1 LINGUE DELL'EDUCAZIONE Tullio De Mauro “Lingua di ... - Mce
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patrimonio <strong>di</strong> conoscenze con cui il bambino o la bambina entra nella scuola che va salvaguardato e<br />
rispettato perché là c’è la prima ra<strong>di</strong>ce dell’appren<strong>di</strong>mento linguistico più complesso e<br />
dell’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> altre lingue. Questo era vero nel 1975 ed è ancora più vero oggi, quando il<br />
patrimonio prescolastico del bambino si arricchisce <strong>di</strong> apporti esterni alla famiglia, teletrasmessi o<br />
informatici. Come raccomanda Marco Rossi Doria, la scuola deve saper tendere l’orecchio a questo<br />
mondo linguistico pre- ed extrascolastico per poter portare gli alunni a integrare e sviluppare il loro<br />
patrimonio <strong>di</strong> mezzi linguistici. E ciò è ancora più vero ed esige ancora più attenzione quando ci<br />
troviamo <strong>di</strong>nanzi a bambini che portano in classe l’ere<strong>di</strong>tà e la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lingue assai <strong>di</strong>verse dalla<br />
nostra e dai nostri <strong>di</strong>aletti, ma tornerò più in là su questo punto. Gli insegnanti debbono sapere che<br />
partono da un nocciolo primario già costituito. Prima <strong>di</strong> tutto devono quin<strong>di</strong> imparare a riconoscerlo<br />
e a rispettarlo, anche quando si presenta in forme eterodosse rispetto agli ideali <strong>di</strong> stile che possono<br />
prevalere nella scuola – possono e non già devono.<br />
A partire dalla “lingua <strong>di</strong> casa” del bambino e dalla sua integrazione la scuola ha l’enorme compito<br />
<strong>di</strong> sviluppare la capacità <strong>di</strong> interrogazione con le parole e delle parole, la capacità <strong>di</strong> far acquisire<br />
nuove esperienze e nuovi saperi. Ricor<strong>di</strong>amo ciò con quanto Albert Einstein ha scritto nella sua<br />
autobiografia intellettuale: «La maggior parte <strong>di</strong> quanto sappiamo e cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> sapere ci è stata<br />
insegnata da altri per mezzo <strong>di</strong> una lingua che altri hanno creato. Senza la lingua la nostra facoltà <strong>di</strong><br />
pensare sarebbe assai meschina e paragonabile a quella degli altri animali superiori». 4<br />
Le Tesi volevano mettere in crisi sia la convinzione che l’insegnamento linguistico parta da zero e<br />
si svolga nel vuoto sia l’insegnamento/appren<strong>di</strong>mento mono<strong>di</strong>sciplinare delle capacità linguistiche.<br />
Non c’è materia, non c’è insegnante che non debba e non possa concorrervi. Dovremmo saper<br />
realizzare un quadro <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica molto aperto, in cui il bambino e la bambina e poi l’alunno<br />
adolescente siano portati a porsi e a porre delle domande vere, non quelle già scritte in calce alla<br />
pagina del libro, ma quelle che sono suscitate da un rapporto vivo con esperienze nuove, con saperi<br />
nuovi che ogni insegnamento man mano offre. Con la padronanza dei mezzi verbali si accrescono<br />
così intelligenza e conoscenza. Vorrei ricordare che su questa stessa strada ho poi incontrato negli<br />
anni le convincenti riflessioni generali <strong>di</strong> Dario Antiseri sull’insegnamento “per problemi” e le<br />
concettualmente assai simili belle esperienze sviluppate da Carlo Bernar<strong>di</strong>ni con le maestre delle<br />
scuole dell’infanzia <strong>di</strong> Scan<strong>di</strong>cci in tema <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento pre-elementare delle scienze.<br />
In materia <strong>di</strong> linguaggio ci sono anche cose che la scuola può insegnare quasi partendo da zero. Si<br />
pensi alla scrittura: in larga parte i bambini arrivano a scuola senza dominare la capacità <strong>di</strong><br />
trasferire il <strong>di</strong>scorso parlato in testo scritto e senza la capacità <strong>di</strong> orientarsi <strong>di</strong>nanzi a un testo scritto.<br />
Se non l’abc stesso, come anche accade, certo il dominio e lo sfruttamento dell’abc possono avere<br />
una parte importante e specifica nell’insegnamento, ma sempre nella consapevolezza che l’abc,<br />
l’ortografia usuale e particolare nella produzione scritta <strong>di</strong> una lingua, si impara tanto meglio quanto<br />
più il complesso dei rapporti tra il bambino e la lingua viene curato e sviluppato.<br />
Come hanno mostrato Emilia Ferreiro e altre <strong>di</strong>verse evidenze sperimentali sull’appren<strong>di</strong>mento del<br />
grafismo e della scrittura, c’è un cammino spontaneo <strong>di</strong> maturazione che bisogna avere la pazienza<br />
<strong>di</strong> rispettare, che porta all’acquisizione <strong>di</strong> un modo corretto <strong>di</strong> usare le forme scritte <strong>di</strong> una<br />
determinata lingua. Questo cammino è fatto anzitutto <strong>di</strong> spinte pre-ortografiche, cioè <strong>di</strong> spinte a<br />
sentire che è importante e utile – e non perché lo <strong>di</strong>ce il professore o il maestro – fissare ciò che si<br />
vuol <strong>di</strong>re in una forma scritta facilmente recuperabile per altri e dunque in una forma scritta avviata<br />
a un ragionevole standard <strong>di</strong> regole e <strong>di</strong> forme. I bambini e le bambine devono sentire che è<br />
importante accedere alla lettura <strong>di</strong> ciò che altri hanno scritto e stampato o che ci mandano in video o<br />
sul telefonino. Solo se si alimenta e sviluppa la voglia <strong>di</strong> accedere alla lettoscrittura nel quadro <strong>di</strong> un<br />
insegnamento molto aperto e stimolante, possiamo mettere da parte l’insegnamento ortografico<br />
tra<strong>di</strong>zionale, tanto pieno <strong>di</strong> ossessionanti trabocchetti in ambienti linguistici segnati dalla variazione<br />
come l’Italia: tubo si scrive con una b <strong>di</strong>ce un insegnante pronunciando magari la parola con una<br />
bella b intensa, alla romana o alla napoletana; rabbia si scrive con due b, e magari la parola è<br />
4 A. Einstein, Autobiografia scientifica, Torino, Boringhieri, 1979, p. 133 .<br />
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