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Rivista l'Arbitro 1/2012 - Associazione Italiana Arbitri

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intorno a questo o quell’episodio, e al<br />

piagnisteo, che non conosce tempo,<br />

stagione e latitudine. Trent’anni fa, come<br />

oggi, tutti ne abusano. Le mie nuove (quasi)<br />

certezze sono dettate da proprio dagli ultimi<br />

legati a una corsa scudetto che,<br />

è abbastanza evidente, sembra circoscritta<br />

a due superpotenze quali Milan e Juventus:<br />

ebbene, nel turno infrasettimanale il Milan<br />

viene battuto all’Olimpico dalla Lazio<br />

(2-0), ma sullo 0-0 il signor Damato (mal<br />

consigliato dal suo assistente Maggiani,<br />

che per inciso è un po’ troppo recidivo)<br />

non vede un clamoroso fallo di mano in<br />

area laziale di Dias. Sarebbe rigore. Milan<br />

penalizzato. Quattro giorni dopo a Torino,<br />

la Juventus sbatte (0-0) contro il Siena, e il<br />

pallone calciato da Chiellini sbatte contro<br />

il braccio aperto di Vergassola. Il giovane<br />

arbitro Peruzzo non vede. Rigore negato,<br />

Juventus penalizzata.<br />

Ecco come due errori, che certo sarebbe<br />

meglio evitare ma che fanno parte del<br />

gioco più bello del mondo, finiscono<br />

col tornare utili: Milan e Juventus, le<br />

contendenti per il titolo, danneggiate<br />

contro Lazio e Siena. Cerco di riandare<br />

indietro negli anni, e di ricordare se è<br />

sempre andata così. Mi pare proprio di<br />

no. Anche gli errori, qualche volta, possono<br />

rappresentare un certificato di garanzia.<br />

Oggi, mi sento sicuro di poter dire che<br />

questo è un campionato regolare. Dove,<br />

per inciso, si sbaglia poco. Decisamente<br />

meno che nel passato. E soprattutto, si<br />

sbaglia senza farsi abbagliare dal colore<br />

della maglia. Si sbaglia quando capita di<br />

sbagliare. Punto e basta.<br />

Finiamola con gli errori, anche quelli<br />

propedeutici, e parliamo un momento<br />

di ciò che più mi piace del nuovo corso<br />

arbitrale. Tre cose: 1. La voglia di . Sempre meno, l’arbitro<br />

si mette al centro della scena e questo è<br />

un bene. 2. Il lasciar giocare. E’ evidente<br />

il tentativo da parte di quasi tutti i direttori<br />

di gara di fischiare il meno possibile. Non<br />

sempre la cosa funziona, perché magari<br />

qualche randellatore la fa franca, ma<br />

è l’indirizzo giusto. Lo si capisce dalla<br />

risposta dei calciatori: stanno cominciando<br />

a capire, cascano (molto) di meno e si<br />

lamentano (ancora poco) di meno. 3. I<br />

guardalinee sono sempre più importanti<br />

e sono quelli più soggetti all’errore<br />

. In rapporto al numero di insidie<br />

che il fuorigioco propone in ogni partita,<br />

secondo me sono migliorati moltissimo.<br />

TRIBUNA STAMPA<br />

Aggiungerei come sommesso consiglio:<br />

ingerite nelle altre decisioni dell’arbitro solo<br />

se siete certissimi, e sottolineo certissimi,<br />

di avere visto.<br />

Conclusione: un simbolico (momentaneo,<br />

per non esagerare) qua la mano a Nicchi<br />

e Braschi, con l’invito a proseguire su<br />

questa strada e a non curarsi del Marotta<br />

di turno che si lamenta dopo Juve-Siena<br />

dimenticando di ringraziare il signor Guida<br />

che in Cagliari-Juve di colpi di mano<br />

juventini non ne vide addirittura due. E<br />

un occhio al grande calcio internazionale:<br />

visto il signor Texeira Vitienes dirigere il<br />

25 gennaio Barcellona-Real Madrid retour<br />

match di Coppa del Re, mi tengo stretti<br />

gli arbitri italiani. Anche quelli cui sfugge<br />

un mani volontario in area di rigore!<br />

*Vice Direttore de La Gazzetta dello Sport<br />

Marco Di Vaio<br />

(da TuttoSport, 11/02/<strong>2012</strong>)<br />

“Io penso che la correttezza<br />

degli arbitri sia indiscutibile.<br />

Stanno facendo<br />

un grandissimo lavoro”.<br />

n. 1/<strong>2012</strong><br />

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