Vol. 11 N° 3 - Salute per tutti
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Anno <strong>11</strong> n.3/2008<br />
I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />
Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo<br />
Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo<br />
Dermatite allergica da contatto del volto<br />
e cosmetici.<br />
Alessia Provini, Ornella De Pità<br />
Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />
approccio diagnostico-terapeutico.<br />
Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari<br />
Vincenzo De Sanctis<br />
Rottura prematura delle membrane<br />
a term i n e (≥37 settimane) (PROM):<br />
indurre il travaglio o attendere?<br />
La risposta dell’evidence based medicine.<br />
Pietro Cazzola<br />
Editoriale<br />
Antonino Di Pietro<br />
Dermocosmetologia della pelle scura<br />
Stefano Veraldi<br />
Il trattamento mini-invasivo<br />
delle “malattie prostatiche”<br />
Alessandro Bertaccini<br />
Trattamento del dolore<br />
pelvico cronico nella donna<br />
Alessandro Bertaccini
Direttore Responsabile<br />
Pietro Cazzola<br />
Direttore Generale<br />
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Direttore Marketing<br />
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L’Editore non risponde dell’opinione espressa<br />
dagli Autori degli articoli.<br />
Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre:<br />
ARCHIVIO ITALIANO<br />
DI UROLOGIA E ANDROLOGIA<br />
RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA<br />
DELL’ADOLESCENZA<br />
JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY<br />
INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Indice<br />
I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />
Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo<br />
Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo pag. 1 1 5<br />
Dermatite allergica da contatto del volto e cosmetici.<br />
Alessia Provini, Ornella De Pità pag. 1 3 3<br />
Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />
approccio diagnostico-terapeutico.<br />
Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari<br />
Vincenzo De Sanctis pag. 1 3 7<br />
Rottura prematura delle membrane a termine<br />
(≥37 settimane) (PROM): indurre il travaglio o attendere?<br />
La risposta dell’evidence based medicine.<br />
Pietro Cazzola pag. 145<br />
Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi momento,<br />
opporsi all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />
Edizioni Scripta Manent s.n.c.<br />
Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />
Editoriale<br />
Antonino Di Pietro<br />
Dermocosmetologia<br />
della pelle scura<br />
Stefano Veraldi<br />
pag. 15 3<br />
pag. 15 5<br />
Il trattamento mini-invasivo<br />
delle “malattie prostatiche”<br />
Alessandro Bertaccini pag. 157<br />
Trattamento del dolore<br />
pelvico cronico nella donna<br />
Alessandro Bertaccini<br />
pag. 159
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />
Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo, Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo<br />
Introduzione<br />
In questo momento, in tutto il mondo,<br />
c i rca 14 milioni di <strong>per</strong>sone sono affette da<br />
c a n c ro. Poche sono le forme curabili.<br />
Globalmente l’8% di tutte le cause di morte<br />
dipende dal cancro. Nei paesi sviluppati,<br />
comunque, la <strong>per</strong>centuale di morte dovuta a<br />
t u m o re è più elevata: in Europa è stimata<br />
i n t o rno al 23%. Annualmente vengono diagnosticati<br />
circa 10 milioni di nuovi casi di<br />
c a n c ro e 6 milioni di <strong>per</strong>sone muoiono <strong>per</strong><br />
questo motivo.<br />
Non <strong>tutti</strong> i pazienti con cancro soffrono di<br />
dolore: infatti, questo sintomo è presente nel<br />
30-40% di <strong>tutti</strong> casi, con o senza un trattamento<br />
appropriato. Dal punto di vista<br />
umano e medico, <strong>per</strong> la maggior parte di<br />
essi, l’unico approccio realistico, è la soppressione<br />
del dolore <strong>per</strong> migliorare la qualità<br />
della vita residua. L’efficacia del trattamento<br />
del dolore da cancro rimane uno tra i più<br />
importanti e pressanti problemi medici mondiali:<br />
molti pazienti trascorrono le ultime<br />
settimane, gli ultimi mesi della loro vita in<br />
situazioni estremamente disagevoli di sofferenza<br />
e di invalidità.<br />
Spesso il trattamento del dolore oncologico è<br />
inadeguato o inesistente <strong>per</strong> vari motivi<br />
quali:<br />
l’ignoranza circa le cure capaci di sopprimere<br />
il dolore;<br />
la deformazione culturale del medico<br />
che considera il sintomo dolore come<br />
ineluttabile;<br />
i problemi legali che intralciano l’uso di<br />
analgesici oppioidi.<br />
U.O.C. Anestesia e Rianimazione P.O. Agropoli (SA)<br />
Cos’è il dolore da cancro?<br />
Il dolore da cancro può essere considerato<br />
come un fenomeno duplice: la <strong>per</strong>c e z i one<br />
della sensazione e la reazione emozionale<br />
che da essa scaturisce. L’ i n t e r p retazione e la<br />
risposta che il malato di cancro ha in conseguenza<br />
dello stimolo doloroso varia con la<br />
cultura, con la morale, con l’umore, con le<br />
p recedenti es<strong>per</strong>ienze dolorose e con l’aspettativa<br />
di guarigione.<br />
La soff e renza dipende dal contesto sociale,<br />
culturale, familiare e dal significato che viene<br />
attribuito al dolore .<br />
Per comprendere la complessità del dolore<br />
oncologico è sufficiente conoscere la varietà<br />
di fattori fisici e psichici, indicati nella<br />
Figura 1, che ne sono all’origine e che hanno<br />
fatto definire questo dolore come “dolore<br />
totale”.<br />
Le cause organiche del dolore oncologico possono<br />
essere dovute al coinvolgimento dire t t o<br />
da parte della neoplasia, alle complicanze<br />
della terapia antineoplastica, alle complicanze<br />
della stessa terapia antalgica, alle alterazioni<br />
biochimiche e fisiologiche legate alla neoplasia,<br />
a patologie dolorose non legate al cancro<br />
o alla terapia ed a combinazione dei pre c edenti<br />
fattori.<br />
Più specificamente le cause fisiche di dolore<br />
nei pazienti oncologici possono dividersi in<br />
quattro gruppi di cause (Tabella 1).<br />
La strategia terapeutica<br />
Prima di affrontare qualsiasi discorso<br />
terapeutico è essenziale che il medico comprenda<br />
quattro punti importanti e che si<br />
convinca della loro validità:<br />
<strong>11</strong>5 1
<strong>11</strong>6<br />
Figura 1.<br />
Perdita del ruolo in famiglia<br />
Perdita posizione sociale<br />
Perdita del prestigio sul lavoro<br />
Perdita dei guadagni<br />
Insonnia<br />
Stanchezza<br />
Alterazioni dell’aspetto<br />
a) che il dolore da cancro si può combattere<br />
efficacemente nella quasi totalità dei<br />
casi;<br />
b) che la terapia del dolore da cancro, specie<br />
iniziale, è facile da gestire;<br />
c) che la terapia <strong>per</strong> il dolore da cancro non<br />
sempre va prescritta o eseguita da su<strong>per</strong>specialisti<br />
in terapia antalgica;<br />
d) che si può annullare agevolmente il dolore<br />
da cancro imparando ad usare appena<br />
4 o 5 analgesici.<br />
Debolezza<br />
Effetti collaterali delle cure<br />
Malattie non cancerose<br />
Cancro<br />
ORIGINE SOMATICA<br />
DOLORE<br />
DEPRESSIONE RABBIA<br />
TOTALE<br />
ANSIA<br />
Paura del dolore<br />
Paura della morte<br />
Paura dell’ospedale<br />
Paura del ricovero<br />
Preoccupazioni <strong>per</strong> la famiglia<br />
Problemi finanziari<br />
Perdita di controllo del proprio corpo<br />
Incertezza del futuro<br />
Scripta M E D I C A<br />
Tabella 1. Cause fisiche di dolore nei pazienti oncologici.<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Difficoltà burocratiche<br />
Fallimento delle cure<br />
Mancanza di visite di amici<br />
Irre<strong>per</strong>ibilità dei medici<br />
Ritardi diagnostici<br />
Appena ci si trova di fronte al paziente che<br />
soffre di dolore si deve avere bene in mente<br />
una sequenza di obiettivi graduali da raggiungere,<br />
che sono:<br />
aumentare le ore di sonno senza dolore;<br />
alleviare il dolore a riposo;<br />
alleviare il dolore in posizione eretta e<br />
durante le attività.<br />
I principi di una terapia del dolore da cancro<br />
sono caratterizzati da:<br />
Dovute al tessuto Legate al tumore Legate alla terapia Non dipendenti dal<br />
neoplastico tumore o dalle terapie<br />
Infiltrazione dei Contratture muscolari Dolore post-intervento Artriti ed artrosi<br />
tessuti ossei chirurgico<br />
Compressione e/o Decubiti Infiammazioni e/o Cefalea (muscolotensiva,<br />
infiltrazione fibrosi emicranica, psicogena)<br />
tessuti nervosi post-radioterapiche<br />
Interessamento viscerale Stitichezza Mielopatia Dolore miofasciale<br />
post-radioterapica<br />
Ulcerazione e/o Candidosi Neuropatia Origine cardiovascolare<br />
infezione post-radioterapica<br />
I<strong>per</strong>tensione Linfedema Necrosi asettica dell’osso Nevriti<br />
endocranica Nevralgia<br />
posterpetica<br />
Trombosi venosa<br />
profonda<br />
Embolia polmonare
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Pianificazione multidisciplinare :<br />
1. Stretta collaborazione tra diverse figure<br />
mediche specialistiche, medici di base e<br />
<strong>per</strong>sonale infermieristico.<br />
2. Proposta secondo l’OMS di Linee-Guida<br />
sulla Terapia del Dolore da Cancro con i<br />
principi generali.<br />
3. ”Il trattamento farmacologico è il punto di riferimento<br />
nella gestione da dolore da cancro”.<br />
P ro c e d u re secondo le Linee OMS:<br />
I cinque principi <strong>per</strong> l’uso degli analgesici<br />
nella terapia del dolore sono alla base del<br />
trattamento del dolore:<br />
Per bocca: semplice somministrazione;<br />
Ad ore fisse: prevenire l’insorgenza del<br />
dolore;<br />
Secondo la scala OMS: semplice nella<br />
sua attuazione e facile nella sua diff u s i o n e ;<br />
Individualizzata: dosaggi, tipo di farmaci,<br />
vie di somministrazione;<br />
Attenzione al dettaglio: abitudini del<br />
paziente da cancro.<br />
Terapia farmacologica<br />
L’elevazione della soglia di <strong>per</strong>cezione<br />
del dolore soprattutto mediante l’uso di farmaci,<br />
costituisce lo scopo principale del trattamento<br />
del dolore da cancro. La terapia con<br />
farmaci resta la modalità principale <strong>per</strong> il<br />
trattamento del dolore oncologico.<br />
Si fa riferimento a farmaci poco costosi<br />
e dati in dosaggi relativamente piccoli ma<br />
efficaci nella grande maggioranza dei casi.<br />
Possono essere utilizzati molti farmaci diversi<br />
sia <strong>per</strong> modalità d’azione che <strong>per</strong> effetti<br />
collaterali.<br />
Gli oppioidi ed i FANS (Farmaci Antinfiammatori<br />
Non Steroidei) rappresentano i gruppi<br />
di farmaci più importanti nell’interv e n t o<br />
terapeutico sul dolore da cancro.<br />
Altri farmaci, comunque, come gli antidepressivi<br />
triciclici, possono anch’essi contribuire<br />
a garantire una buona analgesia in certi<br />
tipi di dolore associati con il cancro o concorrere<br />
a migliorare altri sintomi ricorrenti.<br />
Criteri generali<br />
La somministrazione dei farmaci analgesici<br />
nel dolore da cancro deve seguire alcuni<br />
principi fondamentali. Essi devono essere<br />
osservati metodicamente <strong>per</strong> poter ottenere<br />
risultati terapeutici validi. Non bisogna<br />
lasciare spazio all’improvvisazione ed all’inventiva<br />
individuale.<br />
I principi-base sono i seguenti:<br />
somministrare inizialmente una “loading<br />
dose”, cioè una dose-carico elevata;<br />
seguire lo schema farmacologico suggerito<br />
dall’OMS;<br />
preferire la via orale o sublinguale;<br />
impiegare dosi individualizzate; eliminare<br />
l’insonnia;<br />
se necessario, prescrivere due analgesici<br />
con diverso meccanismo d’azione;<br />
scegliere il farmaco in base all’intensità<br />
del dolore;<br />
evitare somministrazione di placebo;<br />
prevenire ed individuare gli effetti collaterali.<br />
Ognuno di questi punti-chiave viene di<br />
seguito analizzato.<br />
A p p roccio sequenziale<br />
Secondo le indicazioni dell’OMS,<br />
ormai largamente accettate, il dolore oncologico<br />
deve essere affrontato mediante l’impiego<br />
sequenziale di tre categorie di farmaci<br />
subentranti l’una all’altra, secondo una progressione<br />
a gradini.<br />
FANS;<br />
Oppioidi minori;<br />
Oppioidi maggiori.<br />
L’approccio sequenziale si attua nelle seguenti<br />
tre fasi:<br />
1. Alla comparsa del dolore vanno somministrati<br />
i FANS che possono essere associati<br />
eventualmente e secondo i casi ai<br />
cosiddetti “farmaci adiuvanti”.<br />
2. Quando i FANS non sono più sufficienti<br />
a controllare il dolore si introducono gli<br />
oppioidi minori, che possono essere<br />
associati agli stessi FANS e/o agli adiuvanti.<br />
3. Quando, in una successiva fase, gli oppioidi<br />
minori non sono più sufficienti si<br />
utilizzano gli oppioidi maggiori associati<br />
o no ai FANS e/o agli adiuvanti.<br />
<strong>11</strong>7
<strong>11</strong>8<br />
Quando un farmaco della classe iniziale o<br />
intermedia, se impiegato correttamente, <strong>per</strong>de<br />
la sua efficacia, è obbligatorio ricorrere ad<br />
un farmaco appartenente alla classe su<strong>per</strong>iore<br />
nella scala antalgica a tre gradini dell’OMS<br />
(Figura 2).<br />
In ogni caso bisogna evitare di saltare un<br />
gradino!<br />
Figura 2.<br />
Scala analgesica OMS “a tre gradini”.<br />
La strategia analgesica “a tre gradini”:<br />
Consente di controllare il dolore oncologico<br />
cronico in circa il 90% dei casi.<br />
La terapia antidolorifica non va somministrata<br />
al bisogno ma ad orari fissi.<br />
Durante eventuali attacchi di dolore<br />
acuto è necessario utilizzare farmaci al<br />
bisogno.<br />
Quando il dolore non è adeguatamente<br />
controllato il passaggio da un gradino<br />
all’altro dovrebbe essere rapido.<br />
Individuazione della dose<br />
In generale una dose analgesica <strong>per</strong><br />
essere giudicata efficace deve <strong>per</strong>mettere il<br />
controllo del dolore <strong>per</strong> almeno 4 ore. In<br />
base alla biodisponibilità, distribuzione,<br />
metabolismo, eliminazione e alle variabili<br />
organismo-dipendenti, il medico deve individuare<br />
la dose efficace. Per partire con i<br />
FANS, ad esempio, la dose efficace può essere<br />
stabilita prescrivendo una dose su<strong>per</strong>iore<br />
a quella che si consiglia, normalmente, <strong>per</strong> il<br />
trattamento dei dolori cronici benigni.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Bisogna tener presente che i FANS e gli<br />
oppioidi minori (codeina) presentano il<br />
cosiddetto “effetto tetto”.<br />
Appena si è raggiunta una dose<br />
limite ogni ulteriore aumento del dosaggio<br />
non aumenta l’effetto analgesico. Dopo<br />
alcune modifiche della dose efficace di partenza<br />
è indispensabile, quindi, passare ad un<br />
farmaco posto sul gradino<br />
più alto, da solo o in associazione<br />
agli adiuvanti.<br />
Il passaggio ad un farmaco<br />
posto sullo stesso gradino,<br />
anche se di struttura diversa,<br />
non induce alcun beneficio<br />
analgesico <strong>per</strong> il paziente,<br />
ma comporta solo ritard o<br />
nel controllo del dolore ,<br />
aumento del disagio del<br />
paziente ed incremento della<br />
sfiducia!<br />
Orari fissi<br />
Un altro punto-chiave<br />
<strong>per</strong> la buona riuscita della<br />
terapia del dolore da cancro<br />
è quello di mirare non solo all’abolizione del<br />
sintomo ma anche alla <strong>per</strong>dita del ricordo<br />
del dolore.<br />
L’analgesico non deve essere assunto “a<br />
richiesta” ossia alla comparsa del dolore,<br />
ma ad “orari fissi” in modo da ottenere<br />
livelli ematici che consentano una costante<br />
analgesia.<br />
Del resto questo è un postulato della farmacocinetica<br />
applicato a tutte le terapie e che il<br />
medico attua quotidianamente: i farmaci<br />
svolgono un’azione efficace e continua solo<br />
se sono presenti nel sangue in concentrazioni<br />
adeguate nell’arco delle 24 ore.<br />
È inutile ed illogico consigliare al paziente di<br />
prendere l’analgesico solo quando il dolore è<br />
insopportabile, resistendo fin quando è possibile.<br />
Non bisogna trattare il paziente oncologico,<br />
con pochi mesi o settimane di vita,<br />
come se dovesse partecipare ad una gara di<br />
stoicismo! Il risultato di uno schema terapeutico<br />
“ad intervalli regolari” <strong>per</strong>mette un<br />
miglior controllo del dolore, un risparmio di<br />
farmaco e una minore incidenza di effetti<br />
collaterali.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Vie di somministrazione<br />
Via orale o sub-linguale;<br />
Via sottocutanea;<br />
Via rettale;<br />
Via transdermica;<br />
Via transmucosale;<br />
Via <strong>per</strong>idurale e subaracnoidea;<br />
Via parenterale.<br />
La via orale (o la sublinguale) deve essere<br />
quella di elezione <strong>per</strong> l’indipendenza consentita<br />
al paziente che è autonomo nella<br />
assunzione della terapia, non dovendo ricorrere<br />
ad altri.<br />
Quando è possibile, la scelta della via di<br />
somministrazione dovrebbe essere lasciata al<br />
paziente stesso, senza preconcetti. La farmacocinetica<br />
e l’efficacia degli analgesici dati<br />
<strong>per</strong> via orale differiscono poco da quelli dati<br />
<strong>per</strong> via parenterale.<br />
È sbagliato credere, inoltre, che <strong>per</strong> il controllo<br />
del dolore da cancro, le vie <strong>per</strong>idurale<br />
e subaracnoidea siano le più efficaci!<br />
Queste tecniche di somministrazioni midollari,<br />
appannaggio delle Unità di Terapia<br />
A n t a l g i c a, sono indicate solo in alcune<br />
situazioni particolari. Infatti, il medico di<br />
base può trattare agevolmente gran parte dei<br />
dolori oncologici ed affidare all’es<strong>per</strong>to di<br />
terapia del dolore i pazienti complessi.<br />
Bisogna tendere a pre s c r i v e re delle terapie<br />
facilmente gestibili, eventualmente con<br />
l’apporto dei familiari, se fosse necessario.<br />
Associazioni farmacologiche<br />
La prescrizione di un FANS e di un<br />
oppioide è un associazione utile e giustificata<br />
dalla sinergia dei due farmaci:<br />
1) inibizione <strong>per</strong>iferica dei sistemi prostaglandinici<br />
<strong>per</strong> i FANS;<br />
2) meccanismo centrale indotto da un legame<br />
con i recettori specifici <strong>per</strong> gli oppioidi,<br />
situati a diversi livelli del sistema nervoso.<br />
La deprecabile e frequente prescrizione di<br />
due o più farmaci analgesici dello stesso<br />
gradino della scala analgesica (ad esempio<br />
due diversi FANS) non aumenta l’analgesia,<br />
non ha giustificazioni farmacodinamiche<br />
e farmacocinetiche, potenzia la tossicità<br />
ed aumenta gli insuccessi.<br />
Invece l’associazione di farmaci adiuvanti<br />
dell’analgesia è spesso necessaria <strong>per</strong> poter<br />
controllare alcuni tipi di dolore. Ad esempio<br />
i dolori da lesione nervosa sono ben controllati<br />
dall’aggiunta di antidepressivi tipo l’amitriptilina,<br />
come quelli compressivi da espansione<br />
del tumore beneficiano dell’uso dei<br />
corticosteroidi.<br />
La terapia palliativa può comprendere, inoltre,<br />
l’aggiunta di farmaci <strong>per</strong> il controllo dei<br />
n u m e rosi sintomi, spesso iatrogeni, che<br />
intervengono durante il corso della malattia<br />
e che sono causa di disagio e sofferenza:<br />
emorragia gastrica, vomito, stipsi, mucositi<br />
da radiazioni, insonnia, micosi, ecc.<br />
Modalità di somministrazione<br />
Gli orari di somministrazione dei farmaci<br />
devono essere facilmente appresi dal<br />
paziente e dalla sua famiglia. Ove possibile,<br />
bisogna scegliere le ore dei pasti, del risveglio<br />
o dell’andata a letto, che sono più facili<br />
da memorizzare e da seguire. Bisogna evitare<br />
le ore notturne che creano ulteriore disagio<br />
al paziente ed ai familiari.<br />
Non dare placebo<br />
La causa del dolore neoplastico è sicuramente<br />
di origine somatica, anche se influenzata<br />
da componenti psichiche.<br />
Somministrare placebo significa compiere<br />
un atto deontologicamente scorretto, sprecare<br />
tempo e far <strong>per</strong>dere fiducia al paziente.<br />
P revenzione e cura degli effetti collaterali<br />
È fondamentale l’indagine anamnestica<br />
e l’osservazione attenta del paziente in maniera<br />
da riconoscere in tempo la comparsa degli<br />
e ffetti collaterali da farmaci analgesici.<br />
L’imponenza di alcuni sintomi iatrogeni può<br />
i n f i c i a re la validità della terapia analgesica.<br />
Bisogna tenere, quindi, bene in mente quelli<br />
che sono gli effetti collaterali dei farmaci<br />
analgesici che si prescrive anche <strong>per</strong> sensibilizzare<br />
il paziente ed i familiari a riconoscerli<br />
ed a comunicarli al medico, in tempo.<br />
<strong>11</strong>9
120<br />
I farmaci<br />
L’analgesico “ideale” dovrebbe possedere<br />
le seguenti caratteristiche:<br />
efficacia;<br />
lunga durata d’azione;<br />
rapida insorgenza dell’azione analgesica;<br />
facilità di somministrazione;<br />
maneggevolezza e ridotta quantità di<br />
effetti collaterali;<br />
buon rapporto costo/beneficio.<br />
Anche se l’analgesico “ideale” che abbia solo<br />
effetti terapeutici e nessun effetto collaterale<br />
attualmente non esiste, fortunatamente in<br />
commercio esistono diverse molecole che<br />
hanno molte delle caratteristiche elencate<br />
prima.<br />
Il sollievo dal dolore mediante farmaci analgesici<br />
può essere conseguito intervenendo a<br />
diversi livelli del sistema nocicettivo:<br />
con gli analgesici ad azione <strong>per</strong>iferica<br />
p reveniamo la sensibilizzazione dei<br />
recettori del dolore mediante l’inibizione<br />
della sintesi delle prostaglandine;<br />
con gli analgesici ad azione centrale<br />
determiniamo la scomparsa o la riduzione<br />
del dolore interferendo con i recettori<br />
<strong>per</strong> gli oppioidi del SNC;<br />
con gli psicofarmaci agiamo centralmente<br />
sull’es<strong>per</strong>ienza dolore procurando un<br />
“disinteresse” del paziente dal sintomo.<br />
La scelta dell’analgesico deve essere fatta<br />
tenendo presente la qualità e l’intensità del<br />
dolore, lo stadio della malattia e lo stato psichico<br />
del paziente.<br />
FA N S<br />
I Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei<br />
(FANS) rappresentano una serie eterogenea<br />
di composti. Erano classificati tradizionalmente<br />
con dizioni del tipo: antireumatici,<br />
antidolorifici-antifebbrili, antinevralgici.<br />
Sono a torto denominati anche analgesici<br />
“deboli o leggeri” Infatti, alcuni di essi, ad<br />
esempio il ketorolac, hanno un effetto analgesico<br />
che si avvicina o è equivalente agli<br />
oppiacei minori.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Il loro meccanismo d’azione è comune e l’origine<br />
dell’analgesia sarebbe dovuta a:<br />
inibizione della sintesi delle prostaglandine;<br />
i<strong>per</strong>polarizzazione della membrana neuronale;<br />
inibizione degli enzimi lisosomiali;<br />
depressione dei livelli di sostanze ossidanti<br />
rilasciate nella formazione delle<br />
prostaglandine.<br />
Sembra, inoltre, che con alti dosaggi si abbia<br />
addirittura un effetto antitumorale. Le prostaglandine<br />
pare, infatti, abbassino i poteri<br />
immunitari, partecipano allo sviluppo di<br />
metastasi ossee, producono i<strong>per</strong>calcemia nei<br />
tumori solidi, aumentano l’aggre g a z i o n e<br />
delle piastrine e sono presenti in eccesso nei<br />
tumori della mammella ed in quelli ossei.<br />
Le azioni <strong>per</strong> le quali i FANS vengono sfruttati<br />
sono classicamente tre: antidolorifica,<br />
antipiretica ed antiflogistica.<br />
L’azione antidolorifica è prevalentemente a<br />
localizzazione <strong>per</strong>iferica ed esattamente a<br />
livello dei nocicettori.<br />
L’azione antipiretica consiste nell’inibizione<br />
della biosintesi delle prostaglandine nel centro<br />
termoregolatore ipotalamico.<br />
L’azione antiflogistica non è interamente<br />
chiarita.<br />
Le prostaglandine, oltre ad avere attività proflogogena,<br />
aumentere b b e ro l’azione dei<br />
mediatori biologici dell’infiammazione come<br />
istamina e leucotrieni. Benché siano impiegati<br />
usualmente nel dolore cronico benigno<br />
di lieve e media intensità, i FANS sono estremamente<br />
utili nei dolori da cancro.<br />
Particolarmente indicati nel controllo dei<br />
dolori da compressione meccanica dei<br />
muscoli, tendini, <strong>per</strong>iostio, tessuti sottocutanei,<br />
tessuto osseo. Hanno ridotto effetto sul<br />
dolore viscerale tranne che nella neoplasia<br />
pancreatica. Infatti, la principale indicazione<br />
è in quei dolori originati da imponente liberazione<br />
di prostaglandine: cioè quando sono<br />
coinvolti tendini, fasce, <strong>per</strong>iostio, metastasi<br />
osteolitiche.<br />
Nella Tabella 2 sono indicati i principali<br />
FANS che possono essere impiegati nel dolore<br />
da cancro.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Tabella 2. Elenco dei principali FANS impiegati.<br />
Denominazione Nome Dose media in<br />
commerciale mg/24 h<br />
Acetilsalicilato<br />
di lisina<br />
Flectadol 900 x 4<br />
Acido acetilsalicilico Aspirina 1000 x 4<br />
Acido mefenamico Lysalgo 250 x 3<br />
Diclofenac <strong>Vol</strong>taren 50 x 3<br />
Diflunisal Dolobid 500 x 3<br />
Ibuprofene Brufen 300 x 4<br />
Ketoprofene Orudis 100 x 3<br />
Ketorolac<br />
trometamina<br />
Tora-Dol/Lixidol 30 x 4<br />
Metamizolo Novalgina 500 x 3<br />
Naprossene Naprosyn 500 x 2<br />
Nimesulide Aulin 200 x 2<br />
Paracetamolo Efferalgan 500 x 4<br />
Piroxicam Feldene 20 x 1<br />
Principali effetti collaterali dei FA N S<br />
Sicuramente il medico di base utilizzando<br />
questi farmaci quotidianamente, nei<br />
dolori cronici, conosce <strong>per</strong>fettamente la qualità<br />
e la frequenza degli effetti collaterali.<br />
Sono rappresentati da gastriti, disturbi della<br />
coagulazione, insufficienza renale funzionale,<br />
granulocitopenia.<br />
L’assunzione dopo i pasti, con aggiunta di<br />
antiacidi o l’associazione di farmaci gastroprotettori<br />
riduce la comparsa di disturbi<br />
gastrici che sono i più frequenti e temuti.<br />
Interferendo con l’aggregazione piastrinica<br />
essi dovrebbero essere somministrati con<br />
molta cautela nei pazienti oncologici con<br />
problemi di coagulazione o con un numero<br />
ridotto di piastrine.<br />
OP P I O D I<br />
I derivati dell’oppio sono farmaci<br />
d’uso secolare e di s<strong>per</strong>imentata efficacia.<br />
Tali sostanze sono definite anche analgesici<br />
oppioidi, analgesici maggiori, narcotici, morfinosimili.<br />
La morfina è il capostipite e rappresenta<br />
il punto di riferimento nella valutazione<br />
dell’attività analgesica degli altri suoi<br />
congeneri. Essi rappresentano una tappa,<br />
quasi sempre obbligata, nella terapia del<br />
dolore da cancro. La loro potente attività<br />
analgesica è dovuta all’interazione con i<br />
recettori degli oppioidi localizzati in<br />
alcune zone del SNC e nel midollo<br />
spinale lungo le vie sensitive del dolore.<br />
A tale livello, analogamente alle<br />
endorfine (sorta di morfine prodotte<br />
normalmente dall’organismo), essi<br />
innescano meccanismi d’abolizione e<br />
di modulazione delle sensazioni dolorose,<br />
entrando, come chiavi, nella serratura<br />
del dolore e bloccandola. I differenti<br />
profili farmacologi dei singoli<br />
oppioidi (intensità d’azione, durata<br />
d’azione, effetti secondari) sono spiegabili<br />
appunto con l’esistenza di<br />
parecchie varietà di recettori e con la<br />
differente capacità di ogni farmaco<br />
morfinosimile di interagire con i singoli<br />
recettori.<br />
Possiamo schematicamente dividere i<br />
farmaci che agiscono sui recettori <strong>per</strong><br />
gli oppioidi in tre gruppi, in base<br />
all’attività:<br />
1. agonisti puri (es. morfina);<br />
2. agonisti-antagonisti (es. buprenorfina);<br />
3. antagonisti puri (es. naloxone).<br />
Gli agonisti puri e gli agonisti-antagonisti,<br />
pur condividendo una potente attività analgesica<br />
non devono mai essere prescritti contemporaneamente<br />
in quanto, competendo<br />
con lo stesso recettore, ridurrebbero l’effetto<br />
terapeutico<br />
Oltre alla nota e potente attività anti-dolorifica<br />
gli oppioidi producono alcune altre azioni<br />
ed effetti collaterali quali:<br />
azione tranquillante;<br />
depressione respiratoria;<br />
attenuazione dello stimolo della tosse;<br />
miosi;<br />
nausea e vomito (effetti centrali);<br />
i<strong>per</strong>tonia della muscolatura liscia (stipsi,<br />
disturbi della minzione).<br />
Gli oppioidi vengono utilizzati quando l’uso<br />
dei FANS non ha dato un effetto soddisfacente.<br />
La regola di utilizzare sempre, comunque,<br />
in prima battuta, gli analgesici minori, è<br />
assoluta.<br />
La scelta del farmaco deve tenere conto<br />
soprattutto dell’intensità del dolore oltre che<br />
dell’aspettativa di vita, considerando che<br />
121
122<br />
l’uso dei narcotici non è necessariamente<br />
legato ad una breve aspettativa di vita. Il<br />
segreto <strong>per</strong> iniziare l’analgesia con gli oppioidi<br />
sta nel raggiungere una concentrazione<br />
ematica efficace e di mantenere questo livello.<br />
Una volta raggiunto un grado di analgesia<br />
soddisfacente, esso deve essere mantenuto<br />
con somministrazioni regolari a tempi fissi.<br />
Le controindicazioni all’uso dei farmaci<br />
oppioidi sono l’insufficienza epatica grave,<br />
l’insufficienza renale, l’insufficienza respiratoria<br />
e l’occlusione intestinale. I fenomeni<br />
comuni che si verificano in corso di terapia<br />
sono la tolleranza (nel dolore da cancro compare<br />
lentamente) e la dipendenza fisica.<br />
La tolleranza è la necessità di una quantità<br />
crescente di farmaco <strong>per</strong> ottenere un uguale<br />
effetto analgesico. Tale è una reazione normale<br />
agli oppioidi ed è un fenomeno costante<br />
nella terapia cronica. Essa s’instaura non<br />
solo nei confronti dell’analgesia ma fortunatamente<br />
anche nei confronti degli altri effetti<br />
come la depressione respiratoria.<br />
La dipendenza fisica è un’alterazione delle<br />
condizioni fisiologiche caratterizzata da<br />
comparsa di sintomi da astinenza da oppioidi<br />
quando si interrompe la somministrazione<br />
cronica o si somministrano antagonisti dei<br />
narcotici (es. naloxone). La morfina è lo<br />
standard di riferimento <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> gli analgesici<br />
stupefacenti (tabella 1, Legge 685).<br />
M o rfina: pregiudizi comuni e miti da sfatare<br />
L’Italia è uno dei paesi europei nel<br />
quale si usa meno morfina a causa soprattutto<br />
dell’ignoranza circa le sue qualità terapeutiche<br />
e <strong>per</strong> il <strong>per</strong>sistere di alcuni pregiudizi<br />
infondati.<br />
La morfina non comporta necessariamente<br />
depressione respiratoria;<br />
La morfina non genera sempre una dipendenza<br />
psichica, specie se data <strong>per</strong> os;<br />
La morfina non instaura una rapida ed<br />
incontrollata tolleranza;<br />
La somministrazione di morfina non<br />
comporta fenomeni disforici;<br />
La morfina non compromette la qualità<br />
della vita.<br />
Per la morfina, la via orale è quella raccomandata<br />
nel dolore da cancro, in quanto la<br />
più vantaggiosa. Anche utilizzate, se vi sono<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
ostacoli all’impiego della via orale, sono la<br />
via endovenosa e quella <strong>per</strong>idurale. La tolleranza<br />
e la dipendenza si manifestano costantemente<br />
dopo che il farmaco è somministrato<br />
<strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo di alcune settimane o<br />
mesi, ma questi eventi non devono condizionare<br />
le scelte terapeutiche e, comunque, non<br />
alterano il successo della terapia.<br />
Le forme farmaceutiche di morfina orale<br />
disponibili sono due:<br />
Morfina a rilascio immediato;<br />
Morfina a rilascio prolungato.<br />
M o rfina a rilascio immediato<br />
La morfina orale rappresenta l’analgesico<br />
di scelta nel dolore grave da cancro. Le<br />
nuove formulazioni orali liquide, commercializzate<br />
dalla Molteni sono Oramorph ® soluzione<br />
orale concentrata contenente 20<br />
mg/ml di morfina solfato, disponibile in flaconi<br />
da 20 ml e 100 ml, provvisti rispettivamente<br />
di contagocce e siringa dosatrice e<br />
Oramorph ® sciroppo contenente 2 mg/ml di<br />
morfina solfato. In virtù della rapidità d’azione<br />
(concentrazioni plasmatiche massime<br />
entro la prima ora) e la breve durata d’azione<br />
(4 ore), la soluzione e lo sciroppo di<br />
m o rfina consentono un aggiustamento<br />
posologico rapido e l’individuazione della<br />
dose giornaliera efficace nell’arco di 2-3<br />
giorni. Le preparazioni orali liquide di morfina<br />
possono risultare particolarmente utili<br />
anche <strong>per</strong> l’uso “al bisogno” nei pazienti che<br />
sono già in trattamento con le compresse a<br />
lento rilascio, nei pazienti che hanno difficoltà<br />
di deglutizione e nei pazienti terminali<br />
che hanno bisogno di dosi elevate di morfina.<br />
La dose iniziale dipende dal trattamento<br />
analgesico precedente. In genere, nei pazienti<br />
già trattati con un oppiaceo debole, la dose<br />
è di 10 mg ogni 4 ore (pari a 0,5 ml o a 8<br />
gocce della soluzione e 5 ml dello sciroppo)<br />
prevedendo somministrazioni extra al bisogno.<br />
Dopo 24 ore, la dose giornaliera totale<br />
va ridefinita in rapporto alle dosi supplementari<br />
richieste; <strong>per</strong> approssimazioni progressive<br />
si arriva agevolmente al raggiungimento<br />
del risultato analgesico desiderato.<br />
M o rfina a rilascio prolungato <strong>per</strong> os<br />
Il trattamento orale può essere poi
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
proseguito con i discoidi e le capsule a cessione<br />
controllata (MS Contin ® e Skenan ® ) che<br />
hanno un picco di concentrazione più lento<br />
e una durata d’azione più prolungata (12<br />
ore). Tale preparazione è capace di assicurare<br />
una concentrazione plasmatica quasi<br />
costante di morfina. Il 40% della morfina<br />
contenuta nel discoide si rende disponibile<br />
nell’arco di un’ora dall’assunzione e l’80% in<br />
circa 4 ore. Anche <strong>per</strong> questa formulazione<br />
vale il discorso della marcata variabilità del<br />
dosaggio necessario <strong>per</strong> ottenere analgesia,<br />
da un paziente all’altro, legata alla risposta<br />
individuale al farmaco.<br />
I vantaggi possono essere schematizzati così:<br />
è agevole da somministrare (ogni 12 ore ) ;<br />
elimina il disagio della dose notturna;<br />
è bene accetta dal <strong>per</strong>sonale infermieristico;<br />
il paziente la può assumere senza l’intervento<br />
di altre <strong>per</strong>sone;<br />
non presenta effetto-tetto <strong>per</strong> cui è possibile<br />
aumentare la posologia fin quando<br />
c’è bisogno.<br />
Attualmente, la morfina a lento rilascio <strong>per</strong> i<br />
vantaggi offerti rispetto alle altre forme farmaceutiche<br />
sta divenendo uno standard di riferimento.<br />
Nonostante ciò, purtroppo, l’Italia è<br />
uno dei Paesi europei dove si utilizza di meno<br />
la morfina nel dolore da cancro. Si inizia con<br />
un dosaggio di 10-20 mg ogni 12 ore e si<br />
aumenta pro g ressivamente fino a 200 mg ed<br />
o l t re al giorno. La somma totale dei milligrammi<br />
da somministrare può essere raggiunta<br />
facilmente associando i discoidi di vario<br />
dosaggio in commercio (10, 30, 60, 100 mg).<br />
Vie di somministrazione altern a t i v e<br />
alla via orale<br />
In alcune situazioni cliniche caratterizzate<br />
da vomito, disfagia severa, malassorbimento<br />
e confusione mentale, la via orale è<br />
controindicata e devono essere considerate<br />
vie di somministrazione alternative:<br />
via sublinguale;<br />
via sottocutanea;<br />
via transdermica;<br />
via endovenosa;<br />
via rettale;<br />
via spinale.<br />
Oppioidi transdermici: fentanyl-TTS<br />
Le Linee guida indicano il fentanyl<br />
transdermico come una valida alternativa<br />
alla morfina orale, in particolare nei soggetti<br />
che non riescono ad assumere la morfina p e r<br />
o s e che hanno dolore stabilizzato.<br />
Il fentanyl-TTS è meno flessibile della morfina<br />
in quanto:<br />
ha una durata d’azione di tre giorni;<br />
i suoi effetti analgesici non sono immediati,<br />
comparendo dopo 8-16 ore dall’applicazione<br />
del cerotto.<br />
Il fentanyl-TTS (Durogesic ® ) è presente in<br />
commercio con cerotti da 25, 50, 75, 100<br />
mcg/h.<br />
Attenzione alla fase di induzione:<br />
se non era in atto alcuna terapia antalgica<br />
sono necessarie circa 24 ore <strong>per</strong> raggiungere<br />
lo steady state da parte del fentanyl;<br />
utile co<strong>per</strong>tura con oppioidi muagonisti<br />
a rapida azione;<br />
se era già in atto un trattamento con<br />
oppioidi può accadere una fase di “sco<strong>per</strong>tura<br />
analgesica” con una possibile fase<br />
di astinenza; utile ridurre l’oppioide di<br />
partenza fino al raggiungimento dello<br />
steady state del fentanyl.<br />
Fentanyl citrato<br />
Formulazione esclusiva di fentanyl<br />
citrato orale transmucosale (OTFC), <strong>per</strong>mette<br />
un rapido onset analgesico simile alla<br />
PCA ev consentendo al paziente di controllare<br />
il dolore episodico intenso in modo<br />
maneggevole e non-invasivo.<br />
Il fentanyl citrato (Actiq ® ) è utile nel trattamento<br />
dei picchi di dolore acuto in pazienti<br />
già in terapia di mantenimento con un<br />
oppioide <strong>per</strong> il dolore cronico da cancro. Per<br />
picco di dolore acuto s’intende un’esacerbazione<br />
transitoria del dolore che si ha in<br />
aggiunta al dolore <strong>per</strong>sistente controllato.<br />
L’OFTC è concepito <strong>per</strong> la somministrazione<br />
oromucosale e come tale va messo in bocca,<br />
appoggiato contro la guancia, e poi mosso<br />
all’interno della bocca servendosi dell’apposito<br />
applicatore, <strong>per</strong> massimizzare l’esposizione<br />
mucosale al prodotto. Actiq ® va tenuto<br />
in bocca ma non masticato, in quanto l’assorbimento<br />
di fentanyl attraverso la mucosa<br />
123
124<br />
della bocca avviene in modo rapido rispetto<br />
all’assorbimento sistemico attraverso il tratto<br />
gastrointestinale; dev’essere consumato nell’arco<br />
di 15 minuti.<br />
Il fentanyl transmucosale viene applicato a<br />
livello della mucosa orale in quanto quest’ultima<br />
è caratterizzata da:<br />
grande su<strong>per</strong>ficie;<br />
tem<strong>per</strong>atura uniforme;<br />
alta <strong>per</strong>meabilità;<br />
molto vascolarizzata;<br />
assorbimento elevato e rapido: dopo 5<br />
minuti il 62% del farmaco è già disciolto.<br />
La dose iniziale di fentanyl citrato transmucosale<br />
deve essere di 200 microgrammi, con<br />
ulteriori incrementi secondo<br />
necessità, in base ai dosaggi<br />
disponibili (200, 400, 600,<br />
800, 1200 e 1600 mcg).<br />
La dose ottimale si ottiene<br />
quando si off re al<br />
paziente un’adeguata<br />
analgesia con effetti<br />
indesiderati accettabili,<br />
usando una<br />
singola unità poso-<br />
logica <strong>per</strong> ciascun<br />
episodio di picco di<br />
dolore acuto.<br />
Nel corso della ricerc a<br />
della dose ottimale, se entro 15 minuti dall’es<br />
a u r i m e n t o di una singola unità di A c t i q ® d a<br />
parte del paziente non si ottiene un’adeguata<br />
analgesia, è possibile usare una seconda unità<br />
di A c t i q ® di pari concentrazione. Se <strong>per</strong> il trattamento<br />
di episodi consecutivi di dolore episodico<br />
intenso occorre più di una unità posologica<br />
<strong>per</strong> ciascun episodio, considerare un<br />
aumento della dose facendo ricorso alla concentrazione<br />
immediatamente su<strong>per</strong>iore disponibile.<br />
Una volta stabilita la dose ottimale<br />
(ossia quando si riesce a trattare in maniera<br />
e fficace un episodio dolorifico con una singola<br />
unità), mantenere i pazienti a questa dose e<br />
l i m i t a re il consumo di A c t i q ® ad un massimo<br />
di quattro unità al giorn o .<br />
E ffetti collaterali della morf i n a<br />
La prevenzione ed il dominio degli<br />
effetti collaterali da morfina è determinante<br />
<strong>per</strong> il successo della terapia.<br />
OFTC: somministrazione<br />
a livello della mucosa orale.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Stipsi<br />
È il sintomo cui va incontro la stragrande<br />
maggioranza dei pazienti in trattamento<br />
con morfina.<br />
La stitichezza oltre che ad un’azione diretta sui<br />
recettori della parete intestinale è spiegabile<br />
anche in base ad altri fattori come:<br />
riduzione dell’introduzione di cibo e<br />
bevande;<br />
immobilità prolungata;<br />
dolore da defecazione;<br />
aggravamento di una stipsi preesistente;<br />
difficoltà ambientali (ricorso a familiari,<br />
ospedale, ecc.);<br />
Il controllo della stipsi deve<br />
e s s e re attuato adeguatamente<br />
e con continuità<br />
mediante l’assunzione<br />
di sostanze formanti<br />
massa (crusca, cere a l i ,<br />
ecc.), l’assunzione re -<br />
g o l a re di liquidi, con<br />
supposte e clisterini di<br />
glicerina o l’assunzione<br />
di lassativi quali<br />
senna, bisacodile, lattulosio.<br />
Gli unici pazienti<br />
esenti da ques<br />
t ’ e ffetto collaterale sono<br />
quelli affetti da steatorrea ed i colostomizz<br />
a t i .<br />
Nausea<br />
È presente con discreta frequenza, ma<br />
dopo un uso prolungato compare tolleranza.<br />
La terapia antiemetica è efficace specie con<br />
l’uso di 4 mg di ondansetron (Z o f r a n ® ) 3 volte<br />
al giorno, <strong>per</strong> via intramuscolare. In altern a t iva,<br />
si può ricorre re 10 mg di metoclopramide<br />
(P l a s i l ® ) 3 volte al giorno o ad 1 mg di alo<strong>per</strong>idolo<br />
(S e re n a s e ® ) due volte al giorno, tenendo<br />
presente l’attività sedativa. Quando non è<br />
forte è preferibile incoraggiare il paziente a<br />
non usare antiemetici che solitamente possono<br />
accre s c e re la sonnolenza.<br />
Sedazione e sonnolenza<br />
Si verifica in seguito a somministrazioni<br />
di alte dosi o all’accumulo del farmaco. In<br />
questo caso si può tentare di ridurre le dosi.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
In genere dopo alcuni giorni scompare .<br />
Questi effetti possono essere dovuti anche al<br />
“recu<strong>per</strong>o” delle ore di sonno <strong>per</strong>dute dal<br />
paziente, in precedenza, <strong>per</strong> il dolore.<br />
D e p ressione respiratoria<br />
È potenzialmente l’effetto collaterale<br />
più grave ma <strong>per</strong> il quale si sviluppa rapidamente<br />
tolleranza.<br />
In pratica il paziente dimentica di re s p i r a re<br />
( “oblio re s p i r a t o r i o”) non ricevendo lo stimolo<br />
disagevole dell’accumulo di anidride carbonica<br />
e dell’apnea. Basta incitarlo verbalmente <strong>per</strong><br />
r i a v v i a re la respirazione re g o l a re. Ma, in genere,<br />
il dolore oncologico è tale da impedire che<br />
tale effetto collaterale si verifichi e che sia<br />
grave. La terapia dei casi gravi consiste nella<br />
somministrazione di piccole dosi di un’antagonista,<br />
il naloxone (N a rc a n ® ), che sono rapidamente<br />
risolutive. La depressione re s p i r a t o r i a<br />
da buprenorfina non risente dell’uso del<br />
naloxone e può essere curata con un analettico<br />
respiratorio, il doxapram (D o x a p r i l ® ) .<br />
Intossicazione acuta<br />
È improbabile che un paziente in trattamento<br />
con oppioidi possa andare incontro<br />
ad intossicazione acuta. La diagnosi è facile.<br />
Infatti, i caratteristici segni dell’intossicazione<br />
acuta e da sovradosaggio da analgesici<br />
oppioidi (overdose) sono:<br />
depressione respiratoria;<br />
bradicardia;<br />
miosi puntiforme (detta “a capocchia di<br />
spillo”);<br />
coma.<br />
I risultati della terapia con naloxone sono<br />
immediati (pochi minuti).<br />
ALT R I O P P I O I D I<br />
Tr a m a d o l o<br />
Tra gli oppioidi minori si distingue il<br />
tramadolo. È un analgesico ad azione centrale,<br />
sintetico, del gruppo dell’aminocicloesanolo,<br />
con proprietà agoniste sui recettori<br />
degli oppioidi ed effetti sulla neurotrasmissione<br />
noradrenergica e serotoninergica.<br />
Paragonato ad altri agonisti oppioidi (morfina,<br />
petidina), esso mostra una minore incidenza<br />
di depressione card i o respiratoria e ridottissimo<br />
potenziale di dipendenza. Il tramadolo<br />
(C o n t r a m a l ® , Tr a m a l ® ) somministrato <strong>per</strong> via<br />
orale, parenterale o rettale ha dimostrato di<br />
p o s s e d e re una buona efficacia analgesica sul<br />
d o l o re neoplastico. La durata media dell’effetto<br />
analgesico del tramadolo è di circa 6<br />
o re dopo ogni singola dose; l’onset time<br />
dell’effetto analgesico è tra i 10 e i 20<br />
m i n u t i. Viene usato nel dolore neoplastico<br />
<strong>per</strong> via ev, sc, im, rettale ed orale (in gocce o<br />
nella forma sustained re l e a s e) ad una dose di<br />
100 mg/6 ore. È un farmaco quindi molto<br />
maneggevole nel paziente neoplastico ed è<br />
posizionato sul 2° gradino della scala OMS.<br />
Può essere associato validamente ai FA N S<br />
anche in alternativa all’uso degli oppioidi<br />
maggiori in quei casi dove questi ultimi sono<br />
c o n t roindicati (ad esempio in pazienti con<br />
i n s u fficienza respiratoria). Pratica risulta la<br />
somministrazione mediante pompa infusionale<br />
elastomerica che libera il paziente, <strong>per</strong><br />
molti giorni, dalla schiavitù delle somministrazioni<br />
ripetute. Tra gli effetti collaterali del<br />
tramadolo ricordiamo: nausea, vomito, sudorazione,<br />
rush cutanei, tremori, cefalea, confusione,<br />
allucinazioni.<br />
Il vomito si verifica nel 7% dei pazienti e che<br />
viene trattato mediante l’aggiunta in terapia<br />
di metoclopramide o di ondansetron.<br />
C o d e i n a<br />
La codeina, alcaloide naturale dell’oppio<br />
è, dopo l’aspirina, l’analgesico più ampiamente<br />
usato al mondo. Ciò è legato al<br />
fatto che tale farmaco è molto efficace <strong>per</strong> via<br />
orale ed ha una bassa incidenza di dipendenza<br />
fisica anche nei pazienti che l’assumono<br />
<strong>per</strong> lungo <strong>per</strong>iodo di tempo.<br />
Essa rappresenta il secondo gradino della<br />
scala analgesica dell’OMS.<br />
È molto efficace <strong>per</strong> via orale.<br />
Ha la più alta biodisponibilità <strong>per</strong> os tra<br />
<strong>tutti</strong> gli oppioidi poiché i 2/3 della dose<br />
assunta <strong>per</strong> bocca passa in forma attiva<br />
nel sangue.<br />
Nel dolore da cancro è somministrata <strong>per</strong><br />
os ad una dose di 30-60 mg/4-6 h.<br />
Bassa incidenza di dipendenza fisica<br />
anche nei pazienti che l’assumono <strong>per</strong><br />
lunghi <strong>per</strong>iodi di tempo.<br />
125
126<br />
È un prodotto galenico purtroppo non sempre<br />
re<strong>per</strong>ibile, come tale, nelle farmacie. Esiste<br />
attualmente un’associazione di codeina e<br />
p a r a c e t a m o l o (C o e ff e r a l g a n ® ) da utilizzare<br />
appunto quando i soli FANS non sono più eff icaci.<br />
Questa associazione è motivata dalla<br />
s i n e rgia d’azione fra i due principi attivi.<br />
Infatti, la giustificazione terapeutica di associare<br />
un analgesico non-oppioide (paracetamolo)<br />
ad un analgesico oppioide (codeina) è di<br />
a u m e n t a re l’efficacia analgesica agendo su due<br />
siti di azione diversi ma complementari.<br />
La posologia è di 500 mg di paracetamolo + 30<br />
mg di codeina 4 volte al giorn o .<br />
B u p re n o rf i n a<br />
La buprenorfina è un derivato semisintetico<br />
della tebaina. È circa 20-30 volte<br />
più potente della morfina, a parità di milligrammi,<br />
e la durata media d’azione è di circa<br />
6/8 ore. La buprenorfina si è rivelata utile in<br />
diversi tipi di dolore oncologico; gli effetti<br />
collaterali sono molto simili a quelli della<br />
morfina, anche se l’euforia è meno frequente<br />
ed i pazienti appaiono meno sedati che con<br />
la morfina. L’interruzione brusca della buprenorfina<br />
in pazienti dipendenti causa una sindrome<br />
di astinenza di grado moderato, che è<br />
certamente meno severa di quella che si<br />
osserva dopo l’interruzione repentina della<br />
morfina. È utilizzata in somministrazione<br />
<strong>per</strong> via sublinguale alla dose di 0.2-0.4 mg<br />
ogni 6-8 ore, con un’azione analgesica che si<br />
realizza in 15-45 minuti o in fiale da 0.3 mg<br />
<strong>per</strong> via ev. È disponibile il cerotto di buprenorfina<br />
a cessione lenta transcutanea<br />
(Trantec ® , Temgesic ® ) 35, 52,5, 70 mcg/h pari<br />
rispettivamente a 0,8 mg, 1,2 mg, 1,6 mg<br />
nelle 24 ore).<br />
Il cerotto di buprenorfina ha un inizio d’azione<br />
dopo 12-24 ore con una durata d’azione<br />
di 72 ore e raggiunge lo steady state dopo<br />
3 cerotti.<br />
Il cerotto di buprenorfina è indicato:<br />
nel dolore oncologico da moderato a<br />
severo, e nel dolore severo che non<br />
risponde agli analgesici non-oppioidi;<br />
può essere usato nei pazienti con insufficienza<br />
renale in quanto la principale via<br />
di eliminazione è quella biliare.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
O s s i c o d o n e<br />
L’ossicodone cloridrato (OxyContin ® ) a<br />
rilascio prolungato è un oppioide forte, derivato<br />
semisintetico della tebaina, con affinità<br />
<strong>per</strong> i recettori mu, kappa e delta del cervello<br />
e del midollo spinale.<br />
L’ e ffetto terapeutico è principalmente<br />
analgesico, ansiolitico e sedativo.<br />
Ha un rilascio bifasico controllato (iniziale<br />
nei primi 37 minuti ed il resto dopo<br />
6 ore circa).<br />
Assenza di “effetto tetto”.<br />
Per os l’ossicodone è circa 7-9,5 volte più<br />
potente della codeina e 2 volte più potente<br />
della morfina (10 mg di morfina orale<br />
sono equivalenti a 5 mg di ossicodone).<br />
Biodisponibilità più prevedibile della<br />
morfina (12-65% morfina vs 60-87%<br />
ossicodone).<br />
È metabolizzato a livello epatico dal citocromo<br />
P 450 in ossimorfone privo di<br />
effetto farmacologico.<br />
La dose iniziale raccomandata di ossicodone<br />
è di 10 mg ogni 12 ore, che può<br />
essere aumentata del 25-50% giornalmente.<br />
Non producendo metaboliti attivi, a differenza<br />
della morfina, può essere un’alternativa<br />
in caso di insufficienza renale<br />
da lieve a moderata e di insufficienza<br />
epatica, ma il dosaggio dev’essere ridotto<br />
da 1/3 ad 1/2 della dose abituale.<br />
Di seguito (Tabella 3) vengono indicate le<br />
principali posologie degli oppioidi utili nel<br />
dolore da cancro.<br />
FA R M A C I A D I U VA N T I<br />
Con questo termine è indicato un<br />
gruppo eterogeneo di farmaci non analgesici,<br />
diversi <strong>per</strong> struttura e meccanismo d’azione,<br />
che vengono impiegati nel dolore da cancro.<br />
Essi sono ado<strong>per</strong>ati come co-analgesici in<br />
determinati tipi di dolore, nel trattamento di<br />
alcuni sintomi che frequentemente si presentano<br />
nei pazienti oncologici e nel controllo<br />
della componente psico-affettiva e comportamentale<br />
frequentemente alterata nel paziente<br />
con dolore da cancro.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
B e n z o d i a z e p i n e<br />
Le benzodiazepine sono chiamate<br />
anche tranquillanti minori. Tra i quattro tipici<br />
effetti: miorilassante, anticonvulsivante,<br />
sedativo ed ansiolitico è quest’ultimo quello<br />
che è maggiormente sfruttato nel cancro.<br />
L’abolizione dell’ansia porta, di conseguenza,<br />
ad un maggior rilassamento che facilita il<br />
sonno. L’insonnia presente in questi malati è<br />
dovuta all’ansia, alla paura di morire durante<br />
il sonno, al dolore, alla dispnea ed ad altri<br />
fattori. Così come il dolore induce l’ansia,<br />
l’ansia può contribuire all’incremento di<br />
livello di dolore. Si deve sempre tenere presente<br />
che le benzodiazepine, come ogni farmaco<br />
che deprime il SNC, può aumentare la<br />
sedazione e la depressione respiratoria da<br />
oppioidi. Esse possono essere utilizzate con<br />
tranquillità nel trattamento del dolore oncologico,<br />
sia <strong>per</strong> la costanza dei risultati clinici,<br />
ma anche <strong>per</strong>ché dotate di grande maneggevolezza<br />
(ampio margine d’azione tra dose<br />
terapeutica e dose tossica). Può essere somministrata<br />
una dose serale di 5-10 mg di diazepam<br />
<strong>per</strong> via orale. I comuni effetti collaterali<br />
delle benzodiazepine includono debolezza,<br />
cefalea, visione alterata, vertigini, nausea,<br />
vomito e diarrea.<br />
A n t i d e p ressivi triciclici<br />
È questa un’altra categoria di farmaci<br />
ado<strong>per</strong>ati di frequente nel controllo del dolore<br />
da cancro. Infatti, poco meno di un terzo<br />
dei pazienti con dolore oncologico soffre di<br />
Tabella 3. Posologia degli oppioidi.<br />
Farmaco Specialità Via Dose media<br />
Tramadolo Contramal os, im, ev 100 mg/6h<br />
Codeina – os 30-60 mg/4-6h<br />
Morfina a cessione<br />
controllata<br />
MS-Contin - Skenan os 20-200 mg/12h<br />
Morfina – os 5-40 mg/4h<br />
Morfina – sc o im 1/3-1/4 dosi <strong>per</strong> os<br />
Morfina – ev continua 0,04-0,07 mg/kg/h<br />
Buprenorfina Temgesic - Transtec sl 0,2-0,4 mg/6-8h<br />
Buprenorfina Temgesic - Transtec im 0,3-0,6 mg/6-8h<br />
Buprenorfina Temgesic - Transtec ev idem<br />
Osicodone OxyContin os<br />
depressione concomitante.<br />
Le tre azioni maggiori <strong>per</strong> le quali gli antidep<br />
ressivi triciclici possono essere sfruttati<br />
sono:<br />
elevazione dell’umore;<br />
attività analgesica nelle neoplasie con<br />
danno dei nervi;<br />
sedazione.<br />
L’amitriptilina viene data in dose unica serale<br />
in dosaggio variabile dai 10 ai 25 mg.<br />
Questo dosaggio può essere aumentato gradualmente<br />
fino 50-75 mg. Gli effetti collaterali<br />
sono di tipo anticolinergico: bocca secca,<br />
tachicardia, alterazione della visione, ritenzione<br />
urinaria, con una variabilità d’incidenza<br />
e gravità a seconda dei farmaci.<br />
A n t i c o n v u l s i v a n t i<br />
I farmaci anticonvulsivanti come la<br />
carbamazepina ( Te g re t o l ® ), possono essere<br />
particolarmente utili nel trattamento di certi<br />
tipi di dolore correlati al danno dei nervi.<br />
Con questo farmaco possono essere alleviati<br />
o aboliti i dolori associati con invasione neoplastica<br />
dei nervi, con neuropatia, con alcune<br />
sindromi di dolore centrale o con le sindromi<br />
di dolore post-amputazione. La dose<br />
iniziale di carbamazepina è di 100 mg al<br />
giorno e proseguendo con incrementi fino ad<br />
un massimo di 400 mg.<br />
I più comuni effetti collaterali sono nausea,<br />
vomito, vertigini e sonnolenza.<br />
127
128<br />
C o r t i c o s t e roidi<br />
Questi farmaci possono essere utilizzati<br />
nella cura del dolore da cancro <strong>per</strong> la<br />
loro attività analgesica, antiinfiammatoria,<br />
come stimolanti l’appetito e <strong>per</strong> migliorare il<br />
tono dell’umore.<br />
Essi sono particolarmente ado<strong>per</strong>ati anche in<br />
specifiche situazioni cliniche quali:<br />
compressione del midollo spinale;<br />
cefalea da incremento della pressione<br />
intracranica;<br />
<strong>per</strong> aumentare la distensione del fegato<br />
nei tumori epatici;<br />
oppure <strong>per</strong> il controllo di alcuni sintomi:<br />
anoressia;<br />
malessere;<br />
sudorazione notturna.<br />
Sono indicati 4 mg di desametazone 3 volte<br />
al giorno o 10 mg di prednisolone 3 volte al<br />
giorno, che vanno ridotti dopo una settimana,<br />
ad una dose di mantenimento. L’aumento<br />
del peso corporeo ed il gonfiore da ritenzione<br />
idrica, specie del volto, possono giocare<br />
un ruolo psicologico importante nel paziente<br />
defedato.<br />
Tra i molteplici effetti secondari quelli da<br />
tener presente sono la facilità di sviluppare<br />
candidosi orofaringea (dolori alla deglutizione),<br />
l’insonnia frequente, il rischio di sanguinamento<br />
e di ulcerazioni gastriche, l’i<strong>per</strong>glicemia<br />
nei pazienti diabetici.<br />
Inconveniente di rilievo è la controindicazione<br />
(non assoluta in questo tipo di pazienti)<br />
all’uso contemporaneo dei FANS <strong>per</strong> il possibile<br />
aumento degli effetti collaterali.<br />
Altre modalità terapeutiche<br />
Un numero limitato di pazienti non<br />
risponde alle terapie analgesiche di base<br />
indicate in precedenza <strong>per</strong> cui si re n d e<br />
necessario il ricorso a tecniche specialistiche<br />
di tipo invasivo.<br />
Anche se il medico di base non è interessato<br />
in prima <strong>per</strong>sona a tali metodiche è<br />
importante che egli conosca almeno sommariamente<br />
quali sono le principali.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Molto in voga negli anni precedenti le<br />
tecniche neurolitiche midollari e le tecniche<br />
neurochirurgiche <strong>per</strong> il controllo del dolore<br />
neoplastico stanno avendo un calo d’interesse<br />
sia <strong>per</strong> le difficoltà organizzative, sia <strong>per</strong>chè<br />
non sempre completamente efficaci, sia<br />
<strong>per</strong>chè irreversibili.<br />
Tra le tecniche invasive, da anni si è<br />
affermata, <strong>per</strong> la relativa faciltà di gestione<br />
l’analgesia <strong>per</strong>idurale continua.<br />
Essa consiste nel collocare nello spazio<br />
<strong>per</strong>idurale lombare o dorsale, un piccolo<br />
catetere (del calibro di un ago da iniezione)<br />
attraverso il quale si somministrano quotidianamente<br />
dosi opportune di anestetici<br />
locali e/o di oppioidi, quali la morfina e la<br />
buprenorfina.<br />
I vantaggi di questa tecnica sono essenzialmente<br />
queste:<br />
i farmaci vengono somministrati, in<br />
quantità ridotte, direttamente sulle vie<br />
del dolore;<br />
si tratta di una tecnica reversibile;<br />
è un procedimento discretamente semplice,<br />
pur se riservato allo specialista in<br />
terapia antalgica.<br />
Una migliore riuscita dell’analgesia <strong>per</strong>idurale<br />
continua è quando si attua il completo<br />
impianto sottocutaneo del cateterino e del<br />
suo accesso <strong>per</strong>forabile, che non è visibile,<br />
ma avvertibile al tatto.<br />
In pratica, il paziente riceve le dosi di farmaco<br />
mediante la puntura della cute sotto cui è<br />
sistemato l’accesso del cateterino collegato<br />
allo spazio <strong>per</strong>idurale.<br />
L’impianto è eseguito da <strong>per</strong>sonale es<strong>per</strong>to ed<br />
in ambiente ospedaliero, in breve tempo e<br />
con minimo disagio <strong>per</strong> il paziente, non<br />
necessitando di ricovero.<br />
I rifornimenti quotidiani di anestetico<br />
locale di lunga durata come la ro p i v acaina<br />
(N a ro p i n a ® ) in aggiunta o meno ad<br />
oppioidi sono facilmente gestibili da infermieri<br />
o anche da familiari adeguatamente<br />
a d d e s t r a t i .<br />
In alternativa è possibile l’infusione<br />
continua di farmaco mediante l’impiego di<br />
un sistema elastomerico monouso ed economico.
Scripta M E D I C A<br />
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131
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Dermatite allergica da contatto del volto<br />
e cosmetici.<br />
Alessia Provini, Ornella De Pità<br />
I n t r o d u z i o n e<br />
Il desiderio dell’uomo di accre s c e re la<br />
p ropria bellezza e migliorare il proprio aspetto<br />
fisico, soprattutto del volto, è noto da tempi<br />
lontanissimi, come vediamo dalle testimonianze<br />
lasciateci sin dagli egizi e dai romani.<br />
Oggi nella società moderna tal richiesta è<br />
molto forte, con la conseguenza che si pro d ucono<br />
continuamente nuovi cosmetici. Mentre<br />
in passato l’utilizzo era pressoché esclusivo del<br />
sesso femminile, oggi s’assiste ad un cre s c e n t e<br />
m e rcato destinato non solo agli uomini ma talvolta<br />
anche all’infanzia. Il risultato è che oggi<br />
si verifica un aumento delle reazioni avverse<br />
secondarie all’uso di cosmetici.<br />
Secondo uno studio recente condotto nel<br />
Regno Unito, il 23% delle donne e il<br />
13,8% degli uomini, nel corso<br />
di un anno, ha s<strong>per</strong>imentato<br />
almeno una reazione avversa<br />
a un cosmetico.<br />
Fra tutte le reazioni avverse,<br />
le dermatiti allerg i c h e<br />
da contatto vere e pro p r i e<br />
r a p p resentano una minima<br />
parte del problema, incidendo<br />
<strong>per</strong> meno del 10% dei<br />
casi. Più spesso si tratta invece<br />
di fenomeni irritativi. La dermatite<br />
allergica da contatto è il risultato<br />
di una reazione immunologica<br />
mediata dai<br />
linfociti T dopo una<br />
fase precedente di sensibilizzazione.<br />
Dalla<br />
fase iniziale acuta, se<br />
non si interro m p e<br />
IDI, IRCCS, Roma<br />
l’applicazione, si passa gradatamente a quella<br />
subacuta con frequenti recidive, fino all’evoluzione<br />
verso la cronicizzazione.<br />
C l i n i c a<br />
La dermatite allergica del volto secondaria<br />
all’utilizzo di un cosmetico si manifesta<br />
clinicamente come una dermatite eczematosa,<br />
che può pre s e n t a re <strong>per</strong>ò degli aspetti particolari.<br />
Data l’anatomia di questa sede, spesso<br />
si hanno quadri floridi con pre v a l e n z a<br />
della vescicolazione, dell’edema e dell’essudazione;<br />
in alcuni casi si assiste ad un’estensione<br />
alle aree vicine, come il collo e le ore cchie,<br />
e talvolta al contemporaneo interessamento<br />
di altre sedi, come ad<br />
esempio le mani.<br />
Possono aversi anche delle<br />
manifestazioni indirette, come<br />
una dermatite dell’are a<br />
p e r i o c u l a re secondaria all’utilizzo<br />
di smalto <strong>per</strong> unghie;<br />
oppure delle re a z i o n i<br />
secondarie all’azione di<br />
sostanze volatili non intenzionalmente<br />
applicate sul<br />
volto (profumi, deodoranti,<br />
vapori…).<br />
Il quadro clinico dipende, oltre che<br />
dalla sede, dal tipo di cosmetico, dalla<br />
quantità e dal grado di i<strong>per</strong>sensibilità del<br />
p a z i e n t e .<br />
I n o l t re i cosmetici che <strong>per</strong>mangono<br />
a diretto contatto<br />
con la cute ( l e a v e - o n ) s o n o<br />
quelli maggiormente responsabili<br />
di reazioni allergiche<br />
rispetto a quelli a<br />
133 1
134<br />
risciacquo. Il rischio aumenta se il cosmetico è<br />
applicato su cute lesa o non <strong>per</strong>fettamente<br />
i n t e g r a .<br />
Una dermatite allergica da contatto si sospetta<br />
secondaria all’utilizzo di un cosmetico se<br />
insorge in stretta relazione temporale con<br />
l’applicazione e se si escludono altre condizioni<br />
come ad esempio delle patologie concomitanti<br />
o l’uso di alcuni farmaci.<br />
Inoltre alla sospensione dovrà seguire un<br />
miglioramento clinico che non si avrà se il<br />
prodotto continuerà ad essere applicato.<br />
A l l e r g e n i<br />
Le indagini allergologiche, ed in partic<br />
o l a re i patch test <strong>per</strong>mettono di individuare<br />
gli allergeni coinvolti. Le principali cause di<br />
dermatiti allergiche da contatto da cosmetico<br />
sono rappresentate dai metalli, dai profumi e<br />
dai conserv a n t i .<br />
Tra i metalli, il nichel è spesso in causa nell<br />
’ i n s o rgenza di una dermatite allergica da contatto.<br />
Nelle donne è la principale causa, con<br />
una <strong>per</strong>centuale del 20-40% rispetto al 3-5%<br />
degli uomini. L’ a l l e rgia da contatto al nichel<br />
solitamente è causata dall’utilizzo di bigiotteria,<br />
capi di abbigliamento ed oggetti metallici<br />
come gli orologi e gli occhiali. Il principale<br />
evento sensibilizzante sembra essere la foratura<br />
delle orecchie <strong>per</strong> l’utilizzo di ore c c h i n i .<br />
Infatti ogni donna con sensibilità al nichel ha<br />
avuto una dermatite al lobo dell’orecchio <strong>per</strong><br />
aver utilizzato oggetti nichelati. Tracce di<br />
nichel, oltre a quelle di altri metalli, possono<br />
r i t rovarsi anche nei cosmetici e in particolare<br />
in quelli contenenti pigmenti come i pro d o t-<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
ti utilizzati <strong>per</strong> finalità decorative. I pro f u m i<br />
sono un insieme di sostanze odorose pre s e nti<br />
in numerosi prodotti sia <strong>per</strong> pro f u m a re che<br />
<strong>per</strong> coprire eventuali odori sgradevoli e si<br />
r i t rovano comunemente nella composizione<br />
dei cosmetici.<br />
Le concentrazioni sono molto diverse e variano<br />
nelle diff e renti preparazioni; di solito è del<br />
12-20% nei profumi propriamente detti, del<br />
5-8% nell’acqua di toeletta, del 2-5% nell’acqua<br />
di colonia, dello 0,5-4% nei deterg e n t i ,<br />
dell’1% nei prodotti <strong>per</strong> il m a k e - u p del volto<br />
e nei l i p s t i c k, dello 0,5% in <strong>tutti</strong> gli altri<br />
cosmetici. I profumi, oltre a trovarsi comunemente<br />
nei cosmetici e nei prodotti <strong>per</strong> l’igiene<br />
<strong>per</strong>sonale, si trovano anche nei pro d o t t i<br />
<strong>per</strong> la pulizia domestica, nelle bevande, nei<br />
cibi, oltre che nei disinfettanti e nei medicamenti.<br />
Oggi vengono utilizzate dall’industria<br />
migliaia di molecole profumate, più spesso in<br />
combinazione tra loro, così che un pro f u m o<br />
da solo può contenere anche centinaia di<br />
molecole diff e re n t i .<br />
Per evidenziare un’allergia ai profumi viene<br />
impiegato nei patch test il cosiddetto “ p ro f u m i<br />
m i x”, introdotto da L a r s e n alla fine degli anni<br />
settanta, costituito da una miscela di 8 componenti.<br />
Questa miscela da sola è in grado di<br />
i d e n t i f i c a re la maggior parte dei pazienti all<br />
e rgici ai profumi ma non può rappre s e n t a re<br />
adeguatamente tutte le molecole presenti in<br />
un cosmetico o ancora di più in un pro f u m o<br />
v e ro e pro p r i o .
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Per ovviare a questa situazione, L a r s e n d i<br />
recente ha suggerito di sostituirlo con l’aldeide<br />
alfa-amil cinnamica, dotata di basso potere<br />
sensibilizzante, con il Ly r a l.<br />
Secondo l’Autore tale miscela dovrebbe essere<br />
testata in associazione con una serie di sostanze<br />
naturali (jasmin assoluto, olio di ylangylang,<br />
narciso assoluto, olio di spearmint).<br />
Infatti l’aumentato utilizzo di sostanze naturali<br />
ed estratti botanici presenti negli ultimi anni<br />
nei cosmetici ha incrementato il rischio di sensibilizzazioni<br />
e co-reattività. Inoltre ad oggi<br />
come indicatore di allergia ai profumi si utilizza<br />
ancora il balsamo del Perù, un estratto naturale<br />
di origine vegetale utilizzato da molti anni<br />
nelle serie di patch test.<br />
Dopo i metalli e i profumi, i conserv a n t i ,<br />
anche noti come biocidi o pre s e rvanti, sono le<br />
sostanze che più frequentemente determinano<br />
una dermatite allergica da contatto. Si tratta di<br />
un insieme di sostanze che, aggiunte ai cosmetici,<br />
ne prevengono il deterioramento e la contaminazione.<br />
La maggior parte di essi possiede un’azione<br />
a n t i m i c robica e antimicotica ed alcuni sono<br />
anche dotati di potere antiossidante.<br />
Possono essere utilizzati singolarmente o in<br />
combinazione tra di loro sfruttandone l’azione<br />
s i n e rgica; le concentrazioni in genere sono<br />
variabili dallo 0,1 all’1%.<br />
Dato il loro vasto impiego rappresentano oggi<br />
un’importante causa di dermatite allergica da<br />
contatto, ma la prevalenza delle sensibilizzazioni<br />
non è <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> uguale.<br />
Secondo alcuni Autori, alcuni conserv a n t i<br />
come l’Euxyl K400, il Kathon CG e la formaldeide<br />
hanno un alto potere sensibilizzante,<br />
m e n t re altri (imidazolinilurea, Q u a t e rnium 15<br />
e parabeni) possono essere considerati più<br />
sicuri.<br />
I diff e renti risultati presenti in letteratura circ a<br />
le sensibilizzazioni rispecchiano il diff e re n t e<br />
utilizzo che si fa di tali sostanze nei vari paesi.<br />
L’Euxyl K 400 è un conservante introdotto nel<br />
m e rcato europeo nella metà degli anni ottanta<br />
ed è costituito da una miscela (1:4) di metild<br />
i b ro m o g l u t a ronitrile e enossietanolo.<br />
È impiegato nei cosmetici in concentrazioni<br />
variabili dallo 0,05% allo 0,2% nei cosmetici,<br />
ma è utilizzato anche come pre s e rvante della<br />
carta igienica e in alcuni prodotti industriali.<br />
I primi casi di allergia furono segnalati in<br />
Germania nel 1989 dopo l’utilizzo di alcune<br />
lozioni <strong>per</strong> capelli e <strong>per</strong> massaggi. L’ a l l e rg e n e<br />
in causa era il metildibro m o g l u a t a ro n i t r i l e .<br />
In seguito furono segnalati altri casi anche<br />
dopo l’utilizzo di creme contorno occhi,<br />
make-up, creme barriera, detergenti e gel <strong>per</strong><br />
ultrasuoni.<br />
Il paziente allergico all’Euxyl K 400 è spesso di<br />
sesso femminile con una dermatite secondaria<br />
all’utilizzo di cosmetici con lesioni al volto, in<br />
p a r t i c o l a re dell’area <strong>per</strong>ioculare, al collo o alle<br />
mani, oppure può essere un paziente con una<br />
dermatite professionale delle mani come nei<br />
parrucchieri e nei massaggiatori.<br />
Negli ultimi anni la sensibilizzazione a questo<br />
c o n s e rvante è in forte crescita passando dallo<br />
0,7% del 1991 al 3,5% del 2000, come evidenziato<br />
in alcune nazioni euro p e e .<br />
L’aumento segnalato procede parallelamente al<br />
suo ampio utilizzo in sostituzione di altri pres<br />
e rvanti risultati più allergizzanti, come ad<br />
esempio il Kathon CG. Questo è un conserv a nte<br />
di vasto impiego, largamente utilizzato negli<br />
ultimi 20 anni come conservante della parte<br />
solubile dei cosmetici. È costituito da una<br />
miscela di metilisotiazolinone e di metilcoro isotiazolinone.<br />
L’i n c remento del suo utilizzo è<br />
legato all’elevato potere antimicrobico, anche a<br />
basse concentrazioni, e al basso costo. Si tro v a<br />
in molti cosmetici, quali creme, lozioni, detergenti,<br />
prodotti <strong>per</strong> capelli e antisolari, ma solo<br />
nei prodotti a risciacquo. Dato l’elevato potere<br />
sensibilizzante è stato pro g ressivamente sostituito<br />
da altri conservanti e <strong>per</strong>tanto i tassi di<br />
p revalenza si vanno riducendo.<br />
Gli esteri dei parabeni sono conservanti molto<br />
d i ffusi, con un’attività limitata <strong>per</strong>ò ai Gram+ e<br />
ai miceti e con un basso potere sensibilizzante.<br />
Sono responsabili di allergia da contatto in una<br />
bassa <strong>per</strong>centuale di casi, e la maggior parte<br />
dei casi di sensibilizzazione deriva dal loro<br />
impiego nei farmaci ad uso topico applicati su<br />
cute lesa. La frequenza delle reazioni allergiche<br />
ai parabeni, come emerge dalla letteratura,<br />
è sicuramente bassa, confermandoli tra i<br />
più sicuri in uso.<br />
La formaldeide è un allergene ubiquitario ad<br />
alto potere sensibilizzante, impiegato dall’industria<br />
solo nei prodotti a risciacquo, date le<br />
limitazioni delle normative europee. Le fonti<br />
135
136<br />
di sensibilizzazione possono essere di tre tipi:<br />
sostanze conservate con formaldeide libera,<br />
sostanze contenenti liberatori di formaldeide<br />
( b ronopol, Q u a t e rnium 15, imidazolinlure a ,<br />
d i a z o l i n i l u rea, dimetilol-dimetil-idantoina) e<br />
resine formaldeidiche. Anche in questo caso<br />
molte reazioni allergiche dipendono dall’applicazione<br />
di farmaci topici su cute lesa. Inoltre i<br />
pazienti allergici ai conservanti spesso sono<br />
a l l e rgici anche ad altri componenti dei cosmetici<br />
come i profumi e il nichel.<br />
Tr a t t a m e n t o<br />
Il trattamento di un eczema allergico da<br />
contatto del volto implica, prima di qualsiasi<br />
a l t ro provvedimento, l’interruzione del contatto<br />
con l’allergene responsabile. Nei casi acuti e<br />
più gravi è utile il ricorso alla terapia cortisonica<br />
<strong>per</strong> via generale <strong>per</strong> facilitare la risoluzione<br />
della sintomatologia. Notevole importanza<br />
riveste la terapia topica, che vede l’utilizzo<br />
degli steroidi scegliendo di volta in volta la<br />
classe, la formulazione e le modalità di applicazione.<br />
Nelle forme essudanti saranno indicati<br />
impacchi umidi, paste assorbenti e l’impiego<br />
di creme magre, mentre le forme cro n i c h e<br />
richiederanno formulazioni più grasse ed idratanti.<br />
In alcuni casi occorre contro l l a re un’eventuale<br />
impetiginizzazione secondaria all’utilizzo<br />
di antibiotici.<br />
Come regola è sempre molto importante sceg<br />
l i e re dei topici che non contengano nella<br />
l o ro formulazione una o più sostanze re s p o nsabili<br />
dell’eczema stesso (<strong>per</strong> esempio un<br />
c o n s e rvante).<br />
C o n c l u s i o n i<br />
Nonostante le dermatiti allergiche del<br />
volto rappresentino sola una piccola parte di<br />
tutte le reazioni che possono derivare dall’uso<br />
di un cosmetico, il crescente consumo fa sì che<br />
queste debbano essere prontamente riconosciute<br />
e trattate dallo specialista.<br />
I n o l t re tali dermatiti possono risultare estremamente<br />
invalidanti <strong>per</strong> il paziente, <strong>per</strong>c h é<br />
spesso danno luogo a reazioni clinicamente<br />
molto intense e difficili da trattare. Inoltre<br />
Scripta M E D I C A<br />
richiedono l’interruzione dell’applicazione del<br />
cosmetico e la ricerca di prodotti altern a t i v i ,<br />
situazione non sempre facilmente re a l i z z a b i l e .<br />
Al fine di ridurre il rischio allergizzante di<br />
alcuni cosmetici occorre una stretta collaborazione<br />
tra gli specialisti e l’industria. Gli scopi<br />
principali sono la diminuzione della concentrazione<br />
delle frazioni allergiche, l’eliminazione<br />
delle sostanze a provata capacità sensibilizzante<br />
ed infine la ricerca costante di sostanze<br />
s e m p re più sicure nel rispetto della gradevolezza<br />
del pro d o t t o .<br />
Letture consigliate<br />
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Tratto da Omnia Medica 1/2007
Scripta M E D I C A<br />
Introduzione<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />
approccio diagnostico-terapeutico.<br />
Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari, Vincenzo De Sanctis*<br />
Le affezioni mammarie riscontrabili<br />
nelle adolescenti comprendono un gruppo<br />
eterogeneo di patologie; le più frequenti<br />
sono secondarie a difetti di sviluppo della<br />
ghiandola (1).<br />
Al contrario di quanto accade nell’adulto,<br />
poca attenzione viene usualmente riservata a<br />
queste malattie durante l’adolescenza. In<br />
considerazione di ciò, riportiamo una revisione<br />
delle patologie mammarie di più frequente<br />
osservazione nell’età adolescenziale.<br />
Anomalie di forma, volume<br />
e numero<br />
Amastia ed atelia<br />
L’assenza della ghiandola mammaria,<br />
amastia, deriva dalla completa regressione<br />
della cresta mammaria. È un’anomalia estremamente<br />
rara, solitamente unilaterale. Si<br />
associa, in genere, ad altre malformazioni<br />
della parete toracica, come accade <strong>per</strong> esempio<br />
nella sindrome di Poland (aplasia dei<br />
muscoli pettorali, deformità toraciche, sindattilia,<br />
aplasia del nervo radiale ed amastia).<br />
Con atelia si intende l’assenza di uno o di<br />
entrambi i capezzoli; è anch’essa una condizione<br />
di rara osservazione (2).<br />
Entrambe le anomalie richiedono correzione<br />
chirurgica.<br />
Ipoplasia mammaria<br />
Non esiste una precisa definizione di<br />
Scuola di Specializzazione in Pediatria<br />
Università degli Studi di Ferrara<br />
* U.O. di Pediatria ed Adolescentologia<br />
Arcispedale S. Anna di Ferrara<br />
deficitario sviluppo mammario, in quanto le<br />
dimensioni delle mammelle variano notevolmente<br />
da soggetto a soggetto e dipendono<br />
<strong>per</strong> lo più da fattori genetici (2, 3).<br />
Una scarsa crescita mammaria è di maggiore<br />
riscontro nelle ragazze alte e magre; in questi<br />
casi è possibile un’associazione con il prolasso<br />
della valvola mitrale, che quindi va<br />
indagato (Figura 1).<br />
L’ipoplasia mammaria può essere secondaria<br />
ad anoressia nervosa, disfunzioni ovariche<br />
primitive e secondarie, sindrome surrenogenitale,<br />
tumori androgeno-secernenti.<br />
Una terapia radiante della parete toracica<br />
durante l’infanzia (ad es. <strong>per</strong> emangioma) o<br />
un trauma (ad es. un’estesa ustione) possono<br />
causare uno scarso sviluppo della ghiandola.<br />
Figura 1. Ipoplasia della ghiandola mammaria in<br />
una adolescente di 17 anni con prolasso della<br />
m i t r a l e .<br />
( V. De Sanctis, o s s e r vazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />
137 1
138<br />
Figura 2. Atrofia mammaria in una ragazza di 15<br />
anni con artrite reumatoide giova n i l e . La raga z z a<br />
era re golarmente mestruata.<br />
( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />
Generalmente uno scarso volume mammario<br />
non interferisce con la possibilità di allattamento.<br />
Il grado di accettazione dello svilup-<br />
Figura 3. Asimmetria mammaria in una ragazza di<br />
16 anni.<br />
( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
po mammario raggiunto è principalmente<br />
legato a fattori socio-culturali.<br />
Un intervento di chirurgia plastica può essere<br />
preso in considerazione nelle ragazze psicologicamente<br />
disturbate da tale condizione.<br />
A t rofia mammaria<br />
L’ a t rofia mammaria è di raro riscontro<br />
nell’adolescente e nella maggior parte dei casi<br />
è secondaria a severa <strong>per</strong>dita di peso, come si<br />
verifica in caso di anoressia nervosa o di patologie<br />
croniche sistemiche (Figura 2).<br />
Altre cause di atrofia mammaria includono<br />
l’ipoestrogenismo e le sindromi virilizzanti<br />
(2, 3). Anche la sclerodermia può portare ad<br />
alterazioni mammarie di tipo atrofico.<br />
La terapia consiste nel trattamento della<br />
malattia di base.<br />
Asimmetria mammaria<br />
Un’asimmetria mammaria è comune,<br />
i n t e ressando circa il 25% delle ragazze<br />
(Figura 3). Può essere fisiologica, <strong>per</strong> esempio<br />
durante lo sviluppo puberale (Figura 4),<br />
oppure secondaria a ipoplasia o i<strong>per</strong>plasia<br />
unilaterale. Va esclusa la presenza di una<br />
massa tumorale interessante una delle due<br />
mammelle, così come un storia di trauma o<br />
segni di infezione in atto (4).<br />
Figura 4. Asimmetria mammaria in una ragazza di<br />
<strong>11</strong> anni, in fase iniziale di maturazione puberale.<br />
( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Alterazioni della gabbia toracica (scoliosi di<br />
grado severo, pectus excavatum) possono<br />
causare una psedo-asimmetria.<br />
L’intervento chirurgico viene considerato in<br />
caso di importante e <strong>per</strong>sistente asimmetria.<br />
M a c romastia<br />
ed i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile<br />
L’i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile è un<br />
disturbo benigno, relativamente raro, caratterizzato<br />
da un rapido e massivo aumento del<br />
volume mammario durante la pubertà. Può<br />
e s s e re mono o bilaterale. Nelle adolescenti<br />
un’importante macromastia può causare<br />
disturbi fisici, tra cui lombalgia e cifosi posturale,<br />
e soprattutto disagio psicologico (3).<br />
L’eziologia dell’i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile<br />
è sconosciuta. Solitamente si presenta in<br />
maniera sporadica, ma esistono anche casi<br />
familiari.<br />
I livelli di FSH, LH ed estradiolo sono generalmente<br />
nella norma. È stata ipotizzata come<br />
causa scatenante un’aumentata sensibilità dei<br />
tessuti mammari agli estrogeni circolanti.<br />
L’esame istologico del tessuto bioptico ha<br />
mostrato come la proliferazione cellulare<br />
interessi sia lo stroma connettivale che le<br />
strutture ghiandolari.<br />
La diagnosi differenziale, nelle forme monolaterali,<br />
dovrà prendere in considerazione il<br />
fibroadenoma gigante, il tumore filloide e le<br />
malattie infiammatorie della mammella. I<br />
tumori maligni come il linfoma, il sarcoma o<br />
le metastasi sono invece estremamente rari<br />
durante l’età adolescenziale.<br />
La riduzione mammoplastica è il trattamento<br />
d’elezione. Va eseguita in tarda adolescenza<br />
così da <strong>per</strong>mettere uno sviluppo mammario<br />
completo. In considerazione della tendenza<br />
alla recidiva, viene consigliato da alcuni<br />
Autori un trattamento farmacologico con<br />
tamoxifene (un antagonista dei re c e t t o r i<br />
estrogenici) <strong>per</strong> circa 8-12 settimane dopo la<br />
riduzione chirurgica (1).<br />
Mammelle a tubero<br />
La mammella a tubero è una variante<br />
dello sviluppo mammario (1-4). In questi<br />
casi l’impianto della mammella è ristretto in<br />
senso verticale ed orizzontale (tipo 1) o solo<br />
in senso orizzontale (tipo 2) ed il complesso<br />
Figura 5. Mammella “a tubero” in una adolescent<br />
e . Questa anomalie si associa a disvolumetria<br />
m a m m a r i a .<br />
( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />
areola-capezzolo è sporgente ed eccessivamente<br />
sviluppato (aspetto a “tubero”). Il tessuto<br />
mammario, ipoplasico, è erniato in sede<br />
areolare (Figura 5).<br />
L’intervento chirurgico è indicato in caso di<br />
gravi disturbi psicologici conseguenti a tale<br />
anomalia e va rinviato fino al completamento<br />
dello sviluppo mammario.<br />
Polimastia e politelia<br />
Mammelle sovrannumerarie (p o l i m a -<br />
s t i a) e capezzoli sovrannumerari (p o l i t e l i a) non<br />
sono di comune osservazione nella pratica<br />
p rofessionale. Si riscontrano lungo il decorso<br />
delle primitive creste mammarie, tra l’ascella e<br />
l’inguine, e sono, di solito, asintomatici (3).<br />
L’eziologia di queste anomalie sembra risiedere<br />
in un fallimento della normale regressione<br />
della cresta mammaria, probabilmente<br />
secondario ad una mancata espressione del<br />
gene regolatore di questo processo.<br />
Esiste un’associazione tra queste anomalie e<br />
malformazioni del sistema cardiovascolare<br />
ed urinario.<br />
L’escissione chirurgica delle mammelle e dei<br />
capezzoli accessori è indicata nelle pazienti<br />
139
140<br />
sintomatiche (dolore, secrezione dal capezzolo<br />
sovrannumerario o presenza di una<br />
massa a livello del tessuto mammario ectopico)<br />
o <strong>per</strong> motivi estetici.<br />
Inversione del capezzolo<br />
L’inversione del capezzolo è caratterizzata<br />
dalla localizzazione del capezzolo su un<br />
piano inferiore rispetto a quello dell’areola.<br />
Esistono diversi gradi di inversione del<br />
capezzolo, che può apparire piatto o addirittura<br />
depresso.<br />
Questa anomalia può essere congenita o<br />
secondaria a ripetuti processi infiammatori<br />
della mammella (1). È causata dalla fibrosi e<br />
dalla retrazione dei dotti galattofori sottostanti<br />
il capezzolo. Può comportare problemi<br />
sia estetici che fuzionali, tra cui l’impossibilità<br />
ad allattare.<br />
In genere l’intervento chirurgico è controindicato<br />
<strong>per</strong>ché difficilmente porta ad una correzione<br />
completa e <strong>per</strong>ché causa, non infrequentemente,<br />
complicanze post-o<strong>per</strong>atorie:<br />
disturbi sensoriali del capezzolo, marcate<br />
cicatrici a livello dell’areola e disfunzioni<br />
mammarie.<br />
Masse mammarie<br />
In età adolescenziale le masse mammarie<br />
sono nella maggior parte dei casi di<br />
natura benigna; l’approccio diagnostico può<br />
dunque essere, al meno nelle fasi iniziali, di<br />
tipo non invasivo. Una valutazione clinica<br />
accurata associata ad indagine ecografia e in<br />
alcuni casi ad esame citologico sono in genere<br />
sufficienti <strong>per</strong> un corretto inquadramento<br />
della patologia.<br />
F i b ro a d e n o m a<br />
Il fibroadenoma è la patologia mammaria<br />
benigna più tipica dell’età adolescenziale<br />
(1-4). Si presenta come una massa rotondeggiante,<br />
di consistenza duro-elastica, nettamente<br />
delimitata, liscia o polilobata, mobile<br />
rispetto al tessuto mammario circostante.<br />
È in genere non dolente o lievemente dolente<br />
soprattutto nel <strong>per</strong>iodo pre-mestruale.<br />
Il fibroadenoma insorge più frequentemente<br />
nel quadrante su<strong>per</strong>o-esterno della ghiando-<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
la mammaria; nel 10-15% dei casi è multiplo<br />
e bilaterale. In genere presenta una crescita<br />
lenta, non su<strong>per</strong>ando i 2-3 cm di diametro<br />
(Figura 6). Solo raramente si riscontrano<br />
fibroadenomi giganti, esclusivi dell’adolescenza,<br />
che tendono ad accrescersi con maggior<br />
rapidità fino a raggiungere dimensioni cospicue<br />
(10-12 cm) con conseguente deformità<br />
ed asimmetria mammarie.<br />
La causa specifica dell’insorgenza del fibroadenoma<br />
non è conosciuta. È’ stata ipotizzata<br />
una sensibilità abnorme del tessuto mammario<br />
agli estrogeni circolanti in quanto durante<br />
la gravidanza il tumore va incontro a<br />
modificazioni i<strong>per</strong>plastiche, mentre nel<br />
<strong>per</strong>iodo postmenopausale tende a regredire.<br />
Istologicamente il fibroadenoma è una<br />
neoformazione capsulata costituita da una<br />
doppia componente ghiandolare e stromale<br />
con fibrosi di vario grado.<br />
La diagnosi di fibroadenoma è clinica e strumentale.<br />
L’esame d’elezione è l’ecografia che<br />
mette in evidenza una lesione ipoecogena, di<br />
aspetto ovalare, con asse maggiore parallelo<br />
al piano cutaneo. In caso di dubbio diagnostico,<br />
legato alle caratteristiche del nodulo,<br />
andrà effettuato l’esame citologico su agoaspirato.<br />
Figura 6. Asimmetria dello sviluppo della ghiandola<br />
mammaria in una adolescente di <strong>11</strong> anni con<br />
fibroadenoma mammario destro.<br />
( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
I fibroadenomi regrediscono spontaneamente<br />
nel 25% dei casi e non hanno tendenza a<br />
degenerare in senso maligno. Per tali motivi<br />
non è necessario asportare sistematicamente<br />
<strong>tutti</strong> i fibroadenomi. L’intervento chirurgico è<br />
indicato solo se <strong>per</strong>siste il dubbio diagnostico<br />
(diagnosi differenziale col tumore filloide)<br />
o in caso di un fibroadenoma a rapido accrescimento<br />
e/o in presenza di dimensioni tali<br />
(su<strong>per</strong>iori a 3-4 cm) da determinare problemi<br />
psicologici ed estetici nella paziente.<br />
C i s t i<br />
Dopo il fibroadenoma, le masse mammarie<br />
più comuni nelle adolescenti sono<br />
rappresentate dalle cisti, che originano dalla<br />
dilatazione dei dotti galattofori (1, 2).<br />
Obiettivamente la cisti si presenta come una<br />
lesione di consistenza teso-elastica, a su<strong>per</strong>ficie<br />
liscia, con margini definiti, mobile<br />
rispetto ai piani sopra e sottostanti. In genere<br />
è singola e unilaterale.<br />
Nella maggior parte dei casi le cisti mammarie<br />
sono asintomatiche; possono risultare<br />
dolenti se di grande volume o se complicate<br />
da processi flogistici.<br />
L’indagine diagnostica d’elezione è l’ecografia,<br />
che mostra un’area anecogena a contorn i<br />
regolari con rinforzo di parete posteriore.<br />
Solitamente le cisti tendono a re g re d i re spontaneamente<br />
nell’arco di alcune settimane o mesi<br />
senza la necessità di alcuna terapia, se non<br />
l’uso di analgesici in caso di dolore. La paziente<br />
va rassicurata sulla benignità della lesione.<br />
La <strong>per</strong>sistenza di una cisti sintomatica richiede<br />
l’esecuzione di un’agocentesi allo scopo di<br />
detendere la massa. Qualora il liquido aspirato<br />
risultasse ematico vi è indicazione all’esame<br />
citologico del liquido stesso.<br />
Cisti multiple e ricorrenti configurano il quadro<br />
della mastopatia fibrocistica.<br />
Lipomi del seno<br />
Si tratta di masse benigne generalmente<br />
di piccole dimensioni, soffici e lobulate.<br />
Possono essere trattate con la semplice escissione<br />
chirurgica se di volume cospicuo.<br />
Tu m o re filloide<br />
Il tumore filloide è una rara neoplasia<br />
mammaria a componente mista connettivale<br />
ed epiteliale. Si presenta come una massa<br />
unica non dolente, a su<strong>per</strong>ficie bozzoluta, di<br />
consistenza disomogenea, a contorni non<br />
sempre ben definiti, inizialmente mobile sui<br />
piani sopra e sottostanti tanto da essere difficilmente<br />
differenziabile, nelle fasi iniziali, dal<br />
fibroadenoma mammario.<br />
Tende ad accrescersi rapidamente raggiungendo<br />
talora dimensioni cospicue.<br />
Istologicamente è caratterizzato da noduli<br />
stromali che aggettano nei lumi dei canalicoli<br />
conferendo alla lesione un aspetto fogliaceo<br />
(1, 4).<br />
Nella maggioranza dei casi questo tumore ha<br />
un comportamento benigno; tuttavia esistono<br />
forme borderline, a basso grado di malignità<br />
e francamente maligne con capacità<br />
metastatizzante (cistosarcoma filloide).<br />
Per la sua potenzialità maligna il tumore filloide<br />
va sempre asportato. L’escissione del<br />
nodulo deve essere ampia e completa vista la<br />
possibilità di recidiva.<br />
C a rcinoma mammario<br />
È di rara osservazione in età adolescenziale<br />
(1).<br />
I fattori di rischio sono rappresentati da<br />
m e n a rca precoce, familiarità positiva <strong>per</strong><br />
tumori mammari e pregressa terapia radiante<br />
al torace.<br />
Il carcinoma mammario si manifesta sotto<br />
forma di una massa unica, di elevata consistenza,<br />
non dolente, infiltrata e a margini<br />
indistinti.<br />
Il trattamento non differisce da quello utilizzato<br />
nella donna adulta.<br />
Più comuni del tumore primitivo sono le l e -<br />
sioni maligne secondarie (metastasi di rabdom<br />
i o s a rcoma, linfoma, s a rcoma di Ewing, neuroblastoma<br />
o leucemia acuta linfoblastica).<br />
Patologie infiammatorie<br />
e traumatiche<br />
Mastiti ed ascessi mammari<br />
Le mastiti in età adolescenziale sono<br />
in genere secondarie a traumi, depilazione<br />
della peluria areolare, infezioni cutanee della<br />
regione mammaria.<br />
Tra i patogeni responsabili il più comune è lo<br />
141
142<br />
Staphylococcus aure u s; altri batteri implicati<br />
sono Escherichia Coli, Pseudomonas species,<br />
M i c rococcus pyogenes, streptococchi ed anaerobi.<br />
Clinicamente le mastiti si manifestano con<br />
d o l o re, arrossamento ed edema cutaneo a cui<br />
si associano generalmente segni sistemici (febb<br />
re, leucocitosi) (1, 2). Talvolta è presente una<br />
s e c rezione purulenta dal capezzolo. La terapia<br />
consiste nell’applicazione di impacchi caldi e<br />
nella precoce istituzione di un’adeguata terapia<br />
antibiotica. L’ecografia è d’aiuto <strong>per</strong> esclud<br />
e re una raccolta ascessuale, il cui trattamento<br />
prevede il drenaggio chirurgico. Per atten<br />
u a re l’infiammazione ed i disturbi soggettivi<br />
locali può essere utile la somministrazione di<br />
farmaci antinfiammatori non stero i d e i .<br />
Tr a u m i<br />
Il trauma mammario nelle adolescenti<br />
è abbastanza comune, soprattutto in seguito<br />
ad attività sportiva. Si presenta come contusione<br />
o ematoma ed in genere si risolve senza<br />
reliquati. A volte tuttavia si può verificare<br />
steatonecrosi, che dà esito a trasformazioni<br />
cistiche tardive e a fibrosi, con conseguente<br />
retrazione del capezzolo o della cute nell’area<br />
colpita (1, 2).<br />
Mastodinia<br />
Un dolore mammario (m a s t o d i n i a), o<br />
più frequentemente una sensazione di “t e n s i one<br />
mammaria”, viene riferito non di rado dopo<br />
il menarca. La sintomatologia è in genere bilaterale<br />
e scarsamente localizzata; compare nella<br />
fase luteale del ciclo e re g redisce con l’inizio<br />
del flusso mestruale (mastodinia ciclica).<br />
La terapia si basa sulla somministrazione di<br />
analgesici, ad esempio farmaci antinfiammatori<br />
non steroidei (FANS), associata all’impiego<br />
di un reggiseno contenitivo. Nei casi<br />
più gravi è indicato l’uso di estroprogestinici.<br />
Nella maggior parte delle pazienti la mastodinia<br />
si risolve spontaneamente nell’arco di<br />
mesi o anni (1-3).<br />
A volte il dolore non è correlato al ciclo<br />
mestruale (mastodinia non ciclica). In questi<br />
casi può essere secondario a patologie della<br />
p a rete toracica (muscoli, spazi interc o s t a l i ,<br />
giunzione condro-costale), uso di marijuana,<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
gravidanza, i<strong>per</strong>prolattinemia, assunzione di<br />
farmaci (ad es. antidepressivi). In <strong>tutti</strong> i casi va<br />
esclusa la presenza di una massa mammaria.<br />
Nelle forme lievi-moderate la terapia si basa<br />
sulla somministrazione di analgesici e sull’uso<br />
di un reggiseno di supporto. Nelle forme<br />
s e v e re sono stati utilizzati vari farmaci tra cui<br />
il danazolo, il tamoxifene e la bro m o c r i p t i n a .<br />
Poiché questi farmaci hanno effetti collaterali<br />
a lungo termine, il loro uso deve essere limitato<br />
ad un breve <strong>per</strong>iodo e riservato alle<br />
pazienti con sintomatologia particolarmente<br />
grave.<br />
Secrezione del capezzolo<br />
G a l a t t o rre a<br />
La galattorrea consiste in una secrezione<br />
di liquido lattescente dal capezzolo, non<br />
fisiologica in quanto al di fuori del <strong>per</strong>iodo<br />
dell’allattamento. È in genere bilaterale e si<br />
manifesta spontaneamente o <strong>per</strong> spremitura<br />
delle mammelle. Può essere idiopatica (nelle<br />
prime fasi dello sviluppo puberale) oppure<br />
secondaria a disordini endocrini (adenomi<br />
ipofisari pro l a t t i n o - s e c e rnenti, ipotiro i d ismo,<br />
malattia di Cushing) o all’uso di farmaci<br />
(contraccettivi orali, antidepressivi triciclici,<br />
fenotiazine, cannabinoidi) (1-4, 6).<br />
Raramente è causata da una stimolazione<br />
locale del capezzolo o da un trauma della<br />
parete toracica, che attraverso l’attivazione<br />
dell’asse ipotalamo-ipofisario scatena l’i<strong>per</strong>produzione<br />
di prolattina.<br />
Per l’inquadramento diagnostico vanno<br />
determinati innanzitutto i livelli ematici di<br />
prolattina. Se viene riscontrata un’i<strong>per</strong>prolattinemia<br />
è indicata l’esecuzione di una RMN<br />
con gadolinio <strong>per</strong> escludere la presenza di un<br />
adenoma ipofisario.<br />
Vanno inoltre indagate la funzionalità tiroidea<br />
e cortico-surrenalica.<br />
Un’attenta anamnesi farmacologia può individuare<br />
un’eventuale eziologia iatrogena.<br />
Il trattamento della galattorrea consiste in<br />
primo luogo nella correzione della causa sottostante.<br />
Qualora ciò non sia possibile o non<br />
si identifichi alcuna patologia responsabile<br />
della galattorrea, è indicato l’uso di agonisti<br />
dopaminergici.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
L’intervento chirurgico <strong>per</strong> via transfenoidale<br />
è necessario solo in caso di macroadenoma,<br />
<strong>per</strong>altro non frequente in età adolescenziale.<br />
A l t re secrezioni del capezzolo<br />
Oltre alla galattorrea, le altre secrezioni<br />
mammarie non sono di frequente osservazione<br />
in età adolescenziale. In genere unilaterali,<br />
sono principalmente dovute ad infezioni<br />
o altre condizioni benigne (1-6).<br />
Una secrezione purulenta è suggestiva di infezione;<br />
in questi casi va eseguita la coltura del<br />
materiale secreto ed iniziata l’opportuna terapia<br />
antibiotica. L’ectasia duttale determina episodiche<br />
secrezioni areolari di colore brunastro .<br />
Essa origina dall’ostruzione e conseguente<br />
dilatazione di un dotto mammario. Gradi massivi<br />
di distensione portano alla formazione di<br />
v e re e proprie cisti in sede re t ro a re o l a re (5, 6).<br />
Obiettivamente l’ectasia duttale si pre s e n t a<br />
come un nodulo palpabile nella regione subare<br />
o l a re; l’indagine ecografia mostra strutture<br />
tubulari anecogene o dotti pieni di secre t o .<br />
Non si associano alterazioni endocrine (5).<br />
Si tratta di un problema benigno, autolimitantesi<br />
che evolve verso la guarigione spontanea<br />
in alcune settimane. Raramente, i dotti<br />
dilatati possono infettarsi con rischio di<br />
complicanze ascessuali e necessità di escissione<br />
chirurgica. La diagnosi differenziale<br />
dovrà essere posta con le forme neoplastiche<br />
e con la mastopatia fibrocistica, condizioni<br />
entrambe rare in età evolutiva.<br />
Una secrezione ematica o siero - e m a t i c a<br />
monoorifiziale può essere segno di papilloma<br />
intraduttale, neoformazione benigna che tipicamente<br />
si sviluppa nei dotti galattofori maggiori<br />
della zona sottoareolare.<br />
È caratterizzata istologicamente da una proliferazione<br />
delle cellule epiteliali duttali<br />
intorno ad un asse connettivo-vascolare centrale.<br />
Di consistenza fragile, tende a sanguinare<br />
al minimo traumatismo.<br />
Quando palpabile, appare come una tumefazione<br />
molle che in genere non su<strong>per</strong>a il diametro<br />
di 1 cm (4).<br />
Il gold-standard <strong>per</strong> la diagnosi è rappresentato<br />
dalla duttogalattografia, che evidenzia il<br />
papilloma come un minus endoluminale di<br />
aspetto moriforme.<br />
Il papilloma intraduttale non ha la tendenza<br />
alla trasformazione in senso maligno.<br />
In presenza di un dubbio diagnostico, nei<br />
casi di ricorrenza della secrezione ematica<br />
dal capezzolo, a causa di una eccessiva ansia<br />
da parte dei genitori o della ragazza viene<br />
consigliato l’intervento chirurgico.<br />
Conclusioni<br />
Lo scopo di questo lavoro è stato quello<br />
di stimolare l’attenzione del Lettore su una<br />
problematica medica abbastanza frequente<br />
nella pratica professionale.<br />
Le patologie mammarie dell’adolescente<br />
sono prevalentemente dovute ad alterazioni<br />
della forma e del volume della ghiandola o<br />
sono secondarie a patologie benigne.<br />
È es<strong>per</strong>ienza comune che non sempre vengano<br />
adeguatamente inquadrate e valutate. In<br />
considerazione di ciò abbiamo riportato l’es<strong>per</strong>ienza<br />
<strong>per</strong>sonale ed i dati della letteratura<br />
sull’argomento.<br />
Desideriamo, inoltre, ricordare che l’adolescente<br />
vive con disagio queste anomalie o<br />
patologie e, <strong>per</strong>tanto, necessita non solo di<br />
un inquadramento diagnostico-terapeutico,<br />
ma anche di un supporto psicologico da<br />
parte dello specialista (pediatra-adolescentologo,<br />
psicologo).<br />
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143
Scripta M E D I C A<br />
Rottura prematura delle membrane a term i n e<br />
(≥37 settimane) (PROM):<br />
indurre il travaglio o attendere?<br />
La risposta dell’evidence based medicine.<br />
Pietro Cazzola<br />
Le membrane extraplacentari<br />
La parete del sacco fetale (amniotico) è<br />
costituita da tre membrane (amnion, chorion<br />
e decidua (Figura 1), la cui principale funzione<br />
è quella di trattenere il liquido amnio-<br />
tico intorno all’emb<br />
r i o n e / f e t o . Con il<br />
p ro g re d i re della crescita<br />
embrio-fetale le<br />
membrane vanno inc<br />
o n t ro a una loro distensione<br />
che, fino<br />
c i rca alla metà della<br />
gravidanza, si accompagna<br />
anche ad<br />
un aumento del num<br />
e ro delle cellule<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Figura 1. Struttura istologica della parete del sacco amniotico.<br />
Specialista in Anatomia<br />
e Istologia Patologica<br />
e Tecniche di Laboratorio, Milano<br />
che le compongono. Da quel momento in poi<br />
la distensione non è seguita da pro l i f e r a z i o n e<br />
c e l l u l a re e le membrane di conseguenza si<br />
assottigliano notevolmente.<br />
Al momento del parto il polo inferiore delle<br />
membrane, <strong>per</strong> effetto dell’appiattimento e<br />
della dilatazione del<br />
collo dell’utero, si<br />
stacca dalla decidua<br />
parietale e forma la<br />
cosiddetta “borsa delle<br />
a c q u e” (Figura 2).<br />
Figura 2. Formazione della “borsa delle acque”.<br />
Rottura<br />
delle membrane<br />
Nel travaglio fisiologico<br />
la rottura delle<br />
membrane avviene<br />
quando la dilatazione<br />
cervicale è quasi com-<br />
Subito prima del travaglio Prima fase del travaglio<br />
145 1
146<br />
pleta e in genere si realizza in corrispondenza<br />
dell’acme di una contrazione uterina.<br />
In rapporto al momento in cui avviene la<br />
rottura delle membrane rispetto all’insorgenza<br />
del travaglio e alla durata della gravidanza<br />
è possibile distinguere le seguenti<br />
situazioni:<br />
rottura delle membrane durante il travaglio<br />
a termine (37 settimane o più) [rupture<br />
of membranes (ROM); rottura tempestiva];<br />
rottura delle membrane a termine (37<br />
settimane o più) prima dell’inizio del<br />
travaglio [premature o prelabor rupture of<br />
membranes (PROM); rottura intempestiva<br />
prematura];<br />
rottura delle membrane pretermine (24-<br />
37 settimane) prima dell’inizio del travaglio<br />
[preterm premature rupture of membranes<br />
(PPROM)].<br />
PROM (a termine)<br />
Come precedentemente accennato, <strong>per</strong><br />
PROM a termine si intende la rottura delle<br />
membrane, a partire dalla 37 a settimana di<br />
gestazione, prima che il parto sia iniziato.<br />
L’ incidenza della PROM a termine è<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
stimata essere l’8% (1).<br />
La PROM è generalmente una condizione<br />
benigna dal momento che il 79% delle<br />
donne partorirà entro 12 ore e il 95% entro<br />
24 ore (1).<br />
Per queste donne la prognosi del decorso del<br />
parto e del <strong>per</strong>iodo <strong>per</strong>ipartum rimane eccellente<br />
e l’amnioressi andrebbe considerata un<br />
evento fisiologico, piuttosto che una situazione<br />
patologica (2).<br />
Sfortunatamente il 5-10% delle donne con<br />
PROM non entrerà in travaglio nelle successive<br />
72 ore e il 2-5% non avrà ancora partorito<br />
dopo una settimana (2).<br />
In questi casi aumenta significativamente il<br />
rischio di complicanze materne e neonatali<br />
durante il parto e nel <strong>per</strong>iodo immediatamente<br />
successivo.<br />
Le cause della PROM non sono del tutto<br />
chiarite, ma sono state identificate alcune<br />
condizioni in cui essa è più frequente: gravidanze<br />
multiple, polidramnios, fumo di sigaretta,<br />
alterate proprietà meccaniche delle<br />
membrane, frequenti esplorazioni vaginali,<br />
coito e infezioni (3, 4).<br />
Conseguenze della PROM<br />
Le conseguenze della PROM possono<br />
e s s e re immediate, come il prolasso del funicolo,<br />
la compressione del cordone ombelicale e<br />
Tabella 1. Principali outcomes materni e fetali considerati nella revisione Cochrane (16).<br />
Outcomes materni Outcomes fetali e neonatali<br />
Mortalità materna Mortalità<br />
Taglio cesareo Prolasso del cordone ombelicale<br />
Parto vaginale Età gestazionale alla nascita<br />
Parto vaginale strumentale Tempo tra la PROM e la nascita<br />
Chorioamniosite Respiratory distress syndrome<br />
Endometrite Punteggio di Apgar
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
il distacco placentare (condizioni che richiedono<br />
il taglio cesareo o il parto vaginale strumentale),<br />
o tardive, come le infezioni matern e<br />
(corioamniosite e endometrite) (5-7).<br />
Quest’ultime, a loro volta, possono diffondersi<br />
al feto, incrementandone la mortalità, o<br />
causare al neonato respiratory distress syndrome<br />
e paralisi cerebrale (1, 7-10).<br />
Alcune osservazioni hanno evidenziato che<br />
il rischio di infezioni materne e fetali aumenta<br />
con il trascorrere del tempo tra PROM e<br />
nascita (10, <strong>11</strong>), mentre altre non hanno<br />
mostrato tale correlazione (4, 12).<br />
PROM: strategie terapeutiche<br />
Chi assiste una gestante con PROM si<br />
trova di fronte alle seguente dilemma: attendere<br />
che il travaglio inizi spontaneamente o<br />
indurre il parto?<br />
Finora l’unico dato certo era rappre s e n t a t o<br />
dalla constatazione che la soddisfazione delle<br />
donne è maggiore tanto è minore il tempo che<br />
t r a s c o r re tra la PROM e la nascita (13).<br />
La PROM rappresenta una possibile indicazione<br />
all’induzione del parto sia <strong>per</strong> l’A m e -<br />
rican College of Obstetricians and Gynaecologists<br />
sia <strong>per</strong> il Royal College of Obtetricians and<br />
G y n a e c o l o g i s t (14, 15).<br />
La prima organizzazione consiglia l’osservazione<br />
della paziente fino a 24-72 ore (da 1 a<br />
3 giorni), mentre la seconda organizzazione<br />
si limita ad affermare che non bisognerebbe<br />
attendere più di 96 ore (4 giorni!) <strong>per</strong> intervenire<br />
(14, 15).<br />
Come si può notare i limiti temporali prospettati<br />
sono molto ampi, non univoci, e <strong>per</strong>ciò<br />
contrastanti con i principi della e v i d e n c e<br />
based medicine che si propone di trasferire<br />
nella pratica clinica ciò che i risultati degli<br />
studi meglio condotti hanno evidenziato. A<br />
s o p p e r i re a queste lacune è re c e n t e m e n t e<br />
i n t e rvenuta una revisione C o c h r a n e ( 1 6 ) .<br />
Revisione Cochrane<br />
Obiettivo<br />
Verificare i risultati dell’induzione precoce<br />
(entro le 24 ore) rispetto all’attesa (nessun<br />
intervento entro le 24 ore) nelle gravide con<br />
PROM alla 37 a settimana.<br />
Principali outcomes<br />
Nella Tabella 1 sono indicati i principali outcomes<br />
materni, fetali e neonatali presi in<br />
considerazione.<br />
Studi presi in esame<br />
Nella revisione sono stati inclusi 12 trial <strong>per</strong><br />
un totale di quasi 7.000 donne.<br />
Metodi di induzione del parto<br />
Ossitocina: 7 trial<br />
Prostaglandine: 5 trial<br />
Caulophyllum: 1 trial<br />
Principali risultati materni<br />
Taglio cesareo: nessuna differenza tra i<br />
due gruppi (intervento immediato, nessun<br />
intervento) anche nell’ambito dei<br />
sottogruppi (ossitocina, prostaglandine,<br />
caulophyllum).<br />
Parto vaginale e parto vaginale strumentale:<br />
nessuna differenza tra i due<br />
gruppi.<br />
Chorioamniosite: nel gruppo intervento<br />
immediato riduzione del 26% del rischio<br />
relativo globale.<br />
E n d o m e t r i t e: nel gruppo interv e n t o<br />
immediato riduzione del 70% del rischio<br />
relativo globale.<br />
Tempo di ospedalizzazione antenatale:<br />
riduzione sia nel gruppo con ossitocina,<br />
sia nel gruppo con prostaglandine.<br />
Tempo di ospedalizzazione postnatale:<br />
riduzione sia nel gruppo con ossitocina,<br />
sia nel gruppo con prostaglandine.<br />
Principali risultati neonatali<br />
Infezioni neonatali: nessuna differenza<br />
tra i due gruppi (intervento immediato,<br />
nessun intervento) anche nell’ambito dei<br />
sottogruppi (ossitocina, prostaglandine,<br />
caulophyllum).<br />
147
148<br />
Ricovero nelle unità di cura intensiva<br />
neonatale: nel gruppo intervento immediato<br />
riduzione del 27% del rischio relativo<br />
globale.<br />
Conclusioni<br />
Nelle donne con PROM alla 37a settimana<br />
di gestazione l’induzione al parto<br />
entro le 24 ore dalla rottura riduce il rischio<br />
di chorioamniosite ed endometrite, senza<br />
aumentare l’incidenza di parti cesarei e di<br />
parti vaginali strumentali.<br />
L’induzione al parto entro le 24 ore dalla<br />
PROM riduce l’incidenza dei ricoveri nelle<br />
unità di cura neonatale.<br />
Le donne (e i medici) dovre b b e ro essere adeguatamente<br />
informate di questi risultati <strong>per</strong><br />
c o m p i e re scelte più consapevoli.<br />
Fattori di predizione<br />
del successo dell’induzione<br />
L’ induzione del travaglio è definita<br />
come l’inizio artificiale delle contrazioni uterine,<br />
prima della loro insorgenza spontanea,<br />
volte a determinare la progressiva dilatazione<br />
e scomparsa della cervice allo scopo di<br />
promuovere il parto <strong>per</strong> via vaginale (17).<br />
Tabella 2. Punteggio di Bishop.<br />
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
A causa della possibilità di insuccesso dell’induzione,<br />
diversi fattori materni e fetali e<br />
vari test di screening sono stati suggeriti al<br />
fine di predire l’esito di tale intervento.<br />
Le condizioni della cervice uterina all’inizio<br />
dell’induzione, ed in particolare la dilatazione,<br />
rappresentano i più importanti fattori<br />
predittivi e Bishop, che <strong>per</strong> primo nel 1964<br />
descrisse la correlazione tra la presenza di<br />
una cervice favorevole e il conseguente parto<br />
<strong>per</strong> via vaginale, ha elaborato una scala a<br />
punti che <strong>per</strong>mette di prevedere se l’induzione<br />
può avere successo o meno (18)<br />
(Tabella 2).<br />
Una recente metanalisi di Crane (2006) ha<br />
confermato che il punteggio di Bishop continua<br />
ad essere un valido fattore predittivo del<br />
parto vaginale e che l’ultrasonografia transvaginale<br />
e il dosaggio della fibronectina<br />
fetale non gli sono su<strong>per</strong>iori (19).<br />
Induzione del travaglio<br />
con prostaglandine<br />
Nella Tabella 3 sono indicati i metodi utilizzati<br />
<strong>per</strong> ottenere la maturazione cervicale e<br />
l’induzione del travaglio (20).<br />
Le prostaglandine (PG) agiscono sul processo<br />
maturativo della cervice attraverso differenti<br />
meccanismi locali (21, 22):<br />
Parametro\ Punteggio 0 1 2 3<br />
Posizione cervice Posteriore Intermedia Anteriore<br />
Consistenza cervice Rigida Media Soffice<br />
Lunghezza cervice (cm) >3 >2 >1 >0<br />
Dilatazione cervice (cm) 4<br />
Livello della testa fetale –3 –2 –1, 0 +1, +2<br />
Il punteggio massimo possibile è 13.<br />
Punteggio 0-3: altamente sfavorevole.<br />
Punteggio 4-5: condizioni mediamente sfavorevoli.<br />
Punteggio >5: condizioni favorevoli.
Scripta M E D I C A<br />
<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Tabella 3. Metodi <strong>per</strong> ottenere la maturazione cervicale e indurre il parto (20).<br />
Maturazione cervicale non farmacologica Maturazione cervicale farmacologica<br />
Prodotti vegetali e animali, bagni caldi, clisteri Prostaglandine<br />
Stimolazione mammaria Misoprostolo<br />
Agopuntura, stimolazine nervosa transcutanea Mifepristone<br />
Modalità meccaniche (cateteri) Relaxina<br />
Metodi chirurgici Ossitocina<br />
modificano la sostanza fondamentale<br />
extracellulare;<br />
incrementano l’attività della collagenasi e<br />
dell’elastasi;<br />
aumentano i livelli dei glicosaminoglicani,<br />
del dermatan solfato e dell’acido ialuronico.<br />
Nel miometrio, inoltre, le PG incrementano<br />
le concentrazioni di Ca ++ intracellulare, favorendo<br />
in tal modo le contrazioni (22).<br />
La somministrazione vaginale di PG aumenta<br />
la probabilità di parto <strong>per</strong> via vaginale<br />
entro le 24 ore, senza incrementare la necessità<br />
di tagli cesarei (23).<br />
Per la somministrazione locale, la PGE 2<br />
(dinoprostone) è disponibile in due formula-<br />
zioni: gel (Prepidil = 0,5 - 1 - 2 mg di dinoprostone)<br />
e dispositivo vaginale (Propess =<br />
10 mg di dinoprostone, Figura 3).<br />
La necessità di diverse modalità di somministrazione<br />
locale della PGE2 è nata dall’osservazione<br />
che con il gel la dose ottimale varia<br />
individualmente e possono essere necessarie<br />
applicazioni ripetute (24).<br />
Un recente studio comparativo tra dinoprostone<br />
gel e dispositivo vaginale ha mostrato<br />
una maggior efficacia di quest’ultimo nell’indurre<br />
la maturazione e il parto in donne a<br />
termine con punteggio di Bishop < 4 (25).<br />
Tra i vantaggi del dispositivo vaginale rispetto<br />
al gel occorre ricordare la sua possibile<br />
rapida rimozione in caso di effetti collaterali<br />
(26) e la minor necessità di ricorrere all’ossitocina<br />
<strong>per</strong> indurre il travaglio (27, 28).<br />
Con il dispositivo intravaginale, il re s e r v o i r d i<br />
Figura 3. Schema di posizionamento e rimozione del dispositivo vaginale<br />
<strong>per</strong> la somministrazione di dinoprostone.<br />
Inserimento Posizionamento Rimozione<br />
149
150<br />
10 mg di dinoprostone mantiene<br />
un rilascio di PGE 2 c o n t rollato e<br />
costante (29): infatti studi in vivo<br />
condotti su donne a termine<br />
(≥ 37 settimane di gestazione)<br />
hanno evidenziato che a membrane<br />
integre è presente una correlazione<br />
lineare tra quantita di<br />
P G E 2 rilasciata e durata del trattamento<br />
(Figura 4) (26).<br />
In caso di PROM la quantità di<br />
P G E 2 rilasciata è maggiore a<br />
causa della variazione del pH<br />
vaginale (PROM = 6 vs membrane<br />
integre = 4) e non è stato<br />
possibile rilevare la correlazione<br />
lineare prima descritta (26).<br />
Tuttavia nel range di pH vaginale<br />
tra 6,5 e 7,5 la PGE 2 si trova<br />
principalmente in forma ionizzata,<br />
condizione che ostacola il suo passaggio<br />
nel circolo materno: ciò spiega <strong>per</strong>ché in<br />
caso di PROM la concentrazione di PGE 2 e<br />
dei suoi metaboliti nel plasma materno non<br />
differisca da quanto osservato in caso di<br />
membrane integre, con conseguente mancato<br />
incremento del rischio di i<strong>per</strong>stimolazione<br />
del miometrio (26).<br />
Da ultimo una nota tecnica rilevabile dai<br />
riassunti delle caratteristiche del prodotti a<br />
base di dinoprostone: mentre il gel, in <strong>tutti</strong> i<br />
suoi dosaggi, è controindicato nella PROM<br />
(30), <strong>per</strong> il dispositivo vaginale è raccomandata<br />
cautela (29).<br />
Per un uso corretto dei farmaci si raccomanda<br />
comunque un’attenta lettura dei rispettivi<br />
R.C.P. (29, 30).<br />
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outcome. Br J Obstet Gynaecol 1997; 104(9):1062-7.<br />
25. Strobelt N, Meregalli V, Ratti M, Mariani S, Zani G,<br />
Morana S. Randomized study on removable PGE 2 vaginal<br />
insert versus PGE 2 cervical gel for cervical priming and<br />
labor induction in low-Bishop-score pregnancy. Acta Obstet<br />
Gynecol Scand 2006; 85(3):302-5.<br />
26. Lyrenas S, Clason I, Ulmsten U. In vivo controlled<br />
release of PGE 2 from a vaginal insert (0.8 mm, 10 mg)<br />
during induction of labour. BJOG 2001; 108(2):169-78.<br />
27. Chyu JK, Strassner HT. Prostaglandin E 2 for cervical<br />
ripening: a randomized comparison of Cervidil versus<br />
Prepidil. Am J Obstet Gynecol 1997; 177(3):606-<strong>11</strong>.<br />
28. Facchinetti F, Venturini P, Verocchi G, <strong>Vol</strong>pe A. Comparison<br />
of two preparations of dinoprostone for pre-induction<br />
of labour in nulliparous women with very unfavourable<br />
cervical condition: a randomised clinical trial. Eur J<br />
Obstet Gynecol Reprod Biol 2005; <strong>11</strong>9(2):189-93.<br />
29. Riassunto delle caratteristiche del prodotto Propess.<br />
30. Riassunto delle caratteristiche del prodotto Prepidil.<br />
151
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, 10, n. 3, 1, 2008 2007<br />
Il termine alta tecnologia compare <strong>per</strong> la prima volta, citato nel New York Times negli anni ’50, in riferimento allo<br />
sviluppo delle ricerche sull’energia atomica in Europa.<br />
Con “high tech” o “high technology” si indica la tecnologia più avanzata in un certo momento.<br />
Il termine non appartiene agli oggetti, ma indica la continua evoluzione delle conoscenze di base nel tempo. Ecco<br />
<strong>per</strong>ché ISPLAD nel prossimo marzo 2009 organizzerà il 1° Convegno Internazionale: “High Technology in<br />
Dermatology”.<br />
È necessario confro n t a re e<br />
a g g i o rn a re le proprie conoscenze<br />
su come la tecnologia, sia nel corpo teorico<br />
che nello sviluppo e produzione strumentale,<br />
abbia fatto pro g re d i re le conoscenze della<br />
nostra disciplina, nella scienza ma anche, e<br />
soprattutto, nella diagnostica e terapia.<br />
Oltre ad essere una vetrina delle novità cosmetiche<br />
e strumentali, o<strong>per</strong>ative e diagnostiche,<br />
l’incontro si propone di fornire al medico<br />
approfondimenti con opinion leader internazionali,<br />
nel confronto e nella condivisione dei diff<br />
e renti k n o w - h o w, da cui possano scaturire<br />
Ergife Palace Hotel<br />
nuove indicazioni e protocolli d’uso, <strong>per</strong> arric-<br />
Rome, chire le conoscenze di coloro che utilizzano le<br />
Rome, Italy<br />
tecnologie nella pratica quotidiana.<br />
27-28-29 March 2009<br />
Nello spirito dell’ISPLAD, che ha sempre cre d uto<br />
e si è sempre impegnata a forn i re con i suoi<br />
corsi un aggiornamento attivo, che <strong>per</strong>metta<br />
Scientific office<br />
Promoter Committee<br />
ISPLAD National National Laser Department<br />
Francesco Antonaccio<br />
un’applicazione quotidiana di miglior livello.<br />
Ivano Luppino<br />
Francesco Bruno<br />
Ci auguriamo che questo incontro possa diven-<br />
Elisabetta Perosino<br />
Maria Bucci<br />
Marina Romagnoli<br />
Ornella De Pità<br />
tare negli anni un appuntamento costante,<br />
Giuseppe Scarcella<br />
Antonino Di Pietro<br />
tutto dedicato all’innovazione teorica e pratica.<br />
Giulio Ferranti<br />
Antonino Di Pietro<br />
ISPLAD National Cosmetology Department<br />
Piera Piera Fileccia<br />
Alda Malasoma<br />
Elisabetta Perosino<br />
Organizing Committee<br />
Federico Ricciuti<br />
Manuela Di Lella<br />
Andrea Romani<br />
Pasquale Frascione<br />
Antonio Luci<br />
Daniela Marciani<br />
Steven Steven Nisticò<br />
Meeting information:<br />
ISPLAD - International-Italian Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology<br />
Titti Longobardo<br />
Via Plinio, 1 - 20129 Milano<br />
Tel. +39 02 20404227 - Fax + 39 02 29526964 - Cell. 320 6126835<br />
organizzazione@isplad.org - www.isplad.org<br />
153<br />
153
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
ifferenze anatomiche D tra pelle scura e chiara<br />
Qualche anno fa è stato a<strong>per</strong>to,<br />
presso il nostro Istituto, un ambulatorio<br />
<strong>per</strong> la diagnosi e la terapia delle<br />
malattie infettive, parassitarie e tropicali<br />
della cute. Questa iniziativa ci ha <strong>per</strong>messo,<br />
tra le tante opportunità, di visitare<br />
numerosi pazienti con pelle scura.<br />
La pelle chiara e quella scura presentano<br />
una diversa anatomia.<br />
Nell’epidermide della pelle scura si<br />
Dermocosmetologia della pelle scura<br />
Stefano Veraldi<br />
Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di Milano,<br />
Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena<br />
riscontrano un film idro-lipidico di<br />
su<strong>per</strong>ficie più ricco in acidi grassi, uno<br />
strato corneo più compatto e spesso e<br />
melanosomi presenti anche nei cheratinociti<br />
dello strato corneo; i melanosomi,<br />
inoltre, sono dis<strong>per</strong>si e di maggiori<br />
dimensioni. Al contrario, non esistono<br />
differenze tra pelle chiara e pelle scura<br />
<strong>per</strong> quanto riguarda il numero, la distribuzione<br />
e la morfologia dei melanociti.<br />
Il derma e il sottocute non presentano<br />
differenze significative rispetto alla pelle<br />
chiara. Le ghiandole sebacee e sudori-<br />
pare sono, nella pelle scura, più diffuse,<br />
più numerose, di maggiori dimensioni e<br />
i<strong>per</strong>secernenti. I peli sono meno diffusi<br />
e presentano un fusto incurvato e spiraliforme,<br />
con una sezione di taglio<br />
appiattita ed ellittica. Le unghie non<br />
presentano differenze rispetto alla pelle<br />
chiara. Considerata nel complesso, la<br />
pelle scura si differenzia da quella chiara<br />
fondamentalmente <strong>per</strong> il colore ,<br />
dovuto alla particolare anatomia dei<br />
melanosomi.<br />
uolo del dermatologo R<br />
Questa diversa anatomia presuppone<br />
una diversa fisiologia, che condiziona<br />
una diversa incidenza e/o presentazione<br />
clinica delle malattie con<br />
e s p ressività cutanea. Si pensi, nel primo<br />
caso, alla rosacea (meno frequente su<br />
pelle scura) e alla vitiligine (più fre q u e nte<br />
su pelle scura); nel secondo, all’eritema:<br />
<strong>tutti</strong> i dermatologi sanno che su pelle<br />
chiara l’eritema appare come un arro s s amento,<br />
di colore variabile dal rosa al<br />
rosso acceso, che scompare alla digitop<br />
ressione, ma non <strong>tutti</strong> i dermatologi<br />
sanno che su pelle scura l’eritema appare<br />
di colore grigiastro .<br />
La diversa presentazione clinica delle<br />
malattie su pelle scura necessita di una<br />
sorta di revisione critica, da parte del<br />
dermatologo, della metodologia di lettura<br />
delle malattie cutanee. Il dermatologo<br />
si trova nuovamente a dover aff ro n t a re il<br />
p roblema della morfologia delle lesioni<br />
155
156<br />
sulla pelle che già da tempo era abituato<br />
a considerare come acquisite e definite.<br />
Si avrà quindi un ritorno alla clinica<br />
pura, intesa come osservazione e classificazione<br />
di quadri dermatologici noti, ma<br />
con presentazioni cliniche nuove o atipiche:<br />
a questo fenomeno è stato dato il<br />
nome di sindrome di Salgari 2. Inoltre, è<br />
da ricord a re che le malattie che si osservano<br />
su pelle scura si osservano anche su<br />
pelle chiara: non esistono quindi malattie<br />
cutanee specifiche della pelle scura.<br />
etture consigliate L Veraldi S, Leigheb G, Morrone A.<br />
Atlas of dermatological diseases on dark skin<br />
Basset A, Liautaud B, Ndiaye B. Dermatology of<br />
black skin. Oxford Unìversity Press, Oxford,<br />
1986<br />
Du Vivier A. Atlas of infections of the skín.<br />
Gower Medical Pub., London, 1991<br />
Canìzares O, Harman RRM. Clinical tropical<br />
dermatology, Blackwell Scientifìc Publications,<br />
1992<br />
Mahmotud AAF Tropical and geographical medicine.<br />
McGraw-HIII Inc., New York, 1993<br />
Gioannini P, Caramello P. Patologia infettiva dell'immigrato.<br />
Edizioni Minerva Medica, Torino,<br />
1994<br />
Schaller KF. Color atlas of tropical dermatology<br />
and venereology. Speinger-Verlag, Berlin, 1994<br />
M o rrone A. <strong>Salute</strong> e società multiculturale.<br />
Medicina transculturale e immigratì extracomunitari<br />
nell’Italia del 2000. Raffaello Cortina<br />
Editore, Milano, 1995<br />
Un altro aspetto interessante emerso<br />
negli ultimi anni è quello legato, <strong>per</strong><br />
u s a re un termine impegnativo, all’integrazione.<br />
Molto semplicemente, individui<br />
con pelle scura che nel recente passato<br />
si recavano dal dermatologo <strong>per</strong> una<br />
malattia, oggi lo consultano spesso <strong>per</strong><br />
p roblematiche cosmetologiche. Il passaggio<br />
da una domanda “medica” a una<br />
domanda “cosmetologica” non è altro<br />
che una spia dell’integrazione di una cultura<br />
in un’altra.<br />
Parish LC, Witkowski JA, Vassileva S. Color atlas<br />
of cutaneous infections. Blackwell Science Inc.,<br />
Boston, 1995<br />
Rosen T. Clinical dermatology in black patients.<br />
Pigreco, Bari, 1995<br />
Harahap M. Dìagnosis and treatrnent of skin<br />
ìnfections. Blackwell Science, Oxford, 1997<br />
Veraldi S, Rizzitelli G, Caputo R. Dermatologia<br />
dì importazione. Poletto, Milano, 1997<br />
Johnson BL Jr, Moy RL, White GM. Ethnic skìn.<br />
Medical and surgical. Mosby, Saint Louis, 1998<br />
M o rrone A. L’altra faccia di Gaia. <strong>Salute</strong>,<br />
migrazione e ambiente tra Nord e Sud del<br />
Pianeta. Armando Editore, Roma, 1999<br />
Morrone A. Dermatologia internazionale <strong>per</strong><br />
immagini. Edizioni Grafiche Mazzucchelli,<br />
Settimo Milanese (Milano), 1999<br />
S t e ffen R, DuPont HL. Manual of travel medicine<br />
and health. B.C. Decker Inc., Hamilton, 1999<br />
Lesher JL Jr. An atlas of microbiology of the skin.<br />
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />
Nella nostra es<strong>per</strong>ienza, le più fre q u e n t i<br />
richieste da parte di soggetti con pelle<br />
scura riguardano la diagnosi e la terapia<br />
dell’acne, delle follicoliti, delle alterazioni<br />
della pigmentazione (dalla vitiligine al<br />
melasma), delle alterazioni della cicatrizzazione<br />
(cicatrici i<strong>per</strong>trofiche e cheloidi)<br />
e delle alopecie (spesso causate da traumatismi<br />
chimici, termici e meccanici).<br />
Il dermatologo italiano si deve quindi<br />
a d e g u a re, in tempi brevi, con una nuova<br />
cultura a una nuova realtà sociale.<br />
The Parthenon Publ. Group, New York, 2000<br />
Morrone A, Mazzali M. Le stelle e la rana. La<br />
salute dei migranti: diritti e ingiustizie. Franco<br />
Angeli, Milano, 2000<br />
Morrone A, Mazzali M, Tumiati MC. La babele<br />
ambulante Parole íntorno ai mondi che migrano.<br />
Sensibili alle Foglie, Dogliani (Cuneo), 2000<br />
Veraldi S, Caputo R. Dermatologia di importazione.<br />
Poletto, Milano, 2000<br />
Albanese G, De Marchi R, Leigheb G, Morrone<br />
A, Petrini N. Pietrantonio V, Veraldi S. Atlante di<br />
dermatologia esotica e su pelle nera. Edizìoni<br />
Medico Scientifiche, Pavia. 2001<br />
Bianchini C, Marangi M, Morrone A,<br />
Meledandri G. Medicina internazionale. Societá<br />
Editrice Universo, Roma, 2001<br />
P o l l a rd AJ, Murdoch DR. Travel medicine.<br />
Health Press, Oxford, 2001<br />
Donofrio P, Del Sorbo A, Donofrio P, La Forza<br />
MT, Papa A. Atlante di dermatologia in bianco e<br />
nero. Edizioni Dermo, Napoli, 2006
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />
Clinica Urologica<br />
Alma Mater Studiorum<br />
Università degli Studi di Bologna<br />
Il trattamento mini-invasivo<br />
delle “malattie prostatiche”<br />
Alessandro Bertaccini<br />
n t r o d u z i o n e I L’i<strong>per</strong>plasia prostatica benigna<br />
(IPB), detta anche ingro s s a m e n t o<br />
benigno della ghiandola pro s t a t ica,<br />
interessa oltre il 70% degli<br />
uomini di età compresa tra i 60 ed<br />
i 70 anni ed il 90% di quelli di età<br />
s u p e r i o re agli 80 anni.<br />
A l l ’ i n g rossamento della ghiandola<br />
prostatica si associano spesso<br />
disturbi urinari, cosiddetti LUTS<br />
(lower urinary tract symptoms) ;<br />
c i rca il 50% di tali pazienti richiede<br />
un trattamento medico e di<br />
questi, la metà circa, un interv e n t o<br />
c h i r u rgico disostruttivo. L’ e z i o l o g i a<br />
dell’IPB risulta multifattoriale,<br />
chiari fattori di rischio sono sconosciuti<br />
mentre potre b b e ro essere<br />
coinvolti l’età avanzata, gli estro g eni<br />
e gli androgeni circolanti ed i<br />
fattori di crescita locali. La sintomatologia<br />
tipica dell’IPB è rappresentata<br />
da disturbi ostruttivi (mitto<br />
ipovalido, intermittente, gocciolamento<br />
post-minzionale, diff i c o l t à<br />
ad iniziare la minzione) ed irritativi<br />
(pollachiuria, nicturia, urg e n z a<br />
minzionale, stranguria,).<br />
Tale sintomatologia è alquanto<br />
aspecifica e puo’ essere imputabile<br />
anche ad altre malattie del basso<br />
tratto urinario. Il trattamento comp<br />
rende la terapia medica (alfa-litici,<br />
inibitori della 5 alfa re d u t t a s i ,<br />
terapie con estratti naturali di s e renoa<br />
repens, pygeum africanum, ecc.)<br />
ed, in caso di mancata risposta o di<br />
p ro g ressione di malattia (peggioramento<br />
dei sintomi e/o ritenzione<br />
acuta urinaria), la terapia chirurg ic<br />
a - e n d o s c o p i c a .<br />
Nell’ambito dei trattamenti<br />
c h i r u rgici disponibili rivestono<br />
p a r t i c o l a re interesse le metodiche<br />
mini-invasive che comprendono la<br />
resezione prostatica transure t r a l e<br />
(detta anche TURP), l’incisione<br />
p rostatica transuretrale (detta<br />
anche TUIP), la vaporizzazione<br />
p rostatica transuretrale (TUVP), la<br />
v a p o - resezione laser, la foto-vaporizzazione<br />
laser, l’enucleazione<br />
laser (HoLEP), l’ablazione pro s t a t ica<br />
transuretrale con radiofre q u e nza<br />
(detta anche TUNA), la termoterapia<br />
transuretrale a micro o n d e<br />
(detta anche TUMT) ed infine l’ablazione<br />
prostatica con ultrasuoni<br />
(HIFU). Generalmente le indicazioni<br />
ai trattamenti mini-invasivi<br />
d e l l ’ i p e r t rofia prostatica sono caratterizzate<br />
da volumi della ghiandola<br />
prostatica inferiori agli 70-80<br />
cc. Fra queste tecniche, le più diffuse<br />
ed attualmente ancora il g o l d<br />
s t a n d a rd di riferimento negli studi<br />
clinici, sono la TURP e la TUIP.<br />
Le complicanze più fre q u e n t i<br />
c o m p rendono possibili emorragie<br />
post-o<strong>per</strong>atorie, stenosi uretrali, la<br />
s c l e rosi del collo vescicole, e l’eiaculazione<br />
re t rograda; non vi sono<br />
invece alterazioni a carico della<br />
“potentia erigendi” .
158<br />
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />
Le tecniche laser (attualmente<br />
i più utilizzati sono i laser ad<br />
H o l m i u m ed al Tu l l i u m con tecniche<br />
di vaporesezione o tecniche<br />
tipo laser-enucleazione) sono particolarmente<br />
indicate nei pazienti<br />
ad alto rischio emorragico, e presentano<br />
il vantaggio di ridurre l’ospedalizzazione<br />
(che non su<strong>per</strong>a<br />
spesso le 24 ore !!!) ed il “d i s c o m -<br />
f o r t” <strong>per</strong> il paziente (rimozione<br />
p recoce del catetere!).<br />
La neoplasia prostatica (in genere<br />
a d e n o c a rcinoma) è attualmente al<br />
primo posto come incidenza fra i<br />
tumori che affliggono i maschi<br />
adulti nei paesi occidentali.<br />
L’incidenza è notevolmente aumentata<br />
da fine anni 80’, quando è<br />
stato introdotto il PSA nella diagnosi<br />
del carcinoma della pro s t a t a .<br />
Il trattamento ottimale <strong>per</strong> la neoplasia<br />
prostatica confinata alla<br />
ghiandola (stadio clinico T1, T2 )<br />
in pazienti con una aspettativa di<br />
vita di almeno 10 anni è rappresentato<br />
da un trattamento radicale<br />
( c h i r u rgia o radioterapia).<br />
Per quanto riguarda la chirurg i a<br />
( p rostatectomia radicale) si sono<br />
recentemente messe a punto e diffuse<br />
delle tecniche mini-invasive<br />
( l a p a roscopia e laparoscopia ro b o t ica)<br />
caratterizzate da una minore<br />
invasività dovuta al fatto che<br />
mediante piccole incisioni a livello<br />
della parete addominale gli strumenti<br />
vengono portati dire t t a m e n t e<br />
a l l ’ i n t e rno della cavità addominale<br />
e dello scavo pelvico; mediante<br />
un’apposita telecamera vengono<br />
visualizzate con grande dettaglio ed<br />
ingrandimento le strutture anatomiche<br />
coinvolte. Questo può cons<br />
e n t i re un maggior rispetto dell’anatomia<br />
chirurgica ed un minor<br />
utilizzo di analgesici ed emoderivati<br />
nel decorso post o<strong>per</strong>atorio, una<br />
m i n o re degenza post o<strong>per</strong>atoria ed<br />
un rapido ritorno alle normali attività<br />
quotidiane. Dati recenti sottolineano<br />
l’importanza di queste tecniche<br />
mini-invasive <strong>per</strong> un re c u p e ro<br />
più precoce della continenza e dell<br />
’ e rezione (in caso di risparmio dei<br />
nervi erigentes), ed al contempo, <strong>per</strong><br />
un’ottima radicalità oncologica.<br />
A l t re interessanti applicazioni mini-invasive<br />
da riserv a re solamente a<br />
casi selezionati di neoplasia pro s t atica,<br />
riguardano gli ultrasuoni <strong>per</strong><br />
via transrettale (tecnica HIFU, che<br />
sfrutta il danno termico indotto dagli<br />
ultrasuoni) e la crioterapia, tecnica<br />
che richiede il posizionamento<br />
di aghi <strong>per</strong> via <strong>per</strong>ineale con un rapido<br />
abbassamento delle tem<strong>per</strong>at<br />
u re e quindi una necrosi tissutale<br />
mirata. Entrambe queste tecniche<br />
comunque richiedono anestesia ed<br />
ospedalizzazione, con possibili effetti<br />
collaterali tra cui una fre q u e nte<br />
accentuazione della sintomatologia<br />
disurica post-trattamento.<br />
Concludendo questo rapido excursus<br />
sulle tecniche mini-invasive<br />
nelle malattie della prostata,<br />
sottolineo l’importanza delle selezione<br />
del paziente, dell’adeguata<br />
informazione (tecniche alternative<br />
ed effetti collaterali!) e dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
del centro e dell’o<strong>per</strong>atore<br />
nella tecnica proposta.
In t r o d u z i o n e<br />
Il dolore pelvico cronico è<br />
definito come un dolore non ciclico<br />
che <strong>per</strong>mane almeno 6 mesi e si<br />
localizza a livello della pelvi o nella<br />
porzione anteriore dell’addome ed<br />
è sufficientemente severo da causare<br />
disturbi funzionali.<br />
Nel Regno Unito interessa il<br />
3.8% delle donne, mentre negli<br />
USA il 15%. Nel 61% delle donne<br />
che riferiscono questa sintomatologia<br />
non viene identificata alcuna<br />
causa e nel 40% coesistono più fattori<br />
che possono essere coinvolti.<br />
Non è ancora stata del tutto chiarita<br />
l’origine del dolore pelvico cronico<br />
nella donna anche se molto<br />
spesso viene associato ad endometriosi,<br />
aderenze, sindrome del colon<br />
irritabile o cistite interstiziale.<br />
La raccolta dell’anamnesi e l’esame<br />
obiettivo <strong>per</strong>mettono di fare<br />
un’ iniziale diagnosi diff e re n z i a l e ,<br />
di richiedere un appro f o n d i m e n t o<br />
diagnostico, di escludere neoplasie<br />
e malattie sistemiche.<br />
L’ I n t e rnational Pelvic Pain Society<br />
o ff re delle linee guida <strong>per</strong> la<br />
gestione di queste pazienti. Infatti<br />
l’anamnesi deve focalizzarsi sulle<br />
caratteristiche del dolore, se si<br />
associa al ciclo mestruale, all’attività<br />
sessuale (spesso resa diff i c o l t osa<br />
dal dolore), alla minzione, alla<br />
defecazione o ad un pre g resso trattamento<br />
radiante. Inoltre è neces-<br />
Scripta M EM DE ID CI A C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> <strong>11</strong> n. n. 3, 3, 2008 2008<br />
Trattamento del dolore pelvico cronico nella donna<br />
Alessandro Bertaccini<br />
Clinica Urologica<br />
Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna<br />
159
160<br />
Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />
sario indagare se alla comparsa<br />
della sintomatologia è sopraggiunta<br />
un’inspiegabile <strong>per</strong>dita di peso,<br />
ematochezia, <strong>per</strong>dite ematiche<br />
i r regolari <strong>per</strong>i e post menopausali<br />
o post-coitali.<br />
P re g resse infezioni pelviche o uso<br />
di dispositivi intrauterini devono<br />
far sospettare la presenza di aderenze.<br />
In ogni caso la mancanza di<br />
un re<strong>per</strong>to diagnostico non può<br />
e s c l u d e re una patologia in atto.<br />
L’esame obiettivo deve riguard a re<br />
la palpazione dell’addome eff e ttuando<br />
il segno di Carn e t t ( p re m e ndo<br />
la zona del presunto dolore si<br />
chiede alla paziente di piegare<br />
entrambe le gambe) che se positivo<br />
è indicatore (trigger point) di<br />
f i b romialgia.<br />
Quando il dolore pelvico è legato<br />
ad un sospetto di cistite cro n i c a ,<br />
all’esame obiettivo bisogna assoc<br />
i a re delle indagini di secondo<br />
livello che confermino la diagnosi<br />
ed escludano la possibilità di infezioni<br />
croniche o neoplasie dell’urotelio.<br />
Per questo scopo si eff e t t u a<br />
la cistoscopia, l’esame citologico<br />
urinario, l’ecografia re n o - v e s c i c a l e<br />
e l’esame colturale delle urine con<br />
r i c e rca anche del bacillo di Koch.<br />
Per alleviare la sintomatologia di<br />
d o l o re pelvico cronico esistono<br />
solamente pochi trattamenti eff i c aci.<br />
Se viene confermata la diagnosi<br />
di cistite cronica, oltre all’utilizzo<br />
di antiinfiammtori somministrati<br />
ciclicamente è possibile interv e n ire<br />
con alcuni integratori <strong>per</strong> stabil<br />
i z z a re il pH-vescicale e pro t e g g e re<br />
la mucosa stessa.<br />
In alcuni casi selezionati è possibile<br />
ottenere benefici da una idro -<br />
distensione vescicale in anestesia<br />
g e n e r a l e .<br />
Dai dati di letteratura emerge che<br />
l’utilizzo di goserelina ed il trattamento<br />
chirurgico delle adere n z e<br />
possono alleviare la sintomatologia,<br />
ma nei casi in cui non è stata<br />
individuata una causa specifica<br />
viene raccomandato un appro c c i o<br />
terapeutico multidisciplinare .<br />
L’unico farmaco che sembra off r i re<br />
dei reali benefici in queste pazienti<br />
è il m e d ro s s i p ro g e s t e rone acetat<br />
o che <strong>per</strong>ò non è consigliato nei<br />
casi di endometriosi, dismenorre a<br />
primitiva, malattie infiammatorie<br />
intestinali o sindrome del colon<br />
irritabile.<br />
La g o s e re l i n a, un analogo<br />
del GnRH, ha una maggiore durata<br />
di azione rispetto al medro s s ip<br />
ro g e s t e rone ma ha un effetto sulla<br />
massa ossea riducendone la densità.<br />
È <strong>per</strong> questo che coloro che<br />
vengono trattate con goserelina devono<br />
essere <strong>per</strong>iodicamente monitorate<br />
con la densitometria ossea.<br />
Minori evidenze scientifiche<br />
supportano il trattamento con<br />
analgesici orali, anche utilizzati<br />
da alcuni es<strong>per</strong>ti.<br />
Gli a n t i c o n c e z i o n a l i c o -<br />
stituiscono la terapia più utilizzata<br />
nel trattamento del dolore pelvico<br />
c ronico, nelle donne con dismen<br />
o r re a .<br />
La g a b a p e n t i n a da sola o<br />
combinata con iniezioni di amitriptilina<br />
o tossina botulinica,<br />
come la neuromodulazione e l’isterectomia<br />
potre b b e ro avere un<br />
ruolo anche se al momento non<br />
del tutto chiaro .<br />
I dati sull’utilizzo della stimolazione<br />
<strong>per</strong>cutanea del nervo tibiale,<br />
della neurectomia presacrale o la<br />
stimolazione del nervo sacrale non<br />
sono supportati da studi random<br />
i z z a t i .<br />
Un solo studio in letteratura supporta<br />
il beneficio del sistema<br />
intrauterino l e v o n o r g e s t re l n e l l e<br />
pazienti dove il dolore pelvico cronico<br />
è causato da endometriosi,<br />
anche se <strong>per</strong> non più di 6 mesi <strong>per</strong><br />
gli effetti collaterali. In questo contesto<br />
il medico di medicina generale<br />
deve identificare le pro c e d u re<br />
diagnostiche più idonee ed indirizz<br />
a re il paziente verso lo specialista<br />
( u rologo, ginecologo, gastro e n t erologo,<br />
ecc) nell’ottica di un<br />
a p p roccio multidisciplinare. Infatti<br />
queste donne vivono in uno stato<br />
di ansia e depressione cronica causate<br />
da questo disturbo, ed hanno<br />
necessità di tro v a re continue rassicurazioni<br />
ed una terapia che possa<br />
re n d e re meno invalidante possibile<br />
la loro vita compromessa da un<br />
continuo dolore alla pelvi.