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STRUTTURE MORFOPROSODICHE DEL LATINO ... - Unitus DSpace

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Si tratta esattamente dello stesso status sincronico che si riflette in AP 3 Barwick:<br />

fissazione lessicalizzata dell’accento e una consuetudo che è portata ormai a<br />

collocare l’accento in modo differenziato sugli stessi nomi, una volta proparossitoni<br />

(secondo il modello sociolinguisticamente più prestigioso fino agli ipercorrettismi<br />

come délubra, passando attraverso le pedanterie di un Servio che raccomandava di<br />

pronunziare péragro), una volta parossitoni (in conseguenza dell’eterosillabismo oramai<br />

prevalente nel latino parlato), senza che possa darsi una norma generalizzata.<br />

In conclusione la fissazione accentuale legata alla singola entrata lessicale e<br />

non più alle leggi prosodico-sintagmatiche del trisillabismo dà conto di due fatti:<br />

1) spiega gli allungamenti preromanzi in lingue come il francese, lo spagnolo,<br />

l’italiano, ad eccezione di alcuni dialetti meridionali (tipo B2 nella ricostruzione di<br />

Timpanaro: lat. *tenébras > spagn. tinieblas), allungamenti dovuti alla successiva e<br />

sistematica apertura della penultima sillaba con ‘muta cum liquida’, precedentemente<br />

divenuta tonica;<br />

2) spiega la persistenza, lessicalmente ristretta, di voci di trafila popolare con<br />

accentazione proparossitona (fenomeno diverso è quello di accentazioni láuacrum,<br />

áratrum nella poesia medioevale): si vedano casi sui quali è tornato di recente Antonio<br />

Filippin 75<br />

: tosc. bálatro “succhiello” < lat. ueretrum “membro virile”, in origine<br />

probabilmente “mestolo”, franc. ant. fiertre “bara” < lat. feretrum, spagn. e portogh.<br />

párpado “palpebra” < lat. palpetram, venez. ánara < lat. anitram (ma cfr. reggiano e<br />

modenese nádra con aferesi di a-), nonché il tipo ital. poltro < lat. púllitrum, allato di<br />

puledro < lat. pullítrum per i quali Loporcaro osserva «bisognerà dunque ammettere<br />

che, così come nel latino, anche in fase di formazione delle lingue romanze le due sillabazioni<br />

VC$RV/V$CRV abbiano convissuto, a volte coesistendo entro la stessa varietà<br />

e prevalendo a fasi alterne» 76<br />

.<br />

Al momento di andare in stampa sono venuto a conoscenza dell’importante lavoro<br />

di Barnett dedicato alla «Second Appendix to Probus» uscito in Classical Quarterly<br />

77 . Qua e là in nota ho già avuto modo di citare alcuni singoli assunti dell’autore,<br />

ma, considerato che si tratta dell’unico altro saggio dedicato ai frammenti morfoprosodici<br />

dell’Appendix, mette senz’altro conto soffermarsi con la debita attenzione sulle<br />

tesi che sottendono il suo lavoro, tesi che – occorre dirlo – divergono alquanto dalle<br />

nostre.<br />

E’ significativo che anche Barnett ritenga decisiva una interpretazione comune<br />

ai vari frammenti piuttosto che un loro esame atomistico. Anche per lui la chiave<br />

consiste nell’individuare la ratio di un singolo frammento, nel giustificarla sul piano<br />

stoirico-filologico per poi estendere la tesi interpretativa anche agli altri. Si badi comunque<br />

che l’analisi dello studioso inglese prescinde da qualunque ragionamento<br />

linguistico e da qualunque ricostruzione del contesto grammaticale tardo-antico entro<br />

cui inserire il corpus dell’Appendix (compreso l’antibarbarus).<br />

Barnett, che dice di attendere al una nuova edizione dell’intera Appendix,<br />

muove le proprie considerazioni da un’attenta analisi di AP 2 Barwick (= 196, 13-<br />

75 Cfr. Filippin 1999-2000.<br />

76 Cfr. Loporcaro 1997:354nota.<br />

77 Cfr. Barnett 2006. Devo la tempestiva segnalazione a Marina Passalacqua che ringrazio.<br />

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