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TOSCA - Il giornale dei Grandi Eventi

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4 Tosca <strong>Il</strong><br />

La storia dell’opera<br />

Un dramma prima<br />

rifiutato e poi corteggiato<br />

<strong>Il</strong> dramma Tosca, nato dalla<br />

penna del francese Victorien<br />

Sardou e rappresentato<br />

con successo anche<br />

grazie alle memorabili interpretazioni<br />

di Sarah<br />

Bernhardt dal 1887 in molti<br />

teatri d’Europa, sollevò l’interesse<br />

di Puccini già dal<br />

1889. Tuttavia questi, ancora<br />

non famoso, abbandonò l’idea<br />

spaventato dal realismo<br />

del soggetto e convinto di<br />

non ottenere l’assenso dell’autore.<br />

Sei anni dopo, l’antico<br />

amore fu ravvivato per<br />

l’intervento di un altro celebre<br />

musicista: l’ormai ottantenne<br />

Verdi, il quale a Parigi<br />

per la prima francese dell’Otello,<br />

venne a conoscenza del<br />

soggetto a casa dello stesso<br />

Sardou, rimanendone<br />

profondamente colpito. L’opera<br />

nel frattempo era stata<br />

affidata (era il 1894) da Giulio<br />

Ricordi al musicista torinese<br />

Alberto Franchetti. <strong>Il</strong><br />

giudizio di Verdi riaccese<br />

l’interesse di Puccini, che<br />

Una delle carte vincenti<br />

di Puccini fu sempre<br />

quella di evocare<br />

atmosfere e colori tipici degli<br />

ambienti nei quali ambientava<br />

le sue opere. La Roma di<br />

Tosca è un mondo completamente<br />

diverso dalla Parigi<br />

1830 della Bohème, tuttavia<br />

essa è descritta con moltissimi<br />

precisi riferimenti, dai<br />

particolari più oleografici e<br />

paesaggistici, ai puntuali riscontri<br />

del momento storico<br />

nel quale la vicenda è ambientata.<br />

<strong>Il</strong> territorio di Roma ai primi<br />

dell’Ottocento era composto<br />

per la maggior parte di orti,<br />

vigne e campagne, costellati<br />

chiese all’editore Ricordi di<br />

trovare il modo di togliere a<br />

Franchetti il soggetto, senza<br />

sollevare una polemica analoga<br />

a quella sorta con Leoncavallo<br />

per La Bohème, anche<br />

per l’amicizia che lo legava<br />

allo stesso Franchetti. Così<br />

Ricordi, che aveva fiuto negli<br />

affari, con l’aiuto di <strong>Il</strong>lica, cui<br />

era stata affidata la stesura<br />

del libretto, convinse Franchetti<br />

a rinunciare spontaneamente<br />

al contratto e nel<br />

luglio del 1895 la bella Tosca<br />

fu definitivamente di Puccini.<br />

Luigi <strong>Il</strong>lica, continuando<br />

nel lavoro sul libretto, ridusse<br />

a tre i cinque atti del<br />

dramma originario.<br />

Tra le opere di Sardou, molto<br />

in voga ai suoi tempi, solo<br />

quella nobilitata dalla partitura<br />

pucciniana ha resistito<br />

all’implacabile trascorrere<br />

del tempo. I lavori del drammaturgo,<br />

sebbene apprezzati<br />

dal pubblico di allora per la<br />

spiccata attualità <strong>dei</strong> temi<br />

(divorzio, la speculazione<br />

dalle imponenti vestigia romane.<br />

<strong>Il</strong> popolo viveva un’esistenza<br />

priva di prospettive<br />

a causa della generale immobilità<br />

economica, gravata<br />

moralmente dall’eredità di<br />

una storia grandiosa definitivamente<br />

passata, era sottoposta.<br />

«Chi contrista un miscredente<br />

si guadagna un’indulgenza»,<br />

così ridacchia il Sagrestano<br />

nel primo atto. <strong>Il</strong> suo carattere<br />

sintetizza alcuni tratti gustosi<br />

del popolino romano<br />

dell’epoca: infantile, bigotto,<br />

superstizioso, malevolo nei<br />

confronti <strong>dei</strong> giacobini e tuttavia<br />

innegabilmente simpatico,<br />

anche sensuale, nella<br />

ecc.) e per l’attenzione ai problemi<br />

sociali, risultano però<br />

del tutto inattuali oggi. Dai<br />

testi di commedie-vaundeville -<br />

in cui privilegiato è l’intreccio<br />

a scapito <strong>dei</strong> personaggi -<br />

a quelli storici con forti richiami<br />

sociologici, tutte le<br />

opere del drammaturgo<br />

francese mancano di una vera<br />

forza drammatica, spesso<br />

ridotta a semplice successione<br />

di scene.<br />

La sensibilità di Sardou era,<br />

dunque, assai diversa da<br />

quella descrittiva e lirica di<br />

Puccini ed anche di quella<br />

del fine lirico Giacosa (nel<br />

frattempo entrato al fianco di<br />

<strong>Il</strong>lica nella stesura del libretto),<br />

che definì la Tosca francese<br />

“dramma di grossi fatti<br />

emozionali, senza poesia”. Per<br />

questi motivi i lavori procedettero<br />

a rilento fino al 1898<br />

quando Puccini mise mano<br />

concretamente alla composizione.<br />

Nell’aprile di quello<br />

stesso anno, poco dopo aver<br />

iniziato il primo atto, il musi-<br />

Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />

Roma protagonista di Tosca<br />

I mille riferimenti<br />

alla Città Eterna<br />

sua golosa avidità rivolta al<br />

fatidico paniere e soprattutto<br />

amante delle cerimonie,<br />

delle feste, eventi che nella<br />

capitale dello Stato Pontificio<br />

si svolgevano frequentemente,<br />

con apparati liturgici<br />

e scenografici ricchissimi,<br />

<strong>dei</strong> quali scrivevano affascinati<br />

i memorialisti del primo<br />

Ottocento. All’entusiasmo<br />

del povero sagrestano, (che<br />

verrà presto gelato dall’ingresso<br />

di Scarpia), fa riscontro<br />

la gioia esplosiva di tutta<br />

la cantoria, felice, più che<br />

per la notizia della vittoria<br />

su Bonaparte, piuttosto per<br />

la fiaccolata e per la «nuova<br />

cantata con Floria Tosca!» previste<br />

per la sera a palazzo<br />

Farnese.<br />

La figura stessa di Angelotti,<br />

«il console della spenta Repubblica<br />

romana», e l’incalzante<br />

intervento di Sciarrone «Eccellenza<br />

quali nuove! Un messaggio<br />

di sconfitta!» nel secondo<br />

atto, servono a circostan-<br />

cista si recò da Sardou per<br />

formulare l’accordo sulla<br />

pubblicazione del libretto.<br />

<strong>Il</strong> francese ottenne il quindici<br />

per cento sui proventi<br />

che sarebbero venuti dalla<br />

nuova opera (inizialmente<br />

aveva richiesto addirittura<br />

cinquantamila franchi!)<br />

e il musicista ripartì per<br />

rinchiudersi per quasi due<br />

mesi nella solitudine di<br />

Villa Mansi a Monsagrati<br />

dove, ospite del marchese<br />

Raffaello Mansi, concluse<br />

tutto il primo atto e terminò il<br />

secondo tra febbraio e luglio<br />

1899. In settembre completò<br />

anche il terzo e lo spedì a Ricordi.<br />

Questi qualche giorno<br />

dopo inviò una lettera a Puccini<br />

in cui lo esortava a rimaneggiare<br />

completamente il<br />

terzo atto, considerato oggi il<br />

migliore dell’opera, modificando<br />

soprattutto il duetto<br />

Tosca-Cavaradossi. Fortunatamente<br />

il musicista non si lasciò<br />

influenzare e lo mantenne<br />

pressoché immutato. <strong>Il</strong> la-<br />

ziare storicamente quella<br />

giornata e mezza del giugno<br />

1800, quando gli austriaci<br />

del generale Melas furono<br />

sbaragliati a Marengo e costringendo<br />

in seguito i borbonici,<br />

loro alleati, alla fuga<br />

precipitosa da Roma.<br />

E ancora, nel primo atto, l’effusione<br />

lirica di Tosca durante<br />

il duetto con Cavaradossi<br />

in Sant’Andrea, è un sognante<br />

inno alla notte romana:<br />

«Dai boschi e dai roveti, dall’arse<br />

erbe, dall’imo <strong>dei</strong> franti sepolcreti<br />

odorosi di timo […]». È<br />

suggestivo il contrasto tra la<br />

monumentale chiesa barocca<br />

inondata di sole e il notturno,<br />

fresco e profumato, evocato<br />

da Tosca.<br />

Tra quelle stesse rovine antiche,<br />

coperte di muschi e rampicanti,<br />

pascola il gregge guidato<br />

dal pastorello che, con il<br />

suo stornello in romanesco,<br />

apre l’ultimo atto.<br />

Roma era all’epoca una specie<br />

di grosso centro rurale,<br />

voro proseguì, comunque, a<br />

ritmo serrato fino all’inizio<br />

delle prove al Teatro Costanzi,<br />

scelto in omaggio alla romanità<br />

dell’ambientazione.<br />

La prima fissata per il 13 gennaio<br />

1900 fu spostata, per<br />

una lieve indisposizione del<br />

tenore De Marchi, al giorno<br />

successivo ed il 14 gennaio<br />

del nuovo secolo fu battezzata<br />

la più ardente delle eroine<br />

pucciniane, segnando una<br />

data importante nella storia<br />

della lirica.<br />

Cl. Ca.<br />

attraversato di continuo da<br />

greggi di pecore e capre guidati<br />

da pastori in ciocie, come<br />

testimoniano visivamente<br />

le classiciste vedute romane<br />

sette-ottocentesche.<br />

<strong>Il</strong> terzo atto è forse il più descrittivo<br />

e ricco di particolari:<br />

dallo scampanellio del<br />

gregge, alle campane che<br />

suonano mattutino, al campanone<br />

di San Pietro che si<br />

sente sullo sfondo e che Puccini<br />

volle intonare sulla stessa<br />

nota di quello originale, al<br />

carceriere assonnato e infreddolito<br />

che si fa corrompere<br />

immediatamente con<br />

un anello, alla procedura accurata<br />

e quasi «burocratica»<br />

con la quale si svolge l’esecuzione.<br />

Una Roma che è più di uno<br />

sfondo, è una presenza delicata<br />

ma continua che rende<br />

estremamente credibili i personaggi<br />

principali e la tragica<br />

vicenda.<br />

An. Ci.

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