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Orazione dall'avvocato Lino Bettin, presidente dell'ANPI ... - ISTREVI

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ORAZIONE FUNEBRE PER IL PARTIGIANO DR.SERGIO CANEVA<br />

TENUTA DALL’AVV. LINO BETTIN, PRESIDENTE DELL’ANPI PROVINCIALE DI<br />

VICENZA<br />

DUOMO DI ARZIGNANO 26 APRILE 1993<br />

Alla grande folla che gremiva il Duomo, alle Autorità civili e militari, ai rappresentanti, presenti<br />

con le loro bandiere, delle numerose Associazioni partigiani e combattentistiche e del volontariato<br />

di Vicenza, Padova, Venezia, Verona, Rovigo, Mantova, Fiesso d’Artico e di altri paesi d’Italia,<br />

l’oratore ha portato il commosso ringraziamento a nome dell’ANPI provinciale e così ha salutato il<br />

caro Compagno scomparso:<br />

Sergio non è più.<br />

Quando venerdì notte Renata Palumbo, che con il marito l’aveva ospitato poche ore<br />

prima per un pasto frugale, mi telefonò annunciandomi che forse gli era accaduto<br />

qualcosa di grave, immediatamente contattai il prof. Renzo Perini di Monticello<br />

Conte Otto che aveva organizzato in quel Comune una conferenza sulla Resistenza<br />

insieme a Sergio ed ebbi immediatamente la drammatica conferma che Sergio,<br />

mentre testimoniava alla gente convenuta i Valori in cui visceralmente credeva, era<br />

morto nel giro di pochi istanti, con il mezzo sorriso di sempre.<br />

La notizia più che sbalordito mi lasciò incredulo, posto che nessuno di noi aveva il<br />

diritto di prevedere o solo pensare di dover un giorno partecipare ai funerali di Sergio<br />

Caneva, dal fisico ancora integro e giovanile, diventato per noi tutti e per l’ANPI, da<br />

molti anni, personaggio indispensabile alla nostra scelta di vita sociale ed umana.<br />

Sergio si è portato via un pezzo di ciascuno di noi, fregandoci ancora una volta col<br />

mezzo sorriso sulle labbra, pieno di bontà e di sottile ironia.<br />

Se egli potesse commentare il proprio decesso sono certo che direbbe “sa vulio far, la<br />

xe ‘nda così”.<br />

Ho buttato giù queste poche righe sulla vita di Sergio fra una lacrima e l’altra, da<br />

occhi per troppi anni affetti da siccità, fidando soltanto nella memoria per tratteggiare<br />

alcuni momenti della sua esistenza la cui rievocazione richiederebbe ben altro tempo<br />

e spazio.<br />

Studente di medicina durante la guerra di Liberazione, ebbe contatti e svolse notevole<br />

e pericolosa attività clandestina con formazioni della Divisione partigiana Pasubio,<br />

per cui subì una condanna in contumacia a 30 anni di galera ad opera del Tribunale<br />

fascista.<br />

Egli apparteneva ad una splendida famiglia di Arzignano che ha pagato un alto scotto<br />

alla libertà del nostro Paese.<br />

Ben due fratelli, i cui resti mortali sono rimpatriati nel mese scorso, sono morti nei<br />

campi di sterminio nazisti.<br />

Laureatosi in medicina subito dopo la guerra di Liberazione, eseguì la prima pratica<br />

professionale nella Divisione di Chirurgia dell’Ospedale Civile di Arzignano. Si<br />

accorse tuttavia ben presto che il suo posto non era tra i bisturi ed i farmaci, che<br />

cordialmente disprezzava, ma tra quelli che soffrono nello spirito, tra coloro che<br />

avevano bisogno di recuperare la mente turbata da traumi permanenti o transeunti.


Il dottor Sergio Caneva passò l’intera vita a curare centinaia di pazienti, per lo più<br />

donne, nell’Ospedale Psichiatrico di Vicenza, dove la sua umanità, la sua<br />

intelligenza, la sua disponibilità lasciarono traccia indelebile tra i malati guariti e non,<br />

il personale paramedico ed i colleghi che lo apprezzavano vuoi per l’innata modestia,<br />

vuoi per le sue pubblicazioni scientifiche, ahimè note più all’estero che in Italia.<br />

Non poco del suo tempo libero lo dedicava in Arzignano ed altrove alla cura gratuita<br />

della povera gente.<br />

Debbo ora ricordare Sergio nel ruolo di dirigente dell’ANPI vicentina, della quale è<br />

stato per anni Vice Presidente provinciale, oltre ad aver ricoperto per lunghi anni sino<br />

a tutt’oggi la veste di Consigliere nazionale.<br />

Per oltre quarant’anni ha partecipato con grande costanza ed amore a tutte le<br />

numerose celebrazioni dei nostri caduti in ogni luogo del vicentino e spesso nel<br />

Veneto.<br />

Il suo volto, la sua parola, sono così diventati familiari a migliaia e migliaia di<br />

partigiani, di amici della Resistenza, di gente comune, come lo sta a dimostrare la<br />

grande partecipazione odierna.<br />

Un particolare contributo egli ha dato nel corso degli anni alla storia della resistenza<br />

vicentina, pubblicando da solo o in collaborazione con altri studiosi ( ricorderò<br />

Pranovi, Faggion, Ghirardini) libri, saggi, quaderni che hanno avuto larga diffusione,<br />

insieme alle sue ripetute testimonianze dirette e alle conferenze nelle scuole di tutta la<br />

provincia. Era da tempo lo “storico” dell’ANPI vicentina.<br />

Sappiamo che ha raccolto con la consueta tenacia e diligenza un prezioso materiale in<br />

preparazione di pubblicazioni collegate al Cinquantesimo anniversario della<br />

Liberazione. Speriamo che la sua drammatica scomparsa e la sicura cortesia degli<br />

Eredi ci facciano recuperare i preziosi documenti, le schede, gli appunti.<br />

Ma quello che non potremo mai dimenticare di Sergio è la sua umanità nella<br />

comprensione degli altri. Il senso e il gusto quasi francescano della vita. Il disprezzo<br />

per la società consumistica, il sogno irrealizzabile della “Città del sole”.<br />

Chi ha avuto la grande fortuna di stargli accanto, come chi vi parla, nel corso degli<br />

anni Cinquanta e Sessanta, negli incontri internazionali in difesa della pace, della<br />

solidarietà tra i popoli, ha potuto apprezzare l’estrema serietà e profondità del suo<br />

impegno umano, civile e politico.<br />

La sua concezione della vita privilegiava la modestia e l’amicizia, il minimo vitale, il<br />

gusto schietto e la gioia giovanile ed ingenua per un piatto semplice offerto dal<br />

compagno povero negli incontri in cui si parlava dei problemi dell’uomo, della<br />

giustizia sociale, della libertà reale.<br />

Coerentissimo con siffatta concezione, pur potendo per cospicuo censo familiare<br />

condurre una vita in sintonia con i tempi del consumo, ha sempre scelto vacanze,<br />

svaghi e viaggi all’insegna del ‘sacco a pelo’, degli alloggi modesti e di modesti<br />

amici affittacamere. Quante volte il gioco al risparmio in occasione di assemblee<br />

conviviali, coltivato nei tempi da Sergio, ha dilettato i nostri giorni, le nostre battute,<br />

il nostro divertimento senza peraltro ridurre o scalfire l’immenso affetto e la stima<br />

che sempre abbiamo nutrito nei suoi confronti.


Vero è che Sergio, medico e storico, non era capace di fare la più semplice delle<br />

operazioni aritmetiche.<br />

Anche la sua ultima scelta ideologica, fatta in punta di piedi, è specchio di coerenza<br />

ed amore verso le classi meno abbienti.<br />

Caro Sergio, non scorderemo fino all’ultimo dei nostri giorni l’insegnamento e<br />

l’esempio di modestia, di comprensione dell’uomo, di solidarietà tra i popoli che ci<br />

hai lasciato.<br />

Non dimenticheremo mai i tuoi occhi vivissimi e penetranti, che scavavano nel cuore<br />

e nella psiche dell’uomo, il tuo mezzo sorriso, talora velato di triste ironia ma sempre<br />

buono e generoso. Sarebbe bello se potessimo ancora incontraci, non so dove né<br />

quando, e riprendere il dialogo acceso sulla opportunità, legittimità della “mancia al<br />

suonatore di musica classica” secondo l’etica socialista, legittimità che Tu a<br />

Belgrado, negli anni Sessanta, hai contestato, in armonia col pensiero e concezione di<br />

mio cognato Noni, cittadino jugoslavo, combattente della libertà, anch’egli passato ad<br />

altra vita.<br />

Hai conciliato il tuo senso di intima religiosità con il sogno talora utopistico di<br />

uguaglianza, libertà e giustizia sociale intesa nel senso più integrale.<br />

Riposa in pace.

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