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Percorsa solamente dagli stretti e tortuosi passaggi del<br />
vicolo dei Cappuccini (così chiamato per l’esistenza del<br />
convento dei frati) e della «strada del Vivaio» (dove si<br />
“allevavano” e vendevano piante), l’area si qualificava infatti<br />
per gli ampi spazi a ortaglie e giardino compresi tra<br />
corso Venezia, con palazzo Serbelloni (poi Sola Busca) e<br />
corso Monforte, con i palazzi Cicogna, Diotti (oggi sede<br />
della Prefettura) e Isimbardi (oggi sede della Provincia):<br />
dietro le loro facciate il verde privato si estendeva senza<br />
soluzione di continuità intersecando i confini delle proprietà<br />
e formando una delle straordinarie oasi di verzura che<br />
qualificavano lo scenario della Milano ottocentesca.<br />
Nel 1890 - 1892 la costruzione della nuova sede dell’Istituto<br />
dei Ciechi (architetto Giuseppe Pirovano), allora con<br />
unico affaccio su via Vivaio, segnava la prima<br />
“occupazione” degli spazi verdi facendo seguito alla vendita<br />
di parte del giardino Cicogna all’ente assistenziale ;<br />
nel contempo l’entrata in vigore del Piano Regolatore<br />
del 1889 portava con sé una serie di cambiamenti che,<br />
pur avvenendo principalmente nella fascia esterna ai Bastioni,<br />
ebbero conseguenze sull’intero tessuto urbano e<br />
sulla stessa cultura della città, prospettandone un futuro<br />
più favorevole al cambiamento, allo sviluppo e alla messa<br />
in valore che alla conservazione e alla difesa degli antichi<br />
equilibri.<br />
In questa prospettiva si inseriva nel 1907 la convenzione<br />
stipulata tra il Comune di Milano e la contessa Antonietta<br />
Sola Busca (proprietaria del palazzo e giardino già Serbelloni)<br />
per «l’apertura di nuove strade tra le vie Cappuccini,<br />
Vivajo e S. Damiano»; in base a tale accordo la proprietà<br />
privata cedeva all’ente <strong>pub</strong>blico parte dei terreni<br />
necessari alla nuova viabilità, ottenendo in cambio la possibilità<br />
di costruire lungo gli affacci. La convenzione, denominata<br />
«Piano Regolatore Speciale», stabiliva i termini<br />
di una prassi non inusuale che assecondava le tendenze<br />
edificatorie attraverso l’infittirsi della maglia viaria: da<br />
un lato facilitando la circolazione e i collegamenti e, dall’altro,<br />
provvedendo l’impianto dei futuri quartieri.<br />
Sulle mappe di Milano degli anni dieci del Novecento iniziano<br />
così a comparire le vie Michele Barozzi, Gabrio<br />
6<br />
Lo sviluppo<br />
urbanistico e<br />
demografico<br />
della Milano<br />
post-unitaria<br />
accentuò il<br />
dibattito architettonico<br />
dell’epoca: per<br />
riordinare le costruzioni ed<br />
evitare speculazioni, l’Ing.<br />
Cesare Beruto venne incaricato<br />
di redigere il primo Piano<br />
Regolatore. Il piano prevedeva<br />
lo sviluppo di grandi<br />
insediamenti produttivi nei<br />
comuni vicini a Milano, e<br />
l’accentramento amministrativo<br />
tra piazza della Scala, il<br />
Cordusio e la Biblioteca Ambrosiana.<br />
Per collegare le<br />
zone centrali venne progettato<br />
e attuato lo sventramento<br />
dell’asse Duomo Castello<br />
in favore della’apertura di<br />
Via Dante.<br />
Le scelte di Beruto vennero<br />
confermata anche dal Secondo<br />
Piano Regolatore,<br />
redatto dagli ingegneri Angelo<br />
Pavia e Giovanni Masera<br />
nel 1912.<br />
Il Piano RegolatoreSpeciale<br />
aveva:<br />
«il precipuo intento di eliminare<br />
[…] l’inconveniente della<br />
eccessiva ristrettezza e<br />
tortuosità del tratto di via<br />
Cappuccini in prossimità al<br />
corso Venezia […] e di formare<br />
un incrocio di strade<br />
abbastanza ampio, delimitanti<br />
regolari isolati, sui quali<br />
non mancheranno di sorgere<br />
decorosi edifici».