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anno IV<br />
numero 39<br />
<strong>luglio</strong> 2007<br />
poste <strong>it</strong>aliane spa<br />
spedizione in abbonamento<br />
postale DCB 70% Lecce
[<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Via De Jacobis 42 73100 Lecce<br />
Telefono: 0832303707<br />
e-mail: redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />
S<strong>it</strong>o: www.<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />
Anno IV Numero 39<br />
<strong>luglio</strong> 2007<br />
Iscr<strong>it</strong>to al registro della stampa<br />
del tribunale di Lecce il<br />
15.01.2004 al n.844<br />
Direttore responsabile<br />
Osvaldo Piliego<br />
Collettivo redazionale<br />
Dario Goffredo, Pierpaolo Lala,<br />
C. Michele Pierri, Cesare Liaci,<br />
Antonietta Rosato<br />
Hanno collaborato a questo<br />
numero:<br />
Dino Amenduni, Gennaro<br />
Azzolini, Federico Baglivi,<br />
Dario Lolli, Camillo Fasulo,<br />
Luana Giacovelli, Ilario<br />
Galati, Livio Polini, Nicola<br />
Pace, Pierfrancesco Pacoda,<br />
Emanuele Flandoli, Giancarlo<br />
Susanna, Elvis Ceglie,<br />
Gianpaolo Chiriacò, Stefania<br />
Ricchiuto, Rossano Asremo,<br />
Valentina Cataldo, Ludovico<br />
Fontana, Mauro Marino,<br />
Anna Puricella, Villy De Giorgi,<br />
Roberto Cesano<br />
In copertina gli Insintesi (foto<br />
Alice Pedroletti)<br />
Ringraziamo le redazioni<br />
di Musicaround.net,<br />
Blackmailmag.com,<br />
Primavera Radio di Taranto<br />
e Lecce, Controradio di<br />
Bari, Mondoradio di Tricase<br />
(Le), Ciccio Riccio di Brindisi,<br />
L’impaziente di Lecce,<br />
QuiSalento, Pugliadinotte.net,<br />
Rete Otto e SuperTele.<br />
Progetto grafico<br />
dario<br />
Stampa<br />
Martano Ed<strong>it</strong>rice - Lecce<br />
Chiuso in redazione con<br />
un giorno di r<strong>it</strong>ardo: per un<br />
incidente...<br />
L’abbonamento al giornale<br />
varia dai 10 ai 100 euro. Per<br />
informazioni 3394313397.<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Siamo del fronte di liberazione dal luogo comune, siamo gente del Sud est indipendente. Un sud slegato, ma che<br />
entra in circolo, gira e si fa sentire. Sei… come un inv<strong>it</strong>o a essere se stessi. S.e.i. come sud est indipendente, la nostra<br />
dichiarazione di esistenza in questo terr<strong>it</strong>orio. S.e.i è il nome che abbiamo deciso di dare al festival estivo che da due<br />
anni organizziamo. Un festival obliquo, complementare alle proposte che troverete in giro in questi mesi. Skatal<strong>it</strong>es l’8<br />
agosto per capire dove tutto ebbe inizio e Verdena il 9 per vedere dove stiamo andando. Sud est indipendente è<br />
anche il t<strong>it</strong>olo di questo numero del giornale. Numero dedicato al salento creativo, che mai come in questo momento<br />
(frase che uso spesso… buon segno) sembra prolifico.<br />
Un sacco di amici a partire dagli Insintesi, a cui abbiamo dedicato la copertina, escono in questi giorni con album,<br />
su compilation, addir<strong>it</strong>tura all’estero (la bellissima voce di Agnese Manganaro di cui abbiamo già parlato nei numeri<br />
precedenti, arriva in Giappone. Il brano E vai via viene inser<strong>it</strong>o in una compilation licenziata dalla Aper<strong>it</strong>ivo records).<br />
Maurizio Vierucci, in arte Creme, vecchio e grande amico di <strong>Coolclub</strong>, arriva finalmente al suo debutto discografico.<br />
Affiancato da Cristina Donà, che gli fa vis<strong>it</strong>a tra le tracce, esce in questi giorni con un singolo che precede l’album<br />
pronto a settembre per A&R Faier Entertainment. E poi Anima Mundi, etichetta che cattura e imprime i suoni di questa<br />
terra e del mondo, il reggae scelto dai Sud sound system, quello raccolto da Treble, i suoni med<strong>it</strong>erranei della Banda<br />
Adriatica, quelli elettronici di Black zone Ensemble e la pizzica senza tempo di Nidi d’Arac e tanto altro. Il racconto<br />
di quello che vi siete persi, le segnalazioni di quello che accadrà e poi musiche, visioni, suggestioni. Un altro numero,<br />
un’altra estate. Il prossimo, come ormai è nostra consuetudine, sarà dedicato ai racconti, i vostri. Se volete partecipare<br />
potete contattarci a redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong>.<br />
Buona lettura.<br />
Osvaldo Piliego<br />
4 Insintesi<br />
7 Anima Mundi<br />
9 BandAdriatica<br />
13 Keep Cool<br />
27 Coolibrì<br />
35 Be Cool<br />
39 Appuntamenti<br />
3<br />
}
S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />
Non è la prima volta che un gruppo<br />
salentino campeggia in copertina e in<br />
apertura del nostro giornale (Bludinvidia,<br />
Studiodavoli, Negramaro, Amerigo Verardi).<br />
Tributo a una terra che sempre più spesso<br />
ci stupisce piacevolmente, un panorama<br />
musicale e culturale che in questo ultimo<br />
periodo sta definendo i suoi contorni.<br />
Quelle realtà che solo poco tempo fa<br />
sembravano acerbe e abbozzate oggi<br />
sbocciano, altre crescono e diventano<br />
mature e pronte per farsi vedere ai più. Ci<br />
si sdogana dall’amatoriale e il locale e si<br />
entra nel “circu<strong>it</strong>o”. Debuttanti o marinai<br />
navigati si tuffano anche questa estate<br />
nel calderone delle proposte ed<strong>it</strong>oriali,<br />
musicali e non. Tra i vari prodotti locali<br />
anche la cultura sembra attraversare una<br />
buona annata, mer<strong>it</strong>o di un’oculata e<br />
paziente fermentazione. Vecchio e nuovo<br />
sembrano conciliarsi, a volte si incontrano<br />
a metà strada. Un occhio alla tradizione<br />
ma anche ai nuovi suoni, perché il Salento<br />
(non ci stancheremo mai di dirlo) è tante<br />
cose. Quasi provocatoria la scelta di<br />
dedicare la copertina al progetto Insintesi,<br />
da anni nell’underground, oggi in usc<strong>it</strong>a<br />
con Subterranea il loro primo album firmato<br />
dall’etichetta Altipiani. Drum’n’bass,<br />
reggae, noise, elettronica, acustica,<br />
dialetto salentino, inglese, greco, Italiano,<br />
gli Insintesi sono il Salento oggi. Abbiamo<br />
parlato con Francesco Andriani.<br />
Insintesi, un gruppo tanto longevo quanto<br />
cangiante. Da anni rappresentate una<br />
colonna della musica indipendente<br />
salentina. Come siete cambiati e cosa è<br />
cambiato intorno a voi?<br />
Intanto grazie per definirci una colonna<br />
della musica indipendente salentina,<br />
quest’affermazione da una parte mi fa<br />
piacere e dall’altra mi fa sentire vecchio!<br />
In effetti in quasi 10 anni di attiv<strong>it</strong>à ne sono<br />
successe di cose, il nostro modo di suonare<br />
è un po’ cambiato, siamo passati dal<br />
cantare in <strong>it</strong>aliano ad arricchire le nostre<br />
liriche con altre lingue med<strong>it</strong>erranee e<br />
ad utilizzare anche l’inglese, il suono è<br />
diventato più meticcio, ma alla base della<br />
nostra musica è rimasta in primo piano la<br />
nostra propensione verso il dub. Utilizzare<br />
riverberi e delay per dilatare i suoni e le<br />
CoolClub.<strong>it</strong> 4<br />
voci, anche quando proponiamo dj set<br />
drum’n’bass e jungle, sono rimaste le nostre<br />
principali caratteristiche. Intorno a noi<br />
sono ruotate tante persone ed esperienze<br />
diverse che ci hanno influenzato ed hanno<br />
portato la loro esperienza all’interno della<br />
nostra “famiglia”, noi non siamo solo dei<br />
musicisti ma anche dei dj, organizzatori e<br />
dei fru<strong>it</strong>ori di musica. Mi piace pensare che<br />
molte delle cose che hanno influenzato il<br />
nostro suono non provengano solo dalla<br />
musica, ma anche dal teatro e soprattutto<br />
dalle nostre esperienze al di fuori del<br />
gruppo, ognuno porta quello che gli altri<br />
non potrebbero portare.<br />
Da sempre perfezionisti, finalmente usc<strong>it</strong>e<br />
con un album licenziato da Altipiani. Come<br />
avete lavorato a queste canzoni?<br />
Abbiamo lavorato da perfezionisti<br />
appunto, tornando mille e mille volte sui<br />
brani fino a quando non abbiamo r<strong>it</strong>enuto<br />
di non potere più andare oltre, fino a<br />
quando i brani non sono arrivati ad essere<br />
come li avevamo pensati. Abbiamo avuto<br />
l’opportun<strong>it</strong>à di stampare questo disco<br />
per Altipiani appunto, una discografica<br />
molto attiva nel circu<strong>it</strong>o romano, il disco<br />
verrà distribu<strong>it</strong>o a settembre da Edel e<br />
quest’estate da Anima Mundi. Siamo un<br />
gruppo che ama l’indipendenza e per<br />
questo ci siamo presi tutto il tempo che<br />
volevamo per lavorare sulle tracce senza<br />
alcuna lim<strong>it</strong>azione e facendo allo stesso<br />
tempo mille altre esperienze.<br />
Un approccio nuovo alla salentin<strong>it</strong>à che<br />
comunque traspare in alcune liriche, qual<br />
è il vostro rapporto con questa terra e<br />
quale con il mondo?<br />
Diciamo che il discorso è salentino e non,<br />
ad un certo punto, dopo aver lavorato<br />
molto sui suoni, ci siamo chiesti quale fosse<br />
la strada più “vera” per noi da seguire<br />
e ci siamo guardati intorno. Il Salento<br />
è una terra che può dare parecchi<br />
spunti, c’è una fortissima scena etnica<br />
ed un’altrettanto forte scena reggae,<br />
abbiamo cercato di portare la nostra<br />
propensione di sperimentatori all’interno<br />
di questi mondi. Il disco però non è solo<br />
salentino, ma più in generale med<strong>it</strong>erraneo<br />
grazie al contributo dei tanti artisti che ci<br />
hanno dato una mano nella realizzazione.<br />
Nel disco si sente il Med<strong>it</strong>erraneo, l’Oriente,<br />
ma anche Londra, Bristol, la Giamaica…<br />
Trovi?<br />
Direi di si, credo siano stati questi i<br />
nostri riferimenti appunto, più o meno<br />
consapevoli. Abbiamo anche cercato di<br />
ampliare il discorso alle immagini, infatti<br />
all’interno del disco c’è una traccia video<br />
su un nostro brano, realizzata interamente<br />
in 3D da Shockvideo, un talentuoso<br />
videomaker leccese con il quale<br />
collaboriamo anche nei dj set.<br />
Molte le vostre collaborazioni…Ce ne<br />
parli?<br />
Qui la lista è veramente lunga, perché<br />
in 10 anni di cose ne abbiamo fatte<br />
veramente tante. Io, Francesco<br />
“Pastic” Marra e Alessandro Lorusso<br />
rappresentiamo il nucleo storico. Nel disco,<br />
oltre la collaborazione del video, abbiamo<br />
utilizzato 5 voci ognuna con una sua<br />
timbrica ben precisa e differente dalle altre.<br />
In primis la voce di Michela Giannini che è<br />
la nostra cantante storica, la voce che più<br />
di ogni altro ci ha accompagnati in questi<br />
anni e che grazie alle sue caratteristiche<br />
ci ha permesso di sperimentare sonor<strong>it</strong>à<br />
e soluzioni molto differenti. Lei riesce<br />
con disinvoltura a cantare in inglese, ad<br />
interpretare in maniera originale il reggae<br />
salentino ed avendo un’origine per metà<br />
greca anche ad adattare questa lingua<br />
alla nostra musica.<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
Spesso nel disco la sua voce si alterna con<br />
quella di BMC dei Bleizone, crew reggae<br />
leccese, la sua è sicuramente una delle<br />
voci più interessanti del nuovo panorama<br />
reggae, sia per la sua profond<strong>it</strong>à che per<br />
le sue metriche. Abbiamo lavorato poi con<br />
Vera Di Lecce dei Nidi d’Arac (gruppo<br />
con il quale in questi anni abbiamo spesso<br />
collaborato e dal quale abbiamo anche<br />
appreso tanto) adattando la nostra musica<br />
ad alcune sue metriche in spagnolo, tanto<br />
per far capire l’estrema libertà e la voglia<br />
di sperimentare che ha contraddistinto<br />
questo disco. Valentina Grande è la voce<br />
dell’unica canzone in <strong>it</strong>aliano del cd mentre<br />
Sandra Caiulo è la cantante del brano che<br />
apre il disco stesso. C’è poi V<strong>it</strong>o De Lorenzi<br />
che suona le percussioni sul nostro singolo,<br />
Iman.<br />
Oltre a essere una band siete anche<br />
animatori della scena elettronica e<br />
drum’n’bass salentina. Ci parli un po’ del<br />
fermento di questa scena?<br />
La scena, se così vogliamo definirla, è in<br />
crescente evoluzione credo che negli ultimi<br />
anni si sia fatto tanto per dare continu<strong>it</strong>à e<br />
organizzazione al lavoro. Noi insieme a Dj<br />
Maik, uno dei dj più talentuosi che conosca<br />
non solo a livello locale, e a tanti altri amici<br />
con cui abbiamo formato Turntable Crew<br />
abbiamo cercato di unire le forze per<br />
tracciare un percorso comune che ad<br />
esempio quest’estate ci sta portando, per il<br />
terzo anno consecutivo, all’organizzazione<br />
e produzione di Summerbass il nostro festival<br />
legato alla musica jungle e d’n’b che ogni<br />
martedì di <strong>luglio</strong> e agosto proponiamo al<br />
Med<strong>it</strong>erraneo (sulla l<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />
San Foca).<br />
Nel Salento esiste, da qualche anno, una<br />
scena rave, come vi ponete rispetto a<br />
questo movimento?<br />
Diciamo anche che la scena dei rave<br />
esiste da più di qualche anno, ed è un<br />
movimento adiacente ma anche diverso<br />
dal nostro che è forse un po’ più legato al<br />
club... ma qui ognuno potrebbe dare la<br />
sua personale risposta.<br />
Vantaggi e svantaggi di fare musica nel<br />
Salento.<br />
Nel Salento si sta bene c’è un grande<br />
fermento, ma purtroppo mancano le<br />
strutture dove poter aggregarsi e produrre,<br />
questo è veramente un gravissimo<br />
problema che va affrontato seriamente<br />
perché bisogna capire che la musica non è<br />
una disgrazia, come ad esempio pensano<br />
gli ab<strong>it</strong>anti del centro storico della mia<br />
c<strong>it</strong>tà, ma un valore. Penso poi che questa<br />
regione bisogna rispettarla ed amarla,<br />
come facciamo un po’ tutti noi salentini,<br />
ma non dobbiamo pensare che il mondo<br />
sia solo il Salento, c’è tanto da esplorare e<br />
Insintesi ha ancora voglia di confrontarsi e<br />
conoscere.<br />
Osvaldo Piliego<br />
5<br />
S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />
Tutti pazzi per loro, un fenomeno musicale<br />
e mediatico incredibile: sono i salentini<br />
veraci Negramaro. Solo due anni fa gli<br />
dedicammo una copertina parlando di<br />
Puglia da esportazione. Amici di vecchia<br />
data, ormai lanciati verso galassie che<br />
possiamo solo immaginare, dove i numeri<br />
fanno girare la testa. Difficile giudicare chi<br />
ha raggiunto il successo, molti rischiano<br />
di lasciarsi prendere dall’invidia, altri<br />
dall’entusiasmo. Molto più difficile sarà<br />
stato per loro rimettersi al lavoro a un<br />
nuovo disco, con responsabil<strong>it</strong>à pesanti<br />
come macigni e tanta, tanta attesa.<br />
Simbolo del Salento rock-pop che ce<br />
la fa, un Salento che portano nel cuore<br />
e non si stancano mai di menzionare e<br />
ringraziare. Non si può parlare di usc<strong>it</strong>e<br />
discografiche senza parlare di un disco<br />
dal dna salentino che scala le classifiche<br />
con la stessa facil<strong>it</strong>à con cui Giuliano si<br />
inerpica nei suoi inconfondibili falsetti.<br />
Consacrazione e celebrazione di uno<br />
stile solo loro, sferzate rock a chi pensava<br />
a un secondo episodio melenso, amore<br />
a profusione, una scr<strong>it</strong>tura che c<strong>it</strong>a<br />
la canzone d’autore degli anni ‘60.<br />
Chi ha paura della melodia “scagli la<br />
prima pietra” perché ragionare sul<br />
pop è controverso, pericoloso. Essere<br />
primi in classifica è croce e delizia. Il tuo<br />
nome campeggia accanto a pupazzi<br />
impagliati con un microfono in mano.<br />
Può succedere allora di dimenticare che<br />
i Negramaro scrivono e suonano come<br />
pochi sanno fare in Italia (non parliamo di<br />
indie sia bene inteso) ed è incoraggiante<br />
che a spartisi il successo non siano un<br />
produttore di 50 anni e un labtop. I<br />
gusti poi, quelli sono un’altra cosa. Noi<br />
di <strong>Coolclub</strong>.<strong>it</strong> non possiamo che essere<br />
orgogliosi. La finestra è un disco <strong>it</strong>aliano,<br />
molto, ma non solo. I Negramaro sanno<br />
leggere ciò che li circonda e tradurlo<br />
in canzoni che funzionano. Un’ascesa,<br />
quella di questi sei ragazzi raccontata<br />
anche da Lucio Palazzo in Negramaro<br />
- Storia di 6 Ragazzi ed<strong>it</strong>o da Aliberti<br />
Ed<strong>it</strong>ore.
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Produzione, distribuzione, vend<strong>it</strong>a,<br />
s<strong>it</strong>o internet: Anima Mundi è tutto<br />
questo e molto altro ancora. Da<br />
Otranto, Giuseppe Conoci si muove<br />
alla ricerca di nuovi gruppi, nuove<br />
sonor<strong>it</strong>à che facciano rivivere la<br />
musica tradizionale del Salento<br />
ma non solo. “L’idea è nata nel<br />
2002 dal mio incontro, casuale e<br />
magico, con il gruppo di g<strong>it</strong>ani<br />
Troublamours”, racconta Giuseppe.<br />
“Un colpo di testa, uno al cuore, un<br />
tocco di sana follia e nel 2003 arriva la prima pubblicazione di<br />
Anima Mundi. Il nostro è un inv<strong>it</strong>o ad abbandonare per un attimo<br />
la sovran<strong>it</strong>à della ragione per abbandonarsi ad un luogo interiore<br />
di sospensione dalla v<strong>it</strong>a orizzontale governato dall’anima e dal<br />
cuore. Anima Mundi è una filosofia di v<strong>it</strong>a che si esprime con<br />
le note, la musica”. Dopo le prime produzioni degli scorsi anni,<br />
questa estate Anima Mundi decide di ampliare il proprio catalogo<br />
con ben sei usc<strong>it</strong>e. Le prime sono già in distribuzione. Si tratta di<br />
Tis Klei di Ninfa Giannuzzi, Nuzzelu e Pparolu (Semi e Parole) e di<br />
Mandatari di Dario Muci e Valerio Daniele.<br />
E forse non è un caso che il percorso di Anima Mundi riprenda con<br />
tre lavori diversi ma ugualmente<br />
interessanti. Il cantastorie e poeta<br />
popolare di Ostuni Tonino Zurlo è<br />
osannato da artisti del calibro di<br />
Moni Ovadia e Giovanna Marini.<br />
Fra la tradizione letteraria dialettale<br />
pugliese, la musica popolare<br />
orale, e le sue originali intuizioni<br />
sull’essenza della natura umana<br />
e sull’assurd<strong>it</strong>à del nostro tempo<br />
presente, le composizioni di Tonino<br />
Zurlo sono uno squarcio di uman<strong>it</strong>à<br />
rivolto all’uomo contemporaneo<br />
che abbia voglia di interrogarsi<br />
in profond<strong>it</strong>à, e porsi in cerca di<br />
una ver<strong>it</strong>à essenziale, in cammino<br />
Dal 1998 i Nidi D’Arac miscelano la<br />
tradizione con le sonor<strong>it</strong>à elettroniche, la<br />
piccola c<strong>it</strong>tà di provincia con la metropoli,<br />
Lecce e il Salento con la cap<strong>it</strong>ale. Dopo<br />
San Rocco’s Rave (con il t<strong>it</strong>olo che era<br />
già un programma di intenti) il gruppo<br />
cap<strong>it</strong>anato da Alessandro Coppola torna<br />
con Salento Senza Tempo.<br />
Il gruppo sorprende tutti con un cd<br />
acustico nel quale con ch<strong>it</strong>arre, violino,<br />
pianoforte, tamburelli paga tributo alla<br />
musica popolare salentina attraverso la<br />
composizione di musiche ispirate a questa<br />
terra e alla sua magia.<br />
“La modern<strong>it</strong>à vive dentro di noi, nel<br />
nostro modo di pensare, di creare”,<br />
sottolinea Alessandro Coppola. “Salento<br />
senza tempo non è un nuovo album dei<br />
Nidi d’Arac ma un tributo alla tradizione<br />
musicale salentina, esso vuole raccontare,<br />
con semplic<strong>it</strong>à acustica, l’essenza di una<br />
terra con la sua storia millenaria. Gente del<br />
sud che da padre a figlio, da generazione<br />
in generazione deve difendere, con<br />
memoria, creativ<strong>it</strong>à e rispetto, la propria<br />
ident<strong>it</strong>à nel grande mondo delle differenti<br />
culture”. I brani originali, scr<strong>it</strong>ti da Coppola,<br />
si intersecano con quelli del repertorio<br />
della musica tradizionale salentina e<br />
grika. Tra gli osp<strong>it</strong>i del cd i tamburellisti di<br />
Torrepaduli - quelli protagonisti della Notte<br />
di San Rocco - il precussionista Andrea<br />
7 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />
verso una Nuova Coscienza, verso<br />
un mondo migliore che “in realtà<br />
esiste già e attende soltanto di essere<br />
riconosciuto e svelato…”.<br />
Dalla Grecìa arriva invece una delle<br />
voci più importanti della nuova scena<br />
musicale salentina. Ninfa Giannuzzi<br />
ha sperimentato in lungo e in largo<br />
nei generi musicali, r<strong>it</strong>agliandosi un<br />
ruolo di primo piano in una ipotetica<br />
storia della musica della nostra terra.<br />
Questo suo primo lavoro solista (che la vede accompagnata da<br />
validi musicisti) parte dal Salento con la riproposta di brani della<br />
tradizione e di ined<strong>it</strong>i esclusivamente in lingua grika, riarrangiati<br />
in una nuova veste contemporanea, ma affronta un cammino<br />
che tocca e rivede i canti tradizionali di Albania, Grecia, Medio-<br />
Oriente, Nord Africa, Spagna, Portogallo, Cile, Perù e Messico. Si<br />
dipana, in tal modo, un ipotetico viaggio sonoro nei Paesi che<br />
si affacciano sul Med<strong>it</strong>erraneo, e passando attraverso lo Stretto<br />
di Gibilterra, supera l’Oceano Atlantico e si ferma nell’Oceano<br />
Pacifico. Le acque di questi mari abbracciano, nutrono e fanno<br />
coesistere culture che stabiliscono, tra loro, contatti e legami<br />
talvolta evidenti, talvolta remoti.<br />
Ciò che non poteva esser detto direttamente alla donna<br />
amata, lo si cantava usando il tram<strong>it</strong>e della serenata. Non vi era<br />
innamorato nel Salento, che non recasse serenate dietro le porte<br />
della donna amata. A volte l’esecutore di questo tipo di canto<br />
non era l’innamorato ma un altro personaggio: il “mandatario”,<br />
specie di messaggero d’amore chiamato apposta per cantare<br />
una serenata sotto le finestre di una bella fanciulla. Da qui, il<br />
t<strong>it</strong>olo di questo nuovo progetto musicale di Dario Muci e Valerio<br />
Daniele, Mandatari appunto. Il progetto si propone come un<br />
viaggio acustico nei terr<strong>it</strong>ori al confine tra musica popolare e jazz,<br />
attraverso composizioni originali ed ined<strong>it</strong>i arrangiamenti di alcuni<br />
canti della tradizione popolare salentina.<br />
Nelle prossime settimane usciranno inoltre Ofidea degli Avleddha,<br />
Frunte de Luna di Enza Pagliara e Ama L’Acqua dei Les<br />
Troubl’amours.<br />
Piccioni, il pianista (ex Tiromancino) Andrea<br />
Pesce, l’organettista Claudio Prima e il<br />
violoncellista Redi Hasa. I Nidi D’Arac sono<br />
Alessandro Coppola (voce, ch<strong>it</strong>arre e<br />
tamburello), Vera Di Lecce (voce), Rodrigo<br />
D’Erasmo (violino e ch<strong>it</strong>arra), Maurizio<br />
Catania (batteria) e Caterina Quaranta<br />
(cori).
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Ci sono suoni che spesso arrivano dal mare, come il vento, e<br />
finiscono per fermarsi tra le pieghe della terra per poi sedimentare<br />
e crescere. Ecco allora che tutto questo diventa musica nuova<br />
che ha il sapore di altri lidi, di altre coste mai tanto lontane da<br />
non essere ascoltate. Tutti questi echi, reminiscenze, presenze,<br />
diventano progetti interessanti e apolidi. Così è in fondo la<br />
BandAdriatica, allegra brigata cap<strong>it</strong>anata da Claudio Prima che<br />
abbiamo intervistato in occasione dell’usc<strong>it</strong>a di Contagio, album<br />
pubblicato da FinisTerre e distribu<strong>it</strong>o da Felmay.<br />
Da dove viene l’idea di una banda?<br />
Noi siamo figli delle bande. Abbiamo ricevuto la musica a<br />
domicilio. Questa è la nostra fortuna. La banda arriva a stanarci<br />
da piccoli fin dentro ogni casa e a ricordarci che c’è qualcosa<br />
per cui bisogna scendere in strada e prestare orecchio. Aspettare<br />
con pazienza di essere travolti. La musica delle bande fa parte<br />
di noi e ci rende unici. Le melodie che sedimentano nelle nostre<br />
mani r<strong>it</strong>ornano nelle nostre composizioni e ci identificano. Le storie<br />
che abbiamo sent<strong>it</strong>o raccontare, di avventure calabresi, di notti<br />
insonni, di vera musica da giro ci hanno affascinato a tal punto<br />
che ci siamo trovati a scegliere quella strada anche per i nostri<br />
strumenti.<br />
Una banda classica ma allo stesso tempo sui generis…<br />
Nella nostra musica non siamo mai riusc<strong>it</strong>i ad essere canonici. È<br />
un nostro difetto, a cui teniamo molto. La scommessa in questo<br />
caso è stata l’accostamento di strumenti di tradizioni diverse (in<br />
particolare organetto e violoncello) alla formazione bandistica<br />
classica e da qui l’infezione è stato un processo spontaneo.<br />
Sono gli strumenti stessi che dettano le deviazioni dallo standard,<br />
che suggeriscono con il loro modo naturale di esprimersi le linee<br />
con cui ci discostiamo dal repertorio tradizionale. Siamo stati da<br />
sempre seguaci dello spostamento, musicale o geografico che<br />
sia.<br />
Perché Adriatica?<br />
Le bande e le fanfare hanno un mare in comune. Il mare che li<br />
ha abbracciati e divisi per anni. Il mare su cui si sono mosse per<br />
accompagnare le madonne in processione o le spose in corteo.<br />
Il mare che in una notte ti fa cambiare musica. L’Adriatico è un<br />
mare che a dispetto della prossim<strong>it</strong>à dei Paesi che bagna, negli<br />
anni ha creato perlopiù allontanamenti. I porti che vi si affacciano<br />
sono spesso portavoci di tradizioni e culture profondamente<br />
differenti, lingue incomprensibili fra loro. Questo mare di differenze<br />
ci ha stimolato a cercare un percorso comune possibile, di cui<br />
abbiamo intravisto l’approdo quando ci siamo conosciuti. Noi<br />
musicisti provenienti da sponde diverse che si r<strong>it</strong>rovano a suonare<br />
la stessa musica.<br />
Diverse esperienze musicali e umane si uniscono in questo<br />
progetto, come si è formata questa famiglia?<br />
Ho incontrato Redi Hasa 5 anni fa a Lecce e in una cantina-<br />
9 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />
laboratorio abbiamo cominciato a scambiarci musica prima<br />
ancora che parole. Era arrivato qui da Tirana. Due anni fa<br />
abbiamo incontrato Emanuele Coluccia, reduce da una lunga<br />
traversata Occidentale da New York al Messico alla Spagna.<br />
Era già nato, e noi non lo sapevamo, il progetto adriatico; ce ne<br />
saremmo accorti più tardi, scoprendo ad ogni passo un’anima<br />
comune, sottesa dalla passione per le nostre reciproche culture<br />
e dalla necess<strong>it</strong>à di metterle in gioco. Negli ultimi due anni<br />
abbiamo incontrato gli altri musicisti della banda e la fortuna ha<br />
voluto che oltre all’esperienza diretta nelle bande di giro avessero<br />
l’intenzione di condividere con noi un percorso complesso e<br />
impervio come quello adriatico, il coraggio di mettere il proprio<br />
modo di suonare al servizio di una scommessa comune. Nel cd<br />
suona un altro grande viaggiatore, Naat Veliov che ci ha portato<br />
con la Kocani Orkestar una testimonianza straordinaria della sua<br />
capac<strong>it</strong>à di comunicazione oltre ogni confine linguistico e stilistico.<br />
Per la nostra ricerca è stata una grande lezione.<br />
Qual è il tuo rapporto con la tradizione, come vivi questo<br />
fenomeno, a tratti modaiolo, di riscoperta?<br />
Io non mi sento un musicista tradizionale, non credo di esserlo mai<br />
stato fino in fondo. La musica tradizionale ha rappresentato per<br />
me la svolta emotiva al momento più rilevante di cui ho memoria<br />
e mi ha fatto comprendere quanto la musica fosse importante<br />
per la mia v<strong>it</strong>a. Da lì è stata una continua ricerca di una via<br />
personale di interpretazione del repertorio e dello strumento,<br />
figlia della mia modern<strong>it</strong>à, del mio sentire al presente. Il mio modo<br />
di suonare l’organetto e di comporrre da il senso di come io<br />
intenda la tradizione. Il profondo rispetto che nutro per la musica<br />
tradizionale mi costringe a stare lontano in questo periodo da<br />
un certo circu<strong>it</strong>o di riscoperta, che considero approssimativo e<br />
dannoso. Per ev<strong>it</strong>are che il fenomeno si tramuti in moda, a mio<br />
avviso, un profondo bisogno di approfondimento e di ricerca.<br />
L’avvicinamento al repertorio tradizionale ha bisogno della stessa<br />
umiltà con cui è riusc<strong>it</strong>o a vincere l’usura del tempo.<br />
Parlaci un po’ di questo ultimo lavoro, perché Contagio?<br />
Le musiche che non conosciamo ci hanno contagiato e non ce ne<br />
siamo accorti. Ce le portiamo dentro, in incubazione, fino a quando<br />
non le riconosciamo nelle mani di chi ce le riporta. Le musiche nei<br />
porti dell’adriatico si sono contagiate per contatto diretto o per<br />
via del vento. Noi cerchiamo in questo disco una chiave di lettura<br />
possibile di un contagio ormai diffuso e inconsapevole. Il nostro<br />
è un periplo che da Brindisi porta fino a Creta, passando per<br />
Venezia, Dubrovnik, Durazzo andando di porto in porto a scoprire<br />
quanto e se siamo diversi, per esorcizzare il timore di un’infezione,<br />
quella culturale, di cui siamo fieri sosten<strong>it</strong>ori. Conoscere per non<br />
aver paura di conoscere. Ce n’è sempre più bisogno.<br />
Osvaldo Piliego
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Tredici anni dopo il primo episodio e a<br />
circa sette dalla seconda usc<strong>it</strong>a i Sud<br />
Sound System lanciano la terza puntata<br />
del Salento Show Case. Una raccolta<br />
del meglio del reggae salentino.<br />
Diciannove brani che mescolano<br />
vecchie e nuove generazioni, la storia<br />
del reggae con le nuove crew che si<br />
affacciano nel panorama musicale<br />
nazionale. “Siamo molto soddisfatti di<br />
questa nuova avventura”, sottolinea<br />
Papa Gianni, voce storica dei Sud<br />
Sound System. “L’importante è<br />
promuovere nuove voci, dare la possibil<strong>it</strong>à a un po’ di ragazzi e<br />
ragazze di emergere nell’amb<strong>it</strong>o del reggae. Segnaliamo come<br />
una cosa pos<strong>it</strong>iva anche la presenza di due minorenni, Alessia e<br />
Mulino”. Alessia è diventata famosa per la sua partecipazione<br />
alle recenti edizioni della Notte della Taranta e per la intro della<br />
fortunata Le radici ca tieni dei Sud (che ha ottenuto anche un<br />
premio al Meeting delle etichette indipendenti e il Premio Tenco<br />
come miglior album dialettale). Qui la giovane cantante apre il<br />
disco con Uardame. “Il meccanismo interessante di questo tipo<br />
di produzioni è la reale collaborazione tra noi, che componiamo<br />
una serie di basi, e i ragazzi che scrivono il proprio pezzo. Dopo<br />
una prima selezione siamo arrivati alla scelta dei brani da inserire<br />
nel cd”. Salento Showcase 2007 - in usc<strong>it</strong>a per V2 - accoglie<br />
dunque quattro nuovi r<strong>it</strong>mi prodotti dai Sud (Friseddhre, Hard<br />
Drum, Dancehall Rock e Te Reggettu) sui quali si esprimono nuovi<br />
talenti come Sandrino e Strunizzu, Afro Bamba, Lu Dottore, Kaya<br />
Killa, Hot Fire, RankinLele, PapaLeu e Marina, Italo, Terequeia e<br />
Ghetto Eden (nella foto). Nuovi volti che segnano una evoluzione<br />
del reagge nel Salento. “In questi tredici anni c’è stata una vera e<br />
propria rivoluzione”, conclude Papa Gianni. “La spinta del reggae<br />
sotto l’aspetto della denuncia sociale non si è esaur<strong>it</strong>a ma ha<br />
virato più sul ballo, Complessivamente i r<strong>it</strong>mi sono notevolmente<br />
cambiati, sono meno soft. La nuova generazione va verso una<br />
visione più moderna del reggae che richiama da vicino quella dei<br />
ghetti americani e jamaicani”. La compilation infine è arricch<strong>it</strong>a<br />
da due “combination” di Terron Fabio nei brani La Coscienza<br />
Chiama e Uarda e da tre brani ined<strong>it</strong>i dei Sud Sound System: Me<br />
Recordu cantata da Nandu Popu, Meiu Cu Dici No di Don Rico,<br />
Tuttu l’Amore di Don Rico e Papa Gianni.<br />
Esplorare la musica nera, farsi strada<br />
in un sound compos<strong>it</strong>o e ricco in cui le<br />
derive e i punti di fuga possono essere<br />
sorprendentemente vicini.<br />
Questo sembra l’intento dichiarato di<br />
Black Zone Ensemble. Basta usare collante<br />
sintetico e tutto funziona a perfezione.<br />
Potere dell’elettronica, biglietto da vis<strong>it</strong>a<br />
della 11/8 quasi sempre in bilico tra jazz<br />
e sperimentazione. Ed è sotto la grande<br />
bandiera del Nu jazz che trova riparo questo<br />
progetto firmato da Daniele Miglietta,<br />
anche se ad ascoltare bene c’è molto,<br />
molto di più. Lui ai comandi sommerso di<br />
sinth dal sapore vintage e intorno a lui tanti<br />
amici talentuosi (Mauro Tre, Davide Arena,<br />
Nathalie Claude, Stefania Dipierro, Violet<br />
Sol, Valentina Grande, Michele Minerva,<br />
Giancarlo Dell’Anna).<br />
Il risultato è un lavoro vellutato dove la<br />
bossa di incunea con beat più acidi,<br />
dove riminescenze anni 70 fanno capolino<br />
dando un vago sapore da spystory. Il<br />
lavoro è estremamente vario quasi vedesse<br />
l’esplorazione della “zona nera” come<br />
una missione. Ancora una sfaccettatura<br />
musicale di un Salento ricco di sorprese e<br />
generoso di produzioni. Prodotto che non<br />
sfigura accanto a produzioni internazionali<br />
e che di estero profuma.<br />
O.P.<br />
11 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />
TREBLE STUDIO PIU’ AMORE<br />
Dopo la lunga esperienza nei Sud Sound<br />
System, Antonio “Treble” Petrachi meglio<br />
consciuto come Lu Professore è tornato con<br />
nuovi progetti. Se l’accoppiata con il gruppo<br />
di musica tradizionale Kumenei ha dato<br />
buoni frutti (e un mini cd dal t<strong>it</strong>olo Salento,<br />
distruibu<strong>it</strong>o anche in edicola) sicuramente<br />
interessante è Treble Studio più amore un<br />
“resoconto” dell’attiv<strong>it</strong>à dello studio di<br />
registrazione.<br />
Il cd osp<strong>it</strong>a una serie di realtà del panorama<br />
reggae salentino e pugliese che si<br />
confrontano con i brani scr<strong>it</strong>ti dallo stesso<br />
autore e arrangiate e risuonate insieme a Roots Family band,<br />
un‘emergente reggae band salentina. Nel cd si contaminano<br />
inglese, spagnolo, barese, tarantino, calabrese, salentino e<br />
<strong>it</strong>aliano. Tra gli osp<strong>it</strong>i Fido Guido, Mama Marjas, Dany Silk, B.i.g.,<br />
Bob Jahman, Paolino, Apache, Ventre Ianca, Mykela e molti<br />
altri. Domenica 15 <strong>luglio</strong> al Soul Food di Torre dell’Orso si terrà<br />
la presentazione ufficiale del disco. Il locale del l<strong>it</strong>orale adriatico<br />
osp<strong>it</strong>erà ogni mercoledì i dj set “Soul Reggae” .
Keep Cool Pop,<br />
Wh<strong>it</strong>e stripes<br />
Icky Thump<br />
XL<br />
Rock, blues / ****<br />
È con un certo sollievo che presentiamo<br />
l’album dei Wh<strong>it</strong>e Stripes. Non so se<br />
la “famiglia” Wh<strong>it</strong>e benedica quella<br />
sera di Bruges, in cui i tifosi della Roma<br />
fecero nascere il “popopoppopòpo” poi<br />
diventato nazional-popolare. Sicuramente<br />
abbiamo assist<strong>it</strong>o ad agghiaccianti<br />
manovre di marketing, in cui l’album<br />
Elephant, che conteneva la (comunque<br />
bellissima) Seven Nation Army, origine e<br />
causa del tormentone, veniva spacciato<br />
per nuovo album pur essendo del 2003. E<br />
tuttora, se ascoltate il promo in radio, tutto<br />
parte dal popopò. Ridurre Icky Thump a<br />
questo è un errore tutto <strong>it</strong>aliano.<br />
Jack Wh<strong>it</strong>e sembra quasi fiutare questo<br />
pericolo di spettacolarizzazione della sua<br />
Alternative, Metal, Elettronica, Lounge Italiana, Indie<br />
musica e tira fuori riff di ch<strong>it</strong>arra anacronistici,<br />
poco ruffiani e molto rispettosi dei suoi<br />
maestri. Un album rock vecchia maniera,<br />
venato di blues e sonor<strong>it</strong>à decisamente più<br />
affini al repertorio statun<strong>it</strong>ense che a quello<br />
europeo. La forma del duo è ai massimi<br />
livelli: Jack si diverte con la sua ch<strong>it</strong>arra,<br />
non si priva mai del gusto dell’assolo che<br />
spesso orienta l’andamento dell’intera<br />
canzone; Meg, considerata una dei più<br />
scarsi interpreti della batteria di tutti i tempi,<br />
continua a suonare in modo impulsivo<br />
se non compulsivo, fregandosene della<br />
tecnica e tirando fuori un suono che lo<br />
riconosceresti in mezzo a un milione. Icky<br />
Thump sposta ancora più in alto l’asticella<br />
qual<strong>it</strong>ativa delle “strisce bianche” pur<br />
la musica secondo <strong>cool</strong>cub<br />
offrendo pochi spunti per favorirne un<br />
buon successo commerciale (fatta salva<br />
la divertente Conquest; magari la casa<br />
discografica ci rimette lo zampino e la<br />
lancia come singolo) offre un ottimo<br />
spettacolo per tutti gli amanti del rock. Gli<br />
ascoltatori più anziani potranno dire che,<br />
in fondo, è un album degli anni ‘70 usc<strong>it</strong>o<br />
con una trentina di anni di r<strong>it</strong>ardo, che gli<br />
Wh<strong>it</strong>e non hanno inventato nulla, che è<br />
un collage di c<strong>it</strong>azioni. Quasi come fosse<br />
un film di Tarantino. I vantaggi di essere<br />
giovani: sei ignorante, e ti godi tutto come<br />
se fosse tutto nuovo. Viva Tarantino, viva i<br />
Wh<strong>it</strong>e Stripes.<br />
Dino Amenduni
14<br />
Gogol Bordello<br />
Super Taranta !<br />
Sideonedummy records<br />
gipsy rock ****<br />
La baraonda dei Gogol Bordello è pronta a investire il mondo con un nuovo album.<br />
Super taranta il t<strong>it</strong>olo, più salentino che mai scelto con riferimento diretto al potere<br />
della nostra musica, quello curativo, liberatorio. E certo che già in passato questa<br />
band ci aveva ab<strong>it</strong>uato a concerti che sfociavano in veri e proprio r<strong>it</strong>i collettivi. Il<br />
segreto? La loro natura musicale anarcoide capace di attingere a destra e manca<br />
vagabondando tra i generi con un’att<strong>it</strong>udine decisamente punk. Questo disco<br />
è, se possibile, più adrenal<strong>it</strong>ico dello scorso, un delirio di fiati, corde, perussioni<br />
r<strong>it</strong>mi del mondo, bande sbilenche, cavalcate ubriache e gioco, tanto gioco. La<br />
direzione dichiarata dallo stesso leader Eugene Hutz è “la conquista della musica<br />
mondiale”. Super taranta è un biglietto andata e r<strong>it</strong>orno per ovunque, tutto viene<br />
preso e frullato in un melting pot sonoro travolgente. A chi si chiede se ci sono<br />
tracce di pizzica all’interno dell’album, la risposta è si. Ce n’è l’essenza, quella<br />
che forse, ogni tanto, si perde. E allora mettete da parte ogni confine musicale e<br />
lasciatevi prendere da questa nuova frontiera delle musiche possibili…dai Clash<br />
alla musica dei Balcani.<br />
O.P.<br />
Chemical Brothers<br />
We are the night<br />
Virgin<br />
Dance, elettronica / **½<br />
A due anni dall’acclamato Push the button,<br />
tornano i due “fratelli” mancuniani con<br />
l’album probabilmente più controverso<br />
della loro carriera. Non perché abbiano<br />
cambiato genere di colpo (anzi), ma<br />
perché è come se non avessero mai fatto<br />
carriera, mai sfornato gemme pop e allo<br />
stesso tempo grandi h<strong>it</strong> ballabili. Come se il<br />
loro tempo si fosse fermato a 10 anni fa. Ed<br />
è questo il lato davvero controverso: loro<br />
volevano questo, volevano essere la notte<br />
e niente più, volevano sfornare un album<br />
spiccatamente frivolo, senza azzardi,<br />
senza collaborazioni folli. I Klaxons sono il<br />
massimo del divertimento per la mediocre<br />
All rights reversed, il singolo Do <strong>it</strong> Again,<br />
buono ma non eccezionale, è cantato<br />
da Ali Love (?) ma il featuring poteva<br />
essere di chiunque altro. Non è che siano<br />
diventati improvvisamente dei brocchi:<br />
ci sono alcuni spunti interessanti (No Path<br />
to follow, Saturate), ma dilu<strong>it</strong>i in un cd<br />
inspiegabilmente senza nerbo. Vedremo<br />
come reagirà il pubblico, ma il sospetto è<br />
che questo album sarebbe stato ignorato,<br />
se non fosse stato dei Chemical. Fratelli,<br />
che vi siano fin<strong>it</strong>e le soluzioni?<br />
Dino Amenduni<br />
KeepCool<br />
September Collective<br />
All the birds were anarchists<br />
Mosz<br />
elettronica / ****½<br />
Dietro questo moniker si nascondono<br />
tre vecchie conoscenze della scena<br />
elettronica europea: i tedeschi Stefan<br />
Schneider (To Rococo Rot, Mapstation)<br />
e Barbara Morgenstern e il polacco Paul<br />
Wirkus. I tre hanno iniziato a collaborare<br />
insieme durante un tour in Polonia nel<br />
2002: ogni sera, alla fine dei loro singoli<br />
shows, iniziarono a improvvisare qualcosa<br />
insieme. Vedendo che la cosa funzionava<br />
decisero di mettersi in studio e da lì nacque<br />
il primo disco dei September Collective,<br />
su Geographic rec., usc<strong>it</strong>o nel 2004. Già<br />
allora i risultati (tra l’altro prevedibili)<br />
furono sorprendenti. Questo nuovo “All<br />
the birds…”, usc<strong>it</strong>o su Mosz, label fondata<br />
da Stefan Nemeth dei Radian e dalla<br />
filmaker Michaela Schwentner, conferma<br />
la ottima riusc<strong>it</strong>a di questa fortunata (per<br />
noi ascoltatori) fusione. L’elettronica così<br />
come dovrebbe sempre essere: essenziale<br />
ma non piatta, colta ma non presuntuosa,<br />
raffinata ma non snob. Sonor<strong>it</strong>à e att<strong>it</strong>udine<br />
che sembravano scomparse nel passaggio<br />
a questo nuovo millennio, e sarebbe stato<br />
un gran peccato. E invece eccole sempre<br />
qui, solo un tantino meno visibili nel vortice<br />
modaiolo delle attenzioni medianiche. Più<br />
di qualcuno aveva creduto che questo<br />
genere, questa “scena”, aveva esaur<strong>it</strong>o<br />
le sue potenzial<strong>it</strong>à, che non aveva più<br />
niente da comunicare. Ed ecco invece<br />
ancora gradiose melodie e fluttazioni<br />
che sanno trasportarti fuori dal tuo mondo<br />
quotidiano e farti esplodere lentamente<br />
dal di dentro. 12 eccezionali tracce che<br />
speri non finiscano mai. Da non perdere<br />
assolutamente.<br />
Gennaro Azzolini<br />
Patrizia Laquidara<br />
Funambola<br />
Ponderosa/Edel<br />
jazz, cantautorato / ****½<br />
Viene da Catania, terra più che fiorente<br />
per la musica <strong>it</strong>aliana contemporanea<br />
(Consoli, Venuti, Biondi). È cresciuta con<br />
Mogol e lavorando con<br />
il repertorio tradizionale<br />
della musica brasiliana.<br />
È affascinante. È emozionale<br />
(si sprecano le leggende<br />
sulle sue esibizioni<br />
dal vivo, e la copertina<br />
dell’album contribuisce<br />
a colorare l’immaginario).<br />
E, soprattutto, ha ti-
KeepCool 15<br />
rato fuori l’album <strong>it</strong>aliano dell’anno.<br />
Un lavoro delicato e contemporaneamente<br />
intensissimo, in cui Patrizia si destreggia tra<br />
testi impegnati ed altri più leggeri: così è<br />
la v<strong>it</strong>a, e lei non fa altro che ricordarcelo.<br />
Parla dell’amore ma sembra più esperta di<br />
quel sentimento di “mezzo”, tra il prendersi<br />
e il lasciarsi, tra l’esplodere e l’implodere.<br />
L’equilibrio è un miracolo, in questi casi, e lei<br />
sembra saperlo fin troppo bene. Ma sono i<br />
momenti in cui è la samba a guidare i flussi<br />
di coscienza della Laquidara a rendere<br />
l’album straordinario. Ziza ma soprattutto<br />
la perla Personaggio vi faranno alzare di<br />
scatto.. Voi vi chiederete: e allora perché<br />
non hai messo il massimo dei voti? Perché<br />
si cerca di essere obiettivi, questa musica<br />
non piace a tutti. Per quanto mi riguarda,<br />
quel mezzo voto “mancante” ci sta tutto.<br />
Dino Amenduni<br />
Bishop Allen & The Broken<br />
String<br />
Bishop Allen & The Broken String<br />
Dead records<br />
indie / ****<br />
I Belle & Sebastian<br />
i n d u b b i a m e n t e<br />
hanno fatto scuola<br />
e questi Bishop<br />
Allen & The broken<br />
String sono sicuramente<br />
tra i loro<br />
allievi più bravi.<br />
Vengono da oltreoceano,<br />
e senza<br />
essere dei cloni hanno saputo fare propria<br />
la lezione imparata; strizzando l’occhio di<br />
tanto in tanto agli Arch<strong>it</strong>ecture in Helsinki, si<br />
muovono in bilico tra allegria e malinconia<br />
per tutta la durata delle dodici tracce di<br />
questo lavoro omonimo.<br />
Nell’eterogeneic<strong>it</strong>à dei loro brani sanno<br />
essere dolcemente spensierati (Rain<br />
e Click, Click, Click, Click) ma anche<br />
aggressivi, quasi ai confini del punk rock,<br />
vedi Middle Management. Degna di nota<br />
anche The Chinatown Bus, sullo stile dolce e<br />
melanconico dei migliori Belle&Sebastian.<br />
Da collezione primavera-estate con un<br />
pensiero all’ autunno. Semplicemente<br />
belli.<br />
Federico Baglivi<br />
Roy Paci e Aretuska<br />
Suonoglobal<br />
V2<br />
patchanka / **** ½<br />
Già strombazzato come “disco dell’estate”<br />
(chissà come la pensa Roy…), ecco a<br />
voi l’album più salentino (registrato a<br />
Castrignano del Capo) e allo stesso tempo<br />
più apolide nella carriera dell’eccelso<br />
strumentista siracusano, il quale aveva<br />
chiesto agli Aretuska una prova di matur<strong>it</strong>à<br />
per continuare a lavorare insieme. Così è<br />
stato: Suonoglobal è un’ottima occasione<br />
per viaggiare nel caleidoscopio sonoro<br />
tutto r<strong>it</strong>mo e contenuti e per gustarci il<br />
cameo, quasi ist<strong>it</strong>uzionale, di Manu Chao,<br />
che colora il singolo Toda Joia Toda Beleza<br />
e che testimonia la volontà “pol<strong>it</strong>ica”<br />
racchiusa nel lavoro. Anche gli osp<strong>it</strong>i<br />
<strong>it</strong>aliani sono tutto sommato prevedibili:<br />
Cor Veleno, Pau, Enrique (Bandabardò),<br />
Morgan<br />
Da a… ad a<br />
Sony Bmg<br />
canzone d’autore / *****<br />
Questo disco di Morgan è più di quello<br />
che ci si aspettava. Dopo Canzoni<br />
dall’appartamento e il tributo a De Andrè,<br />
riesce in questo nuovo episodio a superarsi<br />
e superare l’idea di canzone d’autore che<br />
ci eravamo fatti. Basta ascoltare le prime<br />
note per assaporare echi dei grandi maestri<br />
<strong>it</strong>aliani, c<strong>it</strong>azioni colte dalla musica classica,<br />
crescendo beatlesiani, accostamenti<br />
strumentali ricchi, riferimenti letterari, David<br />
Bowie. Tutto in un uomo, tutto per raccontare<br />
l’eterno r<strong>it</strong>orno a lei e all’amore. Da a ad<br />
a potrebbe essere la sua eterna musa Asia<br />
Argento, ma anche riferirsi al detto latino<br />
“Per aspera ad astra” (attraverso le avvers<strong>it</strong>à fino alle stelle). Un disco che nasconde<br />
sicuramente più messaggi di quelli che ci è dato cogliere, un disco che mer<strong>it</strong>a tempo,<br />
quasi un riparo, una confessione a metà, una dedica al necessario, alla famiglia (in<br />
una canzone canta anche la figlia), ma anche una finestra sulle inquiet<strong>it</strong>udini. Come si<br />
può ascoltare una canzone come Una storia d’amore e van<strong>it</strong>à senza pensare al miglior<br />
Tenco o a Bindi. Sensuali gli arrangiamenti d’archi di La ver<strong>it</strong>à. Anche quando i tuni si<br />
irrobustiscono la poesia non perde intens<strong>it</strong>à. La lunga coda finale di Contro me stesso è<br />
un viaggio psichedelico raccomandato a tutti.<br />
O.P.<br />
Caparezza, Sud Sound System, Raiz.<br />
Contaminazioni dall’inizio alla fine, nelle<br />
lingue, nei generi e nei repertori per un<br />
album che ha incontrato il favore anche<br />
dei massimi sistemi (è infatti distribu<strong>it</strong>o in<br />
edicola da La Repubblica). I protagonisti<br />
però restano Roy e la sua tromba, e non<br />
c’è traccia che veda offuscata la sua<br />
personal<strong>it</strong>à. Consigliato perché piace sia<br />
per la superficie, fresca ed estiva, che per<br />
ciò che c’è all’interno, ottimo cibo per la<br />
mente. Il disco dell’estate che difficilmente<br />
metterete via d’autunno.<br />
Dino Amenduni<br />
Zelienople<br />
His/Hers<br />
Type records<br />
psico-folk / ***<br />
His/Hers esce per la Type records ed<br />
arriva da Chicago, è la nuova usc<strong>it</strong>a del<br />
trio Zelienople, band attiva dal 1998. In<br />
parole semplici His/Hers è molto difficile da<br />
digerire. Cinque tracce di folk psichedelico/<br />
psicotico; delirante più di tutte è la traccia<br />
Forceed March: rumorosa, insana, ma<br />
anche jazz e post-rock. Indefinibili e<br />
inqualificabili, riesce difficile, più di altri<br />
gruppi, etichettare, spiegare, scrivere in<br />
parole. Sfuggenti a qualsiasi catalogazione,<br />
spiazzanti anche all’ascolto. Sembrano<br />
affondare le loro radici in un post rock<br />
cupo e quasi industriale, suoni provenienti<br />
dagli sporchi sotterranei dei sobborghi di<br />
Chicago. In defin<strong>it</strong>iva, se questo era il loro<br />
scopo, l’impatto straniante è assicurato.<br />
Federico Baglivi<br />
Rush<br />
Snakes and Arrows<br />
Anthem/Atlantic<br />
rock / ****<br />
Ben più di trent’anni di onorata carriera,<br />
diciannove album<br />
in studio senza<br />
contare gli innumerevoli<br />
live e le<br />
raccolte, premi di<br />
cr<strong>it</strong>ica e dischi di<br />
platino… e i Rush<br />
sono ancora qui,<br />
con un rock che<br />
suona ancora così<br />
carico e fresco da<br />
far impallidire le nuove generazioni. Dagli<br />
anni ‘70 ad oggi mai un disco uguale al<br />
precedente, eppure sempre così “loro” da<br />
essere riconoscibili tra mille.<br />
Questa volta il trio Lee Lifeson Peart si<br />
spinge ancora oltre, ancora una volta<br />
piacevolmente ci spiazza e sterza<br />
lievemente rispetto all’ultimo Vapor Trails.<br />
Non da lì Snakes and Arrows prende le<br />
mosse, ma dal lunghissimo tour mondiale<br />
per l’anniversario dei trent’anni della band,<br />
secondo me vera chiave di lettura del<br />
disco. Prendiamo ad esempio il singolo Far<br />
Cry che apre le danze: ti aspetti la potenza<br />
e i suoni del disco precedente, e invece<br />
ti r<strong>it</strong>rovi le morbide atmosfere di Presto.<br />
L’ined<strong>it</strong>o blues con cui parte The Way The<br />
Wind Blows e i ben tre brani strumentali<br />
sono convinto, non possano che essere figli<br />
di un’improvvisata tra un live e un altro; i riff<br />
di Spindrift e Good New First ci rimandano<br />
ai tempi di Test for Echo; mentre il feeling<br />
di The Larger Bowl è quello delle cover<br />
sessantiane rilasciate col disco Feedback.<br />
I richiami a Vapor Trails non sono assenti<br />
del tutto (particolarmente in Fa<strong>it</strong>hless), ma
16<br />
in complesso il disco è meno aggressivo e<br />
cela un’anima decisamente più intimista,<br />
con Lifeson che torna a dilettarsi con<br />
qualche breve solo e le magiche geometrie<br />
della batteria di Peart che suonano più<br />
discrete rispetto al passato. Quello che<br />
non cambia – e fortunatamente non è<br />
cambiato mai dagli anni ’70 ad oggi<br />
– sono i testi brillanti di un poeta della<br />
semplic<strong>it</strong>à come Neil Peart, e, soprattutto,<br />
il gusto melodico che sa puntare dr<strong>it</strong>to al<br />
cuore, strale di Cupido la voce irripetibile<br />
di un sempreverde Geddy Lee. Il risultato è<br />
un altro disco fantastico, meno coraggioso<br />
forse, ma bilanciato perfettamente tra<br />
reminescenze del passato e un’inesauribile<br />
voglia di guardare ancora avanti: un’altra<br />
piccola gemma preziosa che contiene in<br />
se e riecheggia la lucentezza di quelle che<br />
l’hanno preceduta.<br />
Dario Lolli (mariorollo)<br />
Machine Head<br />
The Blackening<br />
Roadrunner/Universal<br />
metal / ***<br />
C’era parecchia attesa attorno a questo<br />
nuovo cap<strong>it</strong>olo della band di Oakland<br />
dopo il precedente e pur ottimo Through<br />
The Ashes Of Empires, ma non aspettatevi<br />
un nuovo Burn My Eyes, il micidiale album<br />
con cui i Machine Head esordirono<br />
nell’ormai lontano 1994. Troppo tempo<br />
ci separa ormai da quell’incandescente<br />
reliquia ma quest’album rappresenta,<br />
comunque, una sintesi perfetta di ciò che<br />
sono diventati i Machine Head negli ultimi<br />
anni: una metal band completa e matura,<br />
capace di alternare momenti di rara e<br />
toccante bellezza ad altri di devastante<br />
ferocia. Solo otto pezzi per un totale di poco<br />
più di un’ora di musica su questo disco, ma<br />
ben quattro di essi viaggiano oltre i nove<br />
minuti! Il pensiero vola alla purtroppo breve<br />
epopea del techno-thrash a cavallo tra<br />
gli ’80 e i ’90, tendenza già ampiamente<br />
rivalutata (per fortuna!) da altri eccellenti<br />
campioni di recente sal<strong>it</strong>i agli onori della<br />
ribalta, un nome su tutti: Mastodon! La<br />
violenza la fa da padrona, insomma, su<br />
The Blackening, viaggio vertiginoso ed<br />
esaltante, martoriato da r<strong>it</strong>miche assassine<br />
e da ch<strong>it</strong>arre incendiarie, ma, vi assicuro,<br />
con passaggi d’assoluto spessore tecnico<br />
e artistico!. Il loro suono è ormai un<br />
inconfondibile marchio di fabbrica. Meno<br />
diretti rispetto al passato forse, mai scontati,<br />
ma sempre pronti a lanciare nuove sfide<br />
e a chi li segue da anni. Questo sono i<br />
Machine Head oggi … Buy or die!<br />
Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />
Queens of the stone age<br />
Era vulgaris<br />
Umg<br />
stoner / ****<br />
Giorgio Canali & Rossofuoco<br />
Tutti Contro Tutti<br />
La tempesta<br />
rock / ****<br />
Rabbia. Basta una sola<br />
parola per definire Tutti<br />
Contro Tutti, il quarto<br />
album di Giorgio<br />
Canali e Rossofuoco.<br />
Coerentemente e cocciutamente,<br />
quello che<br />
per molti resta l’unico<br />
vero rocker <strong>it</strong>aliano intesse<br />
un nuovo disco<br />
attraverso dieci episodi<br />
caustici e polemici, ruvidi e aguzzi come la<br />
faccia di chi li ha scr<strong>it</strong>ti.<br />
La dedica a Federico Aldrovandi,<br />
diciassettenne ucciso in circostanze ancora<br />
non chiar<strong>it</strong>e da quattro poliziotti a Ferrara,<br />
è quasi una dichiarazione d’intenti per<br />
un lavoro che trasuda, appunto, rabbia.<br />
Genuina, necessaria: “Si lo so di avere<br />
KeepCool<br />
Quinto disco per i Queens Of The Stone Age, band nata nel 1997 dalle ceneri dei defunti<br />
Kyuss, creatori dello stoner rock. Era Vulgaris riparte dalle sonor<strong>it</strong>à dettate dall’ultimo<br />
disco in studio (Lullabies To Paralyze, buon disco anche se meno stoner del resto della<br />
discografia) e ne allarga le vedute, r<strong>it</strong>ornando alle origini (stile heavy e ripet<strong>it</strong>ivo defin<strong>it</strong>o<br />
da Homme come robot rock) ed evolvendosi sotto certi aspetti. Durante l’ascolto delle<br />
tracce che compongono il disco (l’edizione giapponese e inglese conterranno anche<br />
una collaborazione con Trent Reznor dei Nine Inch Nails) avremo modo di ascoltare<br />
hard rock, stoner e tracce di psichedelia. La traccia di apertura si int<strong>it</strong>ola Turning On The<br />
Screw. Un’intro che sintetizza le sonor<strong>it</strong>à di Era Vulgaris, un pezzo lento, contrassegnato<br />
dai classici riff stoner ripetuti fino ad un piacevole martellamento. Sub<strong>it</strong>o dopo si parte<br />
velocemente, malatamente e semplicemente con il primo estratto dell’album: Sick, Sick,<br />
Sick. Brano di una efficacia e immediatezza che non si sentiva da un bel po’ di tempo<br />
a questa parte. Come singolo per attirare l’ascoltatore medio è perfetto. I’m Designer<br />
è un altro potenziale singolo, riff sporchi si mischiano a giri di basso semplici, così come<br />
le parti di batteria, il r<strong>it</strong>ornello è molto orecchiabile ed entra in testa in un paio di ascolti<br />
al massimo. Con Into The Hollow si inizia a sentire la psichedelia c<strong>it</strong>ata in apertura, per<br />
poi arrivare a Misf<strong>it</strong> Love, uno dei brani più stoner e più belli dell’album, accarezzare<br />
il lento r<strong>it</strong>mo di Desert Sessions 9 & 10 e giungere al rush finale con brani che vanno<br />
dallo stoner più classico ai duri suoni dell’hard rock con Run Pig Run, brano di chiusura.<br />
Insomma, un disco davvero emozionante, esaltante, tanto vario da soddisfare anche i<br />
gusti più diversi. Homme si conferma sempre più ispirato e in forma. Direi che la vetta del<br />
monte rock diventa sempre più vicina agli occhi di questa rock band statun<strong>it</strong>ense che<br />
continua a stupirci e confermarsi anche dopo dieci anni di lavoro.<br />
Luana Giacovelli<br />
dentro una rabbia di cui non mi pento… da<br />
uno a cento è centomila la rabbia che ho<br />
dentro” canta Giorgio, e la sua incessante<br />
sicumera incontra la forza centrifuga ed<br />
elettrica dei Rossofuoco, qui davvero in<br />
stato di grazia. Alealè è la versione <strong>it</strong>aliana<br />
di un pezzo presente sul suo esordio solista<br />
datato ‘98, che contiene forse la strofa più<br />
efficace con la mirabile perifrasi gaberiana<br />
“E così accade che / la libertà futura / è un<br />
pompino in tv / senza censura […] Accade<br />
che la libertà / è partecipazione… agli<br />
utili”, Falso Bolero è una ballad ruvida che<br />
omaggia Gun Club, Lou Reed e qualche<br />
altro zombie del rock’n’roll, Settembre<br />
Aspettando è una cover dei Noir Desir,<br />
Comequandofuoripiove l’ennesima<br />
invettiva punk di quelle che quando le<br />
canta Giorgio sembra che si scrivano da<br />
sole. Forse un gradino sotto il precedente<br />
disco – a tuttora il suo capolavoro - ma<br />
sempre e comunque grande musica.<br />
Lunga v<strong>it</strong>a, Giorgio.<br />
Ilario Galati
KeepCool 17<br />
Enzo Favata Tentetto<br />
The New Villane<br />
Il manifesto<br />
etno-jazz / ***½ Appena pubblicato<br />
dalle edizioni musicali<br />
del manifesto,<br />
come del resto i<br />
suoi tre dischi precedenti,<br />
il nuovo<br />
lavoro del sassofonista<br />
sardo Enzo<br />
Favata, prende le<br />
mosse da un solido<br />
impianto jazz che si<br />
fonde alla tradizione sarda in generale e<br />
del canto a tenores in particolare.<br />
I Tenores De B<strong>it</strong>ti si affiancano infatti al<br />
sestetto originario dando v<strong>it</strong>a ad un<br />
tentetto dalle notevoli potenzial<strong>it</strong>à. Lunghe<br />
composizioni che omaggiano tanto il folk<br />
quanto la musica degli anni ’70, tra new<br />
thing e black-music. Chiarificatrici in tal<br />
senso le dediche al grande compos<strong>it</strong>ore<br />
e ricercatore sardo Marcello Melis e al<br />
leader degli Art Enseble Of Chicago Lester<br />
Bowie. Il risultato è un lavoro godibile<br />
dove tradizione e pulsioni sperimentali<br />
proseguono di pari passo, e composizioni<br />
come l’open-track Comare Mia mischiano<br />
aperture free ad un gusto in un certo qual<br />
modo rurale. Lo sradicamento da una<br />
parte, le radici dall’altra. In mezzo Favata<br />
e il suo corredo etno-jazz a tracciare un<br />
omaggio alla propria terra sempre in bilico<br />
tra innovazione e conservazione.<br />
Ilario Galati<br />
Tied & Tickled Trio<br />
Ael<strong>it</strong>a<br />
Morr Music / Wide<br />
electronica, post rock / ***½<br />
Nel 1994, Markus e Micha Acher, già<br />
conosciuti al pubblico come componenti<br />
dei Notwist, fondarono i Tied & Tickled<br />
Trio. L’intento, probabilmente, era quello<br />
di creare un nuovo progetto musicale<br />
che coniugasse la tradizione kraut degli<br />
anni ’70 al più recente post-rock di area<br />
Chicago. Con l’aiuto di altri musicisti<br />
importanti e con la voglia di sperimentare<br />
(potremmo parlare di avanguardia) nei<br />
loro dischi hanno abbracciato spesso lo<br />
stile classico, rivelando una certa natura<br />
jazz. L’ultimo loro album, Ael<strong>it</strong>a, ci trasporta<br />
inesorabilmente in paesaggi immaginari,<br />
la delicatezza e la calma accompagnano<br />
le suggestioni e i sogni più remoti, suoni di<br />
strumenti classici e un consapevole uso<br />
dell’elettronica per ambienti decadenti<br />
e strade avvolte nell’ombra, nuove<br />
dimensioni. Ael<strong>it</strong>a è anche il nome di tre<br />
Bruce Springsteen<br />
Live In Dublin<br />
Columbia<br />
rock / *****<br />
Che dire che non sia già<br />
stato detto? Il celebratissimo<br />
tour con la Seeger<br />
Session band, per la gioia<br />
degli aficionados, è una<br />
un doppio live con i fiocchi.<br />
Doppio cd o dvd che<br />
sia, quella notte a Dublino<br />
Bruce era in stato di grazia<br />
dunque siamo di fronte all’ennesimo<br />
documento dal<br />
vivo imprescindibile.<br />
La band di Bruce non fa<br />
certo rimpiangere la E<br />
Street Band quanto a potenza<br />
ed affiatamento, e<br />
oltre ai pezzi presenti sul<br />
disco tributo a Seeger,<br />
qui fanno capolino alcuni<br />
classici springsteeniani che<br />
immagino abbiano creato<br />
non pochi scompensi<br />
cardiaci ai suoi sosten<strong>it</strong>ori.<br />
Highway Patrolman, Atlantic<br />
C<strong>it</strong>y, Growin’ Up, una irrefrenabile<br />
Open All Night,<br />
sono cose che ti stendono al tappeto. Il corredo sonoro è più che mai sovrabbondante,<br />
il dixieland a volte prende il sopravvento, i musicisti sono scatenati e lui… beh, lui c’ha<br />
un cuore enorme. La mestizia di Eye Of The Prize, il parossismo di Mary Don’t You Weep,<br />
la sarabanda di Pay Me My Money Down… Insomma, ancora una volta la musica conta<br />
fino ad un certo punto. È di lui che ci fidiamo.<br />
Ilario Galati<br />
brani all’interno dell’album, tracce legate<br />
da un filo sottile. I riferimenti alla letteratura<br />
russa degli anni 20, che r<strong>it</strong>roviamo nella<br />
scelta dei t<strong>it</strong>oli, cost<strong>it</strong>uiscono la chiave<br />
per comprendere meglio l’idea. Un buon<br />
disco.<br />
Livio Polini<br />
Shapes And Sizes<br />
Spl<strong>it</strong> Lips, Winning Hips, A Shiner<br />
(Asthmatic K<strong>it</strong>ty / Audioglobe)<br />
indierock / ***½<br />
Dalla sconfinata e fruttuosa indie terra<br />
del Canada, ecco spuntare fuori un altro<br />
nome interessante. Gli Shapes And Sizes<br />
giungono al loro secondo disco a circa un<br />
anno di distanza dal debutto omonimo,<br />
ci propongono quattordici tracce di<br />
coinvolgente e mirabile indierock. Il<br />
quartetto è cap<strong>it</strong>anato da Caila Thompson-<br />
Hannant, la sua splendida voce (ag<strong>it</strong>ata in<br />
certi momenti, più delicata in altri) si sposa<br />
con la musica in maniera del tutto naturale.<br />
Oltre a Caila (tastiera e voce), ci sono Rory<br />
Seydel (anche lui voce, ch<strong>it</strong>arra), John<br />
Crellin (batteria) e Nathan Gage (basso).<br />
All’interno di questo disco r<strong>it</strong>roviamo brani<br />
come Alone/Alive, la track d’apertura,<br />
dove Caila mostra in modo esplic<strong>it</strong>o lo<br />
sdoppiamento di personal<strong>it</strong>à. In The Taste in<br />
My Mouth si può scorgere la calma, anche<br />
se apparente, in The Long Indifference<br />
ed in Piggy, invece, spazio dedicato alla<br />
distorsione. Un album completo, ricco di<br />
sfumature e contaminazioni, dagli aspetti<br />
spesso imprevedibili, una prova di qual<strong>it</strong>à.<br />
Livio Polini<br />
Montag<br />
Going Places<br />
Carpark / Audioglobe<br />
indietronica / ***½ Nuovo disco per il<br />
canadese Antoine<br />
Bédard, nato e cresciuto<br />
in Quebec,<br />
ma attualmente a<br />
Vancouver, conosciuto<br />
al pubblico<br />
con il nome di Montag.<br />
Con questa nuova<br />
prova, come in passato, rimaniamo<br />
nell’amb<strong>it</strong>o dell’indietronica e del<br />
synthpop, la nov<strong>it</strong>à risiede nell’importante<br />
numero di osp<strong>it</strong>i coinvolti nel progetto,<br />
personaggi abbastanza noti della scena<br />
musicale alternativa. Osp<strong>it</strong>e è Owen Pallet<br />
(in arte Final Fantasy), così come Anthony<br />
Gonzales (degli M83), Amy Millan (Stars),<br />
Victoria Legrand (Beach House), Au<br />
Revoir Simone, ecc.. Il disco sembra ben<br />
riusc<strong>it</strong>o, d’altronde lo sappiamo, Antoine<br />
Bédard è un professionista, e poi, con<br />
un gruppo così ben composto, sarebbe<br />
stato davvero un peccato preparare<br />
un lavoro non all’altezza. Unica cr<strong>it</strong>ica,<br />
suona quasi come una compilation di<br />
artisti vari (appunto), è assente un fil rouge,<br />
un le<strong>it</strong>motiv, un continuum, quasi come<br />
provocazione. Possiamo allo stesso tempo<br />
dire che è un disco ben costru<strong>it</strong>o, curato<br />
ed indubbiamente piacevole.<br />
Livio Polini
18<br />
Dark Tranquill<strong>it</strong>y<br />
Fiction<br />
Century Media/EMI<br />
death-thrasch-melodico / ***½<br />
In diciotto anni di<br />
carriera il combo<br />
svedese ha dato<br />
alle stampe un<br />
lavoro ined<strong>it</strong>o ogni<br />
due anni, senza<br />
mai degenerare<br />
o im<strong>it</strong>are soluzioni<br />
personali dal<br />
s u c c e s s o<br />
collaudato, anzi i nostri hanno avuto<br />
il mer<strong>it</strong>o di innovare costantemente il<br />
proprio stile. Negli anni, notevoli sono<br />
stati i colpi di coda e le emancipazioni,<br />
dal genere originale (death-metal),<br />
att<strong>it</strong>udine che li ha portati allo sviluppo del<br />
Gothenburg sound. Fiction non è un clone<br />
del predecessore Character, ma i fan<br />
noteranno come le coordinate stilistiche di<br />
questo ultimo siano fondamentali e ci sono<br />
tutte. La componente thrash, di matrice<br />
americana, svetta su tutti gli elementi,<br />
anche se coadiuvata dagli inserti melodici<br />
di synth ed electronics, i quali fusi insieme<br />
sfociano in un intricato post-metal. Fiction<br />
è un ulteriore passo avanti a conferma del<br />
loro magnifico percorso artistico, ma la<br />
sensazione che se ne ricava è un leggero<br />
assestarsi delle strutture compos<strong>it</strong>e, a<br />
favore di una ricerca più concentrata sui<br />
suoni.<br />
Nicola Pace<br />
Paradise Lost<br />
In Requiem<br />
Century Media/EMI<br />
goth-metal / **** I Paradise Lost hanno<br />
delineato il gothmetal<br />
dei primi<br />
anni’90, lasciando<br />
che molti artistici a<br />
loro coevi o posteriori,<br />
cogliessero i<br />
frutti del loro lungimirante<br />
lavoro.<br />
Dopo il planetario<br />
successo di Draconian<br />
Times, i nostri intrapresero una strada<br />
più affine ad un elettro-dark-rock, spiazzando<br />
così milioni di fan. Le motivazioni<br />
vere della svolta non le sapremo mai, ma<br />
una cosa è certa, dopo una serie di album<br />
di indubbio valore come Symbol of Life e<br />
Paradise Lost, ma sinceramente sottotono<br />
rispetto il lustre passato, In Requiem ci rest<strong>it</strong>uisce<br />
una band alle prese con un gothmetal<br />
ispirato, fresco e coerente in tutte le<br />
sue undici tracce. Da almeno dieci anni<br />
non si sentiva un cantato così comunicativo,<br />
dei solos emozionanti e degni del loro<br />
nome, una batteria artisticamente incisiva<br />
nella costruzione dei brani. Inoltre, dopo<br />
due decadi di storia, oltre due milioni di<br />
dischi venduti, c’è chi ha deciso di giustificare<br />
la loro eccellente carriera in un documentario<br />
dal t<strong>it</strong>olo Over the Madness, presentato<br />
quest’anno a Cannes; e poi si dice<br />
tanto è solo metal, … poveretti loro.<br />
Nicola Pace<br />
KeepCool<br />
Stylophonic, Alex Neri, Who Made Who, Goose<br />
Passo 4<br />
Nike+<br />
È intensa, v<strong>it</strong>ale, la connessione tra<br />
il movimento, la performance ed<br />
il suono. Come se il r<strong>it</strong>mo battesse<br />
il tempo del nostro attraversare<br />
gli scenari urbani, come se fosse<br />
il commento sonoro di un viaggio<br />
che é, al tempo stesso, espressione<br />
di una tensione atletica, ma anche<br />
una “tecnica” per riconciliarsi con<br />
uno spazio interiore, uno spazio<br />
creativo. Con Passo 4 il beat per<br />
la corsa non è solo un commento<br />
sonoro, ma diventa quello che il<br />
musicologo inglese David Toop<br />
ha defin<strong>it</strong>o un Oceano di Suoni,<br />
uno spazio infin<strong>it</strong>o, dove gli stili, le<br />
musiche confluiscono, dialogano, si<br />
incontrano e definiscono un terr<strong>it</strong>orio<br />
dell’immaginario. Lì, in questo spazio<br />
che invade la nostra mente vivono<br />
le musiche di Passo 4. Un progetto<br />
che rest<strong>it</strong>uisce alla musica quel valore di luogo dell’incontro e della condivisione, dello<br />
scambio e della relazione. E offre al fare musica tutto la forza di un atto creativo collettivo<br />
che ribalta defin<strong>it</strong>ivamente l’idea che il suono contemporaneo sia semplicemente<br />
l’espressione di personali med<strong>it</strong>azioni elettroniche. Con Passo 4, r<strong>it</strong>orna al centro della<br />
scena contemporanea la jam session la tecnica privilegiata di composizione, come era<br />
stato nel jazz ‘libero’ degli anni ‘60 e poi con l’hip hop dei block parties. L’intreccio delle<br />
esperienze, non solo come valore essenziale della cultura elettronica contemporanea,<br />
ma anche come pratica di scr<strong>it</strong>tura. Nike ha chiesto a 4 artisti, tra i più rappresentativi,<br />
di quel complesso sovrapporsi di emozioni e di c<strong>it</strong>azioni che l’antropologo inglese Ted<br />
Polhemus definisce “Il Supermarket dello Stile” di lavorare insieme, sorta di workshop<br />
planetario che azzera ogni frontiera, geografica ed emozionale, per creare una su<strong>it</strong>e<br />
che possa accompagnare i moderni runner quando r<strong>it</strong>ornano sulla “strada” alla ricerca<br />
di quella esperienza, fisica e dello spir<strong>it</strong>o, che è oggi la corsa. Al lavoro Stylophonic, Alex<br />
Neri, gli Who Made Who ed i Goose. Quattro stili diversi, quattro diversi tensioni artistiche.<br />
Il “Supermarket dello Stile”, appunto, una su<strong>it</strong>e che scandisce, come in una opera<br />
pop, passaggi temporali, ma anche (soprattutto) veloci attraversamenti dello spazio.<br />
Disponibile in download su <strong>it</strong>unes.<br />
Pierfrancesco Pacoda<br />
Sadist<br />
Sadist<br />
Beyond Prod./Masterpiece<br />
techno-death-thrash / ****<br />
Fino a qualche<br />
tempo fa parlare<br />
dei dissolti Sadist, era<br />
in qualche maniera<br />
rimpiangere uno<br />
dei tanti gruppi<br />
<strong>it</strong>aliani, che<br />
avrebbe senz’altro<br />
mer<strong>it</strong>ato di più<br />
in termini artistici<br />
ed economici.
KeepCool<br />
Il 16 <strong>luglio</strong> 2006 sono risorti in sede live, e<br />
qualche mese più tardi rieccoli di nuovo<br />
sul mercato con un LP omonimo, Sadist.<br />
Messi da parte gli errori concettuali<br />
dell’egocentrico Lego, la band genovese<br />
ha dato v<strong>it</strong>a ad una gemma musicale,<br />
recuperando la coinvolgente espressiv<strong>it</strong>à<br />
di Crust, amalgamandola con i cr<strong>it</strong>eri<br />
cervellotici e fusion-progressivi dei primi<br />
due capolavori, Above the Light e Tribe.<br />
Oltre a ciò non dimentichiamo la massiccia<br />
presenza di atmosfere orrorifiche, di<br />
Gobliniana memoria, le quali da sempre<br />
hanno dato un apporto fondamentale<br />
all’acutissima scr<strong>it</strong>tura, di questa piccola<br />
ma, artisticamente, grande band tutta<br />
<strong>it</strong>aliana.<br />
Nicola Pace<br />
Dr Blues & Soul Brothers<br />
My favour<strong>it</strong>e soul... will never die<br />
Pieronero<br />
Rythm’ blues / **** In un numero dedicato<br />
alle nuove<br />
usc<strong>it</strong>e salentine non<br />
potevamo omettere<br />
la recente pubblicazione<br />
di questo<br />
cd live.<br />
Registrato nell’agosto<br />
del 1998 (dieci<br />
anni e non sentirli...)<br />
al Mamma li Turchi di Tricase, arriva My favour<strong>it</strong>e<br />
soul... will never die dei salentini Dr<br />
Blues e Soul Brothers. I dodici brani inser<strong>it</strong>i<br />
nel cd sono tutti grandi classici della black<br />
music come Sweet Home Chicago, I feel<br />
good, The dock of the bay, Everybody<br />
needs somebody to love e molti altri. Un<br />
disco ben suonato - d’altronde nei Soul<br />
brothers mil<strong>it</strong>ano alcuni dei migliori musicisti<br />
di questo terr<strong>it</strong>orio - e caratterizzato dalla<br />
presenza del vocalist Maurizio Petrelli, personaggio<br />
storico della musica salentina.<br />
Una produzione che anticipa l’usc<strong>it</strong>a del<br />
prossimo lavoro di ined<strong>it</strong>i.<br />
Dj Shocca e Frank Siciliano<br />
Struggle Music<br />
Monkey Island<br />
Hip hop / **1/2<br />
A due anni di distanza da 60 Hz, Dj<br />
Shocca ripete l’operazione (osp<strong>it</strong>are sulle<br />
proprie basi una schiera di MC da tutta<br />
Italia), questa volta con la collaborazione<br />
di Frank Siciliano, già osp<strong>it</strong>e in 60 Hz. Il<br />
progetto in sostanza mantiene i pregi e i<br />
difetti evidenziati nell’usc<strong>it</strong>a precedente.<br />
Infatti, se da un lato è molto interessante<br />
la possibil<strong>it</strong>à di avere una visione d’insieme<br />
della scena rap<br />
nazionale in un<br />
contesto reso<br />
o m o g e n e o<br />
dalla produzione<br />
comune, dall’altro<br />
si ha l’impressione<br />
non tutti gli osp<strong>it</strong>i<br />
siano all’altezza del<br />
progetto. E d’altro<br />
canto gli Mc più blasonati sembrano non<br />
investire molto in un progetto altrui (vedi<br />
Inoki, Amir e Club Dogo, tutti al di sotto<br />
del proprio standard), tanto che i pezzi<br />
migliori sono quelli rappati proprio da Frank<br />
Siciliano (in coppia con Mistaman). Con<br />
l’eccezione dell’ottima Suona sempre<br />
(con Ghemon e Tony Fine), azzeccata sia<br />
stilisticamente che liricamente, che chiude<br />
in bellezza un disco altalenante e in certa<br />
misura deludente.<br />
Emanuele Flandoli<br />
Mondo Marcio<br />
Generazione X<br />
EMI<br />
Hiphop *<br />
Metà del disco<br />
la passa a non<br />
dire niente<br />
di nuovo o<br />
peggio niente<br />
del tutto. L’altra<br />
metà si divide<br />
fra autodifese<br />
contro chi lo<br />
ha attaccato<br />
e r<strong>it</strong>ornelli che<br />
quando non<br />
sono semplicemente banali sono peggio.<br />
Ogni tanto imbrocca una rima giusta, a<br />
volte riesce a mettere insieme una strofa<br />
coerente, poi torna ad abbaiare con<br />
quell’accento da americano a Roma<br />
di cui ha fatto un marchio di fabbrica.<br />
Purtroppo anche i beat, punto di forza<br />
dell’album precedente, sono peggiorati<br />
drasticamente, sacrificando il funk per<br />
scimmiottare quel dirty south che è<br />
diventato tendenza dominante nell’ultimo<br />
anno. In fondo non è neanche del tutto<br />
colpa sua, Mondo Marcio non è che la<br />
punta dell’iceberg di una generazione<br />
di MC che hanno iniziato ad ascoltare<br />
rap quando l’hip-hop aveva già iniziato<br />
a sprofondare in una mera esibizione di<br />
ricchezza, potere, sessismo, perdendo<br />
per strada tutto ciò che di buono questa<br />
cultura aveva da offrire. Quando lo buttate<br />
via almeno fate la raccolta differenziata.<br />
Emanuele Flandoli<br />
Smashing Pumpkins<br />
Ze<strong>it</strong>egeist<br />
Wb<br />
rock / ***<br />
19<br />
Abbiamo dovuto aspettare molto<br />
prima del loro r<strong>it</strong>orno, circa sette anni.<br />
Molto è cambiato nel frattempo,<br />
Billy Corgan si è anche cimentato<br />
nell’esperienza solista. Ma qualcosa di<br />
quel suono, di quello stile, sembrava<br />
rimasta indissolubilmente rimasta<br />
impigliata nella maglie della band.<br />
Della m<strong>it</strong>ica formazione originale,<br />
foriera di album fondamentali degli<br />
anni 90, sono rimasti solo il buon Billy<br />
Corgan voce, ch<strong>it</strong>arra e mente del<br />
progetto e la macchina r<strong>it</strong>mica Jimmy<br />
Chamberlin. Ma il sound Smashing<br />
Pumpkins c’è tutto: tagliente,<br />
deflgrante, malato. Strano che quello<br />
che un tempo sembrava futurista<br />
oggi è merce comune nel panorama<br />
musicale. Segno del peso che una<br />
band come questa ha avuto nella<br />
storia della musica. Questo Ze<strong>it</strong>geist<br />
è un disco in cui tutte le asper<strong>it</strong>à e le<br />
geometrie della band tornano insieme<br />
alle ballate, un disco tirato, duro…quasi<br />
uno sfogo. Ma a chi sostiene che il loro<br />
Mellon Collie and the infin<strong>it</strong>e sadness<br />
(1995) resta insuperabile bisogna<br />
ancora una volta dare ragione.<br />
O.P.
20<br />
La beatlemania<br />
Mi è cap<strong>it</strong>ato tempo fa, in occasione<br />
di un concerto di Mark Owen di avere<br />
un assaggio di takethatmania e posso<br />
assicurarvi che è stata un’esperienza<br />
veramente incredibile. Ferme restando la<br />
calma, la cortesia e la disponibil<strong>it</strong>à di Mark,<br />
le ragazze che cercavano di catturare<br />
anche per un solo istante la sua attenzione<br />
erano come ipnotizzate e si muovevano<br />
senza tener conto di nient’altro che non<br />
fosse legato al loro idolo. Bersagliato senza<br />
volerlo dai flash e dalle domande, mi sono<br />
sent<strong>it</strong>o come dovevano essersi sent<strong>it</strong>i Mal<br />
Evans e Neil Aspinall quando scortavano<br />
i Beatles e dovevano escog<strong>it</strong>are mille<br />
trucchi per ev<strong>it</strong>are i fans.<br />
Non sempre succede, per le definizioni che<br />
restano nel tempo e in qualche modo fanno<br />
epoca, ma nel caso della beatlemania si<br />
può risalire al giornale che sparò questo<br />
neologismo in un t<strong>it</strong>olo. Il 13 ottobre del<br />
1963 i Beatles parteciparono alla Sunday<br />
Night At The London Palladium e il giorno<br />
dopo il Daily Mirror coniò l’espressione<br />
che avrebbe contraddistinto tutta la<br />
prima parte della folgorante carriera del<br />
quartetto.<br />
A un certo punto sembrava che tutto quello<br />
che i Beatles toccavano si trasformasse<br />
in oro. Durante i concerti il loro pubblico,<br />
formato in buona parte da ragazzine<br />
scatenate, urlava così forte da coprire<br />
completamente la musica. I Beatles<br />
erano bersagliati da caramelle gommose,<br />
dopo che in un’intervista George aveva<br />
detto di gradirle più di altre. In un primo<br />
momento sembrava che il gruppo riuscisse<br />
a cavalcare il ciclone, ma alla fine la<br />
beatlemania finì con l’assumere aspetti<br />
sempre più inquietanti – ci fu l’incidente<br />
provocato dalla famosa frase di John<br />
sui Beatles più popolari di Gesù Cristo e<br />
anche l’incidente diplomatico con Imelda<br />
Marcos, first lady delle Filippine – e i Beatles<br />
decisero di smetterla con le esibizioni dal<br />
vivo.<br />
La beatlemania però era fatta anche di<br />
oggetti. Parrucche (ovviamente), stivaletti,<br />
cappelli, sciarpe, tazze, spillette, pupazzi…<br />
tutto il bric-a-brac che può far incassare<br />
denaro – non ai Beatles, badate, ma qui<br />
la storia si farebbe troppo complicata<br />
– intorno ai Beatles c’era. E fra tanto<br />
ciarpame c’erano (e ci sono ancora:<br />
vis<strong>it</strong>ate il s<strong>it</strong>o ufficiale thebeatles.com)<br />
cose come il modellino del Sottomarino<br />
Giallo della Corgi Toys messo in vend<strong>it</strong>a<br />
nel 1968 in occasione dell’usc<strong>it</strong>a nelle sale<br />
dello splendido lungometraggio a cartoni<br />
animati Yellow Submarine. Io avevo 17<br />
anni e non riuscii a trovarlo, nonostante<br />
fossi anche un collezionista Corgi Toys<br />
(England uber alles, mi verrebbe da dire,<br />
visto che i corgi sono i cani prefer<strong>it</strong>i dalla<br />
Regina Elisabetta). Immaginate quindi la<br />
mia gioia quando, molti anni dopo (era il<br />
’97), ne vidi un esemplare nella vetrina di<br />
un negozio. Non passò neppure un minuto<br />
tra il vederlo e comprarlo. Scoprii poi che<br />
la Corgi lo aveva “ristampato” con tanto<br />
di certificato, affiancandogli il bus di<br />
Magical Mystery Tour e il newspaper taxi di<br />
Lucy In The Sky W<strong>it</strong>h Diamonds. Da allora<br />
il mio Yellow Submarine fa bella mostra<br />
di sé su uno scaffale della mia libreria. Mi<br />
ricorda prima di tutto che i Biechi Blu alla<br />
fine non vinceranno e poi che bisogna<br />
sempre e comunque dare spazio ai sogni,<br />
alla musica e all’Utopia.<br />
Bios & Books<br />
Mettere insieme una bibliografia dei<br />
Beatles è un’impresa pressoché impossibile.<br />
Sembra che la loro storia sia una miniera<br />
inesauribile di fatti, appunti e riflessioni. Fino<br />
a qualche tempo fa il nostro paese era un<br />
po’ avaro di saggi originali e traduzioni, ora<br />
le cose vanno un po’ meglio… anzi, direi<br />
che c’è da sbizzarrirsi.<br />
Vi segnalo qualche t<strong>it</strong>olo tra i più recenti<br />
– mi vengano perdonate eventuali<br />
dimenticanze. La Sublime Records & Books<br />
ha mandato in libreria nel 2005 un saggio<br />
di Steve Matteo su Let It Be., mentre la<br />
Azimut ha pubblicato, sempre nel 2005, un<br />
delizioso The Beatles In Rome 1965 con le<br />
foto di Marcello Geppetti.<br />
Inquietante e maniacale Il caso del doppio<br />
Beatle di Glauco Cartocci (Robin Edizioni,<br />
Roma, 2005), tutto centrato sulla vicenda<br />
della presunta morte di Paul McCartney.<br />
Nel 2006 Coniglio Ed<strong>it</strong>ore (Roma) ha<br />
tradotto in <strong>it</strong>aliano John, un libro della prima<br />
signora Lennon illuminante soprattutto per<br />
gli anni di Liverpool. Sempre nel 2006 è<br />
la volta di John Lennon, Tutto il potere al<br />
popolo, un’intervista ed<strong>it</strong>a da Datanews di<br />
Roma. Fondamentale The Beatles, La vera<br />
storia di Bob Sp<strong>it</strong>z (Sperling & Kupfer Ed<strong>it</strong>ori,<br />
Milano, 2006), in assoluto una delle migliori<br />
biografie dei Beatles in circolazione, anche<br />
se il traduttore si è un po’ incartato nelle<br />
pagine che descrivono le tecniche di<br />
registrazione di George Martin e Geoff<br />
Emerick.<br />
Molto interessante) Sgt. Pepper. La vera<br />
storia di Riccardo Bertoncelli e Franco<br />
Zanetti (Giunti, Firenze, 2007). Delizioso I<br />
Beatles in India di Lewis Lapham (Edizioni<br />
e/o, Roma, 2007), ma… lo sapevate che<br />
Furio Colombo, senatore della Repubblica<br />
ed ex direttore de L’Un<strong>it</strong>à è stato l’unico a<br />
poter filmare i Beatles in quel di Rishikesh?<br />
Last but not least, Revolution di David<br />
Quantick (Il Saggiatore, Milano, 2007),<br />
un’analisi approfond<strong>it</strong>a dell’Album<br />
Bianco.<br />
La musica<br />
Nessun cd rimasterizzato extra lusso<br />
lim<strong>it</strong>ed di Sgt. Pepper – il comp<strong>it</strong>o è stato<br />
affidato al prestigioso mensile br<strong>it</strong>annico<br />
Mojo, che ha realizzato un vero e proprio<br />
remake affidando le canzoni più famose
del mondo a una schiera di giovani band.<br />
Ma Paul si è tolto la soddisfazione di far<br />
uscire il suo nuovo disco da solo, Memory<br />
Almost Full, proprio in coincidenza con il<br />
quarantesimo anniversario di Sgt. Pepper.<br />
Opera pregevole e molto beatlesiana, la<br />
sua, anche se le preferiamo il bellissimo<br />
Chaos And Creation In The Backyard, forse<br />
l’apice di tutta la sua carriera post-Beatles.<br />
E anche se non raccoglie tutte le cover<br />
di John che sono state realizzate per<br />
sostenere Amnesty International – le altre le<br />
trovate in rete – non possiamo dimenticare<br />
Make Some Noise, Save Darfur. Riprendere<br />
canzoni come Imagine o Jealous Guy<br />
sarebbe fonte di preoccupazione per<br />
qualsiasi artista, ma bisogna ammettere,<br />
ignorando quel grido al sacro profanato<br />
tipico di alcuni cr<strong>it</strong>ici, che questo doppio cd<br />
contiene parecchi momenti emozionanti.<br />
Segnaliamo almeno le versioni degli U2<br />
(Instant Karma), dei R.E.M. (#9 Dream),<br />
di Jakob Dylan e Dhani Harrison (Gimme<br />
Some Truth), di Jackson Browne (Oh, My<br />
Love) e perfino – chi lo avrebbe mai detto<br />
- dei Duran Duran (Instant Karma).<br />
In fondo, dopo aver considerato alcuni<br />
oggetti legati ai Beatles (non vi ho detto della<br />
spillina smaltata di Yellow Submarine, ma io<br />
sono un po’ Peter Pan e non faccio testo),<br />
e alcuni libri, librini e libroni, non possiamo<br />
che prendere atto dell’importanza della<br />
loro musica. Quella di ieri. E quella di oggi.<br />
p.s. Sapevate che i francobolli dedicati ai<br />
Beatles emessi al principio del 2007 sono i<br />
più venduti nella lunga storia della Royal<br />
Mail? In Italia si possono ancora (forse)<br />
trovare da Bolaffi.<br />
Inutile dire che per un vero beatlesiano<br />
sono un acquisto obbligato.<br />
Giancarlo Susanna<br />
Dopo due anni da Parola D’Onore, Roy<br />
Paci e i suoi Aretuska tornano con un<br />
disco nel quale “riportano tutto a casa”.<br />
Tanti gli osp<strong>it</strong>i, tanti i linguaggi, per un<br />
sound caldo e meticcio, deb<strong>it</strong>ore sin dalla<br />
copertina alla esplosiva miscela che fu dei<br />
Mano Negra. Trainato dal singolo Toda<br />
Joia Toda Beleza, che vede il trombettista<br />
siciliano accanto a Manu Chao,<br />
Suonoglobal utilizza un canale alternativo<br />
di distribuzione, essendo in vend<strong>it</strong>a nelle<br />
edicole con Xl di Repubblica.<br />
Sei in giro a promuovere questo<br />
Suonoglobal che, già a partire dal t<strong>it</strong>olo,<br />
definisce bene il suo contenuto. Anz<strong>it</strong>utto,<br />
come va pronunciato? All’inglese o alla<br />
spagnola?<br />
Decisamente alla latina… sarebbe<br />
Suonoglobàl. Beh, ti confesso che il t<strong>it</strong>olo<br />
del disco è l’ultima cosa che decidiamo.<br />
Mi piace molto pensare che il fru<strong>it</strong>ore<br />
di questo disco abbia una personale<br />
interpretazione del t<strong>it</strong>olo. Poi è un t<strong>it</strong>olo che<br />
si presta ad una serie di letture trasversali e<br />
dunque mi piaceva per questo.<br />
La copertina del nuovo disco rimanda<br />
tanto alle celebri copertine dei Mano<br />
Negra… mi vengono in mente Puta’s Fever<br />
o Casa Babylon. È un omaggio diretto,<br />
visto che nel disco c’è come osp<strong>it</strong>e Manu<br />
Chao?<br />
Il lavoro è stato realizzato da un<br />
grandissimo grafico di origine coreana ma<br />
che vive ormai a New York da tempo e<br />
che aveva già lavorato nell’amb<strong>it</strong>o della<br />
musica. Ovviamente mi piaceva riuscire a<br />
riprendere l’immaginario dei Mano Negra<br />
per proiettarlo nel futuro. Io sono un tipo<br />
preciso e dunque cerco di curare tutti i<br />
dettagli, compresa la grafica.<br />
Suonoglobal è stato distribu<strong>it</strong>o con Xl di<br />
Repubblica. Come mai questa scelta?<br />
È stata una formula che ha dato i<br />
suoi frutti perché il disco ha venduto<br />
davvero bene in questi primi giorni. La<br />
proposta ci è arrivata dal giornale e noi<br />
l’abbiamo accettata perché ci sembrava<br />
interessante promuovere il disco attraverso<br />
canali diversi dai sol<strong>it</strong>i. Se non va bene<br />
così la prossima volta lo distribuiremo con<br />
il porta a porta (ride). Poi non possiamo<br />
nasconderci, viviamo in un periodo difficile<br />
per l’industria discografica e questo ci ha<br />
permesso di arrivare a più gente sempre<br />
fermo restando un prezzo al pubblico<br />
accessibile che abbiamo imposto.<br />
Hai chiamato a te un sacco di amici.<br />
Erriquez, Sud Sound System, Cor Veleno,<br />
Caparezza, Raiz, Pau e naturalmente<br />
il già c<strong>it</strong>ato Manu Chao. Che tipo di<br />
apporto ti hanno assicurato? Era la volta<br />
buona questa per coinvolgere più gente<br />
possibile?<br />
Dopo 27 anni di carriera ho sent<strong>it</strong>o la<br />
necess<strong>it</strong>à di raccogliere un po’ dopo<br />
aver seminato. I musicisti che hai c<strong>it</strong>ato<br />
sono soprattutto amici che frequento ben<br />
volentieri anche fuori dalla mio lavoro.<br />
Con molti di loro c’è un impegno etico<br />
e civile, vedi con Pau la storia dei pozzi<br />
d’acqua in Kenia o con Erriquez il lavoro<br />
al fianco del movimento zapatista. Io<br />
non sono certo un accentratore nel mio<br />
lavoro. Avrò altri difetti ma non questo e<br />
dunque ho creduto che fosse il momento<br />
migliore per coinvolgere quanta più gente<br />
possibile. È stata come una mega reunion.<br />
Tieni conto che stavolta alla produzione<br />
artistica c’è Fabrizio Barbacci (Ligabue,<br />
Negr<strong>it</strong>a, Nannini, ndr) il cui apporto mi ha<br />
assicurato un livello molto alto. Quindi mi<br />
sono sent<strong>it</strong>o pronto per inv<strong>it</strong>are uno come<br />
Manu, con cui del resto lavoro da sette<br />
anni.<br />
Suonoglobal è linguisticamente una torre<br />
di Babele…<br />
Dici bene. Credo che in Suonoglobal ci sia<br />
una vast<strong>it</strong>à di linguaggi e di idiomi che ci<br />
ha dato la possibil<strong>it</strong>à di utilizzare una sorta<br />
di esperanto musicale molto latino ma<br />
risultante dall’incontro di tante culture.<br />
Ilario Galati
22 KeepCool<br />
Quiet è il primo lavoro solista di Lucariello, rapper napoletano<br />
noto ai più come voce degli Almamegretta post-Raiz. I più<br />
attenti ricorderanno nel ‘98 l’usc<strong>it</strong>a di un autoprodotto dal nome<br />
Spaccanapoli, dei Clan Vesuvio. Luca c’era. Ed era 9 anni fa. Nel<br />
frattempo Lucariello, all’anagrafe Luca Caiazzo, si è costru<strong>it</strong>o la<br />
fama di “rapper dei vicoli”, dando v<strong>it</strong>a ad una figura che in un<br />
certo senso si pone al polo opposto rispetto ai fanzinati e tiratissimi<br />
rapper della Milano che conta, quella delle tv musicali, quella<br />
delle major. Adottato dalla famiglia Alma a pieno t<strong>it</strong>olo (assieme<br />
a Patrizia Di Fiore) nel 2003, il legame si è rinnovato in occasione<br />
del suo primo lavoro solista, nei negozi per Sanacore Records dai<br />
primi di aprile, presentandoci un gioiellino in confezione fumosa,<br />
dalle tinte cupe, e dalla t<strong>it</strong>le track che può essere pronunciata<br />
indistintamente in inglese o napoletano. Ed è sub<strong>it</strong>o rivelazione.<br />
Cr<strong>it</strong>ica e pubblico, dalle riviste più t<strong>it</strong>olate agli squinternati blog<br />
della rete, girano ottime recensioni, pareri entusiasti, è nata una<br />
stella. Eppure Luca ha quasi trent’anni, ed il cofanetto tra le nostre<br />
mani più che l’esplosione di una SuperNova va considerato il<br />
frutto del lento accumulo di tensione artistica durato sette anni,<br />
passati tra i vicoli di una Napoli che mai come nelle sue canzoni<br />
viene descr<strong>it</strong>ta dal di dentro, con la rabbia di un ragazzo che non<br />
è voluto fuggire “lontano”. Rap da strada, rap violento (Pistole<br />
puttane e cocac**a è un chiaro biglietto da vis<strong>it</strong>a), ma che<br />
alla base delle r<strong>it</strong>miche sincopate pone un lavoro esemplare<br />
di cr<strong>it</strong>ica sociale che si riflette nella scr<strong>it</strong>tura dei testi quanto<br />
nell’interpretazione vibrante di Lucariello.<br />
Luca Caiazzo, ha deciso di parlare, di denunciare, e lo fa con la<br />
retorica a lui più familiare, il rap.<br />
Molti al sud sono cresciuti sognando con la musica degli<br />
Almamegretta. Tu, forse, hai esagerato: talmente hai sognato<br />
che alla fine sei stato “inglobato” dalla famiglia. Adesso, Quiet,<br />
ci propone un Lucariello in versione solista. È un episodio o hai<br />
intenzione di proseguire per questa strada?<br />
Sai, è vero ciò che dici. Il mio rapporto con gli Alma si è evoluto<br />
proprio lungo la direttiva che ogni fan vorrebbe seguire. Ma<br />
ciò non toglie nulla alla mia carriera solista, è il fatto vero, a 30<br />
anni ho deciso di fare questo. Dopo sette anni di silenzio come<br />
Lucariello sto pensando ad una produzione parecchio f<strong>it</strong>ta. Ci<br />
voglio lavorare…<br />
La cr<strong>it</strong>ica più frequente che viene mossa al rap <strong>it</strong>aliano è la<br />
mancanza di quel background sociale tipico dei ghetti e delle<br />
strade americane, come se per fare rap di un certo livello fosse<br />
necessario aver sperimentato disagio e ghettizzazione…<br />
Non sono mai stato molto d’accordo con quest’interpretazione.<br />
È inev<strong>it</strong>abile che l’arte si nutra della sofferenza in generale, da un<br />
certo tipo di vissuti provanti. Questo tipo d’ispirazione non è legata<br />
però al ghetto o a chissà cosa. Anche l’uomo più medio sulla<br />
faccia della terra può sperimentare sensazioni che ti stimolino alla<br />
creazione, il problema è la resa. Il vero problema del rap <strong>it</strong>aliano è<br />
proprio il non riuscire a guardare a sé stesso privandosi del modello<br />
a noi estraneo. Abbiamo la nostra sofferenza anche noi, da essa<br />
possiamo trarre ispirazione. Guardiamo a Fabri Fibra, un esempio<br />
facile, lui riesce a parlare del suo mondo, della sofferenza di un<br />
adolescente, pur’si ten’trentann’, ma quella è un’altra storia.<br />
Che magari il discorso formale possa essere legato al modello<br />
americano, è un discorso generalizzabile a buona parte della<br />
musica <strong>it</strong>aliana, non solo al rap, a partire dagli esordi di Adriano<br />
Celentano… Anche un po’ con una certa pressione da parte dei<br />
discografici, si è sempre cercato un parallelo vincente cui rifarsi,<br />
ora Springsteen, ora Eminem, poi chissà chi…<br />
E Lucariello a chi guarda?<br />
Lucariello non guarda a nessuno, ti dirò la ver<strong>it</strong>à, cerco di tirarmi<br />
fuori da questa dinamica. Volgarmente definirei questa differenza<br />
come la sega versus la scopata. Guardarsi dentro, tirar fuori<br />
qualcosa di tuo senza un riferimento lim<strong>it</strong>ante, quello sì è un<br />
rapporto completo. Il resto è solo un raspone…<br />
Nel cd ci sono una serie di personaggi e di storie, Totore, Queen of<br />
the street, Mariarca ed altri. A quale di questi ti senti più legato, chi<br />
di loro hai incrociato più volte per le strade della tua v<strong>it</strong>a?<br />
In realtà il legame ci sta con tutti, non credo di poter fare una<br />
distinzione tra chi più e chi meno. Ma se dovessi scegliere un<br />
personaggio cardine, che fa vibrare di più il cuore delle altre<br />
persone, sceglierei proprio Totore. Totore vive dentro ognuno di<br />
noi. Lui si lamenta del fatto che la gente ti guarda solo fuori e<br />
non riesce a capire, anzi, non s’interessa proprio a ciò che anche<br />
un ragazzo nella sua condizione può provare dentro. E sente le<br />
parole della gente, quel pover’uaglione che lo accompagna<br />
ovunque lui vada, lui lo sente come una coltellata, l’eco di una<br />
finta compassione che si ferma solo in superficie.<br />
Lucariello, nato a Napoli, canta in napoletano, ispirandosi alle<br />
strade della sua c<strong>it</strong>tà. Eppure nel booklet del tuo cd tutte le<br />
canzoni sono “tradotte” in <strong>it</strong>aliano. Me lo spieghi?<br />
Tutti i napoletani non incontrano difficoltà con quella che<br />
si potrebbe dire “una lingua a sé”, come il napoletano. Ciò<br />
nonostante Napoli, pur avendo questo idioma tutto suo, è inser<strong>it</strong>o<br />
dal 1860 in uno stato chiamato Italia, pace all’anima di Garibaldi.<br />
Ho voluto semplificare l’understanding di tutto il resto della<br />
nazione.<br />
Nel cd, come dal vivo, molti dei pezzi sono interpretati, quasi<br />
rec<strong>it</strong>ati…Ti sposti dal ruolo del cantante e diventi tutti loro. È una
KeepCool<br />
scelta stilistica o ti viene spontaneo?<br />
È una scelta. In un certo momento il mio modo di scrivere è<br />
cambiato, ed in parte lo devo all’influenza della lettura di Karl<br />
Jaspers (psicopatologo di inizio novecento, ndr). Lui teneva in<br />
gran conto l’importanza dell’empatia, il sintonizzarsi sulla persona<br />
di cui vuoi capire il funzionamento. Non dico l’artista, ma chiunque<br />
desideri utilizzare la comunicazione in un modo creativo deve<br />
porsi in quella stessa ottica. Si dice: “L’artista è bugiardo”. Trovo<br />
che sia una questione di risonanze, far vibrare il tuo cuore sulla<br />
frequenza di un altro, attraverso la musica amplifichi questo<br />
meccanismo e fai sì che avvenga ancora su scala più vasta.<br />
In Lovesong dici “Montagne d’immondizia, gettate per la<br />
strada e nella televisione” (“quei versi li ho scr<strong>it</strong>ti cinque anni<br />
fa”, mi dice Luca, “la monnezza già c’era”), quanto può essere<br />
pregiudicante il clima negativo di cresc<strong>it</strong>a sui giovani napoletani,<br />
ma anche baresi, palerm<strong>it</strong>ani, di ovunque essi siano, cresciuti<br />
in una s<strong>it</strong>uazione sociale drammatica come quella dei quartieri<br />
poveri?<br />
L’ambiente ci forma, è chiaro. Sarebbe comp<strong>it</strong>o delle ist<strong>it</strong>uzioni<br />
recuperare certe falle del sistema, eppure… Ricordo che anni<br />
fa, io andavo all’ist<strong>it</strong>uto d’arte dietro Piazza Plebisc<strong>it</strong>o, era il<br />
periodo in cui si parlava di speranza “Bassolino”, di cassa del<br />
Mezzogiorno. Ricordo il nuovo fasto di quel quartiere, ed i palazzi<br />
ristrutturati solo sul lato che si affacciava su Piazza Plebisc<strong>it</strong>o.<br />
Cortile, interno, tutto fatiscente. Lavorare sull’educazione ha dei<br />
tempi lunghissimi, ed a volte risultati relativi. È un discorso, questo,<br />
che con i tempi della pol<strong>it</strong>ica non funziona. Chiunque sia eletto,<br />
in quattro anni s’impegna in opere a più rapida risonanza, invece<br />
che attendere che un’intera generazione tra vent’anni possa<br />
dirti grazie. Se si facesse un lavoro di dieci anni, di quindici anni,<br />
sull’educazione civica e sociale, di sensibilizzazione… Il problema<br />
a Napoli è proprio che la gente è scostumata, inculante, la<br />
cultura del fregare qualcuno con la furbizia. Certo è un discorso<br />
globale, ma lì si comincia dalle cose spicciole e si finisce alle v<strong>it</strong>e<br />
intere passate sotto l’ombra di quello o questo, infilato e mai<br />
mer<strong>it</strong>evole. Questa è la tragedia…<br />
Elvis Ceglie<br />
Il Mavù, locale di Locorotondo sempre più attento a offrire al suo<br />
pubblico un carnet differenziato, fatto di dj set ma anche di eventi<br />
dal vivo, ha inaugurato il 23 giugno la sua stagione estiva con il<br />
primo dei cinque set della rassegna Making senses. L’apertura<br />
della stagione estiva è affidata ad Amalia Grè, ormai padrona di<br />
casa; prossimi osp<strong>it</strong>i, Dee Dee Bridgewater, Gotan Project, Antonio<br />
Marquez e Ray Gelato. Abbiamo fatto due chiacchiere con la<br />
sorprendente artista pugliese.<br />
Stai lavorando al nuovo album? (Il precedente lavoro, Per te, è<br />
stato pubblicato il 10 febbraio 2006, ndr)<br />
Si si, qualcosina l’ho gia fatta…<br />
Cosa dobbiamo aspettarci? Lavori sempre con le stesse persone<br />
o hai cambiato?<br />
Mah, il sol<strong>it</strong>o fr<strong>it</strong>to misto! Sarà sempre pubblicato dalla Emi. Per<br />
quanto riguarda il produttore, non so ancora. Nel precedente<br />
album avevo lavorato con Davide Bertolini (produttore dei Kings<br />
of Convenience, ndr), ma in ver<strong>it</strong>à non so se nemmeno se voglio<br />
un produttore, qualcuno che mi stia dietro. Voglio essere libera di<br />
creare!<br />
Ma se è questo il tuo istinto, non posso non farti una domanda su<br />
Sanremo. A bocce ferme, come valuti quell’esperienza? Cosa ti è<br />
piaciuto e cosa no?<br />
Sanremo era un passo da fare, perciò sono contenta di averlo<br />
fatto, anche perché mi ha permesso di uscire da un pubblico<br />
prettamente di nicchia. Allo stesso tempo, il punto debole<br />
dell’esperienza è che non sarò mai una cantante pop (ride, ndr)<br />
Ti piacerebbe regalare un tuo testo a qualche cantante <strong>it</strong>aliano o<br />
internazionale? Se sì, a chi?<br />
Tra gli <strong>it</strong>aliani a Mina, perché mi piace molto. Internazionali?<br />
Bjork…<br />
Accidenti! Hai ascoltato il nuovo album?<br />
Non ancora. Me lo consigli? (e così parte una lunga digressione sul<br />
nuovo album di Bjork, ndr)<br />
Che emozione provi nel sentire tante persone immedesimarsi<br />
nei tuoi testi, che sono assolutamente personali? Pensi che loro<br />
possano capirli veramente?<br />
Questa cosa mi rimanda solo a pensieri pos<strong>it</strong>ivi. È una cosa<br />
simbiotica, osmotica, non è facile da spiegare ma è molto<br />
affascinante. È una roba magica. E riguardo la comprensione dei<br />
testi, è solo un fatto di tempo... piano piano, mi capiscono.<br />
Un’ultima domanda: leggendo la tua biografia è facile notare<br />
come tu abbia lasciato quasi sub<strong>it</strong>o la Puglia per formarti come<br />
persona e come artista. Cosa suggerisci ai giovani che stanno<br />
per iniziare l’Univers<strong>it</strong>à o stanno cercando lavoro? Andare via a<br />
provare a restare?<br />
Non so che lavoro voglia fare tu, ma andate via. Che restate a<br />
fare? Part<strong>it</strong>e, conoscete gente nuova, potete solo guadagnarne,<br />
vi apr<strong>it</strong>e la mente. Andate, andate!<br />
Ma magari poi torniamo, come lei, felicissima di suonare nella sua<br />
Puglia.<br />
Dino Amenduni<br />
23
24<br />
Primi di Giugno. Al Circolo degli Artisti di Roma ne avvengono delle<br />
belle. Shellac e Sondre Lerche e le reazioni possibili credo siano<br />
due: corrucciare la fronte ed esclamare “ma che cazzo” oppure<br />
vederla come un’eccezionale trovata che unisce in un solo nodo<br />
spazio-temporale dinamiche e fan di due scene musicali così<br />
distanti.<br />
Gli Shellac sono il gruppo math-rock di Steve Albini (nella foto in<br />
basso), vengono dall’Illinois ed hanno appena dato alle stampe<br />
Tipical Italian Greyhound, dopo cinque anni di silenzio; Sondre<br />
invece è un biondino di Norvegia, pop cantautorale e sonor<strong>it</strong>à<br />
rock dal calore inconsueto per quelle lat<strong>it</strong>udini.<br />
Shellac = Steve Albini. Questa la prima nota su un gruppo che<br />
in Italia non riempie le piazze, ma che non nasconde le sue<br />
origini tipicamente <strong>it</strong>aliane. Si ma poi? Shellac è anche Vintage<br />
Rock, e per comprenderne il significato basterebbe parlare della<br />
strumentazione utilizzata dal trio, gli amplificatori gracchianti<br />
ed arrugin<strong>it</strong>i, l’assenza di effettistica alla moda. la scelta mirata<br />
di Albini di far uscire sul mercato i vecchi vinili di una volta, solo<br />
successivamente trasposti sui moderni supporti dig<strong>it</strong>ali (da<br />
leggere: CD). E forse non saremmo qui a parlarne se alla base di<br />
un progetto così controtendenza non ci fosse un personaggio che<br />
di tendenze rock ne ha lanciata qualcuna, produttore di Nirvana,<br />
Gogol Bordello, Flogging Molly, Pj Harvey e Pixies. Eppure il clima<br />
che si respira non è propriamente quello di un concerto serio ed<br />
impegnato dove una boriosa leggenda del rock mostra a tutti i<br />
plebei le sue falliche att<strong>it</strong>udini ch<strong>it</strong>arristiche. Tuttaltro, Albini è un<br />
pazzo scatenato, i suoi soci (entrambi con alle spalle nient’altro<br />
che un pugno di mosche, prima degli Shellac), completano il<br />
quadro. Assieme paiono la realizzazione del sogno di qualunque<br />
band di provincia, magari formata da quattro studenti di fisica,<br />
per giunta fuori corso. O meglio, professori di fisica, studenti di<br />
musica, volontariamente fuori corso. Ecco spiegato tutto, Albini<br />
pronuncia stonati sermoni su r<strong>it</strong>miche asfissianti, lo spettro dei Pil è<br />
KeepCool<br />
puro associazionismo ma rende l’idea, e quando il pubblico (mai<br />
visto un audience più diviso tra adoranti e schifati) vocia, Bob<br />
Weston interviene pronunciano un Be quiet! col d<strong>it</strong>o sulle labbra.<br />
Si, decisamente professori. Albini indifferente continua la lezione,<br />
fa boccacce e gestacci, suona per sé stesso, completamente a<br />
proprio agio nel ruolo dell’artista a sé stante. Per completare il<br />
quadro, a due pezzi dalla fine, dal palco parte il colpo di grazia…<br />
“Have you got any question?”<br />
E poi che accade?<br />
Esplosione di luce e colori, arrivano i norvegesi. Ed è vero, gli<br />
scandinavi sono proprio come nelle pubblic<strong>it</strong>à delle chewin-gum.<br />
Biondi, alti e simpaticoni. Loro dopo gli Shellac, tradotto fa Ok,<br />
Prof, abbiamo portato gli strumenti, possiamo fare qualche pezzo,<br />
con Albini che avrà scosso le spalle trangugiando succo di mirtillo.<br />
E così sul palco sale la scolaresca, capeggiata da Sondre Lerche,<br />
che ormai s’è fatto un nome in tutta Europa, raccogliendo larghi<br />
consensi con il pop d’autore sospeso tra Paul McCartney ed Elvis<br />
Costello, la sua faccia da schiaffi, ed il ciuffo alla Beck. E pop me<br />
l’aspettavo anche dal vivo, dove il norvegese lascia invece che<br />
la bilancia penda ora verso il punk, ora verso il funky, alle volte<br />
attestandosi su posizioni intimiste ma mai patetiche.<br />
Il tono dell’esibizione lo si capisce sin dall’esordio, Airport Taxi<br />
Reception e The Tape in rapida successione (leggasi: Ciao, sono<br />
proprio io, quello allegro anche nei giorni di pioggia!). Ed è qui<br />
che cominciano i miei dubbi. Sondre Lerche è, o no, un paraculo?<br />
Boh.<br />
Di fatto si presenta come la faccia pul<strong>it</strong>a della musica, ascoltare<br />
Phantom Punch per credere, ed anche lui sembra avere un<br />
legame particolare con Roma ed il Bel Paese, poiché più o meno<br />
ad ogni intervallo ringrazia, fa lodi, si dice emozionato di essere<br />
finalmente tornato nella nostra nazione e ricomincia a cantare.<br />
Che sia parte delle tradizioni norvegesi? Mah.<br />
Il concerto prosegue è godibile, il pubblico apprezza, e quando<br />
sul palco viene chiamata un’amica <strong>it</strong>aliana, tale Maria (la<br />
prima Maria bionda alta e con gli occhi azzurri che io abbia<br />
incontrato, cose che solo al concerto di Sondre Lerche) a cantare<br />
ined<strong>it</strong>amente in duetto Don’t be shallow il Circolo è in delirio.<br />
Troppo simpatico, troppo amabile questo biondino, per essere<br />
vero. Ma quasi quasi me ne frego, mi paraculi pure, purchè ci<br />
riesca bene come adesso…<br />
Elvis Ceglie
Mered<strong>it</strong>h Monk è una delle compos<strong>it</strong>rici e delle vocalist più<br />
apprezzate al mondo. Impegnata sin dagli anni Sessanta nella<br />
ricerca di un una nuova vocal<strong>it</strong>à, è presto arrivata all’utilizzo<br />
di un personale vocabolario di suoni e fonemi, nonché alla<br />
creazione – insieme al suo vocal ensemble – di spettacoli dalla<br />
bellezza ammaliante. L’abbiamo incontrata in occasione di due<br />
performance tenute nel Teatro Comunale di Ferrara.<br />
Perché hai scelto di lavorare quasi esclusivamente con la voce e<br />
non con altri strumenti?<br />
Io appartengo alla quarta generazione di una famiglia di cantanti.<br />
Mia madre lavorava come cantante nelle radio, mio nonno era<br />
un basso-bar<strong>it</strong>ono, mentre il mio bisnonno era un cantore. Quindi,<br />
il canto è stato la mia prima lingua. Cantavo prima ancora di<br />
parlare, cosicché il canto è diventato lo strumento del mio cuore,<br />
ed è il centro di qualsiasi cosa io faccia.<br />
Talvolta si percepisce un senso narrativo nella tua musica. Provi<br />
mai a raccontare storie con la tua musica?<br />
Io non penso che la mia musica sia tanto narrativa quanto piuttosto<br />
poetica. Non seguo una linerar<strong>it</strong>à nelle cose che compongo, nel<br />
senso di dire: “è successo questo, e poi quest’altro e poi quest’altro<br />
ancora”. Io sono molto più interessata alla poesia della musica,<br />
sono interessata a creare immagini, a dare la possibil<strong>it</strong>à che<br />
chi ascolta possa elaborare la propria personale immagine. Le<br />
canzoni di sol<strong>it</strong>o parlano di un preciso argomento, o si riferiscono<br />
a qualche specifica s<strong>it</strong>uazione, ma la mia musica è più astratta<br />
perché io lavoro senza le parole.<br />
Tu hai iniziato a comporre e a esibirti negli anni Sessanta. Cosa è<br />
cambiato in questi anni nella tua musica?<br />
Quando ho iniziato mi esibivo sempre da solista,<br />
accompagnandomi con la tastiera. Intorno alla metà degli anni<br />
Sessanta studiavo musica classica e cantavo in una band di rock<br />
& roll, ma sapevo che volevo trovare il mio modo personale di<br />
usare la voce. Ho avuto una specie di rivelazione che la voce<br />
poteva essere uno strumento senza l’utilizzo di parole, che potevo<br />
allargare le possibil<strong>it</strong>à della mia voce senza badare alle distinzioni<br />
di registri o alle differenze tra voce maschile e voce femminile,<br />
che ci potevano essere diverse modal<strong>it</strong>à nel produrre suoni, che<br />
la voce è uno strumento molto molto antico, e che tutto questo mi<br />
riportava alle mie origini famigliari. Ero sola in questo, ma ovunque<br />
c’era uno spir<strong>it</strong>o di sperimentazione, si pensava che tutto era<br />
possibile. In tutti i campi artistici. Ci si incoraggiava l’un l’altro,<br />
e tutti erano pronti a supportare il rischio e i tentativi degli altri.<br />
L’idea era: “sbaglia pure, ma continua a provarci”. Adesso non<br />
sento più questo spir<strong>it</strong>o.<br />
Una volta tu hai detto che Janis Joplin ti ha dato la forza di andare<br />
avanti con la tua ricerca.<br />
Dopo che ho iniziato a seguire la mia strada, ho avuto un anno<br />
molto duro, mi sembra che fosse il 1968: mi sentivo così depressa.<br />
Ascoltare Janis Joplin mi ha dato la forza per uscire fuori dalla<br />
mia depressione e continuare con il mio lavoro. Lei era una<br />
grandissima musicista, per il fraseggio e tutto il resto: veramente<br />
incredibile. E poi dava quell’idea di bellezza. A quel tempo, quello<br />
che facevo era ancora così grezzo: lei mi ha fatto capire che la<br />
bellezza include tutto e che potevo operare sul suono pensando<br />
alla bellezza.<br />
Ascoltando i tuoi lavori si percepisce sempre un’atmosfera che<br />
è fuori dal tempo o che è inser<strong>it</strong>a in un tempo differente da<br />
quello comune. Quanto è importante elaborare un’idea di tempo<br />
differente?<br />
Io sono molto interessata alla condizione di assenza di tempo,<br />
alle ricorrenze che attraversano la storia e il tempo e che<br />
rappresentano le s<strong>it</strong>uazioni fondamentali degli esseri umani. La<br />
voce è lo strumento che collega tutto questo: è il più semplice, ed<br />
è stato il primo strumento della storia. Quindi lavorando con le voci<br />
mi piace cercare l’assenza di tempo, con la quale io posso essere<br />
nell’antich<strong>it</strong>à o nel futuro, o nel mondo in cui viviamo adesso.<br />
Ti interessa qualche vocalist contemporaneo? So che Björk, ad<br />
esempio, ha cantato un tuo pezzo.<br />
Björk, per me, è come una figlia. Lei porta avanti in qualche modo<br />
il mio lavoro, con lo spir<strong>it</strong>o del porsi domande, del correre rischi.<br />
Mi viene in mente Rebecca Moore, ma non riesco ad ascoltare<br />
quanto vorrei, sono sempre in giro per tour, quindi conosco poco<br />
di quello che sta succedendo adesso.<br />
Gianpaolo Chiriacò
26<br />
Ancora una bandierina da aggiungere alla<br />
nostra mappa delle etichette indipendenti<br />
<strong>it</strong>aliane. Questo mese è il turno della Tafuzzy<br />
Records. Ne abbiamo parlato con Davide<br />
Brace.<br />
Perché Tafuzzy?<br />
Era un mio ridicolo soprannome che<br />
avevano coniato due mie care amiche<br />
storpiando ripetutamente “Davide”:<br />
alla tedesca “Taff<strong>it</strong>e”, vezzeggiandolo<br />
“Taff<strong>it</strong>uzzi” ed infine “Tafuzzi”. Noi<br />
abbiamo aggiunto la y alla fine che fa<br />
più international. E comunque no! Non ha<br />
niente a che fare col personaggio che si<br />
percuote gli zebedei. Si pronuncia tafuzzi<br />
e non tafazzi come molti amano fare…ma<br />
alla fine è lo stesso.<br />
Un po’ di storia, come nasce e come cresce,<br />
come si muove nell’intricato sottobosco<br />
indipendente la Tafuzzy?<br />
In principio, circa 2002, furono i Cosmetic<br />
la prima band del circondario (Romagna)<br />
per la quale ho provato veramente<br />
qualcosa. Il loro cantante Bart era un mio<br />
caro amico dei tempi del liceo. Lompa,<br />
Alice ed io avevamo appena dato v<strong>it</strong>a<br />
al primo abbozzo di quello che ora sono<br />
i Mr.Brace. Bart doveva realizzare per un<br />
esame univers<strong>it</strong>ario di informatica un s<strong>it</strong>o<br />
a piacere e si inventò quello della “Tafuzzy<br />
Inc.” associazione che si proponeva di<br />
organizzare a domicilio in tutta Italia eventi<br />
che unissero il sound delle band rivierascheromagnole<br />
alla somministrazione dei<br />
prodotti tipici della nostra gastronomia (la<br />
pìda se’l parsòt al pìs un po’ ma tòt). A quel<br />
punto il s<strong>it</strong>o era on line e le band esistevano<br />
veramente, di conseguenza siamo part<strong>it</strong>i<br />
un po’ per gioco e un po’ no con questa<br />
follia dell’etichetta indipendente.<br />
Quanta passione e quanta incoscienza ci<br />
vogliono per intraprendere questa crociata<br />
in difesa dell’altra musica?<br />
Con la passione ci si nasce e ne si è<br />
succubi, non è che si possa fare molto<br />
altro. Della beata incoscienza inizialmente<br />
ne eravamo incoscienti per cui è difficile<br />
quantificarla. Risulta però effettivamente<br />
molto più difficile andare avanti a mano<br />
a mano che cresce la coscienza: quasi<br />
nessuno compra più dischi, il paradiso<br />
discografico non esiste neanche altrove<br />
ma sicuramente l’essere in Italia non<br />
aiuta ancora molto. C’è da rimboccarsi<br />
le maniche, scegliersi buoni maestri che<br />
comunque a guardar bene non mancano<br />
e continuare a fare la propria cosa meglio<br />
che si può affinché il fare dischi e concerti<br />
possa diventare prima o poi un’attiv<strong>it</strong>à<br />
sostenibile, economicamente parlando<br />
in primis, che di guadagnarci qualcosa<br />
ancora non si è neanche nelle condizioni<br />
di ipotizzarlo.<br />
Un catalogo che non si fa fatica a definire<br />
“strano” ce ne parli?<br />
Come direbbe il nostro caro amico Marino<br />
Josè Malagnino di Produzioni Pezzente: “A<br />
me sembra tutto così Pop! Com’è che non si<br />
vende niente?”. Non definirei perciò strano<br />
il nostro catalogo, esistono realtà ben più<br />
“strane” tra gli artisti <strong>it</strong>aliani e (per fortuna)!<br />
Semmai ci piace un certo approccio<br />
alla materia: quel che di casalingo che<br />
avvicina chi suona a chi ascolta e una<br />
certa cura e attenzione nello scrivere in<br />
<strong>it</strong>aliano cose che non risultino imbarazzanti.<br />
Per il resto nel nostro catalogo si spazia dal<br />
teatrino folk’n’roll all’elettronica casalinga,<br />
dall’amore per certa tecnologia scrausa<br />
al cantautorato più sghembo, dal noise<br />
artigianale all’electro pop, il tutto con un<br />
certo amore per la forma canzone e senza<br />
nessun problema se a qualcuno piace quel<br />
che facciamo.<br />
Che rapporto avete con gli artisti pubblicati,<br />
cosa fate per loro?<br />
Gira che ti rigira tutti i nostri progetti, se<br />
non sbaglio attualmente sono sette ma si<br />
prevede di espandersi presto, sono in un<br />
qualche modo concatenati e coinvolgono<br />
un giro di più o meno quindici persone<br />
con cui condividiamo risorse quali studi di<br />
registrazione e persone capaci di metterci<br />
le mani, un valente entourage di grafici<br />
e fotografi per copertine, merchandise<br />
e quant’altro, un responsabile del s<strong>it</strong>o,<br />
addetti alla comunicazione e alla<br />
promozione, chi continua ad ascoltare<br />
e selezionare i demo che ci arrivano, chi<br />
mantiene buoni i rapporti con gli enti statali<br />
e altre associazioni per l’organizzazione<br />
degli eventi, un grande amico (Giacomo<br />
Spazio) ed<strong>it</strong>ore che si occupa dei dir<strong>it</strong>ti e<br />
dell’eventuale distribuzione (anche se per<br />
lo più continuiamo ad essere un cd-r label<br />
che si autodistribuisce). Non si fraintenda,<br />
tutto questo veramente ancora molto<br />
fatto in casa e a gratis ma sembra che<br />
applicandosi stiamo diventando bravini.<br />
Domanda retorica, è possibile vivere di<br />
musica in Italia? Come sopravvive la<br />
Tafuzzy?<br />
Forse è possibile, dipende però ovviamente<br />
da cosa intendi per “vivere”. Qualcuno che<br />
mer<strong>it</strong>a tutta la nostra stima ce la fa anche<br />
senza scendere a quei temuti e denigrati<br />
“compromessi” ma si devono fare scelte<br />
di v<strong>it</strong>a coerenti e conseguenti. Diciamo<br />
che noi attualmente ci impegnamo<br />
per non rimetterci con le spese e se ci<br />
impegnamo vuol dire che ancora il rischio<br />
c’è. Sopravviveremo? Speriamo!<br />
Ogni anno in un certo qual modo vi<br />
festeggiate, ci parli del Tafuzzy day?<br />
Il Tafuzzy Day è il festival che organizziamo<br />
ogni anno a fine agosto a Riccione<br />
(quest’anno sarà venerdì 24 e sabato 25<br />
Agosto presso il Castello degli Agolanti).<br />
L’evento viene inteso per l’appunto come<br />
una festa per il lavoro che abbiamo svolto<br />
durante l’anno ed un occasione per<br />
rendere partecipe chi vuole festeggiare<br />
con noi. Durante le serate perciò suonano<br />
alcuni gruppi della Tafuzzy insieme ad<br />
altri artisti che stimiamo. In occasione del<br />
festival presentiamo una compilation che<br />
raccoglie brani ined<strong>it</strong>i dei gruppi Tafuzzy.<br />
Dove si possono trovare i vostri dischi?<br />
Vengono venduti ovviamente ai concerti<br />
ed è possibile anche ascoltarne degli<br />
estratti ed eventualmente acquistarli on<br />
line sul nostro s<strong>it</strong>o www.tafuzzy.com.<br />
Un disco per l’estate, uno per il cuscino,<br />
uno per la v<strong>it</strong>a. Ci consigli tre album?<br />
Non sono affatto bravo in queste cose,<br />
né rappresentativo dei gusti degli altri<br />
tafuzzers ma visto che debbo risponderne<br />
personalmente, poichè amo troppi dischi<br />
diversi e di diverse epoche, decido di<br />
cavarmela consigliando le ultime cose che<br />
sto ascoltando orora: per l’estate va bene<br />
qualsiasi cosa troviate di Jonathan Richman<br />
and the Modern Lovers, per il cuscino il<br />
disco di Nathan Fake Drowning in a sea of<br />
love e sogni d’oro, per la v<strong>it</strong>a (uhuuu!) trovo<br />
immensamente affascinante da un po’<br />
di tempo a questa parte l’opera di Arthur<br />
Russel, in particolare consiglierei Another<br />
Thought. Ora sono nei casini perché ho il<br />
cervello sovraffollato di decine di altri dischi<br />
che si spingono e mi insultano sdegnati per<br />
l’ingrat<strong>it</strong>udine dimostratagli ma dirò a tutti<br />
loro che è colpa tua e comunque si è fatta<br />
l’ora dei ringraziamenti e dei saluti.<br />
Osvaldo Piliego
Coolibrì<br />
La banda delle casse da morto<br />
Nick Laird<br />
Minimum Fax<br />
Nick Laird è nato 32 anni fa nell’Irlanda<br />
del Nord. Ha studiato in Inghilterra, dove<br />
ha intrapreso la carriera promettente di<br />
avvocato, ma dopo il matrimonio con<br />
Zadie Sm<strong>it</strong>h, autrice-fenomeno di Denti<br />
bianchi e Della bellezza, ha avvert<strong>it</strong>o<br />
l’urgenza misteriosa di rivolgere il proprio<br />
talento verso altre risorse, pur mantenendo<br />
come punto fermo l’interesse verso tutto ciò<br />
che è legge. Indagando il rapporto sibillino<br />
tra l’uomo e la giustizia, e analizzando la<br />
relazione stravagante che viene a stabilirsi<br />
tra la colpa effettiva, presunta, o falsa e<br />
la conseguenza della pena, ha scoperto<br />
così la sua tensione verso il narrare, e<br />
nello specifico il narrare di giurisprudenza.<br />
Trasfer<strong>it</strong>osi a Roma per scelta - perché<br />
c<strong>it</strong>tà capace di tradurre l’intenzione di<br />
scr<strong>it</strong>tura in mestiere - ha dato corpo al<br />
sentimento dello scrivere con questo suo<br />
esordio in narrativa, pluripremiato in patria<br />
e rintracciato e sostenuto dall’attenta<br />
casa ed<strong>it</strong>rice cap<strong>it</strong>olina. Il protagonista di<br />
questa opera prima è a perfetta immagine<br />
e somiglianza dello stesso autore. Danny ,<br />
Narrativa, Noir, Giallo, Italiana, Sperimentale<br />
la letteratura secondo <strong>cool</strong>cub<br />
infatti, è un giovane avvocato specializzato<br />
in arb<strong>it</strong>rati internazionali,e lavora presso un<br />
prestigioso studio legale londinese che<br />
gli garantisce una rassicurante esistenza<br />
stereotipata, con casa elegante, stipendio<br />
notevole, v<strong>it</strong>a sociale raffinata. Arrivato<br />
nella Londra delle sicurezze esistenziali<br />
direttamente dall’Ulster delle incertezze<br />
croniche, Danny intrattiene con la sua<br />
terra d’origine un rapporto indifferente,<br />
fatto di memorie fastidiose e turbolenze<br />
mal gest<strong>it</strong>e, buttate – così crede - ormai<br />
alle spalle. Ev<strong>it</strong>are l’inev<strong>it</strong>abile, però,<br />
non fa altro che annullare le distanze,<br />
e proprio dalla rifiutata provincia nordirlandese<br />
giunge d’improvviso l’amico<br />
d’infanzia Geordie, piccolo spacciatore<br />
ded<strong>it</strong>o anche alla truffa, che stavolta<br />
ha ingannato gente difficile e molto<br />
pericolosa, legata al terrorismo unionista.<br />
Cinque giorni di frenesia totale attendono<br />
i due compagni r<strong>it</strong>rovati, tra dossier<br />
ingarbugliati sulle vicende passate dell’Ira<br />
e studi improbabili sullo stato di salute di<br />
un’azienda da rilevare, e intanto la birra<br />
scorre a fiumi, e così le donne, e così l’ironia.<br />
L’indagine rivolta verso cose e s<strong>it</strong>uazioni<br />
– per quanto briosa e d’azione - diventa<br />
sub<strong>it</strong>o un esame dell’anima, e al processo<br />
delle intenzioni si incontrano e si scontrano<br />
le due facce di una medaglia comune:<br />
Danny ha scelto di andar via dall’Irlanda, di<br />
studiare nell’Inghilterra “amica-nemica”, di<br />
diventare ricco e importante nella Londra<br />
che troppo facilmente spiana la strada ai<br />
figli dei Celti; Geordie invece l’Irlanda ha<br />
voluto non tradirla, rifiutando scelte facili e<br />
opportuniste, e orientandosi verso quegli<br />
imbrogli che soli consentono ad una terra<br />
maltrattata ed al suo popolo di esistere e<br />
resistere. Romanzo sul senso della fedeltà a<br />
dei valori, La banda delle casse da morto<br />
riporta alla ribalta un immane problema<br />
pol<strong>it</strong>ico da tempo messo da parte, ma non<br />
certo risolto. Lo fa con la struttura del noir<br />
divertente, e con una scr<strong>it</strong>tura spiazzante<br />
e veloce. Rendendo magistralmente<br />
l’indissolubile legame tra l’intim<strong>it</strong>à di una<br />
v<strong>it</strong>a e le grandi questioni sociali.<br />
Stefania Ricchiuto - Il Passo del Cammello
28<br />
La mania per l’alfabeto<br />
Marco Candida<br />
Sironi<br />
Al centro del romanzo d’esordio di Marco Candida,<br />
“La mania per l’alfabeto”, ed<strong>it</strong>o da Sironi, c’è un<br />
fantasma, che tutto ordina e muove, che determina<br />
le azioni e scandisce le relazioni tra i personaggi,<br />
s’insinua nello spazio e nel tempo della storia, invade<br />
ogni singola pagina, macina l’immaginario, lo<br />
polverizza, nel suo essere onnipresente. Il fantasma<br />
altro non è che il libro che Michele, protagonista del<br />
romanzo, sta scrivendo: “Il problema di Michele è che<br />
deve scrivere il libro e contro il libro Savemi sa che<br />
può fare ben poco”. Savemi è la ragazza di Michele,<br />
è la prima v<strong>it</strong>tima dell’atteggiamento di Michele, del<br />
suo essere schiavo del demone della scr<strong>it</strong>tura, del suo pensare continuamente alle<br />
idee da inserire nel suo libro, a come renderle linguaggio, a come farne scr<strong>it</strong>tura, a<br />
come disporlo per creare un mondo possibile quanto più coerente e coeso: “Del libro<br />
vedo soltanto tutti i possibili libri che potrebbe essere, vedo i cap<strong>it</strong>oli, i paragrafi, le<br />
preposizioni, persino le singole parole da utilizzare… ma ancora non riesco a vederlo<br />
tutto intero davanti a me… l’acqua non ha ancora smesso di bollire”. Michele altro<br />
non è che un prolungamento della sua stessa tastiera, la parte di un tutto dominato<br />
da post-<strong>it</strong>, appunti, racconti abbozzati, racconti fin<strong>it</strong>i, esercizi necessari per affinare il<br />
suo rapporto con la parola scr<strong>it</strong>ta. Michele è un personaggio senza corpo. È fatto solo<br />
da una mente che produce idee, da idee che si trasformano in linguaggio, da un<br />
linguaggio che diviene scr<strong>it</strong>tura. Michele non ha gambe, non ha mani, non ha naso,<br />
non ha bocca. O almeno la sua anatomia non interessa ai fini della storia. Perché ciò<br />
che interessa è la lotta malata del suo demone (la scr<strong>it</strong>tura) contro il fantasma (il libro):<br />
“Adesso che ci pensa, seduta al tavolino 14, osservando la copertina blu del quaderno<br />
di Michele, Savemi non può che rappresentarsi Michele attraverso i suoi racconti e i<br />
suoi post-<strong>it</strong>, perché sono questi gli oggetti che riempiono tutto il suo spazio mentale,<br />
ma anche fisico”. Questo atteggiamento di Michele, questo suo muoversi come<br />
mutilato nel mondo reale, questo sua avere i piedi sospesi, questo suo galleggiare<br />
nel mare del linguaggio, avrà ripercussioni nella sua quotidian<strong>it</strong>à. È inev<strong>it</strong>abile. E non<br />
solo Savemi andrà via, ma perderà il suo lavoro e avrà grossi problemi con la sua<br />
famiglia. “La mania per l’alfabeto”, però, non racconta la storia dell’autodistruzione<br />
di un uomo malato di scr<strong>it</strong>tura, ma la sua guarigione. Rimasto solo, circondato dai<br />
suoi post-<strong>it</strong>, dal rumore vorticoso della colonnina del suo pc e dalle montagne di libri,<br />
Michele prende coscienza del suo stato: “Michele non può stare chiuso in stanza e<br />
non uscire più. Deve uscire. Non può essere che il suo universo sia solo una stanza o,<br />
al lim<strong>it</strong>e, una serie di stanze”. O ancora: “La scr<strong>it</strong>tura non ha allargato, ma amputato<br />
il suo mondo, il mondo del fantasma. Come Savemi lo chiama, e il fantasma esce da<br />
tutti i cassetti, si allunga per tutta la casa, si è insidiato anche nell’ultimo cassetto della<br />
scrivania del suo ufficio: è il fantasma che gli ha fatto perdere il lavoro”. La salvezza<br />
di Michele avviene nel momento in cui capisce che il fantasma va combattuto, non<br />
ucciso, ma ammaestrato, fatto rientrare nei suo cassetti, tra i file del suo pc. In questo<br />
modo riuscirà a riappropriarsi della sua v<strong>it</strong>a, dei suoi affetti, del suo lavoro e, persino,<br />
riuscirà a scrivere con continu<strong>it</strong>à il suo libro. Un esordio atteso, originale e maturo che<br />
ci consegna un autore da seguire con attenzione.<br />
Rossano Astremo<br />
La prigione<br />
John King<br />
Guanda<br />
La prigione delle Sette Torri è il luogo del<br />
raccapriccio e del ribrezzo. Conten<strong>it</strong>ore<br />
orrido di uomini brutali e violenti, tutto al<br />
suo interno si consuma per bestemmia<br />
e per infamia. La ab<strong>it</strong>ano anche i<br />
fantasmi della coscienza disumana, che<br />
quando risvegliano le pene e i del<strong>it</strong>ti per<br />
farne paranoia ipnotica, sanno essere<br />
inquis<strong>it</strong>ori ben più temibili dei giudici in<br />
carne e sermoni. Qui vengono escluse<br />
senza possibil<strong>it</strong>à le aspettative di una<br />
qualunque lontana realtà, accogliendo<br />
impietosamente solo l’ansia di un terrore<br />
quotidiano. Qui vengono reclusi anche<br />
i sogni, le chimere, le vie di fuga, perché<br />
pensiero non può fluire nelle menti di<br />
colpevoli. Qui vengono inclusi anche<br />
Jimmy e la sua colpa enigmatica, dopo<br />
aver vagato senza sosta - e senza un<br />
perché - per l’America, l’India e l’Europa<br />
del Sud. Iniziano così altri viaggi non voluti,<br />
che hanno per mappe le ident<strong>it</strong>à distorte<br />
di personaggi dai capricci volgari e dalle<br />
voglie irriguardose. Tra le sbarre della<br />
mostruos<strong>it</strong>à più squallida, non manca<br />
proprio nessuno: Gesù, Elvis, il Macellaio, il<br />
Vend<strong>it</strong>ore di Gelati, i Secondini Anonimi, e lo<br />
stesso Jimmy, ridotto a tremante aguzzino di<br />
se stesso e delle sue colpe inconoscibili. Ne<br />
nasce una storia in forma di allucinazione<br />
permanente, dal linguaggio energico<br />
e mai gentile, che pure diventa in più di<br />
un’occasione poesia da strada e lirica del<br />
degrado. John King, londinese di nasc<strong>it</strong>a<br />
e viaggiatore instancabile, specializzato<br />
in storie balorde ad alta tensione sociale,<br />
denuncia senza lim<strong>it</strong>i la nefandezza di una<br />
delle tante costruzioni civili ispirate dalla<br />
nostro viver comune: il carcere è così<br />
raccontato in tutta la sua incomprensibil<strong>it</strong>à<br />
di luogo conten<strong>it</strong>ore ed aggregatore di<br />
vissuti perversi, da cui fa fatica a venir fuori<br />
una labile ipotesi di riscatto, figuriamoci una<br />
parvenza di sopravvivenza dign<strong>it</strong>osa che<br />
possa sfociare in una libertà migliore. Resta<br />
Coolibrì<br />
l’isolamento senza senso dei crimini e degli<br />
squallori, e l’emarginazione imponente di<br />
una fetta di uman<strong>it</strong>à sbagliata, fastidio<br />
e prur<strong>it</strong>o per la fetta restante di uman<strong>it</strong>à<br />
corretta. “Un uomo gli insulti li regge solo<br />
fino a un certo punto e alla fine riapro gli<br />
occhi, il maniaco dei gelati mi manda un<br />
bacio bavoso e si sfrega le palle, spingendo<br />
i fianchi avanti e indietro mentre geme<br />
t’inculo per bene. Appoggiandomi alla<br />
parete scivolo fino a terra e resto seduto<br />
in silenzio, come gli altri sei detenuti, tutti a<br />
capo chino, il corpo rannicchiato, sepolti<br />
vivi sotto la custodia della polizia.” Come<br />
uscire rinnovati da un’esclusione così<br />
organizzata e più criminale del crimine<br />
che raccoglie? John King non ci fornisce<br />
risposte, ma solo la resa lucida e puntuale<br />
della degradazione di un luogo, deputato<br />
a contenere il male, e paradossalmente a<br />
guarirlo.<br />
Stefania Ricchiuto - Il Passo del Cammello<br />
Días aún más extraños<br />
Ray Loriga<br />
El Aleph<br />
Ray Loriga è nato a Madrid alla fine<br />
degli anni sessanta e vive a New York<br />
con moglie e figli. Ama la letteratura,<br />
soprattutto Carver, Salinger, Beckett e la<br />
musica, soprattutto Bowie, Dylan, Jagger.<br />
Il suo primo libro Lo peor de todo era<br />
scr<strong>it</strong>to in prima persona e una profonda<br />
sol<strong>it</strong>udine era ciò che caratterizzava il<br />
personaggio principale. Sol<strong>it</strong>udine, ricerca<br />
e speranza di un mondo migliore, hanno<br />
continuato a caratterizzare i personaggi<br />
di Loriga, che oltre a essere scr<strong>it</strong>tore è<br />
diventato sceneggiatore collaborando<br />
a copioni di pellicole come Carne<br />
tremula (Pedro Almodovar) e El séptimo<br />
día (Carlos Saura) ispirato al massacro di<br />
Puerto Hurraco. Loriga scr<strong>it</strong>tore, giornalista,<br />
regista e sceneggiatore, pubblica adesso<br />
Días aún más extraños, che prende il<br />
t<strong>it</strong>olo dal precedente Días extraños ed<br />
è una raccolta di articoli pubblicati sul<br />
quotidiano El País a cui si aggiungono due<br />
lunghi racconti. Ancora società, ancora<br />
riflessioni, ancora introspezione in un<br />
lavoro dal linguaggio cinematografico e<br />
dalla sensibil<strong>it</strong>à poetica di chi con lucid<strong>it</strong>à<br />
osserva il mondo che ha di fronte ma non<br />
smette di guardare le stelle e sognare.<br />
Valentina Cataldo
Coolibrì<br />
Cosmofobia<br />
Lucia Etxebarría<br />
Destino<br />
Lavapiés è un quartiere multietnico e<br />
multicolore. È un quartiere dove incontri<br />
persone venute da lontano, incrociando<br />
origini e v<strong>it</strong>e, ricordi e dolori. I graff<strong>it</strong>i<br />
colorati sui muri di Lavapiés ci parlano di<br />
sofferenza e ingiustizia. Lucia Etxebarría<br />
ha deciso di ambientare in questo barrio<br />
della sua bella Madrid il nuovo romanzo,<br />
Cosmofobia, rubando dalla gente per<br />
strada volti, racconti, linguaggi. R<strong>it</strong>ratti<br />
che danno voce all’immigrazione e alla<br />
difficoltà, alla clandestin<strong>it</strong>à, al lavoro,<br />
alla fuga. Nelle sue opere la Etxebarría<br />
ha parlato di storie di v<strong>it</strong>a, di lavoro, di<br />
donne in bilico, di matern<strong>it</strong>à, di droga,<br />
di amicizie, ha scelto sentimenti forti, ha<br />
ironizzato e riso sulle sofferenze dell’amore,<br />
ha descr<strong>it</strong>to la realtà a sua maniera,<br />
lucida, disincantata, diretta. Ha vinto<br />
numerosi premi letterari, è cap<strong>it</strong>ato sia<br />
stata chiamata in tribunale (l’ultima volta<br />
per il suo Ya no sufro por amor, accusata di<br />
plagio da uno psicologo spagnolo), ha un<br />
blog segu<strong>it</strong>issimo, curatissimo, attentissimo<br />
all’attual<strong>it</strong>à, nonché scr<strong>it</strong>to allo stesso modo<br />
dei suoi romanzi, è fortemente ammirata e<br />
fortemente cr<strong>it</strong>icata dal pubblico. Leggerla<br />
vale sempre la pena.<br />
Valentina Cataldo<br />
Barry Miles<br />
Il Beat Hotel<br />
Guanda<br />
Il Beat Hotel non<br />
esiste più. Ora al<br />
numero 9 di rue<br />
G<strong>it</strong>-le-Coeur di<br />
Parigi è s<strong>it</strong>uato lo<br />
sciccoso Relais-<br />
Hotel du Vieux<br />
Paris. Il Beat Hotel<br />
di chic aveva ben<br />
poco. Era gest<strong>it</strong>o<br />
da un’anziana<br />
signora, Madame<br />
Rachou, ed era<br />
famoso per la<br />
presenza di topi che sgattaiolavano da<br />
un corridoio all’altro. Il piccolo albergo<br />
parigino assunse questo nome dopo l’arrivo,<br />
nel 1957, di Gregory Corso, Allen Ginsber<br />
e Peter Orlovsky. In quel periodo Ginsberg<br />
aveva da poco dato alle stampe Urlo,<br />
con il seguente r<strong>it</strong>iro del libro dal mercato,<br />
accusato di oscen<strong>it</strong>à, e il processo, che lo<br />
vide vincente, segu<strong>it</strong>o dallo stesso autore<br />
da Parigi. Kerouac, che fu l’unico grande<br />
esponente della Beat Generation, a non<br />
mettere piede in rue G<strong>it</strong>-le-Coeur, viveva,<br />
dopo anni di rifiuti ed<strong>it</strong>oriali, gli effetti del<br />
successo di cr<strong>it</strong>ica e pubblico di Sulla strada,<br />
usc<strong>it</strong>o il 5 settembre dello stesso anno.<br />
Barry Miles, in Il Beat Hotel, libro da poco<br />
pubblicato da Guanda, ricostruisce gli<br />
anni parigini della Beat Generation, e lo fa<br />
attraverso un libro che, più che soffermarsi<br />
sulla forza letteraria di quel pugno di<br />
scr<strong>it</strong>tori che diede un forte scossone alla<br />
cultura del Novecento, evidenzia curios<strong>it</strong>à<br />
e aneddoti. Burroughs arrivò al Beat Hotel<br />
nel 1958, poco dopo Ginsberg abbandonò<br />
l’albergo e il suo posto di “confidente”<br />
dell’uomo invisibile venne preso dall’artista<br />
Brion Gysin. Burroughs e Gysin furono gli<br />
ultimi ad abbandonare l’albergo, quando<br />
questo chiuse agli inizi del 1963. Parlavo di<br />
aneddoti, in precedenza. I beat, nei loro<br />
anni parigini, vollero incontrare grandi<br />
esponenti della cultura francese e molti<br />
li incontrarono, da Michaux a Céline, da<br />
Breton a Duchamp. E fu proprio durante<br />
una di queste feste a base di alcol e droga<br />
che Corso, pensando di compiere un atto<br />
estremamente dadaista, tagliò la cravatta<br />
di un esterrefatto Duchamp. Gli anni<br />
parigini, però, furono importanti soprattutto<br />
dal punto di vista creativo. Al Beat Hotel<br />
Allen Ginsberg scrisse le sue poesie più<br />
famose, escluso Urlo, Corso compose<br />
Bomb e The Happy Birthday of Death,<br />
Brion Gysin inventò la teoria del cut-up,<br />
ovvero la letteratura nata dal taglio di altra<br />
letteratura, William Burroughs terminò Pasto<br />
nudo e la trilogia La morbida macchina, Il<br />
biglietto che è esploso e Nova Express, lì<br />
furono ideati e organizzati, grazie anche<br />
alla perizia tecnica di Ian Sommerville, i<br />
primi spettacoli di luci e proiezioni corporee<br />
multimediali, gli antesignani degli spettacoli<br />
rock con luci psichedeliche, lì fu costru<strong>it</strong>a la<br />
Dreamachine, la macchina dei sogni che<br />
creava allucinazioni visive, lì venne girato,<br />
regia di Antony Balch, il film sperimentale<br />
inglese The Cut-Ups. Tutto ciò contaminato<br />
con un uso assiduo di droghe, le più varie,<br />
tutte volte a far emergere zone nascoste<br />
della coscienza. Si può dire, senza ombra di<br />
dubbio, che gran parte della controcultura<br />
americana, che avrebbe dato v<strong>it</strong>a da lì a<br />
poco al movimento hippy, prese forma<br />
all’interno del losco hotel gest<strong>it</strong>o da<br />
un’ignara Madam Rachou.<br />
Rossano Astremo<br />
Design del popolo<br />
Vladimir Archipov<br />
Isbn<br />
La povertà aguzza l’ingegno. Si può<br />
sintetizzare con questa frase il contenuto di<br />
Design del popolo, bizzarro libro pubblicato<br />
da Isbn, frutto di un lavoro di ricerca atipico<br />
effettuato dall’artista Vladimir Archipov.<br />
Archipov ha girato per anni le c<strong>it</strong>tà e le<br />
campagne russe alla ricerca di oggetti fai<br />
da te da inserire nella sua collezione. Ne è<br />
usc<strong>it</strong>o fuori questo libro, che contiene 220<br />
oggetti nati dalla necess<strong>it</strong>à quotidiana, dal<br />
bisogno che stimola l’inventiva. Gli oggetti,<br />
23<br />
29<br />
inoltre, forniscono<br />
un lucido r<strong>it</strong>ratto<br />
dell’Urss e degli anni<br />
della Perestrojka,<br />
prima della venuta<br />
al potere di Putin.<br />
Ad ogni immagine<br />
d e l l ’ o g g e t t o<br />
schedato si<br />
a c c o m p a g n a<br />
una sorta di<br />
t e s t i m o n i a n z a<br />
dell’autore o dei<br />
familiari dell’autore, i quali raccontano le<br />
ragioni e i contesti che hanno determinato<br />
la nasc<strong>it</strong>a di simili oggetti. Si va dalla mazza<br />
da hockey, costru<strong>it</strong>a con legno di ciliegio<br />
e nastro isolante, al castello giocattolo,<br />
fatto di scatole, colla e tempera, dallo<br />
zerbino di tappi di birra alla vasca d’uccelli<br />
ottenuta dalla ruota di un trattore, dalla<br />
borsa termica, piena di polistirolo e<br />
gommapiuma, allo sturalavandini, creato<br />
con il piede di uno sgabello e un pallone<br />
tagliato. E l’elenco è davvero sterminato.<br />
Ha perfettamente ragione il cr<strong>it</strong>ico d’arte<br />
Diogot quando definisce questi oggetti<br />
“frammenti della civiltà sommersa del<br />
socialismo sovietico, esclusa dalle logiche<br />
di mercato”. La Russia di oggi, invece,<br />
è immersa nel mondo del consumismo<br />
globale, della replicabl<strong>it</strong>à delle merci<br />
d’acquistare. Chissà se cì sono ancora<br />
netturbini che creano il proprio badile<br />
unendo un vecchio cartello stradale con<br />
un manico di scopa. Le frange di irriducibili,<br />
non dimentichiamolo, sono dure a morire.<br />
Rossano Astremo<br />
Ancora un anno<br />
Salvatore Toma<br />
Capone Ed<strong>it</strong>ore<br />
Sono passati vent’anni dalla morte di Salvatore<br />
Toma, poeta magliese scomparso<br />
tragicamente all’età di 36 anni, nel 1987.<br />
Toma ha ottenuta una discreta celebr<strong>it</strong>à<br />
postuma, grazie all’interessamento di Maria<br />
Corti, che curò<br />
il “Canzoniere della<br />
morte”, una sorta<br />
di best of, pubblicato<br />
da Einaudi<br />
nel 1999.<br />
Molti dei testi più<br />
validi presenti<br />
nella raccolta<br />
curata dalla Corti<br />
a p p a r t e n g o n o<br />
ad un volume,<br />
“Ancora un<br />
anno”, usc<strong>it</strong>o una<br />
prima volta nel 1981, ed<strong>it</strong>o da Capone,<br />
ed ora ripubblicato dallo stesso ed<strong>it</strong>ore,<br />
in occasione del ventennale della morte<br />
del poeta. Presenti in questo volume gli<br />
elementi topici della poetica di Toma,<br />
l’esaltazione della natura, contro le immani<br />
catastrofi dell’uman<strong>it</strong>à, la continua lotta<br />
tra reale e sogno e il dialogo ossessivo<br />
tra v<strong>it</strong>a e morte, dove quest’ultima non<br />
rappresenta la naturale conclusione della<br />
v<strong>it</strong>a, ma la sua esaltazione, “una sorta di<br />
energia reattiva che fa coagulare e filtrare<br />
la v<strong>it</strong>a nell’alambicco dell’esistenza”, come<br />
scr<strong>it</strong>to da Donato Valli nell’introduzione al<br />
testo: “a creare progettare ed approvare /<br />
la propria morte ci vuol coraggio! / ci vuole
30<br />
il tempo / che a voi fa paura. / Farsi fuori<br />
è un modo di vivere / finalmente a modo<br />
proprio / a modo vero”. Toma, in v<strong>it</strong>a,<br />
non ebbe rapporti semplici con l’ed<strong>it</strong>oria<br />
che contava. Tutte le sue raccolte, infatti,<br />
sono state pubblicate da piccoli ed<strong>it</strong>ori.<br />
Scrive Maurizio Nocera, nella pagina di<br />
presentazione di questa nuova edizione<br />
di “Ancora un anno”: “La silloge “Ancora<br />
un anno” fu per Toma uno dei suoi libri<br />
dal percorso più difficile. Non si trovava<br />
modo di farlo pubblicare. Venne rifiutato<br />
praticamente da tutti gli ed<strong>it</strong>ori ai quali<br />
Totò lo inviò. Per di più ci fu qualcuno, come<br />
ad esempio Maurizio Cucchi, all’epoca<br />
responsabile della collana poetica della<br />
Mondatori che non solo lo osteggiò ma<br />
trovò modo di rispondere al poeta in<br />
modo alquanto sgarbato”. Toma è stato<br />
un poeta discontinuo. Alternava poesie<br />
di grande valore immaginifico, pure perle<br />
liriche, a testi poco efficaci. Siamo certi<br />
che il rifiuto di Cucchi sia legato a logiche<br />
estetiche e non “terr<strong>it</strong>oriali”. Ciò che è vero<br />
è che Maria Corti dovette far passare per<br />
suicida per riuscire a pubblicarlo postumo<br />
da Einaudi. Venne, invece, stroncato da<br />
una cirrosi epatica.<br />
Rossano Astremo<br />
La Lunga<br />
Roberto Perrone<br />
Garzanti<br />
La lunga è, per i giornalisti, il turno notturno<br />
di lavoro in redazione. Ed è anche il t<strong>it</strong>olo<br />
del secondo romanzo di Roberto Perrone,<br />
da 25 anni cronista sportivo del Corriere<br />
della sera. Il libro è (forse) una sorta di<br />
autobiografia, dato che il protagonista<br />
lavora da decenni nella redazione sportiva<br />
di un quotidiano nazionale di Milano<br />
e proviene dalla Liguria, proprio come<br />
l’autore. Giacinto Mortola, questo il suo<br />
nome, è un uomo m<strong>it</strong>e e felice, sposato e<br />
con due figli grandi, che ev<strong>it</strong>a il confl<strong>it</strong>to<br />
perché non vuole essere affl<strong>it</strong>to dai sensi<br />
di colpa. Nel suo giornale non ha fatto<br />
carriera, è da sempre un redattore ordinario.<br />
Ma a lui è sempre andato bene così. E per<br />
Le Orme: Il m<strong>it</strong>o, la storia, la leggenda<br />
Oronzo Balzano<br />
Bastogi Ed<strong>it</strong>ore<br />
Grave pecca quella della saggistica<br />
musicale <strong>it</strong>aliana, cioè non aver<br />
dedicato una coerente e scientifica<br />
retrospettiva ad uno dei gruppi più<br />
rappresentativi del rock made in Italy.<br />
Finalmente il vuoto è stato colmato da<br />
Oronzo Balzano, insegnate, giornalista<br />
musicale ed ex direttore della fanzine<br />
ufficiale delle Orme. Il libro in questione<br />
rivela motivi, arcani e storici, lungo<br />
quaranta anni di eventi. Passando<br />
dal primo Ad Gloriam, manifesto<br />
beat-psichedelico del nostro paese, a<br />
Collage monumento del progressive<br />
nostrano. Felona e Sorona, primo<br />
concept album <strong>it</strong>aliano. La svolta<br />
di Florian, opera emancipata dagli<br />
archetipi del rock, in cui le Orme si<br />
proposero come quartetto da camera,<br />
imbracciando strumenti classici. Fino<br />
ai tentativi sanremesi, la parentesi<br />
semplicistica di Venerdì e la fase degli screzi artistici; quindi, al r<strong>it</strong>orno progressivo della<br />
trilogia Il Fiume, Elementi e L’Infin<strong>it</strong>o. Insomma una retrospettiva completa in tutti gli<br />
aspetti, e che rileva su tutto la partecipazione emotiva dell’autore nei confronti della<br />
band.<br />
Nicola Pace<br />
Coolibrì<br />
questo motivo è<br />
odiato dal capo,<br />
il responsabile<br />
dello sport, un<br />
arrivista che non<br />
sopporta chi non<br />
ha ambizioni.<br />
Abbiamo quindi i<br />
due antagonisti:<br />
l’eroe m<strong>it</strong>e e lo<br />
stronzo. E poi c’è<br />
Simone Perasso,<br />
amico di Mortola,<br />
un ex calciatore di serie C, morto in un<br />
incidente stradale proprio la notte in<br />
cui l’eroe è di lunga. Da quella notte<br />
parte il racconto di trent’anni di v<strong>it</strong>a e di<br />
giornalismo. Da sempre pieno di stronzi,<br />
gente per bene, colpi di culo e storie da<br />
raccontare.<br />
Ludovico Fontana<br />
Il rimedio perfetto<br />
Lucrezia Lerro<br />
Bompiani<br />
Con Il rimedio perfetto, Lucrezia Lerro -<br />
poetessa trentenne alla sua seconda prova<br />
narrativa - ci porta in una storia dove disagio<br />
ed inquietudine esistenziale coincidono<br />
con un tessuto sociale degradato, quasi<br />
prim<strong>it</strong>ivo e a tratti<br />
surreale. Se non<br />
fosse per il nome<br />
delle cose, intorno:<br />
il camioncino con<br />
la scr<strong>it</strong>ta Algida,<br />
la felpa della<br />
Parmalat, la Singer<br />
della madre,<br />
cadremmo in un<br />
tempo straniato,<br />
fiabesco. Tuttavia<br />
le conseguenze<br />
s i g n i f i c a n t i<br />
che fanno la fiaba permangono e<br />
si addensano nel racconto. È come<br />
Cenerentola, la protagonista, messa al<br />
lato dalla v<strong>it</strong>a! “Un’Alice, senza nessuna<br />
meraviglia intorno” se non lo squallore<br />
di una Campania, densa di pioggia e<br />
d’umido, di pidocchi e di cimici, r<strong>it</strong>ratta<br />
dopo il terremoto del 1980. Solo i dolci la<br />
consolano. Se li procura, con astuzia e<br />
determinazione rubando e ingannando i<br />
commercianti, nascondendosi in pertugi<br />
improbabili, costruendosi un mondo (quasi)<br />
parallelo di incanti impossibili che l’aiutano<br />
a resistere. “Dovevo raggiungere presto il
Coolibrì<br />
mio nascondiglio. Solo lì mi sentivo al sicuro,<br />
solo lì, sotto le scale. …Rubavo e andavo a<br />
nascondermi, poi mi torturavo i capelli per<br />
ore senza sapere perché.”<br />
Ma bisognerà pur fuggire, un giorno, per<br />
cercar fortuna e riscatto, crescere per<br />
essere capaci di trovare rimedio. Per fare<br />
la v<strong>it</strong>a, V<strong>it</strong>a!<br />
Alleva gli occhi al bene Alice in un ordinario<br />
anaffettivo, crudo e privo di pietas lei trova<br />
l’amore. L’amore, “il rimedio di tutto”.<br />
La costruzione della sua ‘fuga’ è<br />
un percorso di accoglimento e di<br />
comprensione del disagio degli altri. C’è la<br />
nonna-Strega, che violenta ed autor<strong>it</strong>aria<br />
porta avanti la famiglia. La madre, la<br />
Rossa la chiamavano, che cuce e tesse<br />
amori: tanti, segreti, tutti unici, raccontati<br />
dentro corsivi-lettere che attraversano<br />
il libro. Il padre considerato lo scemo del<br />
paese che “non sapeva cosa farsene del<br />
tempo” dice di sé: “Io non sono pazzo,<br />
sono soltanto malinconico”. Le sorelle che<br />
la ignorano, la escludono con cattiveria<br />
dalla loro v<strong>it</strong>a e la maestra che la umilia<br />
in ogni modo. Una v<strong>it</strong>a di resistenze, una<br />
v<strong>it</strong>a di perd<strong>it</strong>e nella perenne mancanza<br />
d’una quiete certa. Una v<strong>it</strong>a che intreccia<br />
sol<strong>it</strong>udini dove la “felic<strong>it</strong>à è non pensare”<br />
e la v<strong>it</strong>a si fa nella fuga. Staccarsi, andare,<br />
slegare i destini. Farsi forti è nella pena del<br />
crescere, trattenere il dolore “nel groviglio<br />
dei ricordi” per quel germoglio che prima o<br />
poi muterà destino e v<strong>it</strong>a.<br />
Un libro crudo e crudele e insieme pos<strong>it</strong>ivo,<br />
che incoraggia!<br />
Mauro Marino<br />
Pierluigi Panza<br />
Il digiuno dell’anima<br />
Bompiani<br />
Lei è la “prima”<br />
a n o r e s s i c a<br />
di Milano,<br />
n e s s u n o<br />
riuscirà a dare<br />
un nome al<br />
suo male. Era<br />
la ragazza che<br />
non si era mai<br />
sent<strong>it</strong>a amata<br />
come avrebbe<br />
voluto.<br />
Una madre<br />
ed una figlia<br />
ab<strong>it</strong>ano le<br />
pagine de<br />
“Il digiuno dell’anima”, nell’immobil<strong>it</strong>à<br />
di un interno borghese. Un ‘decoro’ che<br />
sgomenta: tutto è in ordine, immutabile,<br />
puro, ‘santo’. La famiglia recinto, la famiglia<br />
che scorda l’essenziale emozionale<br />
rifugiandosi nelle regole, nelle consuetudini,<br />
nel vuoto che solo la malattia altera,<br />
trasgredendo ogni decenza, ogni possibile<br />
difesa. Una storia tragica ma anche per<br />
molti versi paradossale quando saggiamo<br />
l’ostinazione e la determinazione di chi<br />
sceglie di ‘affamarsi’.<br />
Abbiamo letto molte storie di anoressia.<br />
Racconti di donne che scrivono il loro<br />
calvario, questa volta è un uomo ad<br />
accompagnarci in quel labirinto di ossessioni.<br />
Pierluigi Panza ci racconta la storia di una<br />
adolescente - lo fa in prima persona, come<br />
in un diario - lasciandola per scelta senza<br />
nome. “Anche se naturalmente si tratta di<br />
L’ABISSO DI GIANLUCA MOROZZI<br />
Sabato 14 <strong>luglio</strong> la Notte Bianca di Melpignano osp<strong>it</strong>a anche<br />
Gianluca Morozzi. Bolognese classe 1971, è uno dei più<br />
interessanti e apprezzati scr<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani. Negli ultimi anni la sua<br />
produzione è frenetica e coinvolge due case ed<strong>it</strong>rici Fernandel<br />
e Guanda. Con la prima Ha pubblicato il romanzo d’esordio<br />
Despero (2001), le raccolte Luglio, agosto, settembre nero<br />
(2002), Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere<br />
di aver fatto, però le ho fatte (2003) e Accecati dalla luce<br />
(2004). Nel 2006, insieme a Paolo Alberti ha scr<strong>it</strong>to il romanzo<br />
calcistico Le avventure di zio Savoldi e, in collaborazione con<br />
il disegnatore Squaz, il suo primo fumetto, Pandemonio. Per<br />
l’ed<strong>it</strong>ore Guanda ha pubblicato nel 2004 il romanzo Blackout,<br />
nel 2005 L’era del porco e nel 2006 L’Emilia o la dura legge della musica. Recentemente<br />
ha partecipato con un racconto a Mordi&Fuggi. Sedici racconti per evadere dalla<br />
Taranta della salentina Manni e ha dato alle stampe, sempre per Fernandel, L’abisso.<br />
Il protagonista dell’Abisso, nel suo tentativo di costruirsi una v<strong>it</strong>a parallela a quella<br />
reale, sembra non voler mai “diventare grande”. Tutta la sua storia è un tentativo di<br />
rimandare le responsabil<strong>it</strong>à e le scelte della v<strong>it</strong>a adulta. È una scelta voluta?<br />
Gabriele è cresciuto convinto di essere un genio, uno destinato a cose grandi, a un<br />
destino meraviglioso. Per quello si tiene tutte le strade aperte: quando la cosa grande<br />
verrà a cercarlo, qualunque essa sia, dovrà trovarlo libero, svincolato da lavori, mogli,<br />
figli...C’è anche da dire che Gabriele, dopo l’incidente, ha una testa che viaggia su<br />
binari tutti suoi...<br />
Fino a che punto ti riconosci in Gabriele, il protagonista de L’abisso?<br />
Come con altri miei personaggi, tipo Kabra o Lajos, ci sono cose in cui mi riconosco<br />
e altre che mi sono estranee. La s<strong>it</strong>uazione familiare di Gabriele, il rapporto con la<br />
madre, le sue origini in un paesino di montagna, sono elementi a me estranei. La<br />
vicenda univers<strong>it</strong>aria invece mi è un po’ più familiare. Sono stato iscr<strong>it</strong>to per undici<br />
anni a giurisprudenza e non mi sono laureato... Anch’io come Gabriele, ai tempi delle<br />
medie, ho avuto una cresc<strong>it</strong>a improvvisa che mi ha trasformato in uno spilungone<br />
goffo e dinoccolato che i compagni di classe chiamavano Zombie. E anch’io una<br />
volta sono stato invest<strong>it</strong>o da un’auto durante una g<strong>it</strong>a scolastica, a Mantova, in terza<br />
media. Qualche tempo fa ho presentato un libro nel terrazzo di un caffè all’aperto<br />
che si affacciava proprio sul punto in cui sono stato invest<strong>it</strong>o. Poi, be’, mi sa che<br />
anch’io sono cresciuto convinto di essere un genio destinato a qualcosa di speciale.<br />
Ho cominciato un po’ a dub<strong>it</strong>arne solo quando sono arrivato a ventinove anni, con<br />
ancora due esami alla laurea, senza un soldo e con tre miseri racconti pubblicati in<br />
dieci anni di tentativi... poi ci ho creduto di nuovo sub<strong>it</strong>o dopo.<br />
Sullo sfondo del tuo romanzo c’è ancora una volta Bologna. Questa scelta dipende solo<br />
dalla tua confidenza con la c<strong>it</strong>tà oppure Bologna racchiude in sé delle caratteristiche<br />
che la rendono una perfetta “protagonista”?<br />
Bologna è una c<strong>it</strong>tà estremamente duttile, e uno sfondo perfetto per le mie storie.<br />
Serve uno sfondo per una storia di band che provano ad emergere dalle cantine?<br />
Bologna è piena di band e di cantine! Una storia di movimenti studenteschi, di<br />
manifestazioni di piazza dopo il G8 o l’11 settembre? Non lo devo neanche dire. Una<br />
storia che si svolge nell’ascensore di un palazzo di periferia in una c<strong>it</strong>tà deserta per<br />
l’estate? Basta andare in periferia, a Borgo Panigale... Questa storia in particolare, poi,<br />
ha come fulcro l’univers<strong>it</strong>à ... e non poteva svolgersi che qui.<br />
Il finale è aperto. Prelude forse a un segu<strong>it</strong>o?<br />
La vicenda di Gabriele, per quanto mi riguarda, termina qui. Questo romanzo è un<br />
po’ la chiusura di un ciclo, per me, l’esorcismo finale agli undici anni assurdi che ho<br />
passato a studiare codici e leggi senza motivo e senza voglia, e a tutte le storie che ho<br />
arch<strong>it</strong>ettato in quegli anni passati a trascinarmi carico di libri tra le biblioteche e le sale<br />
studio notturne... una delle quali, appunto, era la vicenda de L’abisso. In compenso,<br />
oltre all’apparizione di un certo surreale personaggio che già era comparso e di<br />
nuovo comparirà (un edicolante pazzo sosia di Nicholas Cage, convinto di essere un<br />
supereroe) c’è una vicenda che a un certo punto si intreccia con quella di Gabriele in<br />
modo quasi incongruo... quella della ragazza intenzionata a dare la caccia al Corvo<br />
che ha ucciso la sua amica. Ecco, quella storia continuerà altrove. Decisamente.<br />
La scr<strong>it</strong>tura ancora una volta è divertente, e in più di un’occasione riesce a strappare<br />
un sorriso anche davanti a s<strong>it</strong>uazioni cr<strong>it</strong>iche. È un tuo tentativo per sdrammatizzare o<br />
è di nuovo la testimonianza dell’incapac<strong>it</strong>à del protagonista di prendere coscienza<br />
della propria s<strong>it</strong>uazione?<br />
Un po’ ho cercato di sdrammatizzare, non volevo che questo fosse un romanzo alla<br />
Blackout... anche se alcune scene, tipo quella con Scaglia, quella di notte in casa<br />
della madre o la corsa finale contro il tempo sono abbastanza ansiogene. Però c’è<br />
anche il fatto che Gabriele ha una testa stranissima, un cervello borderline, capace di<br />
intuizioni geniali ma anche di scivolate clamorose... sembra quasi che si renda conto<br />
solo a interm<strong>it</strong>tenza della s<strong>it</strong>uazione in cui si è cacciato, e solo quando è realmente<br />
con le spalle al muro. (per l’intervista si ringrazia l’ufficio stampa Fernandel)<br />
31
32<br />
Coolibrì<br />
una ricostruzione, ho conosciuto questa<br />
ragazza, l’ho frequentata per molti anni e<br />
ho avuto modo di accedere ai suoi diari,<br />
su questo ho costru<strong>it</strong>o il romanzo” spiega<br />
Panza. L’autore non vuole rivelare se la<br />
ragazza cui si ispira la storia è ancora viva,<br />
la protagonista del romanzo muore dopo<br />
trent’anni di dolore nei pressi di Siena, la<br />
c<strong>it</strong>tà di quella Santa Caterina per cui la<br />
ragazza ha una vera ossessione.<br />
Milano rimane il centro della vicenda, una<br />
Milano ai tempi completamente colta alla<br />
sprovvista dalla malattia: “La popolazione<br />
comune nemmeno sapeva esistesse<br />
l’anoressia. I giornali non ne parlavano.<br />
Casi conclamati non emergevano.<br />
Non esistevano ospedali specializzati.<br />
Era il dopoguerra e per i primi borghesi<br />
alfabetizzati su larga scala che uscivano<br />
dall’universo della povertà, era davvero<br />
difficile pensare che il ‘non mangiare’ fosse<br />
una malattia”.<br />
Ora, a quarant’anni di distanza dall’inizio<br />
della storia narrata ne “Il digiuno<br />
dell’anima”, le psicopatologie legate ai<br />
disturbi alimentari sono così diffuse ed<br />
estese che è facile riconoscerle. Ma non<br />
altrettanto facile curarle e avvicinarle,<br />
almeno secondo Panza: “Sono contrario<br />
ai messaggi incoraggianti dei sopravvissuti.<br />
Negli elementi giovanili e più deboli ha<br />
l’effetto contrario a quello che si vuole<br />
ottenere: induce a pensare che si possa<br />
passare attraverso l’inferno, uscirne vivi<br />
e diventare protagonisti del mondo<br />
dei media. Inoltre i centri specializzati<br />
continuano ad essere pochissimi, privati<br />
e molto costosi anche se quelli di Milano<br />
sono tra i più avanzati. Inoltre sono gli stessi<br />
anoressici a non voler essere classificati:<br />
continuano, oggi come allora, a passare<br />
da gastroenterologia a psichiatria a<br />
neurologia. Il loro gioco fantastico, che è<br />
parte della malattia, consiste proprio nello<br />
sfuggire ad ogni classificazione”.<br />
Le dichiarazioni di Pierluigi Panza sono tratte<br />
da un’articolo di Stefania V<strong>it</strong>elli apparso su<br />
“Il Giornale” (11.06.2007).<br />
Mauro Marino<br />
100 dischi ideali per capire il<br />
rock<br />
Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi<br />
Ed<strong>it</strong>ori riun<strong>it</strong>i<br />
Il rock migliora la v<strong>it</strong>a. Con questa<br />
affermazione si apre 100 dischi ideali<br />
per capire il rock di Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi<br />
pubblicato da ed<strong>it</strong>ori riun<strong>it</strong>i. Cinque<br />
decenni in cento album raccontati<br />
minuziosamente. Quelli che ti aspetti ci sono<br />
tutti, i classici senza tempo di Dylan, Beatles,<br />
Rolling Stones. Ma poi c’è anche l’altro<br />
lato del rock, quello meno appariscente<br />
ma ugualmente e a volte addir<strong>it</strong>tura più<br />
influente. Ci sono i The flying burr<strong>it</strong>o bros<br />
country rock ancor prima dei più famosi<br />
Eagles, gli impronunciabili Lynyrd skynyrd<br />
(nella foto) inventori della celeberrima<br />
Sweet home Alabama ma anche dischi<br />
che sono entrati nella rosa degli scelti per<br />
il loro impatto commerciale. Il libro si legge<br />
piacevolmente, approfondisce a dovere e<br />
può essere letto a balzi e mozzichi. Formato<br />
ad albo rinnovato e arricch<strong>it</strong>o rispetto alla<br />
precedente edizione. Forse alla ed<strong>it</strong>ori<br />
riun<strong>it</strong>i hanno cap<strong>it</strong>o che ai feticisti di dischi<br />
e copertine piacciono anche i bei libri.<br />
O.P.
Coolibrì<br />
Da anni ormai i festival letterari si sono trasformati in vetrine<br />
tanto fastose quanto uniformi, che monopolizzano per giorni la<br />
v<strong>it</strong>a della c<strong>it</strong>tadina osp<strong>it</strong>e, e fondano sul libro un ipermercato<br />
a cielo aperto, spalmato a volte lungo le vie caratteristiche, le<br />
piazze più o meno centrali, i palazzi di storica importanza, altre<br />
sedimentato in spazi appos<strong>it</strong>i e a dir fantascientifici. Il r<strong>it</strong>orno<br />
commerciale di questo esibizionismo culturale è cosa risaputa, e<br />
detiene il suo gradevole potere sulle attiv<strong>it</strong>à ricettive e non del<br />
luogo, ma anche e soprattutto sui colossi, spesso bancari, che<br />
finanziano e sostengono il progetto alla sua origine. Con il risultato<br />
che si viene a smarrire il propos<strong>it</strong>o “di facciata” dell’evento, che<br />
fa emergere la sua apparente intenzione progettuale alla prima<br />
- e al massimo seconda - edizione, per poi piegare la diffusione<br />
della lettura, la divulgazione dei testi e la conoscenza degli autori<br />
alle regole asentimentali del mercato-spettacolo. Esiste però una<br />
resistenza - che si manifesta soprattutto con l’arrivo dell’estate -<br />
che passa attraverso associazioni culturali e gruppi di animazione<br />
sociale, e pensa e realizza residenze bibliofile a onesta misura<br />
di lettore. Risponde così allo sconcio osceno del libro in fiera, e<br />
riporta chi scrive, chi legge e chi pubblica ad un rapporto più<br />
autentico e prezioso, a distanza interminabile dalle ident<strong>it</strong>à<br />
fabbricate dell’autore-personaggio, del lettore-consumatore,<br />
dell’ed<strong>it</strong>ore- attore economico. Doveroso, dopo tale premessa,<br />
il suggerimento di incontro con alcune di queste realtà di<br />
contrasto, poche in ver<strong>it</strong>à, ma fermamente e dign<strong>it</strong>osamente<br />
differenti. Due, davvero di qual<strong>it</strong>à, a pubblicazione avvenuta<br />
risultano già svolte, ma mer<strong>it</strong>ano lo stesso di essere menzionate.<br />
Dall’8 al 10 giugno, infatti, il collettivo cagliar<strong>it</strong>ano Chourmo ha<br />
organizzato il Festival di Letterature Applicate Marina Cafè Noir,<br />
gioco letterario alla sua terza edizione, accolto dalla geografia<br />
popolare di un quartiere, che qui realizza e promuove reti di<br />
relazioni, animazioni, rielaborazioni, attorno alla creativ<strong>it</strong>à che<br />
consegue all’atto del leggere. In un intreccio festoso di talenti,<br />
suggestioni e contaminazioni, si riscopre e celebra la lettura<br />
condivisa, e il libro e la sua storia confessano il loro essere<br />
pieno strumento sociale. Quest’anno la manifestazione sarda<br />
è stata dedicata agli eroi, ai migranti, ai pirati, figure di intensa<br />
e pericolosa insinuazione, aprendo il confronto sul patrimonio<br />
comune di storie nere e di coraggio, che possono riportare la<br />
coscienza ad una fierezza antica, ad una necessaria mil<strong>it</strong>anza.<br />
Dal 9 giugno al 1 <strong>luglio</strong>, continuando, l’associazione culturale<br />
Lupus in fabula di Palestrina ( Roma) ha curato il Premio Albatros<br />
per la Letteratura da Viaggio, “kermesse di incontri, spettacoli<br />
e convegni sui temi e i luoghi del viaggiare”, accolti, vissuti ed<br />
osservati dalla prospettiva particolare del lettore in movimento.<br />
Grande attenzione all’opera del reporter-scr<strong>it</strong>tore recentemente<br />
scomparso Kapuscinski, con incontri curati da giovani e studenti<br />
sui modi del viaggio di denuncia, che richiede e conduce ad<br />
una convivenza stretta con la questione sociale del momento.<br />
Evento centrale del Premio la presentazione di Man<strong>it</strong>uana di Wu<br />
Ming, segu<strong>it</strong>a dalla lettura scenica 54 a cura dello stesso collettivo<br />
bolognese con Yo Yo Mundi e l’attore teatrale Fabrizio Pagella.<br />
All’interno della manifestazione musicale toscana Italia Wave<br />
Love Festival (ex Arezzo Wave) in programma dal 17 al 22 <strong>luglio</strong> a<br />
Sesto Fiorentino, segnalo il Word Stage, una dimensione letteraria<br />
di quattro giorni che potrebbe cost<strong>it</strong>uire senza imbarazzo una<br />
realtà a sé, indipendente dal contesto che la osp<strong>it</strong>a come taglio<br />
parallelo. Anche in questo caso, attesissima il 18 la presentazione<br />
di Man<strong>it</strong>uana, segu<strong>it</strong>a però da un’anteprima assoluta: Pontiac,<br />
lettura-concerto curato da Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga),<br />
che racconta la sollevazione indiana del 1763 contro la Corona<br />
Br<strong>it</strong>annica. Il 19, altro reading in musica: Il pellegrino dalle braccia<br />
d’inchiostro, di Enrico Brizzi e Numero6, che nell’incontro tra il<br />
giovane autore e la band fenomeno dell’indie rock di casa<br />
nostra narra il suggestivo pellegrinaggio lungo la via Francigena,<br />
33<br />
percorsa dai viandanti medievali, e attraversata di recente dallo<br />
stesso Brizzi. Non solo nuove forme letterarie al Word Stage, ma<br />
anche tanta tradizione: un’intera giornata, quella del 19 <strong>luglio</strong>,<br />
sarà infatti dedicata alla rivalutazione ed alla valorizzazione<br />
dell’ottava rima, con un laboratorio di lettura e studio delle forme<br />
originarie, e di recupero dalle tecniche di improvvisazione lirica,<br />
che evolveranno in un passaggio affascinante tra l’atto del leggere<br />
e la manifestazione vocale cantata, aperto a chiunque voglia<br />
cimentarsi con la poesia in ottava e i suoi incantevoli contrasti.<br />
Tutti i giorni , inoltre, presso lo Speak Corner qualsiasi autore <strong>it</strong>aliano<br />
potrà presentare al pubblico la sua opera, rigorosamente in soli<br />
20 minuti, curando in modo autonomo lo spazio di promozione.<br />
Nella giornata conclusiva del Festival, infine, dal mattino fino al<br />
tardo pomeriggio lettura collettiva de Il giovane Holden: chi lo<br />
desidera potrà leggere per cinque minuti un brano del celebre<br />
romanzo di Salinger, passandosi il testimone con gli altri presenti,<br />
in una ideale staffetta a voce alta. Dal 31 agosto al 2 settembre<br />
ad Anghiari in provincia di Arezzo si svolge invece la seconda<br />
edizione di C<strong>it</strong>tà e Paesi in Racconto – Narratori per Diletto, a cura<br />
della Libera Univers<strong>it</strong>à dell’Autobiografia. Da tempo, e grazie<br />
all’instancabile rianimatore del ricordo Duccio Demetrio, il piccolo<br />
centro toscano investe sulla memoria dei terr<strong>it</strong>ori, ricercando e<br />
rintracciando luoghi e uomini in permanente esercizio rievocativo,<br />
che traducano in scr<strong>it</strong>tura la testimonianza della propria realtà<br />
locale, e in libro la tensione verso la necess<strong>it</strong>à della divulgazione.<br />
“La manifestazione sarà dunque caratterizzata e centrata su testi<br />
autobiografici pubblicati dalla piccola e piccolissima ed<strong>it</strong>oria,<br />
spesso supportata dalle ist<strong>it</strong>uzioni locali, con lo scopo di valorizzare<br />
e coinvolgere i terr<strong>it</strong>ori e i paesi che emergono dai testi e dagli<br />
autori presentati.” Teatro antico di tutti gli incontri, lo splendore<br />
del borgo medievale. Per concludere, il Collettivo Libertario di<br />
Firenze riporta l’attenzione sul canale dell’ed<strong>it</strong>oria, definendolo<br />
però nella specific<strong>it</strong>à degli studi anarchici. Dal 7 al 9 settembre il<br />
capoluogo toscano sarà infatti spazio d’adozione per la Vetrina<br />
dell’Ed<strong>it</strong>oria Anarchica e Libertaria, che consentirà al pubblico già<br />
legato a questi temi - ma anche e soprattutto a quello più curioso<br />
e smaliziato - di stabilire un contatto con l’enorme produzione<br />
in amb<strong>it</strong>o di ricerca e narrativa sociale, maltrattata dalla<br />
distribuzione ordinaria, ma custod<strong>it</strong>a con cura speciale da chi<br />
ne sostiene le idee ard<strong>it</strong>e eppure rigorose, e i gravami economici<br />
non indifferenti. Termina qui questo vagabondaggio breve tra le<br />
possibil<strong>it</strong>à “oltre Mantova” e il suo Festival Letteratura settembrino.<br />
Occasioni – quelle qui raccolte - di relazione profonda e di valore<br />
con la lettura intesa come atto pol<strong>it</strong>ico, nonché contesti ed insieme<br />
pretesti per vigilare sul proprio essere- e sul poter continuare ad<br />
essere- lettore autonomo e consapevole.<br />
Stefania Ricchiuto- Il Passo del Cammello
34<br />
Cart’armata edizioni è un nome<br />
mil<strong>it</strong>ante, che richiama una scr<strong>it</strong>tura<br />
sempre all’erta ed agguerr<strong>it</strong>a. Nasce a<br />
Milano nel 1994 dalla passione – e dalla<br />
cocciutaggine - di una combriccola<br />
di giornalisti impegnati nel sociale, che<br />
prima ha dato v<strong>it</strong>a ad un giornale, e<br />
poi ha incominciato a pubblicare libri<br />
coraggiosi e spesso impopolari.<br />
La vostra storia nasce con Terre di mezzo,<br />
il giornale di strada dedicato ai temi del<br />
disagio sociale, venduto da persone<br />
in difficoltà. Proporre per marciapiedi,<br />
angoli e stazioni un prodotto ed<strong>it</strong>oriale<br />
dai contenuti importanti non deve essere<br />
stato facile. Qual è stata l’accoglienza<br />
iniziale della c<strong>it</strong>tà di Milano verso la<br />
vostra idea?<br />
In realtà Terre di mezzo era stato<br />
presentato in conferenza stampa in<br />
contemporanea a Roma e a Milano,<br />
e la vend<strong>it</strong>a aveva avuto inizio non<br />
solo in queste due c<strong>it</strong>tà, ma anche a<br />
Trieste, Genova ed altri centri importanti.<br />
L’accoglienza dovunque è stata fin da<br />
sub<strong>it</strong>o molto buona, e per anni la vend<strong>it</strong>a<br />
per strada ha potuto contare anche su migliaia di copie vendute.<br />
Il risultato è stato ed è spesso legato alle condizioni del tempo: se<br />
piove o fa freddo si vende di meno. Ma l’attenzione della strada<br />
verso le nostre proposte rimane anche oggi piuttosto alta.<br />
Affidare la vend<strong>it</strong>a per strada esclusivamente a persone immigrate<br />
può portare a volte allo sgradevole connubio “migrante-lavoro<br />
umile”. Avete mai avuto dei dubbi su questa scelta?<br />
Mai, anche perché non è stata una scelta premed<strong>it</strong>ata. Devo<br />
premettere che Terre di mezzo è nato ispirandosi ad altre<br />
esperienze, come quella del The big issue, distribu<strong>it</strong>o in Inghilterra<br />
e Scozia attraverso una rete di vend<strong>it</strong>ori di strada. Quando<br />
abbiamo realizzato il giornale, ci siamo posti il problema di come<br />
rintracciare possibili vend<strong>it</strong>ori per la creazione di una rete simile.<br />
Abbiamo inser<strong>it</strong>o un annuncio di offerta lavoro, e per caso hanno<br />
risposto quasi esclusivamente persone immigrate, che non sono<br />
state “cercate”, quindi, ma “trovate”. Dopo, non ci siamo orientati<br />
verso la ricerca di vend<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani solo per non sottrarre lavoratori<br />
all’altro giornale di strada in vend<strong>it</strong>a a Milano, “Scarp de’ tenis”,<br />
voce dei senza fissa dimora. Devo aggiungere, in ultimo, che<br />
in paesi come il Senegal la vend<strong>it</strong>a dei giornali per la strada è<br />
considerato un lavoro ordinario, assolutamente dign<strong>it</strong>oso, e non<br />
saltuario o “di emergenza” come qui da noi.<br />
Oggi potete contare su uno spazio discreto ma concreto nelle<br />
librerie. Eppure il vostro tratto distintivo rimane la vend<strong>it</strong>a per la<br />
strada, non solo del giornale ma anche dei libri. Perché?<br />
Per il settore libri ci siamo avvalsi fin dall’inizio della distribuzione<br />
tradizionale. Ma dato che siamo nati per la strada, non aveva<br />
senso rinunciare a quel canale, anche perché avrebbe significato<br />
abbandonare i nostri distributori, che spesso vendono più libri che<br />
copie del giornale. Abbiamo voluto custodire un’opportun<strong>it</strong>à<br />
di lavoro, insomma, ed anche conservare la visibil<strong>it</strong>à verso quel<br />
pubblico che non entra nelle librerie.<br />
La vostra realtà è una delle poche, tra quelle che si definiscono<br />
piccole ed autonome, a non ricevere per scelta alcun<br />
sovvenzionamento ist<strong>it</strong>uzionale. In più, Cart’armata è una srl di<br />
proprietà degli stessi giornalisti-ed<strong>it</strong>ori. È questa la ricetta per<br />
essere realmente indipendenti?<br />
Non so se sia una ricetta valida per tutti, certo lo è stata per<br />
noi. L’ed<strong>it</strong>oria piccola ed autonoma è un settore delicato, che<br />
spesso vede nascere realtà costru<strong>it</strong>e ad hoc proprio per poter<br />
Coolibrì<br />
attingere dai finanziamenti pubblici.<br />
Di sicuro, avremmo potuto cost<strong>it</strong>uire<br />
una società cooperativa, con<br />
tutti i vantaggi del caso. Ma non<br />
l’abbiamo voluto fare.<br />
Come selezionate le opere che<br />
compaiono nella vostra collana<br />
di narrativa? È sufficiente che lo<br />
sviluppo della storia testimoni<br />
l’emarginazione, il disagio, la cultura<br />
“di periferia”, o c’è attenzione da<br />
parte vostra anche verso i modi del<br />
narrare?<br />
C’è sicuramente attenzione<br />
verso certi temi, con uno sguardo<br />
notevole alla scr<strong>it</strong>tura. Cerchiamo<br />
prima di tutto delle storie - questo<br />
è vero - che richiamino i problemi<br />
dell’integrazione o della lotta alla<br />
povertà, ma mai a discap<strong>it</strong>o della<br />
qual<strong>it</strong>à letteraria. Un nostro autore,<br />
Daniel Alarcòn, di origine peruviana<br />
ma trasfer<strong>it</strong>osi negli Stati Un<strong>it</strong>i, ha<br />
recentemente vinto il Wh<strong>it</strong>ng Wr<strong>it</strong>er’s<br />
Award, un premio prestigiosissimo,<br />
ed è risultato finalista all’Hemingway<br />
Foundation/PEN Award.<br />
Un’intera collana, Percorsi, è dedicata ai cammini spir<strong>it</strong>uali e non,<br />
alla ricerca in forma di pellegrinaggio, alla pratica del viandante.<br />
Com’è nata?<br />
Una delle nostre attenzioni è sempre stata rappresentata dal<br />
turismo responsabile e non invadente. I viaggi a piedi consentono<br />
di attraversare i luoghi vivendoli, senza modificare i terr<strong>it</strong>ori,<br />
e mantenendo intatto il legame con la storia del percorso. Da<br />
qui la nostra scelta di proporre delle guide di qual<strong>it</strong>à, non solo<br />
sulle esperienze più note e di richiamo spir<strong>it</strong>uale come Santiago<br />
de Compostela o la Via Francigena, ma anche sui cammini<br />
della storia, degli uomini e delle idee. Ad esempio, una nostra<br />
pubblicazione presenta i sentieri partigiani d’Italia, con sei <strong>it</strong>inerari<br />
che ripercorrono i monti e le valli della Resistenza.<br />
Tutte le vostre proposte hanno come comune denominatore<br />
”l’orientare verso la pratica”. Poca teoria - giusto il necessario -<br />
e poi tanti strumenti in forma di libro, per realizzare in concreto<br />
uno stile di v<strong>it</strong>a partecipativo, rispettoso dell’ambiente, basato<br />
sulla giustizia sociale. Allergici alle appartenenze puramente<br />
ideologiche?<br />
Siamo sicuramente distanti dall’ideologia fine a se stessa. Non ci<br />
piace proporre ricette teoriche, ma gesti quotidiani alla portata<br />
di tutti. Una nostra collana si int<strong>it</strong>ola proprio “Stili di v<strong>it</strong>a”, e mira a<br />
comunicare possibil<strong>it</strong>à di risparmio energetico, alternative all’uso<br />
dell’automobile, consigli di consumo cr<strong>it</strong>ico, ed altre dinamiche<br />
di facile approccio che permettano di attuare dei piccoli ma<br />
significativi cambiamenti. Per noi è importante.<br />
Un consiglio di lettura….<br />
Posso darne tre? Abbiamo recentemente pubblicato La<br />
Cartografia della Via Francigena, unica opera che raccoglie le<br />
mappe dettagliate del percorso da Canterbury a Roma. Poi, la<br />
Guida alle vacanze alternative, che consiglia come recuperare<br />
del tempo per sé, affiancando proposte di viaggio a corsi creativi,<br />
alcuni anche molto stravaganti. Infine, un noir: Non si uccidono<br />
così anche i cavalli? di Horace McCoy, un classico dimenticato<br />
in Italia, e da cui è stato tratto l’omonimo film di Sidney Pollack,<br />
vinc<strong>it</strong>ore di un Oscar.<br />
Stefania Ricchiuto Il Passo del Cammello
Be Cool il cinema secondo <strong>cool</strong>cub<br />
U.s.a. contro John Lennon<br />
David Leaf, John Scheinfeld<br />
Mikado<br />
La storia come è noto viene scr<strong>it</strong>ta dai<br />
vinc<strong>it</strong>ori, ma cosa accade quando a<br />
vincere nonostante tutto non è proprio<br />
nessuno? Questo devono aver pensato<br />
Leaf e Scheinfeld, nel confezionare un<br />
pregevole documentario che partendo<br />
dalla seconda metà degli anni ‘60 tenta<br />
di analizzare la conversione dell’ex-beatle<br />
John Lennon a paladino dell’antimil<strong>it</strong>arismo<br />
fino a diventare un nemico riconosciuto e<br />
combattuto dell’intera amministrazione<br />
americana. Erano gli anni delle<br />
contestazioni, del Vietnam, dei grandi<br />
ideali e di quel Richard Nixon che prima<br />
del Watergate aveva dato anima e<br />
corpo per riuscire a cacciare dal suolo<br />
americano un comunicatore avverso<br />
del calibro di Lennon. Girata grazie alla<br />
collaborazione dell’ex-compagna Yoko<br />
Ono che ha forn<strong>it</strong>o documenti ined<strong>it</strong>i<br />
e interessanti, questa pellicola si snoda<br />
attraverso immagini di repertorio e interviste<br />
ad importanti personaggi di quegli anni<br />
come Noam Chomsky e il capo delle<br />
Black Panters Bobby Seale che danno<br />
una mano ad inquadrare pol<strong>it</strong>icamente e<br />
temporalmente il periodo. Lo stile è quello<br />
di un documentario classico, senza molti<br />
fronzoli e con immagini a volte di scarsa<br />
qual<strong>it</strong>à quasi a rimarcare la volontà di<br />
andare oltre l’apparenza e di concentrarsi<br />
sul messaggio, quello di pace tanto caro<br />
a Lennon e divenuto inno con pezzi come<br />
Give peace a chance e Imagine. Cosa<br />
ha spinto Lennon e Yoko Ono (che molti<br />
considerano la causa dell’allontanamento<br />
dal gruppo del cantante) a imbarcarsi in<br />
un’avventura tanto difficile e pericolosa? E’<br />
una delle domande a cui il documentario<br />
un<strong>it</strong>amente ad elementi come la misteriosa<br />
morte del cantante, cerca di trovare<br />
una risposta mettendo sul piatto anche<br />
la sua infanzia non facile. In conclusione<br />
un prodotto ben fatto e diretto, capace<br />
di emozionare e di lanciare molte<br />
conferme (come quella dell’immortal<strong>it</strong>à<br />
dei sognatori) e un interrogativo: come è<br />
possibile che certe cose siano accadute<br />
e continuino a farlo anche in paesi che<br />
consideriamo, come gli Usa, avamposti<br />
di libertà? Certo, questo è un problema,<br />
ma forse non importa. Perché è tutto nelle<br />
nostre mani e il mondo, tutto sommato,<br />
mer<strong>it</strong>a un’altra chance.<br />
C. Michele Pierri
36<br />
Follia<br />
David MacKenzie<br />
NoShame Films<br />
Non è mai facile tradurre un romanzo in<br />
fotogrammi. Specie se si tratta di un’opera<br />
che ha appassionato i lettori. È il caso<br />
di Follia, film di David MacKenzie tratto<br />
dal libro del 1998 di Patrick MacGrath.<br />
Storia di un amore tormentato e di una<br />
passione inarrestabile, sorti tra le mura di un<br />
ospedale psichiatrico nell’Inghilterra degli<br />
anni ‘50. Follia che non solo ab<strong>it</strong>a i corridoi<br />
del manicomio e coinvolge pazienti e<br />
medici, ma sfida il vincolo matrimoniale<br />
e le convenzioni sociali. Edgar Stark è<br />
infatti un artista maledetto e uxoricida<br />
(interpretato da Marton Csokas), Stella<br />
Raphael (Natasha Richardson) la moglie<br />
del vicedirettore della struttura psichiatrica,<br />
v<strong>it</strong>tima della noia e della continua sfida<br />
con le mogli dei colleghi del mar<strong>it</strong>o. Le<br />
fila del loro rapporto amoroso sono tenute<br />
insieme dallo psichiatra che ha in cura<br />
Edgar (Ian MacKellen), che forse ama<br />
Edgar, forse ama Stella, forse ama troppo<br />
il suo lavoro. La tragedia ovviamente non<br />
si farà attendere, prenderà la forma della<br />
progressiva distruzione della personal<strong>it</strong>à di<br />
Stella e dell’apparenza di normal<strong>it</strong>à in cui<br />
si sforza di vivere.<br />
Anna Puricella<br />
Le regole del gioco<br />
Curtis Hanson<br />
Curtis Hanson si accoda a diverse decine<br />
di registi e realizza un film sul poker. È una<br />
pellicola molto realistica in cui rec<strong>it</strong>ano<br />
veri giocatori professionisti, e nella quale le<br />
voci degli speaker delle finali sono quelle<br />
di Fabio Caressa e Stefano De Grandis (i<br />
veri commentatori poker per la tv). Da ciò<br />
si può capire come il gioco sia l’essenza<br />
stessa del film che risulta avvincente<br />
soprattutto per chi è “malato” per il poker.<br />
Ma c’è un problema: l’amore. Non è facile<br />
capire, infatti, dove inserire la malandata<br />
e melensa storia sentimentale tra la<br />
cantante Billie Offer (Drew Barrymore) e<br />
il protagonista del film, il giocatore Huck.<br />
Costui, interpretato dal monoespressivo Eric<br />
Bana, è figlio d’arte e nutre rancore per il<br />
padre (un grandissimo Robert Duvall): tutto<br />
si risolverà, naturalmente sul panno verde<br />
e con le fiches in mano, non senza colpi di<br />
scena. I personaggi del film fanno venire<br />
in mente i loro omologhi di Rounders o<br />
L’uomo dal braccio d’oro, e sono persone<br />
divorate dal gioco, e i loro meccanismi<br />
mentali mettono in luce che quanto più<br />
una persona è brava con le carte tanto<br />
più ha grossi problemi a relazionarsi con gli<br />
altri fuori dalla sala da gioco. Vangelo.<br />
Villy De Giorgi<br />
Da Galatone a Specchia. Il Cinema<br />
del reale cambia c<strong>it</strong>tà ma non muta la<br />
sostanza. Dal 18 al 21 <strong>luglio</strong> torna infatti<br />
l’appuntamento, ideato e organizzato da<br />
Big Sur, immagini e visioni, con la direzione<br />
artistica del filmaker Paolo Pisanelli, che<br />
rientra nel festival Salento Negroamaro<br />
della Provincia di Lecce.<br />
La Festa di Cinema del reale è un<br />
evento dedicato agli autori e alle opere,<br />
cinematografiche e video, che offrono<br />
descrizioni e interpretazioni personali e<br />
singolari delle realtà del mondo, passate<br />
e presenti. Generi documentari differenti,<br />
confluiscono in questa “festa” in cui si<br />
proiettano film sperimentali, film-saggio,<br />
diari personali, film di famiglia, grandi<br />
reportage, inchieste storiche, narrazioni<br />
classiche, racconti frammentari…<br />
Questa quarta edizione è realizzata<br />
in collaborazione con il Consiglio<br />
Internazionale del Cinema e della<br />
Comunicazione dell’UNESCO e ha come<br />
tema le fughe nel reale di migranti,<br />
partigiane, artisti e matti.<br />
Le serate, come ogni anno, saranno<br />
dedicate ai documentari <strong>it</strong>aliani come<br />
Lettere dal Sahara del maestro V<strong>it</strong>torio<br />
De Seta, L’Orchestra di Piazza V<strong>it</strong>torio di<br />
Agostino Ferrente; Grido di Pippo Del Bono,<br />
che racconta la straordinaria esperienza di<br />
v<strong>it</strong>a e teatro vissuta dall’autore con l’attore<br />
Bobò e molti altri ancora.<br />
In due serate differenti sarà dedicato uno<br />
spazio al cinema egiziano e algerino. I<br />
film in programma sono Il pane nudo del<br />
regista algerino Rachid Benhadj (nella<br />
foto) e Yacoubian Palace del regista<br />
egiziano Marwan Hamed che offriranno<br />
Be Cool<br />
un’interessante panoramica sulla nuova<br />
generazione di cineasti che hanno<br />
contribu<strong>it</strong>o a cambiare volto e direzione<br />
all’industria cinematografica dei Paesi<br />
dell’area del Med<strong>it</strong>erraneo.<br />
Quest’anno La Festa di Cinema del<br />
Reale rende omaggio a due cineasti<br />
eccezionali: Lino Del Fra e Alberto Grifi,<br />
i cui film Fata Morgana e Verifica incerta<br />
(realizzato con Gianfranco Barucchello)<br />
saranno rispettivamente presentati<br />
dalla sceneggiatrice Cecilia Mangini e<br />
dall’attrice Alessandra Vanzi.<br />
In anteprima <strong>it</strong>aliana sarà, poi, presentato<br />
il libro di Mirko Grasso Scoprire l’Italia.<br />
Inchieste e documentari degli anni ’50<br />
(ed<strong>it</strong>ore Kurumuny) che in allegato<br />
contiene il dvd dei film Fata Morgana e Li<br />
mali mistieri di Gianfranco Mingozzi, film che<br />
sarà proiettato durante La Festa di Cinema<br />
del reale alla presenza dell’autore.<br />
Anche questa edizione di Cinema del reale,<br />
come la precedente, aderisce al DOCUDAY<br />
2007, giornata per la promozione del<br />
cinema documentario nelle piazza <strong>it</strong>aliane<br />
promossa dall’Associazione Documè -<br />
Circu<strong>it</strong>o Indipendente del Documentario.<br />
Nel corso della manifestazione avranno<br />
luogo un seminario sulla conoscenza<br />
del cinema, un incontro di riflessioni e<br />
proposte sul ruolo degli archivi audiovisivi<br />
e incontri a tema su poetiche e pratiche<br />
cinematografiche degli autori inv<strong>it</strong>ati, ai<br />
quali verrà confer<strong>it</strong>o il Premio Cinema del<br />
reale. Il gruppo 100Autori “Filmmakers”<br />
proporrà una riflessione sulla nuova legge<br />
del cinema e sulla condizione attuale del<br />
cinema <strong>it</strong>aliano.<br />
Info: www.cinemadelreale.<strong>it</strong>
CoolClub.<strong>it</strong><br />
37 A P P U N T A M E N T I
oolClub.<strong>it</strong><br />
Dal tramonto di sabato 14 all’alba di<br />
domenica 15 <strong>luglio</strong> torna per il secondo<br />
anno consecutivo Passeggiando sulla<br />
luna. La Notte bianca di Melpignano.<br />
Dall’ex convento degli Agostiniani sino in<br />
Piazza San Giorgio tutto il centro storico del<br />
piccolo comune salentino sarà costellato di<br />
incontri letterari e mostre d’arte, concerti e<br />
performance teatrali fino a spingersi verso gli<br />
ard<strong>it</strong>i r<strong>it</strong>mi dell’elettronica e alle sonor<strong>it</strong>à più<br />
rilassanti del reggae.<br />
La lunga notte parte alle 18.30 con lo spazio<br />
riservato ai più piccoli, a cura della Ludoteca<br />
Il Dado, e con la possibil<strong>it</strong>à di volare sulla<br />
Mongolfiera allest<strong>it</strong>a nella spianata del<br />
Convento degli Agostiniani.<br />
Alle 21.00 nel chiostro dell’ex Convento degli<br />
Agostinani, dove sarà allest<strong>it</strong>o un planetario,<br />
il professor Mario Bochicchio presenterà<br />
il progetto Astronet, un telescopio web<br />
collaborativo.<br />
Sub<strong>it</strong>o dopo nel piazzale del Convento<br />
il cantore e musicista salentino Antonio<br />
Castrignanò, già autore della collana sonora<br />
del film Nuovomondo di Emanuele Crialese,<br />
presenterà in anteprima assoluta il suo nuovo<br />
spettacolo Canti, cunti e migrazioni, dove<br />
parole e musica incontrano le immagini. A<br />
seguire la “musica ribelle” di Eugenio Finardi<br />
che presenterà alcuni dei suoi brani più<br />
famosi.<br />
Dalle 22.00 su via Roma la parata della<br />
Baracca dei Buffoni dà il via alle “attrazioni<br />
artistiche”. Nelle corti dei palazzi del centro<br />
storico sarà concentrata la sezione dedicata<br />
al teatro con la presenza di Piero Rapanà<br />
(Teatro Bl<strong>it</strong>z), Somnia Theatri (che presenterà<br />
lo spettacolo Salomè), Ippol<strong>it</strong>o Chiarello<br />
(Nasca. Teatri di terra), Alessandro Langiu,<br />
Marzia Quartini, le danzatrici e coreografe<br />
Cecilia Maffei e Stefania Mariano.<br />
La sezione letteratura, coordinata da Mauro<br />
Marino (Fondo Verri) e Rossano Astremo,<br />
vedrà la partecipazione di molte case<br />
ed<strong>it</strong>rici come Manni, Besa, Kurumuny, Lupo,<br />
Icaro, Pequod, Fernandel, Isbn. Tra gli osp<strong>it</strong>i<br />
Giancarlo Liviano, Luciano Pagano, Tony<br />
Sozzo. La casa ed<strong>it</strong>rice Manni presenterà<br />
in anteprima nel Salento la raccolta Mordi<br />
e Fuggi con la partecipazione di Elisabetta<br />
Liguori, Omar Di Monopoli, Livio Romano e<br />
dello scr<strong>it</strong>tore emiliano Gianluca Morozzi,<br />
autore di numerosi romanzi per Fernandel<br />
e Guanda. In Piazza San Giorgio spazio<br />
alla musica salentina e pugliese con The<br />
Yeld, Maquillabbeba, P40, Le<strong>it</strong>Motiv, 70123,<br />
Spread Your Legs. Dalla Spagna arriva il<br />
flamenco dei Chalachi. Nel corso della serata<br />
si esibiranno anche Irene Scardia, Sudivoce,<br />
Briganti di Terra d’Otranto, T’Astaracia<br />
e molti altri gruppi. Nello spazio riservato<br />
all’arte saranno in mostra alcune opere di<br />
Giulio Acquaviva, Simona Comi, Francesca<br />
Vantaggiato, Francesco Gaetani. Sino<br />
all’alba al Convento degli Agostiniani dance<br />
hall dei Villa Ada e selezioni di elettronica e<br />
jungle a cura degli Insintesi.<br />
Info www.comune.melpignano.le.<strong>it</strong> –<br />
0832303707<br />
SUD EST INDIPENDENTE<br />
L’8 e il 9 agosto al Campo sportivo<br />
di Gallipoli il Salento dichiara la sua<br />
indipendenza con Sei, il festival organizzato<br />
da <strong>Coolclub</strong> e Getup concerti. Due giorni<br />
per due direzioni diverse della musica.<br />
Si parte l’8 con il concerto di Skatal<strong>it</strong>es, i<br />
padri dello ska, inventori di quei r<strong>it</strong>mi e quei<br />
suoni che poi diventeranno il reggae, il rock<br />
steady, lo ska di oggi. Il nucleo di questa<br />
band tuttora attivissima con tour mondiali<br />
e usc<strong>it</strong>e discografiche, è composto<br />
dagli stessi uomini che mezzo secolo fa si<br />
trovarono al centro di un rinnovamento<br />
musicale che dalla Giamaica avrebbe<br />
conquistato il mondo. Il nuovo suono<br />
della gioventù giamaicana all’inizio degli<br />
anni ‘60 si chiamò ska, e successivamente<br />
diventò rocksteady per poi mutare<br />
ancora in reggae. I veri artefici di queste<br />
creazioni furono una abbastanza ristretta<br />
cerchia di geniali musicisti, alcuni dei<br />
quali cominciarono a chiamarsi Ska-tal<strong>it</strong>es<br />
39 A P P U N T A M E N T I<br />
nel 1964, guidati dal grande produttore<br />
Coxone Dodd (recentemente scomparso)<br />
a Studio One. Insieme a loro sul palco<br />
Vallanzaska, Villa Ada, Fido Guido,<br />
Makako Jump .<br />
Si prosegue poi il 9 con il gruppo rivelazione<br />
del rock Italiano: i Verdena con che il loro<br />
ultimo album Requiem stanno scalando<br />
le classifiche e collezionando sold out ad<br />
ogni concerto.<br />
Osp<strong>it</strong>i della serata rock del Sud est<br />
indipendente anche i Tre allegri ragazzi<br />
morti, band cap<strong>it</strong>anata dal fumettista<br />
Davide Toffolo da sempre in bilico tra<br />
punk rock e un immaginario onirico e<br />
adolescenziale e ancora Le<strong>it</strong>motiv, Spread<br />
your legs, Logo. Ingresso singola serata 12<br />
euro.<br />
Entrambe le serate saranno aperte<br />
da una serie di gruppi emergenti che<br />
saranno selezionati tram<strong>it</strong>e un contest<br />
che si svolgerà il 6 e 7 agosto al Cotriero<br />
di Gallipoli. Per conoscere le modal<strong>it</strong>à di<br />
iscrizione: contest.sei@libero.<strong>it</strong> oppure 380<br />
6846283 - www.sudestindipendente.com
oolClub.<strong>it</strong><br />
…in punta di piedi?<br />
La prima idea di Torc<strong>it</strong>o Parco Danza parte<br />
dal corpo come medium, ricettacolo<br />
d’informazione, conoscenza e sapienza<br />
antica, per danzare ed essere danzati<br />
dalla nuova “techne”, per dare una<br />
dimora allo spir<strong>it</strong>o del luogo con cui si<br />
stabilisce un contatto ed edificare bene un<br />
progetto di evoluzione umana del terr<strong>it</strong>orio,<br />
giocando a trovare un colore, un suono o<br />
un anagramma fantasioso al nome di un<br />
ragno sempre più esag<strong>it</strong>ato, provocando<br />
un innesto partecipativo con la Notte della<br />
Taranta, per la costruzione di un parco<br />
danza a tema naturale al centro del mondo<br />
contemporaneo.<br />
L’osp<strong>it</strong>e internazionale di questa rassegna<br />
è il giapponese Ko Murobushi maestro di<br />
danza post_atomica, manifesto d’argento<br />
vivo dell’ultima biennale danza di Venezia,<br />
affiancato dalla presenza nei laboratori da<br />
Michele Abbondanza e dalla coreografa<br />
Annamaria De Filippi in residenza con<br />
Barbara Toma ed Elektra la compagnia<br />
delle arti del corpo med<strong>it</strong>erraneo formata<br />
per l’occasione da Mariliana Bergamo,<br />
Enrica Di Donfrancesco, Francesca<br />
Nuzzo, Francesca Pili espressione di un<br />
organico di ballerine che presentano un<br />
progetto speciale per torc<strong>it</strong>o parco danza<br />
in collaborazione con un ensemble di<br />
note sulla taranta, Raffaella Aprile, Ninfa<br />
Giannuzzi e Gianluca Milanese come<br />
contrappunto a piè di pentagramma alle<br />
nuove letture della musica coreutica. Nella<br />
41<br />
masseria in questi giorni saranno impegnati<br />
insieme anche esponenti della performing<br />
art raccolti sotto l’etichetta metalogo.<strong>it</strong> per<br />
dare una forma armonica a suoni e gesti<br />
della tradizione passata messa a confronto<br />
con le innovazioni del presente, per offrire<br />
una documento pubblico, un koan, un<br />
indovinello orientale su cui med<strong>it</strong>are per lo<br />
spettacolo del futuro.<br />
dal 2 al 5 agosto<br />
Masseria Torc<strong>it</strong>o di Cannole<br />
Residenza artistica a cura di Elektra<br />
con Anna Maria De Filippi, Barbara<br />
Toma, Mariliana Bergamo Enrica Di Don<br />
Francesco, Francesca Nuzzo, Francesca<br />
Pili, Pieroandrea Pati, Fabio Siciliani, Luigi<br />
Valiani, Matteo Greco, Divina Della<br />
Giorgia, Antonio Napoletano, Michele<br />
Manca<br />
laboratori<br />
2-3 agosto<br />
Master class danza - Ko Murobushi<br />
pom 17.00-19.00<br />
4-5 agosto<br />
Master class danza - Michele<br />
Abbondanza<br />
pom 16.00-19.00 (sabato 4 agosto) 11.00-<br />
14.00 doenica 5 agosto)<br />
A P P U N T A M E N T I<br />
La direzione artistica è di Pieroandrea Pati.<br />
La manifestazione è organizzata grazie<br />
al contibuto della Provincia di Lecce<br />
e dell’Unione della Grecìa Salentina.<br />
Mediapartner www.lecceprima.<strong>it</strong><br />
Info e iscrizioni ai laboratori 0832.246292 -<br />
3470579992 info@torc<strong>it</strong>oparcodanza.<strong>it</strong><br />
Eventi<br />
3 agosto - ore 21.00<br />
Sette<br />
elektra - compagnia delle arti del corpo<br />
med<strong>it</strong>erraneo<br />
4 agosto - ore 21.00<br />
Quick Silver ( ko murobushi)<br />
5 agosto - ore 21.00<br />
performance<br />
Atnarat la danza rivolta<br />
(appendice evento collaterale Notte<br />
della taranta - 8 agosto a Corigliano<br />
d’Otranto)<br />
con Elektra, Ko Murobusci, Ensemble<br />
di note sulla taranta, Barbara Toma,<br />
Metalogo set formance<br />
a seguire Turned dance<br />
Progetto di composizione musicale del<br />
parco in divenire<br />
Dj live set + Vj
CoolClub.<strong>it</strong><br />
MUSICA<br />
martedì 10 / Turntable Crew feat Dj Rumba<br />
al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />
San Foca)<br />
mercoledì 11 / Baba Zula a Cisternino (Br)<br />
mercoledì 11 / Clivis al Praja/Jack ‘n Jill di<br />
Gallipoli (Le)<br />
giovedì 12 / Le<strong>it</strong>motiv al Praja/Jack ‘n Jill di<br />
Gallipoli (Le)<br />
giovedì 12 / A Toys Orchestra a Monopoli<br />
(Ba)<br />
giovedì 12 / Sergio Caputo a Bisceglie (Ba)<br />
giovedì 12 / Groovesquared a Putignano<br />
(Ba)<br />
venerdì 13 a domenica 15 / Respect Salento<br />
Reggae Festival a San Donato (Le)<br />
venerdì 13 a lunedì 16 / Festa della birra a<br />
Copertino (le)<br />
venerdì 13 / Inaugurazione con I Mostri al<br />
Rendez Vous di Porto Cesareo (le)<br />
venerdì 13 / Paolo Martini e Ivano Coppola<br />
al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />
venerdì 13 / Elio e le Storie Tese a Barletta<br />
venerdì 13 / New York Ska-Jazz Ensemble a<br />
Bari<br />
venerdì 13 / Sergio Caputo a Monopoli<br />
sabato 14 / Notte bianca a Melpignano<br />
(Le)<br />
sabato 14 / Joji Hirota & Taiko Drummers al<br />
Castello di Gioia Del Colle<br />
sabato 14 / Kumenei a Campi Salentina<br />
(Le)<br />
domenica 15 / Earth Wheel Sky Band +<br />
Cesare Dell’Anna a Ostuni<br />
domenica 15 / Superpartner a Squinzano<br />
(Le)<br />
lunedì 16 / Paolo Fresu Quintet a Locorotondo<br />
(Ba)<br />
Il Locus Festival osp<strong>it</strong>a il quintetto di Paolo<br />
Fresu. Nato nel 1984 per volontà di Paolo<br />
Fresu e Roberto Cipelli. Dopo varie forme<br />
diviene gruppo odierno nel 1985 con la<br />
registrazione di ‘Ostinato’ per la Splasc(h)<br />
Records, e si consacra come uno dei gruppi<br />
di punta del jazz <strong>it</strong>aliano.<br />
martedì 17 / Daniele Silvestri a Bari<br />
martedì 17 / Turntable Crew feat Whickaman<br />
al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />
San Foca)<br />
martedì 17 / Skarlat e SteelA al Babilonia di<br />
Torre Sant’Andrea (Le)<br />
mercoledì 18 / Andrea Sabatino Trio al<br />
Praja/Jack ‘n Jill di Gallipoli (Le)<br />
mercoledì 18 / Reggie Workman - Andrew<br />
Cyrille - Roberto Ottaviano a Molfetta<br />
giovedì 19 / Chalachi al Praja/Jack ‘n Jill di<br />
Gallipoli (Le)<br />
giovedì 19 / Coco Oco Trio a Putignano<br />
(Ba)<br />
giovedì 19 / Montecarlo Night con Tobia<br />
Lamare al Rendez Vous di Porto Cesareo<br />
(le)<br />
venerdì 20 / Anja Schneider e Dj Santorini al<br />
Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />
sabato 21 / Beltuner a Oria (Br)<br />
sabato 21 / Orchestra Di Nazareth - omaggio<br />
ad Oum Koultum a Casarano (Le)<br />
L’Orchestra di Nazareth è attiva da circa<br />
un decennio nell’opera di rivis<strong>it</strong>azione<br />
ed esecuzione della grande musica<br />
araba,dalla leggendaria cantante egiziana<br />
Oum Koultum alla libanese Feyrouz.<br />
Cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>asi originariamente ad Haifa,<br />
martedì 17 / Natacha Atlas al Castello di<br />
Acaya<br />
Salento Negroamaro, rassegna delle<br />
culture migranti della Provincia di Lecce,<br />
osp<strong>it</strong>a Natacha Atlas. Un’apolide della<br />
musica che ha fatto propria la bandiera<br />
dell’arcobaleno sonoro, ben prima che<br />
l’etno-pop divenisse un business insegu<strong>it</strong>o<br />
e sollec<strong>it</strong>ato dalle mode: Natacha Atlas è<br />
un bell’esempio di anticipazione di usanze<br />
e costumi in voga nel mondo discografico,<br />
per un percorso decisamente variopinto a<br />
cominciare dalle sue molteplici derivazioni<br />
geografiche. Nata a Bruxelles (1964) nel<br />
quartiere marocchino, da padre ebreo<br />
egiziano e madre inglese, Natacha cresce<br />
nella c<strong>it</strong>tadina di Northampton per poi<br />
trasferirsi ancora adolescente tra Grecia e<br />
Turchia, dove impara a destreggiarsi con la<br />
danza del ventre, special<strong>it</strong>à che le dà per<br />
qualche tempo, da vivere. I primi passi come<br />
musicista rinviano invece al 1991, quando<br />
entra a far parte del collettivo senza confini<br />
dei Transglobal Underground, una specie di<br />
multinazionale del suono, di cui diviene la<br />
voce, il volto, la presenza più significativa<br />
durante gli spettacoli, che ovunque<br />
raccolgono successo, guadagnandole<br />
dal cui Conservatorio provengono tutti i<br />
componenti in egual misura palestinesi ed<br />
israeliani,si è poi defin<strong>it</strong>ivamente trasfer<strong>it</strong>a<br />
nella c<strong>it</strong>tà di Nazareth. Rappresenta<br />
quindi un esempio ideale di convivenza<br />
artistica e religiosa, in quanto al suo interno<br />
sono rappresentate le tre grandi religioni<br />
monoteiste del nostro tempo. Al suo interno<br />
infatti convivono musicisti cattolici, ebrei<br />
e musulmani. L’Ensemble interamente<br />
acustico (8 musicisti) si avvale degli strumenti<br />
arabi classici (archi, qanun, oud, percussioni)<br />
e delle voci della palestinese Hiba Bathish.<br />
ed ha effettuato numerose tournee in tutto<br />
il mondo e in Francia è divenuta l’orchestra<br />
stabile della grande vocalist araba, ma di<br />
radici ebraiche, Sapho. L’appuntamento<br />
rientra nel Festival Salento Negroamaro<br />
della Provincia di Lecce. Ingresso gratu<strong>it</strong>o<br />
domenica 22 / Mercan Dede E Ludovico<br />
Einaudi a Copertino (Le)<br />
Prima <strong>it</strong>aliana per questo particolare<br />
progetto: Ludovico Einaudi e Mercan<br />
Dede, due musicisti cosmopol<strong>it</strong>i, pur<br />
provenendo da due scene diverse<br />
(l’ambiente della musica contemporanea<br />
43 A P P U N T A M E N T I<br />
stima e notorietà. Del 1995 l’esordio come<br />
solista, “Diaspora”, cui seguono altri dischi,<br />
“Halim”, “Gelida”, “Ayeshteni”, dove<br />
Natacha miscela sapientemente le lingue,<br />
i suoni, le influenze, pescando nel suo<br />
retroterra di esperienze, viaggi, continue<br />
metamorfosi. L’appuntamento è ad Acaya.<br />
Ingresso gratu<strong>it</strong>o.<br />
nel caso di Einaudi, la musica sufi con suoni<br />
propri del clubbing e dell’elettronica nel<br />
caso di Mercan Dede), hanno deciso di<br />
incontrarsi in un progetto speciale. Da una<br />
parte, dunque, le atmosfere rarefatte di<br />
Ludovico Einaudi, il pianista e compos<strong>it</strong>ore<br />
di Torino che continua a muoversi in una<br />
perenne ricercare tra musica per il cinema,<br />
composizioni per pianoforte e interessanti<br />
aperture verso le sonor<strong>it</strong>à d’altre culture.<br />
Dall’altra, le mistiche sonor<strong>it</strong>à sufi di Mercan<br />
Dede artista dalle molteplici sfaccettature<br />
che presenta una fusione unica di tradizione<br />
mediorientale e elettronica. Ad unirli la<br />
costante ricerca, il tentativo di andare<br />
oltre i generi, contaminandosi con elementi<br />
diversi alla ricerca di una indagine sul sacro<br />
odierno. Sul palco assieme a loro 3 ballerine<br />
sufi e alcuni<br />
musicisti turchi.<br />
L’appuntamento<br />
rientra nel<br />
Festival Salento<br />
Negroamaro della<br />
Provincia di Lecce.<br />
domenica 22 / Lura<br />
a Locorotondo (Ba)<br />
Con 70 concerti<br />
nel 2005 ed oltre<br />
100 nel 2006, Lura<br />
è esplosa sui palchi<br />
internazionali come<br />
la unica vera<br />
erede della grande<br />
Cesaria Evora. Nella musica di Lura il pop<br />
d’autore ed il jazz si fondono con i r<strong>it</strong>mi di<br />
Capoverde. M’bem di Fora è il nuovo album<br />
di Lura, un disco provocante e sensuale,<br />
capace di fare sognare. L’appuntamento<br />
rientra nel Locus Festival.<br />
domenica 22 / Radici nel Cemento a<br />
Carmiano (Le)<br />
lunedì 23 / Zion Train Sound System e Trojan<br />
Sound System alla Masseria Torc<strong>it</strong>o di<br />
Cannole (Le)
A P P U N T A M E N T I<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Con un nuovo album in arrivo, i maestri<br />
dello UK dub Zion Train arrivano nell’estate<br />
salentina in versione sound system, con<br />
il produttore Neil Perch ai controlli ed il<br />
cantante Dubdadda al microfono. Sound<br />
system ufficiale della leggendaria etichetta<br />
inglese, presenta una formazione all’altezza<br />
del prestigioso marchio Trojan: due selecta<br />
e due MC abilissimi, per uno spettacolo<br />
che spazia attraverso il reggae di tutte le<br />
epoche e stili. Speciale per i 40 anni di Trojan<br />
Records (1967-2007).<br />
martedì 24 / Turntable Crew feat Luca Ferrari<br />
al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />
San Foca)<br />
mercoledì 25 / Nikos Veliotis- Yannis<br />
Aggelakas a Cellino San Marco (Br)<br />
mercoledì 25 / Alma de tango al Praja/Jack<br />
‘n Jill di Gallipoli (Le)<br />
giovedì 26 / Blood Sugar al Praja/Jack ‘n Jill<br />
di Gallipoli (Le)<br />
giovedì 26 / The Banshee a Putignano (Ba)<br />
giovedì 26 / Montecarlo Night con Tobia<br />
Lamare al Rendez Vous di Porto Cesareo<br />
(le)<br />
da giovedì 26 a sabato 28 / Streamfest al<br />
Quartiere Fieristico di Galatina (Le)<br />
Lo StreamFest è il primo festival internazionale<br />
dei nuovi media a sud-est: un evento che<br />
intende presentare le applicazioni creative<br />
delle tecnologie più avanzate nel Salento,<br />
terr<strong>it</strong>orio elettivo dell’estate culturale<br />
europea. Per tre giorni il Quartiere Fieristico<br />
di Galatina osp<strong>it</strong>erà in-stallazioni interattive,<br />
sperimentazioni audiovisive con alcuni dei<br />
protagonisti di una ricerca che tende a<br />
coniugare immagini e musica, reinventando<br />
nei set di vj le mo-dal<strong>it</strong>à di fruizione che<br />
vanno oltre il format dei concerti e del<br />
video. Tra i protagonisti internazionali dello<br />
StreamFest si rilevano l’ormai storica HASCII<br />
CAM di Jaromil, l’esperienza di free radio<br />
war di Cecile Landman con StreamTi-me,<br />
l’installazione ambientale di Scenocosme,<br />
e il duo <strong>it</strong>alo-austriaco di origini sa-lentine<br />
Casaluce-Geiger, la musica del nord<br />
europa con Lacklaster dalla Finlan-dia e<br />
Felix Randomiz insieme a Carsten Schulz<br />
dalla Germania. La scena vjing <strong>it</strong>aliana è<br />
rappresentata tra gli altri dai progetti Flxer,<br />
Kinotek e Claudio Sinatti. Lo StreamFest<br />
propone tra le varie installazioni il progetto<br />
del Master in Dig<strong>it</strong>al En-vironment della<br />
NABA di Milano. Gli osp<strong>it</strong>i della scena locale<br />
salentina sono Pierpalo Leo, Urkuma, Giorgio<br />
Viva, la net labal MuertePop e la commun<strong>it</strong>y<br />
Agroelettronica. Per Informazioni:<br />
www.streamfest.<strong>it</strong> - info@streamfest.<strong>it</strong><br />
venerdì 27 / Claudio di Rocco al<br />
Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />
sabato 28 / Storie Cantate con Moni Ovadia<br />
e Tonino Zurlo a Mola Di Bari<br />
da sabato 28 a lunedì 30 / Giovinazzo Rock<br />
Festival a Giovinazzo (Ba)<br />
Tra gli osp<strong>it</strong>i Amari, Disco Drive, Apres<br />
La Classe, Tre Allegri Ragazzi Morti, A<br />
toys orchestra e molti altri. Info www.<br />
giovinazzorock.<strong>it</strong>. Ingresso gratu<strong>it</strong>o<br />
sabato 28 / Foly Du Burkina Faso (Africa<br />
subsahariana) e Nidi D’arac (Salento) a<br />
Diso<br />
sabato 28 / Terra pi ciceri al Rendez Vous di<br />
Porto Cesareo (le)<br />
domenica 29 / Kumenei (Salento) e Raffaello<br />
Simeoni (Lazio) a Diso<br />
lunedì 30 / Franco Battiato alla Cantina<br />
sociale di Locorotondo (Ba)<br />
Molti brani de Il Vuoto, nuovo album<br />
felicemente riusc<strong>it</strong>o, saranno parte<br />
integrante del programma nel tour di<br />
Battiato per l’estate 2007. Un live che<br />
comunque spazierà dagli esordi ad oggi,<br />
con quel senso antologico che da sempre<br />
anima i tour di Battiato. L’appuntamento<br />
rientra nel Locus Festival.<br />
lunedì 30 / Danzare col Ragno all’Area<br />
archeologica San Pietro in Crepacore di<br />
Torre Santa Susanna (Br)<br />
lunedì 30 / 24 grana al Parco Villa Cavaliere<br />
di Mesagne(Br)<br />
martedì 31 / Africa Un<strong>it</strong>e a Supersano (Le)<br />
martedì 31 / Turntable Crew feat Uk apache<br />
al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />
San Foca)<br />
venerdì 3 / Stefano Noferini al Med<strong>it</strong>erraneo<br />
(L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />
da venerdì 3 a domenica 5 / Salento<br />
Sounds Good con Neffa, Giuliano Palma e<br />
Rezophonic a Carpignano Salentino (Le)<br />
sabato 4 / Avion Travel a Ruvo di Puglia<br />
sabato 4 / Olli &The Bollywood Orchestra Ad<br />
Altamura<br />
lunedì 6 / Gianluca Petrella Indigo 4 (Locus<br />
Festival) a Locorotondo (Ba)<br />
44<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
dal 30 <strong>luglio</strong> al 14 agosto / Popoli a Corsano<br />
e altri comuni del Salento<br />
Dal 30 <strong>luglio</strong> al 14 agosto torna Popoli,<br />
un articolato progetto presentato<br />
dall’Unione di Comuni “Terra di Leuca”,<br />
in collaborazione con Regione Puglia,<br />
Provincia di Lecce, Ist<strong>it</strong>uto delle culture<br />
med<strong>it</strong>erranee, Azienda di promozione<br />
Turistica di Lecce, Associazione Dilinò di<br />
Muro Leccese, Scuola Taranta Power<br />
di Bologna, Radiovenere e Radio Peter<br />
Pan la cui organizzazione è demandata<br />
all’Assessorato alle Pol<strong>it</strong>iche Culturali<br />
del Comune di Corsano, promotore<br />
del progetto. Le manifestazioni, che<br />
coinvolgeranno oltre a Corsano anche i<br />
Comuni di Alessano, Cursi, Gagliano del<br />
Capo, Morciano, Otranto, Patù, Poggiardo,<br />
Salve e Tiggiano, prevedono officine di<br />
danze popolari, arte scenica, musica,<br />
mosaico dalla Tunisia, lavorazione del cuoio<br />
dal Marocco, incisione del legno d’ulivo<br />
con madreperla e lavorazione del’olio<br />
d0oliva per fare saponi e cosmetici dalla<br />
Palestina, contest di wr<strong>it</strong>ing internazionale,<br />
incontri, mostre fotografiche.<br />
Popoli include, inoltre, una serie di concerti<br />
<strong>it</strong>ineranti che osp<strong>it</strong>eranno il gruppo di<br />
musica salentina Mascarimirì, le spagnole<br />
Las Migas, la francese Big David’s<br />
Band, il tunisino Mounir Troudi, maestro<br />
internazionale di musica Kanwa e gruppi<br />
di percussioni tribali africane.<br />
Lunedì 6 agosto, nell’anf<strong>it</strong>eatro comunale<br />
a Corsano, si svolgerà “Popoli Ensemble”<br />
un grande festival di contaminazione<br />
culturale e artistica che vedrà sullo stesso<br />
palco tutti i gruppi internazionali e la scuola<br />
Taranta Power – Boloogna di Maristella<br />
Martella con le sue 20 danzatrici <strong>it</strong>aliane e<br />
francesi di pizzica e tarantelle.<br />
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di eventuali variazioni o annullamenti.<br />
Gli altri appuntamenti su www.<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />
Per segnalazioni:<br />
redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong>
F U M E T T O<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
“Ho pensato molto, ultimamente, a te e<br />
a me. A quello che ci accadrà alla fine.<br />
Finiremo con l’ucciderci, vero? Forse tu<br />
ucciderai me… O forse io ucciderò te.<br />
Forse prima o forse poi”.<br />
Ci sono due uomini in un’umida, squallida,<br />
cella nel luogo più malsano che la c<strong>it</strong>tà<br />
abbia generato. Si conoscono da tempo,<br />
ma non sanno nulla l’uno dell’altro;<br />
eppure sono “anime gemelle”, le due<br />
facce della stessa contorta medaglia.<br />
Sono Batman e Joker, il “santo” protettore,<br />
mascherato da diavolo, di Gotham C<strong>it</strong>y,<br />
groviglio metropol<strong>it</strong>ano di acciaio e<br />
cemento scatur<strong>it</strong>o dai sogni (o gli incubi)<br />
in bianco e nero espressionista di Fr<strong>it</strong>z<br />
Lang, ed il suo arcinemico che seppellisce<br />
le proprie v<strong>it</strong>time, letteralmente, con una<br />
risata. L’eroe di Gotham è l’incarnazione<br />
dell’ordine e del (auto) controllo;<br />
da bambino ha assist<strong>it</strong>o, impotente,<br />
all’uccisione dei gen<strong>it</strong>ori per mano d’un<br />
volgare delinquentello, giurando di<br />
vendicarsi di tutti i criminali. Come Bruce<br />
Wayne (l’uomo dietro la maschera),<br />
possiede immense ricchezze, le attenzioni<br />
di procaci donnine, la stima dell’intera<br />
comun<strong>it</strong>à c<strong>it</strong>tadina e soprattutto l’affetto<br />
di Alfred, padre putativo travest<strong>it</strong>o da<br />
fedele serv<strong>it</strong>ore. Tuttavia ciò non guarisce<br />
la bruciante fer<strong>it</strong>a che gli strazia l’anima,<br />
soltanto l’ossessione di una sete di<br />
giustizia ai lim<strong>it</strong>i del morboso placa le sue<br />
turbe. I lettori di Batman conoscono quasi<br />
tutto del personaggio, ma chi è Joker, la<br />
nemesi più riusc<strong>it</strong>a ed “amata” dell’eroe,<br />
qual è la sua storia e com’è divenuto un<br />
agghiacciante malvagio? Alan Moore<br />
(testi) e Brian Bolland (disegni), nel 1988,<br />
hanno risposto a questi interrogativi con<br />
l’ennesima pietra miliare che impreziosì<br />
la feconda produzione fumettistica del<br />
Cavaliere Oscuro negli anni ’80, Killing<br />
Joke (in Italia edizioni Play Press). Se i<br />
precedenti Batman: The Dark Knight<br />
Returns (1985) e Batman: Year One (1986)<br />
di Frank Miller ne avevano presentato<br />
il futuro ed il passato prossimo, in Killing<br />
Joke i due autori br<strong>it</strong>annici affrontano<br />
un altro aspetto del m<strong>it</strong>o di Batman: la<br />
sua follia, ins<strong>it</strong>a nelle viscere della sua<br />
personal<strong>it</strong>à, che lo lega, indissolubilmente,<br />
allo schizoide Joker. Se il fato di Bruce<br />
Wayne/Batman è stato plasmato dalla<br />
violenta dipart<strong>it</strong>a degli amati gen<strong>it</strong>ori,<br />
quello di Joker è stato determinato dalle<br />
condizioni di miseria che costrinsero un<br />
brillante, ma squattrinato, cabarettista a<br />
tentare un furto in un’industria chimica,<br />
poche ore dopo l’insensata morte della<br />
moglie incinta, tentativo sfociato nella<br />
rovinosa caduta in acque dense di agenti<br />
chimici velenosi a causa dell’intervento<br />
d’un giovane Batman.<br />
Dalle fetide acque di scolo di<br />
quell’industria emerse una creatura<br />
disumana, una cerulea maschera<br />
costretta in un permanente ghigno di<br />
pazzia, il Joker. È dunque la tragedia delle<br />
loro esistenze ad aver determinato la<br />
natura dei rispettivi caratteri, quello che li<br />
distingue è il percorso intrapreso. L’agiato<br />
Wayne scelse di imbrigliare i propri demoni<br />
interiori nelle maglie d’un eroismo privo di<br />
macchie, censurandoli nell’impassibile<br />
espressione che lo contraddistingue.<br />
Joker, il fu uomo medio, ha rovinato nelle<br />
spire della follia, convinto che l’esistenza<br />
umana è una burla crudele di un Creatore<br />
o di un Destino, matti quanto lui. Sono nati<br />
per incontrarsi e scontrarsi nell’imper<strong>it</strong>uro<br />
samsara che è la reciproca attrazione/<br />
repulsione. Sono entrambi ossessionati<br />
dall’altro poiché rappresentano ciò<br />
che avrebbero potuto divenire e che<br />
eventualmente potrebbero ancora<br />
diventare. Moore ha scr<strong>it</strong>to una storia<br />
epocale cruda e struggente, affrescata<br />
dalle splendide illustrazioni di Brian Bolland,<br />
oggi apprezzato copertinista di molte<br />
testate D.C., che con tratto dettagliato<br />
e realistico delinea quest’attrazione<br />
fatale in tutto il suo sublime orrore<br />
(come appura, drammaticamente, il<br />
commissario Gordon, l’uomo medio per<br />
antonomasia della serie del Pipistrello).<br />
Bolland immortala un Batman gran<strong>it</strong>ico<br />
e monoespressivo, eccessivamente<br />
intento a non liberare la sua psicosi, ed<br />
uno smilzo Joker che con volto carico<br />
d’un’intensa uman<strong>it</strong>à dice al suo nemico:<br />
«È tutto una barzelletta! Tutto ciò che<br />
chiunque abbia mai avuto a cuore […] È<br />
tutto una colossale, demenziale, battuta!<br />
Perché non vedi il lato comico? Perché<br />
non ridi?».<br />
Ma Batman riderà a squarciagola<br />
soltanto quando accetterà d’essere un<br />
povero schizzato quanto Joker, perso in<br />
un manicomio senza confini.<br />
Roberto Cesano<br />
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A MAGGIO INAUGURAZIONE TERRAZZE