

Il regresso<br />

del progresso<br />

di Luca Fontana<br />

LE RUBRICHE<br />

1 Editoriale<br />

2 Scienze Politiche<br />

3 Numeri<br />

26 Pensieri & Parole<br />

30 International<br />

31 Sciuscià<br />

31 Parole in libertà<br />

32 Cinema<br />

Cartoline dall’Inferno<br />

Cazzario<br />

Comitato di Garanzia<br />

Un comitato costituito da docenti della Facoltà<br />

di Scienze Politiche si è assunto ‐ su richiesta<br />

della Direzione e della Redazione di “<strong>Acido</strong><br />

<strong>Politico</strong>” ‐ il compito di garantire la libertà e la<br />

correttezza sul piano legale del contenuto del<br />

periodico, senza peraltro interferire sui suoi<br />

orientamenti e contenuti e senza pertanto<br />

garantirne in alcun modo la bontà. Il comitato è<br />

composto dai prof. Antonella Besussi,<br />

Francesco Camilletti, Ada Gigli Marchetti,<br />

Marco Leonardi, Lucia Musselli, Michele<br />

Salvati e Pietro Ichino, il quale assume, ai fini<br />

della legge sulla stampa, la funzione di<br />

direttore responsabile.<br />

MENSILE UNIVERSITARIO<br />

DI POLITICA, CULTURA E SOCIETÀ<br />

DIRETTO DA<br />

FLAVIO BINI<br />

LEONARD BERBERI<br />

CAPOREDATTORE<br />

GABRIELE GIOVANNINI<br />

IN REDAZIONE<br />

ANA VICTORIA ARRUABARRENA<br />

DANIELA BALIN<br />

ANTONIO BISIGNANO<br />

ALESSANDRO CASOLI<br />

LUCA CERIANI<br />

BENEDETTA DE MARTE<br />

ARMANDO DITO<br />

LUCA FONTANA<br />

MARCO FONTANA<br />

JACOPO GANDIN<br />

GABRIELE GIOVANNINI<br />

DANIELE KESHK<br />

MARZIA LAZZARI<br />

DARIO LUCIANO MERLO<br />

CLAUDIA ROBUSTELLI<br />

FRANCESCO RUSSO<br />

COLLABORATORI<br />

MARCO ANDRIOLA<br />

MIRKO ANNUNZIATA<br />

DANILO APRIGLIANO<br />

LUCA SILVIO BATTELLO<br />

DANIELA BELLANI<br />

PIETRO BESOZZI<br />

MARCO BRUNA<br />

FRANCESCO CACCHIOLI<br />

ALESSANDRO CAPELLI<br />

STEFANIA CARUSI<br />

GIULIANA CATALANO<br />

ALESSANDRO CHIATTO<br />

SERGIO DEMONTE<br />

FILIPPO FACCO<br />

GIULIA LAURA FERRARI<br />

MATTEO FORCINITI<br />

ANDREA FUMAGALLI<br />

STEFANO GASPARRI<br />

CHIARA JACINI<br />

LORENZA MARGHERITA<br />

DEBORA PIGNOTTI<br />

MIRKO PIRALLA<br />

GILBERTO ROSSI<br />

LAURA TAVECCHIO<br />

IMPAGINAZIONE & GRAFICA<br />

LEONARD BERBERI<br />

VIGNETTE<br />

FLAMINIA SPARACINO<br />

CONTATTI<br />

redazione@acidopolitico.com<br />

SITO WEB<br />

www.acidopolitico.com<br />

WEBMASTER<br />

ALESSANDRO LEOZAPPA<br />

STAMPA<br />

“Zetagraf Snc”<br />

Via Pomezia, 12 - Milano<br />

Stampato con il contributo<br />

derivante dai fondi previsti dalla<br />

Legge n. 429 del 3 Agosto 1985<br />

Registrato al Tribunale di Milano,<br />

n. 713 del 21 novembre 2006<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

PIETRO ICHINO<br />

Numero chiuso il 4 gennaio 2008


a nostra Costituzione compie 60 anni. <strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong> vuole dedicare lo spazio in genere riserva‐<br />

to all’Editoriale per rendere omaggio ad un testo ancora urgente e di straordinaria modernità.<br />

La selezione degli articoli che segue non risponde ad un criterio di importanza, impossibile da<br />

sostenere, ma alla volontà di evidenziare i punti di maggiore attualità di un testo che deve rappresen‐<br />

tare sempre il punto di riferimento dell’agire politico e della convivenza civile.<br />

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul<br />

1 lavoro.<br />

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle<br />

forme e nei limiti della Costituzio‐<br />

ne.<br />

2 La<br />

Repubblica riconosce e<br />

garantisce i diritti inviola‐<br />

bili dell’uomo, sia come singolo<br />

sia nelle formazioni sociali ove<br />

si svolge la sua personalità, e ri‐<br />

chiede l’adempimento dei doveri<br />

inderogabili di solidarietà politica,<br />

economica e sociale.<br />

3 Tutti<br />

i cittadini hanno pari<br />

dignità sociale e sono eguali<br />

davanti alla legge, senza distin‐<br />

zione di sesso, di razza, di lin‐<br />

gua, di religione, di opinioni politiche, di<br />

condizioni personali e sociali.<br />

È compito della Repubblica rimuovere gli osta‐<br />

coli di ordine economico e sociale, che, limitando<br />

di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, im‐<br />

pediscono il pieno sviluppo della persona umana e<br />

l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’orga‐<br />

nizzazione politica, economica e sociale del Paese.<br />

4 La<br />

Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto<br />

al lavoro e promuove le condizioni che rendano<br />

effettivo questo diritto.<br />

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le pro‐<br />

prie possibilità e la propria scelta, un’attività o una<br />

funzione che concorra al progresso materiale o spiritua‐<br />

le della società.<br />

7 Lo<br />

11<br />

Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel<br />

proprio ordine, indipendenti e sovrani. (…)<br />

L’Italia ripudia la guerra come strumento di<br />

offesa alla libertà degli altri popoli e come mez‐<br />

zo di risoluzione delle controversie internazionali<br />

13<br />

18<br />

La libertà personale è inviolabile. (…)<br />

I cittadini hanno diritto di associarsi libera‐<br />

mente, senza autorizzazione, per fini che non<br />

sono vietati ai singoli dalla legge penale.<br />

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perse‐<br />

guono, anche indirettamente, scopi politici mediante<br />

organizzazioni di carattere militare.<br />

19<br />

Tutti hanno diritto di professare liberamente la<br />

propria fede religiosa in qualsiasi forma, indivi‐<br />

duale o associata, di farne propaganda e di esercitarne<br />

in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di<br />

riti contrari al buon costume.<br />

21<br />

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente<br />

il proprio pensiero con la parola, lo scritto e<br />

ogni altro mezzo di diffusione.<br />

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o<br />

censure. (…)<br />

27<br />

La responsabilità penale è personale.<br />

L’imputato non è considerato colpevole sino<br />

alla condanna definitiva. (…)<br />

29<br />

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia<br />

come società naturale fondata sul matrimonio.<br />

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giu‐<br />

ridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a<br />

garanzia dell’unità familiare.<br />

32<br />

La Repubblica tutela la salute come fondamen‐<br />

tale diritto dell’individuo e interesse della col‐<br />

lettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.<br />

34<br />

La scuola è aperta a tutti. (...)<br />

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,<br />

hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.<br />

36<br />

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione pro‐<br />

porzionata alla quantità e qualità del suo lavoro<br />

e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla fami‐<br />

glia un’esistenza libera e dignitosa.<br />

37<br />

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a pa‐<br />

rità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano<br />

al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consenti‐<br />

re l’adempimento della sua essenziale funzione fami‐<br />

liare e assicurare alla madre e al bambino una speciale<br />

adeguata protezione.<br />

42<br />

(...) La proprietà privata è riconosciuta e garan‐<br />

tita dalla legge, che ne determina i modi di ac‐<br />

quisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne<br />

la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.<br />

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbli‐<br />

53 che in ragione della loro capacità contributiva.<br />

Il sistema tributario è informato a criteri di progressivi‐<br />

tà.<br />

139<br />

La forma repubblicana non può essere og‐<br />

getto di revisione costituzionale.<br />

redazione@acidopolitico.com


SCIENZE POLITICHE<br />

Forse non tutti<br />

sanno che...<br />

i parla spesso delle<br />

scarse agevolazioni<br />

offerte agli studenti,<br />

con particolare riferimento<br />

alle iniziative culturali. E se<br />

invece queste possibilità ci<br />

fossero, soltanto celate nei<br />

meandri del sito<br />

www.unimi.it? E’ il caso<br />

del cinema per esempio. In<br />

pochi sanno infatti che l’U‐<br />

niversità ha stretto una<br />

convenzione con Spazioci‐<br />

nema (titolare di due Multi‐<br />

sala a Milano, Apollo e<br />

Anteo, e quattro a Monza<br />

per un totale di 17 sale) che<br />

consente l’accesso al cine‐<br />

ma a tariffe vantaggiose.<br />

Biglietto ridotto (5€ anziché<br />

7,50) per tutti gli spettacoli<br />

il lunedì e per lo spettacolo<br />

delle 22.30 dalla Domenica<br />

al giovedì. Inoltre sconto<br />

sull’acquisto della tessera<br />

AGIS‐Amici del cinema e<br />

molte alte altre agevolazio‐<br />

ni. Per maggiori informa‐<br />

zioni: http://www.unimi.it/<br />

c a t a l o g h i /<br />

divisione_economato/<br />

C o l l a b o r a z i o ‐<br />

ne_spaziocinema.pdf (F.B.)<br />

Inviate i vostri articoli e le<br />

vostre lettere all’indirizzo di<br />

posta elettronica:<br />

redazione@acidopolitico.com<br />

Tutti i testi pervenuti do‐<br />

vranno essere originali e fir‐<br />

mati. La direzione si riserva il<br />

diritto di apporre qualsiasi<br />

correzione o modifica, nonché<br />

la decisione finale in merito<br />

alla pubblicazione. Il contenu‐<br />

to del singolo articolo non<br />

definisce il pensiero di tutta la<br />

redazione.<br />

***<br />

COPYRIGHT Le condizioni<br />

di utilizzo di testi e immagini in<br />

questo numero, laddove è stato<br />

possibile, sono state concordate<br />

con gli autori. Se ciò non è stato<br />

possibile, l’editore si dichiara<br />

pronto a riconoscere un giusto<br />

compenso.<br />

www.acidopolitico.com<br />

MONDOBLOG<br />

ILANO ‐ «Solari cambia pusher»<br />

M scrive uno studente sul blog del<br />

professore di Organizzazione delle Risorse<br />

Umane presso la Facoltà di Scienze Politi‐<br />

che, Luca Solari (http://web.mac.com/<br />

luca_solari/Luca_Solari/Benvenuto.html). La<br />

frase è di uno studente in risposta ad un<br />

post del professore sugli attacchi che il<br />

responsabile dell’informatica di<br />

Facoltà, il prof. Stefano Iacus, ha<br />

ricevuto nei mesi di novembre e<br />

dicembre. La polemica è nata<br />

quando il sito web della nostra<br />

rivista ha rivelato che ‐ per l’enne‐<br />

sima volta ‐ sarebbero cambiate le<br />

regole presso il Polo di Calcolo, la<br />

struttura che consente di effettua‐<br />

re le stampe comprando solo una risma di<br />

carta: da due mesi il limite massimo di<br />

fogli stampabili è di 500 all’anno (con de‐<br />

roghe per chi si deve laureare).<br />

«Un episodio ha suscitato in me molta<br />

rabbia ‐ scrive il prof. Solari ‐, preoccupa‐<br />

zione e in fondo, anche se è una parola<br />

molto forte, disgusto ed è accaduto entro i<br />

confini della mia università. Vorrei che<br />

tutti lo conoscessero per reagire. Prima che<br />

sia troppo tardi. Un mio collega ed amico,<br />

Stefano Iacus che ha senza nessun vantag‐<br />

gio accettato di supportare la gestione del‐<br />

via conservatorio<br />

l’informatica di facoltà, è stato oggetto di<br />

un attacco personale molto grave a base di<br />

falsità evidenti e con uno stile che perso‐<br />

nalmente giudico terroristico da parte di<br />

un gruppuscolo di studenti che si permet‐<br />

tono di quando in quando, supportati da<br />

qualche giornalista compiacente e forse<br />

fiancheggiati da qualche quadro (nel senso<br />

anche inglese di squared...) di<br />

estrema sinistra anche di occupa‐<br />

re la Presidenza di Facoltà nell’in‐<br />

differenza di tutti (anche se, sempre<br />

sul sito di “<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”, ne è stata<br />

data informazione immediata, ndr).<br />

(…) Personalmente non sopporto<br />

più che questo possa essere tolle‐<br />

rato; a mio avviso aggredire ver‐<br />

balmente le persone senza elementi speci‐<br />

fici e con toni da brigatisti qualifica come<br />

brigatisti, perché le parole sono l’antica‐<br />

mera delle azioni. (…) Chiedo a chi ha il<br />

coraggio, di provare a contro‐organizzarsi<br />

e metterli chiaramente in minoranza. Lo<br />

stesso chiedo ai miei colleghi. Prima che<br />

sia troppo tardi...»<br />

Una sola domanda vorremmo fare, però,<br />

al prof. Solari: essendo noi di “<strong>Acido</strong><br />

<strong>Politico</strong>” gli unici a fare informazione su<br />

Scienze Politiche, chi sarebbe questo<br />

«giornalista compiacente»?<br />

IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (suddivisione per sesso)<br />

IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (suddivisione per origine)<br />

IMMATRICOLATI NELL’ANNO ACCADEMICO 2007‐2008 (voto di maturità)


PORTAFOGLIO<br />

Per l’anno che si è appena concluso, le<br />

regioni hanno stanziato delle somme con‐<br />

siderevoli per le spese di rappresentanza.<br />

Prima, in classifica, la seconda regione più<br />

piccola d’Italia, il Molise. Con 400mila<br />

euro ‐ stando ai bilanci preventivi pubbli‐<br />

cati dal quotidiano “Italia Oggi” ‐ la regio‐<br />

ne guidata dal forzista Michele Iiorio svet‐<br />

ta sopra tutte le altre.<br />

Seconda la Sardegna (357mila euro) segui‐<br />

ta dalla Toscana (332.500), Calabria<br />

(300mila), Campania (278.700), Valle D’A‐<br />

osta (200mila), Liguria (198mila), Basilica‐<br />

ta (165.800), Abruzzo (163mila), Friuli Ve‐<br />

nezia Giulia (155mila), Umbria (92.700),<br />

Trentino Alto Adige (90mila). Stona, in<br />

tutto questo, l’Emilia Romagna che ha<br />

stanziato “solo” 23mila euro.<br />

FREDDURE<br />

«Sempre più confusa la si‐<br />

tuazione delle intercettazio‐<br />

ni: ieri Berlusconi avrebbe<br />

telefonato ad Ancelotti per<br />

proporgli di ingaggiare, al<br />

posto di Dida, una certa Ele‐<br />

na Russo»<br />

www.gago.splinder.com<br />

COSA NE PENSATE?<br />

Tra poco verranno installati dei cancelli per<br />

impedire che i ragazzi possano sostare nel<br />

corridoio di fianco alle aule 10 e 11 e fumare,<br />

creando così fastidio durante le lezioni. Voi siete<br />

favorevoli o contrari?<br />

Il Preside, per evitare quanto successo in<br />

seguito ai festeggiamenti di laurea nel mese<br />

scorso (leggi l’articolo a pag. 9), propone di<br />

dividere il momento della discussione<br />

dell’elaborato finale (la bozza è solo per le lauree triennali) dal momento della<br />

proclamazione (che dovrebbe avvenire il sabato, per tutti i neo‐laureati). Cosa<br />

ne pensate?<br />

DITE LA VOSTRA SUL FORUM DEL NOSTRO SITO WEB<br />

ALTRAINFORMAZIONE<br />

AMERICA<br />

CANADA ‐ Tempi duri per gli immi‐<br />

grati che vogliono trasferirsi nella regio‐<br />

ne del Quebec. La cittadina di Hérou‐<br />

xville, realtà francofona e cattolica che<br />

non ha nessun residente di origine stra‐<br />

niera, ha deciso di imporre ai nuovi ar‐<br />

rivati un codice di condotta ‐ come ri‐<br />

porta un articolo del “New York Ti‐<br />

mes”. Tra i punti di questo codice, il<br />

divieto di indossare il velo per le donne<br />

(ad eccezione di Halloween), e della<br />

punizione corporale in pubblico.<br />

L’iniziativa ha dato il via ad un ampio<br />

dibattito (che dura ormai da un anno)<br />

tra comunità musulmana canadese e<br />

cittadini del Quebec. Tanto che il primo<br />

ministro della regione, Jean Charest, ha<br />

deciso di istituire una speciale commis‐<br />

sione (Commission on Accomodation Prac‐<br />

tices Related to Cultural Differences, nda)<br />

per redigere un rapporto. Il tutto si è<br />

trasformato, però, in una campagna xe‐<br />

nofoba da parte della destra estrema e<br />

dei male informati. Campagna che ha<br />

coinvolto anche i canadesi di cultura<br />

ebraica (sempre più oggetto di attacchi<br />

da parte dei razzisti). Sameer Zuberi,<br />

coordinatore dei diritti umani del<br />

“Consiglio canadese sui rapporti Ameri‐<br />

cano‐islamici” ha affermato che “le per‐<br />

sone sono oggi più divise di quanto lo<br />

fossero un anno fa, questo è fuori di‐<br />

scussione”.<br />

NUMERI<br />

7.368.000<br />

I giovani celibi e nubili<br />

(età 18‐34 anni) che vivo‐<br />

no insieme ad almeno un<br />

genitore (fonte: ISTAT)<br />

72,1<br />

La percentuale delle fa‐<br />

miglie italiane che abita<br />

in una <strong>casa</strong> di proprietà<br />

(fonte: ISTAT)<br />

82,3<br />

La percentuale delle fa‐<br />

miglie che possiede al‐<br />

meno un telefono cellu‐<br />

lare (fonte: ISTAT)<br />

22,7<br />

La percentuale della po‐<br />

polazione italiana supe‐<br />

riore ai 14 anni che affer‐<br />

ma di fumare (fonte: ISTAT)<br />

13,4<br />

Il numero medio giorna‐<br />

liero delle sigarette fu‐<br />

mate da un italiano<br />

(fonte: ISTAT)<br />

94,2<br />

La percentuale della po‐<br />

polazione italiana supe‐<br />

riore ai 3 anni che guarda<br />

la tv (fonte: ISTAT)<br />

33,1<br />

La percentuale della po‐<br />

polazione superiore ai 14<br />

anni che si informa di<br />

politica (fonte: ISTAT)<br />

www.acidopolitico.com / redazione@acidopolitico.com a cura di Leonard Berberi


Il comune mette in vendita<br />

centinaia di immobili di sua<br />

proprietà. Sedi di<br />

associazioni, appartamenti<br />

storici, negozi e uffici. Lo<br />

scopo: incassare tanto e<br />

subito. Nel frattempo, lo<br />

scandalo degli “affitti di<br />

lusso”<br />

di Flavio Bini<br />

ILANO ‐ Agenda fitta di impegni, questo me‐<br />

se, per il Comune di Milano. Si avvia la speri‐<br />

mentazione annuale dell’Ecopass, la grande<br />

scommessa politica del sindaco Moratti che dovrebbe<br />

portare, secondo le stime di palazzo Marino, ad una ridu‐<br />

zione del 10% della congestione nella zona centrale e del<br />

30% dell’inquinamento atmosferico. Facile prevedere che<br />

i riflettori della stampa saranno puntati sull’iniziativa, la<br />

prima di portata rilevante messa in atto sul territorio ita‐<br />

liano. Ecopass quindi, ma non solo. Il Comune infatti<br />

attende anche risposte importanti dalla Corte dei Conti<br />

in merito a questioni altrettanto delicate. La prima quella<br />

dei derivati finanziari che, dopo la messa in onda della<br />

puntata di Report nell’ottobre scorso, ha messo in allar‐<br />

me l’opposizione che ha segnalato, proprio a causa del‐<br />

l’utilizzo di questi strumenti finanziari, il rischio di pe‐<br />

santi indebitamenti con le banche. Sempre la Corte dei<br />

Conti, tuttavia, si dovrà esprimere su un’altra vicenda<br />

che ha visto chiamato in causa il sindaco nelle settimane<br />

passate: lo scandalo delle consulenze d’oro. L’ex ministro<br />

dell’istruzione è accu‐<br />

sata infatti di avere<br />

sostituito, all’indomani<br />

della vittoria elettorale,<br />

decine di dirigenti pub‐<br />

blici con uomini di fi‐<br />

ducia, molti dei quali<br />

candidati non eletti<br />

nelle liste dei partiti<br />

che la sostengono.<br />

All’ombra di tutto<br />

questo però, un’altra<br />

importante questione si<br />

presenta all’agenda<br />

comunale per il nuovo<br />

anno: il tema immobi‐<br />

liare.<br />

«Il 25 settembre la<br />

Giunta approva il<br />

Piano di<br />

valorizzazione degli<br />

immobili, attraverso<br />

il quale il Comune<br />

vende una grossa<br />

fetta del proprio<br />

patrimonio<br />

immobiliare»<br />

Nel numero di Aprile 2007 ci eravamo occupati dei<br />

rapporti tra privati e amministrazione comunale e di co‐<br />

me quest’ultima non si dimostrasse sempre in grado di<br />

difendere l’interesse pubblico di cui è rappresentante.<br />

I mesi di ottobre e novembre sono però stati segnati da<br />

una questione diversa, quella cioè degli immobili di pro‐<br />

prietà comunale, ed in particolare da due vicende che,<br />

seppur distinte, si sono sovente incrociate. Per compren‐<br />

dere tuttavia le ragioni di tale intersezione occorre ripar‐<br />

tire dal principio.<br />

Il 25 settembre la Giunta approva il Piano di valorizza‐<br />

zione degli immobili, attraverso il quale il Comune ven‐<br />

de una grossa fetta del proprio patrimonio immobiliare.<br />

Il provvedimento non interessa la cosiddetta edilizia resi‐<br />

denziale pubblica (ERP) dal momento che la legge ne<br />

vieta l’alienazione se non a determinate condizioni. Il<br />

patrimonio demaniale non è tuttavia composto soltanto<br />

da case popolari. Ci sono innanzitutto le abitazioni, circa<br />

1850 quelle gestite ancora dal comune. A queste si ag‐<br />

giungono gli immobili cosiddetti ad uso diverso come ne‐<br />

gozi e uffici ma anche magazzini e box; su questi ultimi<br />

però non esistono cifre ufficiali. Torniamo alle case. Nel<br />

corso delle amministrazioni passate molti di questi im‐<br />

mobili vengono concessi dal comune, proprietario, a pri‐


COPERTINA<br />

vati spesso con canoni di locazione, e<br />

quindi affitti, molto più bassi del prez‐<br />

zo di mercato. Fin qui tuttavia nulla di<br />

illecito: tra comune e affittuari viene<br />

siglato infatti un regolare contratto di<br />

locazione.<br />

La domanda però sorge spontanea:<br />

per quale motivo il Comune affitta per<br />

anni i propri immobili, alcuni anche in<br />

zone centrali se non centralissime, a<br />

prezzi quasi risibili? Non avrebbe forse<br />

tutto l’interesse di monetizzare al mas‐<br />

simo dagli affitti degli immobili di sua<br />

proprietà, dal momento che non si trat‐<br />

ta di case popolari ma di abitazioni o<br />

addirittura negozi nel pieno centro di<br />

Milano?<br />

La questione viene sollevata con sin‐<br />

golare tempestività a metà del mese di<br />

Ottobre, un occhio in particolare al ca‐<br />

lendario aiuta a comprendere meglio le<br />

tappe della vicenda.<br />

I primi giorni del mese scoppia la<br />

polemica attorno agli appartamenti di<br />

proprietà del Policlinico, altro ente pub‐<br />

blico dotato di un patrimonio immobi‐<br />

liare consistente. Grazie ai lasciti dei<br />

suoi ex pazienti e ad altre donazioni,<br />

esso può vantare, attraverso la fonda‐<br />

zione omonima, la proprietà di 1596<br />

abitazioni più altre 500 nell’hinterland.<br />

I quotidiani evidenziano come molti di<br />

questi immobili siano stati concessi in<br />

affitto a tariffe molto più basse del<br />

prezzo di mercato.<br />

Il Presidente della Fondazione, l’ex<br />

sindaco Carlo Tognoli, rispedisce al<br />

mittente tutte le critiche: «Abbiamo<br />

anche stipulato un accordo con il Co‐<br />

mune per riservare il 60 per cento delle<br />

«Il patrimonio<br />

demaniale non è<br />

tuttavia composto<br />

soltanto da case<br />

popolari. Ci sono<br />

innanzitutto le<br />

abitazioni, circa 1850<br />

quelle gestite ancora<br />

dal comune»<br />

abitazioni che si liberano ogni anno agli<br />

sfrattati. Le tariffe, in questo caso, sono<br />

agevolate». E conclude: «L´accordo è<br />

stato stipulato dal 2001. Se ci sono state<br />

in passato corsie preferenziali queste<br />

non esistono più da alcuni anni. Se è<br />

successo in passato non è una responsa‐<br />

bilità nostra».<br />

La polemica si spegne in fretta, anche<br />

perché c’è molta altra carne al fuoco che<br />

sta per essere servita. Il 5 ottobre infatti<br />

il Sindaco Letizia Moratti e l’assessore<br />

alla <strong>casa</strong> Gianni Verga chiedono di ef‐<br />

fettuare un audit interno sui criteri di<br />

assegnazione del patrimonio abitativo e<br />

non abitativo comunale e sulla gestione<br />

amministrativo‐contabile dei contratti.<br />

Quando si aprono i fascicoli relativi ai<br />

contratti di locazione, siglati nel corso<br />

degli anni dalle diverse amministrazio‐<br />

ni, scoppia lo scandalo Affittopoli.<br />

Sulle pagine dei quotidiani si molti‐<br />

plicano gli articoli in merito ai cosiddet‐<br />

ti “affitti di lusso”. 205 metri quadri in<br />

Piazza Duomo per soli 412 euro al me‐<br />

se, 342 per un appartamento in Via Ugo<br />

Foscolo, a due passi dalla Galleria.<br />

“Libero” e “Il Giornale” sono i primi a


parlarne, il 16 Ottobre. I dati, però, non<br />

sarebbero pubblici, ma accessibili sol‐<br />

tanto ai consiglieri comunali. Chiamia‐<br />

mo la divisione Demanio e Patrimonio,<br />

che a fronte della nostra richiesta di<br />

consultare gli stessi dati ci ribadisce<br />

quello che già sapevamo: non si tratta<br />

di documenti pubblici, per consultarli<br />

occorre una formale richiesta di accesso<br />

agli atti. Auguri, i tempi sono lunghissi‐<br />

mi.<br />

Se i dati non sono pubblici come han‐<br />

no fatto i giornali a pubblicarli? Sempli‐<br />

ce, sono stati passati sottobanco dai<br />

consiglieri, il mestiere più antico del<br />

mondo, e forse non il più illegittimo; il<br />

diritto di cronaca è anche questo. Ciò<br />

che importa è che il giorno dopo i dati<br />

sono di tutti, o meglio alcuni di questi,<br />

sempre gli stessi, pubblicati su Repub‐<br />

blica, Corriere, Leggo e decine di altri<br />

quotidiani.<br />

E’ il 17 Ottobre, e lo scandalo Affitto‐<br />

poli non poteva trovare giorno migliore<br />

per far parlare di sé. Il 17 Ottobre è an‐<br />

che il giorno infatti della convocazione<br />

del Consiglio Comunale per votare la<br />

delibera 121, quella relativa alla vendita<br />

del patrimonio immobiliare di proprie‐<br />

tà comunale, il Piano di valorizzazione<br />

approvato in Giunta a settembre. Set‐<br />

tantasei Lotti di natura mista. Il 30%<br />

del portafoglio in vendita è composto<br />

da unità residenziali occupate (circa<br />

550 alloggi), il 20% da immobili resi‐<br />

denziali liberi (220 unità), il 35% da<br />

immobili ad uso diversi (uffici, negozi e<br />

magazzini), la restante parte da box e<br />

autorimesse. Il tutto viene messo in<br />

vendita in blocco, attraverso la creazio‐<br />

«Ci sono anche edifici<br />

importanti come la sede<br />

dell’ANPI,<br />

l’Associazione<br />

Nazionale Partigiani<br />

d’Italia, che<br />

difficilmente potrà<br />

permettersi un affitto a<br />

prezzi di mercato a due<br />

passi dal centro»<br />

COPERTINA<br />

ne di un fondo di investimento. Lo sco‐<br />

po è quello di incassare dalla vendita in<br />

blocco degli immobili una cifra non<br />

inferiore a 240 milioni di euro e dispor‐<br />

re di una liquidità immediata( 120 mi‐<br />

lioni entreranno immediatamente nelle<br />

casse di Palazzo Marino) a scapito di<br />

una più efficace valorizzazione dei sin‐<br />

goli immobili. Sulla scelta di tale stru‐<br />

mento vengono avanzate alcune obie‐<br />

zioni.<br />

Nel corso di un’intervista il consiglie‐<br />

re comunale Basilio Rizzo (Lista Fo)<br />

afferma: «Contesto questo modo di o‐<br />

perare, perchè farà avvantaggiare qual‐<br />

che operatore finanziario che anticiperà<br />

i soldi al comune di Milano e dopo pen‐<br />

serà di riguadagnare sulla rivendita di<br />

questi alloggi. E il comune ‐ conclude<br />

Rizzo ‐ trarrà il vantaggio dalla vendita<br />

al dettaglio al massimo al 50% degli<br />

utili».<br />

Il Comune, dunque, vende. Ma che<br />

legame c’è tra il Piano di valorizzazio‐<br />

ne, vendita di immobili, e lo scandalo<br />

degli affitti che viene sapientemente<br />

fatto esplodere a ridosso della votazio‐<br />

ne della delibera in consiglio comuna‐


COPERTINA<br />

le? Poco in realtà, a parte il sospetto che<br />

le due vicende siano state fatte intrec‐<br />

ciare di proposito per giustificare, an‐<br />

che agli occhi dei cittadini, la vendita<br />

più consistente del patrimonio immobi‐<br />

liare che Milano ricordi in tempi recen‐<br />

ti. Come spiega Rizzo infatti: «Questa<br />

giunta ha fatto una cosa, peraltro meri‐<br />

toria, e cioè aprire questi archivi (degli<br />

“affitti di lusso” ndr) però l’ha fatto, e<br />

questo è lo scandalo nello scandalo, allo<br />

scopo di giustificare il fatto che doveva<br />

vendere».<br />

Una domanda, a questo punto, sorge<br />

spontanea: che cosa viene messo in<br />

vendita? Gli elenchi, questa volta pub‐<br />

blici, messi a disposizione del Comune<br />

evidenziano alcuni dati interessanti. Si<br />

tratta di edifici che rappresentano realtà<br />

molto diverse le une delle altre. Ci sono<br />

i palazzi di Via Lanzone, Via Pantano e<br />

Via Santa Sofia, edifici che già erano<br />

comparsi nella vicenda degli “affitti di<br />

lusso”.<br />

Ci sono anche edifici importanti come<br />

la sede dell’ANPI, l’Associazione Na‐<br />

zionale Partigiani d’Italia, che difficil‐<br />

mente potrà più permettersi un affitto a<br />

prezzi di mercato a due passi dal cen‐<br />

tro. C’è la <strong>casa</strong> di Via Morigi 8, storica<br />

<strong>casa</strong> autogestita a due passi dai resti<br />

romani di via Brisa e quella al numero 4<br />

di Piazza Santa Maria del Suffragio,<br />

dove alloggia anche una comunità di<br />

cingalesi.<br />

Ci sono sedi di associazioni, come<br />

Saman, in Via Ortica 19, impegnata per<br />

il recupero di tossicodipendenti, che<br />

non ha avuto la stessa fortuna toccata<br />

ad altre associazioni come i Lions, E‐<br />

mergency, l’Associazione Ornitologica<br />

(tutte concentrate nel palazzo di Via<br />

Bagutta 12) o partiti come Verdi (Via<br />

Fiamma), Lega (Piazza 24 Maggio) e<br />

UDC (Via Silvio Pellico) che hanno con‐<br />

servato le loro sedi con affitti equocano‐<br />

ne.<br />

Nella lunga lista di edifici interessati<br />

dalla delibera ci sono infine altri immo‐<br />

bili. Sono i palazzi di Corso XXII Mar‐<br />

zo, Via Cicco Simonetta e Via Cesaria‐<br />

no. Interi edifici restaurati a spese del<br />

Comune e lasciati completamente vuoti<br />

per anni, premurandosi anzi di pagare<br />

qualcuno per custodirli dalle occupa‐<br />

zioni abusive. Le occupazioni abusive,<br />

altra croce con cui il Comune deve con‐<br />

frontarsi.<br />

A Milano sono 2833 gli abusivi in case<br />

popolari e rappresentano il 6,3% di tutti<br />

gli inquilini in edilizia residenziale<br />

pubblica. Comunque la si pensi in meri‐<br />

to, lasciare interi palazzi vuoti non sem‐<br />

bra una strategia particolarmente bril‐<br />

lante, soprattutto alla luce delle 14.191<br />

famiglie che a Milano hanno fatto ri‐<br />

chiesta di un alloggio popolare, molte<br />

delle quali hanno disperato bisogno di<br />

una <strong>casa</strong>. 157 abitazioni sarebbero<br />

pronte anche nel grande edificio di<br />

Piazzale Dateo, la cui storia è ormai<br />

quasi parte della storia stessa della cit‐<br />

tà. L’edificio però non rientra nell’elen‐<br />

co degli immobili interessati dal Piano<br />

di valorizzazione.<br />

Il Comune, dopo aver perso la pro‐<br />

pria battaglia con il comitato inquilini<br />

che si era appellato al Consiglio di Sta‐<br />

to, ha dovuto accettare l’impossibilità<br />

di mettere in vendita un edificio che<br />

avrebbe fatto gola a non pochi specula‐<br />

tori. Il suo valore era stato stimato in‐<br />

fatti attorno ai 70 milioni di euro, poco<br />

più di un terzo del valore di tutti e set‐<br />

tantasei lotti messi in vendita dal Co‐<br />

mune a ottobre.<br />

Oggi vi alloggiano temporaneamente,<br />

in affitto, le 35 famiglie che hanno visto<br />

le proprie case distrutte dal disastro di<br />

Via Lomellina, le altre 122 abitazioni<br />

sono chiuse a chiave. Il Comune ha get‐<br />

tato la spugna ed il destino di questo<br />

palazzo è, nei piani dell’amministrazio‐<br />

ne, quello di farne una residenza per<br />

famiglie a reddito basso(sotto i 14 mila<br />

euro) e reddito medio‐basso( fino a 23<br />

mila), con affitti commisurati alle di‐<br />

sponibilità degli inquilini.<br />

E i 205 metri quadrati in Piazza Duo‐<br />

mo? Gli affitti stracciati in Galleria? Per<br />

il momento non si toccano, magari fra<br />

qualche anno arriverà anche il loro tur‐<br />

no.<br />

In molti si domandano tuttavia se di<br />

tutti questi immobili, patrimonio non<br />

degli amministratori comunali ma dei<br />

cittadini milanesi, non fosse il caso di<br />

mantenere la proprietà allineando gli<br />

affitti ai prezzi di mercato, o almeno<br />

commisurandoli alla disponibilità eco‐<br />

nomica degli inquilini.<br />

Dunque continuare ad affittare, ma al<br />

giusto prezzo, piuttosto che vendere e<br />

liberarsi per sempre dei propri immobi‐<br />

li. Il rischio di un’operazione come<br />

quella che si sta mettendo in atto è di<br />

scegliere in funzione di cosa fa guada‐<br />

gnare di più, subito.<br />

Salvo poi, fra qualche amministrazio‐<br />

ne, estinta o dispersa la liquidità deri‐<br />

vante dalla vendita e rimessa in discus‐<br />

sione quest’ultima, allargare le braccia e<br />

dire: “Non è colpa nostra, ha deciso chi<br />

c’era prima di noi”. Questo ritornello sì,<br />

un pezzo di storia milanese.<br />

Flavio Bini


Scienze Politiche invasa<br />

dalle bottiglie di spumante<br />

Il preside: basta!<br />

Dopo l’ultima sessione, quella di Dicembre, e le<br />

conseguenze inqualificabili che hanno fatto seguito<br />

ai festeggiamenti per i neo-laureati, il prof. Checchi<br />

ha detto “Basta!”. Così, per evitare che si ripeta,<br />

vuole separare la discussione dalla proclamazione<br />

MILANO ‐ Bottiglie di spumante, resi‐<br />

dui di dolci e cibi salati, tracce di be‐<br />

vande sui muri, sul pavimento e fogli<br />

che annunciavano la laurea di qualcu‐<br />

no. Questo appariva a chi fosse passato<br />

nella sede di via Conservatorio alle set‐<br />

te di sera di mercoledì 19 dicembre,<br />

dopo una giornata intensa di discussio‐<br />

ni di laurea.<br />

Uno “spettacolo” – evidentemente –<br />

oltre i limiti consentiti.<br />

Così il preside Checchi, alle 14.30 del<br />

giorno successivo ha convocato i quat‐<br />

tro esponenti principali delle liste stu‐<br />

dentesche in Facoltà, Enrico Sbolli<br />

(Sinistra Universitaria), Francesco Cac‐<br />

chioli (Obiettivo Studenti), Marco Pro‐<br />

copio (Azione Universitaria) e Alberto<br />

Garbo (Unicentro), per valutare alterna‐<br />

tive possibili che possano evitare lo<br />

schiamazzo quotidiano delle sessioni di<br />

laurea (cori, festeggiamenti, ecc) e le<br />

conseguenze «inqualificabili».<br />

«Ho ricevuto una ventina di mail di<br />

docenti che si sono lamentati per il ru‐<br />

more di ieri – ha esordito il preside – e<br />

ritengo che quello che è successo non<br />

debba più ripetersi. Sono stati riempiti<br />

tre grossi sacchi neri dell’immondizia<br />

con solo bottiglie di spumante vuote.<br />

Ieri c’era gente che agitava le bottiglie<br />

manco fossimo in Formula Uno e anda‐<br />

va a versarlo addosso alle persone! – ha<br />

proseguito quasi sconsolato ‐. Per non<br />

IL SONDAGGIO<br />

Sul sito della rivista,<br />

www.acidopolitico.com, potete<br />

votare la proposta del Preside<br />

che mira a dividere in due mo‐<br />

menti separati la discussione<br />

dell’elaborato finale (quindi per<br />

le lauree triennali) dall’atto della<br />

proclamazione (che dovrà svol‐<br />

gersi in un altro giorno, preferi‐<br />

bilmente il sabato mattina, insie‐<br />

me a tutti gli altri laureati). Voi<br />

che ne pensate? Siete d’accordo o<br />

no sulla proposta? Votate il no‐<br />

stro sondaggio!<br />

VIA CONSERVATORIO<br />

parlare dello sporco e del pavimento<br />

imbrattato di alcolici e altro. Tutto que‐<br />

sto, ovviamente, comporta spese per la<br />

pulizia».<br />

«Abbiamo raccolto qualcosa come 400<br />

bottiglie vuote – ha riferito il dott. Ver‐<br />

recchia, responsabile strutture di Facol‐<br />

tà ‐. Nessuno impedisce di festeggiare,<br />

ma cosa costa evitare di sporcare per<br />

terra e di buttare l’immondizia nei ce‐<br />

stini appositi?».<br />

Ed ecco la soluzione proposta dal di‐<br />

rigente: «de‐enfatizzare le lauree trien‐<br />

nali». L’ipotesi sarebbe quella di sepa‐<br />

rare la discussione dalla proclamazione.<br />

Quindi, ci dovrebbe essere un giorno di<br />

discussione dell’elaborato finale e un<br />

altro giorno per la proclamazione con<br />

anche pronunciamento del voto di lau‐<br />

rea. Proclamazione che avverrebbe il<br />

sabato mattina per tutti gli studenti che<br />

si sono laureati all’appello relativo<br />

(nell’ipotesi, solo quelli del triennio).<br />

Così si eviterebbero schiamazzi (il saba‐<br />

to di solito ci sono esami e non lezioni)<br />

ed i festeggiamenti si concentrerebbero<br />

solo in quella mattinata.<br />

Nelle intenzioni, il preside in persona<br />

dovrebbe proclamare uno ad uno i neo‐<br />

laureati (magari consegnando loro un<br />

papiro di riconoscimento) e in seguito<br />

si può festeggiare. Ma sempre con mo‐<br />

derazione, ovviamente. Del resto, «con<br />

mille laureati ogni anno in questa facol‐<br />

tà diventa difficile controllare i ragazzi<br />

durante i festeggiamenti» ha constatato<br />

il prof. Checchi.<br />

I rappresentanti degli studenti hanno<br />

concordato sul fatto che dovesse essere<br />

posto un limite ai festeggiamenti e si<br />

sono impegnati a dare una mano al<br />

preside per evitare che nelle prossime<br />

sessioni si verifichi quello che succede<br />

sempre più spesso nelle ultime sessioni.<br />

«Questo fenomeno si manifesta da<br />

quando ci sono le lauree triennali – è<br />

intervenuto il prof. Ballarino, anch’egli<br />

presente – e succede soprattutto quan‐<br />

do a laurearsi sono studenti che poi<br />

proseguono gli studi nella stessa Facol‐<br />

tà».<br />

Il preside ha concluso dicendo che a<br />

breve invierà una mail a tutti gli stu‐<br />

denti di Facoltà lamentando quanto<br />

successo nella speranza che non succe‐<br />

da mai più. Nel frattempo, vi chiedia‐<br />

mo: siete d’accordo sul dividere in due<br />

momenti la laurea triennale? Votate il<br />

sondaggio che trovate sul nostro sito.<br />

L.B.<br />

www.acidopolitico.com<br />

redazione@acidopolitico.com


dal nostro inviato Leonard Berberi<br />

IRANA – Quello che ti colpisce<br />

subito dell’Albania, appena<br />

atterrati all’aeroporto “Madre<br />

Teresa”, è la presenza impressionante<br />

di cartelloni che pubblicizzano una<br />

banca o l’altra. “Ottime notizie per gli<br />

emigrati” reca scritto un annuncio.<br />

“Deposita i tuoi risparmi nella banca<br />

del tuo paese” consiglia un altro 6x3.<br />

Peccato che, come ammette Ardian<br />

Fullani, governatore della Banca d’Al‐<br />

bania, i conti del paese non è che goda‐<br />

no di ottima salute. Tanto per rendere<br />

l’idea, negli ultimi nove mesi dell’anno<br />

appena concluso, il deficit commerciale<br />

è stato di 1,2 miliardi di euro. E, come<br />

se non bastasse, alla fine di dicembre,<br />

lo stesso governatore ha rivelato che<br />

quasi il 40% degli albanesi vive grazie<br />

ai soldi che i parenti emigrati in Grecia<br />

e Italia inviano in patria. Senza questi,<br />

REPORTAGE<br />

Il governo di centro-destra guarda all’Unione Europea. Ma la crisi economica<br />

rilevante, la disoccupazione, la corruzione, la legislazione ancora tutta da definire ed<br />

il black out energetico allontanano sempre di più dall’obiettivo il “paese delle Aquile”<br />

infatti, un milione e duecentomila per‐<br />

sone sarebbero costrette a sopravvive‐<br />

re con meno di due dollari al giorno.<br />

A undici anni esatti dal terribile 1997,<br />

quando il paese si trasformò in feudo<br />

di improvvisati signori di guerra e 700<br />

milioni di euro (buona parte dei rispar‐<br />

mi albanesi) sparirono insieme alle<br />

banche piramidali “Vefa Holding”,<br />

“Gjallica” e “Kamberi” (le quali pro‐<br />

mettevano interessi sui depositi anche<br />

del 400% al mese), la situazione è so‐<br />

stanzialmente rimasta la stessa. Anzi, a<br />

ben vedere, sembra sia peggiorata.<br />

Politologi, sociologi ed economisti al‐<br />

banesi l’hanno chiamata “la crisi silen‐<br />

ziosa”. La corruzione (nel 2007 il presi‐<br />

dente del Consiglio ha ricevuto qualco‐<br />

sa come tredicimila segnalazioni), il<br />

clientelismo, l’inflazione a livelli sem‐<br />

pre più allarmanti (4,4% su base an‐


REPORTAGE<br />

nua, almeno il doppio secondo le asso‐<br />

ciazioni dei consumatori), la crisi ener‐<br />

getica, l’imposizione fiscale, la reces‐<br />

sione economica, la legislazione caren‐<br />

te, i problemi di attribuzione della pro‐<br />

prietà terriera e la sfiducia sul futuro<br />

hanno trasformato un paese dalle in‐<br />

credibili potenzialità in uno staterello<br />

di terzo, quarto mondo. A tutto questo<br />

si deve aggiungere un fenomeno degli<br />

ultimi anni: i delitti in famiglia, i quali,<br />

aumentati in modo esponenziale, ogni<br />

anno portano via centinaia di vite<br />

(quasi tutte donne) senza un filo con‐<br />

duttore logico.<br />

***<br />

Altri tempi, quelli della prima metà<br />

degli anni Novanta, quando la transi‐<br />

zione verso un regime democratico –<br />

ancora in corso d’opera – fece vivere al<br />

“paese delle Aquile” un vero e proprio<br />

boom economico. Poi vennero le ban‐<br />

che piramidali le quali, approfittando<br />

dei silenzi del governo democratico<br />

capeggiato da Sali Berisha (attuale<br />

premier) e dell’ottimismo albanese<br />

fecero crollare il denaro in circolazione<br />

quindi i consumi quindi l’economia<br />

intera. A distanza di undici anni il pae‐<br />

se non si è ancora ripreso. Troppi i pro‐<br />

blemi strutturali che non le consentono<br />

di emergere, nonostante la politica –<br />

definita “spericolata” dalle organizza‐<br />

zioni internazionali – lanciata da Beri‐<br />

sha nel settembre del 2006 chiamata<br />

“Albania 1 euro” (un euro per l’affitto<br />

di un ettaro di terra dove far costruire<br />

le fabbriche, un euro la spesa per av‐<br />

viare un’impresa, ecc) volta ad attirare<br />

gli investimenti stranieri. Piano fallito.<br />

Le imprese straniere non si fidano più<br />

delle promesse, così come di una legi‐<br />

slazione che troppo spesso viene inter‐<br />

pretata in modo soggettivo dalle varie<br />

corti. Per non parlare di un problema<br />

mai risolto: quello della determinazio‐<br />

ne della proprietà. Un terzo del territo‐<br />

rio albanese è oggetto di dispute legali<br />

circa i veri proprietari degli appezza‐<br />

menti di terreno. Succede così che,<br />

stando al catasto, quello stesso lotto di<br />

terra appartiene a due, tre o dieci pro‐<br />

prietari diversi<br />

***<br />

Gli albanesi si aspettano tanto per il<br />

2008. L’ingresso nella NATO è diven‐<br />

tato una sorta di invito per l’ammissio‐<br />

ne all’Unione Europea. Ma gli stessi<br />

sanno bene che l’Europa è ancora mol‐<br />

to lontana.<br />

Per l’ennesimo inverno, la popolazio‐<br />

ne sta patendo il black‐out energetico,<br />

il freddo ed un rialzo dei prezzi preoc‐


cupante. I primi dieci mesi dell’anno<br />

sono trascorsi senza che una sola goc‐<br />

cia d’acqua sia caduta dal cielo. Le ri‐<br />

serve idriche si sono drasticamente<br />

ridotte e questo ha comportato l’inter‐<br />

ruzione dell’energia elettrica già in<br />

estate. Quest’inverno, poi, le interru‐<br />

zioni in città hanno raggiunto le otto<br />

ore. Nelle campagne si sono toccati<br />

picchi di venti ore.<br />

Attualmente, il paese importa dall’e‐<br />

stero – pagando prezzi esorbitanti –<br />

l’85% del fabbisogno giornaliero di<br />

energia elettrica. Questo significa –<br />

come ammette il KESH (l’ente energe‐<br />

tico albanese) – che ci sarà un aumento<br />

sulle bollette nel 2008 di circa il 38%.<br />

Tutto questo ha influito – e influirà<br />

ancora – sull’andamento dei prezzi.<br />

Nell’anno appena trascorso, l’aumento<br />

dei prezzi dei prodotti del paniere base<br />

considerato dall’INSTAT (l’Istituto di<br />

Statistica) è stato di 7 volte superiore<br />

all’aumento medio dei prezzi negli<br />

ultimi sei anni. Per fare un esempio<br />

significativo, il pane ed i cereali sono<br />

aumentati, in soli nove mesi, del 21%.<br />

***<br />

Così basta aggirarsi per i mercati di<br />

Tirana per vedere gli effetti. Fino a due<br />

anni fa erano sempre pieni di persone<br />

pronte a comprare. Negli ultimi venti‐<br />

quattro mesi si acquista solo l’indi‐<br />

spensabile. A Natale e Capodanno è<br />

andato peggio. «Abbiamo pensato tutti<br />

che col passare del tempo le cose sa‐<br />

rebbero migliorate – confessa Paskal,<br />

fruttivendolo da dieci anni a sud‐ovest<br />

della capitale ‐, la realtà è che stiamo<br />

andando sempre più a fondo. La gente<br />

non compra più niente perché non ha<br />

più soldi da spendere. E io non posso<br />

nemmeno abbassare i prezzi, altrimen‐<br />

REPORTAGE<br />

ti dovrei chiudere». A confermare le<br />

parole di Paskal, l’ultimo rapporto<br />

della “Banca Europea per la Ricostru‐<br />

zione e lo Sviluppo” (BERS), scrive che<br />

«l’economia albanese è sonnolenta e vi<br />

è una totale assenza di politiche econo‐<br />

miche».<br />

Diana, un’insegnante trentenne alle<br />

elementari, passa tra i banchi frutta e<br />

verdura che danno su una strada traffi‐<br />

cata di Kavaje, quaranta chilometri a<br />

sud‐ovest di Tirana. «Con questi prezzi<br />

non riesco a comprare nulla – dice ‐,<br />

non capisco perché i fruttivendoli si<br />

ostinino ad alzare i prezzi quando non<br />

ci sono soldi». Il contadino che sta ven‐<br />

dendo sente le lamentele e risponde<br />

che deve mangiare anche lui. Ne nasce<br />

una discussione animata che finisce in<br />

uno sconto fatto alla donna su melan‐<br />

zane e peperoni.<br />

Eppure a Tirana si lavora. Palazzi alti<br />

decine di metri sorgono come funghi<br />

in centro così come in periferia, i grat‐<br />

tacieli cominciano a delineare una città<br />

dinamica, spinta verso l’Occidente<br />

grazie ad un sindaco, Edi Rama, che<br />

sogna di diventare primo ministro. Le<br />

discoteche ed i pub sono sempre pieni<br />

e gli appartamenti hanno raggiunto<br />

prezzi non dissimili da quelli di una<br />

città italiana della fascia medio‐alta .<br />

Insomma, una città europea. Ma mol‐<br />

ti abitanti della capitale parlano di una<br />

modernità e prosperità di facciata.<br />

«Raschiando i vetri scintillanti – confi‐<br />

da il cinquantaquattrenne Hajdar –<br />

trovi la povertà».<br />

Nelle altre città, invece, non hai biso‐<br />

gno di “raschiare”. La realtà ti si palesa<br />

davanti agli occhi: la disoccupazione<br />

costringe centinaia di uomini a trascor‐<br />

rere lunghe giornate nei bar bevendo<br />

caffè, facendo colazione col riso pilaf e<br />

qofte (polpette di manzo), leggendo i<br />

quotidiani sportivi (per un giornale<br />

d’informazione se ne vendono sei<br />

sportivi), compilando schede per le<br />

scommesse sportive.<br />

Nella sola città di Kavaje, quaranta‐<br />

mila abitanti circa, il 28% delle famiglie<br />

riceve un misero sussidio di disoccu‐<br />

pazione. Non va meglio nelle altre cit‐<br />

tà. Ed è così che il miraggio italiano<br />

ritorna in voga. Elton, un ventunenne<br />

di Durazzo, mira al Belpaese: «Là c’è<br />

lavoro, ci sono i soldi e... – ride – ci<br />

sono anche le belle donne e le belle<br />

macchine!». Anche Daniel, un ragazzo<br />

tipicamente albanese, con gli occhi<br />

azzurri ed i capelli biondi, vuole an‐<br />

darsene dall’Albania perché «non si<br />

fanno abbastanza soldi» e perché «con


REPORTAGE<br />

trecentomila lek al mese (la moneta<br />

locale, circa 230 euro, nda) non ti puoi<br />

permettere niente». Ma scordatevi i<br />

gommoni, cancellate dalla vostra me‐<br />

moria i mercantili stracolmi di albanesi<br />

che agli inizi degli anni Novanta inva‐<br />

devano il porto di Bari. Questa volta in<br />

Italia si va con un visto (regolare o me‐<br />

no). Possibilmente in aereo.<br />

***<br />

“Transparency International”, nel<br />

suo ultimo rapporto, colloca l’Albania<br />

al 111° posto per indice di percezione<br />

della corruzione, insieme a Guatemala,<br />

Kazakhstan, Laos, Nicaragua, Para‐<br />

guay, Timor Est, Vietnam, Yemen,<br />

Zambia. Gli albanesi non sono poi così<br />

sorpresi: «Dov’è la novità? E’ da quan‐<br />

do se n’è andato Enver Hoxha che in<br />

questo paese te la cavi e vai avanti solo<br />

a colpi di mazzette» sbotta Qamil, un<br />

settantenne in attesa di farsi visitare al<br />

QSUT, il Centro ospedaliero universi‐<br />

tario di Tirana. «In questo paese devi<br />

sempre augurarti che non succeda nul‐<br />

la alla tua salute – prosegue – altrimen‐<br />

ti devi prepararti a sborsare un bel po’<br />

di denaro! Devi dare soldi al poliziotto<br />

che fa da guardia all’ingresso dell’o‐<br />

spedale, devi dare soldi all’infermiera<br />

per far sì che lei chiami il dottore il<br />

prima possibile, devi dare qualcosa<br />

anche al medico che ti deve visitare,<br />

altrimenti non ti visita mica! Poi devi<br />

sborsare migliaia di lek per comprare i<br />

medicinali in farmacia. Mi spieghi co‐<br />

me faccio io con 80mila lek di pensione<br />

al mese a permettermi tutto questo?».<br />

Il caso di Qamil non è un caso isola‐<br />

to. «Diciamo che è diventato una sorta<br />

di modus operandi, un gesto da com‐<br />

piere perché è entrato a far parte della<br />

nostra cultura – rivela un alto funzio‐<br />

nario del Ministero della Difesa che<br />

preferisce rimanere anonimo – e se<br />

succede a livelli “popolari”, figurati ai<br />

piani alti!» ride malizioso. La spiega‐<br />

zione di come vadano le cose da queste<br />

parti è preoccupante: «Tu credi che chi<br />

sale ai vertici del potere lo faccia per<br />

amore di patria? La realtà è che nel<br />

momento in cui uno ha una parte del<br />

potere decisionale in mano, non fa al‐<br />

tro che massimizzare la carica assunta.<br />

Per questo le mazzette, i favori, sono<br />

bene accetti. Si fa politica per guada‐<br />

gnare tanto e starsene in pace per tutto<br />

il resto della vita. Così, se un domani<br />

qualcuno dovesse venire ad offrirmi<br />

del denaro in cambio di un’agevolazio‐<br />

ne, non mi farei problemi ad accettare<br />

l’“offerta”. Non sono mica un fesso!<br />

Così fanno tutti!».<br />

Il funzionario si spinge oltre: «Lavoro<br />

qui da un bel po’ e posso dirti che ho<br />

assistito personalmente a casi di corru‐<br />

zione di giudici prima di una sentenza.<br />

Io ovviamente non parlo, ho dei figli<br />

da mantenere!».<br />

CARTA D’IDENTITA’<br />

SUPERFICIE<br />

28.748 kmq.<br />

POPOLAZIONE<br />

3.200.000 abitanti<br />

DENSITA’<br />

125 ab. / kmq.<br />

PIL (2006)<br />

17.965 milioni di dollari<br />

PIL PRO CAPITE (2006)<br />

5.405 dollari<br />

DIRITTI POLITICI / LIBERTA’ CIVILI*<br />

3 / 3 ‐ Paese parzialmente libero<br />

(*Valore massimo: 5; fonte: Freedom House, 2007)<br />

Quando gli chiediamo se la Polizia si<br />

sia mai accorta dei minorenni che gira‐<br />

no per le altre città (esclusa Tirana,<br />

dove il sindaco ha da tempo intrapreso<br />

un’opera “educativa”) guidando auto<br />

di lusso e non solo, sfrecciando per il<br />

centro nella più totale anarchia, lo stes‐<br />

so funzionario ammette la propria im‐<br />

potenza e quella dei colleghi: «Se tu<br />

sequestri la macchina al figlio del si‐<br />

gnor X e questo è parente o amico di<br />

qualcuno che conta, il poliziotto che ha<br />

osato applicare semplicemente la legge<br />

rischia il posto di lavoro. Allora si pre‐<br />

ferisce chiudere un occhio. Ti dico di<br />

più: è successo che il figlio minorenne<br />

di un personaggio che ha amicizie in<br />

alto ha investito, uccidendola, una ma‐<br />

dre di tre figli. Il giorno dopo, questo<br />

stesso ragazzino, circolava tranquilla‐<br />

mente guidando la stessa macchina».<br />

La domanda sorge spontanea: così<br />

pensate di chiedere all’UE di entrare a<br />

farne parte? «Penso che gli albanesi<br />

non vogliano davvero l’ingresso. Ve‐<br />

diamo quello che stanno facendo gli<br />

zingari da voi. Già maltrattiamo i rom<br />

nati in Albania, figurati dover soppor‐<br />

tare l’ingresso libero di altri provenien‐<br />

ti dalla Romania. Storicamente siamo<br />

sempre stati un popolo isolato e per<br />

quanto possa pensare Berisha, stiamo<br />

facendo il contrario di quello che Bru‐<br />

xelles ci chiede».<br />

***<br />

La risposta ha un tono sereno, perché<br />

di fatto, parlando con decine di perso‐<br />

ne, sono sereni tutti gli albanesi. Non è<br />

la serenità di chi si sveglia ogni matti‐<br />

na per andare a lavorare, di chi sa di<br />

avere dallo Stato le condizioni minime<br />

per vivere. È, invece, la serenità di chi<br />

da tempo ha rinunciato al futuro, di<br />

chi non spera in niente di buono. La<br />

serenità di chi, sotto sotto, rimpiange<br />

la dittatura, che era pur sempre «dura<br />

– come dice Shaban –, ma almeno si<br />

lavorava, si mangiava, le città erano<br />

pulite, ci si voleva tutti bene e si torna‐<br />

va a <strong>casa</strong> sicuri di aver realizzato qual‐<br />

cosa di buono per la società».<br />

Mentre governo e opposizione si<br />

danno battaglia ogni giorno, fuori dal‐<br />

le mura della politica sopravvive una<br />

nazione condannata al limbo istituzio‐<br />

nale ed al malcostume diffuso. Dove<br />

porterà tutto questo nessuno lo sa, an‐<br />

che se Shaban ha già la risposta: «si<br />

ripeterà un nuovo 1997, sarà l’anarchia<br />

totale!». E vedi in lui risuonare il detto<br />

«si stava meglio quando si stava peg‐<br />

gio».<br />

Leonard Berberi


FRAMMENTI<br />

NUOVI COLLABORATORI CERCASI<br />

© FRANCESCO FERDINANDO TROTTA, 2007 - “Da Agira a Palermo”


L’ANALISI<br />

La grande<br />

confusione<br />

elettorale<br />

are un punto sulla situazione del‐<br />

la riforma del sistema elettorale<br />

italiano è ora come ora un po’<br />

un’impresa titanica. Nel panorama par‐<br />

titico italiano regna una tale confusione<br />

sul sistema da adottare alle prossime<br />

elezioni politiche che tirare le somme di<br />

questo processo di cambiamento rischia<br />

di portare ad una confusione di idee che<br />

potrebbe far rimpiangere l’assoluta i‐<br />

gnoranza.<br />

È bene sottolineare, prima di incomin‐<br />

ciare, che in Italia manca la premessa<br />

principale di un processo di riforma<br />

elettorale: il sistema partitico italiano<br />

deficita di un’idea chiara su quello che<br />

vuole fare e soprattutto di quello che<br />

vuole ottenere da tale sistema. Le varie<br />

posizioni dei soggetti partitici, attori<br />

fondamentali che ci piaccia o no di tale<br />

processo, portano più a posizioni diver‐<br />

genti che a posizioni consensuali. I se‐<br />

gnali evidenti di tale disgregazione di<br />

proposte sono chiari.<br />

Potremmo dividere l’ampissimo pano‐<br />

rama di proposte atte a riformare la leg‐<br />

ge elettorale in due grandi famiglie. La<br />

prima, sostenuta dai partiti maggiori,<br />

consta di riforme in senso più o meno<br />

maggioritario atte a diminuire il numero<br />

dei partiti, sottorappresentando i partiti<br />

minori e sovra rappresentando, invece,<br />

le formazioni più grandi. Il secondo<br />

gruppo è quello rappresentato da quelle<br />

proposte che fingono di andare in senso<br />

maggioritario ma che minuziosamente<br />

costruite sono mirate a lasciare la solu‐<br />

zione così com’è. In questo grande cal‐<br />

derone sfugge forse un particolare che<br />

non dovrebbe invece passare in secondo<br />

piano.<br />

Per ottenere una riforma appartenente<br />

alla famiglia del primo gruppo c’è biso‐<br />

gno del consenso di coloro i quali vor‐<br />

rebbero una riforma del secondo grup‐<br />

po, e viceversa. Ciò è falso solo nel caso<br />

ci si trovi di fronte ad un grande consen‐<br />

so tra le formazioni partitiche maggiori,<br />

ma con un Senato così “delicato” al go‐<br />

verno Prodi tale possibilità non convie‐<br />

ne più di tanto. Il risultato è un processo<br />

di riforma che rimane ingessato. Tale<br />

di Antonio Bisignano<br />

ingessatura è doppiamente pericolosa.<br />

Primo perché denota che i partiti italiani<br />

pensano solo a loro stessi e non al bene<br />

del Paese (situazione che tra l’altro ci è<br />

già ben chiara da tempo). Secondo per‐<br />

ché la bomba ad orologeria del referen‐<br />

dum elettorale pian piano si avvicina al<br />

momento in cui non potrà più essere<br />

ignorata dai nostri politicanti.<br />

I quesiti del referendum elettorale, che<br />

seppur presi singolarmente appaiono<br />

positivi, nel complesso del sistema elet‐<br />

torale destano parecchie perplessità<br />

perché sono disegnati per inserirsi per‐<br />

fettamente in un sistema partitico che si<br />

modella come i referendari vogliono che<br />

si modelli, in caso contrario il danno che<br />

si creerebbe sarebbe ancor più grande di<br />

quello che il “Porcellum” creò nell’Apri‐<br />

le 2006. Il primo quesito assegnando il<br />

premio di maggioranza al singolo parti‐<br />

to che ottiene in ogni singola circoscri‐<br />

zione il più alto numero di suffragi anzi‐<br />

ché alla coalizione è un fortissimo incen‐<br />

tivo per i singoli partiti a unirsi in gran‐<br />

di piattaforme partitiche.<br />

Se questo processo non porta alla forma‐<br />

zione di due grandi partiti “all’inglese”<br />

ma configura (come effettivamente il<br />

sistema partitico italiano in questi mesi<br />

si sta strutturando)invece due partiti<br />

maggiori, ma non grandissimi, e due<br />

minori, ma non piccolissimi, si rischie‐<br />

rebbe di avere il partito che riceve più<br />

voti fortemente rappresentato in Parla‐<br />

mento e gli altri tre fortemente sotto‐<br />

rappresentati.<br />

Se aggiungiamo poi la possibilità che<br />

uno dei tre partiti che sono usciti sotto‐<br />

rappresentati dalle urne si possa alleare<br />

col partito maggiore che ha ricevuto il<br />

premio di maggioranza la situazione<br />

alla Camera dei Deputati porterebbe<br />

una maggioranza molto ampia da una<br />

parte ed un’opposizione molto ristretta<br />

dall’altra, risultato agli antipodi del voto<br />

popolare. Insomma, se si vuole creare<br />

una maggioranza solida è bene farlo con<br />

altri metodi.<br />

Il secondo quesito, assegnando il pre‐<br />

mio di maggioranza su base regionale ai<br />

singoli partiti che ottengono più voti in<br />

ciascuna regione, così come è pensato<br />

dai referendari non risolve il problema<br />

che si aveva col “Porcellum”.<br />

La patata bollente è solo spostata dalle<br />

coalizioni ai singoli partiti, e nell’idea<br />

referendaria di due grandi partiti la pos‐<br />

sibilità di un Senato della Repubblica<br />

“traballante” come quello attuale non è<br />

spazzata via. Il terzo quesito, eliminan‐<br />

do le candidature plurime (in diverse<br />

circoscrizioni), è senz’altro positivo,<br />

andando a correggere un’anomalia tutta<br />

italiana. Il referendum però non risolve<br />

il problema delle liste bloccate e dona<br />

un premio di maggioranza fin troppo<br />

generoso in certe condizioni di struttu‐<br />

razione partitica. Uno sforzo in più i<br />

referendari potevano anche farlo, sarà<br />

per la prossima volta.<br />

La proposta Vassallo‐Veltroni è proba‐<br />

bilmente il metodo più opportuno tra<br />

quelli finora proposti per creare una via<br />

di mezzo che non annulli completamen‐<br />

te i partiti più piccoli e che dia ai partiti<br />

maggiori un risultato elettorale gestibile<br />

in numero di seggi per poter governare.<br />

Il territorio italiano viene diviso in colle‐<br />

gi da due seggi ciascuno, i quali sono<br />

raggruppati in circoscrizioni da 12,14 o<br />

16 seggi. Nella scheda elettorale si ha<br />

sotto il simbolo del partito il nome del<br />

candidato che si presenta in ogni singo‐


lo collegio e poco più in basso la lista<br />

dei nomi che il partito presenta nella<br />

circoscrizione. L’elettore dà un singolo<br />

voto, quello al partito (e quindi automa‐<br />

ticamente al candidato di collegio e alla<br />

lista di circoscrizione collegati). Vengo‐<br />

no dichiarati eletti i candidati che nel<br />

loro collegio hanno ottenuto il maggior<br />

numero di voti.<br />

La ripartizione dei seggi avverrà però in<br />

ambito circoscrizionale stabilendo a<br />

quanti seggi, nel totale<br />

(uninominale+lista), ha diritto ciascun<br />

partito su base proporzionale. Si proce‐<br />

de all’assegnazione dei seggi e se un<br />

partito ha un numero di candidati vinci‐<br />

tori maggiore del numero dei seggi otte‐<br />

nuto col computo del totale dei voti su<br />

base proporzionale li mantiene e si pro‐<br />

cede ad una nuova ripartizione. Nella<br />

ripartizione i seggi ulteriori (dopo quelli<br />

assegnati ai candidati vincitori nei colle‐<br />

gi) vengono assegnati, su base propor‐<br />

zionale, anzitutto ai migliori perdenti<br />

nei collegi uninominali.<br />

Le liste bloccate di nomi vengono prese<br />

in considerazione solo nel caso in cui un<br />

partito abbia diritto, su base proporzio‐<br />

nale, a più del 50% dei seggi disponibili<br />

nella circoscrizione, caso rarissimo. Per‐<br />

tanto tutto il sistema elettorale, sebbene<br />

basato su un computo di voti su base<br />

proporzionale e circoscrizionale, è con‐<br />

centrato sui nomi dei collegi uninomina‐<br />

li.<br />

Tale sistema avvantaggia in maniera<br />

significativa i grandi partiti a vocazione<br />

maggioritaria e pone per tutti i partiti<br />

una soglia implicita di voti che si attesta<br />

attorno al 4‐5% in ogni circoscrizione. I<br />

partiti medi (dal 5 al 12%) otterrebbero<br />

qualche seggio in meno rispetto al<br />

“Porcellum” ma non sarebbero costretti<br />

ad allearsi con altre formazione politi‐<br />

che per formare coalizioni. La mancanza<br />

di soglia di sbarramento è giustificata<br />

dalla presenza di circoscrizioni piccole e<br />

dall’utilizzo del metodo d’Hondt per la<br />

ripartizione su base proporzionale.<br />

A mettere una soglia di sbarramento al<br />

sistema proposto dal prof. Vassallo ci<br />

pensa la proposta/bozza Bianco.<br />

La bozza del Sen. Bianco prevede un<br />

sistema elettorale che modifica in parte<br />

la proposta Vassallo inserendo una so‐<br />

glia di sbarramento per i singoli partiti<br />

del 5% a livello nazionale o del 7% in<br />

almeno cinque circoscrizioni e asse‐<br />

gnando i seggi per metà con i collegi<br />

uninominali e per metà con le liste su<br />

base proporzionale (mentre nel Vassal‐<br />

lum i seggi rimanenti dopo l’assegnazio‐<br />

ne ai candidati vincenti in ogni collegio<br />

venivano assegnati ai migliori perdenti,<br />

L’ANALISI<br />

sempre dei collegi uninominali della<br />

circoscrizione).<br />

E’ bene notare che con la proposta Bian‐<br />

co le circoscrizioni elettorali dovrebbero<br />

diventare trentadue, un numero inferio‐<br />

re a quelle della proposta Vassallo che<br />

invece prevede un numero di circoscri‐<br />

zioni (con seicentotrenta deputati) che si<br />

dovrebbe attestare intorno a quaranta‐<br />

cinque. Ciò è indice che con circoscrizio‐<br />

ni più grandi la proposta Bianco attenua<br />

la sua vocazione maggioritaria, vocazio‐<br />

ne che rimane solo con la soglia di sbar‐<br />

ramento che, con dovuti calcoli, sarebbe<br />

facilmente aggirabile dai partiti “in bili‐<br />

co”.<br />

Il Referendum, il Vassallum e la propo‐<br />

sta Bianco sono le tre più importanti<br />

iniziative (una popolare e le altre due<br />

politiche) che sembrano poter scuotere il<br />

panorama partitico italiano e che posso‐<br />

no delineare un buon punto di partenza<br />

verso un processo di riforma.<br />

I partiti italiani negli ultimi mesi hanno<br />

concepito un così alto numero di propo‐<br />

ste che sembrano stiano quasi esauren‐<br />

do tutte le possibilità di sistema elettora‐<br />

le italiano che una mente umana possa<br />

concepire; ma, ahinoi, siamo ben consa‐<br />

pevoli che tale furia creativa si continue‐<br />

rà ad esprimere anche nelle successive<br />

settimane, anziché venir utilizzata per<br />

altre tematiche in cui la vena innovatrice<br />

e moderna della politica italiana sembra<br />

sia rimasta agli anni ottanta. Per esem‐<br />

pio, giovani e lavoro, istruzione, welfa‐<br />

re, ambiente…<br />

Di sicuro se si vogliono avere risultati<br />

soddisfacenti è bene accantonare l’idea<br />

del premio di maggioranza concentran‐<br />

dosi soprattutto su collegi uninominali<br />

e/o circoscrizioni piccole.<br />

Sarebbe opportuno obbligare a priori i<br />

partiti ad un sistema di primarie laddo‐<br />

ve si vogliono introdurre i collegi unino‐<br />

minali e inserire le liste aperte (con pos‐<br />

sibilità di preferenza,sbloccate) laddove<br />

si voglia introdurre lo scrutinio propor‐<br />

zionale.<br />

Una vera svolta in senso maggioritario<br />

purtroppo non si potrà avere fino a<br />

quando i partiti minori avranno la pos‐<br />

sibilità di ricattare Prodi nel far cadere il<br />

Governo.<br />

Di ciò l’intera classe politica è consape‐<br />

vole ma forse questa situazione di stallo<br />

fa un po’ comodo a tutti. Per continuare<br />

a rimandare in futuro una situazione in<br />

cui finalmente una forza politica dovrà<br />

assumersi la responsabilità e l’onere,<br />

avendone i mezzi, di ideare, costruire e<br />

portare avanti, quelle riforme e quegli<br />

interventi strutturali di cui il Paese ha<br />

bisogno ormai da troppo tempo.


DOSSIER<br />

di Dario Luciano Merlo<br />

Quali conseguenze<br />

sull’allargamento UE?<br />

L’Europa allargata è un’opportunità politica rilevante. Ma le preoccupazioni<br />

sui flussi migratori e i finanziamenti allargano il fronte degli scettici<br />

MILANO ‐ Poco più di un anno fa, le<br />

repubbliche di Romania e Bulgaria fe‐<br />

steggiavano lʹadesione allʹUnione Euro‐<br />

pea, con grandiose celebrazioni e feste<br />

nelle piazze di Bucarest e Sofia in occa‐<br />

sione del capodanno che sanciva il loro<br />

formale ingresso tra i membri dellʹUnio‐<br />

ne. Lʹentusiasmo dei cittadini di quei<br />

Paesi era sicuramente giustificato dalle<br />

prospettive di crescita e dalle agevolazio‐<br />

ni di cui tutti i cittadini europei possono<br />

usufruire, in particolare la libertà di cir‐<br />

colazione in tutti i Paesi membri. Un en‐<br />

tusiasmo, tuttavia, non condiviso dal<br />

resto dei cittadini europei, spesso scettici<br />

e dubbiosi verso un così rapido allarga‐<br />

mento dei confini verso est. Come chiari‐<br />

sce il prof. Spaventa in un articolo su<br />

AffariInternazionali.it, la maggior parte<br />

dei dubbi riguardavano il probabile au‐<br />

mento del flusso di immigrati da parte<br />

dei due Paesi balcanici, il cui reddito pro‐<br />

capite è pari a circa un decimo di quello<br />

della zona Euro, ma anche i timori di<br />

alcuni tra i Paesi fondatori che vedono<br />

dirottati verso oriente i fondi di coesione<br />

e sviluppo ai quali per la maggior parte<br />

contribuiscono proprio i Paesi più ricchi.<br />

Entrambe le critiche, però, sono in qual‐<br />

che modo sopravvalutate e non tali da<br />

rendere sconsigliabile lʹingresso di nuovi<br />

Stati in futuro, come la Croazia, i cui ne‐<br />

goziati per lʹingresso nellʹUnione sono<br />

già a buon punto.<br />

Il problema dei finanziamenti è sicura‐<br />

mente meno evidente per i cittadini ri‐<br />

spetto a quello dellʹimmigrazione, ma<br />

spesso artefice di forti contrasti, come<br />

quello che portò nel 1984 ad istituire un<br />

rimborso per la Gran Bretagna, che stori‐<br />

camente aveva ricevuto molti meno soldi<br />

di quanti ne aveva versati nelle casse<br />

dellʹUE. Eʹ utile ricordare, innanzitutto,<br />

che i fondi di coesione e sviluppo sono<br />

erogati per aiutare la crescita delle regio‐<br />

ni più povere e rendere più omogenea la<br />

qualità della vita e le opportunità in tutto<br />

il territorio europeo, oppure per la co‐<br />

struzione di quelle infrastrutture che<br />

rendano lʹEuropa unʹunica grande nazio‐<br />

ne, accorciando i tempi di trasporto e di<br />

comunicazione.<br />

Le recenti indicazioni, presenti nel pro‐<br />

gramma 2007‐2013 vedono ancora il 49%<br />

dei fondi destinati ai quindici Paesi già<br />

membri dellʹUnione prima del 2004 e la<br />

restante parte ai Paesi di nuova adesione,<br />

nonostante questi ultimi siano general‐<br />

mente più bisognosi di grandi opere e<br />

contributi finanziari. In particolare, la<br />

Romania riceverà poco più di 17 miliardi<br />

di euro e la Bulgaria circa 6 miliardi men‐<br />

tre, per fare un confronto, la sola Italia ne<br />

riceverà quasi 26, destinati per la mag‐<br />

gior parte alle regioni del Sud, dove<br />

spesso non vengono utilizzati per gli<br />

scopi a cui sono destinati. Di recente lʹeu‐


odeputato Giulietto Chiesa ha denuncia‐<br />

to che nel 2006 in Italia vi sono stati 1221<br />

casi denunciati, con truffe accertate per<br />

318 milioni e 104 mila euro. La famosa<br />

inchiesta “Why Not” che ha visto coin‐<br />

volti anche il Presidente del Consiglio e il<br />

Ministro della Giustizia Clemente Ma‐<br />

stella, riguardava lʹoccultamento di deci‐<br />

ne di miliardi di fondi europei nel corso<br />

di diverse legislature.<br />

Il problema, quindi, non è per ora la di‐<br />

stribuzione dei fondi a livello europeo,<br />

ma piuttosto la loro gestione corretta ed<br />

efficiente a livello statale.<br />

Tornando alla questione dellʹimmigrazio‐<br />

ne, si tratta di preoccupazioni già sorte<br />

nel 2004 con lʹingresso della Polonia e di<br />

nove altri Paesi.<br />

I flussi di immigrati, da allora, sono sì<br />

aumentati, ma in maniera controllata,<br />

senza che si creassero difficoltà e tensio‐<br />

ni, anzi spesso i cittadini polacchi sono<br />

ormai tra i meglio integrati negli Stati che<br />

li hanno ospitati e lo stesso possiamo<br />

aspettarci da parte dei cittadini di Bulga‐<br />

ria e Romania nel medio periodo.<br />

Un flusso controllato di immigrati per‐<br />

mette alle imprese di coprire quelle posi‐<br />

zioni per cui in Italia è difficile reperire<br />

manodopera, in particolare per quanto<br />

riguarda i lavori di fatica e altri social‐<br />

mente svalutati, che i cittadini italiani<br />

non accettano di buon grado.<br />

Dallʹaltro lato la possibilità per le aziende<br />

italiane di delocalizzare la propria pro‐<br />

duzione nei Paesi di nuova adesione,<br />

abbassando i costi e sfruttando conve‐<br />

nientemente la manodopera presente in<br />

loco. Un espediente già utilizzato da<br />

molte imprese italiane ed europee, come<br />

FIAT, che con il nuovo stabilimento di<br />

Tychy in Polonia, ha superato gli stan‐<br />

dard di qualità di tutti gli altri stabili‐<br />

menti del gruppo. Quello che spaventa,<br />

però, soprattutto in Italia, è lʹaumento<br />

della criminalità conseguente allʹaumen‐<br />

to del numero di immigrati, che attirati<br />

dalla ricchezza e dalle opportunità, si<br />

ritrovano poi senza lavoro. Un fenomeno<br />

acuito da fatti che, seppur gravi, alcune<br />

forze politiche hanno strumentalizzato<br />

per attirare voti, tra cui alcuni omicidi<br />

avvenuti per mano di immigrati romeni<br />

e i frequenti episodi di intolleranza di<br />

alcuni residenti di città del Nord verso i<br />

campi rom. Una intolleranza a volte giu‐<br />

stificata, ma che dovrebbe rivolgersi ver‐<br />

so le istituzioni, che pur avendo gli stru‐<br />

menti e i mezzi per risolvere queste si‐<br />

tuazioni decidono di non agire e mante‐<br />

nere lo status quo, un comportamento<br />

spesso tenuto dai governi poco coraggio‐<br />

si che si succedono in Italia da ormai più<br />

di ventʹanni. La normativa comunitaria,<br />

come ben spiegato da Paola Mariani su<br />

“lavoce.info”, prevede infatti, che anche i<br />

cittadini comunitari possano rimanere<br />

In alto, il parlamento europeo a Strasburgo.<br />

Nella cartina, in grigio scuro, i paesi membri<br />

dell’Unione Europea<br />

più di tre mesi in uno Stato membro solo<br />

a patto di essere lavoratori autonomi o<br />

dipendenti, avere risorse economiche<br />

sufficienti e stipulare unʹassicurazione<br />

malattia. In mancanza di queste condi‐<br />

zioni, è possibile espellere il cittadino<br />

comunitario con trenta giorni di preavvi‐<br />

so. In alternativa lʹespulsione è possibile<br />

anche immediatamente, per motivi di<br />

ordine pubblico, sicurezza pubblica o<br />

sanità pubblica, intendendo con questa la<br />

necessità di non pesare ingiustamente sul<br />

sistema di welfare nazionale. Lʹespulsio‐<br />

ne, in questo caso, è affidata ai prefetti<br />

che sul territorio hanno una maggiore<br />

DOSSIER<br />

competenza e controllo. Eʹ<br />

chiaro che garantire la<br />

sicurezza significa effettua‐<br />

re ordinari controlli sulle<br />

persone che rappresentano<br />

un pericolo per la comuni‐<br />

tà e unʹespulsione forzata<br />

di chi si rifiutasse di adem‐<br />

piere agli obblighi di legge.<br />

Si tratta di un lavoro che<br />

spetta ai governi, che pos‐<br />

sono eventualmente deci‐<br />

dere con quanta fermezza<br />

applicare le direttive, ma<br />

non di demandare alle<br />

istituzioni europee i pro‐<br />

blemi che da soli non rie‐<br />

scono a risolvere.<br />

A livello comunitario, sarà piuttosto ne‐<br />

cessario contribuire alla sorveglianza dei<br />

nuovi confini dellʹUnione, che con lʹallar‐<br />

gamento dellʹarea Schengen, lʹarea senza<br />

valichi di frontiera e controllo dei docu‐<br />

menti, che è avvenuta dal 21 Dicembre<br />

2007 che si è spostata ad Est, inglobando<br />

nove nuovi Stati, non sempre in grado di<br />

garantire lʹimpenetrabilità dei loro im‐<br />

mensi confini.<br />

I confini dellʹarea Schengen diventano a<br />

questo punto davvero importanti perché<br />

oltrepassarli, per chi non ne avesse il<br />

diritto, significherebbe poter circolare<br />

attraverso ventisette Stati senza essere<br />

sottoposto virtualmente a nessun con‐<br />

trollo.<br />

PER SAPERNE DI PIU’<br />

http://europa.eu/index_it.htm<br />

http://ue.eu.int/<br />

http://eur‐lex.europa.eu/it/treaties/index.htm<br />

http://european‐convention.eu.int/index.asp<br />

http://consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/CharteIT.pdf<br />

http://www.interculturaldialogue2008.eu/


FOCUS<br />

di Ana Victoria Arruabarrena<br />

MILANO ‐ Niente da festeggiare. Pur‐<br />

troppo anche il 2008 nasce accompagnato<br />

da diversi scenari di guerra e se si voles‐<br />

sero mappare i maggiori conflitti odierni<br />

un buon indice per rilevarli potrebbe<br />

essere il numero di rifugiati dato dall’Al‐<br />

to Commissariato per le Nazioni Unite.<br />

Al primo e al terzo posto troveremmo<br />

senza molta sorpresa l’Afghanistan e<br />

l’Iraq, e al secondo un paese per molti<br />

forse impensabile. Non è la Cecenia, non<br />

è in Medioriente, né in Africa. Eppure è<br />

un conflitto che dura da circa mezzo se‐<br />

colo, con la diretta ingerenza politica e<br />

militare delle diverse amministrazioni<br />

USA come ai tempi del Plan Condor.<br />

Una guerra che porta da allora terrore,<br />

stragi, morte a più di tre generazioni.<br />

La sua principale caratteristica ormai da<br />

tempo, parrebbe essere quella di essere<br />

un conflitto silenzioso e sconosciuto. Non<br />

per caso certo.<br />

Benvenuti in Colombia<br />

Alla chiusura di questo numero il presi‐<br />

dente del Venezuela Hugo Chavez in<br />

compagnia del regista Oliver Stone do‐<br />

vrebbero essere in partenza verso la Co‐<br />

lombia per conversare con le FARC e<br />

portare nella Repubblica Bolivariana due<br />

prigionieri ora in mano degli insorti. Il<br />

tutto viene mostrato come il frutto del‐<br />

l’impegno di Sarkozy per liberare Ingrid<br />

Betancourt.<br />

Ma questo messaggio, cioè quello della<br />

liberazione della moglie di un diplomati‐<br />

co francese, non è un contributo alla<br />

soluzione del conflitto in Colombia. An‐<br />

zi, è un’ulteriore provocazione perché<br />

nega l’esistenza di una guerra decennale,<br />

legittima un Governo che porta avanti il<br />

terrorismo di Stato in modo sistematico e<br />

non riconosce, come invece l’ONU fa, le<br />

FARC (forze armate rivoluzionarie) come<br />

un gruppo insorgente e non come un<br />

gruppo terroristico.<br />

In una lettera a Sarkozy l’intellettuale<br />

statunitense James Petras scrive:<br />

“Il Suo drammatico e molto pubblicizzato<br />

intervento ha attirato l’attenzione dell’opi‐<br />

nione pubblica mondiale sui prigionieri dete‐<br />

nuti dalle FARC, ma non menziona la diffici‐<br />

le situazione dei colombiani prigionieri politi‐<br />

ci del governo, torturati e trattati brutalmen‐<br />

te da un Presidente i cui soci congressisti più<br />

prossimi sono in attesa di essere processati<br />

per i loro legami, di vecchia data, con gli<br />

squadroni della morte paramilitari e narco‐<br />

trafficanti”.<br />

E il nucleo della questione è proprio qui,<br />

nonostante le FARC abbiano tutti i requi‐<br />

siti per essere riconosciute come soggetto<br />

di diritto internazionale in quanto eserci‐<br />

tano un controllo effettivo su quasi la<br />

Colombia, il<br />

conflitto taciuto<br />

All’ombra del sequestro di Ingrid Betancourt si staglia il<br />

ritratto di un paese in guerra da oltre 40 anni. Dove impunità,<br />

sequestri e torture sono all’ordine del giorno. E dove si<br />

perpetua un conflitto civile con l’intervento diretto politico e<br />

militare degli USA che a molti fa comodo non riconoscere.<br />

metà del territorio, possiedono un appa‐<br />

rato organizzativo e un livello di intensi‐<br />

tà costante negli anni, molti Stati si osti‐<br />

nano a considerarle come un gruppo<br />

terroristico (vedi Posizione Comune 200‐<br />

6/725/PESC del Consiglio). Questo per‐<br />

ché come ben ci ricorda il professor Cas‐<br />

sese “la Comunità internazionale è divi‐<br />

sa sotto il profilo ideologico e politico”, e<br />

quindi mossa da profondi interessi eco‐<br />

nomici e geo strategici.<br />

Da parte dell’UE e degli Usa viene dun‐<br />

que interpretata come una lotta al terrori‐<br />

smo, quando invece il riconoscimento di<br />

belligeranza consentirebbe che al conflitto<br />

in corso venissero applicate le norme del<br />

“Diritto dei conflitti armati internaziona‐<br />

li” e che i diversi attori dello stesso venis‐<br />

sero riconosciuti come destinatari dei<br />

diritti e degli obblighi discendenti dallo<br />

jus bello, diritto questo che deve regolare<br />

lo scambio di prigionieri, la presenza<br />

delle comunità di pace, gli accordi di<br />

pace, le tregue.<br />

In questa cornice si devono collocare i<br />

27.146 prigionieri politici rinchiusi nelle<br />

carceri del governo (membri delle FARC,<br />

contadini, studenti, lavoratori, intellet‐<br />

tuali) e anche quello di Betancourt, quel‐<br />

lo dei 3 agenti della CIA catturati in se‐<br />

guito all’abbattimento di un aereo, e de‐<br />

43 milioni di abitanti<br />

31% indigente<br />

64.2% al di sotto della soglia di<br />

povertà<br />

13% tasso disoccupazione<br />

40% tasso di sottoccupazione<br />

2° paese per rifugiati con 2.5<br />

milioni, dopo l’Afghanistan e<br />

prima dell’Iraq (dati del UNHCR<br />

Alto Commissariato per le nazioni<br />

Unite, 2006 )<br />

4% tasso di crescita (FMI)<br />

120mila morti in 30 anni di conflitto<br />

Elezioni 2006: potenziali votanti<br />

26.731700, voti ottenuti da Uribe<br />

7.362278, astenuti 14.677967.<br />

Prigionieri politici: 3000 in mano<br />

delle FARC (stima), 27146 nelle<br />

prigioni del governo<br />

(dati: NU, UNHCR, La Jornada,<br />

Rapporto ICE-Colombia 2007)<br />

gli altri prigionieri politici in mano delle<br />

FARC.<br />

Perché ciò non avviene?<br />

Perché “interessa” la Colombia?<br />

Così come occorre ricordarsi di chiedersi<br />

perchè tutti i capi di Stato dei paesi del‐<br />

l’UE, che si fanno difensori dei diritti<br />

umani, continuano a stringere la mano<br />

all’omologo di uno Stato che ha stermi‐<br />

nato più della metà della popolazione<br />

cecena, allo stesso modo occorre porsi la<br />

domanda nei confronti di un presidente,<br />

Uribe, che già al terzo mandato conta tra<br />

i suoi deputati il 30% tra paramilitari e<br />

narcotrafficanti, e affligge i suoi conna‐<br />

zionali insieme alla collaborazione di<br />

Washington un guerra senza codici.<br />

Nel primo caso la risposta potrebbe esse‐<br />

re data dalla dipendenza dell’Italia dal<br />

gas russo.<br />

Nel caso della Colombia invece si può<br />

facilmente analizzare una serie di dati:<br />

innanzitutto gli USA sono il primo par‐<br />

tner commerciale della Colombia e la<br />

Colombia è il secondo partner commer‐<br />

ciale italiano della regione. Il paese pos‐


siede infine il 10% di tutta la biodiversità<br />

terrestre.<br />

L’importanza strategica della biodiver‐<br />

sità e la militarizzazione dell’area<br />

La biodiversità è uno degli anelli centrali<br />

per comprendere la problematica colom‐<br />

biana. Se per gli Usa l’appropriamento<br />

del petrolio in altre latitudini è un pro‐<br />

getto a breve termine, quello di nuove<br />

risorse in virtù di una crisi di acqua e di<br />

energia prevista per il 2030 è all’ordine<br />

del giorno. Anzi appartiene, come sem‐<br />

pre, alla loro sicurezza nazionale.<br />

Le risorse biologiche e i prodotti della<br />

natura sono alla base di numerose attivi‐<br />

tà industriali quali l’agricoltura, la co‐<br />

smesi, la farmaceutica, l’industria carta‐<br />

ria, lʹorticoltura e la costruzione. E se<br />

come già si delinea, il XXI secolo sarà<br />

quello della biotecnologia e dell’ingegne‐<br />

ria genetica, chi avrà controllo su queste<br />

risorse dominerà ancora per tempo.<br />

Nonostante ciò, la biodiversità non basta<br />

per spiegare l’accanimento contro questo<br />

paese.<br />

All’inizio del 2006 su Foreign Affairs è<br />

stato pubblicato un articolo dal titolo<br />

“Washington sta perdendo l’America<br />

Latina?”, ed effettivamente da molti pun‐<br />

ti del continente, oltre ad una storica<br />

resistenza anti‐yankee, arrivano chiari<br />

segnali non solo di resistenza alle impo‐<br />

sizioni neoliberiste USA, e ai trattati di<br />

libero commercio come ALCA, ma nuovi<br />

movimenti contadini, indigeni, e anche<br />

cittadini che tornano a parlare di distri‐<br />

buzione delle terre, riforma agraria, rina‐<br />

zionalizzazione di risorse vitali come<br />

l’acqua e il gas svendute a multinazionali<br />

europee che operano in modo monopoli‐<br />

stico.<br />

In questo contesto gli Usa, dopo aver<br />

“perso” il Venezuela nonostante il feroce<br />

colpo di Stato da loro organizzato ai dan‐<br />

ni del Governo di Chavez nel 2002 e i<br />

continui discrediti nei confronti del pro‐<br />

cesso rivoluzionario bolivariano, non<br />

a Colombia vive un a guerra da più di<br />

L 40 anni. L’origine di questo conflitto<br />

risale alla storica ostilità tra conservatori e<br />

liberali e trova il suo punto più critico nell’a‐<br />

prile del 1948 quando viene assassinato il<br />

lider liberale Gaitan a Bogotà mentre è al<br />

governo il partito conservatore. L’assassinio<br />

coincide con la nascita dellʹOEA (OSA), il<br />

cui atto viene sottoscritto dai vari ambascia‐<br />

tori in un garage di Bogotá a causa del solle‐<br />

vamento popolare, il Bogotazo, che vede i<br />

ʺgaitanistiʺ liberali affrontare le brigate pa‐<br />

ramilitari.<br />

Trecentomila morti dopo, la dittatura del<br />

generale Rojas Pinilla (1953‐57) non è meno<br />

RIQUADRO STORICO<br />

possono permettersi di perdere anche la<br />

Colombia non solo per la sua importanza<br />

in risorse naturali ma anche dal punto di<br />

vista geostrategico confinando con Pana‐<br />

ma e il Venezuela. Ed è proprio per non<br />

perdere la propria egemonia sulla regio‐<br />

ne è in atto ormai da anni il Plan Colom‐<br />

bia.<br />

Ideato dagli Usa ed attuato insieme al<br />

Governo di Uribe, il Plan Colombia giu‐<br />

stifica la sua esistenza come lotta al terro‐<br />

rismo e al narcotraffico.<br />

Le principali azioni sono, come ricorda lo<br />

stesso europarlamentare Agnoletto nel<br />

corso di una conferenza stampa, l’elimi‐<br />

nazione dell’appoggio sociale attraverso<br />

il massacro di civili (anche di quelle co‐<br />

munità, per esempio S. Josè de Aprtadò<br />

che si dichiarano “Comunità di pace” e<br />

quindi neutrali) e la distruzione delle<br />

coltivazioni di coca mediante costanti<br />

fumigazioni. Queste fumigazioni, attra‐<br />

verso l’uso del glisofato, avvelenano non<br />

solo i campi che non saranno più coltiva‐<br />

bili, ma l’acqua, la fauna, e costringono i<br />

contadini a numerose migrazioni per la<br />

sopravivenza. L’obbiettivo reale è di‐<br />

struggere fisicamente, piegare, sconfigge‐<br />

re, un movimento organizzato ed armato<br />

come le FARC (e il loro immenso radica‐<br />

mento popolare) che si oppone ai Trattati<br />

di Libero Commercio (TLC), applica la<br />

riforma agraria all’interno dei suoi terri‐<br />

tori e potrebbe seguire in tempi di pace<br />

una strada simile a quella in atto in Ve‐<br />

nezuela. Sul piano logistico sono presenti<br />

numerosi eliporti nel cuore della selva<br />

base degli elicotteri da guerra Black<br />

Hawk, diversi palloni aerostatici d’intel‐<br />

ligence nel sud amazzonico colombiano.<br />

I paramilitari<br />

Per completare il quadro, è essenziale<br />

conoscere il quarto attore di questa tra‐<br />

gica guerra, dopo Usa, FARC e governo.<br />

Sono i paramilitari, che combattono di<br />

fianco al Governo, ma si occupano del<br />

dura ed il suo abbattimento porta allʹ<br />

ʹalternanzaʹ liberale‐conservatrice dei 12<br />

anni seguenti. A metà degli anni ’60 in piena<br />

guerra fredda, con le stesse rivendicazioni<br />

degli altri movimenti rivoluzionari latinoa‐<br />

mericani (riforma agraria, distribuzione delle<br />

ricchezze, e socialismo) nascono le FARC,<br />

movimento di liberazione nazionale, come<br />

risposta alla violenza lanciata dallo Stato<br />

durante la sua applicazione del Plan LASO<br />

(Latin American Security Operation).<br />

Nel 1985 nasce l’Union Patriotica come<br />

frutto degli accordi di cessate il fuoco tra il<br />

Governo di Belisario Betancourt e le FARC.<br />

Esprime una tregua mediante la quale le<br />

FOCUS<br />

“lavoro sporco”.<br />

Per mano loro sono tristemente ricorrenti<br />

le torture, i massacri di villaggi (nel 2000<br />

uno ogni 2 giorni), dove per massacri<br />

Agnoletto intende “decapitazioni col<br />

machete e squartamento con le motose‐<br />

ghe”, numerose fosse comuni, il furto di<br />

milioni di ettari agricoli, il traffico di ar‐<br />

mi e di droga.<br />

Il governo di Uribe nel 2005 ha promul‐<br />

gato la legge “Giustizia e pace” che ha<br />

permesso hai paramilitari consegnando<br />

le armi (simbolicamente anche solo un’u‐<br />

nica pistola), di pulire la loro fedina pe‐<br />

nale senza essere in futuro mai più giudi‐<br />

cati per i crimini commessi. Di questa<br />

legge si sono avvalsi molti narcotraffi‐<br />

canti, spacciatisi per paramilitari.<br />

Soluzioni del conflitto<br />

A breve termine la liberazione dei prigio‐<br />

nieri in mano delle FARC come per e‐<br />

sempio Ingrid Betancourt, dipende da un<br />

do ut des (dare per ricevere), ossia dalla<br />

liberazione dei combattenti della resi‐<br />

stenza delle FARC imprigionati nelle<br />

carceri dello Stato colombiano.<br />

Per questo l’Unione Europea può vera‐<br />

mente giocare un ruolo fondamentale.<br />

Innanzitutto riconoscendo che in Colom‐<br />

bia vi è una vera e propria guerra, rico‐<br />

noscendo gli insorti come interlocutori in<br />

quanto soggetti di diritto internazionale<br />

e non banditi, denunciando i gravissimi<br />

abusi nel campo dei diritti umani da par‐<br />

te dei paramilitari e di Uribe, dissenten‐<br />

do dall’ingerenza militare e politica di‐<br />

retta degli USA nella regione, ma soprat‐<br />

tutto includendo delle clausole che obbli‐<br />

ghino la Colombia a rispettare certe rego‐<br />

le al fine di proseguire gli accordi com‐<br />

merciali in atto.<br />

Per quanto riguarda il futuro dei colom‐<br />

biani purtroppo o per fortuna non ci re‐<br />

sta che riprendere una frase del loro<br />

grande lider Bolivar: non vi è metodo per<br />

raggiungere la libertà che lottare per<br />

essa. Forse prendendo proprio spunto<br />

dai loro vicini venezuelani.<br />

FARC lasciano le armi, e il Governo si impe‐<br />

gna a rispettarli.<br />

L’Union Patriottica conta fra le sue file anche<br />

membri delle FARC, del PC colombiano,<br />

liberali, socialisti, sindacalisti, e lottatori per i<br />

diritti umani. Si presenta nel 1985 alle ele‐<br />

zioni, al seguito delle quali non vince a livello<br />

nazionale ma ottiene molti seggi in Parla‐<br />

mento e nei diversi consigli comunali. Tra<br />

l’86 e l’87 saranno uccisi i primi 3 dirigenti e<br />

negli anni seguenti assassinati quasi tutti i<br />

parlamentari dell’UP, i militanti, i simpatiz‐<br />

zanti fino ad arrivare al 1992 con una stima<br />

di 4000 omicidi. Di conseguenza le FARC si<br />

riorganizzano e riprendono le armi. (a.v.a.)


RUSSIA<br />

di Debora Pignotti<br />

ussia Unita, il partito di Putin, ha<br />

R vinto le elezioni parlamentari del 2<br />

dicembre 2007 con il 64,2 % dei voti. Il<br />

leader Gryzlov ha annunciato la conqui‐<br />

sta della Duma da lui presieduta e l’in‐<br />

tenzione di RU di governare autonoma‐<br />

mente.<br />

La maggioranza di 315 seggi su 450 (di<br />

cui uno occupato da Putin stesso) per‐<br />

metterà al partito di approvare qualun‐<br />

que decisione, inclusi emendamenti co‐<br />

stituzionali per i quali è necessaria la<br />

maggioranza qualificata (301 voti). RU è<br />

inoltre sostenuta dagli ultranazionalisti<br />

“liberaldemocratici”di Zhirinovskij (8,2<br />

%) e da Russia Giusta di Mironov, presi‐<br />

dente della Camera Alta (7,8 %). Solo i<br />

comunisti guidati da Zyuganov (11,6 %)<br />

potrebbero osteggiare RU: infatti ‐ assie‐<br />

me ai partiti agrario, democratico e libe‐<br />

rale rimasti esclusi dallo sbarramento al 7<br />

% del nuovo sistema proporzionale ‐<br />

hanno denunciato irregolarità nelle ope‐<br />

razioni di voto.<br />

I quotidiani sovietici Novaya Gazeta,<br />

Izvestija e Pravda sono concordi con l’‐<br />

opposizione nel definire le elezioni una<br />

farsa: “Putin diventerà leader nazionale,<br />

considerando che in Germania per leader<br />

nazionale si intende Führer (Latynina),<br />

“il nostro è uno Stato atrofizzato in mano<br />

agli agenti di polizia [..] che ci hanno<br />

obbligati ad interessarci ad una politica<br />

antiquata, [inoltre] gli intenti ufficiali<br />

sono ben altra cosa dagli intenti rea‐<br />

li” (Ryabov); Voshanov ha perfino intito‐<br />

lato un suo articolo “E’ possibile esser<br />

orgogliosi della propria vittoria di elezio‐<br />

ni senza alternativa?”.<br />

Indipendentemente dal risultato, Putin si<br />

è dimesso alla scadenza del mandato. In<br />

attesa delle presidenziali del marzo 2008<br />

(alle quali Putin non si potrà presentare,<br />

sempre che la costituzione non venga<br />

modificata ad hoc), il 24 dicembre sono<br />

state rese pubbliche in via ufficiosa le<br />

candidature: Medvedev per RU (che pre‐<br />

merà per l’elezione di Putin a Primo Mi‐<br />

nistro e che ha già il 45% dei consensi<br />

dato lo stretto legame col presidente u‐<br />

scente), Zyuganov e Zhirinovskij.<br />

La propaganda elettorale è stata massic‐<br />

cia e pervasiva, con le città tirate a festa e<br />

colorate di bianco, rosso e blu (i colori<br />

della patria e di Russia Unita) e le elezio‐<br />

ni sarebbero avvenute in un clima intimi‐<br />

datorio: sono stati visti pacchi di schede<br />

infilati nelle urne, studenti e militari fare<br />

il giro di più seggi e le pazienti incinte di<br />

un ospedale degli Urali sono state co‐<br />

strette a votare per non rischiare la di‐<br />

missione forzata. Molti sono stati anche<br />

gli incentivi: in Siberia occidentale un<br />

governatore ha promesso la costruzione<br />

di appartamenti al paese che avesse avu‐<br />

Le elezioni farsa e il<br />

futuro della Russia<br />

Le elezioni parlamentari sembrano far<br />

trasparire un cliché già visto: niente pluralismo<br />

e chiusura verso l’Occidente<br />

to più votanti. L’affluenza del 60 % era<br />

scontata, anche se le percentuali sono<br />

state maggiori nelle periferie e il picco<br />

del 99,3 % in Cecenia la dice lunga sui<br />

sistemi di persuasione adottati.<br />

Mosca ha osteggiato l’invio degli osser‐<br />

vatori OSCE ma alla fine ha dovuto cede‐<br />

re e le delegazioni nazionali sono riuscite<br />

a seguire le operazioni di voto. L’Italia<br />

non ha ravvisato palesi irregolarità e al<br />

Ministero degli Esteri è prevalsa la linea<br />

della non ingerenza. Ufficialmente la<br />

Russia è ritenuta una democrazia giova‐<br />

ne bisognosa di ulteriori test democratici<br />

e, dati i problemi col mondo arabo e gli<br />

impegni europei, sarebbe da irresponsa‐<br />

bili da parte dell’Italia aprire un’ulteriore<br />

area di crisi. In realtà ci sono ragioni di<br />

natura economica: la dipendenza dal<br />

petrolio russo rende tutta l’Europa, e non<br />

solo l’Italia, molto debole. Nonostante ciò<br />

il premier britannico Brown ha chiesto a<br />

Mosca di tranquillizzare la comunità<br />

internazionale e il cancelliere tedesco<br />

Merkel ha giudicato il voto non aderente<br />

agli standard europei. Solo il presidente<br />

francese Sarkozy si è apertamente com‐<br />

plimentato con Putin. Gli USA hanno<br />

reagito duramente ed hanno esortato<br />

Mosca ad indagare sulle accuse di brogli.<br />

Come prevedibile, gli osservatori di Ka‐<br />

zakhstan e Asia centrale hanno dichiara‐<br />

to che le elezioni sono state perfettamen‐<br />

te regolari.<br />

E’ però vero che alcune regole sono di‐<br />

scutibili: madre e figlia possono entrare<br />

assieme nella cabina elettorale; il docu‐<br />

mento d’identità viene visionato molto<br />

velocemente e restituito prima dell’in‐<br />

gresso nella cabina al proprietario, il qua‐<br />

le teoricamente può andarsene con la<br />

scheda senza alcun controllo; c’è stato un<br />

passaggio di poteri sul controllo delle<br />

operazioni di voto dalla polizia ordinaria<br />

ai servizi segreti del FSB, apparentemen‐<br />

te inspiegabile e il sospetto di falsificazio‐<br />

ni precedenti alle operazioni di voto ri‐<br />

mane forte. Ciò può far capire quanto la<br />

democrazia russa sia ancora immatura<br />

rispetto alle democrazie europee.


Il progetto GAP: tra acqua<br />

e minoranze etniche<br />

La Turchia, attraverso le risorse idriche, vuole<br />

regolare il flusso d’acqua del Tigri e l’Eufrate. Ma<br />

gran parte della zona è abitata dall’etnia curda<br />

a Turchia ha inserito nelle proprie<br />

L strategie di progresso la realizzazio‐<br />

ne di un progetto noto con il nome di<br />

Great Anatolian Project (Gap) o<br />

Southeastern Anatolia Project. Il Gap è<br />

nato sulla base delle immense risorse<br />

idriche di cui la Turchia dispone e che<br />

conferiscono al progetto stesso anche una<br />

valenza stategica. Esse infatti sono<br />

dislocate per lo più nella regione<br />

sudorientale della Turchia, area a<br />

maggioranza curda. Il Gap<br />

permetterebbe quindi al governo di<br />

Ankara di esercitare un maggior<br />

controllo sull’area di residenza di questa<br />

minoranza irredentista e, al tempo stesso,<br />

di realizzare una proficua gestione delle<br />

risorse idriche, indispensabili per tutti i<br />

Paesi circostanti. Un ruolo di primo<br />

piano è infatti ricoperto dai fiumi Tigri<br />

ed Eufrate che hanno le proprie sorgenti<br />

nell’area sudorientale della penisola<br />

anatolica e che attraversano entrambi<br />

Turchia ed Iraq, mentre l’Eufrate<br />

interessa anche il territorio siriano. Dal<br />

1999 ha preso il via il Gap: attraverso di<br />

di Claudia Robustelli<br />

esso la Turchia, Stato upstreamer, vuole<br />

regolare il flusso dell’acqua di questi due<br />

grandi fiumi e, a tal, fine, ha realizzato 24<br />

dighe in 7 anni. Le prime ad essere state<br />

costruite sono state quelle di Birecik e<br />

Karkamus, poste a valle dell’opera<br />

idraulica Ataturk. La posizione di tale<br />

infrastruttura è stategica in quanto si<br />

trova a pochi kilometri dalla frontiera<br />

con la Siria, la quale dipende in misura<br />

sempre più crescente dalle acque<br />

dell’Eufrate. A queste è seguita la<br />

realizzazione di numerose altre dighe nel<br />

bacino del Tigri, tra le quali si possono<br />

annoverare quelle di Batman e Dicle.<br />

TURCHIA<br />

Questo progetto idrografico pemette alla<br />

Turchia di appianare le diversità<br />

topografiche che la caratterizzano. Essa,<br />

infatti, presenta un territorio con<br />

caratteristiche fisiche duali: nelle regioni<br />

settentrionali e meridionali il territorio è<br />

montagnoso, con l’unica eccezione di<br />

un’area umida lungo le coste bagnate dal<br />

Mar Nero; la parte centrale e<br />

sudorientale della penicola è invece<br />

semiarida. Una gestione razionale e<br />

controllata dele risorse idriche<br />

permetterebbe ad Ankara di agire in<br />

modo tale da rendere coltivabili anche<br />

quelle aree oggi caratterizzate<br />

dall’aridità. Il Great Anatolian Project è<br />

volto infatti ad apportare un<br />

miglioramento alla capacità agricola del<br />

territorio da esso interessato, nonchè a<br />

fornire input per la creazione di industrie<br />

agroalimentari e lo sfuttamento delle<br />

potenzialità energetiche dell’acqua. Che<br />

lo sviluppo della Turchia dovesse<br />

passare attraverso le risorse idriche del<br />

Paese era già evidente al Padre della<br />

Patria, Kemal Ataturk, il quale aveva<br />

visto in queste risorse lo strumento per<br />

elettrificare la neonata Repubblica turca<br />

così da promuoverne<br />

l’industrializzazione e la<br />

modernizzazione. Fu così che nel 1938<br />

iniziò il processo di realizzazione delle<br />

numerose opere idrauliche sul territorio<br />

anatolico. Ultima ma non meno<br />

importante è la riorganizzazione etnica<br />

resa possibile dalla messa in atto del<br />

Gap. Il progetto, infatti, si estende su<br />

gran parte del territorio occupato dalla<br />

minoranza curda e quindi al confine con<br />

l’Iraq e la Siria. In questa regione il<br />

governo turco ha da sempre stanziato<br />

numerose forze armate al fine di<br />

ostacolare l’irredentismo curdo e le<br />

azioni del Pkk. Tale situazione ha fatto sì<br />

che lo sviluppo dell’area fosse ostacolato<br />

dalla presenza militare e che si<br />

verificasse il fenomeno dell’emigrazione.<br />

Tuttavia, la popolazione curda nell’area<br />

risulta essere ancora numerosa in quanto<br />

il tasso di natalità è molto alto. La<br />

popolazione vive quindi in uno stato di<br />

continua tensione e ingerenze militari e<br />

statali. In quest’ottica, Ankara vorrebbe<br />

utilizzare il Gap per creare sviluppo e<br />

apportare miglioramenti per quanto<br />

riguarda il livello di vita al fine di ridurre<br />

l’ostilità curda nei confronti del governo<br />

centrale.<br />

Il Gap, quindi, andrebbe ad investire<br />

anche i rapporti tra Ankara e Baghdad<br />

sia dal punto di vista idrico ( si ricordi<br />

infatti che l’Iraq è un paese downsreamer<br />

che dipende per lo più dalle acque del<br />

Tigri) e sia sotto il punto di vista etnico,<br />

essendo anch’esso interessato dal<br />

problema irredentista curdo, come è<br />

stato rivelato dai fatti di quest’autunno.


CORSI E RICORSI<br />

I Laogai e la storia<br />

che si ripete<br />

Sono dei veri e propri campi di concentramento<br />

cinesi (se ne contano circa mille) dove sono<br />

costretti a lavorare bambini, donne e uomini<br />

lcuni avvenimenti ci fanno capire<br />

A cosa possa esserci dietro la democra‐<br />

tic façade di uno stato e come le politiche<br />

di potenza possano celare per molti anni<br />

eventi tragici e disumani.<br />

Harry Wu della Fondazione Laogai è un<br />

dissidente ed ex detenuto nei Laogai<br />

cinesi da dove è fuggito con altri ex pri‐<br />

gionieri negli USA. Wu ricorda i milioni<br />

di persone detenute in questi campi, co‐<br />

strette a lavorare 18 ore al giorno in con‐<br />

dizioni disumane senza salario, private<br />

dei diritti civili e spesso a contatto con<br />

materiali tossici. Chi non rispetta le diret‐<br />

tive dei campi subisce una politica di<br />

denutrizione e tortura a scopo coercitivo;<br />

esecuzioni di massa con vendita di orga‐<br />

ni freschi; sfruttamento dei bambini sot‐<br />

toposti ai lavori forzati; rappresaglie nei<br />

confronti delle varie Chiese; aborti e ste‐<br />

rilizzazioni forzate.<br />

Secondo Amnesty International, in molte<br />

istituzioni statali cinesi sono perpetrate<br />

torture e maltrattamenti quali ʺcalci, per‐<br />

cosse, scosse elettriche, sospensione per<br />

gli arti superiori, incatenamento in posi‐<br />

zioni dolorose e privazione del cibo e del<br />

sonnoʺ.<br />

La tortura nei Laogai è testimoniata dai<br />

praticanti del Falun Gong, che riportano<br />

di Michele Capaccioli<br />

numerosi altri metodi. Pratiche dello<br />

stesso tipo sono documentate negli anni<br />

ʹ90 da Harry Wu e nel 1958 dal Libro<br />

bianco sul lavoro forzato nella Repubbli‐<br />

ca Popolare Cinese della Commissione<br />

Internazionale contro il regime concen‐<br />

trazionario.<br />

Philip Williams e Yenna Wu spiegano<br />

che i metodi di tortura recenti differisco‐<br />

no di poco da quelli tradizionali, applica‐<br />

ti durante la dinastia Qing. Il libro Huo<br />

diyu di Li Baojia del 1906 descrive e mo‐<br />

stra graficamente tali metodi.<br />

La Repubblica Popolare Cinese definisce<br />

i Laogai come “un processo di riforma<br />

dei criminali attraverso il lavoro, essen‐<br />

zialmente un metodo efficace per elimi‐<br />

nare i criminali e i controrivoluzionari”.<br />

Il Tifa, che elenca i vocaboli utilizzabili in<br />

Cina, afferma che è illegale chiamare i<br />

Laogai “campi di concentramento” o<br />

semplicemente “campi”, perché si riferi‐<br />

scono solamente ai campi nazisti, sovieti‐<br />

ci o della Cina nazionalista. Ma, come<br />

vedremo, è la Cina a commettere qualco‐<br />

sa di illegale, manipolando la realtà dei<br />

fatti al mondo intero.<br />

Molte sono state le denunce della comu‐<br />

nità internazionale:<br />

‐ il Congresso degli Stati Uniti a grande<br />

maggioranza approvò il 16 dicembre<br />

2005 la mozione 294 per condannare i<br />

Laogai quale strumento di repressione<br />

del Governo cinese, proibendo l’importa‐<br />

zione di tutti i prodotti provenienti dai<br />

lavori forzati nei campi di concentramen‐<br />

to cinesi e richiamando l’appoggio del<br />

Parlamento dell’Unione Europea affinché<br />

una simile risoluzione venisse approvata<br />

dalla Commissione per i Diritti Umani<br />

dell’ONU.<br />

‐ il 7 settembre del 2006 il Parlamento<br />

Europeo ha approvato una risoluzione<br />

non legislativa a scopo di critica delle<br />

violazioni delle libertà religiose, del ri‐<br />

corso alla tortura ecc, chiedendo il rila‐<br />

scio di tutti i prigionieri politici. L’UE ha<br />

anche espresso la preoccupazione nei<br />

confronti dell’accondiscendenza mostra‐<br />

ta da Yahoo e Google verso la politica di<br />

censura del Governo cinese;<br />

‐ il Bundestag tedesco il 7 marzo 2007<br />

approva a larghissima maggioranza la<br />

mozione 16/5146 presentata da esponenti<br />

di CDU/CSU, FDP, SPD e Verdi e dive‐<br />

nuta successivamente risoluzione il 10<br />

maggio, quale strumento di condanna<br />

dei Laogai;<br />

‐ nel giugno del 2004 il Ministero per il<br />

Commercio ed Affari Esteri australiano<br />

in un documento commerciale inerente<br />

alla Cina, dedica un intero capitolo al<br />

“China’s Prison Labour System – the<br />

Laogai”, dove si paragonano i Laogai ai<br />

campi sovietici, stimandone tra i 1000 e<br />

6000 con un numero di prigionieri tra 10<br />

e 20 milioni. Inoltre, viene affermato che<br />

“... la Cina è uno stato a partito unico con<br />

un forte apparato di sicurezza che non<br />

ammette il dissenso politico. In un paese<br />

di 1,2 miliardi di abitanti si può presu‐<br />

mere che molti siano incarcerati per una<br />

varietà di ragioni ‐ la dura repressione<br />

dei Falun Gong negli ultimi anni è un<br />

esempio. È pratica normale della politica<br />

cinese far lavorare i prigionieri, è proba‐<br />

bile che questi prigionieri producano<br />

beni di consumo e che alcuni di questi<br />

giungano anche sui mercati internaziona‐<br />

li”.<br />

Non esiste la perfezione, ma chi usa la<br />

diplomazia, affermando che non è possi‐<br />

bile interferire negli affari interni di un<br />

Paese, dovrebbe essere messo di fronte<br />

alla proprie responsabilità. Come direbbe<br />

il Manzoni, “A noi poverelli le matasse<br />

paion più imbrogliate, perché non sap‐<br />

piamo trovarne il bandolo”. E’ quindi<br />

giunto il momento che la comunità inter‐<br />

nazionale, sicuramente al corrente della<br />

situazione meglio di noi, dia alla Cina un<br />

aut aut per riflettere di più sul “come<br />

viviamo”. Infatti, come diceva Abrahm<br />

Lincoln, “Potete ingannare tutti per qual‐<br />

che tempo e alcuni per tutto il tempo, ma<br />

non potete ingannare tutti per tutto il<br />

tempo”.


di Chiara Jacini<br />

nche il progetto di Martti Ahti‐<br />

saari per lo statuto futuro del<br />

Kosovo non ha avuto successo,<br />

ricevendo il rifiuto da parte della Serbia.<br />

Questo ennesimo fallimento di accordo<br />

fra Belgrado e Pristina rende la situazio‐<br />

ne sempre più rischiosa, andando a raf‐<br />

forzare l’idea espressa da Zivkovic (ex<br />

primo ministro serbo), che “Fin dai tempi<br />

del principe Lazar chiunque abbia af‐<br />

frontato il problema del Kosovo ha mise‐<br />

ramente fallito”.<br />

Il piano di Martti Ahtisaari, inviato spe‐<br />

ciale del Segretario Generale dell’Onu<br />

per la definizione dello statuto del Koso‐<br />

vo, prevedeva un’indipendenza della<br />

regione ma a condizione di importanti<br />

riforme costituzionali da attuare sotto il<br />

controllo della comunità internazionale,<br />

che avrebbe provveduto alla salvaguar‐<br />

dia dei diritti delle enclaves serbe.<br />

Proponeva una decentralizzazione in sei<br />

nuove municipalità nelle zone serbe fino‐<br />

ra inglobate in più vaste municipalità<br />

controllate da maggioranza albanese,<br />

attribuendo loro competenze.<br />

Il progetto di Ahtisaari di mettere in pra‐<br />

tica il modello di democrazia multietnica<br />

era una sfida abbastanza ardua, ma dato<br />

gli episodi di violenza che si sono susse‐<br />

guiti negli ultimi decenni e l’eliminazio‐<br />

ne dei diritti, non solo politici ma anche<br />

civili, della maggioranza albanesi,dal<br />

1990 in poi, ha portato a pensare che l’i‐<br />

potesi di una sostanziale autonomia del<br />

Kosovo fosse del tutto velleitaria.<br />

Secondo Athisaari provare a fare convi‐<br />

vere le due etnie attraverso un sistema di<br />

integrazione e partecipazione delle co‐<br />

munità serbe ai vari livelli istituzionali<br />

secondo il principio di sussidiarità, a‐<br />

vrebbe portato a lungo termine risultati<br />

migliori che una soluzione separatista<br />

come quella proposta dai vertici di Bel‐<br />

grado.<br />

La Serbia proponeva invece una sparti‐<br />

zione territoriale che oltre ad essere forte‐<br />

mente antitetica alla multietnicità, avreb‐<br />

be portato all’esodo in massa dei non<br />

albanesi o comunque avrebbe lasciato le<br />

comunità serbe al di fuori del proprio<br />

territorio in mano al loro destino.<br />

Il rifiuto di Belgrado è parso a molti au‐<br />

tolesionista al cospetto degli effettivi<br />

vantaggi che il piano Ahtisaari avrebbe<br />

BALCANI<br />

Kosovo, la prima sfida del 2008<br />

Bocciata la proposta Ahtisaari, falliti i tentativi di soluzione della Trojka,<br />

l’indipendenza della regione si trasforma nella prima sfida per l’Europa<br />

portato a tutte le comunità serbe, ma, se<br />

si possono intuire le ragioni interne, do‐<br />

vute al bisogno di captare consensi elet‐<br />

torali, non sono chiare le intenzioni futu‐<br />

re per alleviare le tensioni; non si capisce<br />

come la Serbia pensa di poter gestire nel<br />

territorio le competenze di una sovranità<br />

residua in una provincia al novanta per‐<br />

cento albanese, se non con l’utilizzo di<br />

forze militari per proteggere le minoran‐<br />

ze serbe.<br />

Bisogna però precisare che neanche il<br />

governo di Pristina era fiducioso riguar‐<br />

do al progetto proposto da Ahisaari; si<br />

era infatti espresso disponibile a quello<br />

che definiva “un difficile ma accettabile<br />

compromesso” solo nel momento in cui<br />

si era assicurato il rifiuto da parte di Bel‐<br />

grado.<br />

Ovviamente il mancato accordo fra Bel‐<br />

grado e Pristina ha messo in moto pesan‐<br />

ti interferenze da parte della comunità<br />

internazionale in generale, ma soprattut‐<br />

to dei suoi maggiori esponenti, che han‐<br />

no cercato di strumentalizzare il proble‐<br />

ma per favorire i propri interessi.<br />

Tra la spinta russa verso un atteggiamen‐<br />

to intransigente nei confronti dei kosova‐<br />

ri e le pressioni statunitensi verso un’in‐<br />

dipendenza kosovara forse chi avrebbe<br />

potuto esercitare un forza risolutrice era<br />

l’Europa, la quale, invece, trovatasi divi‐<br />

sa al suo interno, non ha potuto esercita‐<br />

re quel ruolo centrale nella politica balca‐<br />

nica, designata al vertice di Salonicco nel<br />

2003 con l’impegno per il processo di<br />

stabilizzazione e associazione.<br />

Inizialmente l’Unione Europea aveva<br />

perorato il piano Athisaari ma dopo il<br />

rifiuto della Serbia, si è sfaldata in diver‐<br />

se posizioni: i paesi europei come, Spa‐<br />

gna, Slovacchia, Grecia, Cipro, Romania,<br />

caratterizzati anche loro da tensioni etni‐<br />

che interne hanno cambiato posizione<br />

per paura che l’ondata di seccessione<br />

arrivasse fino dalle loro parti.<br />

Il fallimento coinvolge anche la comunità<br />

internazionale; il Consiglio di Sicurezza,<br />

infatti, non è riuscito a superare i contra‐<br />

sti e si è trovato nuovamente a non saper<br />

gestire questo focolaio balcanico.<br />

Un occasione persa anche per l’Unione<br />

Europea che una volta di più non è riu‐<br />

scita a trovare una posizione univoca e<br />

quindi ad assumere un ruolo decisivo<br />

sullo scacchiere internazionale, neanche<br />

riguardo a un problema che si presenta<br />

in <strong>casa</strong> propria.


l lavoro nobilita l’uomo, ma<br />

qualche volta va anche oltre e lo<br />

uccide.<br />

In Italia gli incidenti sul lavoro non<br />

accennano a diminuire e in molti<br />

casi, come accaduto recentemente,<br />

assumono connotazioni tragiche ed<br />

irreparabili. La radice di queste tra‐<br />

gedie è da ricercarsi nel capovolgi‐<br />

mento di valori e significati attribuiti<br />

al lavoro, capovolgimento causato da<br />

molteplici fattori che rendono quasi<br />

esercizio ozioso trovare colpevoli e<br />

responsabili, costringendoci a partire<br />

dalla consapevolezza che stiamo as‐<br />

sistendo alla frana di un sistema che<br />

fatica a reggersi in piedi. Nella scala<br />

dei valori è avvenuta un’inversione<br />

dove la produzione ed il profitto<br />

hanno definitivamente scavalcato la<br />

centralità delle persone.<br />

Le imprese italiane sono sempre più<br />

orientate al raggiungimento del mas‐<br />

simo guadagno costrette a fronteg‐<br />

giare con difficoltà i nuovi mercati e<br />

tendono a cercare competitività nella<br />

direzione ossessiva del taglio dei<br />

costi.<br />

Le conseguenze sono immediata‐<br />

mente visibili. Scarsa qualità, tempi<br />

di esecuzione sempre più contratti,<br />

aridità dʹinvestimenti nella ricerca,<br />

nella tecnologia e purtroppo anche<br />

nella sicurezza, con un utilizzo di<br />

lavoratori troppo spesso non ade‐<br />

guatamente preparati rispetto alle<br />

mansioni assegnate.<br />

Scavando poi nei settori dove il som‐<br />

merso ed il lavoro nero la fanno da<br />

padrone, come nel caso delle piccole<br />

imprese edili, la questione sicurezza<br />

diventa un grosso punto interrogati‐<br />

vo.<br />

I lavoratori sono con l’acqua alla gola<br />

e, sempre più concentrati nel difficile<br />

obiettivo di arrivare alla fine del me‐<br />

ENSIERI AROLE<br />

I fatti d’attualità commentati dai ragazzi<br />

Il regresso<br />

del progresso<br />

di Luca Fontana<br />

se e di conservare il posto di lavoro,<br />

tendono ad accettare condizioni e<br />

richieste che un tempo sarebbero<br />

state oggetto quantomeno di un’at‐<br />

tenta valutazione.<br />

Il sindacato, dal canto suo, non forni‐<br />

sce sempre la sensazione di mirare<br />

correttamente i bersagli da colpire,<br />

disperdendo energie preziose da uti‐<br />

lizzare, ad esempio, nel fare della<br />

sicurezza un punto comune impre‐<br />

scindibile della contrattazione collet‐<br />

tiva.<br />

«La repressione ed il<br />

controllo devono essere<br />

accompagnati dalla<br />

promozione dell’attività<br />

di prevenzione che non<br />

può non passare<br />

attraverso una nuova<br />

cultura del lavoro da<br />

inculcare a imprese e<br />

lavoratori partendo dalle<br />

più giovani generazioni»<br />

Gli incidenti sul lavoro rappresenta‐<br />

no un campanello d’allarme ancora<br />

più assordante se pensiamo che oggi,<br />

nel terzo millennio, esistono leggi<br />

valide rispetto al passato e che il pro‐<br />

gresso e la tecnologia forniscono, in<br />

teoria, gli strumenti necessari per<br />

lavorare in discreta sicurezza. Invece<br />

le cifre ci raccontano un’altra storia,<br />

intrisa di tragici capitoli che un paese<br />

civile non dovrebbe essere costretto<br />

ad ascoltare. Come arginare il pro‐<br />

www.acidopolitico.com<br />

blema in tempi brevissimi?<br />

Ovviamente si potranno inasprire le<br />

pene per chi infrange le leggi, ma è<br />

inutile ricercare con un colpo di bac‐<br />

chetta magica la soluzione urlata, il<br />

rimpallo di responsabilità, il solito<br />

voltare pagina senza che cambi nulla<br />

dettato, come sempre accade in Ita‐<br />

lia, dagli spruzzi dell’onda emotiva.<br />

Non è di questo che abbiamo biso‐<br />

gno.<br />

Le famiglie delle vittime ed i lavora‐<br />

tori che da domani per ogni giorno<br />

fino alla pensione timbreranno nuo‐<br />

vamente il cartellino non vogliono<br />

vendette sporadiche, vogliono solo<br />

giustizia e la certezza di poter ab‐<br />

bracciare la sera i propri cari. Si ri‐<br />

spettino e si facciano rispettare le<br />

leggi già in vigore, con un contributo<br />

di serietà e impegno da parte di tutti.<br />

Politica, impresa e sindacato.<br />

La repressione ed il controllo devono<br />

essere accompagnati dalla promozio‐<br />

ne dell’attività di prevenzione che<br />

non può non passare attraverso una<br />

nuova cultura del lavoro da inculca‐<br />

re a imprese e lavoratori partendo<br />

dalle più giovani generazioni.<br />

La politica può fare la sua parte ado‐<br />

perandosi con l’attività ispettiva e di<br />

controllo da svolgere con maggiore<br />

efficacia anche se la struttura produt‐<br />

tiva italiana composta di piccole,<br />

piccolissime imprese, non rende la<br />

vita semplice agli ispettori che natu‐<br />

ralmente non sono presenti sul terri‐<br />

torio in numero sufficiente.<br />

Il governo deve però moltiplicare gli<br />

sforzi iniziati in questi mesi, perché<br />

in un paese civile si può vivere per<br />

lavorare o lavorare per vivere, secon‐<br />

do i punti di vista di ognuno, ma non<br />

si dovrebbe mai lavorare per morire<br />

o morire per lavorare. Il tempo delle<br />

parole è scaduto.


Un governo bipartitico<br />

all’orizzonte<br />

he Berlusconi non sia nuovo ai<br />

colpi di scena è un fatto risaputo.<br />

Venuto fuori dalle ceneri di tan‐<br />

gentopoli nei primi anni novanta è ormai<br />

il padrone assoluto della scena politica<br />

italiana: amato e odiato leader politico,<br />

galvanizzatore di masse, retorico populi‐<br />

sta e grande comunicatore, ha presieduto<br />

ben tre governi ed è tra i responsabili<br />

dell’attuale sistema bipolare.<br />

Attualmente è il capo dell’opposizione e<br />

negli ultimi mesi è ritornato sotto i riflet‐<br />

tori rielaborando il sistema operativo del<br />

suo partito e sancendo la fine della coali‐<br />

zione che lo ha portato al governo nella<br />

scorsa legislatura. Traspare lucidamente<br />

che le sue recenti azioni siano mosse da<br />

obbiettivi e volontà ben precise e che<br />

nella sua immaginazione sia già raffigu‐<br />

rato in maniera definita il futuro politico<br />

del paese. Certamente lui ha i numeri<br />

per poter cambiare le carte in tavola.<br />

In ogni modo le sue mosse sembrano<br />

determinate. A sinistra nasce il Pd in<br />

risposta a quel cambiamento politico<br />

ormai invocato da anni e Berlusconi, per<br />

non restare indietro, trasforma Forza<br />

Italia in Partito delle libertà annuncian‐<br />

done la nascita dal predellino di una<br />

macchina in mezzo a una folla osannante<br />

e senza tenere in alcun conto gli alleati.<br />

Successivamente sancisce la fine della<br />

<strong>Casa</strong> delle libertà facendo sapere di voler<br />

dire addio ai “vecchi parrucconi della<br />

politica” (è ovvio che un trapianto di<br />

capelli è molto meglio!) e aprendo, intan‐<br />

to, il dialogo con Veltroni sulla legge<br />

elettorale. Appare chiaro che l’intesa non<br />

si cerca solo su questa ipotesi di riforma<br />

ma va ben più in là e c’è chi paventa la<br />

formazione di un futuro governo biparti‐<br />

to, ipotesi sicuramente da non escludere,<br />

anzi!<br />

Ma proviamo ad analizzare questo possi‐<br />

bile scenario. Veltroni non vede l’ora di<br />

mandare a <strong>casa</strong> Prodi e diventare leader<br />

di un futuro governo. Ha ben capito però<br />

che il centrosinistra attuale sta ormai<br />

esalando i suoi ultimi respiri e sa che se<br />

il Pd non cerca nuove alleanze o non<br />

realizza concretamente la sua vocazione<br />

maggioritaria (il che è alquanto improba‐<br />

bile) potrà dire addio a Palazzo Chigi.<br />

Le soluzioni a ben vedere non sono mol‐<br />

te e un’alleanza col Cavaliere sembrereb‐<br />

be la strada più praticabile.<br />

di Danilo Aprigliano<br />

«Per quanto riguarda il<br />

destino politico del<br />

nostro Paese è certo<br />

che un governo<br />

bipartitico potrebbe<br />

risolvere alcune delle<br />

anomalie nei governi<br />

di <strong>casa</strong> nostra»<br />

Dal canto suo Berlusconi sa che il centro‐<br />

destra non gode di ottima salute e deside‐<br />

rerebbe presiedere un governo un po’<br />

meno vincolante. Che tra i due ci siano<br />

intenzioni di avvicinamento sembra ab‐<br />

bastanza chiaro. A parte certe frequenta‐<br />

zioni e i dialoghi nei cantieri tra Veltroni<br />

e Letta, basti pensare ai silenzi del Pd<br />

sugli ultimi problemi giudiziari del<br />

leader dell’opposizione e agli attacchi più<br />

soft che quest’ultimo riserva all’ala mode‐<br />

rata della maggioranza.<br />

Per quanto riguarda il destino politico del<br />

nostro Paese è certo che un governo bi‐<br />

partitico potrebbe risolvere alcune delle<br />

anomalie nei governi di <strong>casa</strong> nostra. In‐<br />

nanzitutto sparirebbero le ali estreme<br />

delle coalizioni e non avremmo più ese‐<br />

cutivi ricattati da partiti come Rifondazio‐<br />

ne comunista, la Lega nord o, peggio,<br />

l’Udeur. Ci si accorderebbe più facilmen‐<br />

te nell’attività di governo e si potrebbe<br />

anche tentare qualche riforma seria e ra‐<br />

dicale (sempre che ce ne sia la volontà tra<br />

i vari responsabili) e magari qualche azio‐<br />

ne a vocazione liberale (non certo laica<br />

comunque).<br />

Resterebbero sicuramente varie incognite,<br />

a partire dal conflitto di interessi del Ca‐<br />

valiere e dalla possibilità di autoritarismo<br />

bipartitico (il che, comunque, non appor‐<br />

terebbe sostanziali cambiamenti nella<br />

partitocrazia italiana), un’invasione mo‐<br />

dello piovra di tutti gli apparati di potere,<br />

un ritorno in grande stile della Democra‐<br />

zia Cristiana. Sono comunque solo dei<br />

rischi e, considerando la situazione attua‐<br />

le, chissà che non valga la pena di correr‐<br />

li.<br />

PENSIERI & PAROLE<br />

PAROLE & POLITICA<br />

LE FRASI DI GIANCARLO GENTILINI<br />

“Bisognerebbe vestirli da leprotti<br />

per fare pim pim pim col fucile”<br />

Sugli immigrati “perdigiorno”<br />

Il Messaggero, 09.08.2007<br />

****************************<br />

“Siamo in guerra, i gommoni degli<br />

immigrati devono essere affondati a<br />

colpi di bazooka. Occorre puntare ad<br />

altezza uomo”<br />

“Tutte le sparate del pro sindaco”,<br />

Il Messaggero, 09.08.2007<br />

****************************<br />

“Ho dato disposizioni alla coman‐<br />

dante dei vigili urbani affinché faccia<br />

pulizia etnica dei culattoni... Qui a<br />

Treviso non cʹè nessuna possibilità<br />

per culattoni e simili”<br />

La Repubblica, 09.08.2007<br />

****************************<br />

“Io non ho nulla contro i gay, le pro‐<br />

stitute, le lesbiche: ognuno è arbitro<br />

del proprio corpo. Non tollero però<br />

che queste esibizioni amorose, o al‐<br />

tro, avvengano nella provincia di<br />

Treviso. Pulizia etnica quindi signifi‐<br />

ca tabula rasa”<br />

L’Unità, 09.08.2007


BOTTA & RISPOSTA<br />

«Il paese delle “assurde” meraviglie»<br />

Dopo la nostra inchiesta sul “Ku Klux Klan Italia”, una replica<br />

piccata degli “Ufficiali del Reame” pubblicata sul loro blog<br />

tenta di smentire quanto scritto sulla nostra rivista<br />

are dellʹAmore verso Dio, la Cristianità<br />

e lʹOccidente il proprio primo principio<br />

di vita sembra essere per alcuni<br />

ʺIstigare alla Guerra Santaʺ.<br />

Così sembra pensarla tale ʺL. B.ʺ, gestore del<br />

sito/blog ʺ<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>ʺ, che in un suo re‐<br />

cente articolo dalle esilaranti finiture inerente<br />

al Reame dʹItalia della White Legion Knights<br />

of the Ku Klux<br />

Klan, ha espressa‐<br />

mente istigato alla<br />

repressione immoti‐<br />

vata (In puro stile<br />

STATO DI POLI‐<br />

ZIA) di tutti coloro<br />

a lui non congeniali<br />

per Fede o veduta<br />

politica.<br />

Ebbene si, perchè il<br />

confuso articolo in<br />

q u e s t i o n e<br />

(Evidentemente<br />

costruito sulla base di va‐<br />

sta ignoranza in materia), è un minestrone di<br />

interpretazioni personali, un mix esplosivo in<br />

cui vengono tirati in causa persone del tutto<br />

estranee al Klan (Spesso da lui definiti<br />

ʺMEMBRIʺ nel corso del travagliato testo),<br />

persone addirittura a noi avverse in quanto<br />

sostenitori del più criminale fondamentali‐<br />

smo islamico e altre che hanno sfoggiato una<br />

discreta conoscenza della natura evolutiva<br />

del KKK ma ancora non del tutto sufficiente.<br />

Tutte persone ʺpescateʺ e spiate in puro stile<br />

ʺJames Bondʺ da Blog in giro per la rete.<br />

La lettura del suddetto articolo (che ci è stato<br />

prontamente segnalato) si è rivelata una vera<br />

e propria gita in un mondo fantastico e irrea‐<br />

le dove i passi della Sacra Bibbia vengono<br />

costantemente tacciati di criminosità e razzi‐<br />

smo, dove lʹessere Cristiani devoti significa<br />

essere politicanti estremisti, dove il Klan è<br />

divenuto ANTISICILIANO (Sebbene qualche<br />

meridionale lo abbiamo pure) dove compiere<br />

errori di scrittura (del tutto normali per chi<br />

scrive ore e ore sul web) sono sintomo di<br />

velato analfabetismo, dove amare la propria<br />

religione, le Proprie Tradizioni e la propria<br />

Gente significa mirare allo<br />

sterminio indiscriminato delle altre razze e<br />

popoli, dove magari postare articoli di crona‐<br />

ca nera è sintomo di odio e non dʹinformazio‐<br />

ne benevola.<br />

E lì, sovrastante una montagna di fantastiche‐<br />

rie farcite da un apparente intellettualismo,<br />

ecco il sommo sovrano ʺL.B.ʺ regnare<br />

ʺsputandoʺ sentenze unidirezionali, condan‐<br />

nando pensieri e persone ed esigendone la<br />

repressione ingiustificata.<br />

Ma non finisce lì!<br />

Eh, già! Poichè sembra che il nostro dotto<br />

oratore sia giudice non solo delle genti, ma<br />

anche delle FEDI. Egli infatti dichiara indiret‐<br />

tamente di essere in possesso delle ʺVERITAʹ<br />

DELLA BIBBIAʺ tacciando di fasullità e di‐<br />

storsione le ʺLettureʺ a lui non congeniali.<br />

(Anche se non è<br />

ben chiaro quale<br />

secondo lui sia<br />

lʹinterpretazione<br />

dottrinale Cristia‐<br />

na corretta).<br />

E ora con sommo<br />

dispiacere e scon‐<br />

volgimento per<br />

tutti i credenti nel<br />

ʺVecchio Testa‐<br />

mentoʺ (Cristiani<br />

e non) precisiamo che il ʺnostro<br />

incontestabile autoreʺ ha espressamente<br />

dichiarato che il Deuteronomio e la Genesi<br />

sono da considerarsi intrisi di Passi MALVA‐<br />

GI e quindi da sopprimere…<br />

a quanto pare ʺL.B. DEVE AVERE SEMPRE<br />

RAGIONEʺ (Convinto lui...)…<br />

Ebbene noi non obblighiamo certo il signore<br />

in questione ad approvare, condividere o<br />

sostenere la nostra Chiesa ma per il rispetto<br />

del Credo dellʹintera Cristianità lo preghiamo<br />

di rivolgere le sue critiche/offese altrove e<br />

non alle Sacre Scritture.<br />

Gli Ufficiali di Reame<br />

________________________________________<br />

ari “Ufficiali di Reame”,<br />

se aveste davvero letto l’inchiesta<br />

pubblicata sullo scorso numero di<br />

“<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”, vi sareste risparmiati que‐<br />

sta figuraccia. Va bene cercare di “smontare”<br />

un articolo, ma addirittura stravolgere quan‐<br />

to di più palese ci possa essere (cioè quello<br />

che è stato scritto), ha il sapore della presa<br />

per i fondelli. Per questo, non ha senso cor‐<br />

reggere punto per punto la Vostra presa di<br />

posizione ufficiale. Quanto alle offese gratui‐<br />

te rivolte alla mia persona, lascio ai lettori<br />

giudicare.<br />

Per inciso, non sono il “gestore” di “<strong>Acido</strong><br />

<strong>Politico</strong>”, ma uno dei quasi cinquanta ragaz‐<br />

zi che si impegnano a realizzare questo pro‐<br />

getto editoriale. Anche questa piccola, quanto<br />

significativa imprecisione dimostra che la<br />

Vostra attenzione è stata prossima allo zero.<br />

Leonard Berberi<br />

PROMEMORIA<br />

gni volta che devo parlare<br />

della vicenda Europa 7 lo<br />

faccio con un misto di<br />

sentimenti che oscillano tra la rab‐<br />

bia e la tristezza. In un paese nor‐<br />

male una vicenda come quella di<br />

cui vi esorterò ad informarvi a‐<br />

vrebbe suscitato lo scalpore e l’in‐<br />

dignazione di un gran numero di<br />

cittadini ma in Italia ciò non avvie‐<br />

ne ed il tutto passa, come altri ac‐<br />

cadimenti altrettanto stucchevoli,<br />

in maniera completamente natura‐<br />

le in un silenzio assordante. Non è<br />

mia intenzione indagare in questa<br />

pagina i motivi per i quali si arriva<br />

ad una situazione del genere, an‐<br />

che perché molto probabilmente<br />

non basterebbero neanche tutte le<br />

pagine di questo giornale. Ed inol‐<br />

tre più ne parlo e più mi irrito.<br />

La voce “Europa 7” di Wikipedia<br />

spiega perfettamente, in maniera<br />

chiara e ordinata, il susseguirsi di<br />

fatti di cui si costruisce questa vi‐<br />

cenda, che tutti dovrebbero sapere<br />

ma che purtroppo pochi conosco‐<br />

no.<br />

Vi esorto a leggere quella voce di<br />

wikipedia, così come vi invito a<br />

digitare su Youtube sempre<br />

“Europa 7” e a vedere l’intervista a<br />

Di Stefano. Non penso di poter<br />

aggiungere nulla di più di quello<br />

che potete trovare in queste due<br />

straordinarie fonti d’informazione<br />

che la tecnologia ci sta donando e<br />

che stridono in positivo in con‐<br />

fronto all’appiattimento omologa‐<br />

to e manipolato dell’informazione<br />

televisiva e del panorama giornali‐<br />

stico (tranne alcuni rari casi) italia‐<br />

no.<br />

Per tutelare l’informazione gover‐<br />

nativa e controllata si va contro<br />

una sentenza della Corte Costitu‐<br />

zionale (sentenza 466/2002), contro<br />

la legge italiana (art. 3, comma 6 e<br />

7, della legge 31/07/97, n. 249 ;<br />

Decr.Min. del 28/07/99), contro il<br />

Consiglio d’Europa (risoluzione<br />

Giugno 2004).<br />

In attesa di una sentenza della<br />

Corte Giustizia Europea Europa 7<br />

continua a rimanere non operati‐<br />

va, ormai da più di otto anni. Una<br />

scelta bi‐partisan e largamente<br />

condivisa che, anche se illegale,<br />

non può non mettere tutti d’accor‐<br />

do, o sbaglio?<br />

Antonio Bisignano


E<br />

INCISO<br />

’ invisibile, come l’altra faccia della luna.<br />

Si chiama ‘Ndrangheta e rappresenta la<br />

criminalità organizzata calabrese: una tra<br />

le più forti e pericolose organizzazioni criminali<br />

del mondo. Secondo le forze dell’ordine in Calabria<br />

sono attualmente operanti 150 clan locali<br />

che affiliano circa 6000 mafiosi.<br />

La mafia calabrese ha un potere enorme, in<br />

molte zone d’Italia ha ormai raggiunto un controllo<br />

considerevole, è praticamente ovunque:<br />

dalla Valle d’Aosta al litorale laziale, dal Veneto<br />

al Piemonte.<br />

E nella ricca Lombardia? L’hinterland milanese<br />

è il paradiso degli affari: non c’è solo il traffico<br />

di cocaina, ma anche costruzioni, negozi, discoteche.<br />

Sta crescendo una nuova generazione<br />

della mafia che cambia stile per diventare più<br />

forte. A Buccinasco (la Platì del Nord) si preferisce<br />

far finta di niente, eppure solo pochi anni fa<br />

l’ex sindaco Maurizio Carbonera riceveva diversi<br />

atti intimidatori.<br />

La ‘ndrangheta, però, non la troviamo solo in<br />

Italia, è presente o traffica in oltre 40 paesi del<br />

mondo, soprattutto in Australia, Canada e Germania.<br />

Molteplici sono i suoi interessi: appalti edilizi,<br />

estorsioni, sfruttamento della prostituzione,<br />

tangenti, riciclaggio di denaro, smaltimento di<br />

rifiuti tossici, traffico di armi e di droga.<br />

Nel 2004 si stima che la ‘ndrangheta abbia guadagnato<br />

solo dal traffico di droga 22 miliardi e<br />

340 milioni di euro e la fonte principale di tali<br />

guadagni è senza dubbio la cocaina: è il petrolio<br />

bianco il vero miracolo del capitalismo moderno,<br />

una gigantesca ragnatela mondiale gestita<br />

assieme alla camorra. Nel traffico delle<br />

armi il guadagno è di 2 miliardi e 353 milioni di<br />

euro, mentre 4 100 milioni di euro è il giro d’affari<br />

nell’usura. Questa ovviamente è solo una<br />

parte dei suoi guadagni: secondo dati Eurispes<br />

la ‘ndrangheta nel 2004 ha avuto un giro d’affari<br />

stimato di 36 miliardi di euro.<br />

In Italia si può parlare di mafia in maniera<br />

spettacolare, cinematografica, ma quando si<br />

dice qualcosa di pesante per l’opinione pubblica<br />

c’è un rifiuto totale. Sono diverse le zone del<br />

meridione soggette a situazioni disperate<br />

(come Reggio Calabria), ma tutto ciò non attira<br />

attenzione perché non ci sono stragi, non ci<br />

sono morti. Non ci sono stragi perché ormai<br />

non c’è più bisogno di sparare e tale è il controllo<br />

che non c’è bisogno di ammazzare.<br />

In Calabria hanno smesso di sparare perché<br />

hanno vinto. Esiste un’emergenza mafiosa solo<br />

di fronte alla visibilità del fenomeno e, nella<br />

normalità della pax mafiosa, l’indifferenza degli<br />

organi d’informazione è totale, l’indifferenza<br />

dell’opinione pubblica segue. Il potere dell’informazione<br />

è notevole: loro vogliono proprio il<br />

silenzio, vogliono che questa situazione non<br />

arrivi a livello nazionale, perché se non arriva a<br />

diventare un problema nazionale il controllo del<br />

territorio, per loro, è garantito.<br />

Quanti servizi avete visto in televisione o avete<br />

letto sui giornali (a parte l’eccezione dell’inchiesta<br />

di Curzio Maltese su Repubblica e pochi<br />

altri) sulla ‘ndrangheta in Calabria? Perché tutto<br />

questo silenzio dei media? Perché si preferisce<br />

parlar d’altro quando abbiamo la più grave emergenza<br />

per l’intero paese? E lo Stato? Per il<br />

momento si preferisce togliere l’inchiesta al pm<br />

De Magistris che indagava su collusioni tra mafia,<br />

politica e altri poteri occulti.<br />

Lo stato può (e deve) combattere la mafia, ha<br />

tutti gli strumenti necessari per farlo. Ma siamo<br />

sicuri che lo stia facendo?<br />

Matteo Forciniti<br />

MILANO ‐ Alla parola islam vengo‐<br />

no associate tante immagini: violen‐<br />

za, intolleranza, arretratezza, l’immo‐<br />

bilismo sociale di una religione che<br />

per molti ha solo il volto dell’inte‐<br />

gralismo alla Bin Laden.<br />

Ma non c’è solo questo. I venti di<br />

modernità soffiano anche in questo<br />

mondo in apparenza solo retrogrado.<br />

Dalla fine del XIX secolo, in tutte le<br />

regioni del mondo islamico, emerge<br />

l’esistenza di una questione femmini‐<br />

le e i riformisti individuano nell’ade‐<br />

guamento della condizione giuridica<br />

della donna la sfida cruciale.<br />

La questione della donna mussulma‐<br />

na è diversa da quella<br />

della donna in genere. I<br />

modernisti sanno che si<br />

scontrano con un mon‐<br />

do dove l’inferiorità<br />

femminile è sacralizza‐<br />

ta. Il Corano stabilisce<br />

“gli uomini sono prepo‐<br />

sti alle donne, perché<br />

Dio ha prescelto alcuni<br />

esseri su gli altri e per‐<br />

ché essi donano dei loro<br />

beni per mantenerle”.<br />

Dio consacra la donna<br />

a questa condizione di “eterna mino‐<br />

renne” tenuta all’obbedienza al mari‐<br />

to, priva di diritto di divorzio, espo‐<br />

sta al ripudio, tenuta ad accettare la<br />

poligamia come strumento di prote‐<br />

zione femminile. Su di lei si fonda<br />

l’onore e anche il disonore dei paren‐<br />

ti maschi.<br />

La sua virtù è la sua castità, segno<br />

ambivalente di distinzione e rispetto<br />

quanto di segregazione e oppressio‐<br />

ne. In Marocco il movimento femmi‐<br />

nile dal 1980 chiede la riforma del<br />

codice dello statuto personale la Mu‐<br />

dawwana fondato sulla Shari’a.<br />

Union de l’Action femminine riven‐<br />

dica uguaglianza tra coniugi, la pos‐<br />

sibilità per la donna maggiorenne di<br />

sposarsi senza ricorrere al tutore ma‐<br />

trimoniale, pari diritti e doveri per i<br />

coniugi, diritto di divorzio, abolizio‐<br />

ne della poligamia, diritto di tutela<br />

sui propri figli e considerare lavoro e<br />

studio diritti inalienabili per le don‐<br />

SOCIETA’<br />

Venti di modernità<br />

soffiano sull’Islam<br />

La questione femminile viene posta al centro<br />

del dibattito riformista dai musulmani<br />

di Stefania Carusi<br />

ne. Sono gli anni novanta e la revisio‐<br />

ne della Mudawwana è sempre più<br />

necessaria all’interno di in Paese che<br />

cerca di affermare una democrazia,<br />

inattuabile la dove la metà della po‐<br />

polazione è in condizione di evidente<br />

inferiorità. Le femministe marocchine<br />

raccolgono una petizione di otre un<br />

milione di firme provocando la vio‐<br />

lenta reazione degli islamisti che le<br />

accusano di andare contro la lettera<br />

dell’islam. La riforma del 93 è insod‐<br />

disfacente.<br />

Le donne marocchine comprendono<br />

che questa battaglia non può combat‐<br />

tersi lontano dal terreno religioso ma<br />

continuano a lottare. Nel 95 alla IV<br />

conferenza Mondiale delle nazioni<br />

Unite sulla donna il<br />

movimento trova nuovi<br />

slanci. Si crea un cordi‐<br />

namento transnazionale<br />

tra i vari movimenti<br />

femminili del Maghreb.<br />

Viene proposto un nuo‐<br />

vo Codice di famiglia.<br />

Molti sono i sostegni<br />

internazionali e in Ma‐<br />

rocco nel 98 sale al pote‐<br />

re il blocco democratico<br />

e il re Mohammed VI.<br />

Viene presentato un<br />

progetto di legge per L’integrazione<br />

femminile. Immediata la reazione<br />

degli islamisti. Il conflitto si sposta<br />

nelle piazze di Rabat e <strong>Casa</strong>blanca<br />

80.0000 modernisti contro 500.000<br />

islamisti. Il progetto di legge passa<br />

nelle mani del re l 8 marzo 2001. La<br />

riforma si conclude nel 10 ottobre<br />

del 2003 secondo un interpretazione<br />

evolutiva dei testi sacri è conforme<br />

all’islam, viene emanata 2004. la<br />

vittoria e un traguardo che è solo<br />

l’inizio.<br />

Una legge non può scardinare le con‐<br />

vinzioni di una società ancora gelosa‐<br />

mente attaccata ad una tradizione<br />

religiosa lenta nell’evolvere. La legge<br />

votata secondo principi democratici<br />

tesa verso un orizzonte maggiormen‐<br />

te laico è il risultato di un mondo<br />

femminile deciso a svestire i veli del‐<br />

l’oppressione.<br />

www.acidopolitico.com


UNITED STATES<br />

DES MOINES — The Democratic and<br />

Republican presidential candidates<br />

are navigating a far different set of<br />

issues as they approach the Iowa<br />

caucuses on Thursday than when<br />

they first started campaigning here a<br />

year ago, and that is likely to change<br />

even more as the campaigns move<br />

to New Hampshire and across the<br />

country.<br />

Even though polls show that Iowa<br />

Democrats still consider the war in<br />

Iraq the top issue facing the country,<br />

the war is becoming a less defining<br />

issue among Democrats nationally,<br />

and it has moved to the back of the<br />

stage in the rush of campaign rallies,<br />

town hall meetings and speeches<br />

that are bringing the caucus competition<br />

to an end. Instead, candidates<br />

are being asked about, and are increasingly<br />

talking about, the mortgage<br />

crisis, rising gas costs, health<br />

care, immigration, the environment<br />

and taxes.<br />

The shift suggests that economic<br />

anxiety may be at least matching<br />

national security as a factor driving<br />

the 2008 presidential contest as the<br />

voting begins.<br />

The campaigns are moving to recalibrate<br />

what they are saying amid<br />

signs of this changing backdrop; gone<br />

are the days when debates and<br />

television advertisements were filled<br />

with references to Iraq.<br />

Senator Hillary Rodham Clinton of<br />

New York recently produced a television<br />

advertisement that attacked the<br />

Bush administration for failing to<br />

deal with “America’s housing crisis.”<br />

Mitt Romney, the Massachusetts Republican,<br />

has begun talking about<br />

expanding health care coverage, an<br />

issue of particular concern in New<br />

Hampshire.<br />

“People say that health care is a Democratic<br />

issue,” he said. “Baloney.”<br />

John Edwards of North Carolina has<br />

a ready answer when asked about<br />

immigration at rallies here — a subject<br />

that rarely if ever came up at<br />

Democratic gatherings a year ago.<br />

He drew cheers at a New Year’s Day<br />

rally in Ames when he said that while<br />

he would support a path to citizenship<br />

for illegal immigrants, he<br />

would insist that none could become<br />

naturalized “until they learned to<br />

speak English.”<br />

Part of the shift appears to stem<br />

from the reduction in violence in Iraq<br />

after President Bush’s decision to<br />

send more troops there last year.<br />

Mrs. Clinton, who once faced intense<br />

opposition from her party’s left over<br />

her vote to authorize the war, now is<br />

NEW YORK TIMES<br />

Domestic issues now<br />

outweigh Iraq<br />

rarely pressed on it, though Democrats<br />

say it continues be a drag on<br />

her in this state. Senator John<br />

McCain, a strong proponent of increased<br />

troop levels, is off of the defensive<br />

and now positions himself as<br />

having been prescient about what<br />

would work to quell the violence.<br />

“You see much more concern about<br />

the economy,” said Mark Penn, Mrs.<br />

Clinton’s chief strategist. “You see<br />

much more concern about health<br />

care. When we started it was principally<br />

concern about the war, and<br />

now it’s a mix of war, the economy<br />

and health care.”<br />

Alex Castellanos, a senior strategist<br />

for Mr. Romney, said much the same<br />

thing was happening on the Republican<br />

side and suggested that it may<br />

have contributed to the success of<br />

Mike Huckabee, the Republican former<br />

governor of Arkansas.<br />

“As concern in the economy grows,<br />

you’ve seen in both parties this populist<br />

strain of appealing to voters,”<br />

Mr. Castellanos said.<br />

The shift in emphasis is also a reflection<br />

of the fact that New Hampshire<br />

is, politically, a very different place<br />

from Iowa, especially for Republicans.<br />

A central part of the Republican<br />

appeal here has been to social<br />

conservatives on issues like abortion<br />

and same-sex marriage; they have<br />

far less sway in New Hampshire.<br />

In that state, where the primary is<br />

held Jan. 8, Mr. McCain, Mr. Romney<br />

and Mrs. Clinton have begun<br />

broadcasting advertisements that<br />

talk about cutting taxes and reducing<br />

government spending. Both<br />

those issues have historically proved<br />

to have great resonance with New<br />

Hampshire voters, and particularly<br />

with independents who are allowed<br />

to vote in either primary.<br />

This is not to suggest that Iraq is no<br />

longer a pressing issue for many<br />

voters. Senator Barack Obama<br />

points to his unwavering opposition<br />

to the war in a television advertisement<br />

being broadcast in the final<br />

hours here, and Mr. McCain is pointing<br />

to his early advocacy of increasing<br />

troop levels in Iraq as evidence<br />

that he had more national security<br />

credentials than Mr. Romney.<br />

What has changed, though, is that<br />

the war in Iraq is far from the only<br />

issue driving this election, the result<br />

of the decline in carnage there and<br />

daily reports that the nation’s economy<br />

might be in trouble.<br />

“I still think the war is a real important<br />

issue,” said David Axelrod, a<br />

senior strategist for Mr. Obama. “But<br />

the sense of economic insecurity has<br />

grown and pushed those other issues<br />

up on the list of concerns.”<br />

That has become increasingly evident<br />

in what the candidates are hearing<br />

from voters. Mrs. Clinton and<br />

Mr. Obama were pressed on Social<br />

Security, gaps in Medicare coverage,<br />

the economic threat to middle class<br />

from the alternative minimum tax<br />

and rising energy costs. All the candidates<br />

are hearing, at virtually every<br />

stop, questions about immigration<br />

and trade deals.<br />

And it was increasingly evident in<br />

what the candidates were choosing<br />

to say at a time when they were enjoying<br />

as big as a stage as they will<br />

during this caucus season. In his<br />

speeches, Mr. Obama is spending<br />

less time speaking about the war<br />

than he once did, instead talking<br />

about a “retirement system that is in<br />

tatters,” and the loss of jobs to Mexico.<br />

Mr. McCain talked about Iraq<br />

and Pakistan, but moved to on to<br />

talk about education, health care<br />

and global warming.<br />

“There are a number of challenges<br />

facing us domestically,” Mr. McCain<br />

said Wednesday in Londonderry,<br />

N.H.<br />

Mrs. Clinton is devoting a long portion<br />

of her closing speech to health<br />

care. Mr. Huckabee’s closing stump<br />

speech is devoted to economic anxiety,<br />

as he criticizes Wall Street and<br />

hedge funds managers and says that<br />

the wealthy cannot understand the<br />

concerns of everyday people.<br />

And Mr. Edwards on Wednesday seized<br />

on the news that oil prices had<br />

reached $100 a barrel to reprise the<br />

populist message that long ago eclipsed<br />

the war as the central thrust<br />

of the campaign. “Today’s report<br />

that the price of oil has reached<br />

$100 a barrel is just another example<br />

of how corporate greed is squeezing<br />

the middle class,” he said.<br />

Adam Nagourney


10 years later,<br />

Chiapas<br />

massacre still<br />

haunts Mexico<br />

by Marc Lacey<br />

ACTEAL, Mexico — It was 10<br />

years ago that gunmen crept down<br />

the hillside into the center of this<br />

impoverished Indian village in<br />

Chiapas State. By the time they fled<br />

hours later, the attackers had lit‐<br />

tered the ground with bullet cas‐<br />

ings and killed 45 innocent people,<br />

including 21 women and 15 chil‐<br />

dren.<br />

Since the Acteal massacre, on Dec.<br />

22, 1997, dozens of people have<br />

been arrested and convicted. But<br />

the case remains as foggy as the<br />

community, which is so high in the<br />

hills that clouds sometimes linger<br />

at ground level and the lush vege‐<br />

tation can disappear into the haze.<br />

Then‐President Ernesto Zedillo,<br />

reacting to international outrage<br />

over the killings, ordered an ag‐<br />

gressive investigation. What prose‐<br />

cutors found was ugly: While local<br />

government officials and police<br />

officers had not wielded the weap‐<br />

ons that day, they had allowed the<br />

slaughter to occur and tampered<br />

with the crime scene afterward.<br />

The killers had been members of<br />

the then‐ruling Institutional Revo‐<br />

lutionary Party, or PRI. The victims<br />

were Roman Catholic advocates<br />

from a group called Las Abejas, or<br />

The Bees, who sympathized with<br />

the Zapatista rebels who were in<br />

open revolt in Chiapas.<br />

All involved were poor Tzotzil<br />

Indians, many of them related.<br />

A decade after the massacre, the<br />

Tzotzil live side by side but divi‐<br />

ded. In one group, the one that<br />

backs the PRI, many of the men<br />

have been sent to prison for the<br />

killings. The others, from the Abe‐<br />

jas group, who live down the road,<br />

insist that even more killers are at<br />

large.<br />

Meanwhile, Mexico’s courts strug‐<br />

gle to handle what has grown into<br />

one of the country’s longest and<br />

most complex cases. A dozen ju‐<br />

dges have been involved in the<br />

trials and, now, the appeals of their<br />

convictions.<br />

Articolo pubblicato sul “New York Times”<br />

Versione integrale sul sito nytimes.com<br />

INTERNATIONAL / INTERNACIONAL<br />

La justicia reconoce el<br />

derecho a la huelga de los<br />

“sin papeles”<br />

Julio M. Lázaro<br />

El Pleno del Tribunal Constitucional ha reconocido el<br />

derecho de huelga a los inmigrantes sin papeles que<br />

estén trabajando en España en situación irregular, incluso<br />

a pesar de que, al no estar autorizados a permanecer<br />

en España, tampoco están autorizados para trabajar. La<br />

aparente contradicción la salva el alto tribunal significando<br />

que el derecho de huelga es un derecho fundamental<br />

reconocido a los trabajadores "en defensa de sus<br />

intereses", entre los que puede estar "el de la regularidad<br />

de su situación administrativa, pese a la irregularidad<br />

de la misma".<br />

La sentencia recuerda que el derecho de huelga de los<br />

trabajadores para la defensa de sus intereses es un derecho<br />

fundamental reconocido en el artículo 28.2 de la<br />

Constitución, el cual no realiza distinción alguna en<br />

cuanto a los sujetos titulares del derecho, por lo que se<br />

reconoce de manera general a todos ellos, independientemente<br />

de la legalidad o ilegalidad de su situación. El<br />

Tribunal argumenta que la carencia de la autorización<br />

para trabajar no invalida el contrato de trabajo respecto<br />

a los derechos del trabajador extranjero. Tales derechos<br />

se atribuyen a la persona sólo por el hecho de ser trabajador<br />

y, como tal, entre sus derechos básicos está el de<br />

huelga. Así, no es constitucionalmente admisible que se<br />

le prive de una protección para la defensa de sus intereses.<br />

En consecuencia, la sentencia declara inconstitucional<br />

del inciso "cuando estén autorizados a trabajar" del<br />

artículo 1.9 de la Ley de Extranjería. (EL PAIS)<br />

L’alcova triste<br />

di Giuliana Catalano<br />

Ognuno prende ciò di cui ha bisogno<br />

Lo scarnifica con indifferenza<br />

Ciascuno ignora l’altrui necessità<br />

Si nutre di un’altra carne<br />

di un altro alito<br />

di un altro umore.<br />

Si scalda<br />

In quel tiepido abbraccio<br />

Che lo trasporta in un altrove<br />

Ignoto all’altro,<br />

Che lo culla in una dimensione<br />

Dove quel calore<br />

Portava senso<br />

Bruciava sulla pelle<br />

Contorceva le budella<br />

Faceva salire le lacrime agli occhi<br />

Muoveva ogni cosa.<br />

La notte soleva portare con sé un canto, una danza<br />

Ora è immota e silenziosa.<br />

Solo gli occhi vagano confusi,<br />

l’animo appannato,<br />

al di là di questa stretta aliena,<br />

valicano la bugia.<br />

di Leonard Berberi<br />

i dice spesso che il gior‐<br />

nalismo anglosassone<br />

sia il migliore, anche se<br />

per alcuni (soprattutto italiani)<br />

non è così.<br />

Onestamente non ho mai<br />

capito il vero motivo, ma mi è<br />

bastato vedere un programma<br />

radiofonico della BBC il 31 Di‐<br />

cembre (trasmesso anche sulla<br />

tv BBC World) per arrivare alla<br />

conclusione che sì, il giornali‐<br />

smo anglosassone sia il miglio‐<br />

re. Non perché più professiona‐<br />

le, ma perché più “freddo”,<br />

meno patetico (qui nel senso di<br />

commuovente) e, soprattutto,<br />

con un punto di vista per nien‐<br />

te localistico e molto globale.<br />

Un’ora circa di dibattito su<br />

quanto successo nel 2007 e su‐<br />

gli scenari futuri che si poteva‐<br />

no presentare nell’anno appena<br />

iniziato con molti “punti caldi”<br />

quali il Kosovo, il Medio Orien‐<br />

te, l’Iraq, il Pakistan, la Cina, il<br />

Kenia, l’America Latina. Ma a<br />

parlare non erano politologi o<br />

professori, bensì gli stessi corri‐<br />

spondenti e giornalisti dell’e‐<br />

mittente all‐news britannica.<br />

Ne è venuto fuori un dibattito<br />

ampio, approfondito, con pa‐<br />

recchi risvolti interessanti. E,<br />

cosa che non succede mai da<br />

noi, un programma che ha vi‐<br />

sto spesso i giornalisti e<br />

“colleghi di banco” discutere e<br />

non concordare con le tesi degli<br />

altri.<br />

Inutile scrivere che non si è<br />

minimamente accennato al<br />

delitto di Perugia (dove è coin‐<br />

volta una ragazza britannica).<br />

Cosa che su quasi tutti i siti<br />

d’informazione nostrana, appa‐<br />

riva come una delle notizie più<br />

rilevanti dell’anno.<br />

Forse è questa la differenza<br />

tra giornalismo italiano e quel‐<br />

lo anglosassone: da noi domina<br />

ancora la mentalità provinciale.<br />

I britannici (ma anche gli ame‐<br />

ricani) hanno capito che il cen‐<br />

tro di oggi è il mondo, non il<br />

nostro quartiere.<br />

E’ l’unico modo per compren‐<br />

dere perché un minimo battito<br />

d’ali di farfalla sia in grado di<br />

provocare un uragano dall’al‐<br />

tra parte del mondo.


CINEMA<br />

visto da Marco Fontana<br />

«Haggis ha voluto portare<br />

alla luce uno dei lati più<br />

crudeli della guerra:<br />

il ritorno a <strong>casa</strong>»<br />

na ragazza russa muore dando<br />

U alla luce un figlio. Lʹostetrica,<br />

Anna, ne traduce il diario alla ricerca<br />

dei parenti cui dare in affido il bam‐<br />

bino. Scoprirà inquietanti rapporti<br />

con la mafia russa, giri di prostitu‐<br />

zione e criminalità che rapidamente<br />

la stringono in una pericolosa rete.<br />

David Cronenberg per la prima volta<br />

si allontana dal suo Canada per rac‐<br />

contare un film in cui, dopo “A hi‐<br />

story of violence”, torna a dirigere<br />

Viggo Mortensen.<br />

Un thriller che rispetta tutti i canoni<br />

del noir e racconta con incisività il<br />

peso che hanno le scelte sulla vita<br />

dell’uomo. La pellicola è costruita<br />

intorno a due elementi: l’ostetrica<br />

Naomi Watts e il figlio del boss Vin‐<br />

cet Cassel che deve accettare le leggi<br />

che la malavita gli impone pur an‐<br />

ank Deerfield (Tommy Lee Jo‐<br />

H nes), veterano del Vietnam ma‐<br />

niaco dellʹordine e patriota devoto,<br />

parte alle ricerca del figlio Mike, tor‐<br />

nato dallʹIraq da appena una settima‐<br />

na e misteriosamente scomparso.<br />

Grazie allʹaiuto dellʹispettore Emily<br />

Sanders (Charlize Theron) il cadave‐<br />

re del giovane soldato viene ritrova‐<br />

to in una zona militare, fatto brutal‐<br />

mente a pezzi e con segni visibili di<br />

bruciature. Man mano che la verità<br />

sul delitto viene a galla le convinzio‐<br />

ni etiche e morali del militare vengo‐<br />

no minate alla base.<br />

Dopo il successo e i due premi Oscar<br />

ottenuti con ʺCrashʺ, il regista cana‐<br />

dese Paul Haggis prova con un film<br />

di denuncia e ci riesce alla perfezio‐<br />

ne. Haggis ha voluto portare alla<br />

luce uno dei lati più crudeli della<br />

guerra: il ritorno a <strong>casa</strong>. Milioni di<br />

ragazzi vengono mandati al fronte<br />

ma sono molti meno quelli che ritor‐<br />

nano, e quasi tutti soffrono della co‐<br />

Nella valle di Elah<br />

siddetta PTSD, cioè sindrome da<br />

stress post traumatico.<br />

Il regista riesce bene ad evidenziare<br />

il fatto che quei ragazzi, plagiati dal<br />

regime e dalla disciplina militare,<br />

credono ciecamente in ciò che fanno.<br />

Ma quando si trovano davanti allʹor‐<br />

rore in loro scatta un meccanismo di<br />

difesa che li porta a confondere la<br />

realtà. Compiono atti atroci senza<br />

rendersene conto, non riescono più a<br />

distinguere il bene dal male, ciò che<br />

è divertente da ciò che è disumano.<br />

La storia della bibbia che riguarda il<br />

giovane Davide, mandato a combat‐<br />

tere il gigante Golia con solo una<br />

fionda (nella Valle di Elah appunto),<br />

per Haggis riassume lʹincoscienza<br />

dei governi che mandano tanti gio‐<br />

vani a combattere contro qualcosa di<br />

più grande di loro, qualcosa di in‐<br />

comprensibile e terribile, con la sola<br />

arma del patriottismo.<br />

Voto 8<br />

La promessa dell’assassino visto da Marco Fontana<br />

dando contro quelli che sarebbero i<br />

suoi veri ideali: amicizia, onore e<br />

rispetto. Tra i due fa da ponte, da<br />

legame, un bravissimo e enigmatico<br />

Viggo Mortensen. Al centro della<br />

riflessione di Cronenberg, come ac‐<br />

cadeva in A history of violence, la<br />

questione morale: il comportamento<br />

di un uomo nel momento in cui il<br />

suo mondo, quello malavitoso, si<br />

scontra con quello cosiddetto norma‐<br />

le.<br />

Film complesso, teso, e sostanzial‐<br />

mente bellissimo. Cronenberg firma<br />

un altro avvincente, ma non facile,<br />

film sull’incapacità di operare in un<br />

unico modo sulla propria vita e su<br />

quella degli altri.<br />

Voto 9<br />

«Film complesso, teso, sostanzialmente bellissimo»


DIO, PATRIA, FAMIGLIA<br />

Un militare accompagna<br />

Rachel Guy-Latham a vedere<br />

il corpo del marito, il<br />

sergente Thomas Lee Latham,<br />

23 anni, ucciso in<br />

uno scontro a Baghdad<br />

(ANTHONY SUAU - TIME MAGAZINE)<br />

SALVATE IL SOLDATO RYAN<br />

Soldati americani proteggono da un attacco<br />

un loro collega ferito a Qubah, Iraq, in<br />

attesa che arrivi l’elicottero di soccorso<br />

(YURI KOZYREV - NOOR)<br />

UN TRANQUILLO WEEK<br />

END DI PAURA<br />

Somali scappati dai combattimenti<br />

di Mogadisho, si rifugiano<br />

nel campo di Baletwayne,<br />

Somalia<br />

(MARCUS BLEADSDALE)


New York<br />

‐ è vietato tenere un gelato in tasca di domenica mentre si passeggia per le strade della capitale;<br />

‐ è vietato, ed è prevista una multa salatissima per chi non ottempera al precetto, addormentar‐<br />

si dal parrucchiere sotto il casco;<br />

‐ è legale attraversare la strada distrattamente ma non se lo si fa in diagonale;<br />

‐ è illegale trasportare bevande gassate;<br />

‐ è illegale sparare a una lepre da un tram;<br />

Stato di Washington<br />

‐ la legge vieta qualsiasi tipologia di maratona di ballo o maratona di saltello anche se la si pra‐<br />

tica scivolando, slittando, rotolando o strisciando;<br />

‐ è illegale prendere un pesce scagliandogli contro una pietra;<br />

‐ si può essere multati fino a 500 dollari per aver rimosso o deturpato lʹetichetta su un cuscino;<br />

‐ a Seattle è vietato portare unʹarma nascosta che superi i 180 centimetri di lunghezza<br />

‐ sempre a Seattle sono proibiti i lecca‐lecca;<br />

‐ è fatto obbligo ad un automobilista con intenzioni criminali di fermarsi ai confini della città e<br />

telefonare al capo della polizia per avvertirlo che sta entrando in città;<br />

‐ unʹautomobile guidata di notte deve essere preceduta per circa un centinaio di metri da un<br />

uomo con lanterna;<br />

Pennsylvania<br />

‐ I veicoli che viaggiano in strade di campagna di notte, devono lanciare un razzo ogni miglio,<br />

quindi aspettare dieci minuti perché la strada sia sgombra.<br />

‐ Se un autista vede un gruppo di cavalli, deve mettersi su un lato della strada e coprire la sua<br />

vettura con una coperta o uno strato di polvere che sia colorata per confondersi con il paesag‐<br />

gio.<br />

‐ Nel caso in cui un cavallo rifiuti di superare una vettura lungo la strada, il proprietario deve<br />

mettere la sua macchina da un lato ed occultarsi nei cespugli.<br />

‐ ad Hazelton la legge proibisce ad una persona di sorseggiare una bevanda gassata mentre tie‐<br />

ne discorsi a studenti in un auditorio scolastico;<br />

‐ una speciale ordinanza di pulizia vieta alle <strong>casa</strong>linghe di nascondere immondizia e polvere<br />

sotto i tappeti di unʹabitazione;<br />

‐ nessun uomo può acquistare alcolici senza il permesso scritto di sua moglie;<br />

‐ è illegale avere oltre 16 donne che abitano insieme in una <strong>casa</strong> perché ciò costituisce un bor‐<br />

dello... dʹaltra parte, fino a 120 uomini possono vivere insieme senza infrangere la legge;<br />

‐ una legge dello Stato proibisce di cantare nella vasca da bagno.<br />

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