STRUTTURE MORFOPROSODICHE DEL LATINO ... - Unitus DSpace
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vicine solo in apparenza al neostandard e quindi coerentemente stigmatizzate dal<br />
compilatore di AP 3, come délubra per l’atteso delúbra.<br />
Si badi: lo spostamento di accento sulla terz’ultima in delubra - malgrado in<br />
questa voce la sillaba sia comunque lunga a motivo di /u:/ - sta a indicare che per<br />
quest’epoca si era persa l’opposizione fonematica tra vocali brevi e vocali lunghe e,<br />
di conseguenza, il discrimine tra sillabe brevi e sillabe lunghe (cioè con coda pesante<br />
capace di attrarre l’accento). E’ quanto già sappiamo dalla storia linguistica latina: la<br />
correlazione di quantità era stata sostituita in larghe fasce di parlanti dalla correlazione<br />
di timbro. E’ quanto ci risulta anche dalle correzioni delle accentazioni greche in<br />
AP 3 Barwick delle quali si è trattato poco sopra. Il quadro ricostruibile per il latino<br />
parlato di quest’epoca, almeno sulla base delle indicazioni grammaticali del compilatore<br />
del frammento è, dunque, coerente.<br />
Lo status sincronico di incertezza tra voci parossitone e voci proparossitone<br />
con ‘muta cum liquida’ (con gli ipercorrettismi del tipo délubra denunziati implicitamente<br />
da AP 3) sta a indicare l’avvenuta lessicalizzazione dell’accento, assegnato<br />
indipendentemente dalla struttura sillabica. Di questa incertezza è spia un brano finora<br />
non adeguatamente valorizzato del grammatico Diomede (sec. IV d.C.):<br />
huius autem pedis si paenultima positione longa ita fuerit ut excipiatur tam ex muta quam ex liquida,<br />
accentus transfertur ad tertiam ab ultima, ut tenebrae latebrae. quidam hoc genus syllabae paenultimae<br />
omnino breue putabant, quia non terminatur consonanti, quidam longum, quoniam, quamuis<br />
non terminetur consonanti, nihilominus proxima syllaba a duabus incipiat consonantibus et<br />
quod natura litterarum ‘b’ et ‘r’, quae mollis est, nunc longam nunc breuem syllabam efficiat; ideoque<br />
factum est ut uaria haec nomina consuetudo pronuntiaret et ‘tenebras’ ‘latebras’ acuto accentu<br />
prima syllaba efferret (1, 432, 27-35 Keil).<br />
Edoardo Vineis ha giustamente individuato in questo passo un momento di<br />
passaggio importante del «progressivo fraintendimento» 73<br />
che condurrà l’antica concezione<br />
di positio “convenzione” (dunque riferita a sillabe chiuse anche se con vocale<br />
breve) ad assumere il valore ‘locale’ proprio di una «sillaba aperta con V, dunque natura<br />
breuis, ma longa positione, appunto per ‘giacitura’, l’effettiva collocazione di<br />
due o più consonanti successive alla V» 74<br />
.<br />
Ma il brano si rivela importante anche per lo specifico problema<br />
dell’accentazione. La natura del gruppo ‘muta cum liquida’ - osserva Diomede - incide<br />
sulla struttura della sillaba, comunque la si debba individuare, in maniera che detta<br />
sillaba venga computata «ora come lunga ora come breve». Fin qui il grammatico descrive<br />
la situazione che trovava nei testi poetici e che si riflette nei numerosi brani<br />
degli artigrafi dedicati alla prosodia (non all’accento!) delle syllabae communes seguite<br />
da ‘muta cum liquida’: Vineis ha dedicato a questi passi uno studio minuzioso<br />
ed esaustivo. Tale situazione però - aggiunge Diomede - fa sì che «uaria haec nomina<br />
consuetudo pronuntiaret et ‘tenebras’ ‘latebras’ acuto accentu prima syllaba efferret»,<br />
“l’uso porti a pronunziare questi nomi in modo differenziato e che tenebrae e latebrae<br />
siano pronunziati con la prima sillaba accentata con prosodia acuta”.<br />
73 Cfr. Vineis 1990:163.<br />
74 Cfr. Vineis 1990:167.<br />
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