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Promesse e bugie Gli effetti collaterali di una ... - teramani.info

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pag<br />

06<br />

recessione a Teramo<br />

All’inizio<br />

erano i<br />

subprime<br />

la povertà creativa<br />

N<br />

on voglio deprimere: parlo della povertà normale col<br />

mezzo sorriso rigato in volto, che più ad un sorriso somigli<br />

ad <strong>una</strong> smorfia, o viceversa, quello che può far accadere<br />

le cose anche se poi non accadono, quello che domani è<br />

un altro giorno e oggi è già domani. Parlo della povertà <strong>di</strong> tutte<br />

l’ore, anche <strong>di</strong> quella che non appare perché troppo lacerante,<br />

perché svela il lato oscuro della l<strong>una</strong>, perché ad ora <strong>di</strong> pranzo<br />

i tg non possono trasmettere queste storie così tristi e perché<br />

può bastare la mia, la nostra, <strong>di</strong> povertà. Ma non voglio<br />

deprimervi. E perciò su con la vita in questi giorni<br />

andanti <strong>di</strong> crisi economica, <strong>di</strong> recessione stabile<br />

al meno 4,4, con Tremonti Giulio che afferma <strong>di</strong><br />

scorgere a mesi un happy end per la bestia e con<br />

gli economisti <strong>di</strong> mezzo mondo che fanno a gara<br />

per riven<strong>di</strong>care la primogenitura del caos: “L’avevo<br />

previsto io, no io” sussultano, mentre<br />

solo qualche tempo prima facevano<br />

girare la storia a forza <strong>di</strong> subprime, derivati<br />

e tossicità varie, col clic <strong>di</strong> mouse in<br />

mano da cui partiva il creativo milione <strong>di</strong> dollari in<br />

combutta con molte banche meretrici <strong>di</strong> <strong>una</strong> filosofia<br />

senz’occhi. Su dai. Non arrestiamoci <strong>di</strong>nanzi al drago<br />

dalle narici infiammate. Anche perché – tanto per tornare<br />

alla nostra città - il teramano Mario B. la crisi proprio non l’ha<br />

mai percepita: “Non peregrinavo pe’ bar e ristoranti prima, non<br />

lo faccio ora”; risultato: crisi questa sconosciuta.<br />

A Fabio B. che piova o che nevichi poco importa; mette mano<br />

al motto che furoreggiava ai tempi d’austerity, quasi 30 anni<br />

fa, quando i petrolieri arabi in tunica bianca dettavano le<br />

con<strong>di</strong>zioni: “Che me ne frega se la benzina aumenta, tanto<br />

io metto sempre 10 mila lire”. Ma in tutta verità, per cogliere<br />

l’attuale stato <strong>di</strong> recessione a Teramo, è opportuno riportare<br />

tra le viuzze del centro storico i rituali che, come i tg, non si<br />

vogliono vedere: ogni sabato mattina, ad esempio, lungo Via<br />

Irelli, un anziano posa la sua mercanzia <strong>di</strong> due bici semi nuove,<br />

su cartoncini rigati e sbia<strong>di</strong>ti appesi ai raggi scrive a mano 50<br />

e 70 euro. “Questa crisi aguzza l’ingegno - <strong>di</strong>chiara Giancarlo<br />

A. – e si <strong>di</strong>venta più virtuosi, si cambiano meno scarpe e vestiti”.<br />

D’altronde i cartoncini <strong>di</strong> cartone sono espliciti, in<strong>di</strong>cano la<br />

voglia <strong>di</strong> ricominciare tra <strong>una</strong> trage<strong>di</strong>a e l’altra o meglio tra le<br />

maggio 2009<br />

<strong>di</strong> Maurizio Di Biagio<br />

due <strong>di</strong>verse e cicliche opportunità della vita. L’altra metafora<br />

della crisi <strong>teramani</strong>zzata ce la descrive Sandro M. che tirando in<br />

ballo pure la filmografia evocatrice <strong>di</strong> Chaplin, scorge nel corpo<br />

abbandonato sulle mura bianche del Provve<strong>di</strong>torato, lungo il<br />

corso <strong>di</strong> Benedetto M. con la scatola <strong>di</strong> cartone ai pie<strong>di</strong> il dolore<br />

dei nostri tempi. “<strong>Gli</strong> <strong>di</strong>ssi un giorno: Domenico che stai facendo<br />

lì? Allargo il suo faccione e mi rispose: mica posso andare a<br />

rubare”. Basta: “Che le banche riaprano i rubinetti” e si riparta<br />

come prima, fa intendere il commerciante D.D. “Le banche,<br />

quelle sono terrorizzate, ma le vere banche siamo noi”. Luigi M.<br />

<strong>di</strong>ce a chiare lettere che bisogna ritornare all’economia reale e<br />

senza tanti voli pindarici, bisogna tornare alle cose concrete <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> volta, alla gente, al suo lavoro.<br />

Anche alla libretta della Posta come asserisce l’operaio single<br />

Franco: “Non si guadagnerà un granché ma è più sicura” rumina<br />

chewing amaro. Lui ora va per outlet, non fa più vacanze,<br />

e <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> indebitarsi “ma questa volta solo per cose essenziali”.<br />

Enrico B. invece è un professore <strong>di</strong>venuto precario ad <strong>una</strong> certa<br />

età ma serba sotto <strong>una</strong> lanugine bianca un sorriso a <strong>di</strong>r poco<br />

stupefatto: <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essere un jazzista e quello che salva il suo<br />

<strong>di</strong>venire è il “fatto <strong>di</strong> essere appunto un artista”. Rimane incantato<br />

per un attimo e parla dei suoi figli. Nel frattempo, un po’ più<br />

là, i <strong>teramani</strong> atterriti rifuggono dalle tentazioni <strong>di</strong> televisori a<br />

300 euro: “E’ importante non farsi sedurre ora” sottolinea<br />

Gino M., che è molto preoccupato della piega che sta<br />

prendendo questa maledetta depressione soprattutto<br />

quando accenna ai suoi figli: “E’ <strong>una</strong> crisi<br />

che durerà 4-5 anni”, alla faccia delle profezie<br />

<strong>di</strong> Tremonti, della Bce, e dei vati della finanza<br />

che continuano “a sbagliare; però i <strong>teramani</strong><br />

continuano ad andare per ristoranti: sono<br />

pieni!”. Dino DF. tira la cinghia su abbigliamento,<br />

moto, computer e progetti futuri, e ricorda come il<br />

momentaccio sia iniziato proprio un anno fa quando<br />

la benzina saliva alle stelle. I sacrifici si fanno per le<br />

stesse bollette, aggiunge Bruno C., e in tanti contraggono<br />

mutui solo per pagarle.<br />

Solo un anno fa, Ezio perdeva il posto <strong>di</strong> lavoro: già in tempi<br />

<strong>di</strong> busta paga ogni fine mese il ristorante non lo vedeva mai, ora<br />

con le 840 euro mensili a malapena riesce a pagare telefono,<br />

gas, luce ed acqua, più il condominio. Ma ciò che lo rattrista non<br />

è tanto la sua storia da <strong>di</strong>soccupato, quanto piuttosto conoscere<br />

che tutti quei <strong>di</strong>ritti dei lavoratori “acquisiti dagli anni ’60 ai ’90<br />

siano svaniti del tutto. Mese dopo mese li ho visti scomparire<br />

in fabbrica: maternità, fogli bianchi con il licenziamento<br />

già firmato, mobbing, e tante angherie ancora, senza che i<br />

sindacati abbiano mosso <strong>una</strong> foglia. E gli operai? Stronzi più <strong>di</strong><br />

tutti”. Eppure malgrado i soprusi, i pochi sol<strong>di</strong> in tasca, Ezio si<br />

sente liberato da un enorme peso, “liberato dall’inferno della<br />

produzione, dalle prepotenze cui dovevo sottostare tutti i giorni<br />

e dalle pressioni ricattatorie del datore <strong>di</strong> lavoro. Non vi va bene<br />

così?, ci <strong>di</strong>ceva.<br />

Ok, allora mo’ chiudo! minacciava. In questi tempi <strong>di</strong> scarpe e<br />

pullover dell’anno passato è giunto davvero il giorno della liberazione<br />

da fardelli sempre sopportati. Ci voleva <strong>una</strong> crisi. u

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