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Vol. 11 N° 3 - Salute per tutti

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Anno <strong>11</strong> n.3/2008<br />

I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo<br />

Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo<br />

Dermatite allergica da contatto del volto<br />

e cosmetici.<br />

Alessia Provini, Ornella De Pità<br />

Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />

approccio diagnostico-terapeutico.<br />

Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari<br />

Vincenzo De Sanctis<br />

Rottura prematura delle membrane<br />

a term i n e (≥37 settimane) (PROM):<br />

indurre il travaglio o attendere?<br />

La risposta dell’evidence based medicine.<br />

Pietro Cazzola<br />

Editoriale<br />

Antonino Di Pietro<br />

Dermocosmetologia della pelle scura<br />

Stefano Veraldi<br />

Il trattamento mini-invasivo<br />

delle “malattie prostatiche”<br />

Alessandro Bertaccini<br />

Trattamento del dolore<br />

pelvico cronico nella donna<br />

Alessandro Bertaccini


Direttore Responsabile<br />

Pietro Cazzola<br />

Direttore Generale<br />

Armando Mazzù<br />

Direttore Marketing<br />

Antonio Di Maio<br />

Redazione e Amministrazione<br />

Scripta Manent s.n.c.<br />

Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />

Tel. 0270608091 - 0270608060<br />

Fax 0270606917<br />

E-mail: scriman@tin.it<br />

Consulenza Amministrativa<br />

Cristina Brambilla<br />

Consulenza Grafica<br />

Piero Merlini<br />

Impaginazione<br />

Clementina Pasina<br />

Registrazione Tribunale di Milano n. 383<br />

del 28/05/1998<br />

Iscrizione al Registro Nazionale<br />

della Stampa n.10.000<br />

Stampa Parole Nuove s.r.l. Brugherio (MI)<br />

È vietata la riproduzione totale o parziale, con<br />

qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie<br />

pubblicati su Scripta MEDICA senza autorizzazione<br />

scritta dell’Editore.<br />

L’Editore non risponde dell’opinione espressa<br />

dagli Autori degli articoli.<br />

Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre:<br />

ARCHIVIO ITALIANO<br />

DI UROLOGIA E ANDROLOGIA<br />

RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA<br />

DELL’ADOLESCENZA<br />

JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY<br />

INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Indice<br />

I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo<br />

Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo pag. 1 1 5<br />

Dermatite allergica da contatto del volto e cosmetici.<br />

Alessia Provini, Ornella De Pità pag. 1 3 3<br />

Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />

approccio diagnostico-terapeutico.<br />

Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari<br />

Vincenzo De Sanctis pag. 1 3 7<br />

Rottura prematura delle membrane a termine<br />

(≥37 settimane) (PROM): indurre il travaglio o attendere?<br />

La risposta dell’evidence based medicine.<br />

Pietro Cazzola pag. 145<br />

Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi momento,<br />

opporsi all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />

Edizioni Scripta Manent s.n.c.<br />

Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />

Editoriale<br />

Antonino Di Pietro<br />

Dermocosmetologia<br />

della pelle scura<br />

Stefano Veraldi<br />

pag. 15 3<br />

pag. 15 5<br />

Il trattamento mini-invasivo<br />

delle “malattie prostatiche”<br />

Alessandro Bertaccini pag. 157<br />

Trattamento del dolore<br />

pelvico cronico nella donna<br />

Alessandro Bertaccini<br />

pag. 159


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

I presidi farmacologici nel dolore oncologico.<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Pina Capo, Ornella Taddeo, Gerardo Garofalo<br />

Introduzione<br />

In questo momento, in tutto il mondo,<br />

c i rca 14 milioni di <strong>per</strong>sone sono affette da<br />

c a n c ro. Poche sono le forme curabili.<br />

Globalmente l’8% di tutte le cause di morte<br />

dipende dal cancro. Nei paesi sviluppati,<br />

comunque, la <strong>per</strong>centuale di morte dovuta a<br />

t u m o re è più elevata: in Europa è stimata<br />

i n t o rno al 23%. Annualmente vengono diagnosticati<br />

circa 10 milioni di nuovi casi di<br />

c a n c ro e 6 milioni di <strong>per</strong>sone muoiono <strong>per</strong><br />

questo motivo.<br />

Non <strong>tutti</strong> i pazienti con cancro soffrono di<br />

dolore: infatti, questo sintomo è presente nel<br />

30-40% di <strong>tutti</strong> casi, con o senza un trattamento<br />

appropriato. Dal punto di vista<br />

umano e medico, <strong>per</strong> la maggior parte di<br />

essi, l’unico approccio realistico, è la soppressione<br />

del dolore <strong>per</strong> migliorare la qualità<br />

della vita residua. L’efficacia del trattamento<br />

del dolore da cancro rimane uno tra i più<br />

importanti e pressanti problemi medici mondiali:<br />

molti pazienti trascorrono le ultime<br />

settimane, gli ultimi mesi della loro vita in<br />

situazioni estremamente disagevoli di sofferenza<br />

e di invalidità.<br />

Spesso il trattamento del dolore oncologico è<br />

inadeguato o inesistente <strong>per</strong> vari motivi<br />

quali:<br />

l’ignoranza circa le cure capaci di sopprimere<br />

il dolore;<br />

la deformazione culturale del medico<br />

che considera il sintomo dolore come<br />

ineluttabile;<br />

i problemi legali che intralciano l’uso di<br />

analgesici oppioidi.<br />

U.O.C. Anestesia e Rianimazione P.O. Agropoli (SA)<br />

Cos’è il dolore da cancro?<br />

Il dolore da cancro può essere considerato<br />

come un fenomeno duplice: la <strong>per</strong>c e z i one<br />

della sensazione e la reazione emozionale<br />

che da essa scaturisce. L’ i n t e r p retazione e la<br />

risposta che il malato di cancro ha in conseguenza<br />

dello stimolo doloroso varia con la<br />

cultura, con la morale, con l’umore, con le<br />

p recedenti es<strong>per</strong>ienze dolorose e con l’aspettativa<br />

di guarigione.<br />

La soff e renza dipende dal contesto sociale,<br />

culturale, familiare e dal significato che viene<br />

attribuito al dolore .<br />

Per comprendere la complessità del dolore<br />

oncologico è sufficiente conoscere la varietà<br />

di fattori fisici e psichici, indicati nella<br />

Figura 1, che ne sono all’origine e che hanno<br />

fatto definire questo dolore come “dolore<br />

totale”.<br />

Le cause organiche del dolore oncologico possono<br />

essere dovute al coinvolgimento dire t t o<br />

da parte della neoplasia, alle complicanze<br />

della terapia antineoplastica, alle complicanze<br />

della stessa terapia antalgica, alle alterazioni<br />

biochimiche e fisiologiche legate alla neoplasia,<br />

a patologie dolorose non legate al cancro<br />

o alla terapia ed a combinazione dei pre c edenti<br />

fattori.<br />

Più specificamente le cause fisiche di dolore<br />

nei pazienti oncologici possono dividersi in<br />

quattro gruppi di cause (Tabella 1).<br />

La strategia terapeutica<br />

Prima di affrontare qualsiasi discorso<br />

terapeutico è essenziale che il medico comprenda<br />

quattro punti importanti e che si<br />

convinca della loro validità:<br />

<strong>11</strong>5 1


<strong>11</strong>6<br />

Figura 1.<br />

Perdita del ruolo in famiglia<br />

Perdita posizione sociale<br />

Perdita del prestigio sul lavoro<br />

Perdita dei guadagni<br />

Insonnia<br />

Stanchezza<br />

Alterazioni dell’aspetto<br />

a) che il dolore da cancro si può combattere<br />

efficacemente nella quasi totalità dei<br />

casi;<br />

b) che la terapia del dolore da cancro, specie<br />

iniziale, è facile da gestire;<br />

c) che la terapia <strong>per</strong> il dolore da cancro non<br />

sempre va prescritta o eseguita da su<strong>per</strong>specialisti<br />

in terapia antalgica;<br />

d) che si può annullare agevolmente il dolore<br />

da cancro imparando ad usare appena<br />

4 o 5 analgesici.<br />

Debolezza<br />

Effetti collaterali delle cure<br />

Malattie non cancerose<br />

Cancro<br />

ORIGINE SOMATICA<br />

DOLORE<br />

DEPRESSIONE RABBIA<br />

TOTALE<br />

ANSIA<br />

Paura del dolore<br />

Paura della morte<br />

Paura dell’ospedale<br />

Paura del ricovero<br />

Preoccupazioni <strong>per</strong> la famiglia<br />

Problemi finanziari<br />

Perdita di controllo del proprio corpo<br />

Incertezza del futuro<br />

Scripta M E D I C A<br />

Tabella 1. Cause fisiche di dolore nei pazienti oncologici.<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Difficoltà burocratiche<br />

Fallimento delle cure<br />

Mancanza di visite di amici<br />

Irre<strong>per</strong>ibilità dei medici<br />

Ritardi diagnostici<br />

Appena ci si trova di fronte al paziente che<br />

soffre di dolore si deve avere bene in mente<br />

una sequenza di obiettivi graduali da raggiungere,<br />

che sono:<br />

aumentare le ore di sonno senza dolore;<br />

alleviare il dolore a riposo;<br />

alleviare il dolore in posizione eretta e<br />

durante le attività.<br />

I principi di una terapia del dolore da cancro<br />

sono caratterizzati da:<br />

Dovute al tessuto Legate al tumore Legate alla terapia Non dipendenti dal<br />

neoplastico tumore o dalle terapie<br />

Infiltrazione dei Contratture muscolari Dolore post-intervento Artriti ed artrosi<br />

tessuti ossei chirurgico<br />

Compressione e/o Decubiti Infiammazioni e/o Cefalea (muscolotensiva,<br />

infiltrazione fibrosi emicranica, psicogena)<br />

tessuti nervosi post-radioterapiche<br />

Interessamento viscerale Stitichezza Mielopatia Dolore miofasciale<br />

post-radioterapica<br />

Ulcerazione e/o Candidosi Neuropatia Origine cardiovascolare<br />

infezione post-radioterapica<br />

I<strong>per</strong>tensione Linfedema Necrosi asettica dell’osso Nevriti<br />

endocranica Nevralgia<br />

posterpetica<br />

Trombosi venosa<br />

profonda<br />

Embolia polmonare


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Pianificazione multidisciplinare :<br />

1. Stretta collaborazione tra diverse figure<br />

mediche specialistiche, medici di base e<br />

<strong>per</strong>sonale infermieristico.<br />

2. Proposta secondo l’OMS di Linee-Guida<br />

sulla Terapia del Dolore da Cancro con i<br />

principi generali.<br />

3. ”Il trattamento farmacologico è il punto di riferimento<br />

nella gestione da dolore da cancro”.<br />

P ro c e d u re secondo le Linee OMS:<br />

I cinque principi <strong>per</strong> l’uso degli analgesici<br />

nella terapia del dolore sono alla base del<br />

trattamento del dolore:<br />

Per bocca: semplice somministrazione;<br />

Ad ore fisse: prevenire l’insorgenza del<br />

dolore;<br />

Secondo la scala OMS: semplice nella<br />

sua attuazione e facile nella sua diff u s i o n e ;<br />

Individualizzata: dosaggi, tipo di farmaci,<br />

vie di somministrazione;<br />

Attenzione al dettaglio: abitudini del<br />

paziente da cancro.<br />

Terapia farmacologica<br />

L’elevazione della soglia di <strong>per</strong>cezione<br />

del dolore soprattutto mediante l’uso di farmaci,<br />

costituisce lo scopo principale del trattamento<br />

del dolore da cancro. La terapia con<br />

farmaci resta la modalità principale <strong>per</strong> il<br />

trattamento del dolore oncologico.<br />

Si fa riferimento a farmaci poco costosi<br />

e dati in dosaggi relativamente piccoli ma<br />

efficaci nella grande maggioranza dei casi.<br />

Possono essere utilizzati molti farmaci diversi<br />

sia <strong>per</strong> modalità d’azione che <strong>per</strong> effetti<br />

collaterali.<br />

Gli oppioidi ed i FANS (Farmaci Antinfiammatori<br />

Non Steroidei) rappresentano i gruppi<br />

di farmaci più importanti nell’interv e n t o<br />

terapeutico sul dolore da cancro.<br />

Altri farmaci, comunque, come gli antidepressivi<br />

triciclici, possono anch’essi contribuire<br />

a garantire una buona analgesia in certi<br />

tipi di dolore associati con il cancro o concorrere<br />

a migliorare altri sintomi ricorrenti.<br />

Criteri generali<br />

La somministrazione dei farmaci analgesici<br />

nel dolore da cancro deve seguire alcuni<br />

principi fondamentali. Essi devono essere<br />

osservati metodicamente <strong>per</strong> poter ottenere<br />

risultati terapeutici validi. Non bisogna<br />

lasciare spazio all’improvvisazione ed all’inventiva<br />

individuale.<br />

I principi-base sono i seguenti:<br />

somministrare inizialmente una “loading<br />

dose”, cioè una dose-carico elevata;<br />

seguire lo schema farmacologico suggerito<br />

dall’OMS;<br />

preferire la via orale o sublinguale;<br />

impiegare dosi individualizzate; eliminare<br />

l’insonnia;<br />

se necessario, prescrivere due analgesici<br />

con diverso meccanismo d’azione;<br />

scegliere il farmaco in base all’intensità<br />

del dolore;<br />

evitare somministrazione di placebo;<br />

prevenire ed individuare gli effetti collaterali.<br />

Ognuno di questi punti-chiave viene di<br />

seguito analizzato.<br />

A p p roccio sequenziale<br />

Secondo le indicazioni dell’OMS,<br />

ormai largamente accettate, il dolore oncologico<br />

deve essere affrontato mediante l’impiego<br />

sequenziale di tre categorie di farmaci<br />

subentranti l’una all’altra, secondo una progressione<br />

a gradini.<br />

FANS;<br />

Oppioidi minori;<br />

Oppioidi maggiori.<br />

L’approccio sequenziale si attua nelle seguenti<br />

tre fasi:<br />

1. Alla comparsa del dolore vanno somministrati<br />

i FANS che possono essere associati<br />

eventualmente e secondo i casi ai<br />

cosiddetti “farmaci adiuvanti”.<br />

2. Quando i FANS non sono più sufficienti<br />

a controllare il dolore si introducono gli<br />

oppioidi minori, che possono essere<br />

associati agli stessi FANS e/o agli adiuvanti.<br />

3. Quando, in una successiva fase, gli oppioidi<br />

minori non sono più sufficienti si<br />

utilizzano gli oppioidi maggiori associati<br />

o no ai FANS e/o agli adiuvanti.<br />

<strong>11</strong>7


<strong>11</strong>8<br />

Quando un farmaco della classe iniziale o<br />

intermedia, se impiegato correttamente, <strong>per</strong>de<br />

la sua efficacia, è obbligatorio ricorrere ad<br />

un farmaco appartenente alla classe su<strong>per</strong>iore<br />

nella scala antalgica a tre gradini dell’OMS<br />

(Figura 2).<br />

In ogni caso bisogna evitare di saltare un<br />

gradino!<br />

Figura 2.<br />

Scala analgesica OMS “a tre gradini”.<br />

La strategia analgesica “a tre gradini”:<br />

Consente di controllare il dolore oncologico<br />

cronico in circa il 90% dei casi.<br />

La terapia antidolorifica non va somministrata<br />

al bisogno ma ad orari fissi.<br />

Durante eventuali attacchi di dolore<br />

acuto è necessario utilizzare farmaci al<br />

bisogno.<br />

Quando il dolore non è adeguatamente<br />

controllato il passaggio da un gradino<br />

all’altro dovrebbe essere rapido.<br />

Individuazione della dose<br />

In generale una dose analgesica <strong>per</strong><br />

essere giudicata efficace deve <strong>per</strong>mettere il<br />

controllo del dolore <strong>per</strong> almeno 4 ore. In<br />

base alla biodisponibilità, distribuzione,<br />

metabolismo, eliminazione e alle variabili<br />

organismo-dipendenti, il medico deve individuare<br />

la dose efficace. Per partire con i<br />

FANS, ad esempio, la dose efficace può essere<br />

stabilita prescrivendo una dose su<strong>per</strong>iore<br />

a quella che si consiglia, normalmente, <strong>per</strong> il<br />

trattamento dei dolori cronici benigni.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Bisogna tener presente che i FANS e gli<br />

oppioidi minori (codeina) presentano il<br />

cosiddetto “effetto tetto”.<br />

Appena si è raggiunta una dose<br />

limite ogni ulteriore aumento del dosaggio<br />

non aumenta l’effetto analgesico. Dopo<br />

alcune modifiche della dose efficace di partenza<br />

è indispensabile, quindi, passare ad un<br />

farmaco posto sul gradino<br />

più alto, da solo o in associazione<br />

agli adiuvanti.<br />

Il passaggio ad un farmaco<br />

posto sullo stesso gradino,<br />

anche se di struttura diversa,<br />

non induce alcun beneficio<br />

analgesico <strong>per</strong> il paziente,<br />

ma comporta solo ritard o<br />

nel controllo del dolore ,<br />

aumento del disagio del<br />

paziente ed incremento della<br />

sfiducia!<br />

Orari fissi<br />

Un altro punto-chiave<br />

<strong>per</strong> la buona riuscita della<br />

terapia del dolore da cancro<br />

è quello di mirare non solo all’abolizione del<br />

sintomo ma anche alla <strong>per</strong>dita del ricordo<br />

del dolore.<br />

L’analgesico non deve essere assunto “a<br />

richiesta” ossia alla comparsa del dolore,<br />

ma ad “orari fissi” in modo da ottenere<br />

livelli ematici che consentano una costante<br />

analgesia.<br />

Del resto questo è un postulato della farmacocinetica<br />

applicato a tutte le terapie e che il<br />

medico attua quotidianamente: i farmaci<br />

svolgono un’azione efficace e continua solo<br />

se sono presenti nel sangue in concentrazioni<br />

adeguate nell’arco delle 24 ore.<br />

È inutile ed illogico consigliare al paziente di<br />

prendere l’analgesico solo quando il dolore è<br />

insopportabile, resistendo fin quando è possibile.<br />

Non bisogna trattare il paziente oncologico,<br />

con pochi mesi o settimane di vita,<br />

come se dovesse partecipare ad una gara di<br />

stoicismo! Il risultato di uno schema terapeutico<br />

“ad intervalli regolari” <strong>per</strong>mette un<br />

miglior controllo del dolore, un risparmio di<br />

farmaco e una minore incidenza di effetti<br />

collaterali.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Vie di somministrazione<br />

Via orale o sub-linguale;<br />

Via sottocutanea;<br />

Via rettale;<br />

Via transdermica;<br />

Via transmucosale;<br />

Via <strong>per</strong>idurale e subaracnoidea;<br />

Via parenterale.<br />

La via orale (o la sublinguale) deve essere<br />

quella di elezione <strong>per</strong> l’indipendenza consentita<br />

al paziente che è autonomo nella<br />

assunzione della terapia, non dovendo ricorrere<br />

ad altri.<br />

Quando è possibile, la scelta della via di<br />

somministrazione dovrebbe essere lasciata al<br />

paziente stesso, senza preconcetti. La farmacocinetica<br />

e l’efficacia degli analgesici dati<br />

<strong>per</strong> via orale differiscono poco da quelli dati<br />

<strong>per</strong> via parenterale.<br />

È sbagliato credere, inoltre, che <strong>per</strong> il controllo<br />

del dolore da cancro, le vie <strong>per</strong>idurale<br />

e subaracnoidea siano le più efficaci!<br />

Queste tecniche di somministrazioni midollari,<br />

appannaggio delle Unità di Terapia<br />

A n t a l g i c a, sono indicate solo in alcune<br />

situazioni particolari. Infatti, il medico di<br />

base può trattare agevolmente gran parte dei<br />

dolori oncologici ed affidare all’es<strong>per</strong>to di<br />

terapia del dolore i pazienti complessi.<br />

Bisogna tendere a pre s c r i v e re delle terapie<br />

facilmente gestibili, eventualmente con<br />

l’apporto dei familiari, se fosse necessario.<br />

Associazioni farmacologiche<br />

La prescrizione di un FANS e di un<br />

oppioide è un associazione utile e giustificata<br />

dalla sinergia dei due farmaci:<br />

1) inibizione <strong>per</strong>iferica dei sistemi prostaglandinici<br />

<strong>per</strong> i FANS;<br />

2) meccanismo centrale indotto da un legame<br />

con i recettori specifici <strong>per</strong> gli oppioidi,<br />

situati a diversi livelli del sistema nervoso.<br />

La deprecabile e frequente prescrizione di<br />

due o più farmaci analgesici dello stesso<br />

gradino della scala analgesica (ad esempio<br />

due diversi FANS) non aumenta l’analgesia,<br />

non ha giustificazioni farmacodinamiche<br />

e farmacocinetiche, potenzia la tossicità<br />

ed aumenta gli insuccessi.<br />

Invece l’associazione di farmaci adiuvanti<br />

dell’analgesia è spesso necessaria <strong>per</strong> poter<br />

controllare alcuni tipi di dolore. Ad esempio<br />

i dolori da lesione nervosa sono ben controllati<br />

dall’aggiunta di antidepressivi tipo l’amitriptilina,<br />

come quelli compressivi da espansione<br />

del tumore beneficiano dell’uso dei<br />

corticosteroidi.<br />

La terapia palliativa può comprendere, inoltre,<br />

l’aggiunta di farmaci <strong>per</strong> il controllo dei<br />

n u m e rosi sintomi, spesso iatrogeni, che<br />

intervengono durante il corso della malattia<br />

e che sono causa di disagio e sofferenza:<br />

emorragia gastrica, vomito, stipsi, mucositi<br />

da radiazioni, insonnia, micosi, ecc.<br />

Modalità di somministrazione<br />

Gli orari di somministrazione dei farmaci<br />

devono essere facilmente appresi dal<br />

paziente e dalla sua famiglia. Ove possibile,<br />

bisogna scegliere le ore dei pasti, del risveglio<br />

o dell’andata a letto, che sono più facili<br />

da memorizzare e da seguire. Bisogna evitare<br />

le ore notturne che creano ulteriore disagio<br />

al paziente ed ai familiari.<br />

Non dare placebo<br />

La causa del dolore neoplastico è sicuramente<br />

di origine somatica, anche se influenzata<br />

da componenti psichiche.<br />

Somministrare placebo significa compiere<br />

un atto deontologicamente scorretto, sprecare<br />

tempo e far <strong>per</strong>dere fiducia al paziente.<br />

P revenzione e cura degli effetti collaterali<br />

È fondamentale l’indagine anamnestica<br />

e l’osservazione attenta del paziente in maniera<br />

da riconoscere in tempo la comparsa degli<br />

e ffetti collaterali da farmaci analgesici.<br />

L’imponenza di alcuni sintomi iatrogeni può<br />

i n f i c i a re la validità della terapia analgesica.<br />

Bisogna tenere, quindi, bene in mente quelli<br />

che sono gli effetti collaterali dei farmaci<br />

analgesici che si prescrive anche <strong>per</strong> sensibilizzare<br />

il paziente ed i familiari a riconoscerli<br />

ed a comunicarli al medico, in tempo.<br />

<strong>11</strong>9


120<br />

I farmaci<br />

L’analgesico “ideale” dovrebbe possedere<br />

le seguenti caratteristiche:<br />

efficacia;<br />

lunga durata d’azione;<br />

rapida insorgenza dell’azione analgesica;<br />

facilità di somministrazione;<br />

maneggevolezza e ridotta quantità di<br />

effetti collaterali;<br />

buon rapporto costo/beneficio.<br />

Anche se l’analgesico “ideale” che abbia solo<br />

effetti terapeutici e nessun effetto collaterale<br />

attualmente non esiste, fortunatamente in<br />

commercio esistono diverse molecole che<br />

hanno molte delle caratteristiche elencate<br />

prima.<br />

Il sollievo dal dolore mediante farmaci analgesici<br />

può essere conseguito intervenendo a<br />

diversi livelli del sistema nocicettivo:<br />

con gli analgesici ad azione <strong>per</strong>iferica<br />

p reveniamo la sensibilizzazione dei<br />

recettori del dolore mediante l’inibizione<br />

della sintesi delle prostaglandine;<br />

con gli analgesici ad azione centrale<br />

determiniamo la scomparsa o la riduzione<br />

del dolore interferendo con i recettori<br />

<strong>per</strong> gli oppioidi del SNC;<br />

con gli psicofarmaci agiamo centralmente<br />

sull’es<strong>per</strong>ienza dolore procurando un<br />

“disinteresse” del paziente dal sintomo.<br />

La scelta dell’analgesico deve essere fatta<br />

tenendo presente la qualità e l’intensità del<br />

dolore, lo stadio della malattia e lo stato psichico<br />

del paziente.<br />

FA N S<br />

I Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei<br />

(FANS) rappresentano una serie eterogenea<br />

di composti. Erano classificati tradizionalmente<br />

con dizioni del tipo: antireumatici,<br />

antidolorifici-antifebbrili, antinevralgici.<br />

Sono a torto denominati anche analgesici<br />

“deboli o leggeri” Infatti, alcuni di essi, ad<br />

esempio il ketorolac, hanno un effetto analgesico<br />

che si avvicina o è equivalente agli<br />

oppiacei minori.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Il loro meccanismo d’azione è comune e l’origine<br />

dell’analgesia sarebbe dovuta a:<br />

inibizione della sintesi delle prostaglandine;<br />

i<strong>per</strong>polarizzazione della membrana neuronale;<br />

inibizione degli enzimi lisosomiali;<br />

depressione dei livelli di sostanze ossidanti<br />

rilasciate nella formazione delle<br />

prostaglandine.<br />

Sembra, inoltre, che con alti dosaggi si abbia<br />

addirittura un effetto antitumorale. Le prostaglandine<br />

pare, infatti, abbassino i poteri<br />

immunitari, partecipano allo sviluppo di<br />

metastasi ossee, producono i<strong>per</strong>calcemia nei<br />

tumori solidi, aumentano l’aggre g a z i o n e<br />

delle piastrine e sono presenti in eccesso nei<br />

tumori della mammella ed in quelli ossei.<br />

Le azioni <strong>per</strong> le quali i FANS vengono sfruttati<br />

sono classicamente tre: antidolorifica,<br />

antipiretica ed antiflogistica.<br />

L’azione antidolorifica è prevalentemente a<br />

localizzazione <strong>per</strong>iferica ed esattamente a<br />

livello dei nocicettori.<br />

L’azione antipiretica consiste nell’inibizione<br />

della biosintesi delle prostaglandine nel centro<br />

termoregolatore ipotalamico.<br />

L’azione antiflogistica non è interamente<br />

chiarita.<br />

Le prostaglandine, oltre ad avere attività proflogogena,<br />

aumentere b b e ro l’azione dei<br />

mediatori biologici dell’infiammazione come<br />

istamina e leucotrieni. Benché siano impiegati<br />

usualmente nel dolore cronico benigno<br />

di lieve e media intensità, i FANS sono estremamente<br />

utili nei dolori da cancro.<br />

Particolarmente indicati nel controllo dei<br />

dolori da compressione meccanica dei<br />

muscoli, tendini, <strong>per</strong>iostio, tessuti sottocutanei,<br />

tessuto osseo. Hanno ridotto effetto sul<br />

dolore viscerale tranne che nella neoplasia<br />

pancreatica. Infatti, la principale indicazione<br />

è in quei dolori originati da imponente liberazione<br />

di prostaglandine: cioè quando sono<br />

coinvolti tendini, fasce, <strong>per</strong>iostio, metastasi<br />

osteolitiche.<br />

Nella Tabella 2 sono indicati i principali<br />

FANS che possono essere impiegati nel dolore<br />

da cancro.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Tabella 2. Elenco dei principali FANS impiegati.<br />

Denominazione Nome Dose media in<br />

commerciale mg/24 h<br />

Acetilsalicilato<br />

di lisina<br />

Flectadol 900 x 4<br />

Acido acetilsalicilico Aspirina 1000 x 4<br />

Acido mefenamico Lysalgo 250 x 3<br />

Diclofenac <strong>Vol</strong>taren 50 x 3<br />

Diflunisal Dolobid 500 x 3<br />

Ibuprofene Brufen 300 x 4<br />

Ketoprofene Orudis 100 x 3<br />

Ketorolac<br />

trometamina<br />

Tora-Dol/Lixidol 30 x 4<br />

Metamizolo Novalgina 500 x 3<br />

Naprossene Naprosyn 500 x 2<br />

Nimesulide Aulin 200 x 2<br />

Paracetamolo Efferalgan 500 x 4<br />

Piroxicam Feldene 20 x 1<br />

Principali effetti collaterali dei FA N S<br />

Sicuramente il medico di base utilizzando<br />

questi farmaci quotidianamente, nei<br />

dolori cronici, conosce <strong>per</strong>fettamente la qualità<br />

e la frequenza degli effetti collaterali.<br />

Sono rappresentati da gastriti, disturbi della<br />

coagulazione, insufficienza renale funzionale,<br />

granulocitopenia.<br />

L’assunzione dopo i pasti, con aggiunta di<br />

antiacidi o l’associazione di farmaci gastroprotettori<br />

riduce la comparsa di disturbi<br />

gastrici che sono i più frequenti e temuti.<br />

Interferendo con l’aggregazione piastrinica<br />

essi dovrebbero essere somministrati con<br />

molta cautela nei pazienti oncologici con<br />

problemi di coagulazione o con un numero<br />

ridotto di piastrine.<br />

OP P I O D I<br />

I derivati dell’oppio sono farmaci<br />

d’uso secolare e di s<strong>per</strong>imentata efficacia.<br />

Tali sostanze sono definite anche analgesici<br />

oppioidi, analgesici maggiori, narcotici, morfinosimili.<br />

La morfina è il capostipite e rappresenta<br />

il punto di riferimento nella valutazione<br />

dell’attività analgesica degli altri suoi<br />

congeneri. Essi rappresentano una tappa,<br />

quasi sempre obbligata, nella terapia del<br />

dolore da cancro. La loro potente attività<br />

analgesica è dovuta all’interazione con i<br />

recettori degli oppioidi localizzati in<br />

alcune zone del SNC e nel midollo<br />

spinale lungo le vie sensitive del dolore.<br />

A tale livello, analogamente alle<br />

endorfine (sorta di morfine prodotte<br />

normalmente dall’organismo), essi<br />

innescano meccanismi d’abolizione e<br />

di modulazione delle sensazioni dolorose,<br />

entrando, come chiavi, nella serratura<br />

del dolore e bloccandola. I differenti<br />

profili farmacologi dei singoli<br />

oppioidi (intensità d’azione, durata<br />

d’azione, effetti secondari) sono spiegabili<br />

appunto con l’esistenza di<br />

parecchie varietà di recettori e con la<br />

differente capacità di ogni farmaco<br />

morfinosimile di interagire con i singoli<br />

recettori.<br />

Possiamo schematicamente dividere i<br />

farmaci che agiscono sui recettori <strong>per</strong><br />

gli oppioidi in tre gruppi, in base<br />

all’attività:<br />

1. agonisti puri (es. morfina);<br />

2. agonisti-antagonisti (es. buprenorfina);<br />

3. antagonisti puri (es. naloxone).<br />

Gli agonisti puri e gli agonisti-antagonisti,<br />

pur condividendo una potente attività analgesica<br />

non devono mai essere prescritti contemporaneamente<br />

in quanto, competendo<br />

con lo stesso recettore, ridurrebbero l’effetto<br />

terapeutico<br />

Oltre alla nota e potente attività anti-dolorifica<br />

gli oppioidi producono alcune altre azioni<br />

ed effetti collaterali quali:<br />

azione tranquillante;<br />

depressione respiratoria;<br />

attenuazione dello stimolo della tosse;<br />

miosi;<br />

nausea e vomito (effetti centrali);<br />

i<strong>per</strong>tonia della muscolatura liscia (stipsi,<br />

disturbi della minzione).<br />

Gli oppioidi vengono utilizzati quando l’uso<br />

dei FANS non ha dato un effetto soddisfacente.<br />

La regola di utilizzare sempre, comunque,<br />

in prima battuta, gli analgesici minori, è<br />

assoluta.<br />

La scelta del farmaco deve tenere conto<br />

soprattutto dell’intensità del dolore oltre che<br />

dell’aspettativa di vita, considerando che<br />

121


122<br />

l’uso dei narcotici non è necessariamente<br />

legato ad una breve aspettativa di vita. Il<br />

segreto <strong>per</strong> iniziare l’analgesia con gli oppioidi<br />

sta nel raggiungere una concentrazione<br />

ematica efficace e di mantenere questo livello.<br />

Una volta raggiunto un grado di analgesia<br />

soddisfacente, esso deve essere mantenuto<br />

con somministrazioni regolari a tempi fissi.<br />

Le controindicazioni all’uso dei farmaci<br />

oppioidi sono l’insufficienza epatica grave,<br />

l’insufficienza renale, l’insufficienza respiratoria<br />

e l’occlusione intestinale. I fenomeni<br />

comuni che si verificano in corso di terapia<br />

sono la tolleranza (nel dolore da cancro compare<br />

lentamente) e la dipendenza fisica.<br />

La tolleranza è la necessità di una quantità<br />

crescente di farmaco <strong>per</strong> ottenere un uguale<br />

effetto analgesico. Tale è una reazione normale<br />

agli oppioidi ed è un fenomeno costante<br />

nella terapia cronica. Essa s’instaura non<br />

solo nei confronti dell’analgesia ma fortunatamente<br />

anche nei confronti degli altri effetti<br />

come la depressione respiratoria.<br />

La dipendenza fisica è un’alterazione delle<br />

condizioni fisiologiche caratterizzata da<br />

comparsa di sintomi da astinenza da oppioidi<br />

quando si interrompe la somministrazione<br />

cronica o si somministrano antagonisti dei<br />

narcotici (es. naloxone). La morfina è lo<br />

standard di riferimento <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> gli analgesici<br />

stupefacenti (tabella 1, Legge 685).<br />

M o rfina: pregiudizi comuni e miti da sfatare<br />

L’Italia è uno dei paesi europei nel<br />

quale si usa meno morfina a causa soprattutto<br />

dell’ignoranza circa le sue qualità terapeutiche<br />

e <strong>per</strong> il <strong>per</strong>sistere di alcuni pregiudizi<br />

infondati.<br />

La morfina non comporta necessariamente<br />

depressione respiratoria;<br />

La morfina non genera sempre una dipendenza<br />

psichica, specie se data <strong>per</strong> os;<br />

La morfina non instaura una rapida ed<br />

incontrollata tolleranza;<br />

La somministrazione di morfina non<br />

comporta fenomeni disforici;<br />

La morfina non compromette la qualità<br />

della vita.<br />

Per la morfina, la via orale è quella raccomandata<br />

nel dolore da cancro, in quanto la<br />

più vantaggiosa. Anche utilizzate, se vi sono<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

ostacoli all’impiego della via orale, sono la<br />

via endovenosa e quella <strong>per</strong>idurale. La tolleranza<br />

e la dipendenza si manifestano costantemente<br />

dopo che il farmaco è somministrato<br />

<strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo di alcune settimane o<br />

mesi, ma questi eventi non devono condizionare<br />

le scelte terapeutiche e, comunque, non<br />

alterano il successo della terapia.<br />

Le forme farmaceutiche di morfina orale<br />

disponibili sono due:<br />

Morfina a rilascio immediato;<br />

Morfina a rilascio prolungato.<br />

M o rfina a rilascio immediato<br />

La morfina orale rappresenta l’analgesico<br />

di scelta nel dolore grave da cancro. Le<br />

nuove formulazioni orali liquide, commercializzate<br />

dalla Molteni sono Oramorph ® soluzione<br />

orale concentrata contenente 20<br />

mg/ml di morfina solfato, disponibile in flaconi<br />

da 20 ml e 100 ml, provvisti rispettivamente<br />

di contagocce e siringa dosatrice e<br />

Oramorph ® sciroppo contenente 2 mg/ml di<br />

morfina solfato. In virtù della rapidità d’azione<br />

(concentrazioni plasmatiche massime<br />

entro la prima ora) e la breve durata d’azione<br />

(4 ore), la soluzione e lo sciroppo di<br />

m o rfina consentono un aggiustamento<br />

posologico rapido e l’individuazione della<br />

dose giornaliera efficace nell’arco di 2-3<br />

giorni. Le preparazioni orali liquide di morfina<br />

possono risultare particolarmente utili<br />

anche <strong>per</strong> l’uso “al bisogno” nei pazienti che<br />

sono già in trattamento con le compresse a<br />

lento rilascio, nei pazienti che hanno difficoltà<br />

di deglutizione e nei pazienti terminali<br />

che hanno bisogno di dosi elevate di morfina.<br />

La dose iniziale dipende dal trattamento<br />

analgesico precedente. In genere, nei pazienti<br />

già trattati con un oppiaceo debole, la dose<br />

è di 10 mg ogni 4 ore (pari a 0,5 ml o a 8<br />

gocce della soluzione e 5 ml dello sciroppo)<br />

prevedendo somministrazioni extra al bisogno.<br />

Dopo 24 ore, la dose giornaliera totale<br />

va ridefinita in rapporto alle dosi supplementari<br />

richieste; <strong>per</strong> approssimazioni progressive<br />

si arriva agevolmente al raggiungimento<br />

del risultato analgesico desiderato.<br />

M o rfina a rilascio prolungato <strong>per</strong> os<br />

Il trattamento orale può essere poi


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

proseguito con i discoidi e le capsule a cessione<br />

controllata (MS Contin ® e Skenan ® ) che<br />

hanno un picco di concentrazione più lento<br />

e una durata d’azione più prolungata (12<br />

ore). Tale preparazione è capace di assicurare<br />

una concentrazione plasmatica quasi<br />

costante di morfina. Il 40% della morfina<br />

contenuta nel discoide si rende disponibile<br />

nell’arco di un’ora dall’assunzione e l’80% in<br />

circa 4 ore. Anche <strong>per</strong> questa formulazione<br />

vale il discorso della marcata variabilità del<br />

dosaggio necessario <strong>per</strong> ottenere analgesia,<br />

da un paziente all’altro, legata alla risposta<br />

individuale al farmaco.<br />

I vantaggi possono essere schematizzati così:<br />

è agevole da somministrare (ogni 12 ore ) ;<br />

elimina il disagio della dose notturna;<br />

è bene accetta dal <strong>per</strong>sonale infermieristico;<br />

il paziente la può assumere senza l’intervento<br />

di altre <strong>per</strong>sone;<br />

non presenta effetto-tetto <strong>per</strong> cui è possibile<br />

aumentare la posologia fin quando<br />

c’è bisogno.<br />

Attualmente, la morfina a lento rilascio <strong>per</strong> i<br />

vantaggi offerti rispetto alle altre forme farmaceutiche<br />

sta divenendo uno standard di riferimento.<br />

Nonostante ciò, purtroppo, l’Italia è<br />

uno dei Paesi europei dove si utilizza di meno<br />

la morfina nel dolore da cancro. Si inizia con<br />

un dosaggio di 10-20 mg ogni 12 ore e si<br />

aumenta pro g ressivamente fino a 200 mg ed<br />

o l t re al giorno. La somma totale dei milligrammi<br />

da somministrare può essere raggiunta<br />

facilmente associando i discoidi di vario<br />

dosaggio in commercio (10, 30, 60, 100 mg).<br />

Vie di somministrazione altern a t i v e<br />

alla via orale<br />

In alcune situazioni cliniche caratterizzate<br />

da vomito, disfagia severa, malassorbimento<br />

e confusione mentale, la via orale è<br />

controindicata e devono essere considerate<br />

vie di somministrazione alternative:<br />

via sublinguale;<br />

via sottocutanea;<br />

via transdermica;<br />

via endovenosa;<br />

via rettale;<br />

via spinale.<br />

Oppioidi transdermici: fentanyl-TTS<br />

Le Linee guida indicano il fentanyl<br />

transdermico come una valida alternativa<br />

alla morfina orale, in particolare nei soggetti<br />

che non riescono ad assumere la morfina p e r<br />

o s e che hanno dolore stabilizzato.<br />

Il fentanyl-TTS è meno flessibile della morfina<br />

in quanto:<br />

ha una durata d’azione di tre giorni;<br />

i suoi effetti analgesici non sono immediati,<br />

comparendo dopo 8-16 ore dall’applicazione<br />

del cerotto.<br />

Il fentanyl-TTS (Durogesic ® ) è presente in<br />

commercio con cerotti da 25, 50, 75, 100<br />

mcg/h.<br />

Attenzione alla fase di induzione:<br />

se non era in atto alcuna terapia antalgica<br />

sono necessarie circa 24 ore <strong>per</strong> raggiungere<br />

lo steady state da parte del fentanyl;<br />

utile co<strong>per</strong>tura con oppioidi muagonisti<br />

a rapida azione;<br />

se era già in atto un trattamento con<br />

oppioidi può accadere una fase di “sco<strong>per</strong>tura<br />

analgesica” con una possibile fase<br />

di astinenza; utile ridurre l’oppioide di<br />

partenza fino al raggiungimento dello<br />

steady state del fentanyl.<br />

Fentanyl citrato<br />

Formulazione esclusiva di fentanyl<br />

citrato orale transmucosale (OTFC), <strong>per</strong>mette<br />

un rapido onset analgesico simile alla<br />

PCA ev consentendo al paziente di controllare<br />

il dolore episodico intenso in modo<br />

maneggevole e non-invasivo.<br />

Il fentanyl citrato (Actiq ® ) è utile nel trattamento<br />

dei picchi di dolore acuto in pazienti<br />

già in terapia di mantenimento con un<br />

oppioide <strong>per</strong> il dolore cronico da cancro. Per<br />

picco di dolore acuto s’intende un’esacerbazione<br />

transitoria del dolore che si ha in<br />

aggiunta al dolore <strong>per</strong>sistente controllato.<br />

L’OFTC è concepito <strong>per</strong> la somministrazione<br />

oromucosale e come tale va messo in bocca,<br />

appoggiato contro la guancia, e poi mosso<br />

all’interno della bocca servendosi dell’apposito<br />

applicatore, <strong>per</strong> massimizzare l’esposizione<br />

mucosale al prodotto. Actiq ® va tenuto<br />

in bocca ma non masticato, in quanto l’assorbimento<br />

di fentanyl attraverso la mucosa<br />

123


124<br />

della bocca avviene in modo rapido rispetto<br />

all’assorbimento sistemico attraverso il tratto<br />

gastrointestinale; dev’essere consumato nell’arco<br />

di 15 minuti.<br />

Il fentanyl transmucosale viene applicato a<br />

livello della mucosa orale in quanto quest’ultima<br />

è caratterizzata da:<br />

grande su<strong>per</strong>ficie;<br />

tem<strong>per</strong>atura uniforme;<br />

alta <strong>per</strong>meabilità;<br />

molto vascolarizzata;<br />

assorbimento elevato e rapido: dopo 5<br />

minuti il 62% del farmaco è già disciolto.<br />

La dose iniziale di fentanyl citrato transmucosale<br />

deve essere di 200 microgrammi, con<br />

ulteriori incrementi secondo<br />

necessità, in base ai dosaggi<br />

disponibili (200, 400, 600,<br />

800, 1200 e 1600 mcg).<br />

La dose ottimale si ottiene<br />

quando si off re al<br />

paziente un’adeguata<br />

analgesia con effetti<br />

indesiderati accettabili,<br />

usando una<br />

singola unità poso-<br />

logica <strong>per</strong> ciascun<br />

episodio di picco di<br />

dolore acuto.<br />

Nel corso della ricerc a<br />

della dose ottimale, se entro 15 minuti dall’es<br />

a u r i m e n t o di una singola unità di A c t i q ® d a<br />

parte del paziente non si ottiene un’adeguata<br />

analgesia, è possibile usare una seconda unità<br />

di A c t i q ® di pari concentrazione. Se <strong>per</strong> il trattamento<br />

di episodi consecutivi di dolore episodico<br />

intenso occorre più di una unità posologica<br />

<strong>per</strong> ciascun episodio, considerare un<br />

aumento della dose facendo ricorso alla concentrazione<br />

immediatamente su<strong>per</strong>iore disponibile.<br />

Una volta stabilita la dose ottimale<br />

(ossia quando si riesce a trattare in maniera<br />

e fficace un episodio dolorifico con una singola<br />

unità), mantenere i pazienti a questa dose e<br />

l i m i t a re il consumo di A c t i q ® ad un massimo<br />

di quattro unità al giorn o .<br />

E ffetti collaterali della morf i n a<br />

La prevenzione ed il dominio degli<br />

effetti collaterali da morfina è determinante<br />

<strong>per</strong> il successo della terapia.<br />

OFTC: somministrazione<br />

a livello della mucosa orale.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Stipsi<br />

È il sintomo cui va incontro la stragrande<br />

maggioranza dei pazienti in trattamento<br />

con morfina.<br />

La stitichezza oltre che ad un’azione diretta sui<br />

recettori della parete intestinale è spiegabile<br />

anche in base ad altri fattori come:<br />

riduzione dell’introduzione di cibo e<br />

bevande;<br />

immobilità prolungata;<br />

dolore da defecazione;<br />

aggravamento di una stipsi preesistente;<br />

difficoltà ambientali (ricorso a familiari,<br />

ospedale, ecc.);<br />

Il controllo della stipsi deve<br />

e s s e re attuato adeguatamente<br />

e con continuità<br />

mediante l’assunzione<br />

di sostanze formanti<br />

massa (crusca, cere a l i ,<br />

ecc.), l’assunzione re -<br />

g o l a re di liquidi, con<br />

supposte e clisterini di<br />

glicerina o l’assunzione<br />

di lassativi quali<br />

senna, bisacodile, lattulosio.<br />

Gli unici pazienti<br />

esenti da ques<br />

t ’ e ffetto collaterale sono<br />

quelli affetti da steatorrea ed i colostomizz<br />

a t i .<br />

Nausea<br />

È presente con discreta frequenza, ma<br />

dopo un uso prolungato compare tolleranza.<br />

La terapia antiemetica è efficace specie con<br />

l’uso di 4 mg di ondansetron (Z o f r a n ® ) 3 volte<br />

al giorno, <strong>per</strong> via intramuscolare. In altern a t iva,<br />

si può ricorre re 10 mg di metoclopramide<br />

(P l a s i l ® ) 3 volte al giorno o ad 1 mg di alo<strong>per</strong>idolo<br />

(S e re n a s e ® ) due volte al giorno, tenendo<br />

presente l’attività sedativa. Quando non è<br />

forte è preferibile incoraggiare il paziente a<br />

non usare antiemetici che solitamente possono<br />

accre s c e re la sonnolenza.<br />

Sedazione e sonnolenza<br />

Si verifica in seguito a somministrazioni<br />

di alte dosi o all’accumulo del farmaco. In<br />

questo caso si può tentare di ridurre le dosi.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

In genere dopo alcuni giorni scompare .<br />

Questi effetti possono essere dovuti anche al<br />

“recu<strong>per</strong>o” delle ore di sonno <strong>per</strong>dute dal<br />

paziente, in precedenza, <strong>per</strong> il dolore.<br />

D e p ressione respiratoria<br />

È potenzialmente l’effetto collaterale<br />

più grave ma <strong>per</strong> il quale si sviluppa rapidamente<br />

tolleranza.<br />

In pratica il paziente dimentica di re s p i r a re<br />

( “oblio re s p i r a t o r i o”) non ricevendo lo stimolo<br />

disagevole dell’accumulo di anidride carbonica<br />

e dell’apnea. Basta incitarlo verbalmente <strong>per</strong><br />

r i a v v i a re la respirazione re g o l a re. Ma, in genere,<br />

il dolore oncologico è tale da impedire che<br />

tale effetto collaterale si verifichi e che sia<br />

grave. La terapia dei casi gravi consiste nella<br />

somministrazione di piccole dosi di un’antagonista,<br />

il naloxone (N a rc a n ® ), che sono rapidamente<br />

risolutive. La depressione re s p i r a t o r i a<br />

da buprenorfina non risente dell’uso del<br />

naloxone e può essere curata con un analettico<br />

respiratorio, il doxapram (D o x a p r i l ® ) .<br />

Intossicazione acuta<br />

È improbabile che un paziente in trattamento<br />

con oppioidi possa andare incontro<br />

ad intossicazione acuta. La diagnosi è facile.<br />

Infatti, i caratteristici segni dell’intossicazione<br />

acuta e da sovradosaggio da analgesici<br />

oppioidi (overdose) sono:<br />

depressione respiratoria;<br />

bradicardia;<br />

miosi puntiforme (detta “a capocchia di<br />

spillo”);<br />

coma.<br />

I risultati della terapia con naloxone sono<br />

immediati (pochi minuti).<br />

ALT R I O P P I O I D I<br />

Tr a m a d o l o<br />

Tra gli oppioidi minori si distingue il<br />

tramadolo. È un analgesico ad azione centrale,<br />

sintetico, del gruppo dell’aminocicloesanolo,<br />

con proprietà agoniste sui recettori<br />

degli oppioidi ed effetti sulla neurotrasmissione<br />

noradrenergica e serotoninergica.<br />

Paragonato ad altri agonisti oppioidi (morfina,<br />

petidina), esso mostra una minore incidenza<br />

di depressione card i o respiratoria e ridottissimo<br />

potenziale di dipendenza. Il tramadolo<br />

(C o n t r a m a l ® , Tr a m a l ® ) somministrato <strong>per</strong> via<br />

orale, parenterale o rettale ha dimostrato di<br />

p o s s e d e re una buona efficacia analgesica sul<br />

d o l o re neoplastico. La durata media dell’effetto<br />

analgesico del tramadolo è di circa 6<br />

o re dopo ogni singola dose; l’onset time<br />

dell’effetto analgesico è tra i 10 e i 20<br />

m i n u t i. Viene usato nel dolore neoplastico<br />

<strong>per</strong> via ev, sc, im, rettale ed orale (in gocce o<br />

nella forma sustained re l e a s e) ad una dose di<br />

100 mg/6 ore. È un farmaco quindi molto<br />

maneggevole nel paziente neoplastico ed è<br />

posizionato sul 2° gradino della scala OMS.<br />

Può essere associato validamente ai FA N S<br />

anche in alternativa all’uso degli oppioidi<br />

maggiori in quei casi dove questi ultimi sono<br />

c o n t roindicati (ad esempio in pazienti con<br />

i n s u fficienza respiratoria). Pratica risulta la<br />

somministrazione mediante pompa infusionale<br />

elastomerica che libera il paziente, <strong>per</strong><br />

molti giorni, dalla schiavitù delle somministrazioni<br />

ripetute. Tra gli effetti collaterali del<br />

tramadolo ricordiamo: nausea, vomito, sudorazione,<br />

rush cutanei, tremori, cefalea, confusione,<br />

allucinazioni.<br />

Il vomito si verifica nel 7% dei pazienti e che<br />

viene trattato mediante l’aggiunta in terapia<br />

di metoclopramide o di ondansetron.<br />

C o d e i n a<br />

La codeina, alcaloide naturale dell’oppio<br />

è, dopo l’aspirina, l’analgesico più ampiamente<br />

usato al mondo. Ciò è legato al<br />

fatto che tale farmaco è molto efficace <strong>per</strong> via<br />

orale ed ha una bassa incidenza di dipendenza<br />

fisica anche nei pazienti che l’assumono<br />

<strong>per</strong> lungo <strong>per</strong>iodo di tempo.<br />

Essa rappresenta il secondo gradino della<br />

scala analgesica dell’OMS.<br />

È molto efficace <strong>per</strong> via orale.<br />

Ha la più alta biodisponibilità <strong>per</strong> os tra<br />

<strong>tutti</strong> gli oppioidi poiché i 2/3 della dose<br />

assunta <strong>per</strong> bocca passa in forma attiva<br />

nel sangue.<br />

Nel dolore da cancro è somministrata <strong>per</strong><br />

os ad una dose di 30-60 mg/4-6 h.<br />

Bassa incidenza di dipendenza fisica<br />

anche nei pazienti che l’assumono <strong>per</strong><br />

lunghi <strong>per</strong>iodi di tempo.<br />

125


126<br />

È un prodotto galenico purtroppo non sempre<br />

re<strong>per</strong>ibile, come tale, nelle farmacie. Esiste<br />

attualmente un’associazione di codeina e<br />

p a r a c e t a m o l o (C o e ff e r a l g a n ® ) da utilizzare<br />

appunto quando i soli FANS non sono più eff icaci.<br />

Questa associazione è motivata dalla<br />

s i n e rgia d’azione fra i due principi attivi.<br />

Infatti, la giustificazione terapeutica di associare<br />

un analgesico non-oppioide (paracetamolo)<br />

ad un analgesico oppioide (codeina) è di<br />

a u m e n t a re l’efficacia analgesica agendo su due<br />

siti di azione diversi ma complementari.<br />

La posologia è di 500 mg di paracetamolo + 30<br />

mg di codeina 4 volte al giorn o .<br />

B u p re n o rf i n a<br />

La buprenorfina è un derivato semisintetico<br />

della tebaina. È circa 20-30 volte<br />

più potente della morfina, a parità di milligrammi,<br />

e la durata media d’azione è di circa<br />

6/8 ore. La buprenorfina si è rivelata utile in<br />

diversi tipi di dolore oncologico; gli effetti<br />

collaterali sono molto simili a quelli della<br />

morfina, anche se l’euforia è meno frequente<br />

ed i pazienti appaiono meno sedati che con<br />

la morfina. L’interruzione brusca della buprenorfina<br />

in pazienti dipendenti causa una sindrome<br />

di astinenza di grado moderato, che è<br />

certamente meno severa di quella che si<br />

osserva dopo l’interruzione repentina della<br />

morfina. È utilizzata in somministrazione<br />

<strong>per</strong> via sublinguale alla dose di 0.2-0.4 mg<br />

ogni 6-8 ore, con un’azione analgesica che si<br />

realizza in 15-45 minuti o in fiale da 0.3 mg<br />

<strong>per</strong> via ev. È disponibile il cerotto di buprenorfina<br />

a cessione lenta transcutanea<br />

(Trantec ® , Temgesic ® ) 35, 52,5, 70 mcg/h pari<br />

rispettivamente a 0,8 mg, 1,2 mg, 1,6 mg<br />

nelle 24 ore).<br />

Il cerotto di buprenorfina ha un inizio d’azione<br />

dopo 12-24 ore con una durata d’azione<br />

di 72 ore e raggiunge lo steady state dopo<br />

3 cerotti.<br />

Il cerotto di buprenorfina è indicato:<br />

nel dolore oncologico da moderato a<br />

severo, e nel dolore severo che non<br />

risponde agli analgesici non-oppioidi;<br />

può essere usato nei pazienti con insufficienza<br />

renale in quanto la principale via<br />

di eliminazione è quella biliare.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

O s s i c o d o n e<br />

L’ossicodone cloridrato (OxyContin ® ) a<br />

rilascio prolungato è un oppioide forte, derivato<br />

semisintetico della tebaina, con affinità<br />

<strong>per</strong> i recettori mu, kappa e delta del cervello<br />

e del midollo spinale.<br />

L’ e ffetto terapeutico è principalmente<br />

analgesico, ansiolitico e sedativo.<br />

Ha un rilascio bifasico controllato (iniziale<br />

nei primi 37 minuti ed il resto dopo<br />

6 ore circa).<br />

Assenza di “effetto tetto”.<br />

Per os l’ossicodone è circa 7-9,5 volte più<br />

potente della codeina e 2 volte più potente<br />

della morfina (10 mg di morfina orale<br />

sono equivalenti a 5 mg di ossicodone).<br />

Biodisponibilità più prevedibile della<br />

morfina (12-65% morfina vs 60-87%<br />

ossicodone).<br />

È metabolizzato a livello epatico dal citocromo<br />

P 450 in ossimorfone privo di<br />

effetto farmacologico.<br />

La dose iniziale raccomandata di ossicodone<br />

è di 10 mg ogni 12 ore, che può<br />

essere aumentata del 25-50% giornalmente.<br />

Non producendo metaboliti attivi, a differenza<br />

della morfina, può essere un’alternativa<br />

in caso di insufficienza renale<br />

da lieve a moderata e di insufficienza<br />

epatica, ma il dosaggio dev’essere ridotto<br />

da 1/3 ad 1/2 della dose abituale.<br />

Di seguito (Tabella 3) vengono indicate le<br />

principali posologie degli oppioidi utili nel<br />

dolore da cancro.<br />

FA R M A C I A D I U VA N T I<br />

Con questo termine è indicato un<br />

gruppo eterogeneo di farmaci non analgesici,<br />

diversi <strong>per</strong> struttura e meccanismo d’azione,<br />

che vengono impiegati nel dolore da cancro.<br />

Essi sono ado<strong>per</strong>ati come co-analgesici in<br />

determinati tipi di dolore, nel trattamento di<br />

alcuni sintomi che frequentemente si presentano<br />

nei pazienti oncologici e nel controllo<br />

della componente psico-affettiva e comportamentale<br />

frequentemente alterata nel paziente<br />

con dolore da cancro.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

B e n z o d i a z e p i n e<br />

Le benzodiazepine sono chiamate<br />

anche tranquillanti minori. Tra i quattro tipici<br />

effetti: miorilassante, anticonvulsivante,<br />

sedativo ed ansiolitico è quest’ultimo quello<br />

che è maggiormente sfruttato nel cancro.<br />

L’abolizione dell’ansia porta, di conseguenza,<br />

ad un maggior rilassamento che facilita il<br />

sonno. L’insonnia presente in questi malati è<br />

dovuta all’ansia, alla paura di morire durante<br />

il sonno, al dolore, alla dispnea ed ad altri<br />

fattori. Così come il dolore induce l’ansia,<br />

l’ansia può contribuire all’incremento di<br />

livello di dolore. Si deve sempre tenere presente<br />

che le benzodiazepine, come ogni farmaco<br />

che deprime il SNC, può aumentare la<br />

sedazione e la depressione respiratoria da<br />

oppioidi. Esse possono essere utilizzate con<br />

tranquillità nel trattamento del dolore oncologico,<br />

sia <strong>per</strong> la costanza dei risultati clinici,<br />

ma anche <strong>per</strong>ché dotate di grande maneggevolezza<br />

(ampio margine d’azione tra dose<br />

terapeutica e dose tossica). Può essere somministrata<br />

una dose serale di 5-10 mg di diazepam<br />

<strong>per</strong> via orale. I comuni effetti collaterali<br />

delle benzodiazepine includono debolezza,<br />

cefalea, visione alterata, vertigini, nausea,<br />

vomito e diarrea.<br />

A n t i d e p ressivi triciclici<br />

È questa un’altra categoria di farmaci<br />

ado<strong>per</strong>ati di frequente nel controllo del dolore<br />

da cancro. Infatti, poco meno di un terzo<br />

dei pazienti con dolore oncologico soffre di<br />

Tabella 3. Posologia degli oppioidi.<br />

Farmaco Specialità Via Dose media<br />

Tramadolo Contramal os, im, ev 100 mg/6h<br />

Codeina – os 30-60 mg/4-6h<br />

Morfina a cessione<br />

controllata<br />

MS-Contin - Skenan os 20-200 mg/12h<br />

Morfina – os 5-40 mg/4h<br />

Morfina – sc o im 1/3-1/4 dosi <strong>per</strong> os<br />

Morfina – ev continua 0,04-0,07 mg/kg/h<br />

Buprenorfina Temgesic - Transtec sl 0,2-0,4 mg/6-8h<br />

Buprenorfina Temgesic - Transtec im 0,3-0,6 mg/6-8h<br />

Buprenorfina Temgesic - Transtec ev idem<br />

Osicodone OxyContin os<br />

depressione concomitante.<br />

Le tre azioni maggiori <strong>per</strong> le quali gli antidep<br />

ressivi triciclici possono essere sfruttati<br />

sono:<br />

elevazione dell’umore;<br />

attività analgesica nelle neoplasie con<br />

danno dei nervi;<br />

sedazione.<br />

L’amitriptilina viene data in dose unica serale<br />

in dosaggio variabile dai 10 ai 25 mg.<br />

Questo dosaggio può essere aumentato gradualmente<br />

fino 50-75 mg. Gli effetti collaterali<br />

sono di tipo anticolinergico: bocca secca,<br />

tachicardia, alterazione della visione, ritenzione<br />

urinaria, con una variabilità d’incidenza<br />

e gravità a seconda dei farmaci.<br />

A n t i c o n v u l s i v a n t i<br />

I farmaci anticonvulsivanti come la<br />

carbamazepina ( Te g re t o l ® ), possono essere<br />

particolarmente utili nel trattamento di certi<br />

tipi di dolore correlati al danno dei nervi.<br />

Con questo farmaco possono essere alleviati<br />

o aboliti i dolori associati con invasione neoplastica<br />

dei nervi, con neuropatia, con alcune<br />

sindromi di dolore centrale o con le sindromi<br />

di dolore post-amputazione. La dose<br />

iniziale di carbamazepina è di 100 mg al<br />

giorno e proseguendo con incrementi fino ad<br />

un massimo di 400 mg.<br />

I più comuni effetti collaterali sono nausea,<br />

vomito, vertigini e sonnolenza.<br />

127


128<br />

C o r t i c o s t e roidi<br />

Questi farmaci possono essere utilizzati<br />

nella cura del dolore da cancro <strong>per</strong> la<br />

loro attività analgesica, antiinfiammatoria,<br />

come stimolanti l’appetito e <strong>per</strong> migliorare il<br />

tono dell’umore.<br />

Essi sono particolarmente ado<strong>per</strong>ati anche in<br />

specifiche situazioni cliniche quali:<br />

compressione del midollo spinale;<br />

cefalea da incremento della pressione<br />

intracranica;<br />

<strong>per</strong> aumentare la distensione del fegato<br />

nei tumori epatici;<br />

oppure <strong>per</strong> il controllo di alcuni sintomi:<br />

anoressia;<br />

malessere;<br />

sudorazione notturna.<br />

Sono indicati 4 mg di desametazone 3 volte<br />

al giorno o 10 mg di prednisolone 3 volte al<br />

giorno, che vanno ridotti dopo una settimana,<br />

ad una dose di mantenimento. L’aumento<br />

del peso corporeo ed il gonfiore da ritenzione<br />

idrica, specie del volto, possono giocare<br />

un ruolo psicologico importante nel paziente<br />

defedato.<br />

Tra i molteplici effetti secondari quelli da<br />

tener presente sono la facilità di sviluppare<br />

candidosi orofaringea (dolori alla deglutizione),<br />

l’insonnia frequente, il rischio di sanguinamento<br />

e di ulcerazioni gastriche, l’i<strong>per</strong>glicemia<br />

nei pazienti diabetici.<br />

Inconveniente di rilievo è la controindicazione<br />

(non assoluta in questo tipo di pazienti)<br />

all’uso contemporaneo dei FANS <strong>per</strong> il possibile<br />

aumento degli effetti collaterali.<br />

Altre modalità terapeutiche<br />

Un numero limitato di pazienti non<br />

risponde alle terapie analgesiche di base<br />

indicate in precedenza <strong>per</strong> cui si re n d e<br />

necessario il ricorso a tecniche specialistiche<br />

di tipo invasivo.<br />

Anche se il medico di base non è interessato<br />

in prima <strong>per</strong>sona a tali metodiche è<br />

importante che egli conosca almeno sommariamente<br />

quali sono le principali.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Molto in voga negli anni precedenti le<br />

tecniche neurolitiche midollari e le tecniche<br />

neurochirurgiche <strong>per</strong> il controllo del dolore<br />

neoplastico stanno avendo un calo d’interesse<br />

sia <strong>per</strong> le difficoltà organizzative, sia <strong>per</strong>chè<br />

non sempre completamente efficaci, sia<br />

<strong>per</strong>chè irreversibili.<br />

Tra le tecniche invasive, da anni si è<br />

affermata, <strong>per</strong> la relativa faciltà di gestione<br />

l’analgesia <strong>per</strong>idurale continua.<br />

Essa consiste nel collocare nello spazio<br />

<strong>per</strong>idurale lombare o dorsale, un piccolo<br />

catetere (del calibro di un ago da iniezione)<br />

attraverso il quale si somministrano quotidianamente<br />

dosi opportune di anestetici<br />

locali e/o di oppioidi, quali la morfina e la<br />

buprenorfina.<br />

I vantaggi di questa tecnica sono essenzialmente<br />

queste:<br />

i farmaci vengono somministrati, in<br />

quantità ridotte, direttamente sulle vie<br />

del dolore;<br />

si tratta di una tecnica reversibile;<br />

è un procedimento discretamente semplice,<br />

pur se riservato allo specialista in<br />

terapia antalgica.<br />

Una migliore riuscita dell’analgesia <strong>per</strong>idurale<br />

continua è quando si attua il completo<br />

impianto sottocutaneo del cateterino e del<br />

suo accesso <strong>per</strong>forabile, che non è visibile,<br />

ma avvertibile al tatto.<br />

In pratica, il paziente riceve le dosi di farmaco<br />

mediante la puntura della cute sotto cui è<br />

sistemato l’accesso del cateterino collegato<br />

allo spazio <strong>per</strong>idurale.<br />

L’impianto è eseguito da <strong>per</strong>sonale es<strong>per</strong>to ed<br />

in ambiente ospedaliero, in breve tempo e<br />

con minimo disagio <strong>per</strong> il paziente, non<br />

necessitando di ricovero.<br />

I rifornimenti quotidiani di anestetico<br />

locale di lunga durata come la ro p i v acaina<br />

(N a ro p i n a ® ) in aggiunta o meno ad<br />

oppioidi sono facilmente gestibili da infermieri<br />

o anche da familiari adeguatamente<br />

a d d e s t r a t i .<br />

In alternativa è possibile l’infusione<br />

continua di farmaco mediante l’impiego di<br />

un sistema elastomerico monouso ed economico.


Scripta M E D I C A<br />

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131


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Dermatite allergica da contatto del volto<br />

e cosmetici.<br />

Alessia Provini, Ornella De Pità<br />

I n t r o d u z i o n e<br />

Il desiderio dell’uomo di accre s c e re la<br />

p ropria bellezza e migliorare il proprio aspetto<br />

fisico, soprattutto del volto, è noto da tempi<br />

lontanissimi, come vediamo dalle testimonianze<br />

lasciateci sin dagli egizi e dai romani.<br />

Oggi nella società moderna tal richiesta è<br />

molto forte, con la conseguenza che si pro d ucono<br />

continuamente nuovi cosmetici. Mentre<br />

in passato l’utilizzo era pressoché esclusivo del<br />

sesso femminile, oggi s’assiste ad un cre s c e n t e<br />

m e rcato destinato non solo agli uomini ma talvolta<br />

anche all’infanzia. Il risultato è che oggi<br />

si verifica un aumento delle reazioni avverse<br />

secondarie all’uso di cosmetici.<br />

Secondo uno studio recente condotto nel<br />

Regno Unito, il 23% delle donne e il<br />

13,8% degli uomini, nel corso<br />

di un anno, ha s<strong>per</strong>imentato<br />

almeno una reazione avversa<br />

a un cosmetico.<br />

Fra tutte le reazioni avverse,<br />

le dermatiti allerg i c h e<br />

da contatto vere e pro p r i e<br />

r a p p resentano una minima<br />

parte del problema, incidendo<br />

<strong>per</strong> meno del 10% dei<br />

casi. Più spesso si tratta invece<br />

di fenomeni irritativi. La dermatite<br />

allergica da contatto è il risultato<br />

di una reazione immunologica<br />

mediata dai<br />

linfociti T dopo una<br />

fase precedente di sensibilizzazione.<br />

Dalla<br />

fase iniziale acuta, se<br />

non si interro m p e<br />

IDI, IRCCS, Roma<br />

l’applicazione, si passa gradatamente a quella<br />

subacuta con frequenti recidive, fino all’evoluzione<br />

verso la cronicizzazione.<br />

C l i n i c a<br />

La dermatite allergica del volto secondaria<br />

all’utilizzo di un cosmetico si manifesta<br />

clinicamente come una dermatite eczematosa,<br />

che può pre s e n t a re <strong>per</strong>ò degli aspetti particolari.<br />

Data l’anatomia di questa sede, spesso<br />

si hanno quadri floridi con pre v a l e n z a<br />

della vescicolazione, dell’edema e dell’essudazione;<br />

in alcuni casi si assiste ad un’estensione<br />

alle aree vicine, come il collo e le ore cchie,<br />

e talvolta al contemporaneo interessamento<br />

di altre sedi, come ad<br />

esempio le mani.<br />

Possono aversi anche delle<br />

manifestazioni indirette, come<br />

una dermatite dell’are a<br />

p e r i o c u l a re secondaria all’utilizzo<br />

di smalto <strong>per</strong> unghie;<br />

oppure delle re a z i o n i<br />

secondarie all’azione di<br />

sostanze volatili non intenzionalmente<br />

applicate sul<br />

volto (profumi, deodoranti,<br />

vapori…).<br />

Il quadro clinico dipende, oltre che<br />

dalla sede, dal tipo di cosmetico, dalla<br />

quantità e dal grado di i<strong>per</strong>sensibilità del<br />

p a z i e n t e .<br />

I n o l t re i cosmetici che <strong>per</strong>mangono<br />

a diretto contatto<br />

con la cute ( l e a v e - o n ) s o n o<br />

quelli maggiormente responsabili<br />

di reazioni allergiche<br />

rispetto a quelli a<br />

133 1


134<br />

risciacquo. Il rischio aumenta se il cosmetico è<br />

applicato su cute lesa o non <strong>per</strong>fettamente<br />

i n t e g r a .<br />

Una dermatite allergica da contatto si sospetta<br />

secondaria all’utilizzo di un cosmetico se<br />

insorge in stretta relazione temporale con<br />

l’applicazione e se si escludono altre condizioni<br />

come ad esempio delle patologie concomitanti<br />

o l’uso di alcuni farmaci.<br />

Inoltre alla sospensione dovrà seguire un<br />

miglioramento clinico che non si avrà se il<br />

prodotto continuerà ad essere applicato.<br />

A l l e r g e n i<br />

Le indagini allergologiche, ed in partic<br />

o l a re i patch test <strong>per</strong>mettono di individuare<br />

gli allergeni coinvolti. Le principali cause di<br />

dermatiti allergiche da contatto da cosmetico<br />

sono rappresentate dai metalli, dai profumi e<br />

dai conserv a n t i .<br />

Tra i metalli, il nichel è spesso in causa nell<br />

’ i n s o rgenza di una dermatite allergica da contatto.<br />

Nelle donne è la principale causa, con<br />

una <strong>per</strong>centuale del 20-40% rispetto al 3-5%<br />

degli uomini. L’ a l l e rgia da contatto al nichel<br />

solitamente è causata dall’utilizzo di bigiotteria,<br />

capi di abbigliamento ed oggetti metallici<br />

come gli orologi e gli occhiali. Il principale<br />

evento sensibilizzante sembra essere la foratura<br />

delle orecchie <strong>per</strong> l’utilizzo di ore c c h i n i .<br />

Infatti ogni donna con sensibilità al nichel ha<br />

avuto una dermatite al lobo dell’orecchio <strong>per</strong><br />

aver utilizzato oggetti nichelati. Tracce di<br />

nichel, oltre a quelle di altri metalli, possono<br />

r i t rovarsi anche nei cosmetici e in particolare<br />

in quelli contenenti pigmenti come i pro d o t-<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

ti utilizzati <strong>per</strong> finalità decorative. I pro f u m i<br />

sono un insieme di sostanze odorose pre s e nti<br />

in numerosi prodotti sia <strong>per</strong> pro f u m a re che<br />

<strong>per</strong> coprire eventuali odori sgradevoli e si<br />

r i t rovano comunemente nella composizione<br />

dei cosmetici.<br />

Le concentrazioni sono molto diverse e variano<br />

nelle diff e renti preparazioni; di solito è del<br />

12-20% nei profumi propriamente detti, del<br />

5-8% nell’acqua di toeletta, del 2-5% nell’acqua<br />

di colonia, dello 0,5-4% nei deterg e n t i ,<br />

dell’1% nei prodotti <strong>per</strong> il m a k e - u p del volto<br />

e nei l i p s t i c k, dello 0,5% in <strong>tutti</strong> gli altri<br />

cosmetici. I profumi, oltre a trovarsi comunemente<br />

nei cosmetici e nei prodotti <strong>per</strong> l’igiene<br />

<strong>per</strong>sonale, si trovano anche nei pro d o t t i<br />

<strong>per</strong> la pulizia domestica, nelle bevande, nei<br />

cibi, oltre che nei disinfettanti e nei medicamenti.<br />

Oggi vengono utilizzate dall’industria<br />

migliaia di molecole profumate, più spesso in<br />

combinazione tra loro, così che un pro f u m o<br />

da solo può contenere anche centinaia di<br />

molecole diff e re n t i .<br />

Per evidenziare un’allergia ai profumi viene<br />

impiegato nei patch test il cosiddetto “ p ro f u m i<br />

m i x”, introdotto da L a r s e n alla fine degli anni<br />

settanta, costituito da una miscela di 8 componenti.<br />

Questa miscela da sola è in grado di<br />

i d e n t i f i c a re la maggior parte dei pazienti all<br />

e rgici ai profumi ma non può rappre s e n t a re<br />

adeguatamente tutte le molecole presenti in<br />

un cosmetico o ancora di più in un pro f u m o<br />

v e ro e pro p r i o .


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Per ovviare a questa situazione, L a r s e n d i<br />

recente ha suggerito di sostituirlo con l’aldeide<br />

alfa-amil cinnamica, dotata di basso potere<br />

sensibilizzante, con il Ly r a l.<br />

Secondo l’Autore tale miscela dovrebbe essere<br />

testata in associazione con una serie di sostanze<br />

naturali (jasmin assoluto, olio di ylangylang,<br />

narciso assoluto, olio di spearmint).<br />

Infatti l’aumentato utilizzo di sostanze naturali<br />

ed estratti botanici presenti negli ultimi anni<br />

nei cosmetici ha incrementato il rischio di sensibilizzazioni<br />

e co-reattività. Inoltre ad oggi<br />

come indicatore di allergia ai profumi si utilizza<br />

ancora il balsamo del Perù, un estratto naturale<br />

di origine vegetale utilizzato da molti anni<br />

nelle serie di patch test.<br />

Dopo i metalli e i profumi, i conserv a n t i ,<br />

anche noti come biocidi o pre s e rvanti, sono le<br />

sostanze che più frequentemente determinano<br />

una dermatite allergica da contatto. Si tratta di<br />

un insieme di sostanze che, aggiunte ai cosmetici,<br />

ne prevengono il deterioramento e la contaminazione.<br />

La maggior parte di essi possiede un’azione<br />

a n t i m i c robica e antimicotica ed alcuni sono<br />

anche dotati di potere antiossidante.<br />

Possono essere utilizzati singolarmente o in<br />

combinazione tra di loro sfruttandone l’azione<br />

s i n e rgica; le concentrazioni in genere sono<br />

variabili dallo 0,1 all’1%.<br />

Dato il loro vasto impiego rappresentano oggi<br />

un’importante causa di dermatite allergica da<br />

contatto, ma la prevalenza delle sensibilizzazioni<br />

non è <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> uguale.<br />

Secondo alcuni Autori, alcuni conserv a n t i<br />

come l’Euxyl K400, il Kathon CG e la formaldeide<br />

hanno un alto potere sensibilizzante,<br />

m e n t re altri (imidazolinilurea, Q u a t e rnium 15<br />

e parabeni) possono essere considerati più<br />

sicuri.<br />

I diff e renti risultati presenti in letteratura circ a<br />

le sensibilizzazioni rispecchiano il diff e re n t e<br />

utilizzo che si fa di tali sostanze nei vari paesi.<br />

L’Euxyl K 400 è un conservante introdotto nel<br />

m e rcato europeo nella metà degli anni ottanta<br />

ed è costituito da una miscela (1:4) di metild<br />

i b ro m o g l u t a ronitrile e enossietanolo.<br />

È impiegato nei cosmetici in concentrazioni<br />

variabili dallo 0,05% allo 0,2% nei cosmetici,<br />

ma è utilizzato anche come pre s e rvante della<br />

carta igienica e in alcuni prodotti industriali.<br />

I primi casi di allergia furono segnalati in<br />

Germania nel 1989 dopo l’utilizzo di alcune<br />

lozioni <strong>per</strong> capelli e <strong>per</strong> massaggi. L’ a l l e rg e n e<br />

in causa era il metildibro m o g l u a t a ro n i t r i l e .<br />

In seguito furono segnalati altri casi anche<br />

dopo l’utilizzo di creme contorno occhi,<br />

make-up, creme barriera, detergenti e gel <strong>per</strong><br />

ultrasuoni.<br />

Il paziente allergico all’Euxyl K 400 è spesso di<br />

sesso femminile con una dermatite secondaria<br />

all’utilizzo di cosmetici con lesioni al volto, in<br />

p a r t i c o l a re dell’area <strong>per</strong>ioculare, al collo o alle<br />

mani, oppure può essere un paziente con una<br />

dermatite professionale delle mani come nei<br />

parrucchieri e nei massaggiatori.<br />

Negli ultimi anni la sensibilizzazione a questo<br />

c o n s e rvante è in forte crescita passando dallo<br />

0,7% del 1991 al 3,5% del 2000, come evidenziato<br />

in alcune nazioni euro p e e .<br />

L’aumento segnalato procede parallelamente al<br />

suo ampio utilizzo in sostituzione di altri pres<br />

e rvanti risultati più allergizzanti, come ad<br />

esempio il Kathon CG. Questo è un conserv a nte<br />

di vasto impiego, largamente utilizzato negli<br />

ultimi 20 anni come conservante della parte<br />

solubile dei cosmetici. È costituito da una<br />

miscela di metilisotiazolinone e di metilcoro isotiazolinone.<br />

L’i n c remento del suo utilizzo è<br />

legato all’elevato potere antimicrobico, anche a<br />

basse concentrazioni, e al basso costo. Si tro v a<br />

in molti cosmetici, quali creme, lozioni, detergenti,<br />

prodotti <strong>per</strong> capelli e antisolari, ma solo<br />

nei prodotti a risciacquo. Dato l’elevato potere<br />

sensibilizzante è stato pro g ressivamente sostituito<br />

da altri conservanti e <strong>per</strong>tanto i tassi di<br />

p revalenza si vanno riducendo.<br />

Gli esteri dei parabeni sono conservanti molto<br />

d i ffusi, con un’attività limitata <strong>per</strong>ò ai Gram+ e<br />

ai miceti e con un basso potere sensibilizzante.<br />

Sono responsabili di allergia da contatto in una<br />

bassa <strong>per</strong>centuale di casi, e la maggior parte<br />

dei casi di sensibilizzazione deriva dal loro<br />

impiego nei farmaci ad uso topico applicati su<br />

cute lesa. La frequenza delle reazioni allergiche<br />

ai parabeni, come emerge dalla letteratura,<br />

è sicuramente bassa, confermandoli tra i<br />

più sicuri in uso.<br />

La formaldeide è un allergene ubiquitario ad<br />

alto potere sensibilizzante, impiegato dall’industria<br />

solo nei prodotti a risciacquo, date le<br />

limitazioni delle normative europee. Le fonti<br />

135


136<br />

di sensibilizzazione possono essere di tre tipi:<br />

sostanze conservate con formaldeide libera,<br />

sostanze contenenti liberatori di formaldeide<br />

( b ronopol, Q u a t e rnium 15, imidazolinlure a ,<br />

d i a z o l i n i l u rea, dimetilol-dimetil-idantoina) e<br />

resine formaldeidiche. Anche in questo caso<br />

molte reazioni allergiche dipendono dall’applicazione<br />

di farmaci topici su cute lesa. Inoltre i<br />

pazienti allergici ai conservanti spesso sono<br />

a l l e rgici anche ad altri componenti dei cosmetici<br />

come i profumi e il nichel.<br />

Tr a t t a m e n t o<br />

Il trattamento di un eczema allergico da<br />

contatto del volto implica, prima di qualsiasi<br />

a l t ro provvedimento, l’interruzione del contatto<br />

con l’allergene responsabile. Nei casi acuti e<br />

più gravi è utile il ricorso alla terapia cortisonica<br />

<strong>per</strong> via generale <strong>per</strong> facilitare la risoluzione<br />

della sintomatologia. Notevole importanza<br />

riveste la terapia topica, che vede l’utilizzo<br />

degli steroidi scegliendo di volta in volta la<br />

classe, la formulazione e le modalità di applicazione.<br />

Nelle forme essudanti saranno indicati<br />

impacchi umidi, paste assorbenti e l’impiego<br />

di creme magre, mentre le forme cro n i c h e<br />

richiederanno formulazioni più grasse ed idratanti.<br />

In alcuni casi occorre contro l l a re un’eventuale<br />

impetiginizzazione secondaria all’utilizzo<br />

di antibiotici.<br />

Come regola è sempre molto importante sceg<br />

l i e re dei topici che non contengano nella<br />

l o ro formulazione una o più sostanze re s p o nsabili<br />

dell’eczema stesso (<strong>per</strong> esempio un<br />

c o n s e rvante).<br />

C o n c l u s i o n i<br />

Nonostante le dermatiti allergiche del<br />

volto rappresentino sola una piccola parte di<br />

tutte le reazioni che possono derivare dall’uso<br />

di un cosmetico, il crescente consumo fa sì che<br />

queste debbano essere prontamente riconosciute<br />

e trattate dallo specialista.<br />

I n o l t re tali dermatiti possono risultare estremamente<br />

invalidanti <strong>per</strong> il paziente, <strong>per</strong>c h é<br />

spesso danno luogo a reazioni clinicamente<br />

molto intense e difficili da trattare. Inoltre<br />

Scripta M E D I C A<br />

richiedono l’interruzione dell’applicazione del<br />

cosmetico e la ricerca di prodotti altern a t i v i ,<br />

situazione non sempre facilmente re a l i z z a b i l e .<br />

Al fine di ridurre il rischio allergizzante di<br />

alcuni cosmetici occorre una stretta collaborazione<br />

tra gli specialisti e l’industria. Gli scopi<br />

principali sono la diminuzione della concentrazione<br />

delle frazioni allergiche, l’eliminazione<br />

delle sostanze a provata capacità sensibilizzante<br />

ed infine la ricerca costante di sostanze<br />

s e m p re più sicure nel rispetto della gradevolezza<br />

del pro d o t t o .<br />

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Tratto da Omnia Medica 1/2007


Scripta M E D I C A<br />

Introduzione<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Patologie mammarie in età adolescenziale:<br />

approccio diagnostico-terapeutico.<br />

Erika Gubellini, Sara Brachi, Gloria Borsari, Vincenzo De Sanctis*<br />

Le affezioni mammarie riscontrabili<br />

nelle adolescenti comprendono un gruppo<br />

eterogeneo di patologie; le più frequenti<br />

sono secondarie a difetti di sviluppo della<br />

ghiandola (1).<br />

Al contrario di quanto accade nell’adulto,<br />

poca attenzione viene usualmente riservata a<br />

queste malattie durante l’adolescenza. In<br />

considerazione di ciò, riportiamo una revisione<br />

delle patologie mammarie di più frequente<br />

osservazione nell’età adolescenziale.<br />

Anomalie di forma, volume<br />

e numero<br />

Amastia ed atelia<br />

L’assenza della ghiandola mammaria,<br />

amastia, deriva dalla completa regressione<br />

della cresta mammaria. È un’anomalia estremamente<br />

rara, solitamente unilaterale. Si<br />

associa, in genere, ad altre malformazioni<br />

della parete toracica, come accade <strong>per</strong> esempio<br />

nella sindrome di Poland (aplasia dei<br />

muscoli pettorali, deformità toraciche, sindattilia,<br />

aplasia del nervo radiale ed amastia).<br />

Con atelia si intende l’assenza di uno o di<br />

entrambi i capezzoli; è anch’essa una condizione<br />

di rara osservazione (2).<br />

Entrambe le anomalie richiedono correzione<br />

chirurgica.<br />

Ipoplasia mammaria<br />

Non esiste una precisa definizione di<br />

Scuola di Specializzazione in Pediatria<br />

Università degli Studi di Ferrara<br />

* U.O. di Pediatria ed Adolescentologia<br />

Arcispedale S. Anna di Ferrara<br />

deficitario sviluppo mammario, in quanto le<br />

dimensioni delle mammelle variano notevolmente<br />

da soggetto a soggetto e dipendono<br />

<strong>per</strong> lo più da fattori genetici (2, 3).<br />

Una scarsa crescita mammaria è di maggiore<br />

riscontro nelle ragazze alte e magre; in questi<br />

casi è possibile un’associazione con il prolasso<br />

della valvola mitrale, che quindi va<br />

indagato (Figura 1).<br />

L’ipoplasia mammaria può essere secondaria<br />

ad anoressia nervosa, disfunzioni ovariche<br />

primitive e secondarie, sindrome surrenogenitale,<br />

tumori androgeno-secernenti.<br />

Una terapia radiante della parete toracica<br />

durante l’infanzia (ad es. <strong>per</strong> emangioma) o<br />

un trauma (ad es. un’estesa ustione) possono<br />

causare uno scarso sviluppo della ghiandola.<br />

Figura 1. Ipoplasia della ghiandola mammaria in<br />

una adolescente di 17 anni con prolasso della<br />

m i t r a l e .<br />

( V. De Sanctis, o s s e r vazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />

137 1


138<br />

Figura 2. Atrofia mammaria in una ragazza di 15<br />

anni con artrite reumatoide giova n i l e . La raga z z a<br />

era re golarmente mestruata.<br />

( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />

Generalmente uno scarso volume mammario<br />

non interferisce con la possibilità di allattamento.<br />

Il grado di accettazione dello svilup-<br />

Figura 3. Asimmetria mammaria in una ragazza di<br />

16 anni.<br />

( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

po mammario raggiunto è principalmente<br />

legato a fattori socio-culturali.<br />

Un intervento di chirurgia plastica può essere<br />

preso in considerazione nelle ragazze psicologicamente<br />

disturbate da tale condizione.<br />

A t rofia mammaria<br />

L’ a t rofia mammaria è di raro riscontro<br />

nell’adolescente e nella maggior parte dei casi<br />

è secondaria a severa <strong>per</strong>dita di peso, come si<br />

verifica in caso di anoressia nervosa o di patologie<br />

croniche sistemiche (Figura 2).<br />

Altre cause di atrofia mammaria includono<br />

l’ipoestrogenismo e le sindromi virilizzanti<br />

(2, 3). Anche la sclerodermia può portare ad<br />

alterazioni mammarie di tipo atrofico.<br />

La terapia consiste nel trattamento della<br />

malattia di base.<br />

Asimmetria mammaria<br />

Un’asimmetria mammaria è comune,<br />

i n t e ressando circa il 25% delle ragazze<br />

(Figura 3). Può essere fisiologica, <strong>per</strong> esempio<br />

durante lo sviluppo puberale (Figura 4),<br />

oppure secondaria a ipoplasia o i<strong>per</strong>plasia<br />

unilaterale. Va esclusa la presenza di una<br />

massa tumorale interessante una delle due<br />

mammelle, così come un storia di trauma o<br />

segni di infezione in atto (4).<br />

Figura 4. Asimmetria mammaria in una ragazza di<br />

<strong>11</strong> anni, in fase iniziale di maturazione puberale.<br />

( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Alterazioni della gabbia toracica (scoliosi di<br />

grado severo, pectus excavatum) possono<br />

causare una psedo-asimmetria.<br />

L’intervento chirurgico viene considerato in<br />

caso di importante e <strong>per</strong>sistente asimmetria.<br />

M a c romastia<br />

ed i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile<br />

L’i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile è un<br />

disturbo benigno, relativamente raro, caratterizzato<br />

da un rapido e massivo aumento del<br />

volume mammario durante la pubertà. Può<br />

e s s e re mono o bilaterale. Nelle adolescenti<br />

un’importante macromastia può causare<br />

disturbi fisici, tra cui lombalgia e cifosi posturale,<br />

e soprattutto disagio psicologico (3).<br />

L’eziologia dell’i<strong>per</strong>plasia mammaria giovanile<br />

è sconosciuta. Solitamente si presenta in<br />

maniera sporadica, ma esistono anche casi<br />

familiari.<br />

I livelli di FSH, LH ed estradiolo sono generalmente<br />

nella norma. È stata ipotizzata come<br />

causa scatenante un’aumentata sensibilità dei<br />

tessuti mammari agli estrogeni circolanti.<br />

L’esame istologico del tessuto bioptico ha<br />

mostrato come la proliferazione cellulare<br />

interessi sia lo stroma connettivale che le<br />

strutture ghiandolari.<br />

La diagnosi differenziale, nelle forme monolaterali,<br />

dovrà prendere in considerazione il<br />

fibroadenoma gigante, il tumore filloide e le<br />

malattie infiammatorie della mammella. I<br />

tumori maligni come il linfoma, il sarcoma o<br />

le metastasi sono invece estremamente rari<br />

durante l’età adolescenziale.<br />

La riduzione mammoplastica è il trattamento<br />

d’elezione. Va eseguita in tarda adolescenza<br />

così da <strong>per</strong>mettere uno sviluppo mammario<br />

completo. In considerazione della tendenza<br />

alla recidiva, viene consigliato da alcuni<br />

Autori un trattamento farmacologico con<br />

tamoxifene (un antagonista dei re c e t t o r i<br />

estrogenici) <strong>per</strong> circa 8-12 settimane dopo la<br />

riduzione chirurgica (1).<br />

Mammelle a tubero<br />

La mammella a tubero è una variante<br />

dello sviluppo mammario (1-4). In questi<br />

casi l’impianto della mammella è ristretto in<br />

senso verticale ed orizzontale (tipo 1) o solo<br />

in senso orizzontale (tipo 2) ed il complesso<br />

Figura 5. Mammella “a tubero” in una adolescent<br />

e . Questa anomalie si associa a disvolumetria<br />

m a m m a r i a .<br />

( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )<br />

areola-capezzolo è sporgente ed eccessivamente<br />

sviluppato (aspetto a “tubero”). Il tessuto<br />

mammario, ipoplasico, è erniato in sede<br />

areolare (Figura 5).<br />

L’intervento chirurgico è indicato in caso di<br />

gravi disturbi psicologici conseguenti a tale<br />

anomalia e va rinviato fino al completamento<br />

dello sviluppo mammario.<br />

Polimastia e politelia<br />

Mammelle sovrannumerarie (p o l i m a -<br />

s t i a) e capezzoli sovrannumerari (p o l i t e l i a) non<br />

sono di comune osservazione nella pratica<br />

p rofessionale. Si riscontrano lungo il decorso<br />

delle primitive creste mammarie, tra l’ascella e<br />

l’inguine, e sono, di solito, asintomatici (3).<br />

L’eziologia di queste anomalie sembra risiedere<br />

in un fallimento della normale regressione<br />

della cresta mammaria, probabilmente<br />

secondario ad una mancata espressione del<br />

gene regolatore di questo processo.<br />

Esiste un’associazione tra queste anomalie e<br />

malformazioni del sistema cardiovascolare<br />

ed urinario.<br />

L’escissione chirurgica delle mammelle e dei<br />

capezzoli accessori è indicata nelle pazienti<br />

139


140<br />

sintomatiche (dolore, secrezione dal capezzolo<br />

sovrannumerario o presenza di una<br />

massa a livello del tessuto mammario ectopico)<br />

o <strong>per</strong> motivi estetici.<br />

Inversione del capezzolo<br />

L’inversione del capezzolo è caratterizzata<br />

dalla localizzazione del capezzolo su un<br />

piano inferiore rispetto a quello dell’areola.<br />

Esistono diversi gradi di inversione del<br />

capezzolo, che può apparire piatto o addirittura<br />

depresso.<br />

Questa anomalia può essere congenita o<br />

secondaria a ripetuti processi infiammatori<br />

della mammella (1). È causata dalla fibrosi e<br />

dalla retrazione dei dotti galattofori sottostanti<br />

il capezzolo. Può comportare problemi<br />

sia estetici che fuzionali, tra cui l’impossibilità<br />

ad allattare.<br />

In genere l’intervento chirurgico è controindicato<br />

<strong>per</strong>ché difficilmente porta ad una correzione<br />

completa e <strong>per</strong>ché causa, non infrequentemente,<br />

complicanze post-o<strong>per</strong>atorie:<br />

disturbi sensoriali del capezzolo, marcate<br />

cicatrici a livello dell’areola e disfunzioni<br />

mammarie.<br />

Masse mammarie<br />

In età adolescenziale le masse mammarie<br />

sono nella maggior parte dei casi di<br />

natura benigna; l’approccio diagnostico può<br />

dunque essere, al meno nelle fasi iniziali, di<br />

tipo non invasivo. Una valutazione clinica<br />

accurata associata ad indagine ecografia e in<br />

alcuni casi ad esame citologico sono in genere<br />

sufficienti <strong>per</strong> un corretto inquadramento<br />

della patologia.<br />

F i b ro a d e n o m a<br />

Il fibroadenoma è la patologia mammaria<br />

benigna più tipica dell’età adolescenziale<br />

(1-4). Si presenta come una massa rotondeggiante,<br />

di consistenza duro-elastica, nettamente<br />

delimitata, liscia o polilobata, mobile<br />

rispetto al tessuto mammario circostante.<br />

È in genere non dolente o lievemente dolente<br />

soprattutto nel <strong>per</strong>iodo pre-mestruale.<br />

Il fibroadenoma insorge più frequentemente<br />

nel quadrante su<strong>per</strong>o-esterno della ghiando-<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

la mammaria; nel 10-15% dei casi è multiplo<br />

e bilaterale. In genere presenta una crescita<br />

lenta, non su<strong>per</strong>ando i 2-3 cm di diametro<br />

(Figura 6). Solo raramente si riscontrano<br />

fibroadenomi giganti, esclusivi dell’adolescenza,<br />

che tendono ad accrescersi con maggior<br />

rapidità fino a raggiungere dimensioni cospicue<br />

(10-12 cm) con conseguente deformità<br />

ed asimmetria mammarie.<br />

La causa specifica dell’insorgenza del fibroadenoma<br />

non è conosciuta. È’ stata ipotizzata<br />

una sensibilità abnorme del tessuto mammario<br />

agli estrogeni circolanti in quanto durante<br />

la gravidanza il tumore va incontro a<br />

modificazioni i<strong>per</strong>plastiche, mentre nel<br />

<strong>per</strong>iodo postmenopausale tende a regredire.<br />

Istologicamente il fibroadenoma è una<br />

neoformazione capsulata costituita da una<br />

doppia componente ghiandolare e stromale<br />

con fibrosi di vario grado.<br />

La diagnosi di fibroadenoma è clinica e strumentale.<br />

L’esame d’elezione è l’ecografia che<br />

mette in evidenza una lesione ipoecogena, di<br />

aspetto ovalare, con asse maggiore parallelo<br />

al piano cutaneo. In caso di dubbio diagnostico,<br />

legato alle caratteristiche del nodulo,<br />

andrà effettuato l’esame citologico su agoaspirato.<br />

Figura 6. Asimmetria dello sviluppo della ghiandola<br />

mammaria in una adolescente di <strong>11</strong> anni con<br />

fibroadenoma mammario destro.<br />

( V. De Sanctis, o s s e rvazione <strong>per</strong>s o n a l e )


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

I fibroadenomi regrediscono spontaneamente<br />

nel 25% dei casi e non hanno tendenza a<br />

degenerare in senso maligno. Per tali motivi<br />

non è necessario asportare sistematicamente<br />

<strong>tutti</strong> i fibroadenomi. L’intervento chirurgico è<br />

indicato solo se <strong>per</strong>siste il dubbio diagnostico<br />

(diagnosi differenziale col tumore filloide)<br />

o in caso di un fibroadenoma a rapido accrescimento<br />

e/o in presenza di dimensioni tali<br />

(su<strong>per</strong>iori a 3-4 cm) da determinare problemi<br />

psicologici ed estetici nella paziente.<br />

C i s t i<br />

Dopo il fibroadenoma, le masse mammarie<br />

più comuni nelle adolescenti sono<br />

rappresentate dalle cisti, che originano dalla<br />

dilatazione dei dotti galattofori (1, 2).<br />

Obiettivamente la cisti si presenta come una<br />

lesione di consistenza teso-elastica, a su<strong>per</strong>ficie<br />

liscia, con margini definiti, mobile<br />

rispetto ai piani sopra e sottostanti. In genere<br />

è singola e unilaterale.<br />

Nella maggior parte dei casi le cisti mammarie<br />

sono asintomatiche; possono risultare<br />

dolenti se di grande volume o se complicate<br />

da processi flogistici.<br />

L’indagine diagnostica d’elezione è l’ecografia,<br />

che mostra un’area anecogena a contorn i<br />

regolari con rinforzo di parete posteriore.<br />

Solitamente le cisti tendono a re g re d i re spontaneamente<br />

nell’arco di alcune settimane o mesi<br />

senza la necessità di alcuna terapia, se non<br />

l’uso di analgesici in caso di dolore. La paziente<br />

va rassicurata sulla benignità della lesione.<br />

La <strong>per</strong>sistenza di una cisti sintomatica richiede<br />

l’esecuzione di un’agocentesi allo scopo di<br />

detendere la massa. Qualora il liquido aspirato<br />

risultasse ematico vi è indicazione all’esame<br />

citologico del liquido stesso.<br />

Cisti multiple e ricorrenti configurano il quadro<br />

della mastopatia fibrocistica.<br />

Lipomi del seno<br />

Si tratta di masse benigne generalmente<br />

di piccole dimensioni, soffici e lobulate.<br />

Possono essere trattate con la semplice escissione<br />

chirurgica se di volume cospicuo.<br />

Tu m o re filloide<br />

Il tumore filloide è una rara neoplasia<br />

mammaria a componente mista connettivale<br />

ed epiteliale. Si presenta come una massa<br />

unica non dolente, a su<strong>per</strong>ficie bozzoluta, di<br />

consistenza disomogenea, a contorni non<br />

sempre ben definiti, inizialmente mobile sui<br />

piani sopra e sottostanti tanto da essere difficilmente<br />

differenziabile, nelle fasi iniziali, dal<br />

fibroadenoma mammario.<br />

Tende ad accrescersi rapidamente raggiungendo<br />

talora dimensioni cospicue.<br />

Istologicamente è caratterizzato da noduli<br />

stromali che aggettano nei lumi dei canalicoli<br />

conferendo alla lesione un aspetto fogliaceo<br />

(1, 4).<br />

Nella maggioranza dei casi questo tumore ha<br />

un comportamento benigno; tuttavia esistono<br />

forme borderline, a basso grado di malignità<br />

e francamente maligne con capacità<br />

metastatizzante (cistosarcoma filloide).<br />

Per la sua potenzialità maligna il tumore filloide<br />

va sempre asportato. L’escissione del<br />

nodulo deve essere ampia e completa vista la<br />

possibilità di recidiva.<br />

C a rcinoma mammario<br />

È di rara osservazione in età adolescenziale<br />

(1).<br />

I fattori di rischio sono rappresentati da<br />

m e n a rca precoce, familiarità positiva <strong>per</strong><br />

tumori mammari e pregressa terapia radiante<br />

al torace.<br />

Il carcinoma mammario si manifesta sotto<br />

forma di una massa unica, di elevata consistenza,<br />

non dolente, infiltrata e a margini<br />

indistinti.<br />

Il trattamento non differisce da quello utilizzato<br />

nella donna adulta.<br />

Più comuni del tumore primitivo sono le l e -<br />

sioni maligne secondarie (metastasi di rabdom<br />

i o s a rcoma, linfoma, s a rcoma di Ewing, neuroblastoma<br />

o leucemia acuta linfoblastica).<br />

Patologie infiammatorie<br />

e traumatiche<br />

Mastiti ed ascessi mammari<br />

Le mastiti in età adolescenziale sono<br />

in genere secondarie a traumi, depilazione<br />

della peluria areolare, infezioni cutanee della<br />

regione mammaria.<br />

Tra i patogeni responsabili il più comune è lo<br />

141


142<br />

Staphylococcus aure u s; altri batteri implicati<br />

sono Escherichia Coli, Pseudomonas species,<br />

M i c rococcus pyogenes, streptococchi ed anaerobi.<br />

Clinicamente le mastiti si manifestano con<br />

d o l o re, arrossamento ed edema cutaneo a cui<br />

si associano generalmente segni sistemici (febb<br />

re, leucocitosi) (1, 2). Talvolta è presente una<br />

s e c rezione purulenta dal capezzolo. La terapia<br />

consiste nell’applicazione di impacchi caldi e<br />

nella precoce istituzione di un’adeguata terapia<br />

antibiotica. L’ecografia è d’aiuto <strong>per</strong> esclud<br />

e re una raccolta ascessuale, il cui trattamento<br />

prevede il drenaggio chirurgico. Per atten<br />

u a re l’infiammazione ed i disturbi soggettivi<br />

locali può essere utile la somministrazione di<br />

farmaci antinfiammatori non stero i d e i .<br />

Tr a u m i<br />

Il trauma mammario nelle adolescenti<br />

è abbastanza comune, soprattutto in seguito<br />

ad attività sportiva. Si presenta come contusione<br />

o ematoma ed in genere si risolve senza<br />

reliquati. A volte tuttavia si può verificare<br />

steatonecrosi, che dà esito a trasformazioni<br />

cistiche tardive e a fibrosi, con conseguente<br />

retrazione del capezzolo o della cute nell’area<br />

colpita (1, 2).<br />

Mastodinia<br />

Un dolore mammario (m a s t o d i n i a), o<br />

più frequentemente una sensazione di “t e n s i one<br />

mammaria”, viene riferito non di rado dopo<br />

il menarca. La sintomatologia è in genere bilaterale<br />

e scarsamente localizzata; compare nella<br />

fase luteale del ciclo e re g redisce con l’inizio<br />

del flusso mestruale (mastodinia ciclica).<br />

La terapia si basa sulla somministrazione di<br />

analgesici, ad esempio farmaci antinfiammatori<br />

non steroidei (FANS), associata all’impiego<br />

di un reggiseno contenitivo. Nei casi<br />

più gravi è indicato l’uso di estroprogestinici.<br />

Nella maggior parte delle pazienti la mastodinia<br />

si risolve spontaneamente nell’arco di<br />

mesi o anni (1-3).<br />

A volte il dolore non è correlato al ciclo<br />

mestruale (mastodinia non ciclica). In questi<br />

casi può essere secondario a patologie della<br />

p a rete toracica (muscoli, spazi interc o s t a l i ,<br />

giunzione condro-costale), uso di marijuana,<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

gravidanza, i<strong>per</strong>prolattinemia, assunzione di<br />

farmaci (ad es. antidepressivi). In <strong>tutti</strong> i casi va<br />

esclusa la presenza di una massa mammaria.<br />

Nelle forme lievi-moderate la terapia si basa<br />

sulla somministrazione di analgesici e sull’uso<br />

di un reggiseno di supporto. Nelle forme<br />

s e v e re sono stati utilizzati vari farmaci tra cui<br />

il danazolo, il tamoxifene e la bro m o c r i p t i n a .<br />

Poiché questi farmaci hanno effetti collaterali<br />

a lungo termine, il loro uso deve essere limitato<br />

ad un breve <strong>per</strong>iodo e riservato alle<br />

pazienti con sintomatologia particolarmente<br />

grave.<br />

Secrezione del capezzolo<br />

G a l a t t o rre a<br />

La galattorrea consiste in una secrezione<br />

di liquido lattescente dal capezzolo, non<br />

fisiologica in quanto al di fuori del <strong>per</strong>iodo<br />

dell’allattamento. È in genere bilaterale e si<br />

manifesta spontaneamente o <strong>per</strong> spremitura<br />

delle mammelle. Può essere idiopatica (nelle<br />

prime fasi dello sviluppo puberale) oppure<br />

secondaria a disordini endocrini (adenomi<br />

ipofisari pro l a t t i n o - s e c e rnenti, ipotiro i d ismo,<br />

malattia di Cushing) o all’uso di farmaci<br />

(contraccettivi orali, antidepressivi triciclici,<br />

fenotiazine, cannabinoidi) (1-4, 6).<br />

Raramente è causata da una stimolazione<br />

locale del capezzolo o da un trauma della<br />

parete toracica, che attraverso l’attivazione<br />

dell’asse ipotalamo-ipofisario scatena l’i<strong>per</strong>produzione<br />

di prolattina.<br />

Per l’inquadramento diagnostico vanno<br />

determinati innanzitutto i livelli ematici di<br />

prolattina. Se viene riscontrata un’i<strong>per</strong>prolattinemia<br />

è indicata l’esecuzione di una RMN<br />

con gadolinio <strong>per</strong> escludere la presenza di un<br />

adenoma ipofisario.<br />

Vanno inoltre indagate la funzionalità tiroidea<br />

e cortico-surrenalica.<br />

Un’attenta anamnesi farmacologia può individuare<br />

un’eventuale eziologia iatrogena.<br />

Il trattamento della galattorrea consiste in<br />

primo luogo nella correzione della causa sottostante.<br />

Qualora ciò non sia possibile o non<br />

si identifichi alcuna patologia responsabile<br />

della galattorrea, è indicato l’uso di agonisti<br />

dopaminergici.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

L’intervento chirurgico <strong>per</strong> via transfenoidale<br />

è necessario solo in caso di macroadenoma,<br />

<strong>per</strong>altro non frequente in età adolescenziale.<br />

A l t re secrezioni del capezzolo<br />

Oltre alla galattorrea, le altre secrezioni<br />

mammarie non sono di frequente osservazione<br />

in età adolescenziale. In genere unilaterali,<br />

sono principalmente dovute ad infezioni<br />

o altre condizioni benigne (1-6).<br />

Una secrezione purulenta è suggestiva di infezione;<br />

in questi casi va eseguita la coltura del<br />

materiale secreto ed iniziata l’opportuna terapia<br />

antibiotica. L’ectasia duttale determina episodiche<br />

secrezioni areolari di colore brunastro .<br />

Essa origina dall’ostruzione e conseguente<br />

dilatazione di un dotto mammario. Gradi massivi<br />

di distensione portano alla formazione di<br />

v e re e proprie cisti in sede re t ro a re o l a re (5, 6).<br />

Obiettivamente l’ectasia duttale si pre s e n t a<br />

come un nodulo palpabile nella regione subare<br />

o l a re; l’indagine ecografia mostra strutture<br />

tubulari anecogene o dotti pieni di secre t o .<br />

Non si associano alterazioni endocrine (5).<br />

Si tratta di un problema benigno, autolimitantesi<br />

che evolve verso la guarigione spontanea<br />

in alcune settimane. Raramente, i dotti<br />

dilatati possono infettarsi con rischio di<br />

complicanze ascessuali e necessità di escissione<br />

chirurgica. La diagnosi differenziale<br />

dovrà essere posta con le forme neoplastiche<br />

e con la mastopatia fibrocistica, condizioni<br />

entrambe rare in età evolutiva.<br />

Una secrezione ematica o siero - e m a t i c a<br />

monoorifiziale può essere segno di papilloma<br />

intraduttale, neoformazione benigna che tipicamente<br />

si sviluppa nei dotti galattofori maggiori<br />

della zona sottoareolare.<br />

È caratterizzata istologicamente da una proliferazione<br />

delle cellule epiteliali duttali<br />

intorno ad un asse connettivo-vascolare centrale.<br />

Di consistenza fragile, tende a sanguinare<br />

al minimo traumatismo.<br />

Quando palpabile, appare come una tumefazione<br />

molle che in genere non su<strong>per</strong>a il diametro<br />

di 1 cm (4).<br />

Il gold-standard <strong>per</strong> la diagnosi è rappresentato<br />

dalla duttogalattografia, che evidenzia il<br />

papilloma come un minus endoluminale di<br />

aspetto moriforme.<br />

Il papilloma intraduttale non ha la tendenza<br />

alla trasformazione in senso maligno.<br />

In presenza di un dubbio diagnostico, nei<br />

casi di ricorrenza della secrezione ematica<br />

dal capezzolo, a causa di una eccessiva ansia<br />

da parte dei genitori o della ragazza viene<br />

consigliato l’intervento chirurgico.<br />

Conclusioni<br />

Lo scopo di questo lavoro è stato quello<br />

di stimolare l’attenzione del Lettore su una<br />

problematica medica abbastanza frequente<br />

nella pratica professionale.<br />

Le patologie mammarie dell’adolescente<br />

sono prevalentemente dovute ad alterazioni<br />

della forma e del volume della ghiandola o<br />

sono secondarie a patologie benigne.<br />

È es<strong>per</strong>ienza comune che non sempre vengano<br />

adeguatamente inquadrate e valutate. In<br />

considerazione di ciò abbiamo riportato l’es<strong>per</strong>ienza<br />

<strong>per</strong>sonale ed i dati della letteratura<br />

sull’argomento.<br />

Desideriamo, inoltre, ricordare che l’adolescente<br />

vive con disagio queste anomalie o<br />

patologie e, <strong>per</strong>tanto, necessita non solo di<br />

un inquadramento diagnostico-terapeutico,<br />

ma anche di un supporto psicologico da<br />

parte dello specialista (pediatra-adolescentologo,<br />

psicologo).<br />

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143


Scripta M E D I C A<br />

Rottura prematura delle membrane a term i n e<br />

(≥37 settimane) (PROM):<br />

indurre il travaglio o attendere?<br />

La risposta dell’evidence based medicine.<br />

Pietro Cazzola<br />

Le membrane extraplacentari<br />

La parete del sacco fetale (amniotico) è<br />

costituita da tre membrane (amnion, chorion<br />

e decidua (Figura 1), la cui principale funzione<br />

è quella di trattenere il liquido amnio-<br />

tico intorno all’emb<br />

r i o n e / f e t o . Con il<br />

p ro g re d i re della crescita<br />

embrio-fetale le<br />

membrane vanno inc<br />

o n t ro a una loro distensione<br />

che, fino<br />

c i rca alla metà della<br />

gravidanza, si accompagna<br />

anche ad<br />

un aumento del num<br />

e ro delle cellule<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Figura 1. Struttura istologica della parete del sacco amniotico.<br />

Specialista in Anatomia<br />

e Istologia Patologica<br />

e Tecniche di Laboratorio, Milano<br />

che le compongono. Da quel momento in poi<br />

la distensione non è seguita da pro l i f e r a z i o n e<br />

c e l l u l a re e le membrane di conseguenza si<br />

assottigliano notevolmente.<br />

Al momento del parto il polo inferiore delle<br />

membrane, <strong>per</strong> effetto dell’appiattimento e<br />

della dilatazione del<br />

collo dell’utero, si<br />

stacca dalla decidua<br />

parietale e forma la<br />

cosiddetta “borsa delle<br />

a c q u e” (Figura 2).<br />

Figura 2. Formazione della “borsa delle acque”.<br />

Rottura<br />

delle membrane<br />

Nel travaglio fisiologico<br />

la rottura delle<br />

membrane avviene<br />

quando la dilatazione<br />

cervicale è quasi com-<br />

Subito prima del travaglio Prima fase del travaglio<br />

145 1


146<br />

pleta e in genere si realizza in corrispondenza<br />

dell’acme di una contrazione uterina.<br />

In rapporto al momento in cui avviene la<br />

rottura delle membrane rispetto all’insorgenza<br />

del travaglio e alla durata della gravidanza<br />

è possibile distinguere le seguenti<br />

situazioni:<br />

rottura delle membrane durante il travaglio<br />

a termine (37 settimane o più) [rupture<br />

of membranes (ROM); rottura tempestiva];<br />

rottura delle membrane a termine (37<br />

settimane o più) prima dell’inizio del<br />

travaglio [premature o prelabor rupture of<br />

membranes (PROM); rottura intempestiva<br />

prematura];<br />

rottura delle membrane pretermine (24-<br />

37 settimane) prima dell’inizio del travaglio<br />

[preterm premature rupture of membranes<br />

(PPROM)].<br />

PROM (a termine)<br />

Come precedentemente accennato, <strong>per</strong><br />

PROM a termine si intende la rottura delle<br />

membrane, a partire dalla 37 a settimana di<br />

gestazione, prima che il parto sia iniziato.<br />

L’ incidenza della PROM a termine è<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

stimata essere l’8% (1).<br />

La PROM è generalmente una condizione<br />

benigna dal momento che il 79% delle<br />

donne partorirà entro 12 ore e il 95% entro<br />

24 ore (1).<br />

Per queste donne la prognosi del decorso del<br />

parto e del <strong>per</strong>iodo <strong>per</strong>ipartum rimane eccellente<br />

e l’amnioressi andrebbe considerata un<br />

evento fisiologico, piuttosto che una situazione<br />

patologica (2).<br />

Sfortunatamente il 5-10% delle donne con<br />

PROM non entrerà in travaglio nelle successive<br />

72 ore e il 2-5% non avrà ancora partorito<br />

dopo una settimana (2).<br />

In questi casi aumenta significativamente il<br />

rischio di complicanze materne e neonatali<br />

durante il parto e nel <strong>per</strong>iodo immediatamente<br />

successivo.<br />

Le cause della PROM non sono del tutto<br />

chiarite, ma sono state identificate alcune<br />

condizioni in cui essa è più frequente: gravidanze<br />

multiple, polidramnios, fumo di sigaretta,<br />

alterate proprietà meccaniche delle<br />

membrane, frequenti esplorazioni vaginali,<br />

coito e infezioni (3, 4).<br />

Conseguenze della PROM<br />

Le conseguenze della PROM possono<br />

e s s e re immediate, come il prolasso del funicolo,<br />

la compressione del cordone ombelicale e<br />

Tabella 1. Principali outcomes materni e fetali considerati nella revisione Cochrane (16).<br />

Outcomes materni Outcomes fetali e neonatali<br />

Mortalità materna Mortalità<br />

Taglio cesareo Prolasso del cordone ombelicale<br />

Parto vaginale Età gestazionale alla nascita<br />

Parto vaginale strumentale Tempo tra la PROM e la nascita<br />

Chorioamniosite Respiratory distress syndrome<br />

Endometrite Punteggio di Apgar


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

il distacco placentare (condizioni che richiedono<br />

il taglio cesareo o il parto vaginale strumentale),<br />

o tardive, come le infezioni matern e<br />

(corioamniosite e endometrite) (5-7).<br />

Quest’ultime, a loro volta, possono diffondersi<br />

al feto, incrementandone la mortalità, o<br />

causare al neonato respiratory distress syndrome<br />

e paralisi cerebrale (1, 7-10).<br />

Alcune osservazioni hanno evidenziato che<br />

il rischio di infezioni materne e fetali aumenta<br />

con il trascorrere del tempo tra PROM e<br />

nascita (10, <strong>11</strong>), mentre altre non hanno<br />

mostrato tale correlazione (4, 12).<br />

PROM: strategie terapeutiche<br />

Chi assiste una gestante con PROM si<br />

trova di fronte alle seguente dilemma: attendere<br />

che il travaglio inizi spontaneamente o<br />

indurre il parto?<br />

Finora l’unico dato certo era rappre s e n t a t o<br />

dalla constatazione che la soddisfazione delle<br />

donne è maggiore tanto è minore il tempo che<br />

t r a s c o r re tra la PROM e la nascita (13).<br />

La PROM rappresenta una possibile indicazione<br />

all’induzione del parto sia <strong>per</strong> l’A m e -<br />

rican College of Obstetricians and Gynaecologists<br />

sia <strong>per</strong> il Royal College of Obtetricians and<br />

G y n a e c o l o g i s t (14, 15).<br />

La prima organizzazione consiglia l’osservazione<br />

della paziente fino a 24-72 ore (da 1 a<br />

3 giorni), mentre la seconda organizzazione<br />

si limita ad affermare che non bisognerebbe<br />

attendere più di 96 ore (4 giorni!) <strong>per</strong> intervenire<br />

(14, 15).<br />

Come si può notare i limiti temporali prospettati<br />

sono molto ampi, non univoci, e <strong>per</strong>ciò<br />

contrastanti con i principi della e v i d e n c e<br />

based medicine che si propone di trasferire<br />

nella pratica clinica ciò che i risultati degli<br />

studi meglio condotti hanno evidenziato. A<br />

s o p p e r i re a queste lacune è re c e n t e m e n t e<br />

i n t e rvenuta una revisione C o c h r a n e ( 1 6 ) .<br />

Revisione Cochrane<br />

Obiettivo<br />

Verificare i risultati dell’induzione precoce<br />

(entro le 24 ore) rispetto all’attesa (nessun<br />

intervento entro le 24 ore) nelle gravide con<br />

PROM alla 37 a settimana.<br />

Principali outcomes<br />

Nella Tabella 1 sono indicati i principali outcomes<br />

materni, fetali e neonatali presi in<br />

considerazione.<br />

Studi presi in esame<br />

Nella revisione sono stati inclusi 12 trial <strong>per</strong><br />

un totale di quasi 7.000 donne.<br />

Metodi di induzione del parto<br />

Ossitocina: 7 trial<br />

Prostaglandine: 5 trial<br />

Caulophyllum: 1 trial<br />

Principali risultati materni<br />

Taglio cesareo: nessuna differenza tra i<br />

due gruppi (intervento immediato, nessun<br />

intervento) anche nell’ambito dei<br />

sottogruppi (ossitocina, prostaglandine,<br />

caulophyllum).<br />

Parto vaginale e parto vaginale strumentale:<br />

nessuna differenza tra i due<br />

gruppi.<br />

Chorioamniosite: nel gruppo intervento<br />

immediato riduzione del 26% del rischio<br />

relativo globale.<br />

E n d o m e t r i t e: nel gruppo interv e n t o<br />

immediato riduzione del 70% del rischio<br />

relativo globale.<br />

Tempo di ospedalizzazione antenatale:<br />

riduzione sia nel gruppo con ossitocina,<br />

sia nel gruppo con prostaglandine.<br />

Tempo di ospedalizzazione postnatale:<br />

riduzione sia nel gruppo con ossitocina,<br />

sia nel gruppo con prostaglandine.<br />

Principali risultati neonatali<br />

Infezioni neonatali: nessuna differenza<br />

tra i due gruppi (intervento immediato,<br />

nessun intervento) anche nell’ambito dei<br />

sottogruppi (ossitocina, prostaglandine,<br />

caulophyllum).<br />

147


148<br />

Ricovero nelle unità di cura intensiva<br />

neonatale: nel gruppo intervento immediato<br />

riduzione del 27% del rischio relativo<br />

globale.<br />

Conclusioni<br />

Nelle donne con PROM alla 37a settimana<br />

di gestazione l’induzione al parto<br />

entro le 24 ore dalla rottura riduce il rischio<br />

di chorioamniosite ed endometrite, senza<br />

aumentare l’incidenza di parti cesarei e di<br />

parti vaginali strumentali.<br />

L’induzione al parto entro le 24 ore dalla<br />

PROM riduce l’incidenza dei ricoveri nelle<br />

unità di cura neonatale.<br />

Le donne (e i medici) dovre b b e ro essere adeguatamente<br />

informate di questi risultati <strong>per</strong><br />

c o m p i e re scelte più consapevoli.<br />

Fattori di predizione<br />

del successo dell’induzione<br />

L’ induzione del travaglio è definita<br />

come l’inizio artificiale delle contrazioni uterine,<br />

prima della loro insorgenza spontanea,<br />

volte a determinare la progressiva dilatazione<br />

e scomparsa della cervice allo scopo di<br />

promuovere il parto <strong>per</strong> via vaginale (17).<br />

Tabella 2. Punteggio di Bishop.<br />

Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

A causa della possibilità di insuccesso dell’induzione,<br />

diversi fattori materni e fetali e<br />

vari test di screening sono stati suggeriti al<br />

fine di predire l’esito di tale intervento.<br />

Le condizioni della cervice uterina all’inizio<br />

dell’induzione, ed in particolare la dilatazione,<br />

rappresentano i più importanti fattori<br />

predittivi e Bishop, che <strong>per</strong> primo nel 1964<br />

descrisse la correlazione tra la presenza di<br />

una cervice favorevole e il conseguente parto<br />

<strong>per</strong> via vaginale, ha elaborato una scala a<br />

punti che <strong>per</strong>mette di prevedere se l’induzione<br />

può avere successo o meno (18)<br />

(Tabella 2).<br />

Una recente metanalisi di Crane (2006) ha<br />

confermato che il punteggio di Bishop continua<br />

ad essere un valido fattore predittivo del<br />

parto vaginale e che l’ultrasonografia transvaginale<br />

e il dosaggio della fibronectina<br />

fetale non gli sono su<strong>per</strong>iori (19).<br />

Induzione del travaglio<br />

con prostaglandine<br />

Nella Tabella 3 sono indicati i metodi utilizzati<br />

<strong>per</strong> ottenere la maturazione cervicale e<br />

l’induzione del travaglio (20).<br />

Le prostaglandine (PG) agiscono sul processo<br />

maturativo della cervice attraverso differenti<br />

meccanismi locali (21, 22):<br />

Parametro\ Punteggio 0 1 2 3<br />

Posizione cervice Posteriore Intermedia Anteriore<br />

Consistenza cervice Rigida Media Soffice<br />

Lunghezza cervice (cm) >3 >2 >1 >0<br />

Dilatazione cervice (cm) 4<br />

Livello della testa fetale –3 –2 –1, 0 +1, +2<br />

Il punteggio massimo possibile è 13.<br />

Punteggio 0-3: altamente sfavorevole.<br />

Punteggio 4-5: condizioni mediamente sfavorevoli.<br />

Punteggio >5: condizioni favorevoli.


Scripta M E D I C A<br />

<strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Tabella 3. Metodi <strong>per</strong> ottenere la maturazione cervicale e indurre il parto (20).<br />

Maturazione cervicale non farmacologica Maturazione cervicale farmacologica<br />

Prodotti vegetali e animali, bagni caldi, clisteri Prostaglandine<br />

Stimolazione mammaria Misoprostolo<br />

Agopuntura, stimolazine nervosa transcutanea Mifepristone<br />

Modalità meccaniche (cateteri) Relaxina<br />

Metodi chirurgici Ossitocina<br />

modificano la sostanza fondamentale<br />

extracellulare;<br />

incrementano l’attività della collagenasi e<br />

dell’elastasi;<br />

aumentano i livelli dei glicosaminoglicani,<br />

del dermatan solfato e dell’acido ialuronico.<br />

Nel miometrio, inoltre, le PG incrementano<br />

le concentrazioni di Ca ++ intracellulare, favorendo<br />

in tal modo le contrazioni (22).<br />

La somministrazione vaginale di PG aumenta<br />

la probabilità di parto <strong>per</strong> via vaginale<br />

entro le 24 ore, senza incrementare la necessità<br />

di tagli cesarei (23).<br />

Per la somministrazione locale, la PGE 2<br />

(dinoprostone) è disponibile in due formula-<br />

zioni: gel (Prepidil = 0,5 - 1 - 2 mg di dinoprostone)<br />

e dispositivo vaginale (Propess =<br />

10 mg di dinoprostone, Figura 3).<br />

La necessità di diverse modalità di somministrazione<br />

locale della PGE2 è nata dall’osservazione<br />

che con il gel la dose ottimale varia<br />

individualmente e possono essere necessarie<br />

applicazioni ripetute (24).<br />

Un recente studio comparativo tra dinoprostone<br />

gel e dispositivo vaginale ha mostrato<br />

una maggior efficacia di quest’ultimo nell’indurre<br />

la maturazione e il parto in donne a<br />

termine con punteggio di Bishop < 4 (25).<br />

Tra i vantaggi del dispositivo vaginale rispetto<br />

al gel occorre ricordare la sua possibile<br />

rapida rimozione in caso di effetti collaterali<br />

(26) e la minor necessità di ricorrere all’ossitocina<br />

<strong>per</strong> indurre il travaglio (27, 28).<br />

Con il dispositivo intravaginale, il re s e r v o i r d i<br />

Figura 3. Schema di posizionamento e rimozione del dispositivo vaginale<br />

<strong>per</strong> la somministrazione di dinoprostone.<br />

Inserimento Posizionamento Rimozione<br />

149


150<br />

10 mg di dinoprostone mantiene<br />

un rilascio di PGE 2 c o n t rollato e<br />

costante (29): infatti studi in vivo<br />

condotti su donne a termine<br />

(≥ 37 settimane di gestazione)<br />

hanno evidenziato che a membrane<br />

integre è presente una correlazione<br />

lineare tra quantita di<br />

P G E 2 rilasciata e durata del trattamento<br />

(Figura 4) (26).<br />

In caso di PROM la quantità di<br />

P G E 2 rilasciata è maggiore a<br />

causa della variazione del pH<br />

vaginale (PROM = 6 vs membrane<br />

integre = 4) e non è stato<br />

possibile rilevare la correlazione<br />

lineare prima descritta (26).<br />

Tuttavia nel range di pH vaginale<br />

tra 6,5 e 7,5 la PGE 2 si trova<br />

principalmente in forma ionizzata,<br />

condizione che ostacola il suo passaggio<br />

nel circolo materno: ciò spiega <strong>per</strong>ché in<br />

caso di PROM la concentrazione di PGE 2 e<br />

dei suoi metaboliti nel plasma materno non<br />

differisca da quanto osservato in caso di<br />

membrane integre, con conseguente mancato<br />

incremento del rischio di i<strong>per</strong>stimolazione<br />

del miometrio (26).<br />

Da ultimo una nota tecnica rilevabile dai<br />

riassunti delle caratteristiche del prodotti a<br />

base di dinoprostone: mentre il gel, in <strong>tutti</strong> i<br />

suoi dosaggi, è controindicato nella PROM<br />

(30), <strong>per</strong> il dispositivo vaginale è raccomandata<br />

cautela (29).<br />

Per un uso corretto dei farmaci si raccomanda<br />

comunque un’attenta lettura dei rispettivi<br />

R.C.P. (29, 30).<br />

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outcome. Br J Obstet Gynaecol 1997; 104(9):1062-7.<br />

25. Strobelt N, Meregalli V, Ratti M, Mariani S, Zani G,<br />

Morana S. Randomized study on removable PGE 2 vaginal<br />

insert versus PGE 2 cervical gel for cervical priming and<br />

labor induction in low-Bishop-score pregnancy. Acta Obstet<br />

Gynecol Scand 2006; 85(3):302-5.<br />

26. Lyrenas S, Clason I, Ulmsten U. In vivo controlled<br />

release of PGE 2 from a vaginal insert (0.8 mm, 10 mg)<br />

during induction of labour. BJOG 2001; 108(2):169-78.<br />

27. Chyu JK, Strassner HT. Prostaglandin E 2 for cervical<br />

ripening: a randomized comparison of Cervidil versus<br />

Prepidil. Am J Obstet Gynecol 1997; 177(3):606-<strong>11</strong>.<br />

28. Facchinetti F, Venturini P, Verocchi G, <strong>Vol</strong>pe A. Comparison<br />

of two preparations of dinoprostone for pre-induction<br />

of labour in nulliparous women with very unfavourable<br />

cervical condition: a randomised clinical trial. Eur J<br />

Obstet Gynecol Reprod Biol 2005; <strong>11</strong>9(2):189-93.<br />

29. Riassunto delle caratteristiche del prodotto Propess.<br />

30. Riassunto delle caratteristiche del prodotto Prepidil.<br />

151


Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, 10, n. 3, 1, 2008 2007<br />

Il termine alta tecnologia compare <strong>per</strong> la prima volta, citato nel New York Times negli anni ’50, in riferimento allo<br />

sviluppo delle ricerche sull’energia atomica in Europa.<br />

Con “high tech” o “high technology” si indica la tecnologia più avanzata in un certo momento.<br />

Il termine non appartiene agli oggetti, ma indica la continua evoluzione delle conoscenze di base nel tempo. Ecco<br />

<strong>per</strong>ché ISPLAD nel prossimo marzo 2009 organizzerà il 1° Convegno Internazionale: “High Technology in<br />

Dermatology”.<br />

È necessario confro n t a re e<br />

a g g i o rn a re le proprie conoscenze<br />

su come la tecnologia, sia nel corpo teorico<br />

che nello sviluppo e produzione strumentale,<br />

abbia fatto pro g re d i re le conoscenze della<br />

nostra disciplina, nella scienza ma anche, e<br />

soprattutto, nella diagnostica e terapia.<br />

Oltre ad essere una vetrina delle novità cosmetiche<br />

e strumentali, o<strong>per</strong>ative e diagnostiche,<br />

l’incontro si propone di fornire al medico<br />

approfondimenti con opinion leader internazionali,<br />

nel confronto e nella condivisione dei diff<br />

e renti k n o w - h o w, da cui possano scaturire<br />

Ergife Palace Hotel<br />

nuove indicazioni e protocolli d’uso, <strong>per</strong> arric-<br />

Rome, chire le conoscenze di coloro che utilizzano le<br />

Rome, Italy<br />

tecnologie nella pratica quotidiana.<br />

27-28-29 March 2009<br />

Nello spirito dell’ISPLAD, che ha sempre cre d uto<br />

e si è sempre impegnata a forn i re con i suoi<br />

corsi un aggiornamento attivo, che <strong>per</strong>metta<br />

Scientific office<br />

Promoter Committee<br />

ISPLAD National National Laser Department<br />

Francesco Antonaccio<br />

un’applicazione quotidiana di miglior livello.<br />

Ivano Luppino<br />

Francesco Bruno<br />

Ci auguriamo che questo incontro possa diven-<br />

Elisabetta Perosino<br />

Maria Bucci<br />

Marina Romagnoli<br />

Ornella De Pità<br />

tare negli anni un appuntamento costante,<br />

Giuseppe Scarcella<br />

Antonino Di Pietro<br />

tutto dedicato all’innovazione teorica e pratica.<br />

Giulio Ferranti<br />

Antonino Di Pietro<br />

ISPLAD National Cosmetology Department<br />

Piera Piera Fileccia<br />

Alda Malasoma<br />

Elisabetta Perosino<br />

Organizing Committee<br />

Federico Ricciuti<br />

Manuela Di Lella<br />

Andrea Romani<br />

Pasquale Frascione<br />

Antonio Luci<br />

Daniela Marciani<br />

Steven Steven Nisticò<br />

Meeting information:<br />

ISPLAD - International-Italian Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology<br />

Titti Longobardo<br />

Via Plinio, 1 - 20129 Milano<br />

Tel. +39 02 20404227 - Fax + 39 02 29526964 - Cell. 320 6126835<br />

organizzazione@isplad.org - www.isplad.org<br />

153<br />

153


Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

ifferenze anatomiche D tra pelle scura e chiara<br />

Qualche anno fa è stato a<strong>per</strong>to,<br />

presso il nostro Istituto, un ambulatorio<br />

<strong>per</strong> la diagnosi e la terapia delle<br />

malattie infettive, parassitarie e tropicali<br />

della cute. Questa iniziativa ci ha <strong>per</strong>messo,<br />

tra le tante opportunità, di visitare<br />

numerosi pazienti con pelle scura.<br />

La pelle chiara e quella scura presentano<br />

una diversa anatomia.<br />

Nell’epidermide della pelle scura si<br />

Dermocosmetologia della pelle scura<br />

Stefano Veraldi<br />

Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di Milano,<br />

Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena<br />

riscontrano un film idro-lipidico di<br />

su<strong>per</strong>ficie più ricco in acidi grassi, uno<br />

strato corneo più compatto e spesso e<br />

melanosomi presenti anche nei cheratinociti<br />

dello strato corneo; i melanosomi,<br />

inoltre, sono dis<strong>per</strong>si e di maggiori<br />

dimensioni. Al contrario, non esistono<br />

differenze tra pelle chiara e pelle scura<br />

<strong>per</strong> quanto riguarda il numero, la distribuzione<br />

e la morfologia dei melanociti.<br />

Il derma e il sottocute non presentano<br />

differenze significative rispetto alla pelle<br />

chiara. Le ghiandole sebacee e sudori-<br />

pare sono, nella pelle scura, più diffuse,<br />

più numerose, di maggiori dimensioni e<br />

i<strong>per</strong>secernenti. I peli sono meno diffusi<br />

e presentano un fusto incurvato e spiraliforme,<br />

con una sezione di taglio<br />

appiattita ed ellittica. Le unghie non<br />

presentano differenze rispetto alla pelle<br />

chiara. Considerata nel complesso, la<br />

pelle scura si differenzia da quella chiara<br />

fondamentalmente <strong>per</strong> il colore ,<br />

dovuto alla particolare anatomia dei<br />

melanosomi.<br />

uolo del dermatologo R<br />

Questa diversa anatomia presuppone<br />

una diversa fisiologia, che condiziona<br />

una diversa incidenza e/o presentazione<br />

clinica delle malattie con<br />

e s p ressività cutanea. Si pensi, nel primo<br />

caso, alla rosacea (meno frequente su<br />

pelle scura) e alla vitiligine (più fre q u e nte<br />

su pelle scura); nel secondo, all’eritema:<br />

<strong>tutti</strong> i dermatologi sanno che su pelle<br />

chiara l’eritema appare come un arro s s amento,<br />

di colore variabile dal rosa al<br />

rosso acceso, che scompare alla digitop<br />

ressione, ma non <strong>tutti</strong> i dermatologi<br />

sanno che su pelle scura l’eritema appare<br />

di colore grigiastro .<br />

La diversa presentazione clinica delle<br />

malattie su pelle scura necessita di una<br />

sorta di revisione critica, da parte del<br />

dermatologo, della metodologia di lettura<br />

delle malattie cutanee. Il dermatologo<br />

si trova nuovamente a dover aff ro n t a re il<br />

p roblema della morfologia delle lesioni<br />

155


156<br />

sulla pelle che già da tempo era abituato<br />

a considerare come acquisite e definite.<br />

Si avrà quindi un ritorno alla clinica<br />

pura, intesa come osservazione e classificazione<br />

di quadri dermatologici noti, ma<br />

con presentazioni cliniche nuove o atipiche:<br />

a questo fenomeno è stato dato il<br />

nome di sindrome di Salgari 2. Inoltre, è<br />

da ricord a re che le malattie che si osservano<br />

su pelle scura si osservano anche su<br />

pelle chiara: non esistono quindi malattie<br />

cutanee specifiche della pelle scura.<br />

etture consigliate L Veraldi S, Leigheb G, Morrone A.<br />

Atlas of dermatological diseases on dark skin<br />

Basset A, Liautaud B, Ndiaye B. Dermatology of<br />

black skin. Oxford Unìversity Press, Oxford,<br />

1986<br />

Du Vivier A. Atlas of infections of the skín.<br />

Gower Medical Pub., London, 1991<br />

Canìzares O, Harman RRM. Clinical tropical<br />

dermatology, Blackwell Scientifìc Publications,<br />

1992<br />

Mahmotud AAF Tropical and geographical medicine.<br />

McGraw-HIII Inc., New York, 1993<br />

Gioannini P, Caramello P. Patologia infettiva dell'immigrato.<br />

Edizioni Minerva Medica, Torino,<br />

1994<br />

Schaller KF. Color atlas of tropical dermatology<br />

and venereology. Speinger-Verlag, Berlin, 1994<br />

M o rrone A. <strong>Salute</strong> e società multiculturale.<br />

Medicina transculturale e immigratì extracomunitari<br />

nell’Italia del 2000. Raffaello Cortina<br />

Editore, Milano, 1995<br />

Un altro aspetto interessante emerso<br />

negli ultimi anni è quello legato, <strong>per</strong><br />

u s a re un termine impegnativo, all’integrazione.<br />

Molto semplicemente, individui<br />

con pelle scura che nel recente passato<br />

si recavano dal dermatologo <strong>per</strong> una<br />

malattia, oggi lo consultano spesso <strong>per</strong><br />

p roblematiche cosmetologiche. Il passaggio<br />

da una domanda “medica” a una<br />

domanda “cosmetologica” non è altro<br />

che una spia dell’integrazione di una cultura<br />

in un’altra.<br />

Parish LC, Witkowski JA, Vassileva S. Color atlas<br />

of cutaneous infections. Blackwell Science Inc.,<br />

Boston, 1995<br />

Rosen T. Clinical dermatology in black patients.<br />

Pigreco, Bari, 1995<br />

Harahap M. Dìagnosis and treatrnent of skin<br />

ìnfections. Blackwell Science, Oxford, 1997<br />

Veraldi S, Rizzitelli G, Caputo R. Dermatologia<br />

dì importazione. Poletto, Milano, 1997<br />

Johnson BL Jr, Moy RL, White GM. Ethnic skìn.<br />

Medical and surgical. Mosby, Saint Louis, 1998<br />

M o rrone A. L’altra faccia di Gaia. <strong>Salute</strong>,<br />

migrazione e ambiente tra Nord e Sud del<br />

Pianeta. Armando Editore, Roma, 1999<br />

Morrone A. Dermatologia internazionale <strong>per</strong><br />

immagini. Edizioni Grafiche Mazzucchelli,<br />

Settimo Milanese (Milano), 1999<br />

S t e ffen R, DuPont HL. Manual of travel medicine<br />

and health. B.C. Decker Inc., Hamilton, 1999<br />

Lesher JL Jr. An atlas of microbiology of the skin.<br />

Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong>, n. 3, 2008<br />

Nella nostra es<strong>per</strong>ienza, le più fre q u e n t i<br />

richieste da parte di soggetti con pelle<br />

scura riguardano la diagnosi e la terapia<br />

dell’acne, delle follicoliti, delle alterazioni<br />

della pigmentazione (dalla vitiligine al<br />

melasma), delle alterazioni della cicatrizzazione<br />

(cicatrici i<strong>per</strong>trofiche e cheloidi)<br />

e delle alopecie (spesso causate da traumatismi<br />

chimici, termici e meccanici).<br />

Il dermatologo italiano si deve quindi<br />

a d e g u a re, in tempi brevi, con una nuova<br />

cultura a una nuova realtà sociale.<br />

The Parthenon Publ. Group, New York, 2000<br />

Morrone A, Mazzali M. Le stelle e la rana. La<br />

salute dei migranti: diritti e ingiustizie. Franco<br />

Angeli, Milano, 2000<br />

Morrone A, Mazzali M, Tumiati MC. La babele<br />

ambulante Parole íntorno ai mondi che migrano.<br />

Sensibili alle Foglie, Dogliani (Cuneo), 2000<br />

Veraldi S, Caputo R. Dermatologia di importazione.<br />

Poletto, Milano, 2000<br />

Albanese G, De Marchi R, Leigheb G, Morrone<br />

A, Petrini N. Pietrantonio V, Veraldi S. Atlante di<br />

dermatologia esotica e su pelle nera. Edizìoni<br />

Medico Scientifiche, Pavia. 2001<br />

Bianchini C, Marangi M, Morrone A,<br />

Meledandri G. Medicina internazionale. Societá<br />

Editrice Universo, Roma, 2001<br />

P o l l a rd AJ, Murdoch DR. Travel medicine.<br />

Health Press, Oxford, 2001<br />

Donofrio P, Del Sorbo A, Donofrio P, La Forza<br />

MT, Papa A. Atlante di dermatologia in bianco e<br />

nero. Edizioni Dermo, Napoli, 2006


Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />

Clinica Urologica<br />

Alma Mater Studiorum<br />

Università degli Studi di Bologna<br />

Il trattamento mini-invasivo<br />

delle “malattie prostatiche”<br />

Alessandro Bertaccini<br />

n t r o d u z i o n e I L’i<strong>per</strong>plasia prostatica benigna<br />

(IPB), detta anche ingro s s a m e n t o<br />

benigno della ghiandola pro s t a t ica,<br />

interessa oltre il 70% degli<br />

uomini di età compresa tra i 60 ed<br />

i 70 anni ed il 90% di quelli di età<br />

s u p e r i o re agli 80 anni.<br />

A l l ’ i n g rossamento della ghiandola<br />

prostatica si associano spesso<br />

disturbi urinari, cosiddetti LUTS<br />

(lower urinary tract symptoms) ;<br />

c i rca il 50% di tali pazienti richiede<br />

un trattamento medico e di<br />

questi, la metà circa, un interv e n t o<br />

c h i r u rgico disostruttivo. L’ e z i o l o g i a<br />

dell’IPB risulta multifattoriale,<br />

chiari fattori di rischio sono sconosciuti<br />

mentre potre b b e ro essere<br />

coinvolti l’età avanzata, gli estro g eni<br />

e gli androgeni circolanti ed i<br />

fattori di crescita locali. La sintomatologia<br />

tipica dell’IPB è rappresentata<br />

da disturbi ostruttivi (mitto<br />

ipovalido, intermittente, gocciolamento<br />

post-minzionale, diff i c o l t à<br />

ad iniziare la minzione) ed irritativi<br />

(pollachiuria, nicturia, urg e n z a<br />

minzionale, stranguria,).<br />

Tale sintomatologia è alquanto<br />

aspecifica e puo’ essere imputabile<br />

anche ad altre malattie del basso<br />

tratto urinario. Il trattamento comp<br />

rende la terapia medica (alfa-litici,<br />

inibitori della 5 alfa re d u t t a s i ,<br />

terapie con estratti naturali di s e renoa<br />

repens, pygeum africanum, ecc.)<br />

ed, in caso di mancata risposta o di<br />

p ro g ressione di malattia (peggioramento<br />

dei sintomi e/o ritenzione<br />

acuta urinaria), la terapia chirurg ic<br />

a - e n d o s c o p i c a .<br />

Nell’ambito dei trattamenti<br />

c h i r u rgici disponibili rivestono<br />

p a r t i c o l a re interesse le metodiche<br />

mini-invasive che comprendono la<br />

resezione prostatica transure t r a l e<br />

(detta anche TURP), l’incisione<br />

p rostatica transuretrale (detta<br />

anche TUIP), la vaporizzazione<br />

p rostatica transuretrale (TUVP), la<br />

v a p o - resezione laser, la foto-vaporizzazione<br />

laser, l’enucleazione<br />

laser (HoLEP), l’ablazione pro s t a t ica<br />

transuretrale con radiofre q u e nza<br />

(detta anche TUNA), la termoterapia<br />

transuretrale a micro o n d e<br />

(detta anche TUMT) ed infine l’ablazione<br />

prostatica con ultrasuoni<br />

(HIFU). Generalmente le indicazioni<br />

ai trattamenti mini-invasivi<br />

d e l l ’ i p e r t rofia prostatica sono caratterizzate<br />

da volumi della ghiandola<br />

prostatica inferiori agli 70-80<br />

cc. Fra queste tecniche, le più diffuse<br />

ed attualmente ancora il g o l d<br />

s t a n d a rd di riferimento negli studi<br />

clinici, sono la TURP e la TUIP.<br />

Le complicanze più fre q u e n t i<br />

c o m p rendono possibili emorragie<br />

post-o<strong>per</strong>atorie, stenosi uretrali, la<br />

s c l e rosi del collo vescicole, e l’eiaculazione<br />

re t rograda; non vi sono<br />

invece alterazioni a carico della<br />

“potentia erigendi” .


158<br />

Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />

Le tecniche laser (attualmente<br />

i più utilizzati sono i laser ad<br />

H o l m i u m ed al Tu l l i u m con tecniche<br />

di vaporesezione o tecniche<br />

tipo laser-enucleazione) sono particolarmente<br />

indicate nei pazienti<br />

ad alto rischio emorragico, e presentano<br />

il vantaggio di ridurre l’ospedalizzazione<br />

(che non su<strong>per</strong>a<br />

spesso le 24 ore !!!) ed il “d i s c o m -<br />

f o r t” <strong>per</strong> il paziente (rimozione<br />

p recoce del catetere!).<br />

La neoplasia prostatica (in genere<br />

a d e n o c a rcinoma) è attualmente al<br />

primo posto come incidenza fra i<br />

tumori che affliggono i maschi<br />

adulti nei paesi occidentali.<br />

L’incidenza è notevolmente aumentata<br />

da fine anni 80’, quando è<br />

stato introdotto il PSA nella diagnosi<br />

del carcinoma della pro s t a t a .<br />

Il trattamento ottimale <strong>per</strong> la neoplasia<br />

prostatica confinata alla<br />

ghiandola (stadio clinico T1, T2 )<br />

in pazienti con una aspettativa di<br />

vita di almeno 10 anni è rappresentato<br />

da un trattamento radicale<br />

( c h i r u rgia o radioterapia).<br />

Per quanto riguarda la chirurg i a<br />

( p rostatectomia radicale) si sono<br />

recentemente messe a punto e diffuse<br />

delle tecniche mini-invasive<br />

( l a p a roscopia e laparoscopia ro b o t ica)<br />

caratterizzate da una minore<br />

invasività dovuta al fatto che<br />

mediante piccole incisioni a livello<br />

della parete addominale gli strumenti<br />

vengono portati dire t t a m e n t e<br />

a l l ’ i n t e rno della cavità addominale<br />

e dello scavo pelvico; mediante<br />

un’apposita telecamera vengono<br />

visualizzate con grande dettaglio ed<br />

ingrandimento le strutture anatomiche<br />

coinvolte. Questo può cons<br />

e n t i re un maggior rispetto dell’anatomia<br />

chirurgica ed un minor<br />

utilizzo di analgesici ed emoderivati<br />

nel decorso post o<strong>per</strong>atorio, una<br />

m i n o re degenza post o<strong>per</strong>atoria ed<br />

un rapido ritorno alle normali attività<br />

quotidiane. Dati recenti sottolineano<br />

l’importanza di queste tecniche<br />

mini-invasive <strong>per</strong> un re c u p e ro<br />

più precoce della continenza e dell<br />

’ e rezione (in caso di risparmio dei<br />

nervi erigentes), ed al contempo, <strong>per</strong><br />

un’ottima radicalità oncologica.<br />

A l t re interessanti applicazioni mini-invasive<br />

da riserv a re solamente a<br />

casi selezionati di neoplasia pro s t atica,<br />

riguardano gli ultrasuoni <strong>per</strong><br />

via transrettale (tecnica HIFU, che<br />

sfrutta il danno termico indotto dagli<br />

ultrasuoni) e la crioterapia, tecnica<br />

che richiede il posizionamento<br />

di aghi <strong>per</strong> via <strong>per</strong>ineale con un rapido<br />

abbassamento delle tem<strong>per</strong>at<br />

u re e quindi una necrosi tissutale<br />

mirata. Entrambe queste tecniche<br />

comunque richiedono anestesia ed<br />

ospedalizzazione, con possibili effetti<br />

collaterali tra cui una fre q u e nte<br />

accentuazione della sintomatologia<br />

disurica post-trattamento.<br />

Concludendo questo rapido excursus<br />

sulle tecniche mini-invasive<br />

nelle malattie della prostata,<br />

sottolineo l’importanza delle selezione<br />

del paziente, dell’adeguata<br />

informazione (tecniche alternative<br />

ed effetti collaterali!) e dell’es<strong>per</strong>ienza<br />

del centro e dell’o<strong>per</strong>atore<br />

nella tecnica proposta.


In t r o d u z i o n e<br />

Il dolore pelvico cronico è<br />

definito come un dolore non ciclico<br />

che <strong>per</strong>mane almeno 6 mesi e si<br />

localizza a livello della pelvi o nella<br />

porzione anteriore dell’addome ed<br />

è sufficientemente severo da causare<br />

disturbi funzionali.<br />

Nel Regno Unito interessa il<br />

3.8% delle donne, mentre negli<br />

USA il 15%. Nel 61% delle donne<br />

che riferiscono questa sintomatologia<br />

non viene identificata alcuna<br />

causa e nel 40% coesistono più fattori<br />

che possono essere coinvolti.<br />

Non è ancora stata del tutto chiarita<br />

l’origine del dolore pelvico cronico<br />

nella donna anche se molto<br />

spesso viene associato ad endometriosi,<br />

aderenze, sindrome del colon<br />

irritabile o cistite interstiziale.<br />

La raccolta dell’anamnesi e l’esame<br />

obiettivo <strong>per</strong>mettono di fare<br />

un’ iniziale diagnosi diff e re n z i a l e ,<br />

di richiedere un appro f o n d i m e n t o<br />

diagnostico, di escludere neoplasie<br />

e malattie sistemiche.<br />

L’ I n t e rnational Pelvic Pain Society<br />

o ff re delle linee guida <strong>per</strong> la<br />

gestione di queste pazienti. Infatti<br />

l’anamnesi deve focalizzarsi sulle<br />

caratteristiche del dolore, se si<br />

associa al ciclo mestruale, all’attività<br />

sessuale (spesso resa diff i c o l t osa<br />

dal dolore), alla minzione, alla<br />

defecazione o ad un pre g resso trattamento<br />

radiante. Inoltre è neces-<br />

Scripta M EM DE ID CI A C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> <strong>11</strong> n. n. 3, 3, 2008 2008<br />

Trattamento del dolore pelvico cronico nella donna<br />

Alessandro Bertaccini<br />

Clinica Urologica<br />

Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna<br />

159


160<br />

Scripta M E D I C A <strong>Vol</strong>ume <strong>11</strong> n. 3, 2008<br />

sario indagare se alla comparsa<br />

della sintomatologia è sopraggiunta<br />

un’inspiegabile <strong>per</strong>dita di peso,<br />

ematochezia, <strong>per</strong>dite ematiche<br />

i r regolari <strong>per</strong>i e post menopausali<br />

o post-coitali.<br />

P re g resse infezioni pelviche o uso<br />

di dispositivi intrauterini devono<br />

far sospettare la presenza di aderenze.<br />

In ogni caso la mancanza di<br />

un re<strong>per</strong>to diagnostico non può<br />

e s c l u d e re una patologia in atto.<br />

L’esame obiettivo deve riguard a re<br />

la palpazione dell’addome eff e ttuando<br />

il segno di Carn e t t ( p re m e ndo<br />

la zona del presunto dolore si<br />

chiede alla paziente di piegare<br />

entrambe le gambe) che se positivo<br />

è indicatore (trigger point) di<br />

f i b romialgia.<br />

Quando il dolore pelvico è legato<br />

ad un sospetto di cistite cro n i c a ,<br />

all’esame obiettivo bisogna assoc<br />

i a re delle indagini di secondo<br />

livello che confermino la diagnosi<br />

ed escludano la possibilità di infezioni<br />

croniche o neoplasie dell’urotelio.<br />

Per questo scopo si eff e t t u a<br />

la cistoscopia, l’esame citologico<br />

urinario, l’ecografia re n o - v e s c i c a l e<br />

e l’esame colturale delle urine con<br />

r i c e rca anche del bacillo di Koch.<br />

Per alleviare la sintomatologia di<br />

d o l o re pelvico cronico esistono<br />

solamente pochi trattamenti eff i c aci.<br />

Se viene confermata la diagnosi<br />

di cistite cronica, oltre all’utilizzo<br />

di antiinfiammtori somministrati<br />

ciclicamente è possibile interv e n ire<br />

con alcuni integratori <strong>per</strong> stabil<br />

i z z a re il pH-vescicale e pro t e g g e re<br />

la mucosa stessa.<br />

In alcuni casi selezionati è possibile<br />

ottenere benefici da una idro -<br />

distensione vescicale in anestesia<br />

g e n e r a l e .<br />

Dai dati di letteratura emerge che<br />

l’utilizzo di goserelina ed il trattamento<br />

chirurgico delle adere n z e<br />

possono alleviare la sintomatologia,<br />

ma nei casi in cui non è stata<br />

individuata una causa specifica<br />

viene raccomandato un appro c c i o<br />

terapeutico multidisciplinare .<br />

L’unico farmaco che sembra off r i re<br />

dei reali benefici in queste pazienti<br />

è il m e d ro s s i p ro g e s t e rone acetat<br />

o che <strong>per</strong>ò non è consigliato nei<br />

casi di endometriosi, dismenorre a<br />

primitiva, malattie infiammatorie<br />

intestinali o sindrome del colon<br />

irritabile.<br />

La g o s e re l i n a, un analogo<br />

del GnRH, ha una maggiore durata<br />

di azione rispetto al medro s s ip<br />

ro g e s t e rone ma ha un effetto sulla<br />

massa ossea riducendone la densità.<br />

È <strong>per</strong> questo che coloro che<br />

vengono trattate con goserelina devono<br />

essere <strong>per</strong>iodicamente monitorate<br />

con la densitometria ossea.<br />

Minori evidenze scientifiche<br />

supportano il trattamento con<br />

analgesici orali, anche utilizzati<br />

da alcuni es<strong>per</strong>ti.<br />

Gli a n t i c o n c e z i o n a l i c o -<br />

stituiscono la terapia più utilizzata<br />

nel trattamento del dolore pelvico<br />

c ronico, nelle donne con dismen<br />

o r re a .<br />

La g a b a p e n t i n a da sola o<br />

combinata con iniezioni di amitriptilina<br />

o tossina botulinica,<br />

come la neuromodulazione e l’isterectomia<br />

potre b b e ro avere un<br />

ruolo anche se al momento non<br />

del tutto chiaro .<br />

I dati sull’utilizzo della stimolazione<br />

<strong>per</strong>cutanea del nervo tibiale,<br />

della neurectomia presacrale o la<br />

stimolazione del nervo sacrale non<br />

sono supportati da studi random<br />

i z z a t i .<br />

Un solo studio in letteratura supporta<br />

il beneficio del sistema<br />

intrauterino l e v o n o r g e s t re l n e l l e<br />

pazienti dove il dolore pelvico cronico<br />

è causato da endometriosi,<br />

anche se <strong>per</strong> non più di 6 mesi <strong>per</strong><br />

gli effetti collaterali. In questo contesto<br />

il medico di medicina generale<br />

deve identificare le pro c e d u re<br />

diagnostiche più idonee ed indirizz<br />

a re il paziente verso lo specialista<br />

( u rologo, ginecologo, gastro e n t erologo,<br />

ecc) nell’ottica di un<br />

a p p roccio multidisciplinare. Infatti<br />

queste donne vivono in uno stato<br />

di ansia e depressione cronica causate<br />

da questo disturbo, ed hanno<br />

necessità di tro v a re continue rassicurazioni<br />

ed una terapia che possa<br />

re n d e re meno invalidante possibile<br />

la loro vita compromessa da un<br />

continuo dolore alla pelvi.

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