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La prolusione del Presidente dell'Istrevi, Giuseppe Pupillo, al ...

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CONGRESSO REGIONALE ANPI – (MIRA 20 gennaio 2007)<br />

Introduzione di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Pupillo</strong><br />

Rappresentanti <strong>del</strong>le istituzioni, <strong>del</strong>le associazioni e dei partiti, care compagne, cari compagni,<br />

ringrazio l’ANPI ed il presidente region<strong>al</strong>e Franco Busetto di avermi invitato a introdurre i vostri<br />

lavori, invito che per me, presidente <strong>del</strong>l’ultimo nato nella grande famiglia degli Istituti Storici <strong>del</strong>la<br />

Resistenza e <strong>del</strong>l’Età contemporanea, costituisce un onore ed un’occasione per rafforzare i legami<br />

di collaborazione e di comune riflessione.<br />

1. Mi è stato chiesto di dire qu<strong>al</strong>cosa sul tema che - rispetto <strong>al</strong> vastissimo spettro di rappresentazioni<br />

che le forze politiche ed istituzion<strong>al</strong>i danno, per una molteplicità di ragioni, di determinati eventi<br />

storici – ci interessa più da vicino, ovvero il permanere di disegni che intendono retrocedere la<br />

Resistenza a fonte <strong>del</strong> tutto secondaria <strong>del</strong>la nascita <strong>del</strong>la nostra Repubblica quando non spezzare il<br />

legame tra Resistenza-Repubblica-Costituzione come di recente è stato tentato attraverso una legge<br />

che mutava ben 52 articoli <strong>del</strong>la nostra Carta costituzion<strong>al</strong>e, legge respinta, nel pronunciamento<br />

referendario, d<strong>al</strong>la maggioranza <strong>del</strong> popolo it<strong>al</strong>iano.<br />

Se probabilmente non ci saranno, <strong>al</strong>meno per un po’, attacchi front<strong>al</strong>i di quel tipo, è ahimè vero che<br />

permangono nel nostro Paese un clima esacerbato di lotta politica, un mai sopito spirito di riv<strong>al</strong>sa,<br />

un desiderio di mutare le regole fondament<strong>al</strong>i <strong>del</strong> nostro sistema democratico t<strong>al</strong>i da indurre una<br />

parte consistente di forze politiche, intellettu<strong>al</strong>i, di mass media a cogliere ogni occasione, od anche<br />

a crearle artifici<strong>al</strong>mente, per rimettere in discussione il significato complessivo <strong>del</strong>la Resistenza<br />

nonché per dichiarare tot<strong>al</strong>mente inattu<strong>al</strong>e, anzi antistorico, il richiamo <strong>al</strong>l’antifascismo.<br />

Esaminando freddamente lo stato <strong>del</strong>le cose, abbiamo da un lato che la maggioranza <strong>del</strong>la<br />

popolazione ha difeso col referendum i principi fondament<strong>al</strong>i che stanno a presidio di una<br />

democrazia ed in primo luogo l’equilibrio tra i poteri e la necessità che l’elaborazione di riforme<br />

costituzion<strong>al</strong>i non venga mai requisita d<strong>al</strong>la sola maggioranza parlamentare, di qu<strong>al</strong>unque colore<br />

sia, ma d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro lato è indubbio che il nostro sistema democratico è sottoposto ad una molteplicità<br />

di fattori di logoramento che derivano non solo dai disegni di cui ho detto sopra, ma anche dai<br />

continui mutamenti su sc<strong>al</strong>a mondi<strong>al</strong>e - e tra i qu<strong>al</strong>i il princip<strong>al</strong>e è dato d<strong>al</strong>lo strapotere assunto d<strong>al</strong><br />

mercato e d<strong>al</strong> profitto rispetto <strong>al</strong>la politica sia nazion<strong>al</strong>e che sopranazion<strong>al</strong>e e dai fenomeni,<br />

incistati nella società it<strong>al</strong>iana, <strong>del</strong>la corruzione diffusa, <strong>del</strong>l’appannamento <strong>del</strong>l’etica civile e <strong>del</strong><br />

senso di responsabilità individu<strong>al</strong>e e collettiva, degli spazi sempre maggiori offerti <strong>al</strong> populismo,<br />

<strong>del</strong>la problematica capacità dei partiti di rappresentare efficacemente i bisogni, gli interessi, le<br />

aspirazioni dei corpi soci<strong>al</strong>i e <strong>del</strong>la collettività.<br />

In una situazione <strong>al</strong> tempo stesso confusa e complessa, segnata da molteplici conflitti, da incertezze<br />

sul futuro, da sovraccarichi di ansie, siano esse ragionevoli o irragionevoli; contraddistinta in tutto<br />

l’Occidente da timori per fenomeni destinati a mutare profondamente i tradizion<strong>al</strong>i equilibri <strong>del</strong><br />

secolo scorso - e dico, ad esempio, l’impetuosa crescita <strong>del</strong>le economie asiatiche, le incertezze e le<br />

possibili contese sugli approvvigionamenti energetici ed idrici, i consistenti flussi emigratori verso i<br />

paesi occident<strong>al</strong>i, lo spazio sempre più ampio nei paesi islamici di concezioni teocratiche <strong>del</strong> potere<br />

politico, il terrorismo, la volontà di diversi paesi, seppure dicono di negarne l’utilizzo militare, di<br />

dotarsi di energia nucleare (e questo per non parlare di possibili catastrofi ambient<strong>al</strong>i) - in questa<br />

situazione, dicevo, le scelte fondament<strong>al</strong>i compiute d<strong>al</strong>l’Europa Occident<strong>al</strong>e dopo la terribile<br />

esperienza <strong>del</strong> secondo conflitto mondi<strong>al</strong>e, ovvero il no <strong>al</strong>la guerra, <strong>al</strong> razzismo, a nazion<strong>al</strong>ismi<br />

aggressivi, ad ogni forma di disumanità e di contro il sì a politiche di negoziazione, di cooperazione<br />

e di intese transnazion<strong>al</strong>i (scelte che hanno assicurato pace e benessere, la sconfitta di ogni tipo di<br />

tot<strong>al</strong>itarismo in quasi tutti i paesi europei, l’ampliamento dei diritti di cittadinanza e <strong>del</strong>le libertà<br />

individu<strong>al</strong>i) rischiano di non avere più la forza aggregativa ed il vasto consenso degli scorsi<br />

decenni e di essere considerate poco adatte ad affrontare le intricate problematiche iscritte entro il<br />

nostro orizzonte.<br />

1


Abbandonare, o impoverire, quelle scelte, scaturite da una intensa riflessione sugli orrori <strong>del</strong>la<br />

guerra, <strong>del</strong> razzismo, <strong>del</strong> nazion<strong>al</strong>ismo aggressivo significherebbe vanificare o emarginare quella<br />

grande eredità v<strong>al</strong>ori<strong>al</strong>e e di lungimiranza politica <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e i movimenti resistenzi<strong>al</strong>i, presenti in<br />

tutti i paesi occupati dai nazisti, hanno dato un sostanzioso contributo.<br />

Più o meno diffuso in tutta l’Europa, il fenomeno di una vasta insicurezza verso il futuro mi pare<br />

più visibile in It<strong>al</strong>ia perché si innesta su una situazione che illustri politologi hanno definito come<br />

“democrazia affaticata”, “democrazia in crisi di fiducia” ed è noto che la sfiducia, indirizzata<br />

indiscriminatamente a tutti i princip<strong>al</strong>i riferimenti istituzion<strong>al</strong>i, politici, economici o soci<strong>al</strong>i, è<br />

corrosiva e fa sì che aumenti il numero di quanti dedichino attenzione solo <strong>al</strong> presente e<br />

particolarmente solo <strong>al</strong> loro presente, ed il presente, sono parole di Zagrebelski «non è più<br />

concepito come premessa di un avvenire comune» rispetto <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e assumere appunto responsabilità<br />

comuni.<br />

Né la politica in It<strong>al</strong>ia manifesta oggi una chiara capacità di <strong>al</strong>largare ed <strong>al</strong>lungare lo sguardo né ha<br />

missioni di lungo respiro nelle qu<strong>al</strong>i sia riconoscibile il piglio di chi intende affrontare con<br />

lungimiranza i grandi temi, sapendo che essi presentano certamente grandi rischi ma anche grandi<br />

opportunità.<br />

I più recenti sondaggi sul grado di fiducia degli it<strong>al</strong>iani, ne rilevano il c<strong>al</strong>o per quanto riguarda lo<br />

Stato, la politica, le istituzioni economico-finanziarie, la società mentre registrano un aumento di<br />

quanti danno fiducia solo a se stessi e rivendicano per se stessi maggiori libertà, nell’illusione che<br />

quanto meno vi sono regole tanto più essi possono conseguire risultati migliori. Invocano libertà per<br />

se stessi - e non a caso uno dei due poli <strong>del</strong>l’assetto politico it<strong>al</strong>iano ha scelto il nome di “Casa <strong>del</strong>le<br />

libertà” - ma con una visione <strong>del</strong>la libertà - e lo dico con parole sempre <strong>del</strong>l’illustre giurista,<br />

professor Zagrebelski, che è esclusivamente «l’autorizzazione a curare illimitatamente i propri<br />

immediati interessi, a costo di dissipare i beni collettivi e permanenti che assicurano un avvenire».<br />

V<strong>al</strong>e la pena rifletterci un attimo, proprio perché il movimento resistenzi<strong>al</strong>e, capace di trasmettere<br />

fiducia e speranza in tempi infinitamente bui, è stato protagonista di una guerra di liberazione,<br />

guidato da una concezione <strong>del</strong>la libertà radic<strong>al</strong>mente diversa che univa strettamente libertà a<br />

responsabilità: responsabilità verso il presente e soprattutto verso il futuro.<br />

Senza fare di ogni erba (in questo caso i comportamenti <strong>del</strong>le forze politiche) un fascio perché<br />

sarebbe profondamente sbagliato, è però evidente che attu<strong>al</strong>mente i partiti non tengono in gran<br />

conto la capacità di organizzare il consenso non solo sul presente ma anche sul futuro. Pronunciarsi<br />

e misurarsi sul futuro appare un rischio troppo gravoso. Ed <strong>al</strong>trettanto gravoso affrontare per tempo<br />

i problemi maggiormente spinosi, preferendo tattiche opache e dilatorie nella speranza o meglio<br />

illusione che un qu<strong>al</strong>che accidente cavi le castagne d<strong>al</strong> fuoco e questo lo dico pensando per esempio<br />

<strong>al</strong>la questione <strong>del</strong> raddoppio <strong>del</strong>la base americana a Vicenza sulla qu<strong>al</strong>e non entro nel merito (ho<br />

un’opinione coincidente con quella espressa nel vostro documento congressu<strong>al</strong>e) ma che ritengo sia<br />

stata affrontata d<strong>al</strong> governo tardivamente, senza trasparenza e quindi m<strong>al</strong>e dopo averla<br />

inconcepibilmente declassata per mesi a mero problema “urbanistico ed ambient<strong>al</strong>e” riguardante<br />

solo il capoluogo berico.<br />

2. Questo comportamento ancorato <strong>al</strong>la contingenza mi riporta ai numerosi interventi con cui il<br />

presidente Napoletano ha sottolineato la necessità, per ridare slancio e fiducia <strong>al</strong> paese, di ricreare<br />

un clima di confronto, duro quanto si vuole, ma civile e positivo, senza l’ossessivo frastuono di<br />

quotidiane polemiche, che diventano un <strong>al</strong>ibi per le co<strong>al</strong>izioni politiche per pronunciarsi il meno<br />

possibile su qu<strong>al</strong>e missione, rispetto <strong>al</strong> futuro, esse intendono assolvere. I messaggi <strong>del</strong> <strong>Presidente</strong><br />

ricevono unanime consenso, ma bastano poche ore perché riprenda la spettacolarizzazione dei<br />

reciproci dissensi, anche su questioni irrilevanti e la ragione è che oggi è ritenuto più giovevole non<br />

solo <strong>al</strong>imentare il dissenso sulle proposte <strong>al</strong>trui piuttosto che il consenso sulle proprie, ma anche<br />

<strong>del</strong>egittimare l’avversario politico.<br />

<strong>La</strong> <strong>del</strong>egittimazione, che è <strong>al</strong>tra cosa rispetto <strong>al</strong> necessario e doveroso contrasto tra i programmi dei<br />

due schieramenti, si <strong>al</strong>imenta voracemente <strong>del</strong> ricorso <strong>al</strong> passato, riducendo la storia, ed in questo si<br />

2


distingue certamente il centrodestra, ad un serie di episodi senza contesti e senza connessioni,<br />

che vengono spregiudicatamente usati per mettere sotto accusa l’avversario politico, per <strong>al</strong>largare i<br />

solchi, per impedire che da un loro esame scientificamente rigoroso se ne possa <strong>al</strong> contrario ricavare<br />

una maggiore coesione nazion<strong>al</strong>e attorno ad <strong>al</strong>cuni v<strong>al</strong>ori fondament<strong>al</strong>i. L’uso ‘istituzion<strong>al</strong>e’ dei<br />

vari Scaramella o la riduzione <strong>del</strong>la Resistenza a disegno comunista di impadronirsi con la violenza<br />

<strong>del</strong> potere (o nel migliore dei casi la riduzione a uno dei tanti fatti <strong>del</strong> conflitto mondi<strong>al</strong>e, e per di<br />

più margin<strong>al</strong>e nella dinamica bellica, minoritario quanto <strong>al</strong>la partecipazione popolare, ambiguo,<br />

persino fosco) sono facce <strong>del</strong>la stessa medaglia.<br />

Che la politica abbia tra i suoi strumenti, nella lotta interna e nelle relazioni internazion<strong>al</strong>i, anche la<br />

rappresentazione manipolata di eventi storici è cosa ricorrente.<br />

A volte, soprattutto nelle relazioni internazion<strong>al</strong>i, per fini che non possono essere contestati o<br />

biasimati a cuor leggero e basterebbe pensare che se gli Stati assumessero come discriminanti nei<br />

reciproci rapporti verità acclarate d<strong>al</strong>la storia, beh, il mondo sarebbe assai più conflittu<strong>al</strong>e di quanto<br />

oggi sia. Nelle relazioni internazion<strong>al</strong>i le omissioni di pezzi di storia sono, nel bene o nel m<strong>al</strong>e, pane<br />

quotidiano.<br />

Anche nelle politiche interne le ‘omissioni’ se di rado possono avere una qu<strong>al</strong>che comprensibile,<br />

seppure non condivisibile, fin<strong>al</strong>ità, più spesso hanno un fine puramente negativo ed un esempio ne è<br />

l’It<strong>al</strong>ia dove persino la ricerca <strong>del</strong>la verità processu<strong>al</strong>e - penso ai processi, per dirne solo qu<strong>al</strong>cuno<br />

relativi ai fatti di piazza Fontana, <strong>al</strong>la strage <strong>del</strong>l’It<strong>al</strong>icus, ad Ustica - è stata intr<strong>al</strong>ciata con tutti i<br />

mezzi ed infine negata.<br />

Che le forze ed i poteri politici inclinino, per svariati ed anche opposti motivi, a rappresentazioni<br />

strument<strong>al</strong>i dei fatti storici è fenomeno permanente. Ma di contro il lavoro degli storici, qu<strong>al</strong>unque<br />

ne sia l’area cultur<strong>al</strong>e, non può o non dovrebbe mai avere una funzione vass<strong>al</strong>la <strong>del</strong>la politica, né<br />

indulgere <strong>al</strong>le omissioni o <strong>al</strong>le interpretazioni propagandistiche assai diffuse nella lotta politica.<br />

3. Qu<strong>al</strong>cosa voglio qui dire a proposito degli studi che in questi anni hanno ridimensionato o<br />

sv<strong>al</strong>utato la Resistenza e che sono stati definiti come “revisionismo”. E’ un termine per<strong>al</strong>tro poco<br />

felice, in quanto ogni seria ed approfondita ricerca storica è per sua natura revisionista, ma, in ogni<br />

caso il problema è distinguere <strong>al</strong>l’interno di questo revisionismo. Person<strong>al</strong>mente non ho dubbi che<br />

opere come quella di De Felice sul fascismo, se ne condividano o no i risultati, hanno rappresentato<br />

un pungolo a porre su basi scientificamente più agguerrite la ricerca di quanti sono convinti <strong>del</strong><br />

v<strong>al</strong>ore eccezion<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la Resistenza nella storia <strong>del</strong>l’It<strong>al</strong>ia contemporanea.<br />

Ben <strong>al</strong>tra cosa è quel revisionismo, di stampo giorn<strong>al</strong>istico anche quando sforna libri, che disarticola<br />

le vicende storiche, ne frantuma le connessioni, per estrarre da contesti complessi solo <strong>al</strong>cuni fatti<br />

ponendoli sotto un violento cono di luce e proponendoli come una verità che vuole rendere giustizia<br />

a coloro che ne sono stati vittime ed <strong>al</strong> contempo mettere sotto accusa gli storici di ispirazione<br />

antifascista come una consorteria di persone prive di coraggio e di amore per la verità.<br />

Due temi princip<strong>al</strong>mente sono stati affrontati di recente in questo modo, le vendette <strong>del</strong>l’immediato<br />

dopoguerra e le foibe. Temi per<strong>al</strong>tro indagati da diversi storici di area democratica, e ne potrei fare<br />

un lungo elenco, ma ciò che è passato in It<strong>al</strong>ia, paese di scarsi lettori e di scarsi cultori <strong>del</strong>la<br />

memoria, è che su di essi sia stata creata ad arte, per dirla col titolo <strong>del</strong>l’ultimo libro di Pansa, una<br />

”grande bugia” o un “grande silenzio”.<br />

Non ci può essere <strong>al</strong>cuna obiezione sul fatto che Pansa abbia affrontato determinati temi, ma sul<br />

modo con cui li ha affrontati sì perché distorcente, perché non sbocca, né può sboccare, in<br />

interpretazioni che non siano la visione riduttiva di un bagno di sangue (l’immagine <strong>del</strong> mattatoio)<br />

o di una presunta volontà <strong>del</strong> Partito Comunista di eliminare fisicamente i più esposti o i più<br />

esecrati degli gli avversari politici.<br />

<strong>La</strong> disciplina <strong>del</strong>la storia è la rigorosa esplorazione dei contesti e <strong>del</strong>le molteplici connessioni tra gli<br />

avvenimenti. Quando i contesti vengono mutilati e le connessioni spezzate - e nel libro di Pansa è<br />

evidente la separazione <strong>del</strong>le violenze contro i fascisti avvenute nelle prime settimane <strong>del</strong><br />

dopoguerra d<strong>al</strong>la tragicità e d<strong>al</strong>le profonde ferite inflitte d<strong>al</strong>la guerra, d<strong>al</strong>l’occupazione tedesca e dai<br />

3


corpi repressivi <strong>del</strong>la RSI; la separazione dagli aspri conflitti che segnarono profondamente le aree<br />

bracciantili e mezzadrili, e che, brut<strong>al</strong>mente repressi d<strong>al</strong> fascismo che proprio in quella repressione<br />

ebbe la sua princip<strong>al</strong>e origine, si ripresentarono in modo incandescente nel dopoguerra.<br />

Ma se quello fu un ‘mattatoio’, non dipendente d<strong>al</strong>le tragiche eredità <strong>del</strong> passato ma d<strong>al</strong>la volontà<br />

sopraffattrice di una forza politica, il Pci ( o da parti di essa) in vista di futuri disegni egemonici o<br />

peggio autoritari, risulta assai difficile, se non impossibile, spiegare come il popolo it<strong>al</strong>iano,<br />

nonostante fosse stato governato per vent’anni da un regime tot<strong>al</strong>itario, abbia fatto proprio già nei<br />

primi mesi <strong>del</strong>la Liberazione con piena convinzione e maturità il plur<strong>al</strong>ismo <strong>del</strong> sistema<br />

democratico, riconoscendosi in quel plur<strong>al</strong>ismo, anche conflittu<strong>al</strong>e, che è stato una caratteristica<br />

fondament<strong>al</strong>e <strong>del</strong>la Resistenza a partire dai suoi organi dirigenti; o il fatto che già nel dicembre ’45<br />

- e quindi a soli sette mesi d<strong>al</strong>la Liberazione - l’Amministrazione militare <strong>al</strong>leata abbia restituito<br />

con piena fiducia l’intero potere statu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> governo it<strong>al</strong>iano; o ancora il fatto che le temutissime<br />

elezioni amministrative <strong>del</strong>la primavera <strong>del</strong> ’46 nonché quelle chiamate ad eleggere l’Assemblea<br />

costituente e sopratutto a pronunciarsi sulla scelta tra Repubblica e Monarchia si svolsero nel<br />

complesso, come tutte le cronache <strong>del</strong>l’epoca riportano, in un clima sereno ed addirittura festoso.<br />

Il deprecabile fenomeno <strong>del</strong>le vendette cessò non per interventi polizieschi, ma per l’opera<br />

disciplinatrice ed educativa svolta dai partiti; cessò per la capacità <strong>del</strong>la Cgil, <strong>al</strong>lora sindacato<br />

unitario, di indirizzare le masse lavoratrici, operaie e contadine, verso conquiste positive pur nella<br />

loro primaria partecipazione <strong>al</strong>l’opera di ricostruzione nazion<strong>al</strong>e. Ci fu una grande opera formatrice<br />

in senso democratico, a sottov<strong>al</strong>utare la qu<strong>al</strong>e si distorce la verità storica e non si spiega come in<br />

piena guerra fredda sia stato elaborare ed approvare una Costituzione come quella it<strong>al</strong>iana.<br />

Per temperamento e per convinzione sono assolutamente <strong>al</strong>ieno d<strong>al</strong> lanciare anatemi. Condivido le<br />

severissime critiche che illustri storici hanno rivolto a Pansa, ma rifuggo dagli anatemi. Condivido<br />

con Pansa la necessità che la ricerca storica, soprattutto da parte <strong>del</strong>la storiografia di ispirazione<br />

antifascista, non commetta omissioni, ma non il suo presentarsi come il primo ad aver affermato<br />

con forza questa necessità ed avere squarciato le zone d’ombra che la stessa Resistenza ha avuto :<br />

questa è una bugia.<br />

Non c’è dubbio che in una prima fase nelle interpretazioni storiografiche sulla Resistenza abbiano<br />

prev<strong>al</strong>so gli approcci ideologici rispetto a quelli scientifici. Non c’è dubbio, come rilevò<br />

quarant’anni fa uno dei maggiori storici <strong>del</strong>la resistenza it<strong>al</strong>iana, Guido Quazza, che nel periodo di<br />

esasperata contrapposizione <strong>del</strong>la guerra fredda prev<strong>al</strong>sero le “storiografie di partito”, ognuna<br />

scegliendo di trattare ciò che era giovevole e ignorando quanto riteneva poco giovevole.<br />

Ma a ragione si parla, ormai da quasi vent’anni, di una nuova fase <strong>del</strong>la storiografia resistenzi<strong>al</strong>e,<br />

fondata su strumenti metodologici più rigorosi e su un più ampio ricorso <strong>al</strong>le fonti document<strong>al</strong>i, fase<br />

aperta nel 1991 da libro di Claudio Pavone Una guerra civile. Saggio storico sulla mor<strong>al</strong>ità <strong>del</strong>la<br />

resistenza. Una storiografia assai attenta, che si è misurata sul grande nodo <strong>del</strong> rapporto tra storia<br />

<strong>del</strong>la Resistenza e storia nazion<strong>al</strong>e, che ha fatto emergere la Resistenza con contorni più aderenti<br />

<strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà complessa, travagliata ed anche contraddittoria <strong>del</strong> biennio ’43-45, che ne ha messo in<br />

luce le luci e le ombre, ma che da queste severe an<strong>al</strong>isi ha tratto con forza ancora maggiore la<br />

convinzione che la Resistenza non solo ha dato robuste fondamenta <strong>al</strong> riscatto e <strong>al</strong>la rinascita<br />

<strong>del</strong>l’It<strong>al</strong>ia ma ha trasmesso una fondament<strong>al</strong>e eredità <strong>al</strong>le generazioni successive.<br />

Come ha scritto nel 2004 Santo Peli, in un libro intitolato <strong>La</strong> Resistenza it<strong>al</strong>iana «prendere atto<br />

<strong>del</strong>le difficoltà, <strong>del</strong>le contraddizioni, <strong>del</strong>le ombre oltre che <strong>del</strong>le luci <strong>del</strong>la Resistenza it<strong>al</strong>iana e <strong>del</strong>la<br />

guerra partigiana continua ad apparirci come la sola possibilità concreta di comprendere l’unicità e<br />

la dirompente discontinuità che essa rappresenta nella storia soci<strong>al</strong>e e politica <strong>del</strong>la nazione».<br />

3. Avviandomi <strong>al</strong>la conclusione e scusandomi con voi se ho trattato in modo approssimativo temi<br />

così complessi vorrei dire due ultime cose.<br />

<strong>La</strong> prima è la necessità di mantenere il paradigma <strong>del</strong>l’antifascismo, oggi da molti, con una visione<br />

tutta rinserrata entro i confini it<strong>al</strong>iani, ritenuto superfluo.<br />

4


<strong>La</strong> ragione non è di certo ideologica e non è neppure strettamente politica, per quanto debba<br />

seriamente inquietarci il fatto che il voto di oltre venti milioni di cittadini europei abbia permesso<br />

per la prima volta nella storia <strong>del</strong> Parlamento europeo la formazione di un gruppo di estrema destra,<br />

antieuropeista, antisemita, xenofobo. E’ la paura <strong>del</strong> mondo che cambia i suoi equilibri, <strong>del</strong>la<br />

glob<strong>al</strong>izzazione, <strong>del</strong>la immigrazione che conduce una parte dei cittadini europei ad atteggiamenti<br />

nazion<strong>al</strong>isti e appunto xenofobi.<br />

L’antifascismo, che considero nella sua dimensione europea, non è un vessillo ideologico, ma è<br />

quel lievito cultur<strong>al</strong>e, quello sprone che - fondato come dicevo <strong>al</strong>cuni minuti fa sulla<br />

consapevolezza dei disastri a cui conducono tot<strong>al</strong>itarismo, nazion<strong>al</strong>ismo, razzismo e bellicismo -<br />

deve indurci a misurarci con fiducia e coraggio con i grandi, e di sicuro assai complessi, problemi<br />

che appunto impauriscono o inquietano una parte dei cittadini europei; è un lievito cultur<strong>al</strong>e che<br />

deve convincere che le politiche perdenti sono quelle fondate sulle paure e le vincenti sono quelle<br />

che considerano la glob<strong>al</strong>izzazione un terreno sul qu<strong>al</strong>e l’Europa può misurasi con mezzi adeguati e<br />

che, sottratto <strong>al</strong> potere assolutistico <strong>del</strong> mercato, può costituire una grande opportunità; quelle che<br />

considerano l’immigrazione, regolata da opportune politiche, una risorsa positiva che aiuta le nostre<br />

economie.<br />

L’antifascismo, non è arroccamento ideologico rispetto ad un mondo profondamente mutato, ma <strong>al</strong><br />

contrario apertura ment<strong>al</strong>e, generazione di fiducia nonostante i problemi aperti, gli interrogativi ed i<br />

grandi rischi <strong>del</strong> tempo presente e <strong>del</strong> prossimo futuro. Ma problemi, interrogativi, rischi si<br />

affrontano, come diceva Gramsci, sì con il pessimismo <strong>del</strong>l’intelligenza ma con l’ottimismo <strong>del</strong>la<br />

volontà.<br />

4. Rappresentanti <strong>del</strong>le istituzioni dei partiti, <strong>del</strong>le associazioni, compagne e compagni,<br />

questa mia ultima affermazione non è in contrasto con le due preoccupazioni che ho espresso nella<br />

prima parte <strong>del</strong> mio intervento.<br />

<strong>La</strong> prima, che un insieme di fattori internazion<strong>al</strong>i e nazion<strong>al</strong>i possa indurre molti a ritenere superate<br />

le scelte che seppero fare i paesi che dettero inizio <strong>al</strong> processo storico <strong>del</strong>l’Unione Europea. <strong>La</strong><br />

seconda, il timore che il nostro assetto istituzion<strong>al</strong>e e politico si stia adattando a vivere in un<br />

democrazia, che nessuno mette in discussione ma povera di partecipazione e, come si dice in un<br />

passo <strong>del</strong> vostro documento congressu<strong>al</strong>e, di passione civile. Una democrazia segnata d<strong>al</strong><br />

progressivo appannamento tanto <strong>del</strong>l’etica pubblica quanto di quella individu<strong>al</strong>e, da un m<strong>al</strong>essere<br />

difficilmente decifrabile, da un riaffacciarsi prepotente in gran parte degli individui <strong>del</strong>la furbizia e<br />

<strong>del</strong>la deresponsabilizzazione come risorse.<br />

Una democrazia rattrappita che significato re<strong>al</strong>e (non retorico) può dare <strong>al</strong>la memoria, ai v<strong>al</strong>ori,<br />

<strong>al</strong>l’eredità <strong>del</strong>la Resistenza che è stata nella storia it<strong>al</strong>iana il momento di massima espressione, in<br />

parte consistente <strong>del</strong> popolo it<strong>al</strong>iano, <strong>del</strong>l’assunzione di responsabilità sia collettiva che person<strong>al</strong>e<br />

ed un momento di intensa partecipazione? Può sì rendere ad essi un omaggio ritu<strong>al</strong>e, confinandoli<br />

dentro manifestazioni celebrative, es<strong>al</strong>tandoli a parole, ma di certo non ha nessuna capacità né<br />

intendimento di attu<strong>al</strong>izzarli, facendone lievito anche <strong>del</strong> presente.<br />

Reagire <strong>al</strong>la condizione attu<strong>al</strong>e <strong>del</strong> nostro sistema democratico è necessario e possibile. Ed é vit<strong>al</strong>e<br />

perché i v<strong>al</strong>ori resistenzi<strong>al</strong>i vivano re<strong>al</strong>mente.<br />

Penso a quello straordinario evento <strong>del</strong>la Resistenza per cui quelli che <strong>al</strong>lora come erano solo<br />

piccoli embrioni di partito seppero, su v<strong>al</strong>ori ed obbiettivi primari, re<strong>al</strong>izzare un incontro con la<br />

parte migliore <strong>del</strong>la gioventù it<strong>al</strong>iana facendola diventare protagonista <strong>del</strong>la lotta resistenzi<strong>al</strong>e e <strong>del</strong><br />

riscatto <strong>del</strong>le dignità <strong>del</strong> popolo it<strong>al</strong>iano e seppero poi dare, attraverso una sempre crescente<br />

partecipazione popolare, fondamenta solide <strong>al</strong>la nostra democrazia.<br />

So bene che il drammatico contesto ove ciò avvenne è radic<strong>al</strong>mente diverso da ogni possibile<br />

contesto attu<strong>al</strong>e. Che nessuna temperie odierna può essere neppure lontanamente simile a quella<br />

attraversata d<strong>al</strong> popolo it<strong>al</strong>iano nel biennio ’43-’45.<br />

Ma ricordando quel fatto ho solo inteso dire che ancora oggi vi sono nel Paese tante energie positive<br />

per rivivificare la nostra democrazia, riv<strong>al</strong>orizzare la rappresentanza ed il sistema dei partiti.<br />

5


Il mio non è un richiamo generico, che risulterebbe non solo illusorio ma anche ingannevole, ad una<br />

presunta bontà o ad una ancor più f<strong>al</strong>lace superiorità <strong>del</strong>la società civile, ma tenere a mente che i<br />

comportamenti di parte consistente dei cittadini, e soprattutto dei giovani, sono mutevoli. Inclinano<br />

<strong>al</strong>la cura dei propri interessi, <strong>al</strong>la ricerca <strong>del</strong> benessere person<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>l’apatia verso la politica, <strong>al</strong><br />

disincanto o <strong>al</strong>la sfiducia, quando l’immagine che le istituzioni, i partiti, le amministrazioni deputate<br />

ai problemi <strong>del</strong>la collettività danno di sé è grigia, povera di mete, di progetti, di positive ambizioni,<br />

avviata passivamente verso il futuro cercando solo nicchie protettive. Diventano assai diversi<br />

quando si sentono chiamati con sincerità, con autorevolezza, con chiari propositi a partecipare a<br />

disegni per i qu<strong>al</strong>i v<strong>al</strong>e la pena assumersi <strong>del</strong>le responsabilità, agire collettivamente, far appello <strong>al</strong>la<br />

parte migliore di sé.<br />

Insomma, per farla breve, intendo dire che se la politica riacquista la capacità di <strong>al</strong>lungare ed<br />

<strong>al</strong>largare lo sguardo, se ha più coraggio e più fiducia nella partecipazione popolare, beh le energie<br />

per affrontare positivamente le sfide <strong>del</strong> futuro ci sono.<br />

Del resto io sono profondamente convinto <strong>del</strong> messaggio cruci<strong>al</strong>e contenuto nel vostro documento<br />

congressu<strong>al</strong>e, che è “ aprire sopratutto i giovani ad una nuova speranza”.<br />

Sempre viva la Resistenza.<br />

6

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