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anno IV<br />

numero 39<br />

<strong>luglio</strong> 2007<br />

poste <strong>it</strong>aliane spa<br />

spedizione in abbonamento<br />

postale DCB 70% Lecce


[<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Via De Jacobis 42 73100 Lecce<br />

Telefono: 0832303707<br />

e-mail: redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />

S<strong>it</strong>o: www.<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />

Anno IV Numero 39<br />

<strong>luglio</strong> 2007<br />

Iscr<strong>it</strong>to al registro della stampa<br />

del tribunale di Lecce il<br />

15.01.2004 al n.844<br />

Direttore responsabile<br />

Osvaldo Piliego<br />

Collettivo redazionale<br />

Dario Goffredo, Pierpaolo Lala,<br />

C. Michele Pierri, Cesare Liaci,<br />

Antonietta Rosato<br />

Hanno collaborato a questo<br />

numero:<br />

Dino Amenduni, Gennaro<br />

Azzolini, Federico Baglivi,<br />

Dario Lolli, Camillo Fasulo,<br />

Luana Giacovelli, Ilario<br />

Galati, Livio Polini, Nicola<br />

Pace, Pierfrancesco Pacoda,<br />

Emanuele Flandoli, Giancarlo<br />

Susanna, Elvis Ceglie,<br />

Gianpaolo Chiriacò, Stefania<br />

Ricchiuto, Rossano Asremo,<br />

Valentina Cataldo, Ludovico<br />

Fontana, Mauro Marino,<br />

Anna Puricella, Villy De Giorgi,<br />

Roberto Cesano<br />

In copertina gli Insintesi (foto<br />

Alice Pedroletti)<br />

Ringraziamo le redazioni<br />

di Musicaround.net,<br />

Blackmailmag.com,<br />

Primavera Radio di Taranto<br />

e Lecce, Controradio di<br />

Bari, Mondoradio di Tricase<br />

(Le), Ciccio Riccio di Brindisi,<br />

L’impaziente di Lecce,<br />

QuiSalento, Pugliadinotte.net,<br />

Rete Otto e SuperTele.<br />

Progetto grafico<br />

dario<br />

Stampa<br />

Martano Ed<strong>it</strong>rice - Lecce<br />

Chiuso in redazione con<br />

un giorno di r<strong>it</strong>ardo: per un<br />

incidente...<br />

L’abbonamento al giornale<br />

varia dai 10 ai 100 euro. Per<br />

informazioni 3394313397.<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Siamo del fronte di liberazione dal luogo comune, siamo gente del Sud est indipendente. Un sud slegato, ma che<br />

entra in circolo, gira e si fa sentire. Sei… come un inv<strong>it</strong>o a essere se stessi. S.e.i. come sud est indipendente, la nostra<br />

dichiarazione di esistenza in questo terr<strong>it</strong>orio. S.e.i è il nome che abbiamo deciso di dare al festival estivo che da due<br />

anni organizziamo. Un festival obliquo, complementare alle proposte che troverete in giro in questi mesi. Skatal<strong>it</strong>es l’8<br />

agosto per capire dove tutto ebbe inizio e Verdena il 9 per vedere dove stiamo andando. Sud est indipendente è<br />

anche il t<strong>it</strong>olo di questo numero del giornale. Numero dedicato al salento creativo, che mai come in questo momento<br />

(frase che uso spesso… buon segno) sembra prolifico.<br />

Un sacco di amici a partire dagli Insintesi, a cui abbiamo dedicato la copertina, escono in questi giorni con album,<br />

su compilation, addir<strong>it</strong>tura all’estero (la bellissima voce di Agnese Manganaro di cui abbiamo già parlato nei numeri<br />

precedenti, arriva in Giappone. Il brano E vai via viene inser<strong>it</strong>o in una compilation licenziata dalla Aper<strong>it</strong>ivo records).<br />

Maurizio Vierucci, in arte Creme, vecchio e grande amico di <strong>Coolclub</strong>, arriva finalmente al suo debutto discografico.<br />

Affiancato da Cristina Donà, che gli fa vis<strong>it</strong>a tra le tracce, esce in questi giorni con un singolo che precede l’album<br />

pronto a settembre per A&R Faier Entertainment. E poi Anima Mundi, etichetta che cattura e imprime i suoni di questa<br />

terra e del mondo, il reggae scelto dai Sud sound system, quello raccolto da Treble, i suoni med<strong>it</strong>erranei della Banda<br />

Adriatica, quelli elettronici di Black zone Ensemble e la pizzica senza tempo di Nidi d’Arac e tanto altro. Il racconto<br />

di quello che vi siete persi, le segnalazioni di quello che accadrà e poi musiche, visioni, suggestioni. Un altro numero,<br />

un’altra estate. Il prossimo, come ormai è nostra consuetudine, sarà dedicato ai racconti, i vostri. Se volete partecipare<br />

potete contattarci a redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong>.<br />

Buona lettura.<br />

Osvaldo Piliego<br />

4 Insintesi<br />

7 Anima Mundi<br />

9 BandAdriatica<br />

13 Keep Cool<br />

27 Coolibrì<br />

35 Be Cool<br />

39 Appuntamenti<br />

3<br />

}


S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />

Non è la prima volta che un gruppo<br />

salentino campeggia in copertina e in<br />

apertura del nostro giornale (Bludinvidia,<br />

Studiodavoli, Negramaro, Amerigo Verardi).<br />

Tributo a una terra che sempre più spesso<br />

ci stupisce piacevolmente, un panorama<br />

musicale e culturale che in questo ultimo<br />

periodo sta definendo i suoi contorni.<br />

Quelle realtà che solo poco tempo fa<br />

sembravano acerbe e abbozzate oggi<br />

sbocciano, altre crescono e diventano<br />

mature e pronte per farsi vedere ai più. Ci<br />

si sdogana dall’amatoriale e il locale e si<br />

entra nel “circu<strong>it</strong>o”. Debuttanti o marinai<br />

navigati si tuffano anche questa estate<br />

nel calderone delle proposte ed<strong>it</strong>oriali,<br />

musicali e non. Tra i vari prodotti locali<br />

anche la cultura sembra attraversare una<br />

buona annata, mer<strong>it</strong>o di un’oculata e<br />

paziente fermentazione. Vecchio e nuovo<br />

sembrano conciliarsi, a volte si incontrano<br />

a metà strada. Un occhio alla tradizione<br />

ma anche ai nuovi suoni, perché il Salento<br />

(non ci stancheremo mai di dirlo) è tante<br />

cose. Quasi provocatoria la scelta di<br />

dedicare la copertina al progetto Insintesi,<br />

da anni nell’underground, oggi in usc<strong>it</strong>a<br />

con Subterranea il loro primo album firmato<br />

dall’etichetta Altipiani. Drum’n’bass,<br />

reggae, noise, elettronica, acustica,<br />

dialetto salentino, inglese, greco, Italiano,<br />

gli Insintesi sono il Salento oggi. Abbiamo<br />

parlato con Francesco Andriani.<br />

Insintesi, un gruppo tanto longevo quanto<br />

cangiante. Da anni rappresentate una<br />

colonna della musica indipendente<br />

salentina. Come siete cambiati e cosa è<br />

cambiato intorno a voi?<br />

Intanto grazie per definirci una colonna<br />

della musica indipendente salentina,<br />

quest’affermazione da una parte mi fa<br />

piacere e dall’altra mi fa sentire vecchio!<br />

In effetti in quasi 10 anni di attiv<strong>it</strong>à ne sono<br />

successe di cose, il nostro modo di suonare<br />

è un po’ cambiato, siamo passati dal<br />

cantare in <strong>it</strong>aliano ad arricchire le nostre<br />

liriche con altre lingue med<strong>it</strong>erranee e<br />

ad utilizzare anche l’inglese, il suono è<br />

diventato più meticcio, ma alla base della<br />

nostra musica è rimasta in primo piano la<br />

nostra propensione verso il dub. Utilizzare<br />

riverberi e delay per dilatare i suoni e le<br />

CoolClub.<strong>it</strong> 4<br />

voci, anche quando proponiamo dj set<br />

drum’n’bass e jungle, sono rimaste le nostre<br />

principali caratteristiche. Intorno a noi<br />

sono ruotate tante persone ed esperienze<br />

diverse che ci hanno influenzato ed hanno<br />

portato la loro esperienza all’interno della<br />

nostra “famiglia”, noi non siamo solo dei<br />

musicisti ma anche dei dj, organizzatori e<br />

dei fru<strong>it</strong>ori di musica. Mi piace pensare che<br />

molte delle cose che hanno influenzato il<br />

nostro suono non provengano solo dalla<br />

musica, ma anche dal teatro e soprattutto<br />

dalle nostre esperienze al di fuori del<br />

gruppo, ognuno porta quello che gli altri<br />

non potrebbero portare.<br />

Da sempre perfezionisti, finalmente usc<strong>it</strong>e<br />

con un album licenziato da Altipiani. Come<br />

avete lavorato a queste canzoni?<br />

Abbiamo lavorato da perfezionisti<br />

appunto, tornando mille e mille volte sui<br />

brani fino a quando non abbiamo r<strong>it</strong>enuto<br />

di non potere più andare oltre, fino a<br />

quando i brani non sono arrivati ad essere<br />

come li avevamo pensati. Abbiamo avuto<br />

l’opportun<strong>it</strong>à di stampare questo disco<br />

per Altipiani appunto, una discografica<br />

molto attiva nel circu<strong>it</strong>o romano, il disco<br />

verrà distribu<strong>it</strong>o a settembre da Edel e<br />

quest’estate da Anima Mundi. Siamo un<br />

gruppo che ama l’indipendenza e per<br />

questo ci siamo presi tutto il tempo che<br />

volevamo per lavorare sulle tracce senza<br />

alcuna lim<strong>it</strong>azione e facendo allo stesso<br />

tempo mille altre esperienze.<br />

Un approccio nuovo alla salentin<strong>it</strong>à che<br />

comunque traspare in alcune liriche, qual<br />

è il vostro rapporto con questa terra e<br />

quale con il mondo?<br />

Diciamo che il discorso è salentino e non,<br />

ad un certo punto, dopo aver lavorato<br />

molto sui suoni, ci siamo chiesti quale fosse<br />

la strada più “vera” per noi da seguire<br />

e ci siamo guardati intorno. Il Salento<br />

è una terra che può dare parecchi<br />

spunti, c’è una fortissima scena etnica<br />

ed un’altrettanto forte scena reggae,<br />

abbiamo cercato di portare la nostra<br />

propensione di sperimentatori all’interno<br />

di questi mondi. Il disco però non è solo<br />

salentino, ma più in generale med<strong>it</strong>erraneo<br />

grazie al contributo dei tanti artisti che ci<br />

hanno dato una mano nella realizzazione.<br />

Nel disco si sente il Med<strong>it</strong>erraneo, l’Oriente,<br />

ma anche Londra, Bristol, la Giamaica…<br />

Trovi?<br />

Direi di si, credo siano stati questi i<br />

nostri riferimenti appunto, più o meno<br />

consapevoli. Abbiamo anche cercato di<br />

ampliare il discorso alle immagini, infatti<br />

all’interno del disco c’è una traccia video<br />

su un nostro brano, realizzata interamente<br />

in 3D da Shockvideo, un talentuoso<br />

videomaker leccese con il quale<br />

collaboriamo anche nei dj set.<br />

Molte le vostre collaborazioni…Ce ne<br />

parli?<br />

Qui la lista è veramente lunga, perché<br />

in 10 anni di cose ne abbiamo fatte<br />

veramente tante. Io, Francesco<br />

“Pastic” Marra e Alessandro Lorusso<br />

rappresentiamo il nucleo storico. Nel disco,<br />

oltre la collaborazione del video, abbiamo<br />

utilizzato 5 voci ognuna con una sua<br />

timbrica ben precisa e differente dalle altre.<br />

In primis la voce di Michela Giannini che è<br />

la nostra cantante storica, la voce che più<br />

di ogni altro ci ha accompagnati in questi<br />

anni e che grazie alle sue caratteristiche<br />

ci ha permesso di sperimentare sonor<strong>it</strong>à<br />

e soluzioni molto differenti. Lei riesce<br />

con disinvoltura a cantare in inglese, ad<br />

interpretare in maniera originale il reggae<br />

salentino ed avendo un’origine per metà<br />

greca anche ad adattare questa lingua<br />

alla nostra musica.<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

Spesso nel disco la sua voce si alterna con<br />

quella di BMC dei Bleizone, crew reggae<br />

leccese, la sua è sicuramente una delle<br />

voci più interessanti del nuovo panorama<br />

reggae, sia per la sua profond<strong>it</strong>à che per<br />

le sue metriche. Abbiamo lavorato poi con<br />

Vera Di Lecce dei Nidi d’Arac (gruppo<br />

con il quale in questi anni abbiamo spesso<br />

collaborato e dal quale abbiamo anche<br />

appreso tanto) adattando la nostra musica<br />

ad alcune sue metriche in spagnolo, tanto<br />

per far capire l’estrema libertà e la voglia<br />

di sperimentare che ha contraddistinto<br />

questo disco. Valentina Grande è la voce<br />

dell’unica canzone in <strong>it</strong>aliano del cd mentre<br />

Sandra Caiulo è la cantante del brano che<br />

apre il disco stesso. C’è poi V<strong>it</strong>o De Lorenzi<br />

che suona le percussioni sul nostro singolo,<br />

Iman.<br />

Oltre a essere una band siete anche<br />

animatori della scena elettronica e<br />

drum’n’bass salentina. Ci parli un po’ del<br />

fermento di questa scena?<br />

La scena, se così vogliamo definirla, è in<br />

crescente evoluzione credo che negli ultimi<br />

anni si sia fatto tanto per dare continu<strong>it</strong>à e<br />

organizzazione al lavoro. Noi insieme a Dj<br />

Maik, uno dei dj più talentuosi che conosca<br />

non solo a livello locale, e a tanti altri amici<br />

con cui abbiamo formato Turntable Crew<br />

abbiamo cercato di unire le forze per<br />

tracciare un percorso comune che ad<br />

esempio quest’estate ci sta portando, per il<br />

terzo anno consecutivo, all’organizzazione<br />

e produzione di Summerbass il nostro festival<br />

legato alla musica jungle e d’n’b che ogni<br />

martedì di <strong>luglio</strong> e agosto proponiamo al<br />

Med<strong>it</strong>erraneo (sulla l<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />

San Foca).<br />

Nel Salento esiste, da qualche anno, una<br />

scena rave, come vi ponete rispetto a<br />

questo movimento?<br />

Diciamo anche che la scena dei rave<br />

esiste da più di qualche anno, ed è un<br />

movimento adiacente ma anche diverso<br />

dal nostro che è forse un po’ più legato al<br />

club... ma qui ognuno potrebbe dare la<br />

sua personale risposta.<br />

Vantaggi e svantaggi di fare musica nel<br />

Salento.<br />

Nel Salento si sta bene c’è un grande<br />

fermento, ma purtroppo mancano le<br />

strutture dove poter aggregarsi e produrre,<br />

questo è veramente un gravissimo<br />

problema che va affrontato seriamente<br />

perché bisogna capire che la musica non è<br />

una disgrazia, come ad esempio pensano<br />

gli ab<strong>it</strong>anti del centro storico della mia<br />

c<strong>it</strong>tà, ma un valore. Penso poi che questa<br />

regione bisogna rispettarla ed amarla,<br />

come facciamo un po’ tutti noi salentini,<br />

ma non dobbiamo pensare che il mondo<br />

sia solo il Salento, c’è tanto da esplorare e<br />

Insintesi ha ancora voglia di confrontarsi e<br />

conoscere.<br />

Osvaldo Piliego<br />

5<br />

S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />

Tutti pazzi per loro, un fenomeno musicale<br />

e mediatico incredibile: sono i salentini<br />

veraci Negramaro. Solo due anni fa gli<br />

dedicammo una copertina parlando di<br />

Puglia da esportazione. Amici di vecchia<br />

data, ormai lanciati verso galassie che<br />

possiamo solo immaginare, dove i numeri<br />

fanno girare la testa. Difficile giudicare chi<br />

ha raggiunto il successo, molti rischiano<br />

di lasciarsi prendere dall’invidia, altri<br />

dall’entusiasmo. Molto più difficile sarà<br />

stato per loro rimettersi al lavoro a un<br />

nuovo disco, con responsabil<strong>it</strong>à pesanti<br />

come macigni e tanta, tanta attesa.<br />

Simbolo del Salento rock-pop che ce<br />

la fa, un Salento che portano nel cuore<br />

e non si stancano mai di menzionare e<br />

ringraziare. Non si può parlare di usc<strong>it</strong>e<br />

discografiche senza parlare di un disco<br />

dal dna salentino che scala le classifiche<br />

con la stessa facil<strong>it</strong>à con cui Giuliano si<br />

inerpica nei suoi inconfondibili falsetti.<br />

Consacrazione e celebrazione di uno<br />

stile solo loro, sferzate rock a chi pensava<br />

a un secondo episodio melenso, amore<br />

a profusione, una scr<strong>it</strong>tura che c<strong>it</strong>a<br />

la canzone d’autore degli anni ‘60.<br />

Chi ha paura della melodia “scagli la<br />

prima pietra” perché ragionare sul<br />

pop è controverso, pericoloso. Essere<br />

primi in classifica è croce e delizia. Il tuo<br />

nome campeggia accanto a pupazzi<br />

impagliati con un microfono in mano.<br />

Può succedere allora di dimenticare che<br />

i Negramaro scrivono e suonano come<br />

pochi sanno fare in Italia (non parliamo di<br />

indie sia bene inteso) ed è incoraggiante<br />

che a spartisi il successo non siano un<br />

produttore di 50 anni e un labtop. I<br />

gusti poi, quelli sono un’altra cosa. Noi<br />

di <strong>Coolclub</strong>.<strong>it</strong> non possiamo che essere<br />

orgogliosi. La finestra è un disco <strong>it</strong>aliano,<br />

molto, ma non solo. I Negramaro sanno<br />

leggere ciò che li circonda e tradurlo<br />

in canzoni che funzionano. Un’ascesa,<br />

quella di questi sei ragazzi raccontata<br />

anche da Lucio Palazzo in Negramaro<br />

- Storia di 6 Ragazzi ed<strong>it</strong>o da Aliberti<br />

Ed<strong>it</strong>ore.


CoolClub.<strong>it</strong><br />

Produzione, distribuzione, vend<strong>it</strong>a,<br />

s<strong>it</strong>o internet: Anima Mundi è tutto<br />

questo e molto altro ancora. Da<br />

Otranto, Giuseppe Conoci si muove<br />

alla ricerca di nuovi gruppi, nuove<br />

sonor<strong>it</strong>à che facciano rivivere la<br />

musica tradizionale del Salento<br />

ma non solo. “L’idea è nata nel<br />

2002 dal mio incontro, casuale e<br />

magico, con il gruppo di g<strong>it</strong>ani<br />

Troublamours”, racconta Giuseppe.<br />

“Un colpo di testa, uno al cuore, un<br />

tocco di sana follia e nel 2003 arriva la prima pubblicazione di<br />

Anima Mundi. Il nostro è un inv<strong>it</strong>o ad abbandonare per un attimo<br />

la sovran<strong>it</strong>à della ragione per abbandonarsi ad un luogo interiore<br />

di sospensione dalla v<strong>it</strong>a orizzontale governato dall’anima e dal<br />

cuore. Anima Mundi è una filosofia di v<strong>it</strong>a che si esprime con<br />

le note, la musica”. Dopo le prime produzioni degli scorsi anni,<br />

questa estate Anima Mundi decide di ampliare il proprio catalogo<br />

con ben sei usc<strong>it</strong>e. Le prime sono già in distribuzione. Si tratta di<br />

Tis Klei di Ninfa Giannuzzi, Nuzzelu e Pparolu (Semi e Parole) e di<br />

Mandatari di Dario Muci e Valerio Daniele.<br />

E forse non è un caso che il percorso di Anima Mundi riprenda con<br />

tre lavori diversi ma ugualmente<br />

interessanti. Il cantastorie e poeta<br />

popolare di Ostuni Tonino Zurlo è<br />

osannato da artisti del calibro di<br />

Moni Ovadia e Giovanna Marini.<br />

Fra la tradizione letteraria dialettale<br />

pugliese, la musica popolare<br />

orale, e le sue originali intuizioni<br />

sull’essenza della natura umana<br />

e sull’assurd<strong>it</strong>à del nostro tempo<br />

presente, le composizioni di Tonino<br />

Zurlo sono uno squarcio di uman<strong>it</strong>à<br />

rivolto all’uomo contemporaneo<br />

che abbia voglia di interrogarsi<br />

in profond<strong>it</strong>à, e porsi in cerca di<br />

una ver<strong>it</strong>à essenziale, in cammino<br />

Dal 1998 i Nidi D’Arac miscelano la<br />

tradizione con le sonor<strong>it</strong>à elettroniche, la<br />

piccola c<strong>it</strong>tà di provincia con la metropoli,<br />

Lecce e il Salento con la cap<strong>it</strong>ale. Dopo<br />

San Rocco’s Rave (con il t<strong>it</strong>olo che era<br />

già un programma di intenti) il gruppo<br />

cap<strong>it</strong>anato da Alessandro Coppola torna<br />

con Salento Senza Tempo.<br />

Il gruppo sorprende tutti con un cd<br />

acustico nel quale con ch<strong>it</strong>arre, violino,<br />

pianoforte, tamburelli paga tributo alla<br />

musica popolare salentina attraverso la<br />

composizione di musiche ispirate a questa<br />

terra e alla sua magia.<br />

“La modern<strong>it</strong>à vive dentro di noi, nel<br />

nostro modo di pensare, di creare”,<br />

sottolinea Alessandro Coppola. “Salento<br />

senza tempo non è un nuovo album dei<br />

Nidi d’Arac ma un tributo alla tradizione<br />

musicale salentina, esso vuole raccontare,<br />

con semplic<strong>it</strong>à acustica, l’essenza di una<br />

terra con la sua storia millenaria. Gente del<br />

sud che da padre a figlio, da generazione<br />

in generazione deve difendere, con<br />

memoria, creativ<strong>it</strong>à e rispetto, la propria<br />

ident<strong>it</strong>à nel grande mondo delle differenti<br />

culture”. I brani originali, scr<strong>it</strong>ti da Coppola,<br />

si intersecano con quelli del repertorio<br />

della musica tradizionale salentina e<br />

grika. Tra gli osp<strong>it</strong>i del cd i tamburellisti di<br />

Torrepaduli - quelli protagonisti della Notte<br />

di San Rocco - il precussionista Andrea<br />

7 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />

verso una Nuova Coscienza, verso<br />

un mondo migliore che “in realtà<br />

esiste già e attende soltanto di essere<br />

riconosciuto e svelato…”.<br />

Dalla Grecìa arriva invece una delle<br />

voci più importanti della nuova scena<br />

musicale salentina. Ninfa Giannuzzi<br />

ha sperimentato in lungo e in largo<br />

nei generi musicali, r<strong>it</strong>agliandosi un<br />

ruolo di primo piano in una ipotetica<br />

storia della musica della nostra terra.<br />

Questo suo primo lavoro solista (che la vede accompagnata da<br />

validi musicisti) parte dal Salento con la riproposta di brani della<br />

tradizione e di ined<strong>it</strong>i esclusivamente in lingua grika, riarrangiati<br />

in una nuova veste contemporanea, ma affronta un cammino<br />

che tocca e rivede i canti tradizionali di Albania, Grecia, Medio-<br />

Oriente, Nord Africa, Spagna, Portogallo, Cile, Perù e Messico. Si<br />

dipana, in tal modo, un ipotetico viaggio sonoro nei Paesi che<br />

si affacciano sul Med<strong>it</strong>erraneo, e passando attraverso lo Stretto<br />

di Gibilterra, supera l’Oceano Atlantico e si ferma nell’Oceano<br />

Pacifico. Le acque di questi mari abbracciano, nutrono e fanno<br />

coesistere culture che stabiliscono, tra loro, contatti e legami<br />

talvolta evidenti, talvolta remoti.<br />

Ciò che non poteva esser detto direttamente alla donna<br />

amata, lo si cantava usando il tram<strong>it</strong>e della serenata. Non vi era<br />

innamorato nel Salento, che non recasse serenate dietro le porte<br />

della donna amata. A volte l’esecutore di questo tipo di canto<br />

non era l’innamorato ma un altro personaggio: il “mandatario”,<br />

specie di messaggero d’amore chiamato apposta per cantare<br />

una serenata sotto le finestre di una bella fanciulla. Da qui, il<br />

t<strong>it</strong>olo di questo nuovo progetto musicale di Dario Muci e Valerio<br />

Daniele, Mandatari appunto. Il progetto si propone come un<br />

viaggio acustico nei terr<strong>it</strong>ori al confine tra musica popolare e jazz,<br />

attraverso composizioni originali ed ined<strong>it</strong>i arrangiamenti di alcuni<br />

canti della tradizione popolare salentina.<br />

Nelle prossime settimane usciranno inoltre Ofidea degli Avleddha,<br />

Frunte de Luna di Enza Pagliara e Ama L’Acqua dei Les<br />

Troubl’amours.<br />

Piccioni, il pianista (ex Tiromancino) Andrea<br />

Pesce, l’organettista Claudio Prima e il<br />

violoncellista Redi Hasa. I Nidi D’Arac sono<br />

Alessandro Coppola (voce, ch<strong>it</strong>arre e<br />

tamburello), Vera Di Lecce (voce), Rodrigo<br />

D’Erasmo (violino e ch<strong>it</strong>arra), Maurizio<br />

Catania (batteria) e Caterina Quaranta<br />

(cori).


CoolClub.<strong>it</strong><br />

Ci sono suoni che spesso arrivano dal mare, come il vento, e<br />

finiscono per fermarsi tra le pieghe della terra per poi sedimentare<br />

e crescere. Ecco allora che tutto questo diventa musica nuova<br />

che ha il sapore di altri lidi, di altre coste mai tanto lontane da<br />

non essere ascoltate. Tutti questi echi, reminiscenze, presenze,<br />

diventano progetti interessanti e apolidi. Così è in fondo la<br />

BandAdriatica, allegra brigata cap<strong>it</strong>anata da Claudio Prima che<br />

abbiamo intervistato in occasione dell’usc<strong>it</strong>a di Contagio, album<br />

pubblicato da FinisTerre e distribu<strong>it</strong>o da Felmay.<br />

Da dove viene l’idea di una banda?<br />

Noi siamo figli delle bande. Abbiamo ricevuto la musica a<br />

domicilio. Questa è la nostra fortuna. La banda arriva a stanarci<br />

da piccoli fin dentro ogni casa e a ricordarci che c’è qualcosa<br />

per cui bisogna scendere in strada e prestare orecchio. Aspettare<br />

con pazienza di essere travolti. La musica delle bande fa parte<br />

di noi e ci rende unici. Le melodie che sedimentano nelle nostre<br />

mani r<strong>it</strong>ornano nelle nostre composizioni e ci identificano. Le storie<br />

che abbiamo sent<strong>it</strong>o raccontare, di avventure calabresi, di notti<br />

insonni, di vera musica da giro ci hanno affascinato a tal punto<br />

che ci siamo trovati a scegliere quella strada anche per i nostri<br />

strumenti.<br />

Una banda classica ma allo stesso tempo sui generis…<br />

Nella nostra musica non siamo mai riusc<strong>it</strong>i ad essere canonici. È<br />

un nostro difetto, a cui teniamo molto. La scommessa in questo<br />

caso è stata l’accostamento di strumenti di tradizioni diverse (in<br />

particolare organetto e violoncello) alla formazione bandistica<br />

classica e da qui l’infezione è stato un processo spontaneo.<br />

Sono gli strumenti stessi che dettano le deviazioni dallo standard,<br />

che suggeriscono con il loro modo naturale di esprimersi le linee<br />

con cui ci discostiamo dal repertorio tradizionale. Siamo stati da<br />

sempre seguaci dello spostamento, musicale o geografico che<br />

sia.<br />

Perché Adriatica?<br />

Le bande e le fanfare hanno un mare in comune. Il mare che li<br />

ha abbracciati e divisi per anni. Il mare su cui si sono mosse per<br />

accompagnare le madonne in processione o le spose in corteo.<br />

Il mare che in una notte ti fa cambiare musica. L’Adriatico è un<br />

mare che a dispetto della prossim<strong>it</strong>à dei Paesi che bagna, negli<br />

anni ha creato perlopiù allontanamenti. I porti che vi si affacciano<br />

sono spesso portavoci di tradizioni e culture profondamente<br />

differenti, lingue incomprensibili fra loro. Questo mare di differenze<br />

ci ha stimolato a cercare un percorso comune possibile, di cui<br />

abbiamo intravisto l’approdo quando ci siamo conosciuti. Noi<br />

musicisti provenienti da sponde diverse che si r<strong>it</strong>rovano a suonare<br />

la stessa musica.<br />

Diverse esperienze musicali e umane si uniscono in questo<br />

progetto, come si è formata questa famiglia?<br />

Ho incontrato Redi Hasa 5 anni fa a Lecce e in una cantina-<br />

9 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />

laboratorio abbiamo cominciato a scambiarci musica prima<br />

ancora che parole. Era arrivato qui da Tirana. Due anni fa<br />

abbiamo incontrato Emanuele Coluccia, reduce da una lunga<br />

traversata Occidentale da New York al Messico alla Spagna.<br />

Era già nato, e noi non lo sapevamo, il progetto adriatico; ce ne<br />

saremmo accorti più tardi, scoprendo ad ogni passo un’anima<br />

comune, sottesa dalla passione per le nostre reciproche culture<br />

e dalla necess<strong>it</strong>à di metterle in gioco. Negli ultimi due anni<br />

abbiamo incontrato gli altri musicisti della banda e la fortuna ha<br />

voluto che oltre all’esperienza diretta nelle bande di giro avessero<br />

l’intenzione di condividere con noi un percorso complesso e<br />

impervio come quello adriatico, il coraggio di mettere il proprio<br />

modo di suonare al servizio di una scommessa comune. Nel cd<br />

suona un altro grande viaggiatore, Naat Veliov che ci ha portato<br />

con la Kocani Orkestar una testimonianza straordinaria della sua<br />

capac<strong>it</strong>à di comunicazione oltre ogni confine linguistico e stilistico.<br />

Per la nostra ricerca è stata una grande lezione.<br />

Qual è il tuo rapporto con la tradizione, come vivi questo<br />

fenomeno, a tratti modaiolo, di riscoperta?<br />

Io non mi sento un musicista tradizionale, non credo di esserlo mai<br />

stato fino in fondo. La musica tradizionale ha rappresentato per<br />

me la svolta emotiva al momento più rilevante di cui ho memoria<br />

e mi ha fatto comprendere quanto la musica fosse importante<br />

per la mia v<strong>it</strong>a. Da lì è stata una continua ricerca di una via<br />

personale di interpretazione del repertorio e dello strumento,<br />

figlia della mia modern<strong>it</strong>à, del mio sentire al presente. Il mio modo<br />

di suonare l’organetto e di comporrre da il senso di come io<br />

intenda la tradizione. Il profondo rispetto che nutro per la musica<br />

tradizionale mi costringe a stare lontano in questo periodo da<br />

un certo circu<strong>it</strong>o di riscoperta, che considero approssimativo e<br />

dannoso. Per ev<strong>it</strong>are che il fenomeno si tramuti in moda, a mio<br />

avviso, un profondo bisogno di approfondimento e di ricerca.<br />

L’avvicinamento al repertorio tradizionale ha bisogno della stessa<br />

umiltà con cui è riusc<strong>it</strong>o a vincere l’usura del tempo.<br />

Parlaci un po’ di questo ultimo lavoro, perché Contagio?<br />

Le musiche che non conosciamo ci hanno contagiato e non ce ne<br />

siamo accorti. Ce le portiamo dentro, in incubazione, fino a quando<br />

non le riconosciamo nelle mani di chi ce le riporta. Le musiche nei<br />

porti dell’adriatico si sono contagiate per contatto diretto o per<br />

via del vento. Noi cerchiamo in questo disco una chiave di lettura<br />

possibile di un contagio ormai diffuso e inconsapevole. Il nostro<br />

è un periplo che da Brindisi porta fino a Creta, passando per<br />

Venezia, Dubrovnik, Durazzo andando di porto in porto a scoprire<br />

quanto e se siamo diversi, per esorcizzare il timore di un’infezione,<br />

quella culturale, di cui siamo fieri sosten<strong>it</strong>ori. Conoscere per non<br />

aver paura di conoscere. Ce n’è sempre più bisogno.<br />

Osvaldo Piliego


CoolClub.<strong>it</strong><br />

Tredici anni dopo il primo episodio e a<br />

circa sette dalla seconda usc<strong>it</strong>a i Sud<br />

Sound System lanciano la terza puntata<br />

del Salento Show Case. Una raccolta<br />

del meglio del reggae salentino.<br />

Diciannove brani che mescolano<br />

vecchie e nuove generazioni, la storia<br />

del reggae con le nuove crew che si<br />

affacciano nel panorama musicale<br />

nazionale. “Siamo molto soddisfatti di<br />

questa nuova avventura”, sottolinea<br />

Papa Gianni, voce storica dei Sud<br />

Sound System. “L’importante è<br />

promuovere nuove voci, dare la possibil<strong>it</strong>à a un po’ di ragazzi e<br />

ragazze di emergere nell’amb<strong>it</strong>o del reggae. Segnaliamo come<br />

una cosa pos<strong>it</strong>iva anche la presenza di due minorenni, Alessia e<br />

Mulino”. Alessia è diventata famosa per la sua partecipazione<br />

alle recenti edizioni della Notte della Taranta e per la intro della<br />

fortunata Le radici ca tieni dei Sud (che ha ottenuto anche un<br />

premio al Meeting delle etichette indipendenti e il Premio Tenco<br />

come miglior album dialettale). Qui la giovane cantante apre il<br />

disco con Uardame. “Il meccanismo interessante di questo tipo<br />

di produzioni è la reale collaborazione tra noi, che componiamo<br />

una serie di basi, e i ragazzi che scrivono il proprio pezzo. Dopo<br />

una prima selezione siamo arrivati alla scelta dei brani da inserire<br />

nel cd”. Salento Showcase 2007 - in usc<strong>it</strong>a per V2 - accoglie<br />

dunque quattro nuovi r<strong>it</strong>mi prodotti dai Sud (Friseddhre, Hard<br />

Drum, Dancehall Rock e Te Reggettu) sui quali si esprimono nuovi<br />

talenti come Sandrino e Strunizzu, Afro Bamba, Lu Dottore, Kaya<br />

Killa, Hot Fire, RankinLele, PapaLeu e Marina, Italo, Terequeia e<br />

Ghetto Eden (nella foto). Nuovi volti che segnano una evoluzione<br />

del reagge nel Salento. “In questi tredici anni c’è stata una vera e<br />

propria rivoluzione”, conclude Papa Gianni. “La spinta del reggae<br />

sotto l’aspetto della denuncia sociale non si è esaur<strong>it</strong>a ma ha<br />

virato più sul ballo, Complessivamente i r<strong>it</strong>mi sono notevolmente<br />

cambiati, sono meno soft. La nuova generazione va verso una<br />

visione più moderna del reggae che richiama da vicino quella dei<br />

ghetti americani e jamaicani”. La compilation infine è arricch<strong>it</strong>a<br />

da due “combination” di Terron Fabio nei brani La Coscienza<br />

Chiama e Uarda e da tre brani ined<strong>it</strong>i dei Sud Sound System: Me<br />

Recordu cantata da Nandu Popu, Meiu Cu Dici No di Don Rico,<br />

Tuttu l’Amore di Don Rico e Papa Gianni.<br />

Esplorare la musica nera, farsi strada<br />

in un sound compos<strong>it</strong>o e ricco in cui le<br />

derive e i punti di fuga possono essere<br />

sorprendentemente vicini.<br />

Questo sembra l’intento dichiarato di<br />

Black Zone Ensemble. Basta usare collante<br />

sintetico e tutto funziona a perfezione.<br />

Potere dell’elettronica, biglietto da vis<strong>it</strong>a<br />

della 11/8 quasi sempre in bilico tra jazz<br />

e sperimentazione. Ed è sotto la grande<br />

bandiera del Nu jazz che trova riparo questo<br />

progetto firmato da Daniele Miglietta,<br />

anche se ad ascoltare bene c’è molto,<br />

molto di più. Lui ai comandi sommerso di<br />

sinth dal sapore vintage e intorno a lui tanti<br />

amici talentuosi (Mauro Tre, Davide Arena,<br />

Nathalie Claude, Stefania Dipierro, Violet<br />

Sol, Valentina Grande, Michele Minerva,<br />

Giancarlo Dell’Anna).<br />

Il risultato è un lavoro vellutato dove la<br />

bossa di incunea con beat più acidi,<br />

dove riminescenze anni 70 fanno capolino<br />

dando un vago sapore da spystory. Il<br />

lavoro è estremamente vario quasi vedesse<br />

l’esplorazione della “zona nera” come<br />

una missione. Ancora una sfaccettatura<br />

musicale di un Salento ricco di sorprese e<br />

generoso di produzioni. Prodotto che non<br />

sfigura accanto a produzioni internazionali<br />

e che di estero profuma.<br />

O.P.<br />

11 S U D E S T I N D I P E N D E N T E<br />

TREBLE STUDIO PIU’ AMORE<br />

Dopo la lunga esperienza nei Sud Sound<br />

System, Antonio “Treble” Petrachi meglio<br />

consciuto come Lu Professore è tornato con<br />

nuovi progetti. Se l’accoppiata con il gruppo<br />

di musica tradizionale Kumenei ha dato<br />

buoni frutti (e un mini cd dal t<strong>it</strong>olo Salento,<br />

distruibu<strong>it</strong>o anche in edicola) sicuramente<br />

interessante è Treble Studio più amore un<br />

“resoconto” dell’attiv<strong>it</strong>à dello studio di<br />

registrazione.<br />

Il cd osp<strong>it</strong>a una serie di realtà del panorama<br />

reggae salentino e pugliese che si<br />

confrontano con i brani scr<strong>it</strong>ti dallo stesso<br />

autore e arrangiate e risuonate insieme a Roots Family band,<br />

un‘emergente reggae band salentina. Nel cd si contaminano<br />

inglese, spagnolo, barese, tarantino, calabrese, salentino e<br />

<strong>it</strong>aliano. Tra gli osp<strong>it</strong>i Fido Guido, Mama Marjas, Dany Silk, B.i.g.,<br />

Bob Jahman, Paolino, Apache, Ventre Ianca, Mykela e molti<br />

altri. Domenica 15 <strong>luglio</strong> al Soul Food di Torre dell’Orso si terrà<br />

la presentazione ufficiale del disco. Il locale del l<strong>it</strong>orale adriatico<br />

osp<strong>it</strong>erà ogni mercoledì i dj set “Soul Reggae” .


Keep Cool Pop,<br />

Wh<strong>it</strong>e stripes<br />

Icky Thump<br />

XL<br />

Rock, blues / ****<br />

È con un certo sollievo che presentiamo<br />

l’album dei Wh<strong>it</strong>e Stripes. Non so se<br />

la “famiglia” Wh<strong>it</strong>e benedica quella<br />

sera di Bruges, in cui i tifosi della Roma<br />

fecero nascere il “popopoppopòpo” poi<br />

diventato nazional-popolare. Sicuramente<br />

abbiamo assist<strong>it</strong>o ad agghiaccianti<br />

manovre di marketing, in cui l’album<br />

Elephant, che conteneva la (comunque<br />

bellissima) Seven Nation Army, origine e<br />

causa del tormentone, veniva spacciato<br />

per nuovo album pur essendo del 2003. E<br />

tuttora, se ascoltate il promo in radio, tutto<br />

parte dal popopò. Ridurre Icky Thump a<br />

questo è un errore tutto <strong>it</strong>aliano.<br />

Jack Wh<strong>it</strong>e sembra quasi fiutare questo<br />

pericolo di spettacolarizzazione della sua<br />

Alternative, Metal, Elettronica, Lounge Italiana, Indie<br />

musica e tira fuori riff di ch<strong>it</strong>arra anacronistici,<br />

poco ruffiani e molto rispettosi dei suoi<br />

maestri. Un album rock vecchia maniera,<br />

venato di blues e sonor<strong>it</strong>à decisamente più<br />

affini al repertorio statun<strong>it</strong>ense che a quello<br />

europeo. La forma del duo è ai massimi<br />

livelli: Jack si diverte con la sua ch<strong>it</strong>arra,<br />

non si priva mai del gusto dell’assolo che<br />

spesso orienta l’andamento dell’intera<br />

canzone; Meg, considerata una dei più<br />

scarsi interpreti della batteria di tutti i tempi,<br />

continua a suonare in modo impulsivo<br />

se non compulsivo, fregandosene della<br />

tecnica e tirando fuori un suono che lo<br />

riconosceresti in mezzo a un milione. Icky<br />

Thump sposta ancora più in alto l’asticella<br />

qual<strong>it</strong>ativa delle “strisce bianche” pur<br />

la musica secondo <strong>cool</strong>cub<br />

offrendo pochi spunti per favorirne un<br />

buon successo commerciale (fatta salva<br />

la divertente Conquest; magari la casa<br />

discografica ci rimette lo zampino e la<br />

lancia come singolo) offre un ottimo<br />

spettacolo per tutti gli amanti del rock. Gli<br />

ascoltatori più anziani potranno dire che,<br />

in fondo, è un album degli anni ‘70 usc<strong>it</strong>o<br />

con una trentina di anni di r<strong>it</strong>ardo, che gli<br />

Wh<strong>it</strong>e non hanno inventato nulla, che è<br />

un collage di c<strong>it</strong>azioni. Quasi come fosse<br />

un film di Tarantino. I vantaggi di essere<br />

giovani: sei ignorante, e ti godi tutto come<br />

se fosse tutto nuovo. Viva Tarantino, viva i<br />

Wh<strong>it</strong>e Stripes.<br />

Dino Amenduni


14<br />

Gogol Bordello<br />

Super Taranta !<br />

Sideonedummy records<br />

gipsy rock ****<br />

La baraonda dei Gogol Bordello è pronta a investire il mondo con un nuovo album.<br />

Super taranta il t<strong>it</strong>olo, più salentino che mai scelto con riferimento diretto al potere<br />

della nostra musica, quello curativo, liberatorio. E certo che già in passato questa<br />

band ci aveva ab<strong>it</strong>uato a concerti che sfociavano in veri e proprio r<strong>it</strong>i collettivi. Il<br />

segreto? La loro natura musicale anarcoide capace di attingere a destra e manca<br />

vagabondando tra i generi con un’att<strong>it</strong>udine decisamente punk. Questo disco<br />

è, se possibile, più adrenal<strong>it</strong>ico dello scorso, un delirio di fiati, corde, perussioni<br />

r<strong>it</strong>mi del mondo, bande sbilenche, cavalcate ubriache e gioco, tanto gioco. La<br />

direzione dichiarata dallo stesso leader Eugene Hutz è “la conquista della musica<br />

mondiale”. Super taranta è un biglietto andata e r<strong>it</strong>orno per ovunque, tutto viene<br />

preso e frullato in un melting pot sonoro travolgente. A chi si chiede se ci sono<br />

tracce di pizzica all’interno dell’album, la risposta è si. Ce n’è l’essenza, quella<br />

che forse, ogni tanto, si perde. E allora mettete da parte ogni confine musicale e<br />

lasciatevi prendere da questa nuova frontiera delle musiche possibili…dai Clash<br />

alla musica dei Balcani.<br />

O.P.<br />

Chemical Brothers<br />

We are the night<br />

Virgin<br />

Dance, elettronica / **½<br />

A due anni dall’acclamato Push the button,<br />

tornano i due “fratelli” mancuniani con<br />

l’album probabilmente più controverso<br />

della loro carriera. Non perché abbiano<br />

cambiato genere di colpo (anzi), ma<br />

perché è come se non avessero mai fatto<br />

carriera, mai sfornato gemme pop e allo<br />

stesso tempo grandi h<strong>it</strong> ballabili. Come se il<br />

loro tempo si fosse fermato a 10 anni fa. Ed<br />

è questo il lato davvero controverso: loro<br />

volevano questo, volevano essere la notte<br />

e niente più, volevano sfornare un album<br />

spiccatamente frivolo, senza azzardi,<br />

senza collaborazioni folli. I Klaxons sono il<br />

massimo del divertimento per la mediocre<br />

All rights reversed, il singolo Do <strong>it</strong> Again,<br />

buono ma non eccezionale, è cantato<br />

da Ali Love (?) ma il featuring poteva<br />

essere di chiunque altro. Non è che siano<br />

diventati improvvisamente dei brocchi:<br />

ci sono alcuni spunti interessanti (No Path<br />

to follow, Saturate), ma dilu<strong>it</strong>i in un cd<br />

inspiegabilmente senza nerbo. Vedremo<br />

come reagirà il pubblico, ma il sospetto è<br />

che questo album sarebbe stato ignorato,<br />

se non fosse stato dei Chemical. Fratelli,<br />

che vi siano fin<strong>it</strong>e le soluzioni?<br />

Dino Amenduni<br />

KeepCool<br />

September Collective<br />

All the birds were anarchists<br />

Mosz<br />

elettronica / ****½<br />

Dietro questo moniker si nascondono<br />

tre vecchie conoscenze della scena<br />

elettronica europea: i tedeschi Stefan<br />

Schneider (To Rococo Rot, Mapstation)<br />

e Barbara Morgenstern e il polacco Paul<br />

Wirkus. I tre hanno iniziato a collaborare<br />

insieme durante un tour in Polonia nel<br />

2002: ogni sera, alla fine dei loro singoli<br />

shows, iniziarono a improvvisare qualcosa<br />

insieme. Vedendo che la cosa funzionava<br />

decisero di mettersi in studio e da lì nacque<br />

il primo disco dei September Collective,<br />

su Geographic rec., usc<strong>it</strong>o nel 2004. Già<br />

allora i risultati (tra l’altro prevedibili)<br />

furono sorprendenti. Questo nuovo “All<br />

the birds…”, usc<strong>it</strong>o su Mosz, label fondata<br />

da Stefan Nemeth dei Radian e dalla<br />

filmaker Michaela Schwentner, conferma<br />

la ottima riusc<strong>it</strong>a di questa fortunata (per<br />

noi ascoltatori) fusione. L’elettronica così<br />

come dovrebbe sempre essere: essenziale<br />

ma non piatta, colta ma non presuntuosa,<br />

raffinata ma non snob. Sonor<strong>it</strong>à e att<strong>it</strong>udine<br />

che sembravano scomparse nel passaggio<br />

a questo nuovo millennio, e sarebbe stato<br />

un gran peccato. E invece eccole sempre<br />

qui, solo un tantino meno visibili nel vortice<br />

modaiolo delle attenzioni medianiche. Più<br />

di qualcuno aveva creduto che questo<br />

genere, questa “scena”, aveva esaur<strong>it</strong>o<br />

le sue potenzial<strong>it</strong>à, che non aveva più<br />

niente da comunicare. Ed ecco invece<br />

ancora gradiose melodie e fluttazioni<br />

che sanno trasportarti fuori dal tuo mondo<br />

quotidiano e farti esplodere lentamente<br />

dal di dentro. 12 eccezionali tracce che<br />

speri non finiscano mai. Da non perdere<br />

assolutamente.<br />

Gennaro Azzolini<br />

Patrizia Laquidara<br />

Funambola<br />

Ponderosa/Edel<br />

jazz, cantautorato / ****½<br />

Viene da Catania, terra più che fiorente<br />

per la musica <strong>it</strong>aliana contemporanea<br />

(Consoli, Venuti, Biondi). È cresciuta con<br />

Mogol e lavorando con<br />

il repertorio tradizionale<br />

della musica brasiliana.<br />

È affascinante. È emozionale<br />

(si sprecano le leggende<br />

sulle sue esibizioni<br />

dal vivo, e la copertina<br />

dell’album contribuisce<br />

a colorare l’immaginario).<br />

E, soprattutto, ha ti-


KeepCool 15<br />

rato fuori l’album <strong>it</strong>aliano dell’anno.<br />

Un lavoro delicato e contemporaneamente<br />

intensissimo, in cui Patrizia si destreggia tra<br />

testi impegnati ed altri più leggeri: così è<br />

la v<strong>it</strong>a, e lei non fa altro che ricordarcelo.<br />

Parla dell’amore ma sembra più esperta di<br />

quel sentimento di “mezzo”, tra il prendersi<br />

e il lasciarsi, tra l’esplodere e l’implodere.<br />

L’equilibrio è un miracolo, in questi casi, e lei<br />

sembra saperlo fin troppo bene. Ma sono i<br />

momenti in cui è la samba a guidare i flussi<br />

di coscienza della Laquidara a rendere<br />

l’album straordinario. Ziza ma soprattutto<br />

la perla Personaggio vi faranno alzare di<br />

scatto.. Voi vi chiederete: e allora perché<br />

non hai messo il massimo dei voti? Perché<br />

si cerca di essere obiettivi, questa musica<br />

non piace a tutti. Per quanto mi riguarda,<br />

quel mezzo voto “mancante” ci sta tutto.<br />

Dino Amenduni<br />

Bishop Allen & The Broken<br />

String<br />

Bishop Allen & The Broken String<br />

Dead records<br />

indie / ****<br />

I Belle & Sebastian<br />

i n d u b b i a m e n t e<br />

hanno fatto scuola<br />

e questi Bishop<br />

Allen & The broken<br />

String sono sicuramente<br />

tra i loro<br />

allievi più bravi.<br />

Vengono da oltreoceano,<br />

e senza<br />

essere dei cloni hanno saputo fare propria<br />

la lezione imparata; strizzando l’occhio di<br />

tanto in tanto agli Arch<strong>it</strong>ecture in Helsinki, si<br />

muovono in bilico tra allegria e malinconia<br />

per tutta la durata delle dodici tracce di<br />

questo lavoro omonimo.<br />

Nell’eterogeneic<strong>it</strong>à dei loro brani sanno<br />

essere dolcemente spensierati (Rain<br />

e Click, Click, Click, Click) ma anche<br />

aggressivi, quasi ai confini del punk rock,<br />

vedi Middle Management. Degna di nota<br />

anche The Chinatown Bus, sullo stile dolce e<br />

melanconico dei migliori Belle&Sebastian.<br />

Da collezione primavera-estate con un<br />

pensiero all’ autunno. Semplicemente<br />

belli.<br />

Federico Baglivi<br />

Roy Paci e Aretuska<br />

Suonoglobal<br />

V2<br />

patchanka / **** ½<br />

Già strombazzato come “disco dell’estate”<br />

(chissà come la pensa Roy…), ecco a<br />

voi l’album più salentino (registrato a<br />

Castrignano del Capo) e allo stesso tempo<br />

più apolide nella carriera dell’eccelso<br />

strumentista siracusano, il quale aveva<br />

chiesto agli Aretuska una prova di matur<strong>it</strong>à<br />

per continuare a lavorare insieme. Così è<br />

stato: Suonoglobal è un’ottima occasione<br />

per viaggiare nel caleidoscopio sonoro<br />

tutto r<strong>it</strong>mo e contenuti e per gustarci il<br />

cameo, quasi ist<strong>it</strong>uzionale, di Manu Chao,<br />

che colora il singolo Toda Joia Toda Beleza<br />

e che testimonia la volontà “pol<strong>it</strong>ica”<br />

racchiusa nel lavoro. Anche gli osp<strong>it</strong>i<br />

<strong>it</strong>aliani sono tutto sommato prevedibili:<br />

Cor Veleno, Pau, Enrique (Bandabardò),<br />

Morgan<br />

Da a… ad a<br />

Sony Bmg<br />

canzone d’autore / *****<br />

Questo disco di Morgan è più di quello<br />

che ci si aspettava. Dopo Canzoni<br />

dall’appartamento e il tributo a De Andrè,<br />

riesce in questo nuovo episodio a superarsi<br />

e superare l’idea di canzone d’autore che<br />

ci eravamo fatti. Basta ascoltare le prime<br />

note per assaporare echi dei grandi maestri<br />

<strong>it</strong>aliani, c<strong>it</strong>azioni colte dalla musica classica,<br />

crescendo beatlesiani, accostamenti<br />

strumentali ricchi, riferimenti letterari, David<br />

Bowie. Tutto in un uomo, tutto per raccontare<br />

l’eterno r<strong>it</strong>orno a lei e all’amore. Da a ad<br />

a potrebbe essere la sua eterna musa Asia<br />

Argento, ma anche riferirsi al detto latino<br />

“Per aspera ad astra” (attraverso le avvers<strong>it</strong>à fino alle stelle). Un disco che nasconde<br />

sicuramente più messaggi di quelli che ci è dato cogliere, un disco che mer<strong>it</strong>a tempo,<br />

quasi un riparo, una confessione a metà, una dedica al necessario, alla famiglia (in<br />

una canzone canta anche la figlia), ma anche una finestra sulle inquiet<strong>it</strong>udini. Come si<br />

può ascoltare una canzone come Una storia d’amore e van<strong>it</strong>à senza pensare al miglior<br />

Tenco o a Bindi. Sensuali gli arrangiamenti d’archi di La ver<strong>it</strong>à. Anche quando i tuni si<br />

irrobustiscono la poesia non perde intens<strong>it</strong>à. La lunga coda finale di Contro me stesso è<br />

un viaggio psichedelico raccomandato a tutti.<br />

O.P.<br />

Caparezza, Sud Sound System, Raiz.<br />

Contaminazioni dall’inizio alla fine, nelle<br />

lingue, nei generi e nei repertori per un<br />

album che ha incontrato il favore anche<br />

dei massimi sistemi (è infatti distribu<strong>it</strong>o in<br />

edicola da La Repubblica). I protagonisti<br />

però restano Roy e la sua tromba, e non<br />

c’è traccia che veda offuscata la sua<br />

personal<strong>it</strong>à. Consigliato perché piace sia<br />

per la superficie, fresca ed estiva, che per<br />

ciò che c’è all’interno, ottimo cibo per la<br />

mente. Il disco dell’estate che difficilmente<br />

metterete via d’autunno.<br />

Dino Amenduni<br />

Zelienople<br />

His/Hers<br />

Type records<br />

psico-folk / ***<br />

His/Hers esce per la Type records ed<br />

arriva da Chicago, è la nuova usc<strong>it</strong>a del<br />

trio Zelienople, band attiva dal 1998. In<br />

parole semplici His/Hers è molto difficile da<br />

digerire. Cinque tracce di folk psichedelico/<br />

psicotico; delirante più di tutte è la traccia<br />

Forceed March: rumorosa, insana, ma<br />

anche jazz e post-rock. Indefinibili e<br />

inqualificabili, riesce difficile, più di altri<br />

gruppi, etichettare, spiegare, scrivere in<br />

parole. Sfuggenti a qualsiasi catalogazione,<br />

spiazzanti anche all’ascolto. Sembrano<br />

affondare le loro radici in un post rock<br />

cupo e quasi industriale, suoni provenienti<br />

dagli sporchi sotterranei dei sobborghi di<br />

Chicago. In defin<strong>it</strong>iva, se questo era il loro<br />

scopo, l’impatto straniante è assicurato.<br />

Federico Baglivi<br />

Rush<br />

Snakes and Arrows<br />

Anthem/Atlantic<br />

rock / ****<br />

Ben più di trent’anni di onorata carriera,<br />

diciannove album<br />

in studio senza<br />

contare gli innumerevoli<br />

live e le<br />

raccolte, premi di<br />

cr<strong>it</strong>ica e dischi di<br />

platino… e i Rush<br />

sono ancora qui,<br />

con un rock che<br />

suona ancora così<br />

carico e fresco da<br />

far impallidire le nuove generazioni. Dagli<br />

anni ‘70 ad oggi mai un disco uguale al<br />

precedente, eppure sempre così “loro” da<br />

essere riconoscibili tra mille.<br />

Questa volta il trio Lee Lifeson Peart si<br />

spinge ancora oltre, ancora una volta<br />

piacevolmente ci spiazza e sterza<br />

lievemente rispetto all’ultimo Vapor Trails.<br />

Non da lì Snakes and Arrows prende le<br />

mosse, ma dal lunghissimo tour mondiale<br />

per l’anniversario dei trent’anni della band,<br />

secondo me vera chiave di lettura del<br />

disco. Prendiamo ad esempio il singolo Far<br />

Cry che apre le danze: ti aspetti la potenza<br />

e i suoni del disco precedente, e invece<br />

ti r<strong>it</strong>rovi le morbide atmosfere di Presto.<br />

L’ined<strong>it</strong>o blues con cui parte The Way The<br />

Wind Blows e i ben tre brani strumentali<br />

sono convinto, non possano che essere figli<br />

di un’improvvisata tra un live e un altro; i riff<br />

di Spindrift e Good New First ci rimandano<br />

ai tempi di Test for Echo; mentre il feeling<br />

di The Larger Bowl è quello delle cover<br />

sessantiane rilasciate col disco Feedback.<br />

I richiami a Vapor Trails non sono assenti<br />

del tutto (particolarmente in Fa<strong>it</strong>hless), ma


16<br />

in complesso il disco è meno aggressivo e<br />

cela un’anima decisamente più intimista,<br />

con Lifeson che torna a dilettarsi con<br />

qualche breve solo e le magiche geometrie<br />

della batteria di Peart che suonano più<br />

discrete rispetto al passato. Quello che<br />

non cambia – e fortunatamente non è<br />

cambiato mai dagli anni ’70 ad oggi<br />

– sono i testi brillanti di un poeta della<br />

semplic<strong>it</strong>à come Neil Peart, e, soprattutto,<br />

il gusto melodico che sa puntare dr<strong>it</strong>to al<br />

cuore, strale di Cupido la voce irripetibile<br />

di un sempreverde Geddy Lee. Il risultato è<br />

un altro disco fantastico, meno coraggioso<br />

forse, ma bilanciato perfettamente tra<br />

reminescenze del passato e un’inesauribile<br />

voglia di guardare ancora avanti: un’altra<br />

piccola gemma preziosa che contiene in<br />

se e riecheggia la lucentezza di quelle che<br />

l’hanno preceduta.<br />

Dario Lolli (mariorollo)<br />

Machine Head<br />

The Blackening<br />

Roadrunner/Universal<br />

metal / ***<br />

C’era parecchia attesa attorno a questo<br />

nuovo cap<strong>it</strong>olo della band di Oakland<br />

dopo il precedente e pur ottimo Through<br />

The Ashes Of Empires, ma non aspettatevi<br />

un nuovo Burn My Eyes, il micidiale album<br />

con cui i Machine Head esordirono<br />

nell’ormai lontano 1994. Troppo tempo<br />

ci separa ormai da quell’incandescente<br />

reliquia ma quest’album rappresenta,<br />

comunque, una sintesi perfetta di ciò che<br />

sono diventati i Machine Head negli ultimi<br />

anni: una metal band completa e matura,<br />

capace di alternare momenti di rara e<br />

toccante bellezza ad altri di devastante<br />

ferocia. Solo otto pezzi per un totale di poco<br />

più di un’ora di musica su questo disco, ma<br />

ben quattro di essi viaggiano oltre i nove<br />

minuti! Il pensiero vola alla purtroppo breve<br />

epopea del techno-thrash a cavallo tra<br />

gli ’80 e i ’90, tendenza già ampiamente<br />

rivalutata (per fortuna!) da altri eccellenti<br />

campioni di recente sal<strong>it</strong>i agli onori della<br />

ribalta, un nome su tutti: Mastodon! La<br />

violenza la fa da padrona, insomma, su<br />

The Blackening, viaggio vertiginoso ed<br />

esaltante, martoriato da r<strong>it</strong>miche assassine<br />

e da ch<strong>it</strong>arre incendiarie, ma, vi assicuro,<br />

con passaggi d’assoluto spessore tecnico<br />

e artistico!. Il loro suono è ormai un<br />

inconfondibile marchio di fabbrica. Meno<br />

diretti rispetto al passato forse, mai scontati,<br />

ma sempre pronti a lanciare nuove sfide<br />

e a chi li segue da anni. Questo sono i<br />

Machine Head oggi … Buy or die!<br />

Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />

Queens of the stone age<br />

Era vulgaris<br />

Umg<br />

stoner / ****<br />

Giorgio Canali & Rossofuoco<br />

Tutti Contro Tutti<br />

La tempesta<br />

rock / ****<br />

Rabbia. Basta una sola<br />

parola per definire Tutti<br />

Contro Tutti, il quarto<br />

album di Giorgio<br />

Canali e Rossofuoco.<br />

Coerentemente e cocciutamente,<br />

quello che<br />

per molti resta l’unico<br />

vero rocker <strong>it</strong>aliano intesse<br />

un nuovo disco<br />

attraverso dieci episodi<br />

caustici e polemici, ruvidi e aguzzi come la<br />

faccia di chi li ha scr<strong>it</strong>ti.<br />

La dedica a Federico Aldrovandi,<br />

diciassettenne ucciso in circostanze ancora<br />

non chiar<strong>it</strong>e da quattro poliziotti a Ferrara,<br />

è quasi una dichiarazione d’intenti per<br />

un lavoro che trasuda, appunto, rabbia.<br />

Genuina, necessaria: “Si lo so di avere<br />

KeepCool<br />

Quinto disco per i Queens Of The Stone Age, band nata nel 1997 dalle ceneri dei defunti<br />

Kyuss, creatori dello stoner rock. Era Vulgaris riparte dalle sonor<strong>it</strong>à dettate dall’ultimo<br />

disco in studio (Lullabies To Paralyze, buon disco anche se meno stoner del resto della<br />

discografia) e ne allarga le vedute, r<strong>it</strong>ornando alle origini (stile heavy e ripet<strong>it</strong>ivo defin<strong>it</strong>o<br />

da Homme come robot rock) ed evolvendosi sotto certi aspetti. Durante l’ascolto delle<br />

tracce che compongono il disco (l’edizione giapponese e inglese conterranno anche<br />

una collaborazione con Trent Reznor dei Nine Inch Nails) avremo modo di ascoltare<br />

hard rock, stoner e tracce di psichedelia. La traccia di apertura si int<strong>it</strong>ola Turning On The<br />

Screw. Un’intro che sintetizza le sonor<strong>it</strong>à di Era Vulgaris, un pezzo lento, contrassegnato<br />

dai classici riff stoner ripetuti fino ad un piacevole martellamento. Sub<strong>it</strong>o dopo si parte<br />

velocemente, malatamente e semplicemente con il primo estratto dell’album: Sick, Sick,<br />

Sick. Brano di una efficacia e immediatezza che non si sentiva da un bel po’ di tempo<br />

a questa parte. Come singolo per attirare l’ascoltatore medio è perfetto. I’m Designer<br />

è un altro potenziale singolo, riff sporchi si mischiano a giri di basso semplici, così come<br />

le parti di batteria, il r<strong>it</strong>ornello è molto orecchiabile ed entra in testa in un paio di ascolti<br />

al massimo. Con Into The Hollow si inizia a sentire la psichedelia c<strong>it</strong>ata in apertura, per<br />

poi arrivare a Misf<strong>it</strong> Love, uno dei brani più stoner e più belli dell’album, accarezzare<br />

il lento r<strong>it</strong>mo di Desert Sessions 9 & 10 e giungere al rush finale con brani che vanno<br />

dallo stoner più classico ai duri suoni dell’hard rock con Run Pig Run, brano di chiusura.<br />

Insomma, un disco davvero emozionante, esaltante, tanto vario da soddisfare anche i<br />

gusti più diversi. Homme si conferma sempre più ispirato e in forma. Direi che la vetta del<br />

monte rock diventa sempre più vicina agli occhi di questa rock band statun<strong>it</strong>ense che<br />

continua a stupirci e confermarsi anche dopo dieci anni di lavoro.<br />

Luana Giacovelli<br />

dentro una rabbia di cui non mi pento… da<br />

uno a cento è centomila la rabbia che ho<br />

dentro” canta Giorgio, e la sua incessante<br />

sicumera incontra la forza centrifuga ed<br />

elettrica dei Rossofuoco, qui davvero in<br />

stato di grazia. Alealè è la versione <strong>it</strong>aliana<br />

di un pezzo presente sul suo esordio solista<br />

datato ‘98, che contiene forse la strofa più<br />

efficace con la mirabile perifrasi gaberiana<br />

“E così accade che / la libertà futura / è un<br />

pompino in tv / senza censura […] Accade<br />

che la libertà / è partecipazione… agli<br />

utili”, Falso Bolero è una ballad ruvida che<br />

omaggia Gun Club, Lou Reed e qualche<br />

altro zombie del rock’n’roll, Settembre<br />

Aspettando è una cover dei Noir Desir,<br />

Comequandofuoripiove l’ennesima<br />

invettiva punk di quelle che quando le<br />

canta Giorgio sembra che si scrivano da<br />

sole. Forse un gradino sotto il precedente<br />

disco – a tuttora il suo capolavoro - ma<br />

sempre e comunque grande musica.<br />

Lunga v<strong>it</strong>a, Giorgio.<br />

Ilario Galati


KeepCool 17<br />

Enzo Favata Tentetto<br />

The New Villane<br />

Il manifesto<br />

etno-jazz / ***½ Appena pubblicato<br />

dalle edizioni musicali<br />

del manifesto,<br />

come del resto i<br />

suoi tre dischi precedenti,<br />

il nuovo<br />

lavoro del sassofonista<br />

sardo Enzo<br />

Favata, prende le<br />

mosse da un solido<br />

impianto jazz che si<br />

fonde alla tradizione sarda in generale e<br />

del canto a tenores in particolare.<br />

I Tenores De B<strong>it</strong>ti si affiancano infatti al<br />

sestetto originario dando v<strong>it</strong>a ad un<br />

tentetto dalle notevoli potenzial<strong>it</strong>à. Lunghe<br />

composizioni che omaggiano tanto il folk<br />

quanto la musica degli anni ’70, tra new<br />

thing e black-music. Chiarificatrici in tal<br />

senso le dediche al grande compos<strong>it</strong>ore<br />

e ricercatore sardo Marcello Melis e al<br />

leader degli Art Enseble Of Chicago Lester<br />

Bowie. Il risultato è un lavoro godibile<br />

dove tradizione e pulsioni sperimentali<br />

proseguono di pari passo, e composizioni<br />

come l’open-track Comare Mia mischiano<br />

aperture free ad un gusto in un certo qual<br />

modo rurale. Lo sradicamento da una<br />

parte, le radici dall’altra. In mezzo Favata<br />

e il suo corredo etno-jazz a tracciare un<br />

omaggio alla propria terra sempre in bilico<br />

tra innovazione e conservazione.<br />

Ilario Galati<br />

Tied & Tickled Trio<br />

Ael<strong>it</strong>a<br />

Morr Music / Wide<br />

electronica, post rock / ***½<br />

Nel 1994, Markus e Micha Acher, già<br />

conosciuti al pubblico come componenti<br />

dei Notwist, fondarono i Tied & Tickled<br />

Trio. L’intento, probabilmente, era quello<br />

di creare un nuovo progetto musicale<br />

che coniugasse la tradizione kraut degli<br />

anni ’70 al più recente post-rock di area<br />

Chicago. Con l’aiuto di altri musicisti<br />

importanti e con la voglia di sperimentare<br />

(potremmo parlare di avanguardia) nei<br />

loro dischi hanno abbracciato spesso lo<br />

stile classico, rivelando una certa natura<br />

jazz. L’ultimo loro album, Ael<strong>it</strong>a, ci trasporta<br />

inesorabilmente in paesaggi immaginari,<br />

la delicatezza e la calma accompagnano<br />

le suggestioni e i sogni più remoti, suoni di<br />

strumenti classici e un consapevole uso<br />

dell’elettronica per ambienti decadenti<br />

e strade avvolte nell’ombra, nuove<br />

dimensioni. Ael<strong>it</strong>a è anche il nome di tre<br />

Bruce Springsteen<br />

Live In Dublin<br />

Columbia<br />

rock / *****<br />

Che dire che non sia già<br />

stato detto? Il celebratissimo<br />

tour con la Seeger<br />

Session band, per la gioia<br />

degli aficionados, è una<br />

un doppio live con i fiocchi.<br />

Doppio cd o dvd che<br />

sia, quella notte a Dublino<br />

Bruce era in stato di grazia<br />

dunque siamo di fronte all’ennesimo<br />

documento dal<br />

vivo imprescindibile.<br />

La band di Bruce non fa<br />

certo rimpiangere la E<br />

Street Band quanto a potenza<br />

ed affiatamento, e<br />

oltre ai pezzi presenti sul<br />

disco tributo a Seeger,<br />

qui fanno capolino alcuni<br />

classici springsteeniani che<br />

immagino abbiano creato<br />

non pochi scompensi<br />

cardiaci ai suoi sosten<strong>it</strong>ori.<br />

Highway Patrolman, Atlantic<br />

C<strong>it</strong>y, Growin’ Up, una irrefrenabile<br />

Open All Night,<br />

sono cose che ti stendono al tappeto. Il corredo sonoro è più che mai sovrabbondante,<br />

il dixieland a volte prende il sopravvento, i musicisti sono scatenati e lui… beh, lui c’ha<br />

un cuore enorme. La mestizia di Eye Of The Prize, il parossismo di Mary Don’t You Weep,<br />

la sarabanda di Pay Me My Money Down… Insomma, ancora una volta la musica conta<br />

fino ad un certo punto. È di lui che ci fidiamo.<br />

Ilario Galati<br />

brani all’interno dell’album, tracce legate<br />

da un filo sottile. I riferimenti alla letteratura<br />

russa degli anni 20, che r<strong>it</strong>roviamo nella<br />

scelta dei t<strong>it</strong>oli, cost<strong>it</strong>uiscono la chiave<br />

per comprendere meglio l’idea. Un buon<br />

disco.<br />

Livio Polini<br />

Shapes And Sizes<br />

Spl<strong>it</strong> Lips, Winning Hips, A Shiner<br />

(Asthmatic K<strong>it</strong>ty / Audioglobe)<br />

indierock / ***½<br />

Dalla sconfinata e fruttuosa indie terra<br />

del Canada, ecco spuntare fuori un altro<br />

nome interessante. Gli Shapes And Sizes<br />

giungono al loro secondo disco a circa un<br />

anno di distanza dal debutto omonimo,<br />

ci propongono quattordici tracce di<br />

coinvolgente e mirabile indierock. Il<br />

quartetto è cap<strong>it</strong>anato da Caila Thompson-<br />

Hannant, la sua splendida voce (ag<strong>it</strong>ata in<br />

certi momenti, più delicata in altri) si sposa<br />

con la musica in maniera del tutto naturale.<br />

Oltre a Caila (tastiera e voce), ci sono Rory<br />

Seydel (anche lui voce, ch<strong>it</strong>arra), John<br />

Crellin (batteria) e Nathan Gage (basso).<br />

All’interno di questo disco r<strong>it</strong>roviamo brani<br />

come Alone/Alive, la track d’apertura,<br />

dove Caila mostra in modo esplic<strong>it</strong>o lo<br />

sdoppiamento di personal<strong>it</strong>à. In The Taste in<br />

My Mouth si può scorgere la calma, anche<br />

se apparente, in The Long Indifference<br />

ed in Piggy, invece, spazio dedicato alla<br />

distorsione. Un album completo, ricco di<br />

sfumature e contaminazioni, dagli aspetti<br />

spesso imprevedibili, una prova di qual<strong>it</strong>à.<br />

Livio Polini<br />

Montag<br />

Going Places<br />

Carpark / Audioglobe<br />

indietronica / ***½ Nuovo disco per il<br />

canadese Antoine<br />

Bédard, nato e cresciuto<br />

in Quebec,<br />

ma attualmente a<br />

Vancouver, conosciuto<br />

al pubblico<br />

con il nome di Montag.<br />

Con questa nuova<br />

prova, come in passato, rimaniamo<br />

nell’amb<strong>it</strong>o dell’indietronica e del<br />

synthpop, la nov<strong>it</strong>à risiede nell’importante<br />

numero di osp<strong>it</strong>i coinvolti nel progetto,<br />

personaggi abbastanza noti della scena<br />

musicale alternativa. Osp<strong>it</strong>e è Owen Pallet<br />

(in arte Final Fantasy), così come Anthony<br />

Gonzales (degli M83), Amy Millan (Stars),<br />

Victoria Legrand (Beach House), Au<br />

Revoir Simone, ecc.. Il disco sembra ben<br />

riusc<strong>it</strong>o, d’altronde lo sappiamo, Antoine<br />

Bédard è un professionista, e poi, con<br />

un gruppo così ben composto, sarebbe<br />

stato davvero un peccato preparare<br />

un lavoro non all’altezza. Unica cr<strong>it</strong>ica,<br />

suona quasi come una compilation di<br />

artisti vari (appunto), è assente un fil rouge,<br />

un le<strong>it</strong>motiv, un continuum, quasi come<br />

provocazione. Possiamo allo stesso tempo<br />

dire che è un disco ben costru<strong>it</strong>o, curato<br />

ed indubbiamente piacevole.<br />

Livio Polini


18<br />

Dark Tranquill<strong>it</strong>y<br />

Fiction<br />

Century Media/EMI<br />

death-thrasch-melodico / ***½<br />

In diciotto anni di<br />

carriera il combo<br />

svedese ha dato<br />

alle stampe un<br />

lavoro ined<strong>it</strong>o ogni<br />

due anni, senza<br />

mai degenerare<br />

o im<strong>it</strong>are soluzioni<br />

personali dal<br />

s u c c e s s o<br />

collaudato, anzi i nostri hanno avuto<br />

il mer<strong>it</strong>o di innovare costantemente il<br />

proprio stile. Negli anni, notevoli sono<br />

stati i colpi di coda e le emancipazioni,<br />

dal genere originale (death-metal),<br />

att<strong>it</strong>udine che li ha portati allo sviluppo del<br />

Gothenburg sound. Fiction non è un clone<br />

del predecessore Character, ma i fan<br />

noteranno come le coordinate stilistiche di<br />

questo ultimo siano fondamentali e ci sono<br />

tutte. La componente thrash, di matrice<br />

americana, svetta su tutti gli elementi,<br />

anche se coadiuvata dagli inserti melodici<br />

di synth ed electronics, i quali fusi insieme<br />

sfociano in un intricato post-metal. Fiction<br />

è un ulteriore passo avanti a conferma del<br />

loro magnifico percorso artistico, ma la<br />

sensazione che se ne ricava è un leggero<br />

assestarsi delle strutture compos<strong>it</strong>e, a<br />

favore di una ricerca più concentrata sui<br />

suoni.<br />

Nicola Pace<br />

Paradise Lost<br />

In Requiem<br />

Century Media/EMI<br />

goth-metal / **** I Paradise Lost hanno<br />

delineato il gothmetal<br />

dei primi<br />

anni’90, lasciando<br />

che molti artistici a<br />

loro coevi o posteriori,<br />

cogliessero i<br />

frutti del loro lungimirante<br />

lavoro.<br />

Dopo il planetario<br />

successo di Draconian<br />

Times, i nostri intrapresero una strada<br />

più affine ad un elettro-dark-rock, spiazzando<br />

così milioni di fan. Le motivazioni<br />

vere della svolta non le sapremo mai, ma<br />

una cosa è certa, dopo una serie di album<br />

di indubbio valore come Symbol of Life e<br />

Paradise Lost, ma sinceramente sottotono<br />

rispetto il lustre passato, In Requiem ci rest<strong>it</strong>uisce<br />

una band alle prese con un gothmetal<br />

ispirato, fresco e coerente in tutte le<br />

sue undici tracce. Da almeno dieci anni<br />

non si sentiva un cantato così comunicativo,<br />

dei solos emozionanti e degni del loro<br />

nome, una batteria artisticamente incisiva<br />

nella costruzione dei brani. Inoltre, dopo<br />

due decadi di storia, oltre due milioni di<br />

dischi venduti, c’è chi ha deciso di giustificare<br />

la loro eccellente carriera in un documentario<br />

dal t<strong>it</strong>olo Over the Madness, presentato<br />

quest’anno a Cannes; e poi si dice<br />

tanto è solo metal, … poveretti loro.<br />

Nicola Pace<br />

KeepCool<br />

Stylophonic, Alex Neri, Who Made Who, Goose<br />

Passo 4<br />

Nike+<br />

È intensa, v<strong>it</strong>ale, la connessione tra<br />

il movimento, la performance ed<br />

il suono. Come se il r<strong>it</strong>mo battesse<br />

il tempo del nostro attraversare<br />

gli scenari urbani, come se fosse<br />

il commento sonoro di un viaggio<br />

che é, al tempo stesso, espressione<br />

di una tensione atletica, ma anche<br />

una “tecnica” per riconciliarsi con<br />

uno spazio interiore, uno spazio<br />

creativo. Con Passo 4 il beat per<br />

la corsa non è solo un commento<br />

sonoro, ma diventa quello che il<br />

musicologo inglese David Toop<br />

ha defin<strong>it</strong>o un Oceano di Suoni,<br />

uno spazio infin<strong>it</strong>o, dove gli stili, le<br />

musiche confluiscono, dialogano, si<br />

incontrano e definiscono un terr<strong>it</strong>orio<br />

dell’immaginario. Lì, in questo spazio<br />

che invade la nostra mente vivono<br />

le musiche di Passo 4. Un progetto<br />

che rest<strong>it</strong>uisce alla musica quel valore di luogo dell’incontro e della condivisione, dello<br />

scambio e della relazione. E offre al fare musica tutto la forza di un atto creativo collettivo<br />

che ribalta defin<strong>it</strong>ivamente l’idea che il suono contemporaneo sia semplicemente<br />

l’espressione di personali med<strong>it</strong>azioni elettroniche. Con Passo 4, r<strong>it</strong>orna al centro della<br />

scena contemporanea la jam session la tecnica privilegiata di composizione, come era<br />

stato nel jazz ‘libero’ degli anni ‘60 e poi con l’hip hop dei block parties. L’intreccio delle<br />

esperienze, non solo come valore essenziale della cultura elettronica contemporanea,<br />

ma anche come pratica di scr<strong>it</strong>tura. Nike ha chiesto a 4 artisti, tra i più rappresentativi,<br />

di quel complesso sovrapporsi di emozioni e di c<strong>it</strong>azioni che l’antropologo inglese Ted<br />

Polhemus definisce “Il Supermarket dello Stile” di lavorare insieme, sorta di workshop<br />

planetario che azzera ogni frontiera, geografica ed emozionale, per creare una su<strong>it</strong>e<br />

che possa accompagnare i moderni runner quando r<strong>it</strong>ornano sulla “strada” alla ricerca<br />

di quella esperienza, fisica e dello spir<strong>it</strong>o, che è oggi la corsa. Al lavoro Stylophonic, Alex<br />

Neri, gli Who Made Who ed i Goose. Quattro stili diversi, quattro diversi tensioni artistiche.<br />

Il “Supermarket dello Stile”, appunto, una su<strong>it</strong>e che scandisce, come in una opera<br />

pop, passaggi temporali, ma anche (soprattutto) veloci attraversamenti dello spazio.<br />

Disponibile in download su <strong>it</strong>unes.<br />

Pierfrancesco Pacoda<br />

Sadist<br />

Sadist<br />

Beyond Prod./Masterpiece<br />

techno-death-thrash / ****<br />

Fino a qualche<br />

tempo fa parlare<br />

dei dissolti Sadist, era<br />

in qualche maniera<br />

rimpiangere uno<br />

dei tanti gruppi<br />

<strong>it</strong>aliani, che<br />

avrebbe senz’altro<br />

mer<strong>it</strong>ato di più<br />

in termini artistici<br />

ed economici.


KeepCool<br />

Il 16 <strong>luglio</strong> 2006 sono risorti in sede live, e<br />

qualche mese più tardi rieccoli di nuovo<br />

sul mercato con un LP omonimo, Sadist.<br />

Messi da parte gli errori concettuali<br />

dell’egocentrico Lego, la band genovese<br />

ha dato v<strong>it</strong>a ad una gemma musicale,<br />

recuperando la coinvolgente espressiv<strong>it</strong>à<br />

di Crust, amalgamandola con i cr<strong>it</strong>eri<br />

cervellotici e fusion-progressivi dei primi<br />

due capolavori, Above the Light e Tribe.<br />

Oltre a ciò non dimentichiamo la massiccia<br />

presenza di atmosfere orrorifiche, di<br />

Gobliniana memoria, le quali da sempre<br />

hanno dato un apporto fondamentale<br />

all’acutissima scr<strong>it</strong>tura, di questa piccola<br />

ma, artisticamente, grande band tutta<br />

<strong>it</strong>aliana.<br />

Nicola Pace<br />

Dr Blues & Soul Brothers<br />

My favour<strong>it</strong>e soul... will never die<br />

Pieronero<br />

Rythm’ blues / **** In un numero dedicato<br />

alle nuove<br />

usc<strong>it</strong>e salentine non<br />

potevamo omettere<br />

la recente pubblicazione<br />

di questo<br />

cd live.<br />

Registrato nell’agosto<br />

del 1998 (dieci<br />

anni e non sentirli...)<br />

al Mamma li Turchi di Tricase, arriva My favour<strong>it</strong>e<br />

soul... will never die dei salentini Dr<br />

Blues e Soul Brothers. I dodici brani inser<strong>it</strong>i<br />

nel cd sono tutti grandi classici della black<br />

music come Sweet Home Chicago, I feel<br />

good, The dock of the bay, Everybody<br />

needs somebody to love e molti altri. Un<br />

disco ben suonato - d’altronde nei Soul<br />

brothers mil<strong>it</strong>ano alcuni dei migliori musicisti<br />

di questo terr<strong>it</strong>orio - e caratterizzato dalla<br />

presenza del vocalist Maurizio Petrelli, personaggio<br />

storico della musica salentina.<br />

Una produzione che anticipa l’usc<strong>it</strong>a del<br />

prossimo lavoro di ined<strong>it</strong>i.<br />

Dj Shocca e Frank Siciliano<br />

Struggle Music<br />

Monkey Island<br />

Hip hop / **1/2<br />

A due anni di distanza da 60 Hz, Dj<br />

Shocca ripete l’operazione (osp<strong>it</strong>are sulle<br />

proprie basi una schiera di MC da tutta<br />

Italia), questa volta con la collaborazione<br />

di Frank Siciliano, già osp<strong>it</strong>e in 60 Hz. Il<br />

progetto in sostanza mantiene i pregi e i<br />

difetti evidenziati nell’usc<strong>it</strong>a precedente.<br />

Infatti, se da un lato è molto interessante<br />

la possibil<strong>it</strong>à di avere una visione d’insieme<br />

della scena rap<br />

nazionale in un<br />

contesto reso<br />

o m o g e n e o<br />

dalla produzione<br />

comune, dall’altro<br />

si ha l’impressione<br />

non tutti gli osp<strong>it</strong>i<br />

siano all’altezza del<br />

progetto. E d’altro<br />

canto gli Mc più blasonati sembrano non<br />

investire molto in un progetto altrui (vedi<br />

Inoki, Amir e Club Dogo, tutti al di sotto<br />

del proprio standard), tanto che i pezzi<br />

migliori sono quelli rappati proprio da Frank<br />

Siciliano (in coppia con Mistaman). Con<br />

l’eccezione dell’ottima Suona sempre<br />

(con Ghemon e Tony Fine), azzeccata sia<br />

stilisticamente che liricamente, che chiude<br />

in bellezza un disco altalenante e in certa<br />

misura deludente.<br />

Emanuele Flandoli<br />

Mondo Marcio<br />

Generazione X<br />

EMI<br />

Hiphop *<br />

Metà del disco<br />

la passa a non<br />

dire niente<br />

di nuovo o<br />

peggio niente<br />

del tutto. L’altra<br />

metà si divide<br />

fra autodifese<br />

contro chi lo<br />

ha attaccato<br />

e r<strong>it</strong>ornelli che<br />

quando non<br />

sono semplicemente banali sono peggio.<br />

Ogni tanto imbrocca una rima giusta, a<br />

volte riesce a mettere insieme una strofa<br />

coerente, poi torna ad abbaiare con<br />

quell’accento da americano a Roma<br />

di cui ha fatto un marchio di fabbrica.<br />

Purtroppo anche i beat, punto di forza<br />

dell’album precedente, sono peggiorati<br />

drasticamente, sacrificando il funk per<br />

scimmiottare quel dirty south che è<br />

diventato tendenza dominante nell’ultimo<br />

anno. In fondo non è neanche del tutto<br />

colpa sua, Mondo Marcio non è che la<br />

punta dell’iceberg di una generazione<br />

di MC che hanno iniziato ad ascoltare<br />

rap quando l’hip-hop aveva già iniziato<br />

a sprofondare in una mera esibizione di<br />

ricchezza, potere, sessismo, perdendo<br />

per strada tutto ciò che di buono questa<br />

cultura aveva da offrire. Quando lo buttate<br />

via almeno fate la raccolta differenziata.<br />

Emanuele Flandoli<br />

Smashing Pumpkins<br />

Ze<strong>it</strong>egeist<br />

Wb<br />

rock / ***<br />

19<br />

Abbiamo dovuto aspettare molto<br />

prima del loro r<strong>it</strong>orno, circa sette anni.<br />

Molto è cambiato nel frattempo,<br />

Billy Corgan si è anche cimentato<br />

nell’esperienza solista. Ma qualcosa di<br />

quel suono, di quello stile, sembrava<br />

rimasta indissolubilmente rimasta<br />

impigliata nella maglie della band.<br />

Della m<strong>it</strong>ica formazione originale,<br />

foriera di album fondamentali degli<br />

anni 90, sono rimasti solo il buon Billy<br />

Corgan voce, ch<strong>it</strong>arra e mente del<br />

progetto e la macchina r<strong>it</strong>mica Jimmy<br />

Chamberlin. Ma il sound Smashing<br />

Pumpkins c’è tutto: tagliente,<br />

deflgrante, malato. Strano che quello<br />

che un tempo sembrava futurista<br />

oggi è merce comune nel panorama<br />

musicale. Segno del peso che una<br />

band come questa ha avuto nella<br />

storia della musica. Questo Ze<strong>it</strong>geist<br />

è un disco in cui tutte le asper<strong>it</strong>à e le<br />

geometrie della band tornano insieme<br />

alle ballate, un disco tirato, duro…quasi<br />

uno sfogo. Ma a chi sostiene che il loro<br />

Mellon Collie and the infin<strong>it</strong>e sadness<br />

(1995) resta insuperabile bisogna<br />

ancora una volta dare ragione.<br />

O.P.


20<br />

La beatlemania<br />

Mi è cap<strong>it</strong>ato tempo fa, in occasione<br />

di un concerto di Mark Owen di avere<br />

un assaggio di takethatmania e posso<br />

assicurarvi che è stata un’esperienza<br />

veramente incredibile. Ferme restando la<br />

calma, la cortesia e la disponibil<strong>it</strong>à di Mark,<br />

le ragazze che cercavano di catturare<br />

anche per un solo istante la sua attenzione<br />

erano come ipnotizzate e si muovevano<br />

senza tener conto di nient’altro che non<br />

fosse legato al loro idolo. Bersagliato senza<br />

volerlo dai flash e dalle domande, mi sono<br />

sent<strong>it</strong>o come dovevano essersi sent<strong>it</strong>i Mal<br />

Evans e Neil Aspinall quando scortavano<br />

i Beatles e dovevano escog<strong>it</strong>are mille<br />

trucchi per ev<strong>it</strong>are i fans.<br />

Non sempre succede, per le definizioni che<br />

restano nel tempo e in qualche modo fanno<br />

epoca, ma nel caso della beatlemania si<br />

può risalire al giornale che sparò questo<br />

neologismo in un t<strong>it</strong>olo. Il 13 ottobre del<br />

1963 i Beatles parteciparono alla Sunday<br />

Night At The London Palladium e il giorno<br />

dopo il Daily Mirror coniò l’espressione<br />

che avrebbe contraddistinto tutta la<br />

prima parte della folgorante carriera del<br />

quartetto.<br />

A un certo punto sembrava che tutto quello<br />

che i Beatles toccavano si trasformasse<br />

in oro. Durante i concerti il loro pubblico,<br />

formato in buona parte da ragazzine<br />

scatenate, urlava così forte da coprire<br />

completamente la musica. I Beatles<br />

erano bersagliati da caramelle gommose,<br />

dopo che in un’intervista George aveva<br />

detto di gradirle più di altre. In un primo<br />

momento sembrava che il gruppo riuscisse<br />

a cavalcare il ciclone, ma alla fine la<br />

beatlemania finì con l’assumere aspetti<br />

sempre più inquietanti – ci fu l’incidente<br />

provocato dalla famosa frase di John<br />

sui Beatles più popolari di Gesù Cristo e<br />

anche l’incidente diplomatico con Imelda<br />

Marcos, first lady delle Filippine – e i Beatles<br />

decisero di smetterla con le esibizioni dal<br />

vivo.<br />

La beatlemania però era fatta anche di<br />

oggetti. Parrucche (ovviamente), stivaletti,<br />

cappelli, sciarpe, tazze, spillette, pupazzi…<br />

tutto il bric-a-brac che può far incassare<br />

denaro – non ai Beatles, badate, ma qui<br />

la storia si farebbe troppo complicata<br />

– intorno ai Beatles c’era. E fra tanto<br />

ciarpame c’erano (e ci sono ancora:<br />

vis<strong>it</strong>ate il s<strong>it</strong>o ufficiale thebeatles.com)<br />

cose come il modellino del Sottomarino<br />

Giallo della Corgi Toys messo in vend<strong>it</strong>a<br />

nel 1968 in occasione dell’usc<strong>it</strong>a nelle sale<br />

dello splendido lungometraggio a cartoni<br />

animati Yellow Submarine. Io avevo 17<br />

anni e non riuscii a trovarlo, nonostante<br />

fossi anche un collezionista Corgi Toys<br />

(England uber alles, mi verrebbe da dire,<br />

visto che i corgi sono i cani prefer<strong>it</strong>i dalla<br />

Regina Elisabetta). Immaginate quindi la<br />

mia gioia quando, molti anni dopo (era il<br />

’97), ne vidi un esemplare nella vetrina di<br />

un negozio. Non passò neppure un minuto<br />

tra il vederlo e comprarlo. Scoprii poi che<br />

la Corgi lo aveva “ristampato” con tanto<br />

di certificato, affiancandogli il bus di<br />

Magical Mystery Tour e il newspaper taxi di<br />

Lucy In The Sky W<strong>it</strong>h Diamonds. Da allora<br />

il mio Yellow Submarine fa bella mostra<br />

di sé su uno scaffale della mia libreria. Mi<br />

ricorda prima di tutto che i Biechi Blu alla<br />

fine non vinceranno e poi che bisogna<br />

sempre e comunque dare spazio ai sogni,<br />

alla musica e all’Utopia.<br />

Bios & Books<br />

Mettere insieme una bibliografia dei<br />

Beatles è un’impresa pressoché impossibile.<br />

Sembra che la loro storia sia una miniera<br />

inesauribile di fatti, appunti e riflessioni. Fino<br />

a qualche tempo fa il nostro paese era un<br />

po’ avaro di saggi originali e traduzioni, ora<br />

le cose vanno un po’ meglio… anzi, direi<br />

che c’è da sbizzarrirsi.<br />

Vi segnalo qualche t<strong>it</strong>olo tra i più recenti<br />

– mi vengano perdonate eventuali<br />

dimenticanze. La Sublime Records & Books<br />

ha mandato in libreria nel 2005 un saggio<br />

di Steve Matteo su Let It Be., mentre la<br />

Azimut ha pubblicato, sempre nel 2005, un<br />

delizioso The Beatles In Rome 1965 con le<br />

foto di Marcello Geppetti.<br />

Inquietante e maniacale Il caso del doppio<br />

Beatle di Glauco Cartocci (Robin Edizioni,<br />

Roma, 2005), tutto centrato sulla vicenda<br />

della presunta morte di Paul McCartney.<br />

Nel 2006 Coniglio Ed<strong>it</strong>ore (Roma) ha<br />

tradotto in <strong>it</strong>aliano John, un libro della prima<br />

signora Lennon illuminante soprattutto per<br />

gli anni di Liverpool. Sempre nel 2006 è<br />

la volta di John Lennon, Tutto il potere al<br />

popolo, un’intervista ed<strong>it</strong>a da Datanews di<br />

Roma. Fondamentale The Beatles, La vera<br />

storia di Bob Sp<strong>it</strong>z (Sperling & Kupfer Ed<strong>it</strong>ori,<br />

Milano, 2006), in assoluto una delle migliori<br />

biografie dei Beatles in circolazione, anche<br />

se il traduttore si è un po’ incartato nelle<br />

pagine che descrivono le tecniche di<br />

registrazione di George Martin e Geoff<br />

Emerick.<br />

Molto interessante) Sgt. Pepper. La vera<br />

storia di Riccardo Bertoncelli e Franco<br />

Zanetti (Giunti, Firenze, 2007). Delizioso I<br />

Beatles in India di Lewis Lapham (Edizioni<br />

e/o, Roma, 2007), ma… lo sapevate che<br />

Furio Colombo, senatore della Repubblica<br />

ed ex direttore de L’Un<strong>it</strong>à è stato l’unico a<br />

poter filmare i Beatles in quel di Rishikesh?<br />

Last but not least, Revolution di David<br />

Quantick (Il Saggiatore, Milano, 2007),<br />

un’analisi approfond<strong>it</strong>a dell’Album<br />

Bianco.<br />

La musica<br />

Nessun cd rimasterizzato extra lusso<br />

lim<strong>it</strong>ed di Sgt. Pepper – il comp<strong>it</strong>o è stato<br />

affidato al prestigioso mensile br<strong>it</strong>annico<br />

Mojo, che ha realizzato un vero e proprio<br />

remake affidando le canzoni più famose


del mondo a una schiera di giovani band.<br />

Ma Paul si è tolto la soddisfazione di far<br />

uscire il suo nuovo disco da solo, Memory<br />

Almost Full, proprio in coincidenza con il<br />

quarantesimo anniversario di Sgt. Pepper.<br />

Opera pregevole e molto beatlesiana, la<br />

sua, anche se le preferiamo il bellissimo<br />

Chaos And Creation In The Backyard, forse<br />

l’apice di tutta la sua carriera post-Beatles.<br />

E anche se non raccoglie tutte le cover<br />

di John che sono state realizzate per<br />

sostenere Amnesty International – le altre le<br />

trovate in rete – non possiamo dimenticare<br />

Make Some Noise, Save Darfur. Riprendere<br />

canzoni come Imagine o Jealous Guy<br />

sarebbe fonte di preoccupazione per<br />

qualsiasi artista, ma bisogna ammettere,<br />

ignorando quel grido al sacro profanato<br />

tipico di alcuni cr<strong>it</strong>ici, che questo doppio cd<br />

contiene parecchi momenti emozionanti.<br />

Segnaliamo almeno le versioni degli U2<br />

(Instant Karma), dei R.E.M. (#9 Dream),<br />

di Jakob Dylan e Dhani Harrison (Gimme<br />

Some Truth), di Jackson Browne (Oh, My<br />

Love) e perfino – chi lo avrebbe mai detto<br />

- dei Duran Duran (Instant Karma).<br />

In fondo, dopo aver considerato alcuni<br />

oggetti legati ai Beatles (non vi ho detto della<br />

spillina smaltata di Yellow Submarine, ma io<br />

sono un po’ Peter Pan e non faccio testo),<br />

e alcuni libri, librini e libroni, non possiamo<br />

che prendere atto dell’importanza della<br />

loro musica. Quella di ieri. E quella di oggi.<br />

p.s. Sapevate che i francobolli dedicati ai<br />

Beatles emessi al principio del 2007 sono i<br />

più venduti nella lunga storia della Royal<br />

Mail? In Italia si possono ancora (forse)<br />

trovare da Bolaffi.<br />

Inutile dire che per un vero beatlesiano<br />

sono un acquisto obbligato.<br />

Giancarlo Susanna<br />

Dopo due anni da Parola D’Onore, Roy<br />

Paci e i suoi Aretuska tornano con un<br />

disco nel quale “riportano tutto a casa”.<br />

Tanti gli osp<strong>it</strong>i, tanti i linguaggi, per un<br />

sound caldo e meticcio, deb<strong>it</strong>ore sin dalla<br />

copertina alla esplosiva miscela che fu dei<br />

Mano Negra. Trainato dal singolo Toda<br />

Joia Toda Beleza, che vede il trombettista<br />

siciliano accanto a Manu Chao,<br />

Suonoglobal utilizza un canale alternativo<br />

di distribuzione, essendo in vend<strong>it</strong>a nelle<br />

edicole con Xl di Repubblica.<br />

Sei in giro a promuovere questo<br />

Suonoglobal che, già a partire dal t<strong>it</strong>olo,<br />

definisce bene il suo contenuto. Anz<strong>it</strong>utto,<br />

come va pronunciato? All’inglese o alla<br />

spagnola?<br />

Decisamente alla latina… sarebbe<br />

Suonoglobàl. Beh, ti confesso che il t<strong>it</strong>olo<br />

del disco è l’ultima cosa che decidiamo.<br />

Mi piace molto pensare che il fru<strong>it</strong>ore<br />

di questo disco abbia una personale<br />

interpretazione del t<strong>it</strong>olo. Poi è un t<strong>it</strong>olo che<br />

si presta ad una serie di letture trasversali e<br />

dunque mi piaceva per questo.<br />

La copertina del nuovo disco rimanda<br />

tanto alle celebri copertine dei Mano<br />

Negra… mi vengono in mente Puta’s Fever<br />

o Casa Babylon. È un omaggio diretto,<br />

visto che nel disco c’è come osp<strong>it</strong>e Manu<br />

Chao?<br />

Il lavoro è stato realizzato da un<br />

grandissimo grafico di origine coreana ma<br />

che vive ormai a New York da tempo e<br />

che aveva già lavorato nell’amb<strong>it</strong>o della<br />

musica. Ovviamente mi piaceva riuscire a<br />

riprendere l’immaginario dei Mano Negra<br />

per proiettarlo nel futuro. Io sono un tipo<br />

preciso e dunque cerco di curare tutti i<br />

dettagli, compresa la grafica.<br />

Suonoglobal è stato distribu<strong>it</strong>o con Xl di<br />

Repubblica. Come mai questa scelta?<br />

È stata una formula che ha dato i<br />

suoi frutti perché il disco ha venduto<br />

davvero bene in questi primi giorni. La<br />

proposta ci è arrivata dal giornale e noi<br />

l’abbiamo accettata perché ci sembrava<br />

interessante promuovere il disco attraverso<br />

canali diversi dai sol<strong>it</strong>i. Se non va bene<br />

così la prossima volta lo distribuiremo con<br />

il porta a porta (ride). Poi non possiamo<br />

nasconderci, viviamo in un periodo difficile<br />

per l’industria discografica e questo ci ha<br />

permesso di arrivare a più gente sempre<br />

fermo restando un prezzo al pubblico<br />

accessibile che abbiamo imposto.<br />

Hai chiamato a te un sacco di amici.<br />

Erriquez, Sud Sound System, Cor Veleno,<br />

Caparezza, Raiz, Pau e naturalmente<br />

il già c<strong>it</strong>ato Manu Chao. Che tipo di<br />

apporto ti hanno assicurato? Era la volta<br />

buona questa per coinvolgere più gente<br />

possibile?<br />

Dopo 27 anni di carriera ho sent<strong>it</strong>o la<br />

necess<strong>it</strong>à di raccogliere un po’ dopo<br />

aver seminato. I musicisti che hai c<strong>it</strong>ato<br />

sono soprattutto amici che frequento ben<br />

volentieri anche fuori dalla mio lavoro.<br />

Con molti di loro c’è un impegno etico<br />

e civile, vedi con Pau la storia dei pozzi<br />

d’acqua in Kenia o con Erriquez il lavoro<br />

al fianco del movimento zapatista. Io<br />

non sono certo un accentratore nel mio<br />

lavoro. Avrò altri difetti ma non questo e<br />

dunque ho creduto che fosse il momento<br />

migliore per coinvolgere quanta più gente<br />

possibile. È stata come una mega reunion.<br />

Tieni conto che stavolta alla produzione<br />

artistica c’è Fabrizio Barbacci (Ligabue,<br />

Negr<strong>it</strong>a, Nannini, ndr) il cui apporto mi ha<br />

assicurato un livello molto alto. Quindi mi<br />

sono sent<strong>it</strong>o pronto per inv<strong>it</strong>are uno come<br />

Manu, con cui del resto lavoro da sette<br />

anni.<br />

Suonoglobal è linguisticamente una torre<br />

di Babele…<br />

Dici bene. Credo che in Suonoglobal ci sia<br />

una vast<strong>it</strong>à di linguaggi e di idiomi che ci<br />

ha dato la possibil<strong>it</strong>à di utilizzare una sorta<br />

di esperanto musicale molto latino ma<br />

risultante dall’incontro di tante culture.<br />

Ilario Galati


22 KeepCool<br />

Quiet è il primo lavoro solista di Lucariello, rapper napoletano<br />

noto ai più come voce degli Almamegretta post-Raiz. I più<br />

attenti ricorderanno nel ‘98 l’usc<strong>it</strong>a di un autoprodotto dal nome<br />

Spaccanapoli, dei Clan Vesuvio. Luca c’era. Ed era 9 anni fa. Nel<br />

frattempo Lucariello, all’anagrafe Luca Caiazzo, si è costru<strong>it</strong>o la<br />

fama di “rapper dei vicoli”, dando v<strong>it</strong>a ad una figura che in un<br />

certo senso si pone al polo opposto rispetto ai fanzinati e tiratissimi<br />

rapper della Milano che conta, quella delle tv musicali, quella<br />

delle major. Adottato dalla famiglia Alma a pieno t<strong>it</strong>olo (assieme<br />

a Patrizia Di Fiore) nel 2003, il legame si è rinnovato in occasione<br />

del suo primo lavoro solista, nei negozi per Sanacore Records dai<br />

primi di aprile, presentandoci un gioiellino in confezione fumosa,<br />

dalle tinte cupe, e dalla t<strong>it</strong>le track che può essere pronunciata<br />

indistintamente in inglese o napoletano. Ed è sub<strong>it</strong>o rivelazione.<br />

Cr<strong>it</strong>ica e pubblico, dalle riviste più t<strong>it</strong>olate agli squinternati blog<br />

della rete, girano ottime recensioni, pareri entusiasti, è nata una<br />

stella. Eppure Luca ha quasi trent’anni, ed il cofanetto tra le nostre<br />

mani più che l’esplosione di una SuperNova va considerato il<br />

frutto del lento accumulo di tensione artistica durato sette anni,<br />

passati tra i vicoli di una Napoli che mai come nelle sue canzoni<br />

viene descr<strong>it</strong>ta dal di dentro, con la rabbia di un ragazzo che non<br />

è voluto fuggire “lontano”. Rap da strada, rap violento (Pistole<br />

puttane e cocac**a è un chiaro biglietto da vis<strong>it</strong>a), ma che<br />

alla base delle r<strong>it</strong>miche sincopate pone un lavoro esemplare<br />

di cr<strong>it</strong>ica sociale che si riflette nella scr<strong>it</strong>tura dei testi quanto<br />

nell’interpretazione vibrante di Lucariello.<br />

Luca Caiazzo, ha deciso di parlare, di denunciare, e lo fa con la<br />

retorica a lui più familiare, il rap.<br />

Molti al sud sono cresciuti sognando con la musica degli<br />

Almamegretta. Tu, forse, hai esagerato: talmente hai sognato<br />

che alla fine sei stato “inglobato” dalla famiglia. Adesso, Quiet,<br />

ci propone un Lucariello in versione solista. È un episodio o hai<br />

intenzione di proseguire per questa strada?<br />

Sai, è vero ciò che dici. Il mio rapporto con gli Alma si è evoluto<br />

proprio lungo la direttiva che ogni fan vorrebbe seguire. Ma<br />

ciò non toglie nulla alla mia carriera solista, è il fatto vero, a 30<br />

anni ho deciso di fare questo. Dopo sette anni di silenzio come<br />

Lucariello sto pensando ad una produzione parecchio f<strong>it</strong>ta. Ci<br />

voglio lavorare…<br />

La cr<strong>it</strong>ica più frequente che viene mossa al rap <strong>it</strong>aliano è la<br />

mancanza di quel background sociale tipico dei ghetti e delle<br />

strade americane, come se per fare rap di un certo livello fosse<br />

necessario aver sperimentato disagio e ghettizzazione…<br />

Non sono mai stato molto d’accordo con quest’interpretazione.<br />

È inev<strong>it</strong>abile che l’arte si nutra della sofferenza in generale, da un<br />

certo tipo di vissuti provanti. Questo tipo d’ispirazione non è legata<br />

però al ghetto o a chissà cosa. Anche l’uomo più medio sulla<br />

faccia della terra può sperimentare sensazioni che ti stimolino alla<br />

creazione, il problema è la resa. Il vero problema del rap <strong>it</strong>aliano è<br />

proprio il non riuscire a guardare a sé stesso privandosi del modello<br />

a noi estraneo. Abbiamo la nostra sofferenza anche noi, da essa<br />

possiamo trarre ispirazione. Guardiamo a Fabri Fibra, un esempio<br />

facile, lui riesce a parlare del suo mondo, della sofferenza di un<br />

adolescente, pur’si ten’trentann’, ma quella è un’altra storia.<br />

Che magari il discorso formale possa essere legato al modello<br />

americano, è un discorso generalizzabile a buona parte della<br />

musica <strong>it</strong>aliana, non solo al rap, a partire dagli esordi di Adriano<br />

Celentano… Anche un po’ con una certa pressione da parte dei<br />

discografici, si è sempre cercato un parallelo vincente cui rifarsi,<br />

ora Springsteen, ora Eminem, poi chissà chi…<br />

E Lucariello a chi guarda?<br />

Lucariello non guarda a nessuno, ti dirò la ver<strong>it</strong>à, cerco di tirarmi<br />

fuori da questa dinamica. Volgarmente definirei questa differenza<br />

come la sega versus la scopata. Guardarsi dentro, tirar fuori<br />

qualcosa di tuo senza un riferimento lim<strong>it</strong>ante, quello sì è un<br />

rapporto completo. Il resto è solo un raspone…<br />

Nel cd ci sono una serie di personaggi e di storie, Totore, Queen of<br />

the street, Mariarca ed altri. A quale di questi ti senti più legato, chi<br />

di loro hai incrociato più volte per le strade della tua v<strong>it</strong>a?<br />

In realtà il legame ci sta con tutti, non credo di poter fare una<br />

distinzione tra chi più e chi meno. Ma se dovessi scegliere un<br />

personaggio cardine, che fa vibrare di più il cuore delle altre<br />

persone, sceglierei proprio Totore. Totore vive dentro ognuno di<br />

noi. Lui si lamenta del fatto che la gente ti guarda solo fuori e<br />

non riesce a capire, anzi, non s’interessa proprio a ciò che anche<br />

un ragazzo nella sua condizione può provare dentro. E sente le<br />

parole della gente, quel pover’uaglione che lo accompagna<br />

ovunque lui vada, lui lo sente come una coltellata, l’eco di una<br />

finta compassione che si ferma solo in superficie.<br />

Lucariello, nato a Napoli, canta in napoletano, ispirandosi alle<br />

strade della sua c<strong>it</strong>tà. Eppure nel booklet del tuo cd tutte le<br />

canzoni sono “tradotte” in <strong>it</strong>aliano. Me lo spieghi?<br />

Tutti i napoletani non incontrano difficoltà con quella che<br />

si potrebbe dire “una lingua a sé”, come il napoletano. Ciò<br />

nonostante Napoli, pur avendo questo idioma tutto suo, è inser<strong>it</strong>o<br />

dal 1860 in uno stato chiamato Italia, pace all’anima di Garibaldi.<br />

Ho voluto semplificare l’understanding di tutto il resto della<br />

nazione.<br />

Nel cd, come dal vivo, molti dei pezzi sono interpretati, quasi<br />

rec<strong>it</strong>ati…Ti sposti dal ruolo del cantante e diventi tutti loro. È una


KeepCool<br />

scelta stilistica o ti viene spontaneo?<br />

È una scelta. In un certo momento il mio modo di scrivere è<br />

cambiato, ed in parte lo devo all’influenza della lettura di Karl<br />

Jaspers (psicopatologo di inizio novecento, ndr). Lui teneva in<br />

gran conto l’importanza dell’empatia, il sintonizzarsi sulla persona<br />

di cui vuoi capire il funzionamento. Non dico l’artista, ma chiunque<br />

desideri utilizzare la comunicazione in un modo creativo deve<br />

porsi in quella stessa ottica. Si dice: “L’artista è bugiardo”. Trovo<br />

che sia una questione di risonanze, far vibrare il tuo cuore sulla<br />

frequenza di un altro, attraverso la musica amplifichi questo<br />

meccanismo e fai sì che avvenga ancora su scala più vasta.<br />

In Lovesong dici “Montagne d’immondizia, gettate per la<br />

strada e nella televisione” (“quei versi li ho scr<strong>it</strong>ti cinque anni<br />

fa”, mi dice Luca, “la monnezza già c’era”), quanto può essere<br />

pregiudicante il clima negativo di cresc<strong>it</strong>a sui giovani napoletani,<br />

ma anche baresi, palerm<strong>it</strong>ani, di ovunque essi siano, cresciuti<br />

in una s<strong>it</strong>uazione sociale drammatica come quella dei quartieri<br />

poveri?<br />

L’ambiente ci forma, è chiaro. Sarebbe comp<strong>it</strong>o delle ist<strong>it</strong>uzioni<br />

recuperare certe falle del sistema, eppure… Ricordo che anni<br />

fa, io andavo all’ist<strong>it</strong>uto d’arte dietro Piazza Plebisc<strong>it</strong>o, era il<br />

periodo in cui si parlava di speranza “Bassolino”, di cassa del<br />

Mezzogiorno. Ricordo il nuovo fasto di quel quartiere, ed i palazzi<br />

ristrutturati solo sul lato che si affacciava su Piazza Plebisc<strong>it</strong>o.<br />

Cortile, interno, tutto fatiscente. Lavorare sull’educazione ha dei<br />

tempi lunghissimi, ed a volte risultati relativi. È un discorso, questo,<br />

che con i tempi della pol<strong>it</strong>ica non funziona. Chiunque sia eletto,<br />

in quattro anni s’impegna in opere a più rapida risonanza, invece<br />

che attendere che un’intera generazione tra vent’anni possa<br />

dirti grazie. Se si facesse un lavoro di dieci anni, di quindici anni,<br />

sull’educazione civica e sociale, di sensibilizzazione… Il problema<br />

a Napoli è proprio che la gente è scostumata, inculante, la<br />

cultura del fregare qualcuno con la furbizia. Certo è un discorso<br />

globale, ma lì si comincia dalle cose spicciole e si finisce alle v<strong>it</strong>e<br />

intere passate sotto l’ombra di quello o questo, infilato e mai<br />

mer<strong>it</strong>evole. Questa è la tragedia…<br />

Elvis Ceglie<br />

Il Mavù, locale di Locorotondo sempre più attento a offrire al suo<br />

pubblico un carnet differenziato, fatto di dj set ma anche di eventi<br />

dal vivo, ha inaugurato il 23 giugno la sua stagione estiva con il<br />

primo dei cinque set della rassegna Making senses. L’apertura<br />

della stagione estiva è affidata ad Amalia Grè, ormai padrona di<br />

casa; prossimi osp<strong>it</strong>i, Dee Dee Bridgewater, Gotan Project, Antonio<br />

Marquez e Ray Gelato. Abbiamo fatto due chiacchiere con la<br />

sorprendente artista pugliese.<br />

Stai lavorando al nuovo album? (Il precedente lavoro, Per te, è<br />

stato pubblicato il 10 febbraio 2006, ndr)<br />

Si si, qualcosina l’ho gia fatta…<br />

Cosa dobbiamo aspettarci? Lavori sempre con le stesse persone<br />

o hai cambiato?<br />

Mah, il sol<strong>it</strong>o fr<strong>it</strong>to misto! Sarà sempre pubblicato dalla Emi. Per<br />

quanto riguarda il produttore, non so ancora. Nel precedente<br />

album avevo lavorato con Davide Bertolini (produttore dei Kings<br />

of Convenience, ndr), ma in ver<strong>it</strong>à non so se nemmeno se voglio<br />

un produttore, qualcuno che mi stia dietro. Voglio essere libera di<br />

creare!<br />

Ma se è questo il tuo istinto, non posso non farti una domanda su<br />

Sanremo. A bocce ferme, come valuti quell’esperienza? Cosa ti è<br />

piaciuto e cosa no?<br />

Sanremo era un passo da fare, perciò sono contenta di averlo<br />

fatto, anche perché mi ha permesso di uscire da un pubblico<br />

prettamente di nicchia. Allo stesso tempo, il punto debole<br />

dell’esperienza è che non sarò mai una cantante pop (ride, ndr)<br />

Ti piacerebbe regalare un tuo testo a qualche cantante <strong>it</strong>aliano o<br />

internazionale? Se sì, a chi?<br />

Tra gli <strong>it</strong>aliani a Mina, perché mi piace molto. Internazionali?<br />

Bjork…<br />

Accidenti! Hai ascoltato il nuovo album?<br />

Non ancora. Me lo consigli? (e così parte una lunga digressione sul<br />

nuovo album di Bjork, ndr)<br />

Che emozione provi nel sentire tante persone immedesimarsi<br />

nei tuoi testi, che sono assolutamente personali? Pensi che loro<br />

possano capirli veramente?<br />

Questa cosa mi rimanda solo a pensieri pos<strong>it</strong>ivi. È una cosa<br />

simbiotica, osmotica, non è facile da spiegare ma è molto<br />

affascinante. È una roba magica. E riguardo la comprensione dei<br />

testi, è solo un fatto di tempo... piano piano, mi capiscono.<br />

Un’ultima domanda: leggendo la tua biografia è facile notare<br />

come tu abbia lasciato quasi sub<strong>it</strong>o la Puglia per formarti come<br />

persona e come artista. Cosa suggerisci ai giovani che stanno<br />

per iniziare l’Univers<strong>it</strong>à o stanno cercando lavoro? Andare via a<br />

provare a restare?<br />

Non so che lavoro voglia fare tu, ma andate via. Che restate a<br />

fare? Part<strong>it</strong>e, conoscete gente nuova, potete solo guadagnarne,<br />

vi apr<strong>it</strong>e la mente. Andate, andate!<br />

Ma magari poi torniamo, come lei, felicissima di suonare nella sua<br />

Puglia.<br />

Dino Amenduni<br />

23


24<br />

Primi di Giugno. Al Circolo degli Artisti di Roma ne avvengono delle<br />

belle. Shellac e Sondre Lerche e le reazioni possibili credo siano<br />

due: corrucciare la fronte ed esclamare “ma che cazzo” oppure<br />

vederla come un’eccezionale trovata che unisce in un solo nodo<br />

spazio-temporale dinamiche e fan di due scene musicali così<br />

distanti.<br />

Gli Shellac sono il gruppo math-rock di Steve Albini (nella foto in<br />

basso), vengono dall’Illinois ed hanno appena dato alle stampe<br />

Tipical Italian Greyhound, dopo cinque anni di silenzio; Sondre<br />

invece è un biondino di Norvegia, pop cantautorale e sonor<strong>it</strong>à<br />

rock dal calore inconsueto per quelle lat<strong>it</strong>udini.<br />

Shellac = Steve Albini. Questa la prima nota su un gruppo che<br />

in Italia non riempie le piazze, ma che non nasconde le sue<br />

origini tipicamente <strong>it</strong>aliane. Si ma poi? Shellac è anche Vintage<br />

Rock, e per comprenderne il significato basterebbe parlare della<br />

strumentazione utilizzata dal trio, gli amplificatori gracchianti<br />

ed arrugin<strong>it</strong>i, l’assenza di effettistica alla moda. la scelta mirata<br />

di Albini di far uscire sul mercato i vecchi vinili di una volta, solo<br />

successivamente trasposti sui moderni supporti dig<strong>it</strong>ali (da<br />

leggere: CD). E forse non saremmo qui a parlarne se alla base di<br />

un progetto così controtendenza non ci fosse un personaggio che<br />

di tendenze rock ne ha lanciata qualcuna, produttore di Nirvana,<br />

Gogol Bordello, Flogging Molly, Pj Harvey e Pixies. Eppure il clima<br />

che si respira non è propriamente quello di un concerto serio ed<br />

impegnato dove una boriosa leggenda del rock mostra a tutti i<br />

plebei le sue falliche att<strong>it</strong>udini ch<strong>it</strong>arristiche. Tuttaltro, Albini è un<br />

pazzo scatenato, i suoi soci (entrambi con alle spalle nient’altro<br />

che un pugno di mosche, prima degli Shellac), completano il<br />

quadro. Assieme paiono la realizzazione del sogno di qualunque<br />

band di provincia, magari formata da quattro studenti di fisica,<br />

per giunta fuori corso. O meglio, professori di fisica, studenti di<br />

musica, volontariamente fuori corso. Ecco spiegato tutto, Albini<br />

pronuncia stonati sermoni su r<strong>it</strong>miche asfissianti, lo spettro dei Pil è<br />

KeepCool<br />

puro associazionismo ma rende l’idea, e quando il pubblico (mai<br />

visto un audience più diviso tra adoranti e schifati) vocia, Bob<br />

Weston interviene pronunciano un Be quiet! col d<strong>it</strong>o sulle labbra.<br />

Si, decisamente professori. Albini indifferente continua la lezione,<br />

fa boccacce e gestacci, suona per sé stesso, completamente a<br />

proprio agio nel ruolo dell’artista a sé stante. Per completare il<br />

quadro, a due pezzi dalla fine, dal palco parte il colpo di grazia…<br />

“Have you got any question?”<br />

E poi che accade?<br />

Esplosione di luce e colori, arrivano i norvegesi. Ed è vero, gli<br />

scandinavi sono proprio come nelle pubblic<strong>it</strong>à delle chewin-gum.<br />

Biondi, alti e simpaticoni. Loro dopo gli Shellac, tradotto fa Ok,<br />

Prof, abbiamo portato gli strumenti, possiamo fare qualche pezzo,<br />

con Albini che avrà scosso le spalle trangugiando succo di mirtillo.<br />

E così sul palco sale la scolaresca, capeggiata da Sondre Lerche,<br />

che ormai s’è fatto un nome in tutta Europa, raccogliendo larghi<br />

consensi con il pop d’autore sospeso tra Paul McCartney ed Elvis<br />

Costello, la sua faccia da schiaffi, ed il ciuffo alla Beck. E pop me<br />

l’aspettavo anche dal vivo, dove il norvegese lascia invece che<br />

la bilancia penda ora verso il punk, ora verso il funky, alle volte<br />

attestandosi su posizioni intimiste ma mai patetiche.<br />

Il tono dell’esibizione lo si capisce sin dall’esordio, Airport Taxi<br />

Reception e The Tape in rapida successione (leggasi: Ciao, sono<br />

proprio io, quello allegro anche nei giorni di pioggia!). Ed è qui<br />

che cominciano i miei dubbi. Sondre Lerche è, o no, un paraculo?<br />

Boh.<br />

Di fatto si presenta come la faccia pul<strong>it</strong>a della musica, ascoltare<br />

Phantom Punch per credere, ed anche lui sembra avere un<br />

legame particolare con Roma ed il Bel Paese, poiché più o meno<br />

ad ogni intervallo ringrazia, fa lodi, si dice emozionato di essere<br />

finalmente tornato nella nostra nazione e ricomincia a cantare.<br />

Che sia parte delle tradizioni norvegesi? Mah.<br />

Il concerto prosegue è godibile, il pubblico apprezza, e quando<br />

sul palco viene chiamata un’amica <strong>it</strong>aliana, tale Maria (la<br />

prima Maria bionda alta e con gli occhi azzurri che io abbia<br />

incontrato, cose che solo al concerto di Sondre Lerche) a cantare<br />

ined<strong>it</strong>amente in duetto Don’t be shallow il Circolo è in delirio.<br />

Troppo simpatico, troppo amabile questo biondino, per essere<br />

vero. Ma quasi quasi me ne frego, mi paraculi pure, purchè ci<br />

riesca bene come adesso…<br />

Elvis Ceglie


Mered<strong>it</strong>h Monk è una delle compos<strong>it</strong>rici e delle vocalist più<br />

apprezzate al mondo. Impegnata sin dagli anni Sessanta nella<br />

ricerca di un una nuova vocal<strong>it</strong>à, è presto arrivata all’utilizzo<br />

di un personale vocabolario di suoni e fonemi, nonché alla<br />

creazione – insieme al suo vocal ensemble – di spettacoli dalla<br />

bellezza ammaliante. L’abbiamo incontrata in occasione di due<br />

performance tenute nel Teatro Comunale di Ferrara.<br />

Perché hai scelto di lavorare quasi esclusivamente con la voce e<br />

non con altri strumenti?<br />

Io appartengo alla quarta generazione di una famiglia di cantanti.<br />

Mia madre lavorava come cantante nelle radio, mio nonno era<br />

un basso-bar<strong>it</strong>ono, mentre il mio bisnonno era un cantore. Quindi,<br />

il canto è stato la mia prima lingua. Cantavo prima ancora di<br />

parlare, cosicché il canto è diventato lo strumento del mio cuore,<br />

ed è il centro di qualsiasi cosa io faccia.<br />

Talvolta si percepisce un senso narrativo nella tua musica. Provi<br />

mai a raccontare storie con la tua musica?<br />

Io non penso che la mia musica sia tanto narrativa quanto piuttosto<br />

poetica. Non seguo una linerar<strong>it</strong>à nelle cose che compongo, nel<br />

senso di dire: “è successo questo, e poi quest’altro e poi quest’altro<br />

ancora”. Io sono molto più interessata alla poesia della musica,<br />

sono interessata a creare immagini, a dare la possibil<strong>it</strong>à che<br />

chi ascolta possa elaborare la propria personale immagine. Le<br />

canzoni di sol<strong>it</strong>o parlano di un preciso argomento, o si riferiscono<br />

a qualche specifica s<strong>it</strong>uazione, ma la mia musica è più astratta<br />

perché io lavoro senza le parole.<br />

Tu hai iniziato a comporre e a esibirti negli anni Sessanta. Cosa è<br />

cambiato in questi anni nella tua musica?<br />

Quando ho iniziato mi esibivo sempre da solista,<br />

accompagnandomi con la tastiera. Intorno alla metà degli anni<br />

Sessanta studiavo musica classica e cantavo in una band di rock<br />

& roll, ma sapevo che volevo trovare il mio modo personale di<br />

usare la voce. Ho avuto una specie di rivelazione che la voce<br />

poteva essere uno strumento senza l’utilizzo di parole, che potevo<br />

allargare le possibil<strong>it</strong>à della mia voce senza badare alle distinzioni<br />

di registri o alle differenze tra voce maschile e voce femminile,<br />

che ci potevano essere diverse modal<strong>it</strong>à nel produrre suoni, che<br />

la voce è uno strumento molto molto antico, e che tutto questo mi<br />

riportava alle mie origini famigliari. Ero sola in questo, ma ovunque<br />

c’era uno spir<strong>it</strong>o di sperimentazione, si pensava che tutto era<br />

possibile. In tutti i campi artistici. Ci si incoraggiava l’un l’altro,<br />

e tutti erano pronti a supportare il rischio e i tentativi degli altri.<br />

L’idea era: “sbaglia pure, ma continua a provarci”. Adesso non<br />

sento più questo spir<strong>it</strong>o.<br />

Una volta tu hai detto che Janis Joplin ti ha dato la forza di andare<br />

avanti con la tua ricerca.<br />

Dopo che ho iniziato a seguire la mia strada, ho avuto un anno<br />

molto duro, mi sembra che fosse il 1968: mi sentivo così depressa.<br />

Ascoltare Janis Joplin mi ha dato la forza per uscire fuori dalla<br />

mia depressione e continuare con il mio lavoro. Lei era una<br />

grandissima musicista, per il fraseggio e tutto il resto: veramente<br />

incredibile. E poi dava quell’idea di bellezza. A quel tempo, quello<br />

che facevo era ancora così grezzo: lei mi ha fatto capire che la<br />

bellezza include tutto e che potevo operare sul suono pensando<br />

alla bellezza.<br />

Ascoltando i tuoi lavori si percepisce sempre un’atmosfera che<br />

è fuori dal tempo o che è inser<strong>it</strong>a in un tempo differente da<br />

quello comune. Quanto è importante elaborare un’idea di tempo<br />

differente?<br />

Io sono molto interessata alla condizione di assenza di tempo,<br />

alle ricorrenze che attraversano la storia e il tempo e che<br />

rappresentano le s<strong>it</strong>uazioni fondamentali degli esseri umani. La<br />

voce è lo strumento che collega tutto questo: è il più semplice, ed<br />

è stato il primo strumento della storia. Quindi lavorando con le voci<br />

mi piace cercare l’assenza di tempo, con la quale io posso essere<br />

nell’antich<strong>it</strong>à o nel futuro, o nel mondo in cui viviamo adesso.<br />

Ti interessa qualche vocalist contemporaneo? So che Björk, ad<br />

esempio, ha cantato un tuo pezzo.<br />

Björk, per me, è come una figlia. Lei porta avanti in qualche modo<br />

il mio lavoro, con lo spir<strong>it</strong>o del porsi domande, del correre rischi.<br />

Mi viene in mente Rebecca Moore, ma non riesco ad ascoltare<br />

quanto vorrei, sono sempre in giro per tour, quindi conosco poco<br />

di quello che sta succedendo adesso.<br />

Gianpaolo Chiriacò


26<br />

Ancora una bandierina da aggiungere alla<br />

nostra mappa delle etichette indipendenti<br />

<strong>it</strong>aliane. Questo mese è il turno della Tafuzzy<br />

Records. Ne abbiamo parlato con Davide<br />

Brace.<br />

Perché Tafuzzy?<br />

Era un mio ridicolo soprannome che<br />

avevano coniato due mie care amiche<br />

storpiando ripetutamente “Davide”:<br />

alla tedesca “Taff<strong>it</strong>e”, vezzeggiandolo<br />

“Taff<strong>it</strong>uzzi” ed infine “Tafuzzi”. Noi<br />

abbiamo aggiunto la y alla fine che fa<br />

più international. E comunque no! Non ha<br />

niente a che fare col personaggio che si<br />

percuote gli zebedei. Si pronuncia tafuzzi<br />

e non tafazzi come molti amano fare…ma<br />

alla fine è lo stesso.<br />

Un po’ di storia, come nasce e come cresce,<br />

come si muove nell’intricato sottobosco<br />

indipendente la Tafuzzy?<br />

In principio, circa 2002, furono i Cosmetic<br />

la prima band del circondario (Romagna)<br />

per la quale ho provato veramente<br />

qualcosa. Il loro cantante Bart era un mio<br />

caro amico dei tempi del liceo. Lompa,<br />

Alice ed io avevamo appena dato v<strong>it</strong>a<br />

al primo abbozzo di quello che ora sono<br />

i Mr.Brace. Bart doveva realizzare per un<br />

esame univers<strong>it</strong>ario di informatica un s<strong>it</strong>o<br />

a piacere e si inventò quello della “Tafuzzy<br />

Inc.” associazione che si proponeva di<br />

organizzare a domicilio in tutta Italia eventi<br />

che unissero il sound delle band rivierascheromagnole<br />

alla somministrazione dei<br />

prodotti tipici della nostra gastronomia (la<br />

pìda se’l parsòt al pìs un po’ ma tòt). A quel<br />

punto il s<strong>it</strong>o era on line e le band esistevano<br />

veramente, di conseguenza siamo part<strong>it</strong>i<br />

un po’ per gioco e un po’ no con questa<br />

follia dell’etichetta indipendente.<br />

Quanta passione e quanta incoscienza ci<br />

vogliono per intraprendere questa crociata<br />

in difesa dell’altra musica?<br />

Con la passione ci si nasce e ne si è<br />

succubi, non è che si possa fare molto<br />

altro. Della beata incoscienza inizialmente<br />

ne eravamo incoscienti per cui è difficile<br />

quantificarla. Risulta però effettivamente<br />

molto più difficile andare avanti a mano<br />

a mano che cresce la coscienza: quasi<br />

nessuno compra più dischi, il paradiso<br />

discografico non esiste neanche altrove<br />

ma sicuramente l’essere in Italia non<br />

aiuta ancora molto. C’è da rimboccarsi<br />

le maniche, scegliersi buoni maestri che<br />

comunque a guardar bene non mancano<br />

e continuare a fare la propria cosa meglio<br />

che si può affinché il fare dischi e concerti<br />

possa diventare prima o poi un’attiv<strong>it</strong>à<br />

sostenibile, economicamente parlando<br />

in primis, che di guadagnarci qualcosa<br />

ancora non si è neanche nelle condizioni<br />

di ipotizzarlo.<br />

Un catalogo che non si fa fatica a definire<br />

“strano” ce ne parli?<br />

Come direbbe il nostro caro amico Marino<br />

Josè Malagnino di Produzioni Pezzente: “A<br />

me sembra tutto così Pop! Com’è che non si<br />

vende niente?”. Non definirei perciò strano<br />

il nostro catalogo, esistono realtà ben più<br />

“strane” tra gli artisti <strong>it</strong>aliani e (per fortuna)!<br />

Semmai ci piace un certo approccio<br />

alla materia: quel che di casalingo che<br />

avvicina chi suona a chi ascolta e una<br />

certa cura e attenzione nello scrivere in<br />

<strong>it</strong>aliano cose che non risultino imbarazzanti.<br />

Per il resto nel nostro catalogo si spazia dal<br />

teatrino folk’n’roll all’elettronica casalinga,<br />

dall’amore per certa tecnologia scrausa<br />

al cantautorato più sghembo, dal noise<br />

artigianale all’electro pop, il tutto con un<br />

certo amore per la forma canzone e senza<br />

nessun problema se a qualcuno piace quel<br />

che facciamo.<br />

Che rapporto avete con gli artisti pubblicati,<br />

cosa fate per loro?<br />

Gira che ti rigira tutti i nostri progetti, se<br />

non sbaglio attualmente sono sette ma si<br />

prevede di espandersi presto, sono in un<br />

qualche modo concatenati e coinvolgono<br />

un giro di più o meno quindici persone<br />

con cui condividiamo risorse quali studi di<br />

registrazione e persone capaci di metterci<br />

le mani, un valente entourage di grafici<br />

e fotografi per copertine, merchandise<br />

e quant’altro, un responsabile del s<strong>it</strong>o,<br />

addetti alla comunicazione e alla<br />

promozione, chi continua ad ascoltare<br />

e selezionare i demo che ci arrivano, chi<br />

mantiene buoni i rapporti con gli enti statali<br />

e altre associazioni per l’organizzazione<br />

degli eventi, un grande amico (Giacomo<br />

Spazio) ed<strong>it</strong>ore che si occupa dei dir<strong>it</strong>ti e<br />

dell’eventuale distribuzione (anche se per<br />

lo più continuiamo ad essere un cd-r label<br />

che si autodistribuisce). Non si fraintenda,<br />

tutto questo veramente ancora molto<br />

fatto in casa e a gratis ma sembra che<br />

applicandosi stiamo diventando bravini.<br />

Domanda retorica, è possibile vivere di<br />

musica in Italia? Come sopravvive la<br />

Tafuzzy?<br />

Forse è possibile, dipende però ovviamente<br />

da cosa intendi per “vivere”. Qualcuno che<br />

mer<strong>it</strong>a tutta la nostra stima ce la fa anche<br />

senza scendere a quei temuti e denigrati<br />

“compromessi” ma si devono fare scelte<br />

di v<strong>it</strong>a coerenti e conseguenti. Diciamo<br />

che noi attualmente ci impegnamo<br />

per non rimetterci con le spese e se ci<br />

impegnamo vuol dire che ancora il rischio<br />

c’è. Sopravviveremo? Speriamo!<br />

Ogni anno in un certo qual modo vi<br />

festeggiate, ci parli del Tafuzzy day?<br />

Il Tafuzzy Day è il festival che organizziamo<br />

ogni anno a fine agosto a Riccione<br />

(quest’anno sarà venerdì 24 e sabato 25<br />

Agosto presso il Castello degli Agolanti).<br />

L’evento viene inteso per l’appunto come<br />

una festa per il lavoro che abbiamo svolto<br />

durante l’anno ed un occasione per<br />

rendere partecipe chi vuole festeggiare<br />

con noi. Durante le serate perciò suonano<br />

alcuni gruppi della Tafuzzy insieme ad<br />

altri artisti che stimiamo. In occasione del<br />

festival presentiamo una compilation che<br />

raccoglie brani ined<strong>it</strong>i dei gruppi Tafuzzy.<br />

Dove si possono trovare i vostri dischi?<br />

Vengono venduti ovviamente ai concerti<br />

ed è possibile anche ascoltarne degli<br />

estratti ed eventualmente acquistarli on<br />

line sul nostro s<strong>it</strong>o www.tafuzzy.com.<br />

Un disco per l’estate, uno per il cuscino,<br />

uno per la v<strong>it</strong>a. Ci consigli tre album?<br />

Non sono affatto bravo in queste cose,<br />

né rappresentativo dei gusti degli altri<br />

tafuzzers ma visto che debbo risponderne<br />

personalmente, poichè amo troppi dischi<br />

diversi e di diverse epoche, decido di<br />

cavarmela consigliando le ultime cose che<br />

sto ascoltando orora: per l’estate va bene<br />

qualsiasi cosa troviate di Jonathan Richman<br />

and the Modern Lovers, per il cuscino il<br />

disco di Nathan Fake Drowning in a sea of<br />

love e sogni d’oro, per la v<strong>it</strong>a (uhuuu!) trovo<br />

immensamente affascinante da un po’<br />

di tempo a questa parte l’opera di Arthur<br />

Russel, in particolare consiglierei Another<br />

Thought. Ora sono nei casini perché ho il<br />

cervello sovraffollato di decine di altri dischi<br />

che si spingono e mi insultano sdegnati per<br />

l’ingrat<strong>it</strong>udine dimostratagli ma dirò a tutti<br />

loro che è colpa tua e comunque si è fatta<br />

l’ora dei ringraziamenti e dei saluti.<br />

Osvaldo Piliego


Coolibrì<br />

La banda delle casse da morto<br />

Nick Laird<br />

Minimum Fax<br />

Nick Laird è nato 32 anni fa nell’Irlanda<br />

del Nord. Ha studiato in Inghilterra, dove<br />

ha intrapreso la carriera promettente di<br />

avvocato, ma dopo il matrimonio con<br />

Zadie Sm<strong>it</strong>h, autrice-fenomeno di Denti<br />

bianchi e Della bellezza, ha avvert<strong>it</strong>o<br />

l’urgenza misteriosa di rivolgere il proprio<br />

talento verso altre risorse, pur mantenendo<br />

come punto fermo l’interesse verso tutto ciò<br />

che è legge. Indagando il rapporto sibillino<br />

tra l’uomo e la giustizia, e analizzando la<br />

relazione stravagante che viene a stabilirsi<br />

tra la colpa effettiva, presunta, o falsa e<br />

la conseguenza della pena, ha scoperto<br />

così la sua tensione verso il narrare, e<br />

nello specifico il narrare di giurisprudenza.<br />

Trasfer<strong>it</strong>osi a Roma per scelta - perché<br />

c<strong>it</strong>tà capace di tradurre l’intenzione di<br />

scr<strong>it</strong>tura in mestiere - ha dato corpo al<br />

sentimento dello scrivere con questo suo<br />

esordio in narrativa, pluripremiato in patria<br />

e rintracciato e sostenuto dall’attenta<br />

casa ed<strong>it</strong>rice cap<strong>it</strong>olina. Il protagonista di<br />

questa opera prima è a perfetta immagine<br />

e somiglianza dello stesso autore. Danny ,<br />

Narrativa, Noir, Giallo, Italiana, Sperimentale<br />

la letteratura secondo <strong>cool</strong>cub<br />

infatti, è un giovane avvocato specializzato<br />

in arb<strong>it</strong>rati internazionali,e lavora presso un<br />

prestigioso studio legale londinese che<br />

gli garantisce una rassicurante esistenza<br />

stereotipata, con casa elegante, stipendio<br />

notevole, v<strong>it</strong>a sociale raffinata. Arrivato<br />

nella Londra delle sicurezze esistenziali<br />

direttamente dall’Ulster delle incertezze<br />

croniche, Danny intrattiene con la sua<br />

terra d’origine un rapporto indifferente,<br />

fatto di memorie fastidiose e turbolenze<br />

mal gest<strong>it</strong>e, buttate – così crede - ormai<br />

alle spalle. Ev<strong>it</strong>are l’inev<strong>it</strong>abile, però,<br />

non fa altro che annullare le distanze,<br />

e proprio dalla rifiutata provincia nordirlandese<br />

giunge d’improvviso l’amico<br />

d’infanzia Geordie, piccolo spacciatore<br />

ded<strong>it</strong>o anche alla truffa, che stavolta<br />

ha ingannato gente difficile e molto<br />

pericolosa, legata al terrorismo unionista.<br />

Cinque giorni di frenesia totale attendono<br />

i due compagni r<strong>it</strong>rovati, tra dossier<br />

ingarbugliati sulle vicende passate dell’Ira<br />

e studi improbabili sullo stato di salute di<br />

un’azienda da rilevare, e intanto la birra<br />

scorre a fiumi, e così le donne, e così l’ironia.<br />

L’indagine rivolta verso cose e s<strong>it</strong>uazioni<br />

– per quanto briosa e d’azione - diventa<br />

sub<strong>it</strong>o un esame dell’anima, e al processo<br />

delle intenzioni si incontrano e si scontrano<br />

le due facce di una medaglia comune:<br />

Danny ha scelto di andar via dall’Irlanda, di<br />

studiare nell’Inghilterra “amica-nemica”, di<br />

diventare ricco e importante nella Londra<br />

che troppo facilmente spiana la strada ai<br />

figli dei Celti; Geordie invece l’Irlanda ha<br />

voluto non tradirla, rifiutando scelte facili e<br />

opportuniste, e orientandosi verso quegli<br />

imbrogli che soli consentono ad una terra<br />

maltrattata ed al suo popolo di esistere e<br />

resistere. Romanzo sul senso della fedeltà a<br />

dei valori, La banda delle casse da morto<br />

riporta alla ribalta un immane problema<br />

pol<strong>it</strong>ico da tempo messo da parte, ma non<br />

certo risolto. Lo fa con la struttura del noir<br />

divertente, e con una scr<strong>it</strong>tura spiazzante<br />

e veloce. Rendendo magistralmente<br />

l’indissolubile legame tra l’intim<strong>it</strong>à di una<br />

v<strong>it</strong>a e le grandi questioni sociali.<br />

Stefania Ricchiuto - Il Passo del Cammello


28<br />

La mania per l’alfabeto<br />

Marco Candida<br />

Sironi<br />

Al centro del romanzo d’esordio di Marco Candida,<br />

“La mania per l’alfabeto”, ed<strong>it</strong>o da Sironi, c’è un<br />

fantasma, che tutto ordina e muove, che determina<br />

le azioni e scandisce le relazioni tra i personaggi,<br />

s’insinua nello spazio e nel tempo della storia, invade<br />

ogni singola pagina, macina l’immaginario, lo<br />

polverizza, nel suo essere onnipresente. Il fantasma<br />

altro non è che il libro che Michele, protagonista del<br />

romanzo, sta scrivendo: “Il problema di Michele è che<br />

deve scrivere il libro e contro il libro Savemi sa che<br />

può fare ben poco”. Savemi è la ragazza di Michele,<br />

è la prima v<strong>it</strong>tima dell’atteggiamento di Michele, del<br />

suo essere schiavo del demone della scr<strong>it</strong>tura, del suo pensare continuamente alle<br />

idee da inserire nel suo libro, a come renderle linguaggio, a come farne scr<strong>it</strong>tura, a<br />

come disporlo per creare un mondo possibile quanto più coerente e coeso: “Del libro<br />

vedo soltanto tutti i possibili libri che potrebbe essere, vedo i cap<strong>it</strong>oli, i paragrafi, le<br />

preposizioni, persino le singole parole da utilizzare… ma ancora non riesco a vederlo<br />

tutto intero davanti a me… l’acqua non ha ancora smesso di bollire”. Michele altro<br />

non è che un prolungamento della sua stessa tastiera, la parte di un tutto dominato<br />

da post-<strong>it</strong>, appunti, racconti abbozzati, racconti fin<strong>it</strong>i, esercizi necessari per affinare il<br />

suo rapporto con la parola scr<strong>it</strong>ta. Michele è un personaggio senza corpo. È fatto solo<br />

da una mente che produce idee, da idee che si trasformano in linguaggio, da un<br />

linguaggio che diviene scr<strong>it</strong>tura. Michele non ha gambe, non ha mani, non ha naso,<br />

non ha bocca. O almeno la sua anatomia non interessa ai fini della storia. Perché ciò<br />

che interessa è la lotta malata del suo demone (la scr<strong>it</strong>tura) contro il fantasma (il libro):<br />

“Adesso che ci pensa, seduta al tavolino 14, osservando la copertina blu del quaderno<br />

di Michele, Savemi non può che rappresentarsi Michele attraverso i suoi racconti e i<br />

suoi post-<strong>it</strong>, perché sono questi gli oggetti che riempiono tutto il suo spazio mentale,<br />

ma anche fisico”. Questo atteggiamento di Michele, questo suo muoversi come<br />

mutilato nel mondo reale, questo sua avere i piedi sospesi, questo suo galleggiare<br />

nel mare del linguaggio, avrà ripercussioni nella sua quotidian<strong>it</strong>à. È inev<strong>it</strong>abile. E non<br />

solo Savemi andrà via, ma perderà il suo lavoro e avrà grossi problemi con la sua<br />

famiglia. “La mania per l’alfabeto”, però, non racconta la storia dell’autodistruzione<br />

di un uomo malato di scr<strong>it</strong>tura, ma la sua guarigione. Rimasto solo, circondato dai<br />

suoi post-<strong>it</strong>, dal rumore vorticoso della colonnina del suo pc e dalle montagne di libri,<br />

Michele prende coscienza del suo stato: “Michele non può stare chiuso in stanza e<br />

non uscire più. Deve uscire. Non può essere che il suo universo sia solo una stanza o,<br />

al lim<strong>it</strong>e, una serie di stanze”. O ancora: “La scr<strong>it</strong>tura non ha allargato, ma amputato<br />

il suo mondo, il mondo del fantasma. Come Savemi lo chiama, e il fantasma esce da<br />

tutti i cassetti, si allunga per tutta la casa, si è insidiato anche nell’ultimo cassetto della<br />

scrivania del suo ufficio: è il fantasma che gli ha fatto perdere il lavoro”. La salvezza<br />

di Michele avviene nel momento in cui capisce che il fantasma va combattuto, non<br />

ucciso, ma ammaestrato, fatto rientrare nei suo cassetti, tra i file del suo pc. In questo<br />

modo riuscirà a riappropriarsi della sua v<strong>it</strong>a, dei suoi affetti, del suo lavoro e, persino,<br />

riuscirà a scrivere con continu<strong>it</strong>à il suo libro. Un esordio atteso, originale e maturo che<br />

ci consegna un autore da seguire con attenzione.<br />

Rossano Astremo<br />

La prigione<br />

John King<br />

Guanda<br />

La prigione delle Sette Torri è il luogo del<br />

raccapriccio e del ribrezzo. Conten<strong>it</strong>ore<br />

orrido di uomini brutali e violenti, tutto al<br />

suo interno si consuma per bestemmia<br />

e per infamia. La ab<strong>it</strong>ano anche i<br />

fantasmi della coscienza disumana, che<br />

quando risvegliano le pene e i del<strong>it</strong>ti per<br />

farne paranoia ipnotica, sanno essere<br />

inquis<strong>it</strong>ori ben più temibili dei giudici in<br />

carne e sermoni. Qui vengono escluse<br />

senza possibil<strong>it</strong>à le aspettative di una<br />

qualunque lontana realtà, accogliendo<br />

impietosamente solo l’ansia di un terrore<br />

quotidiano. Qui vengono reclusi anche<br />

i sogni, le chimere, le vie di fuga, perché<br />

pensiero non può fluire nelle menti di<br />

colpevoli. Qui vengono inclusi anche<br />

Jimmy e la sua colpa enigmatica, dopo<br />

aver vagato senza sosta - e senza un<br />

perché - per l’America, l’India e l’Europa<br />

del Sud. Iniziano così altri viaggi non voluti,<br />

che hanno per mappe le ident<strong>it</strong>à distorte<br />

di personaggi dai capricci volgari e dalle<br />

voglie irriguardose. Tra le sbarre della<br />

mostruos<strong>it</strong>à più squallida, non manca<br />

proprio nessuno: Gesù, Elvis, il Macellaio, il<br />

Vend<strong>it</strong>ore di Gelati, i Secondini Anonimi, e lo<br />

stesso Jimmy, ridotto a tremante aguzzino di<br />

se stesso e delle sue colpe inconoscibili. Ne<br />

nasce una storia in forma di allucinazione<br />

permanente, dal linguaggio energico<br />

e mai gentile, che pure diventa in più di<br />

un’occasione poesia da strada e lirica del<br />

degrado. John King, londinese di nasc<strong>it</strong>a<br />

e viaggiatore instancabile, specializzato<br />

in storie balorde ad alta tensione sociale,<br />

denuncia senza lim<strong>it</strong>i la nefandezza di una<br />

delle tante costruzioni civili ispirate dalla<br />

nostro viver comune: il carcere è così<br />

raccontato in tutta la sua incomprensibil<strong>it</strong>à<br />

di luogo conten<strong>it</strong>ore ed aggregatore di<br />

vissuti perversi, da cui fa fatica a venir fuori<br />

una labile ipotesi di riscatto, figuriamoci una<br />

parvenza di sopravvivenza dign<strong>it</strong>osa che<br />

possa sfociare in una libertà migliore. Resta<br />

Coolibrì<br />

l’isolamento senza senso dei crimini e degli<br />

squallori, e l’emarginazione imponente di<br />

una fetta di uman<strong>it</strong>à sbagliata, fastidio<br />

e prur<strong>it</strong>o per la fetta restante di uman<strong>it</strong>à<br />

corretta. “Un uomo gli insulti li regge solo<br />

fino a un certo punto e alla fine riapro gli<br />

occhi, il maniaco dei gelati mi manda un<br />

bacio bavoso e si sfrega le palle, spingendo<br />

i fianchi avanti e indietro mentre geme<br />

t’inculo per bene. Appoggiandomi alla<br />

parete scivolo fino a terra e resto seduto<br />

in silenzio, come gli altri sei detenuti, tutti a<br />

capo chino, il corpo rannicchiato, sepolti<br />

vivi sotto la custodia della polizia.” Come<br />

uscire rinnovati da un’esclusione così<br />

organizzata e più criminale del crimine<br />

che raccoglie? John King non ci fornisce<br />

risposte, ma solo la resa lucida e puntuale<br />

della degradazione di un luogo, deputato<br />

a contenere il male, e paradossalmente a<br />

guarirlo.<br />

Stefania Ricchiuto - Il Passo del Cammello<br />

Días aún más extraños<br />

Ray Loriga<br />

El Aleph<br />

Ray Loriga è nato a Madrid alla fine<br />

degli anni sessanta e vive a New York<br />

con moglie e figli. Ama la letteratura,<br />

soprattutto Carver, Salinger, Beckett e la<br />

musica, soprattutto Bowie, Dylan, Jagger.<br />

Il suo primo libro Lo peor de todo era<br />

scr<strong>it</strong>to in prima persona e una profonda<br />

sol<strong>it</strong>udine era ciò che caratterizzava il<br />

personaggio principale. Sol<strong>it</strong>udine, ricerca<br />

e speranza di un mondo migliore, hanno<br />

continuato a caratterizzare i personaggi<br />

di Loriga, che oltre a essere scr<strong>it</strong>tore è<br />

diventato sceneggiatore collaborando<br />

a copioni di pellicole come Carne<br />

tremula (Pedro Almodovar) e El séptimo<br />

día (Carlos Saura) ispirato al massacro di<br />

Puerto Hurraco. Loriga scr<strong>it</strong>tore, giornalista,<br />

regista e sceneggiatore, pubblica adesso<br />

Días aún más extraños, che prende il<br />

t<strong>it</strong>olo dal precedente Días extraños ed<br />

è una raccolta di articoli pubblicati sul<br />

quotidiano El País a cui si aggiungono due<br />

lunghi racconti. Ancora società, ancora<br />

riflessioni, ancora introspezione in un<br />

lavoro dal linguaggio cinematografico e<br />

dalla sensibil<strong>it</strong>à poetica di chi con lucid<strong>it</strong>à<br />

osserva il mondo che ha di fronte ma non<br />

smette di guardare le stelle e sognare.<br />

Valentina Cataldo


Coolibrì<br />

Cosmofobia<br />

Lucia Etxebarría<br />

Destino<br />

Lavapiés è un quartiere multietnico e<br />

multicolore. È un quartiere dove incontri<br />

persone venute da lontano, incrociando<br />

origini e v<strong>it</strong>e, ricordi e dolori. I graff<strong>it</strong>i<br />

colorati sui muri di Lavapiés ci parlano di<br />

sofferenza e ingiustizia. Lucia Etxebarría<br />

ha deciso di ambientare in questo barrio<br />

della sua bella Madrid il nuovo romanzo,<br />

Cosmofobia, rubando dalla gente per<br />

strada volti, racconti, linguaggi. R<strong>it</strong>ratti<br />

che danno voce all’immigrazione e alla<br />

difficoltà, alla clandestin<strong>it</strong>à, al lavoro,<br />

alla fuga. Nelle sue opere la Etxebarría<br />

ha parlato di storie di v<strong>it</strong>a, di lavoro, di<br />

donne in bilico, di matern<strong>it</strong>à, di droga,<br />

di amicizie, ha scelto sentimenti forti, ha<br />

ironizzato e riso sulle sofferenze dell’amore,<br />

ha descr<strong>it</strong>to la realtà a sua maniera,<br />

lucida, disincantata, diretta. Ha vinto<br />

numerosi premi letterari, è cap<strong>it</strong>ato sia<br />

stata chiamata in tribunale (l’ultima volta<br />

per il suo Ya no sufro por amor, accusata di<br />

plagio da uno psicologo spagnolo), ha un<br />

blog segu<strong>it</strong>issimo, curatissimo, attentissimo<br />

all’attual<strong>it</strong>à, nonché scr<strong>it</strong>to allo stesso modo<br />

dei suoi romanzi, è fortemente ammirata e<br />

fortemente cr<strong>it</strong>icata dal pubblico. Leggerla<br />

vale sempre la pena.<br />

Valentina Cataldo<br />

Barry Miles<br />

Il Beat Hotel<br />

Guanda<br />

Il Beat Hotel non<br />

esiste più. Ora al<br />

numero 9 di rue<br />

G<strong>it</strong>-le-Coeur di<br />

Parigi è s<strong>it</strong>uato lo<br />

sciccoso Relais-<br />

Hotel du Vieux<br />

Paris. Il Beat Hotel<br />

di chic aveva ben<br />

poco. Era gest<strong>it</strong>o<br />

da un’anziana<br />

signora, Madame<br />

Rachou, ed era<br />

famoso per la<br />

presenza di topi che sgattaiolavano da<br />

un corridoio all’altro. Il piccolo albergo<br />

parigino assunse questo nome dopo l’arrivo,<br />

nel 1957, di Gregory Corso, Allen Ginsber<br />

e Peter Orlovsky. In quel periodo Ginsberg<br />

aveva da poco dato alle stampe Urlo,<br />

con il seguente r<strong>it</strong>iro del libro dal mercato,<br />

accusato di oscen<strong>it</strong>à, e il processo, che lo<br />

vide vincente, segu<strong>it</strong>o dallo stesso autore<br />

da Parigi. Kerouac, che fu l’unico grande<br />

esponente della Beat Generation, a non<br />

mettere piede in rue G<strong>it</strong>-le-Coeur, viveva,<br />

dopo anni di rifiuti ed<strong>it</strong>oriali, gli effetti del<br />

successo di cr<strong>it</strong>ica e pubblico di Sulla strada,<br />

usc<strong>it</strong>o il 5 settembre dello stesso anno.<br />

Barry Miles, in Il Beat Hotel, libro da poco<br />

pubblicato da Guanda, ricostruisce gli<br />

anni parigini della Beat Generation, e lo fa<br />

attraverso un libro che, più che soffermarsi<br />

sulla forza letteraria di quel pugno di<br />

scr<strong>it</strong>tori che diede un forte scossone alla<br />

cultura del Novecento, evidenzia curios<strong>it</strong>à<br />

e aneddoti. Burroughs arrivò al Beat Hotel<br />

nel 1958, poco dopo Ginsberg abbandonò<br />

l’albergo e il suo posto di “confidente”<br />

dell’uomo invisibile venne preso dall’artista<br />

Brion Gysin. Burroughs e Gysin furono gli<br />

ultimi ad abbandonare l’albergo, quando<br />

questo chiuse agli inizi del 1963. Parlavo di<br />

aneddoti, in precedenza. I beat, nei loro<br />

anni parigini, vollero incontrare grandi<br />

esponenti della cultura francese e molti<br />

li incontrarono, da Michaux a Céline, da<br />

Breton a Duchamp. E fu proprio durante<br />

una di queste feste a base di alcol e droga<br />

che Corso, pensando di compiere un atto<br />

estremamente dadaista, tagliò la cravatta<br />

di un esterrefatto Duchamp. Gli anni<br />

parigini, però, furono importanti soprattutto<br />

dal punto di vista creativo. Al Beat Hotel<br />

Allen Ginsberg scrisse le sue poesie più<br />

famose, escluso Urlo, Corso compose<br />

Bomb e The Happy Birthday of Death,<br />

Brion Gysin inventò la teoria del cut-up,<br />

ovvero la letteratura nata dal taglio di altra<br />

letteratura, William Burroughs terminò Pasto<br />

nudo e la trilogia La morbida macchina, Il<br />

biglietto che è esploso e Nova Express, lì<br />

furono ideati e organizzati, grazie anche<br />

alla perizia tecnica di Ian Sommerville, i<br />

primi spettacoli di luci e proiezioni corporee<br />

multimediali, gli antesignani degli spettacoli<br />

rock con luci psichedeliche, lì fu costru<strong>it</strong>a la<br />

Dreamachine, la macchina dei sogni che<br />

creava allucinazioni visive, lì venne girato,<br />

regia di Antony Balch, il film sperimentale<br />

inglese The Cut-Ups. Tutto ciò contaminato<br />

con un uso assiduo di droghe, le più varie,<br />

tutte volte a far emergere zone nascoste<br />

della coscienza. Si può dire, senza ombra di<br />

dubbio, che gran parte della controcultura<br />

americana, che avrebbe dato v<strong>it</strong>a da lì a<br />

poco al movimento hippy, prese forma<br />

all’interno del losco hotel gest<strong>it</strong>o da<br />

un’ignara Madam Rachou.<br />

Rossano Astremo<br />

Design del popolo<br />

Vladimir Archipov<br />

Isbn<br />

La povertà aguzza l’ingegno. Si può<br />

sintetizzare con questa frase il contenuto di<br />

Design del popolo, bizzarro libro pubblicato<br />

da Isbn, frutto di un lavoro di ricerca atipico<br />

effettuato dall’artista Vladimir Archipov.<br />

Archipov ha girato per anni le c<strong>it</strong>tà e le<br />

campagne russe alla ricerca di oggetti fai<br />

da te da inserire nella sua collezione. Ne è<br />

usc<strong>it</strong>o fuori questo libro, che contiene 220<br />

oggetti nati dalla necess<strong>it</strong>à quotidiana, dal<br />

bisogno che stimola l’inventiva. Gli oggetti,<br />

23<br />

29<br />

inoltre, forniscono<br />

un lucido r<strong>it</strong>ratto<br />

dell’Urss e degli anni<br />

della Perestrojka,<br />

prima della venuta<br />

al potere di Putin.<br />

Ad ogni immagine<br />

d e l l ’ o g g e t t o<br />

schedato si<br />

a c c o m p a g n a<br />

una sorta di<br />

t e s t i m o n i a n z a<br />

dell’autore o dei<br />

familiari dell’autore, i quali raccontano le<br />

ragioni e i contesti che hanno determinato<br />

la nasc<strong>it</strong>a di simili oggetti. Si va dalla mazza<br />

da hockey, costru<strong>it</strong>a con legno di ciliegio<br />

e nastro isolante, al castello giocattolo,<br />

fatto di scatole, colla e tempera, dallo<br />

zerbino di tappi di birra alla vasca d’uccelli<br />

ottenuta dalla ruota di un trattore, dalla<br />

borsa termica, piena di polistirolo e<br />

gommapiuma, allo sturalavandini, creato<br />

con il piede di uno sgabello e un pallone<br />

tagliato. E l’elenco è davvero sterminato.<br />

Ha perfettamente ragione il cr<strong>it</strong>ico d’arte<br />

Diogot quando definisce questi oggetti<br />

“frammenti della civiltà sommersa del<br />

socialismo sovietico, esclusa dalle logiche<br />

di mercato”. La Russia di oggi, invece,<br />

è immersa nel mondo del consumismo<br />

globale, della replicabl<strong>it</strong>à delle merci<br />

d’acquistare. Chissà se cì sono ancora<br />

netturbini che creano il proprio badile<br />

unendo un vecchio cartello stradale con<br />

un manico di scopa. Le frange di irriducibili,<br />

non dimentichiamolo, sono dure a morire.<br />

Rossano Astremo<br />

Ancora un anno<br />

Salvatore Toma<br />

Capone Ed<strong>it</strong>ore<br />

Sono passati vent’anni dalla morte di Salvatore<br />

Toma, poeta magliese scomparso<br />

tragicamente all’età di 36 anni, nel 1987.<br />

Toma ha ottenuta una discreta celebr<strong>it</strong>à<br />

postuma, grazie all’interessamento di Maria<br />

Corti, che curò<br />

il “Canzoniere della<br />

morte”, una sorta<br />

di best of, pubblicato<br />

da Einaudi<br />

nel 1999.<br />

Molti dei testi più<br />

validi presenti<br />

nella raccolta<br />

curata dalla Corti<br />

a p p a r t e n g o n o<br />

ad un volume,<br />

“Ancora un<br />

anno”, usc<strong>it</strong>o una<br />

prima volta nel 1981, ed<strong>it</strong>o da Capone,<br />

ed ora ripubblicato dallo stesso ed<strong>it</strong>ore,<br />

in occasione del ventennale della morte<br />

del poeta. Presenti in questo volume gli<br />

elementi topici della poetica di Toma,<br />

l’esaltazione della natura, contro le immani<br />

catastrofi dell’uman<strong>it</strong>à, la continua lotta<br />

tra reale e sogno e il dialogo ossessivo<br />

tra v<strong>it</strong>a e morte, dove quest’ultima non<br />

rappresenta la naturale conclusione della<br />

v<strong>it</strong>a, ma la sua esaltazione, “una sorta di<br />

energia reattiva che fa coagulare e filtrare<br />

la v<strong>it</strong>a nell’alambicco dell’esistenza”, come<br />

scr<strong>it</strong>to da Donato Valli nell’introduzione al<br />

testo: “a creare progettare ed approvare /<br />

la propria morte ci vuol coraggio! / ci vuole


30<br />

il tempo / che a voi fa paura. / Farsi fuori<br />

è un modo di vivere / finalmente a modo<br />

proprio / a modo vero”. Toma, in v<strong>it</strong>a,<br />

non ebbe rapporti semplici con l’ed<strong>it</strong>oria<br />

che contava. Tutte le sue raccolte, infatti,<br />

sono state pubblicate da piccoli ed<strong>it</strong>ori.<br />

Scrive Maurizio Nocera, nella pagina di<br />

presentazione di questa nuova edizione<br />

di “Ancora un anno”: “La silloge “Ancora<br />

un anno” fu per Toma uno dei suoi libri<br />

dal percorso più difficile. Non si trovava<br />

modo di farlo pubblicare. Venne rifiutato<br />

praticamente da tutti gli ed<strong>it</strong>ori ai quali<br />

Totò lo inviò. Per di più ci fu qualcuno, come<br />

ad esempio Maurizio Cucchi, all’epoca<br />

responsabile della collana poetica della<br />

Mondatori che non solo lo osteggiò ma<br />

trovò modo di rispondere al poeta in<br />

modo alquanto sgarbato”. Toma è stato<br />

un poeta discontinuo. Alternava poesie<br />

di grande valore immaginifico, pure perle<br />

liriche, a testi poco efficaci. Siamo certi<br />

che il rifiuto di Cucchi sia legato a logiche<br />

estetiche e non “terr<strong>it</strong>oriali”. Ciò che è vero<br />

è che Maria Corti dovette far passare per<br />

suicida per riuscire a pubblicarlo postumo<br />

da Einaudi. Venne, invece, stroncato da<br />

una cirrosi epatica.<br />

Rossano Astremo<br />

La Lunga<br />

Roberto Perrone<br />

Garzanti<br />

La lunga è, per i giornalisti, il turno notturno<br />

di lavoro in redazione. Ed è anche il t<strong>it</strong>olo<br />

del secondo romanzo di Roberto Perrone,<br />

da 25 anni cronista sportivo del Corriere<br />

della sera. Il libro è (forse) una sorta di<br />

autobiografia, dato che il protagonista<br />

lavora da decenni nella redazione sportiva<br />

di un quotidiano nazionale di Milano<br />

e proviene dalla Liguria, proprio come<br />

l’autore. Giacinto Mortola, questo il suo<br />

nome, è un uomo m<strong>it</strong>e e felice, sposato e<br />

con due figli grandi, che ev<strong>it</strong>a il confl<strong>it</strong>to<br />

perché non vuole essere affl<strong>it</strong>to dai sensi<br />

di colpa. Nel suo giornale non ha fatto<br />

carriera, è da sempre un redattore ordinario.<br />

Ma a lui è sempre andato bene così. E per<br />

Le Orme: Il m<strong>it</strong>o, la storia, la leggenda<br />

Oronzo Balzano<br />

Bastogi Ed<strong>it</strong>ore<br />

Grave pecca quella della saggistica<br />

musicale <strong>it</strong>aliana, cioè non aver<br />

dedicato una coerente e scientifica<br />

retrospettiva ad uno dei gruppi più<br />

rappresentativi del rock made in Italy.<br />

Finalmente il vuoto è stato colmato da<br />

Oronzo Balzano, insegnate, giornalista<br />

musicale ed ex direttore della fanzine<br />

ufficiale delle Orme. Il libro in questione<br />

rivela motivi, arcani e storici, lungo<br />

quaranta anni di eventi. Passando<br />

dal primo Ad Gloriam, manifesto<br />

beat-psichedelico del nostro paese, a<br />

Collage monumento del progressive<br />

nostrano. Felona e Sorona, primo<br />

concept album <strong>it</strong>aliano. La svolta<br />

di Florian, opera emancipata dagli<br />

archetipi del rock, in cui le Orme si<br />

proposero come quartetto da camera,<br />

imbracciando strumenti classici. Fino<br />

ai tentativi sanremesi, la parentesi<br />

semplicistica di Venerdì e la fase degli screzi artistici; quindi, al r<strong>it</strong>orno progressivo della<br />

trilogia Il Fiume, Elementi e L’Infin<strong>it</strong>o. Insomma una retrospettiva completa in tutti gli<br />

aspetti, e che rileva su tutto la partecipazione emotiva dell’autore nei confronti della<br />

band.<br />

Nicola Pace<br />

Coolibrì<br />

questo motivo è<br />

odiato dal capo,<br />

il responsabile<br />

dello sport, un<br />

arrivista che non<br />

sopporta chi non<br />

ha ambizioni.<br />

Abbiamo quindi i<br />

due antagonisti:<br />

l’eroe m<strong>it</strong>e e lo<br />

stronzo. E poi c’è<br />

Simone Perasso,<br />

amico di Mortola,<br />

un ex calciatore di serie C, morto in un<br />

incidente stradale proprio la notte in<br />

cui l’eroe è di lunga. Da quella notte<br />

parte il racconto di trent’anni di v<strong>it</strong>a e di<br />

giornalismo. Da sempre pieno di stronzi,<br />

gente per bene, colpi di culo e storie da<br />

raccontare.<br />

Ludovico Fontana<br />

Il rimedio perfetto<br />

Lucrezia Lerro<br />

Bompiani<br />

Con Il rimedio perfetto, Lucrezia Lerro -<br />

poetessa trentenne alla sua seconda prova<br />

narrativa - ci porta in una storia dove disagio<br />

ed inquietudine esistenziale coincidono<br />

con un tessuto sociale degradato, quasi<br />

prim<strong>it</strong>ivo e a tratti<br />

surreale. Se non<br />

fosse per il nome<br />

delle cose, intorno:<br />

il camioncino con<br />

la scr<strong>it</strong>ta Algida,<br />

la felpa della<br />

Parmalat, la Singer<br />

della madre,<br />

cadremmo in un<br />

tempo straniato,<br />

fiabesco. Tuttavia<br />

le conseguenze<br />

s i g n i f i c a n t i<br />

che fanno la fiaba permangono e<br />

si addensano nel racconto. È come<br />

Cenerentola, la protagonista, messa al<br />

lato dalla v<strong>it</strong>a! “Un’Alice, senza nessuna<br />

meraviglia intorno” se non lo squallore<br />

di una Campania, densa di pioggia e<br />

d’umido, di pidocchi e di cimici, r<strong>it</strong>ratta<br />

dopo il terremoto del 1980. Solo i dolci la<br />

consolano. Se li procura, con astuzia e<br />

determinazione rubando e ingannando i<br />

commercianti, nascondendosi in pertugi<br />

improbabili, costruendosi un mondo (quasi)<br />

parallelo di incanti impossibili che l’aiutano<br />

a resistere. “Dovevo raggiungere presto il


Coolibrì<br />

mio nascondiglio. Solo lì mi sentivo al sicuro,<br />

solo lì, sotto le scale. …Rubavo e andavo a<br />

nascondermi, poi mi torturavo i capelli per<br />

ore senza sapere perché.”<br />

Ma bisognerà pur fuggire, un giorno, per<br />

cercar fortuna e riscatto, crescere per<br />

essere capaci di trovare rimedio. Per fare<br />

la v<strong>it</strong>a, V<strong>it</strong>a!<br />

Alleva gli occhi al bene Alice in un ordinario<br />

anaffettivo, crudo e privo di pietas lei trova<br />

l’amore. L’amore, “il rimedio di tutto”.<br />

La costruzione della sua ‘fuga’ è<br />

un percorso di accoglimento e di<br />

comprensione del disagio degli altri. C’è la<br />

nonna-Strega, che violenta ed autor<strong>it</strong>aria<br />

porta avanti la famiglia. La madre, la<br />

Rossa la chiamavano, che cuce e tesse<br />

amori: tanti, segreti, tutti unici, raccontati<br />

dentro corsivi-lettere che attraversano<br />

il libro. Il padre considerato lo scemo del<br />

paese che “non sapeva cosa farsene del<br />

tempo” dice di sé: “Io non sono pazzo,<br />

sono soltanto malinconico”. Le sorelle che<br />

la ignorano, la escludono con cattiveria<br />

dalla loro v<strong>it</strong>a e la maestra che la umilia<br />

in ogni modo. Una v<strong>it</strong>a di resistenze, una<br />

v<strong>it</strong>a di perd<strong>it</strong>e nella perenne mancanza<br />

d’una quiete certa. Una v<strong>it</strong>a che intreccia<br />

sol<strong>it</strong>udini dove la “felic<strong>it</strong>à è non pensare”<br />

e la v<strong>it</strong>a si fa nella fuga. Staccarsi, andare,<br />

slegare i destini. Farsi forti è nella pena del<br />

crescere, trattenere il dolore “nel groviglio<br />

dei ricordi” per quel germoglio che prima o<br />

poi muterà destino e v<strong>it</strong>a.<br />

Un libro crudo e crudele e insieme pos<strong>it</strong>ivo,<br />

che incoraggia!<br />

Mauro Marino<br />

Pierluigi Panza<br />

Il digiuno dell’anima<br />

Bompiani<br />

Lei è la “prima”<br />

a n o r e s s i c a<br />

di Milano,<br />

n e s s u n o<br />

riuscirà a dare<br />

un nome al<br />

suo male. Era<br />

la ragazza che<br />

non si era mai<br />

sent<strong>it</strong>a amata<br />

come avrebbe<br />

voluto.<br />

Una madre<br />

ed una figlia<br />

ab<strong>it</strong>ano le<br />

pagine de<br />

“Il digiuno dell’anima”, nell’immobil<strong>it</strong>à<br />

di un interno borghese. Un ‘decoro’ che<br />

sgomenta: tutto è in ordine, immutabile,<br />

puro, ‘santo’. La famiglia recinto, la famiglia<br />

che scorda l’essenziale emozionale<br />

rifugiandosi nelle regole, nelle consuetudini,<br />

nel vuoto che solo la malattia altera,<br />

trasgredendo ogni decenza, ogni possibile<br />

difesa. Una storia tragica ma anche per<br />

molti versi paradossale quando saggiamo<br />

l’ostinazione e la determinazione di chi<br />

sceglie di ‘affamarsi’.<br />

Abbiamo letto molte storie di anoressia.<br />

Racconti di donne che scrivono il loro<br />

calvario, questa volta è un uomo ad<br />

accompagnarci in quel labirinto di ossessioni.<br />

Pierluigi Panza ci racconta la storia di una<br />

adolescente - lo fa in prima persona, come<br />

in un diario - lasciandola per scelta senza<br />

nome. “Anche se naturalmente si tratta di<br />

L’ABISSO DI GIANLUCA MOROZZI<br />

Sabato 14 <strong>luglio</strong> la Notte Bianca di Melpignano osp<strong>it</strong>a anche<br />

Gianluca Morozzi. Bolognese classe 1971, è uno dei più<br />

interessanti e apprezzati scr<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani. Negli ultimi anni la sua<br />

produzione è frenetica e coinvolge due case ed<strong>it</strong>rici Fernandel<br />

e Guanda. Con la prima Ha pubblicato il romanzo d’esordio<br />

Despero (2001), le raccolte Luglio, agosto, settembre nero<br />

(2002), Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere<br />

di aver fatto, però le ho fatte (2003) e Accecati dalla luce<br />

(2004). Nel 2006, insieme a Paolo Alberti ha scr<strong>it</strong>to il romanzo<br />

calcistico Le avventure di zio Savoldi e, in collaborazione con<br />

il disegnatore Squaz, il suo primo fumetto, Pandemonio. Per<br />

l’ed<strong>it</strong>ore Guanda ha pubblicato nel 2004 il romanzo Blackout,<br />

nel 2005 L’era del porco e nel 2006 L’Emilia o la dura legge della musica. Recentemente<br />

ha partecipato con un racconto a Mordi&Fuggi. Sedici racconti per evadere dalla<br />

Taranta della salentina Manni e ha dato alle stampe, sempre per Fernandel, L’abisso.<br />

Il protagonista dell’Abisso, nel suo tentativo di costruirsi una v<strong>it</strong>a parallela a quella<br />

reale, sembra non voler mai “diventare grande”. Tutta la sua storia è un tentativo di<br />

rimandare le responsabil<strong>it</strong>à e le scelte della v<strong>it</strong>a adulta. È una scelta voluta?<br />

Gabriele è cresciuto convinto di essere un genio, uno destinato a cose grandi, a un<br />

destino meraviglioso. Per quello si tiene tutte le strade aperte: quando la cosa grande<br />

verrà a cercarlo, qualunque essa sia, dovrà trovarlo libero, svincolato da lavori, mogli,<br />

figli...C’è anche da dire che Gabriele, dopo l’incidente, ha una testa che viaggia su<br />

binari tutti suoi...<br />

Fino a che punto ti riconosci in Gabriele, il protagonista de L’abisso?<br />

Come con altri miei personaggi, tipo Kabra o Lajos, ci sono cose in cui mi riconosco<br />

e altre che mi sono estranee. La s<strong>it</strong>uazione familiare di Gabriele, il rapporto con la<br />

madre, le sue origini in un paesino di montagna, sono elementi a me estranei. La<br />

vicenda univers<strong>it</strong>aria invece mi è un po’ più familiare. Sono stato iscr<strong>it</strong>to per undici<br />

anni a giurisprudenza e non mi sono laureato... Anch’io come Gabriele, ai tempi delle<br />

medie, ho avuto una cresc<strong>it</strong>a improvvisa che mi ha trasformato in uno spilungone<br />

goffo e dinoccolato che i compagni di classe chiamavano Zombie. E anch’io una<br />

volta sono stato invest<strong>it</strong>o da un’auto durante una g<strong>it</strong>a scolastica, a Mantova, in terza<br />

media. Qualche tempo fa ho presentato un libro nel terrazzo di un caffè all’aperto<br />

che si affacciava proprio sul punto in cui sono stato invest<strong>it</strong>o. Poi, be’, mi sa che<br />

anch’io sono cresciuto convinto di essere un genio destinato a qualcosa di speciale.<br />

Ho cominciato un po’ a dub<strong>it</strong>arne solo quando sono arrivato a ventinove anni, con<br />

ancora due esami alla laurea, senza un soldo e con tre miseri racconti pubblicati in<br />

dieci anni di tentativi... poi ci ho creduto di nuovo sub<strong>it</strong>o dopo.<br />

Sullo sfondo del tuo romanzo c’è ancora una volta Bologna. Questa scelta dipende solo<br />

dalla tua confidenza con la c<strong>it</strong>tà oppure Bologna racchiude in sé delle caratteristiche<br />

che la rendono una perfetta “protagonista”?<br />

Bologna è una c<strong>it</strong>tà estremamente duttile, e uno sfondo perfetto per le mie storie.<br />

Serve uno sfondo per una storia di band che provano ad emergere dalle cantine?<br />

Bologna è piena di band e di cantine! Una storia di movimenti studenteschi, di<br />

manifestazioni di piazza dopo il G8 o l’11 settembre? Non lo devo neanche dire. Una<br />

storia che si svolge nell’ascensore di un palazzo di periferia in una c<strong>it</strong>tà deserta per<br />

l’estate? Basta andare in periferia, a Borgo Panigale... Questa storia in particolare, poi,<br />

ha come fulcro l’univers<strong>it</strong>à ... e non poteva svolgersi che qui.<br />

Il finale è aperto. Prelude forse a un segu<strong>it</strong>o?<br />

La vicenda di Gabriele, per quanto mi riguarda, termina qui. Questo romanzo è un<br />

po’ la chiusura di un ciclo, per me, l’esorcismo finale agli undici anni assurdi che ho<br />

passato a studiare codici e leggi senza motivo e senza voglia, e a tutte le storie che ho<br />

arch<strong>it</strong>ettato in quegli anni passati a trascinarmi carico di libri tra le biblioteche e le sale<br />

studio notturne... una delle quali, appunto, era la vicenda de L’abisso. In compenso,<br />

oltre all’apparizione di un certo surreale personaggio che già era comparso e di<br />

nuovo comparirà (un edicolante pazzo sosia di Nicholas Cage, convinto di essere un<br />

supereroe) c’è una vicenda che a un certo punto si intreccia con quella di Gabriele in<br />

modo quasi incongruo... quella della ragazza intenzionata a dare la caccia al Corvo<br />

che ha ucciso la sua amica. Ecco, quella storia continuerà altrove. Decisamente.<br />

La scr<strong>it</strong>tura ancora una volta è divertente, e in più di un’occasione riesce a strappare<br />

un sorriso anche davanti a s<strong>it</strong>uazioni cr<strong>it</strong>iche. È un tuo tentativo per sdrammatizzare o<br />

è di nuovo la testimonianza dell’incapac<strong>it</strong>à del protagonista di prendere coscienza<br />

della propria s<strong>it</strong>uazione?<br />

Un po’ ho cercato di sdrammatizzare, non volevo che questo fosse un romanzo alla<br />

Blackout... anche se alcune scene, tipo quella con Scaglia, quella di notte in casa<br />

della madre o la corsa finale contro il tempo sono abbastanza ansiogene. Però c’è<br />

anche il fatto che Gabriele ha una testa stranissima, un cervello borderline, capace di<br />

intuizioni geniali ma anche di scivolate clamorose... sembra quasi che si renda conto<br />

solo a interm<strong>it</strong>tenza della s<strong>it</strong>uazione in cui si è cacciato, e solo quando è realmente<br />

con le spalle al muro. (per l’intervista si ringrazia l’ufficio stampa Fernandel)<br />

31


32<br />

Coolibrì<br />

una ricostruzione, ho conosciuto questa<br />

ragazza, l’ho frequentata per molti anni e<br />

ho avuto modo di accedere ai suoi diari,<br />

su questo ho costru<strong>it</strong>o il romanzo” spiega<br />

Panza. L’autore non vuole rivelare se la<br />

ragazza cui si ispira la storia è ancora viva,<br />

la protagonista del romanzo muore dopo<br />

trent’anni di dolore nei pressi di Siena, la<br />

c<strong>it</strong>tà di quella Santa Caterina per cui la<br />

ragazza ha una vera ossessione.<br />

Milano rimane il centro della vicenda, una<br />

Milano ai tempi completamente colta alla<br />

sprovvista dalla malattia: “La popolazione<br />

comune nemmeno sapeva esistesse<br />

l’anoressia. I giornali non ne parlavano.<br />

Casi conclamati non emergevano.<br />

Non esistevano ospedali specializzati.<br />

Era il dopoguerra e per i primi borghesi<br />

alfabetizzati su larga scala che uscivano<br />

dall’universo della povertà, era davvero<br />

difficile pensare che il ‘non mangiare’ fosse<br />

una malattia”.<br />

Ora, a quarant’anni di distanza dall’inizio<br />

della storia narrata ne “Il digiuno<br />

dell’anima”, le psicopatologie legate ai<br />

disturbi alimentari sono così diffuse ed<br />

estese che è facile riconoscerle. Ma non<br />

altrettanto facile curarle e avvicinarle,<br />

almeno secondo Panza: “Sono contrario<br />

ai messaggi incoraggianti dei sopravvissuti.<br />

Negli elementi giovanili e più deboli ha<br />

l’effetto contrario a quello che si vuole<br />

ottenere: induce a pensare che si possa<br />

passare attraverso l’inferno, uscirne vivi<br />

e diventare protagonisti del mondo<br />

dei media. Inoltre i centri specializzati<br />

continuano ad essere pochissimi, privati<br />

e molto costosi anche se quelli di Milano<br />

sono tra i più avanzati. Inoltre sono gli stessi<br />

anoressici a non voler essere classificati:<br />

continuano, oggi come allora, a passare<br />

da gastroenterologia a psichiatria a<br />

neurologia. Il loro gioco fantastico, che è<br />

parte della malattia, consiste proprio nello<br />

sfuggire ad ogni classificazione”.<br />

Le dichiarazioni di Pierluigi Panza sono tratte<br />

da un’articolo di Stefania V<strong>it</strong>elli apparso su<br />

“Il Giornale” (11.06.2007).<br />

Mauro Marino<br />

100 dischi ideali per capire il<br />

rock<br />

Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi<br />

Ed<strong>it</strong>ori riun<strong>it</strong>i<br />

Il rock migliora la v<strong>it</strong>a. Con questa<br />

affermazione si apre 100 dischi ideali<br />

per capire il rock di Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi<br />

pubblicato da ed<strong>it</strong>ori riun<strong>it</strong>i. Cinque<br />

decenni in cento album raccontati<br />

minuziosamente. Quelli che ti aspetti ci sono<br />

tutti, i classici senza tempo di Dylan, Beatles,<br />

Rolling Stones. Ma poi c’è anche l’altro<br />

lato del rock, quello meno appariscente<br />

ma ugualmente e a volte addir<strong>it</strong>tura più<br />

influente. Ci sono i The flying burr<strong>it</strong>o bros<br />

country rock ancor prima dei più famosi<br />

Eagles, gli impronunciabili Lynyrd skynyrd<br />

(nella foto) inventori della celeberrima<br />

Sweet home Alabama ma anche dischi<br />

che sono entrati nella rosa degli scelti per<br />

il loro impatto commerciale. Il libro si legge<br />

piacevolmente, approfondisce a dovere e<br />

può essere letto a balzi e mozzichi. Formato<br />

ad albo rinnovato e arricch<strong>it</strong>o rispetto alla<br />

precedente edizione. Forse alla ed<strong>it</strong>ori<br />

riun<strong>it</strong>i hanno cap<strong>it</strong>o che ai feticisti di dischi<br />

e copertine piacciono anche i bei libri.<br />

O.P.


Coolibrì<br />

Da anni ormai i festival letterari si sono trasformati in vetrine<br />

tanto fastose quanto uniformi, che monopolizzano per giorni la<br />

v<strong>it</strong>a della c<strong>it</strong>tadina osp<strong>it</strong>e, e fondano sul libro un ipermercato<br />

a cielo aperto, spalmato a volte lungo le vie caratteristiche, le<br />

piazze più o meno centrali, i palazzi di storica importanza, altre<br />

sedimentato in spazi appos<strong>it</strong>i e a dir fantascientifici. Il r<strong>it</strong>orno<br />

commerciale di questo esibizionismo culturale è cosa risaputa, e<br />

detiene il suo gradevole potere sulle attiv<strong>it</strong>à ricettive e non del<br />

luogo, ma anche e soprattutto sui colossi, spesso bancari, che<br />

finanziano e sostengono il progetto alla sua origine. Con il risultato<br />

che si viene a smarrire il propos<strong>it</strong>o “di facciata” dell’evento, che<br />

fa emergere la sua apparente intenzione progettuale alla prima<br />

- e al massimo seconda - edizione, per poi piegare la diffusione<br />

della lettura, la divulgazione dei testi e la conoscenza degli autori<br />

alle regole asentimentali del mercato-spettacolo. Esiste però una<br />

resistenza - che si manifesta soprattutto con l’arrivo dell’estate -<br />

che passa attraverso associazioni culturali e gruppi di animazione<br />

sociale, e pensa e realizza residenze bibliofile a onesta misura<br />

di lettore. Risponde così allo sconcio osceno del libro in fiera, e<br />

riporta chi scrive, chi legge e chi pubblica ad un rapporto più<br />

autentico e prezioso, a distanza interminabile dalle ident<strong>it</strong>à<br />

fabbricate dell’autore-personaggio, del lettore-consumatore,<br />

dell’ed<strong>it</strong>ore- attore economico. Doveroso, dopo tale premessa,<br />

il suggerimento di incontro con alcune di queste realtà di<br />

contrasto, poche in ver<strong>it</strong>à, ma fermamente e dign<strong>it</strong>osamente<br />

differenti. Due, davvero di qual<strong>it</strong>à, a pubblicazione avvenuta<br />

risultano già svolte, ma mer<strong>it</strong>ano lo stesso di essere menzionate.<br />

Dall’8 al 10 giugno, infatti, il collettivo cagliar<strong>it</strong>ano Chourmo ha<br />

organizzato il Festival di Letterature Applicate Marina Cafè Noir,<br />

gioco letterario alla sua terza edizione, accolto dalla geografia<br />

popolare di un quartiere, che qui realizza e promuove reti di<br />

relazioni, animazioni, rielaborazioni, attorno alla creativ<strong>it</strong>à che<br />

consegue all’atto del leggere. In un intreccio festoso di talenti,<br />

suggestioni e contaminazioni, si riscopre e celebra la lettura<br />

condivisa, e il libro e la sua storia confessano il loro essere<br />

pieno strumento sociale. Quest’anno la manifestazione sarda<br />

è stata dedicata agli eroi, ai migranti, ai pirati, figure di intensa<br />

e pericolosa insinuazione, aprendo il confronto sul patrimonio<br />

comune di storie nere e di coraggio, che possono riportare la<br />

coscienza ad una fierezza antica, ad una necessaria mil<strong>it</strong>anza.<br />

Dal 9 giugno al 1 <strong>luglio</strong>, continuando, l’associazione culturale<br />

Lupus in fabula di Palestrina ( Roma) ha curato il Premio Albatros<br />

per la Letteratura da Viaggio, “kermesse di incontri, spettacoli<br />

e convegni sui temi e i luoghi del viaggiare”, accolti, vissuti ed<br />

osservati dalla prospettiva particolare del lettore in movimento.<br />

Grande attenzione all’opera del reporter-scr<strong>it</strong>tore recentemente<br />

scomparso Kapuscinski, con incontri curati da giovani e studenti<br />

sui modi del viaggio di denuncia, che richiede e conduce ad<br />

una convivenza stretta con la questione sociale del momento.<br />

Evento centrale del Premio la presentazione di Man<strong>it</strong>uana di Wu<br />

Ming, segu<strong>it</strong>a dalla lettura scenica 54 a cura dello stesso collettivo<br />

bolognese con Yo Yo Mundi e l’attore teatrale Fabrizio Pagella.<br />

All’interno della manifestazione musicale toscana Italia Wave<br />

Love Festival (ex Arezzo Wave) in programma dal 17 al 22 <strong>luglio</strong> a<br />

Sesto Fiorentino, segnalo il Word Stage, una dimensione letteraria<br />

di quattro giorni che potrebbe cost<strong>it</strong>uire senza imbarazzo una<br />

realtà a sé, indipendente dal contesto che la osp<strong>it</strong>a come taglio<br />

parallelo. Anche in questo caso, attesissima il 18 la presentazione<br />

di Man<strong>it</strong>uana, segu<strong>it</strong>a però da un’anteprima assoluta: Pontiac,<br />

lettura-concerto curato da Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga),<br />

che racconta la sollevazione indiana del 1763 contro la Corona<br />

Br<strong>it</strong>annica. Il 19, altro reading in musica: Il pellegrino dalle braccia<br />

d’inchiostro, di Enrico Brizzi e Numero6, che nell’incontro tra il<br />

giovane autore e la band fenomeno dell’indie rock di casa<br />

nostra narra il suggestivo pellegrinaggio lungo la via Francigena,<br />

33<br />

percorsa dai viandanti medievali, e attraversata di recente dallo<br />

stesso Brizzi. Non solo nuove forme letterarie al Word Stage, ma<br />

anche tanta tradizione: un’intera giornata, quella del 19 <strong>luglio</strong>,<br />

sarà infatti dedicata alla rivalutazione ed alla valorizzazione<br />

dell’ottava rima, con un laboratorio di lettura e studio delle forme<br />

originarie, e di recupero dalle tecniche di improvvisazione lirica,<br />

che evolveranno in un passaggio affascinante tra l’atto del leggere<br />

e la manifestazione vocale cantata, aperto a chiunque voglia<br />

cimentarsi con la poesia in ottava e i suoi incantevoli contrasti.<br />

Tutti i giorni , inoltre, presso lo Speak Corner qualsiasi autore <strong>it</strong>aliano<br />

potrà presentare al pubblico la sua opera, rigorosamente in soli<br />

20 minuti, curando in modo autonomo lo spazio di promozione.<br />

Nella giornata conclusiva del Festival, infine, dal mattino fino al<br />

tardo pomeriggio lettura collettiva de Il giovane Holden: chi lo<br />

desidera potrà leggere per cinque minuti un brano del celebre<br />

romanzo di Salinger, passandosi il testimone con gli altri presenti,<br />

in una ideale staffetta a voce alta. Dal 31 agosto al 2 settembre<br />

ad Anghiari in provincia di Arezzo si svolge invece la seconda<br />

edizione di C<strong>it</strong>tà e Paesi in Racconto – Narratori per Diletto, a cura<br />

della Libera Univers<strong>it</strong>à dell’Autobiografia. Da tempo, e grazie<br />

all’instancabile rianimatore del ricordo Duccio Demetrio, il piccolo<br />

centro toscano investe sulla memoria dei terr<strong>it</strong>ori, ricercando e<br />

rintracciando luoghi e uomini in permanente esercizio rievocativo,<br />

che traducano in scr<strong>it</strong>tura la testimonianza della propria realtà<br />

locale, e in libro la tensione verso la necess<strong>it</strong>à della divulgazione.<br />

“La manifestazione sarà dunque caratterizzata e centrata su testi<br />

autobiografici pubblicati dalla piccola e piccolissima ed<strong>it</strong>oria,<br />

spesso supportata dalle ist<strong>it</strong>uzioni locali, con lo scopo di valorizzare<br />

e coinvolgere i terr<strong>it</strong>ori e i paesi che emergono dai testi e dagli<br />

autori presentati.” Teatro antico di tutti gli incontri, lo splendore<br />

del borgo medievale. Per concludere, il Collettivo Libertario di<br />

Firenze riporta l’attenzione sul canale dell’ed<strong>it</strong>oria, definendolo<br />

però nella specific<strong>it</strong>à degli studi anarchici. Dal 7 al 9 settembre il<br />

capoluogo toscano sarà infatti spazio d’adozione per la Vetrina<br />

dell’Ed<strong>it</strong>oria Anarchica e Libertaria, che consentirà al pubblico già<br />

legato a questi temi - ma anche e soprattutto a quello più curioso<br />

e smaliziato - di stabilire un contatto con l’enorme produzione<br />

in amb<strong>it</strong>o di ricerca e narrativa sociale, maltrattata dalla<br />

distribuzione ordinaria, ma custod<strong>it</strong>a con cura speciale da chi<br />

ne sostiene le idee ard<strong>it</strong>e eppure rigorose, e i gravami economici<br />

non indifferenti. Termina qui questo vagabondaggio breve tra le<br />

possibil<strong>it</strong>à “oltre Mantova” e il suo Festival Letteratura settembrino.<br />

Occasioni – quelle qui raccolte - di relazione profonda e di valore<br />

con la lettura intesa come atto pol<strong>it</strong>ico, nonché contesti ed insieme<br />

pretesti per vigilare sul proprio essere- e sul poter continuare ad<br />

essere- lettore autonomo e consapevole.<br />

Stefania Ricchiuto- Il Passo del Cammello


34<br />

Cart’armata edizioni è un nome<br />

mil<strong>it</strong>ante, che richiama una scr<strong>it</strong>tura<br />

sempre all’erta ed agguerr<strong>it</strong>a. Nasce a<br />

Milano nel 1994 dalla passione – e dalla<br />

cocciutaggine - di una combriccola<br />

di giornalisti impegnati nel sociale, che<br />

prima ha dato v<strong>it</strong>a ad un giornale, e<br />

poi ha incominciato a pubblicare libri<br />

coraggiosi e spesso impopolari.<br />

La vostra storia nasce con Terre di mezzo,<br />

il giornale di strada dedicato ai temi del<br />

disagio sociale, venduto da persone<br />

in difficoltà. Proporre per marciapiedi,<br />

angoli e stazioni un prodotto ed<strong>it</strong>oriale<br />

dai contenuti importanti non deve essere<br />

stato facile. Qual è stata l’accoglienza<br />

iniziale della c<strong>it</strong>tà di Milano verso la<br />

vostra idea?<br />

In realtà Terre di mezzo era stato<br />

presentato in conferenza stampa in<br />

contemporanea a Roma e a Milano,<br />

e la vend<strong>it</strong>a aveva avuto inizio non<br />

solo in queste due c<strong>it</strong>tà, ma anche a<br />

Trieste, Genova ed altri centri importanti.<br />

L’accoglienza dovunque è stata fin da<br />

sub<strong>it</strong>o molto buona, e per anni la vend<strong>it</strong>a<br />

per strada ha potuto contare anche su migliaia di copie vendute.<br />

Il risultato è stato ed è spesso legato alle condizioni del tempo: se<br />

piove o fa freddo si vende di meno. Ma l’attenzione della strada<br />

verso le nostre proposte rimane anche oggi piuttosto alta.<br />

Affidare la vend<strong>it</strong>a per strada esclusivamente a persone immigrate<br />

può portare a volte allo sgradevole connubio “migrante-lavoro<br />

umile”. Avete mai avuto dei dubbi su questa scelta?<br />

Mai, anche perché non è stata una scelta premed<strong>it</strong>ata. Devo<br />

premettere che Terre di mezzo è nato ispirandosi ad altre<br />

esperienze, come quella del The big issue, distribu<strong>it</strong>o in Inghilterra<br />

e Scozia attraverso una rete di vend<strong>it</strong>ori di strada. Quando<br />

abbiamo realizzato il giornale, ci siamo posti il problema di come<br />

rintracciare possibili vend<strong>it</strong>ori per la creazione di una rete simile.<br />

Abbiamo inser<strong>it</strong>o un annuncio di offerta lavoro, e per caso hanno<br />

risposto quasi esclusivamente persone immigrate, che non sono<br />

state “cercate”, quindi, ma “trovate”. Dopo, non ci siamo orientati<br />

verso la ricerca di vend<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani solo per non sottrarre lavoratori<br />

all’altro giornale di strada in vend<strong>it</strong>a a Milano, “Scarp de’ tenis”,<br />

voce dei senza fissa dimora. Devo aggiungere, in ultimo, che<br />

in paesi come il Senegal la vend<strong>it</strong>a dei giornali per la strada è<br />

considerato un lavoro ordinario, assolutamente dign<strong>it</strong>oso, e non<br />

saltuario o “di emergenza” come qui da noi.<br />

Oggi potete contare su uno spazio discreto ma concreto nelle<br />

librerie. Eppure il vostro tratto distintivo rimane la vend<strong>it</strong>a per la<br />

strada, non solo del giornale ma anche dei libri. Perché?<br />

Per il settore libri ci siamo avvalsi fin dall’inizio della distribuzione<br />

tradizionale. Ma dato che siamo nati per la strada, non aveva<br />

senso rinunciare a quel canale, anche perché avrebbe significato<br />

abbandonare i nostri distributori, che spesso vendono più libri che<br />

copie del giornale. Abbiamo voluto custodire un’opportun<strong>it</strong>à<br />

di lavoro, insomma, ed anche conservare la visibil<strong>it</strong>à verso quel<br />

pubblico che non entra nelle librerie.<br />

La vostra realtà è una delle poche, tra quelle che si definiscono<br />

piccole ed autonome, a non ricevere per scelta alcun<br />

sovvenzionamento ist<strong>it</strong>uzionale. In più, Cart’armata è una srl di<br />

proprietà degli stessi giornalisti-ed<strong>it</strong>ori. È questa la ricetta per<br />

essere realmente indipendenti?<br />

Non so se sia una ricetta valida per tutti, certo lo è stata per<br />

noi. L’ed<strong>it</strong>oria piccola ed autonoma è un settore delicato, che<br />

spesso vede nascere realtà costru<strong>it</strong>e ad hoc proprio per poter<br />

Coolibrì<br />

attingere dai finanziamenti pubblici.<br />

Di sicuro, avremmo potuto cost<strong>it</strong>uire<br />

una società cooperativa, con<br />

tutti i vantaggi del caso. Ma non<br />

l’abbiamo voluto fare.<br />

Come selezionate le opere che<br />

compaiono nella vostra collana<br />

di narrativa? È sufficiente che lo<br />

sviluppo della storia testimoni<br />

l’emarginazione, il disagio, la cultura<br />

“di periferia”, o c’è attenzione da<br />

parte vostra anche verso i modi del<br />

narrare?<br />

C’è sicuramente attenzione<br />

verso certi temi, con uno sguardo<br />

notevole alla scr<strong>it</strong>tura. Cerchiamo<br />

prima di tutto delle storie - questo<br />

è vero - che richiamino i problemi<br />

dell’integrazione o della lotta alla<br />

povertà, ma mai a discap<strong>it</strong>o della<br />

qual<strong>it</strong>à letteraria. Un nostro autore,<br />

Daniel Alarcòn, di origine peruviana<br />

ma trasfer<strong>it</strong>osi negli Stati Un<strong>it</strong>i, ha<br />

recentemente vinto il Wh<strong>it</strong>ng Wr<strong>it</strong>er’s<br />

Award, un premio prestigiosissimo,<br />

ed è risultato finalista all’Hemingway<br />

Foundation/PEN Award.<br />

Un’intera collana, Percorsi, è dedicata ai cammini spir<strong>it</strong>uali e non,<br />

alla ricerca in forma di pellegrinaggio, alla pratica del viandante.<br />

Com’è nata?<br />

Una delle nostre attenzioni è sempre stata rappresentata dal<br />

turismo responsabile e non invadente. I viaggi a piedi consentono<br />

di attraversare i luoghi vivendoli, senza modificare i terr<strong>it</strong>ori,<br />

e mantenendo intatto il legame con la storia del percorso. Da<br />

qui la nostra scelta di proporre delle guide di qual<strong>it</strong>à, non solo<br />

sulle esperienze più note e di richiamo spir<strong>it</strong>uale come Santiago<br />

de Compostela o la Via Francigena, ma anche sui cammini<br />

della storia, degli uomini e delle idee. Ad esempio, una nostra<br />

pubblicazione presenta i sentieri partigiani d’Italia, con sei <strong>it</strong>inerari<br />

che ripercorrono i monti e le valli della Resistenza.<br />

Tutte le vostre proposte hanno come comune denominatore<br />

”l’orientare verso la pratica”. Poca teoria - giusto il necessario -<br />

e poi tanti strumenti in forma di libro, per realizzare in concreto<br />

uno stile di v<strong>it</strong>a partecipativo, rispettoso dell’ambiente, basato<br />

sulla giustizia sociale. Allergici alle appartenenze puramente<br />

ideologiche?<br />

Siamo sicuramente distanti dall’ideologia fine a se stessa. Non ci<br />

piace proporre ricette teoriche, ma gesti quotidiani alla portata<br />

di tutti. Una nostra collana si int<strong>it</strong>ola proprio “Stili di v<strong>it</strong>a”, e mira a<br />

comunicare possibil<strong>it</strong>à di risparmio energetico, alternative all’uso<br />

dell’automobile, consigli di consumo cr<strong>it</strong>ico, ed altre dinamiche<br />

di facile approccio che permettano di attuare dei piccoli ma<br />

significativi cambiamenti. Per noi è importante.<br />

Un consiglio di lettura….<br />

Posso darne tre? Abbiamo recentemente pubblicato La<br />

Cartografia della Via Francigena, unica opera che raccoglie le<br />

mappe dettagliate del percorso da Canterbury a Roma. Poi, la<br />

Guida alle vacanze alternative, che consiglia come recuperare<br />

del tempo per sé, affiancando proposte di viaggio a corsi creativi,<br />

alcuni anche molto stravaganti. Infine, un noir: Non si uccidono<br />

così anche i cavalli? di Horace McCoy, un classico dimenticato<br />

in Italia, e da cui è stato tratto l’omonimo film di Sidney Pollack,<br />

vinc<strong>it</strong>ore di un Oscar.<br />

Stefania Ricchiuto Il Passo del Cammello


Be Cool il cinema secondo <strong>cool</strong>cub<br />

U.s.a. contro John Lennon<br />

David Leaf, John Scheinfeld<br />

Mikado<br />

La storia come è noto viene scr<strong>it</strong>ta dai<br />

vinc<strong>it</strong>ori, ma cosa accade quando a<br />

vincere nonostante tutto non è proprio<br />

nessuno? Questo devono aver pensato<br />

Leaf e Scheinfeld, nel confezionare un<br />

pregevole documentario che partendo<br />

dalla seconda metà degli anni ‘60 tenta<br />

di analizzare la conversione dell’ex-beatle<br />

John Lennon a paladino dell’antimil<strong>it</strong>arismo<br />

fino a diventare un nemico riconosciuto e<br />

combattuto dell’intera amministrazione<br />

americana. Erano gli anni delle<br />

contestazioni, del Vietnam, dei grandi<br />

ideali e di quel Richard Nixon che prima<br />

del Watergate aveva dato anima e<br />

corpo per riuscire a cacciare dal suolo<br />

americano un comunicatore avverso<br />

del calibro di Lennon. Girata grazie alla<br />

collaborazione dell’ex-compagna Yoko<br />

Ono che ha forn<strong>it</strong>o documenti ined<strong>it</strong>i<br />

e interessanti, questa pellicola si snoda<br />

attraverso immagini di repertorio e interviste<br />

ad importanti personaggi di quegli anni<br />

come Noam Chomsky e il capo delle<br />

Black Panters Bobby Seale che danno<br />

una mano ad inquadrare pol<strong>it</strong>icamente e<br />

temporalmente il periodo. Lo stile è quello<br />

di un documentario classico, senza molti<br />

fronzoli e con immagini a volte di scarsa<br />

qual<strong>it</strong>à quasi a rimarcare la volontà di<br />

andare oltre l’apparenza e di concentrarsi<br />

sul messaggio, quello di pace tanto caro<br />

a Lennon e divenuto inno con pezzi come<br />

Give peace a chance e Imagine. Cosa<br />

ha spinto Lennon e Yoko Ono (che molti<br />

considerano la causa dell’allontanamento<br />

dal gruppo del cantante) a imbarcarsi in<br />

un’avventura tanto difficile e pericolosa? E’<br />

una delle domande a cui il documentario<br />

un<strong>it</strong>amente ad elementi come la misteriosa<br />

morte del cantante, cerca di trovare<br />

una risposta mettendo sul piatto anche<br />

la sua infanzia non facile. In conclusione<br />

un prodotto ben fatto e diretto, capace<br />

di emozionare e di lanciare molte<br />

conferme (come quella dell’immortal<strong>it</strong>à<br />

dei sognatori) e un interrogativo: come è<br />

possibile che certe cose siano accadute<br />

e continuino a farlo anche in paesi che<br />

consideriamo, come gli Usa, avamposti<br />

di libertà? Certo, questo è un problema,<br />

ma forse non importa. Perché è tutto nelle<br />

nostre mani e il mondo, tutto sommato,<br />

mer<strong>it</strong>a un’altra chance.<br />

C. Michele Pierri


36<br />

Follia<br />

David MacKenzie<br />

NoShame Films<br />

Non è mai facile tradurre un romanzo in<br />

fotogrammi. Specie se si tratta di un’opera<br />

che ha appassionato i lettori. È il caso<br />

di Follia, film di David MacKenzie tratto<br />

dal libro del 1998 di Patrick MacGrath.<br />

Storia di un amore tormentato e di una<br />

passione inarrestabile, sorti tra le mura di un<br />

ospedale psichiatrico nell’Inghilterra degli<br />

anni ‘50. Follia che non solo ab<strong>it</strong>a i corridoi<br />

del manicomio e coinvolge pazienti e<br />

medici, ma sfida il vincolo matrimoniale<br />

e le convenzioni sociali. Edgar Stark è<br />

infatti un artista maledetto e uxoricida<br />

(interpretato da Marton Csokas), Stella<br />

Raphael (Natasha Richardson) la moglie<br />

del vicedirettore della struttura psichiatrica,<br />

v<strong>it</strong>tima della noia e della continua sfida<br />

con le mogli dei colleghi del mar<strong>it</strong>o. Le<br />

fila del loro rapporto amoroso sono tenute<br />

insieme dallo psichiatra che ha in cura<br />

Edgar (Ian MacKellen), che forse ama<br />

Edgar, forse ama Stella, forse ama troppo<br />

il suo lavoro. La tragedia ovviamente non<br />

si farà attendere, prenderà la forma della<br />

progressiva distruzione della personal<strong>it</strong>à di<br />

Stella e dell’apparenza di normal<strong>it</strong>à in cui<br />

si sforza di vivere.<br />

Anna Puricella<br />

Le regole del gioco<br />

Curtis Hanson<br />

Curtis Hanson si accoda a diverse decine<br />

di registi e realizza un film sul poker. È una<br />

pellicola molto realistica in cui rec<strong>it</strong>ano<br />

veri giocatori professionisti, e nella quale le<br />

voci degli speaker delle finali sono quelle<br />

di Fabio Caressa e Stefano De Grandis (i<br />

veri commentatori poker per la tv). Da ciò<br />

si può capire come il gioco sia l’essenza<br />

stessa del film che risulta avvincente<br />

soprattutto per chi è “malato” per il poker.<br />

Ma c’è un problema: l’amore. Non è facile<br />

capire, infatti, dove inserire la malandata<br />

e melensa storia sentimentale tra la<br />

cantante Billie Offer (Drew Barrymore) e<br />

il protagonista del film, il giocatore Huck.<br />

Costui, interpretato dal monoespressivo Eric<br />

Bana, è figlio d’arte e nutre rancore per il<br />

padre (un grandissimo Robert Duvall): tutto<br />

si risolverà, naturalmente sul panno verde<br />

e con le fiches in mano, non senza colpi di<br />

scena. I personaggi del film fanno venire<br />

in mente i loro omologhi di Rounders o<br />

L’uomo dal braccio d’oro, e sono persone<br />

divorate dal gioco, e i loro meccanismi<br />

mentali mettono in luce che quanto più<br />

una persona è brava con le carte tanto<br />

più ha grossi problemi a relazionarsi con gli<br />

altri fuori dalla sala da gioco. Vangelo.<br />

Villy De Giorgi<br />

Da Galatone a Specchia. Il Cinema<br />

del reale cambia c<strong>it</strong>tà ma non muta la<br />

sostanza. Dal 18 al 21 <strong>luglio</strong> torna infatti<br />

l’appuntamento, ideato e organizzato da<br />

Big Sur, immagini e visioni, con la direzione<br />

artistica del filmaker Paolo Pisanelli, che<br />

rientra nel festival Salento Negroamaro<br />

della Provincia di Lecce.<br />

La Festa di Cinema del reale è un<br />

evento dedicato agli autori e alle opere,<br />

cinematografiche e video, che offrono<br />

descrizioni e interpretazioni personali e<br />

singolari delle realtà del mondo, passate<br />

e presenti. Generi documentari differenti,<br />

confluiscono in questa “festa” in cui si<br />

proiettano film sperimentali, film-saggio,<br />

diari personali, film di famiglia, grandi<br />

reportage, inchieste storiche, narrazioni<br />

classiche, racconti frammentari…<br />

Questa quarta edizione è realizzata<br />

in collaborazione con il Consiglio<br />

Internazionale del Cinema e della<br />

Comunicazione dell’UNESCO e ha come<br />

tema le fughe nel reale di migranti,<br />

partigiane, artisti e matti.<br />

Le serate, come ogni anno, saranno<br />

dedicate ai documentari <strong>it</strong>aliani come<br />

Lettere dal Sahara del maestro V<strong>it</strong>torio<br />

De Seta, L’Orchestra di Piazza V<strong>it</strong>torio di<br />

Agostino Ferrente; Grido di Pippo Del Bono,<br />

che racconta la straordinaria esperienza di<br />

v<strong>it</strong>a e teatro vissuta dall’autore con l’attore<br />

Bobò e molti altri ancora.<br />

In due serate differenti sarà dedicato uno<br />

spazio al cinema egiziano e algerino. I<br />

film in programma sono Il pane nudo del<br />

regista algerino Rachid Benhadj (nella<br />

foto) e Yacoubian Palace del regista<br />

egiziano Marwan Hamed che offriranno<br />

Be Cool<br />

un’interessante panoramica sulla nuova<br />

generazione di cineasti che hanno<br />

contribu<strong>it</strong>o a cambiare volto e direzione<br />

all’industria cinematografica dei Paesi<br />

dell’area del Med<strong>it</strong>erraneo.<br />

Quest’anno La Festa di Cinema del<br />

Reale rende omaggio a due cineasti<br />

eccezionali: Lino Del Fra e Alberto Grifi,<br />

i cui film Fata Morgana e Verifica incerta<br />

(realizzato con Gianfranco Barucchello)<br />

saranno rispettivamente presentati<br />

dalla sceneggiatrice Cecilia Mangini e<br />

dall’attrice Alessandra Vanzi.<br />

In anteprima <strong>it</strong>aliana sarà, poi, presentato<br />

il libro di Mirko Grasso Scoprire l’Italia.<br />

Inchieste e documentari degli anni ’50<br />

(ed<strong>it</strong>ore Kurumuny) che in allegato<br />

contiene il dvd dei film Fata Morgana e Li<br />

mali mistieri di Gianfranco Mingozzi, film che<br />

sarà proiettato durante La Festa di Cinema<br />

del reale alla presenza dell’autore.<br />

Anche questa edizione di Cinema del reale,<br />

come la precedente, aderisce al DOCUDAY<br />

2007, giornata per la promozione del<br />

cinema documentario nelle piazza <strong>it</strong>aliane<br />

promossa dall’Associazione Documè -<br />

Circu<strong>it</strong>o Indipendente del Documentario.<br />

Nel corso della manifestazione avranno<br />

luogo un seminario sulla conoscenza<br />

del cinema, un incontro di riflessioni e<br />

proposte sul ruolo degli archivi audiovisivi<br />

e incontri a tema su poetiche e pratiche<br />

cinematografiche degli autori inv<strong>it</strong>ati, ai<br />

quali verrà confer<strong>it</strong>o il Premio Cinema del<br />

reale. Il gruppo 100Autori “Filmmakers”<br />

proporrà una riflessione sulla nuova legge<br />

del cinema e sulla condizione attuale del<br />

cinema <strong>it</strong>aliano.<br />

Info: www.cinemadelreale.<strong>it</strong>


CoolClub.<strong>it</strong><br />

37 A P P U N T A M E N T I


oolClub.<strong>it</strong><br />

Dal tramonto di sabato 14 all’alba di<br />

domenica 15 <strong>luglio</strong> torna per il secondo<br />

anno consecutivo Passeggiando sulla<br />

luna. La Notte bianca di Melpignano.<br />

Dall’ex convento degli Agostiniani sino in<br />

Piazza San Giorgio tutto il centro storico del<br />

piccolo comune salentino sarà costellato di<br />

incontri letterari e mostre d’arte, concerti e<br />

performance teatrali fino a spingersi verso gli<br />

ard<strong>it</strong>i r<strong>it</strong>mi dell’elettronica e alle sonor<strong>it</strong>à più<br />

rilassanti del reggae.<br />

La lunga notte parte alle 18.30 con lo spazio<br />

riservato ai più piccoli, a cura della Ludoteca<br />

Il Dado, e con la possibil<strong>it</strong>à di volare sulla<br />

Mongolfiera allest<strong>it</strong>a nella spianata del<br />

Convento degli Agostiniani.<br />

Alle 21.00 nel chiostro dell’ex Convento degli<br />

Agostinani, dove sarà allest<strong>it</strong>o un planetario,<br />

il professor Mario Bochicchio presenterà<br />

il progetto Astronet, un telescopio web<br />

collaborativo.<br />

Sub<strong>it</strong>o dopo nel piazzale del Convento<br />

il cantore e musicista salentino Antonio<br />

Castrignanò, già autore della collana sonora<br />

del film Nuovomondo di Emanuele Crialese,<br />

presenterà in anteprima assoluta il suo nuovo<br />

spettacolo Canti, cunti e migrazioni, dove<br />

parole e musica incontrano le immagini. A<br />

seguire la “musica ribelle” di Eugenio Finardi<br />

che presenterà alcuni dei suoi brani più<br />

famosi.<br />

Dalle 22.00 su via Roma la parata della<br />

Baracca dei Buffoni dà il via alle “attrazioni<br />

artistiche”. Nelle corti dei palazzi del centro<br />

storico sarà concentrata la sezione dedicata<br />

al teatro con la presenza di Piero Rapanà<br />

(Teatro Bl<strong>it</strong>z), Somnia Theatri (che presenterà<br />

lo spettacolo Salomè), Ippol<strong>it</strong>o Chiarello<br />

(Nasca. Teatri di terra), Alessandro Langiu,<br />

Marzia Quartini, le danzatrici e coreografe<br />

Cecilia Maffei e Stefania Mariano.<br />

La sezione letteratura, coordinata da Mauro<br />

Marino (Fondo Verri) e Rossano Astremo,<br />

vedrà la partecipazione di molte case<br />

ed<strong>it</strong>rici come Manni, Besa, Kurumuny, Lupo,<br />

Icaro, Pequod, Fernandel, Isbn. Tra gli osp<strong>it</strong>i<br />

Giancarlo Liviano, Luciano Pagano, Tony<br />

Sozzo. La casa ed<strong>it</strong>rice Manni presenterà<br />

in anteprima nel Salento la raccolta Mordi<br />

e Fuggi con la partecipazione di Elisabetta<br />

Liguori, Omar Di Monopoli, Livio Romano e<br />

dello scr<strong>it</strong>tore emiliano Gianluca Morozzi,<br />

autore di numerosi romanzi per Fernandel<br />

e Guanda. In Piazza San Giorgio spazio<br />

alla musica salentina e pugliese con The<br />

Yeld, Maquillabbeba, P40, Le<strong>it</strong>Motiv, 70123,<br />

Spread Your Legs. Dalla Spagna arriva il<br />

flamenco dei Chalachi. Nel corso della serata<br />

si esibiranno anche Irene Scardia, Sudivoce,<br />

Briganti di Terra d’Otranto, T’Astaracia<br />

e molti altri gruppi. Nello spazio riservato<br />

all’arte saranno in mostra alcune opere di<br />

Giulio Acquaviva, Simona Comi, Francesca<br />

Vantaggiato, Francesco Gaetani. Sino<br />

all’alba al Convento degli Agostiniani dance<br />

hall dei Villa Ada e selezioni di elettronica e<br />

jungle a cura degli Insintesi.<br />

Info www.comune.melpignano.le.<strong>it</strong> –<br />

0832303707<br />

SUD EST INDIPENDENTE<br />

L’8 e il 9 agosto al Campo sportivo<br />

di Gallipoli il Salento dichiara la sua<br />

indipendenza con Sei, il festival organizzato<br />

da <strong>Coolclub</strong> e Getup concerti. Due giorni<br />

per due direzioni diverse della musica.<br />

Si parte l’8 con il concerto di Skatal<strong>it</strong>es, i<br />

padri dello ska, inventori di quei r<strong>it</strong>mi e quei<br />

suoni che poi diventeranno il reggae, il rock<br />

steady, lo ska di oggi. Il nucleo di questa<br />

band tuttora attivissima con tour mondiali<br />

e usc<strong>it</strong>e discografiche, è composto<br />

dagli stessi uomini che mezzo secolo fa si<br />

trovarono al centro di un rinnovamento<br />

musicale che dalla Giamaica avrebbe<br />

conquistato il mondo. Il nuovo suono<br />

della gioventù giamaicana all’inizio degli<br />

anni ‘60 si chiamò ska, e successivamente<br />

diventò rocksteady per poi mutare<br />

ancora in reggae. I veri artefici di queste<br />

creazioni furono una abbastanza ristretta<br />

cerchia di geniali musicisti, alcuni dei<br />

quali cominciarono a chiamarsi Ska-tal<strong>it</strong>es<br />

39 A P P U N T A M E N T I<br />

nel 1964, guidati dal grande produttore<br />

Coxone Dodd (recentemente scomparso)<br />

a Studio One. Insieme a loro sul palco<br />

Vallanzaska, Villa Ada, Fido Guido,<br />

Makako Jump .<br />

Si prosegue poi il 9 con il gruppo rivelazione<br />

del rock Italiano: i Verdena con che il loro<br />

ultimo album Requiem stanno scalando<br />

le classifiche e collezionando sold out ad<br />

ogni concerto.<br />

Osp<strong>it</strong>i della serata rock del Sud est<br />

indipendente anche i Tre allegri ragazzi<br />

morti, band cap<strong>it</strong>anata dal fumettista<br />

Davide Toffolo da sempre in bilico tra<br />

punk rock e un immaginario onirico e<br />

adolescenziale e ancora Le<strong>it</strong>motiv, Spread<br />

your legs, Logo. Ingresso singola serata 12<br />

euro.<br />

Entrambe le serate saranno aperte<br />

da una serie di gruppi emergenti che<br />

saranno selezionati tram<strong>it</strong>e un contest<br />

che si svolgerà il 6 e 7 agosto al Cotriero<br />

di Gallipoli. Per conoscere le modal<strong>it</strong>à di<br />

iscrizione: contest.sei@libero.<strong>it</strong> oppure 380<br />

6846283 - www.sudestindipendente.com


oolClub.<strong>it</strong><br />

…in punta di piedi?<br />

La prima idea di Torc<strong>it</strong>o Parco Danza parte<br />

dal corpo come medium, ricettacolo<br />

d’informazione, conoscenza e sapienza<br />

antica, per danzare ed essere danzati<br />

dalla nuova “techne”, per dare una<br />

dimora allo spir<strong>it</strong>o del luogo con cui si<br />

stabilisce un contatto ed edificare bene un<br />

progetto di evoluzione umana del terr<strong>it</strong>orio,<br />

giocando a trovare un colore, un suono o<br />

un anagramma fantasioso al nome di un<br />

ragno sempre più esag<strong>it</strong>ato, provocando<br />

un innesto partecipativo con la Notte della<br />

Taranta, per la costruzione di un parco<br />

danza a tema naturale al centro del mondo<br />

contemporaneo.<br />

L’osp<strong>it</strong>e internazionale di questa rassegna<br />

è il giapponese Ko Murobushi maestro di<br />

danza post_atomica, manifesto d’argento<br />

vivo dell’ultima biennale danza di Venezia,<br />

affiancato dalla presenza nei laboratori da<br />

Michele Abbondanza e dalla coreografa<br />

Annamaria De Filippi in residenza con<br />

Barbara Toma ed Elektra la compagnia<br />

delle arti del corpo med<strong>it</strong>erraneo formata<br />

per l’occasione da Mariliana Bergamo,<br />

Enrica Di Donfrancesco, Francesca<br />

Nuzzo, Francesca Pili espressione di un<br />

organico di ballerine che presentano un<br />

progetto speciale per torc<strong>it</strong>o parco danza<br />

in collaborazione con un ensemble di<br />

note sulla taranta, Raffaella Aprile, Ninfa<br />

Giannuzzi e Gianluca Milanese come<br />

contrappunto a piè di pentagramma alle<br />

nuove letture della musica coreutica. Nella<br />

41<br />

masseria in questi giorni saranno impegnati<br />

insieme anche esponenti della performing<br />

art raccolti sotto l’etichetta metalogo.<strong>it</strong> per<br />

dare una forma armonica a suoni e gesti<br />

della tradizione passata messa a confronto<br />

con le innovazioni del presente, per offrire<br />

una documento pubblico, un koan, un<br />

indovinello orientale su cui med<strong>it</strong>are per lo<br />

spettacolo del futuro.<br />

dal 2 al 5 agosto<br />

Masseria Torc<strong>it</strong>o di Cannole<br />

Residenza artistica a cura di Elektra<br />

con Anna Maria De Filippi, Barbara<br />

Toma, Mariliana Bergamo Enrica Di Don<br />

Francesco, Francesca Nuzzo, Francesca<br />

Pili, Pieroandrea Pati, Fabio Siciliani, Luigi<br />

Valiani, Matteo Greco, Divina Della<br />

Giorgia, Antonio Napoletano, Michele<br />

Manca<br />

laboratori<br />

2-3 agosto<br />

Master class danza - Ko Murobushi<br />

pom 17.00-19.00<br />

4-5 agosto<br />

Master class danza - Michele<br />

Abbondanza<br />

pom 16.00-19.00 (sabato 4 agosto) 11.00-<br />

14.00 doenica 5 agosto)<br />

A P P U N T A M E N T I<br />

La direzione artistica è di Pieroandrea Pati.<br />

La manifestazione è organizzata grazie<br />

al contibuto della Provincia di Lecce<br />

e dell’Unione della Grecìa Salentina.<br />

Mediapartner www.lecceprima.<strong>it</strong><br />

Info e iscrizioni ai laboratori 0832.246292 -<br />

3470579992 info@torc<strong>it</strong>oparcodanza.<strong>it</strong><br />

Eventi<br />

3 agosto - ore 21.00<br />

Sette<br />

elektra - compagnia delle arti del corpo<br />

med<strong>it</strong>erraneo<br />

4 agosto - ore 21.00<br />

Quick Silver ( ko murobushi)<br />

5 agosto - ore 21.00<br />

performance<br />

Atnarat la danza rivolta<br />

(appendice evento collaterale Notte<br />

della taranta - 8 agosto a Corigliano<br />

d’Otranto)<br />

con Elektra, Ko Murobusci, Ensemble<br />

di note sulla taranta, Barbara Toma,<br />

Metalogo set formance<br />

a seguire Turned dance<br />

Progetto di composizione musicale del<br />

parco in divenire<br />

Dj live set + Vj


CoolClub.<strong>it</strong><br />

MUSICA<br />

martedì 10 / Turntable Crew feat Dj Rumba<br />

al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />

San Foca)<br />

mercoledì 11 / Baba Zula a Cisternino (Br)<br />

mercoledì 11 / Clivis al Praja/Jack ‘n Jill di<br />

Gallipoli (Le)<br />

giovedì 12 / Le<strong>it</strong>motiv al Praja/Jack ‘n Jill di<br />

Gallipoli (Le)<br />

giovedì 12 / A Toys Orchestra a Monopoli<br />

(Ba)<br />

giovedì 12 / Sergio Caputo a Bisceglie (Ba)<br />

giovedì 12 / Groovesquared a Putignano<br />

(Ba)<br />

venerdì 13 a domenica 15 / Respect Salento<br />

Reggae Festival a San Donato (Le)<br />

venerdì 13 a lunedì 16 / Festa della birra a<br />

Copertino (le)<br />

venerdì 13 / Inaugurazione con I Mostri al<br />

Rendez Vous di Porto Cesareo (le)<br />

venerdì 13 / Paolo Martini e Ivano Coppola<br />

al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />

venerdì 13 / Elio e le Storie Tese a Barletta<br />

venerdì 13 / New York Ska-Jazz Ensemble a<br />

Bari<br />

venerdì 13 / Sergio Caputo a Monopoli<br />

sabato 14 / Notte bianca a Melpignano<br />

(Le)<br />

sabato 14 / Joji Hirota & Taiko Drummers al<br />

Castello di Gioia Del Colle<br />

sabato 14 / Kumenei a Campi Salentina<br />

(Le)<br />

domenica 15 / Earth Wheel Sky Band +<br />

Cesare Dell’Anna a Ostuni<br />

domenica 15 / Superpartner a Squinzano<br />

(Le)<br />

lunedì 16 / Paolo Fresu Quintet a Locorotondo<br />

(Ba)<br />

Il Locus Festival osp<strong>it</strong>a il quintetto di Paolo<br />

Fresu. Nato nel 1984 per volontà di Paolo<br />

Fresu e Roberto Cipelli. Dopo varie forme<br />

diviene gruppo odierno nel 1985 con la<br />

registrazione di ‘Ostinato’ per la Splasc(h)<br />

Records, e si consacra come uno dei gruppi<br />

di punta del jazz <strong>it</strong>aliano.<br />

martedì 17 / Daniele Silvestri a Bari<br />

martedì 17 / Turntable Crew feat Whickaman<br />

al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />

San Foca)<br />

martedì 17 / Skarlat e SteelA al Babilonia di<br />

Torre Sant’Andrea (Le)<br />

mercoledì 18 / Andrea Sabatino Trio al<br />

Praja/Jack ‘n Jill di Gallipoli (Le)<br />

mercoledì 18 / Reggie Workman - Andrew<br />

Cyrille - Roberto Ottaviano a Molfetta<br />

giovedì 19 / Chalachi al Praja/Jack ‘n Jill di<br />

Gallipoli (Le)<br />

giovedì 19 / Coco Oco Trio a Putignano<br />

(Ba)<br />

giovedì 19 / Montecarlo Night con Tobia<br />

Lamare al Rendez Vous di Porto Cesareo<br />

(le)<br />

venerdì 20 / Anja Schneider e Dj Santorini al<br />

Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />

sabato 21 / Beltuner a Oria (Br)<br />

sabato 21 / Orchestra Di Nazareth - omaggio<br />

ad Oum Koultum a Casarano (Le)<br />

L’Orchestra di Nazareth è attiva da circa<br />

un decennio nell’opera di rivis<strong>it</strong>azione<br />

ed esecuzione della grande musica<br />

araba,dalla leggendaria cantante egiziana<br />

Oum Koultum alla libanese Feyrouz.<br />

Cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>asi originariamente ad Haifa,<br />

martedì 17 / Natacha Atlas al Castello di<br />

Acaya<br />

Salento Negroamaro, rassegna delle<br />

culture migranti della Provincia di Lecce,<br />

osp<strong>it</strong>a Natacha Atlas. Un’apolide della<br />

musica che ha fatto propria la bandiera<br />

dell’arcobaleno sonoro, ben prima che<br />

l’etno-pop divenisse un business insegu<strong>it</strong>o<br />

e sollec<strong>it</strong>ato dalle mode: Natacha Atlas è<br />

un bell’esempio di anticipazione di usanze<br />

e costumi in voga nel mondo discografico,<br />

per un percorso decisamente variopinto a<br />

cominciare dalle sue molteplici derivazioni<br />

geografiche. Nata a Bruxelles (1964) nel<br />

quartiere marocchino, da padre ebreo<br />

egiziano e madre inglese, Natacha cresce<br />

nella c<strong>it</strong>tadina di Northampton per poi<br />

trasferirsi ancora adolescente tra Grecia e<br />

Turchia, dove impara a destreggiarsi con la<br />

danza del ventre, special<strong>it</strong>à che le dà per<br />

qualche tempo, da vivere. I primi passi come<br />

musicista rinviano invece al 1991, quando<br />

entra a far parte del collettivo senza confini<br />

dei Transglobal Underground, una specie di<br />

multinazionale del suono, di cui diviene la<br />

voce, il volto, la presenza più significativa<br />

durante gli spettacoli, che ovunque<br />

raccolgono successo, guadagnandole<br />

dal cui Conservatorio provengono tutti i<br />

componenti in egual misura palestinesi ed<br />

israeliani,si è poi defin<strong>it</strong>ivamente trasfer<strong>it</strong>a<br />

nella c<strong>it</strong>tà di Nazareth. Rappresenta<br />

quindi un esempio ideale di convivenza<br />

artistica e religiosa, in quanto al suo interno<br />

sono rappresentate le tre grandi religioni<br />

monoteiste del nostro tempo. Al suo interno<br />

infatti convivono musicisti cattolici, ebrei<br />

e musulmani. L’Ensemble interamente<br />

acustico (8 musicisti) si avvale degli strumenti<br />

arabi classici (archi, qanun, oud, percussioni)<br />

e delle voci della palestinese Hiba Bathish.<br />

ed ha effettuato numerose tournee in tutto<br />

il mondo e in Francia è divenuta l’orchestra<br />

stabile della grande vocalist araba, ma di<br />

radici ebraiche, Sapho. L’appuntamento<br />

rientra nel Festival Salento Negroamaro<br />

della Provincia di Lecce. Ingresso gratu<strong>it</strong>o<br />

domenica 22 / Mercan Dede E Ludovico<br />

Einaudi a Copertino (Le)<br />

Prima <strong>it</strong>aliana per questo particolare<br />

progetto: Ludovico Einaudi e Mercan<br />

Dede, due musicisti cosmopol<strong>it</strong>i, pur<br />

provenendo da due scene diverse<br />

(l’ambiente della musica contemporanea<br />

43 A P P U N T A M E N T I<br />

stima e notorietà. Del 1995 l’esordio come<br />

solista, “Diaspora”, cui seguono altri dischi,<br />

“Halim”, “Gelida”, “Ayeshteni”, dove<br />

Natacha miscela sapientemente le lingue,<br />

i suoni, le influenze, pescando nel suo<br />

retroterra di esperienze, viaggi, continue<br />

metamorfosi. L’appuntamento è ad Acaya.<br />

Ingresso gratu<strong>it</strong>o.<br />

nel caso di Einaudi, la musica sufi con suoni<br />

propri del clubbing e dell’elettronica nel<br />

caso di Mercan Dede), hanno deciso di<br />

incontrarsi in un progetto speciale. Da una<br />

parte, dunque, le atmosfere rarefatte di<br />

Ludovico Einaudi, il pianista e compos<strong>it</strong>ore<br />

di Torino che continua a muoversi in una<br />

perenne ricercare tra musica per il cinema,<br />

composizioni per pianoforte e interessanti<br />

aperture verso le sonor<strong>it</strong>à d’altre culture.<br />

Dall’altra, le mistiche sonor<strong>it</strong>à sufi di Mercan<br />

Dede artista dalle molteplici sfaccettature<br />

che presenta una fusione unica di tradizione<br />

mediorientale e elettronica. Ad unirli la<br />

costante ricerca, il tentativo di andare<br />

oltre i generi, contaminandosi con elementi<br />

diversi alla ricerca di una indagine sul sacro<br />

odierno. Sul palco assieme a loro 3 ballerine<br />

sufi e alcuni<br />

musicisti turchi.<br />

L’appuntamento<br />

rientra nel<br />

Festival Salento<br />

Negroamaro della<br />

Provincia di Lecce.<br />

domenica 22 / Lura<br />

a Locorotondo (Ba)<br />

Con 70 concerti<br />

nel 2005 ed oltre<br />

100 nel 2006, Lura<br />

è esplosa sui palchi<br />

internazionali come<br />

la unica vera<br />

erede della grande<br />

Cesaria Evora. Nella musica di Lura il pop<br />

d’autore ed il jazz si fondono con i r<strong>it</strong>mi di<br />

Capoverde. M’bem di Fora è il nuovo album<br />

di Lura, un disco provocante e sensuale,<br />

capace di fare sognare. L’appuntamento<br />

rientra nel Locus Festival.<br />

domenica 22 / Radici nel Cemento a<br />

Carmiano (Le)<br />

lunedì 23 / Zion Train Sound System e Trojan<br />

Sound System alla Masseria Torc<strong>it</strong>o di<br />

Cannole (Le)


A P P U N T A M E N T I<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Con un nuovo album in arrivo, i maestri<br />

dello UK dub Zion Train arrivano nell’estate<br />

salentina in versione sound system, con<br />

il produttore Neil Perch ai controlli ed il<br />

cantante Dubdadda al microfono. Sound<br />

system ufficiale della leggendaria etichetta<br />

inglese, presenta una formazione all’altezza<br />

del prestigioso marchio Trojan: due selecta<br />

e due MC abilissimi, per uno spettacolo<br />

che spazia attraverso il reggae di tutte le<br />

epoche e stili. Speciale per i 40 anni di Trojan<br />

Records (1967-2007).<br />

martedì 24 / Turntable Crew feat Luca Ferrari<br />

al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />

San Foca)<br />

mercoledì 25 / Nikos Veliotis- Yannis<br />

Aggelakas a Cellino San Marco (Br)<br />

mercoledì 25 / Alma de tango al Praja/Jack<br />

‘n Jill di Gallipoli (Le)<br />

giovedì 26 / Blood Sugar al Praja/Jack ‘n Jill<br />

di Gallipoli (Le)<br />

giovedì 26 / The Banshee a Putignano (Ba)<br />

giovedì 26 / Montecarlo Night con Tobia<br />

Lamare al Rendez Vous di Porto Cesareo<br />

(le)<br />

da giovedì 26 a sabato 28 / Streamfest al<br />

Quartiere Fieristico di Galatina (Le)<br />

Lo StreamFest è il primo festival internazionale<br />

dei nuovi media a sud-est: un evento che<br />

intende presentare le applicazioni creative<br />

delle tecnologie più avanzate nel Salento,<br />

terr<strong>it</strong>orio elettivo dell’estate culturale<br />

europea. Per tre giorni il Quartiere Fieristico<br />

di Galatina osp<strong>it</strong>erà in-stallazioni interattive,<br />

sperimentazioni audiovisive con alcuni dei<br />

protagonisti di una ricerca che tende a<br />

coniugare immagini e musica, reinventando<br />

nei set di vj le mo-dal<strong>it</strong>à di fruizione che<br />

vanno oltre il format dei concerti e del<br />

video. Tra i protagonisti internazionali dello<br />

StreamFest si rilevano l’ormai storica HASCII<br />

CAM di Jaromil, l’esperienza di free radio<br />

war di Cecile Landman con StreamTi-me,<br />

l’installazione ambientale di Scenocosme,<br />

e il duo <strong>it</strong>alo-austriaco di origini sa-lentine<br />

Casaluce-Geiger, la musica del nord<br />

europa con Lacklaster dalla Finlan-dia e<br />

Felix Randomiz insieme a Carsten Schulz<br />

dalla Germania. La scena vjing <strong>it</strong>aliana è<br />

rappresentata tra gli altri dai progetti Flxer,<br />

Kinotek e Claudio Sinatti. Lo StreamFest<br />

propone tra le varie installazioni il progetto<br />

del Master in Dig<strong>it</strong>al En-vironment della<br />

NABA di Milano. Gli osp<strong>it</strong>i della scena locale<br />

salentina sono Pierpalo Leo, Urkuma, Giorgio<br />

Viva, la net labal MuertePop e la commun<strong>it</strong>y<br />

Agroelettronica. Per Informazioni:<br />

www.streamfest.<strong>it</strong> - info@streamfest.<strong>it</strong><br />

venerdì 27 / Claudio di Rocco al<br />

Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />

sabato 28 / Storie Cantate con Moni Ovadia<br />

e Tonino Zurlo a Mola Di Bari<br />

da sabato 28 a lunedì 30 / Giovinazzo Rock<br />

Festival a Giovinazzo (Ba)<br />

Tra gli osp<strong>it</strong>i Amari, Disco Drive, Apres<br />

La Classe, Tre Allegri Ragazzi Morti, A<br />

toys orchestra e molti altri. Info www.<br />

giovinazzorock.<strong>it</strong>. Ingresso gratu<strong>it</strong>o<br />

sabato 28 / Foly Du Burkina Faso (Africa<br />

subsahariana) e Nidi D’arac (Salento) a<br />

Diso<br />

sabato 28 / Terra pi ciceri al Rendez Vous di<br />

Porto Cesareo (le)<br />

domenica 29 / Kumenei (Salento) e Raffaello<br />

Simeoni (Lazio) a Diso<br />

lunedì 30 / Franco Battiato alla Cantina<br />

sociale di Locorotondo (Ba)<br />

Molti brani de Il Vuoto, nuovo album<br />

felicemente riusc<strong>it</strong>o, saranno parte<br />

integrante del programma nel tour di<br />

Battiato per l’estate 2007. Un live che<br />

comunque spazierà dagli esordi ad oggi,<br />

con quel senso antologico che da sempre<br />

anima i tour di Battiato. L’appuntamento<br />

rientra nel Locus Festival.<br />

lunedì 30 / Danzare col Ragno all’Area<br />

archeologica San Pietro in Crepacore di<br />

Torre Santa Susanna (Br)<br />

lunedì 30 / 24 grana al Parco Villa Cavaliere<br />

di Mesagne(Br)<br />

martedì 31 / Africa Un<strong>it</strong>e a Supersano (Le)<br />

martedì 31 / Turntable Crew feat Uk apache<br />

al Med<strong>it</strong>erraneo (L<strong>it</strong>oranea San Cataldo/<br />

San Foca)<br />

venerdì 3 / Stefano Noferini al Med<strong>it</strong>erraneo<br />

(L<strong>it</strong>oranea San Cataldo<br />

da venerdì 3 a domenica 5 / Salento<br />

Sounds Good con Neffa, Giuliano Palma e<br />

Rezophonic a Carpignano Salentino (Le)<br />

sabato 4 / Avion Travel a Ruvo di Puglia<br />

sabato 4 / Olli &The Bollywood Orchestra Ad<br />

Altamura<br />

lunedì 6 / Gianluca Petrella Indigo 4 (Locus<br />

Festival) a Locorotondo (Ba)<br />

44<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

dal 30 <strong>luglio</strong> al 14 agosto / Popoli a Corsano<br />

e altri comuni del Salento<br />

Dal 30 <strong>luglio</strong> al 14 agosto torna Popoli,<br />

un articolato progetto presentato<br />

dall’Unione di Comuni “Terra di Leuca”,<br />

in collaborazione con Regione Puglia,<br />

Provincia di Lecce, Ist<strong>it</strong>uto delle culture<br />

med<strong>it</strong>erranee, Azienda di promozione<br />

Turistica di Lecce, Associazione Dilinò di<br />

Muro Leccese, Scuola Taranta Power<br />

di Bologna, Radiovenere e Radio Peter<br />

Pan la cui organizzazione è demandata<br />

all’Assessorato alle Pol<strong>it</strong>iche Culturali<br />

del Comune di Corsano, promotore<br />

del progetto. Le manifestazioni, che<br />

coinvolgeranno oltre a Corsano anche i<br />

Comuni di Alessano, Cursi, Gagliano del<br />

Capo, Morciano, Otranto, Patù, Poggiardo,<br />

Salve e Tiggiano, prevedono officine di<br />

danze popolari, arte scenica, musica,<br />

mosaico dalla Tunisia, lavorazione del cuoio<br />

dal Marocco, incisione del legno d’ulivo<br />

con madreperla e lavorazione del’olio<br />

d0oliva per fare saponi e cosmetici dalla<br />

Palestina, contest di wr<strong>it</strong>ing internazionale,<br />

incontri, mostre fotografiche.<br />

Popoli include, inoltre, una serie di concerti<br />

<strong>it</strong>ineranti che osp<strong>it</strong>eranno il gruppo di<br />

musica salentina Mascarimirì, le spagnole<br />

Las Migas, la francese Big David’s<br />

Band, il tunisino Mounir Troudi, maestro<br />

internazionale di musica Kanwa e gruppi<br />

di percussioni tribali africane.<br />

Lunedì 6 agosto, nell’anf<strong>it</strong>eatro comunale<br />

a Corsano, si svolgerà “Popoli Ensemble”<br />

un grande festival di contaminazione<br />

culturale e artistica che vedrà sullo stesso<br />

palco tutti i gruppi internazionali e la scuola<br />

Taranta Power – Boloogna di Maristella<br />

Martella con le sue 20 danzatrici <strong>it</strong>aliane e<br />

francesi di pizzica e tarantelle.<br />

45 La redazione di CoolClub.<strong>it</strong> non è responsabile<br />

di eventuali variazioni o annullamenti.<br />

Gli altri appuntamenti su www.<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong><br />

Per segnalazioni:<br />

redazione@<strong>cool</strong>club.<strong>it</strong>


F U M E T T O<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

“Ho pensato molto, ultimamente, a te e<br />

a me. A quello che ci accadrà alla fine.<br />

Finiremo con l’ucciderci, vero? Forse tu<br />

ucciderai me… O forse io ucciderò te.<br />

Forse prima o forse poi”.<br />

Ci sono due uomini in un’umida, squallida,<br />

cella nel luogo più malsano che la c<strong>it</strong>tà<br />

abbia generato. Si conoscono da tempo,<br />

ma non sanno nulla l’uno dell’altro;<br />

eppure sono “anime gemelle”, le due<br />

facce della stessa contorta medaglia.<br />

Sono Batman e Joker, il “santo” protettore,<br />

mascherato da diavolo, di Gotham C<strong>it</strong>y,<br />

groviglio metropol<strong>it</strong>ano di acciaio e<br />

cemento scatur<strong>it</strong>o dai sogni (o gli incubi)<br />

in bianco e nero espressionista di Fr<strong>it</strong>z<br />

Lang, ed il suo arcinemico che seppellisce<br />

le proprie v<strong>it</strong>time, letteralmente, con una<br />

risata. L’eroe di Gotham è l’incarnazione<br />

dell’ordine e del (auto) controllo;<br />

da bambino ha assist<strong>it</strong>o, impotente,<br />

all’uccisione dei gen<strong>it</strong>ori per mano d’un<br />

volgare delinquentello, giurando di<br />

vendicarsi di tutti i criminali. Come Bruce<br />

Wayne (l’uomo dietro la maschera),<br />

possiede immense ricchezze, le attenzioni<br />

di procaci donnine, la stima dell’intera<br />

comun<strong>it</strong>à c<strong>it</strong>tadina e soprattutto l’affetto<br />

di Alfred, padre putativo travest<strong>it</strong>o da<br />

fedele serv<strong>it</strong>ore. Tuttavia ciò non guarisce<br />

la bruciante fer<strong>it</strong>a che gli strazia l’anima,<br />

soltanto l’ossessione di una sete di<br />

giustizia ai lim<strong>it</strong>i del morboso placa le sue<br />

turbe. I lettori di Batman conoscono quasi<br />

tutto del personaggio, ma chi è Joker, la<br />

nemesi più riusc<strong>it</strong>a ed “amata” dell’eroe,<br />

qual è la sua storia e com’è divenuto un<br />

agghiacciante malvagio? Alan Moore<br />

(testi) e Brian Bolland (disegni), nel 1988,<br />

hanno risposto a questi interrogativi con<br />

l’ennesima pietra miliare che impreziosì<br />

la feconda produzione fumettistica del<br />

Cavaliere Oscuro negli anni ’80, Killing<br />

Joke (in Italia edizioni Play Press). Se i<br />

precedenti Batman: The Dark Knight<br />

Returns (1985) e Batman: Year One (1986)<br />

di Frank Miller ne avevano presentato<br />

il futuro ed il passato prossimo, in Killing<br />

Joke i due autori br<strong>it</strong>annici affrontano<br />

un altro aspetto del m<strong>it</strong>o di Batman: la<br />

sua follia, ins<strong>it</strong>a nelle viscere della sua<br />

personal<strong>it</strong>à, che lo lega, indissolubilmente,<br />

allo schizoide Joker. Se il fato di Bruce<br />

Wayne/Batman è stato plasmato dalla<br />

violenta dipart<strong>it</strong>a degli amati gen<strong>it</strong>ori,<br />

quello di Joker è stato determinato dalle<br />

condizioni di miseria che costrinsero un<br />

brillante, ma squattrinato, cabarettista a<br />

tentare un furto in un’industria chimica,<br />

poche ore dopo l’insensata morte della<br />

moglie incinta, tentativo sfociato nella<br />

rovinosa caduta in acque dense di agenti<br />

chimici velenosi a causa dell’intervento<br />

d’un giovane Batman.<br />

Dalle fetide acque di scolo di<br />

quell’industria emerse una creatura<br />

disumana, una cerulea maschera<br />

costretta in un permanente ghigno di<br />

pazzia, il Joker. È dunque la tragedia delle<br />

loro esistenze ad aver determinato la<br />

natura dei rispettivi caratteri, quello che li<br />

distingue è il percorso intrapreso. L’agiato<br />

Wayne scelse di imbrigliare i propri demoni<br />

interiori nelle maglie d’un eroismo privo di<br />

macchie, censurandoli nell’impassibile<br />

espressione che lo contraddistingue.<br />

Joker, il fu uomo medio, ha rovinato nelle<br />

spire della follia, convinto che l’esistenza<br />

umana è una burla crudele di un Creatore<br />

o di un Destino, matti quanto lui. Sono nati<br />

per incontrarsi e scontrarsi nell’imper<strong>it</strong>uro<br />

samsara che è la reciproca attrazione/<br />

repulsione. Sono entrambi ossessionati<br />

dall’altro poiché rappresentano ciò<br />

che avrebbero potuto divenire e che<br />

eventualmente potrebbero ancora<br />

diventare. Moore ha scr<strong>it</strong>to una storia<br />

epocale cruda e struggente, affrescata<br />

dalle splendide illustrazioni di Brian Bolland,<br />

oggi apprezzato copertinista di molte<br />

testate D.C., che con tratto dettagliato<br />

e realistico delinea quest’attrazione<br />

fatale in tutto il suo sublime orrore<br />

(come appura, drammaticamente, il<br />

commissario Gordon, l’uomo medio per<br />

antonomasia della serie del Pipistrello).<br />

Bolland immortala un Batman gran<strong>it</strong>ico<br />

e monoespressivo, eccessivamente<br />

intento a non liberare la sua psicosi, ed<br />

uno smilzo Joker che con volto carico<br />

d’un’intensa uman<strong>it</strong>à dice al suo nemico:<br />

«È tutto una barzelletta! Tutto ciò che<br />

chiunque abbia mai avuto a cuore […] È<br />

tutto una colossale, demenziale, battuta!<br />

Perché non vedi il lato comico? Perché<br />

non ridi?».<br />

Ma Batman riderà a squarciagola<br />

soltanto quando accetterà d’essere un<br />

povero schizzato quanto Joker, perso in<br />

un manicomio senza confini.<br />

Roberto Cesano<br />

46<br />

A MAGGIO INAUGURAZIONE TERRAZZE

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