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Notizie 20 - Centro missionario diocesano Belluno-Feltre - Diocesi

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Joujou<br />

Ha un nome complicato che non<br />

Hsarei neanche capace di scriverlo.<br />

Lui capisce e mi dice: «Chiamami<br />

Joujou, come i miei amici!» È arrivato<br />

in Italia accompagnato da un<br />

<strong>missionario</strong> per essere curato da<br />

una malattia dovuta agli stenti patiti<br />

e la sua storia è drammatica. Di corporatura<br />

minuta per i suoi 14 anni, le<br />

uniche cose grandi che ha sono gli<br />

occhi, immersi nella tristezza.<br />

«Il mio villaggio, al confine con il<br />

Sudan, è spesso “visitato” dai ribelli<br />

ugandesi i quali depredano e fanno<br />

ogni sorta di violenze. Normalmente<br />

la vita si svolge, per me e per gli<br />

altri ragazzi, tra la scuola e l’aiuto in<br />

famiglia. Una notte fui svegliato, legato<br />

e portato via da un gruppo di<br />

quei guerriglieri assieme ad altri 5<br />

miei compagni. Per farci camminare<br />

più spediti continuavano a bastonarci<br />

come fossimo animali. Ad un certo<br />

punto caricarono, ad ognuno, un<br />

pesante sacco contenente cose varie<br />

e ogni tanto ci percuotevano dicendoci<br />

che eravamo lenti, ma era una<br />

scusa perché loro si divertivano così.<br />

Camminammo nella foresta e nella<br />

savana per parecchie settimane, durante<br />

le quali pensavo continuamente<br />

a come fare per fuggire. Fui dissuaso<br />

da una cosa terribile che successe.<br />

Un mio amico, Dado, tentò di<br />

scappare ma fu ripreso e massacrato<br />

di botte sotto i nostri occhi. Doveva<br />

Piccoli missionari<br />

38<br />

servire d’esempio…». Nel dir questo<br />

i suoi occhi si riempiono di lacrime,<br />

poi continua «man mano che procedevamo<br />

si aggregarono altre pattuglie<br />

con i loro ragazzi prigionieri<br />

e ad un certo punto eravamo una<br />

cinquantina. Ero stremato, come tutti<br />

del resto e, per sopravvivere, finsi<br />

di collaborare. Fu così che cominciarono<br />

a darci un fucile per ciascuno<br />

insegnandoci ad usarlo. L’occasione<br />

che aspettavo capitò quando incappammo<br />

in un grosso contingente di<br />

soldati regolari. Durante il combattimento,<br />

assieme ad altri ragazzi, ce<br />

n’andammo e fummo presi dai governativi<br />

i quali, dopo averci interrogati,<br />

ci lasciarono nel primo villaggio<br />

che incontrammo, consegnandoci<br />

al <strong>missionario</strong> che poi, viste le mie<br />

condizioni di salute, mi portò con se<br />

in Italia».<br />

Quei grandi occhi, che porterò<br />

sempre nel cuore, mi fissano con<br />

malinconia, mentre conclude: «Vorrei<br />

tanto tornare a casa da mia mamma<br />

e da mio papà!».<br />

Mario Bottegal

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