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Aiutare - Caritas Diözese Bozen-Brixen

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Poste italiane s.p.a. - Spedizione in A.P. - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Bolzano<br />

In caso di mancato recapito inviare al CPO di Bolzano per la restituzuione al mittente previo pagamento resi.<br />

<strong>Aiutare</strong><br />

Pubblicazione periodica della <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone 01/Febbraio 2010<br />

Imparare<br />

Evitare<br />

Sensibilizzare<br />

Donare<br />

Bere<br />

Vivere<br />

Ricostruire<br />

Rinunciare<br />

Valutare<br />

Raccogliere


Indice<br />

Raccogliere<br />

In evidenza A marzo di quest’anno <strong>Caritas</strong><br />

raccoglierà nuovamente i cellulari usati<br />

e con il ricavato sosterrà persone in stato<br />

di bisogno in Alto Adige.<br />

“Corsa dei miracoli“.<br />

Editoriale ______________________________________________<br />

20<br />

1<br />

Storia di copertina _____________________________________ 2<br />

L’intervista ___________________________________________ 10<br />

In evidenza ____________________________________________11<br />

Raccolta fondi ________________________________________ 15<br />

Focus ________________________________________________ 16<br />

Lo sguardo ___________________________________________ 18<br />

young<strong>Caritas</strong> _________________________________________ 20<br />

Vetrina ________________________________________________ 21<br />

Dietro le quinte _______________________________________ 24<br />

Imparare<br />

Storia di copertina Avere ogni giorno<br />

di che sfamarsi, un letto su cui dormire e<br />

un’istruzione per milioni di bambini non<br />

sono cose scontate. Con il programma<br />

di sostegno all’infanzia “Come si scrive<br />

domani?” <strong>Caritas</strong> offre una chance a tanti<br />

bambini.<br />

13 2<br />

Sensibilizzare<br />

In evidenza L’iniziativa “Madre Terra“<br />

nel 2010 proporrà un’offerta culturale<br />

di grande spessore. In programma le<br />

presentazioni del libro “Uomini e caporali“<br />

di Alessandro Leogrande e un’anteprima<br />

di alcuni spezzoni del film “Dalla testa al<br />

cielo” di Debora Scaperrotta.<br />

12<br />

Firmare<br />

In evidenza Il 5‰ delle tasse pagate allo<br />

Stato può essere destinato alla <strong>Caritas</strong>:<br />

per farlo è sufficiente apporre una firma e<br />

indicare il codice fiscale della <strong>Caritas</strong> sulla<br />

dichiarazione dei redditi o sul CUD.<br />

14<br />

Foto di copertina Alexander Nitz<br />

Donare<br />

Raccolta fondi Ora è urgente più che<br />

mai. Dopo il devastante terremoto del 12<br />

gennaio 2010 l’aiuto ad Haiti non deve<br />

mancare.<br />

15<br />

Correre<br />

young<strong>Caritas</strong> Correre è lanciare un segnale<br />

concreto di solidarietà alle persone<br />

bisognose dei Paesi del Sud del mondo:<br />

per il secondo anno young<strong>Caritas</strong> invita<br />

i bambini e i giovani a partecipare alla<br />

Evitare<br />

L’intervista Nel 2010, dichiarato “Anno<br />

europeo della lotta alla povertà e all’esclusione<br />

sociale“, anche <strong>Caritas</strong> si concentra<br />

su questa tematica. “Prevenire la povertà<br />

è più saggio che combatterla”, afferma<br />

con convinzione Carlo Knöpfel, presidente<br />

della commissione socio-politica di <strong>Caritas</strong><br />

Europa.<br />

10<br />

Bere<br />

Focus Con il decreto 135/2009 il governo<br />

Berlusconi ha privatizzato la gestione<br />

dell’acqua, bene pubblico per eccellenza.<br />

Opinioni e approfondimenti.<br />

16<br />

Rinunciare<br />

Vetrina Rinunciare consapevolmente e<br />

mettere alla prova la propria resistenza :<br />

anche quest’anno durante la Quaresima<br />

<strong>Caritas</strong> e altre organizzazioni invitano a<br />

partecipare a “Io rinuncio”.<br />

21


Ricostruire<br />

In evidenza Dieci mesi dopo lo spaventoso<br />

terremoto in Abruzzo la ricostruzione<br />

continua. Con l’aiuto della popolazione<br />

dell’Alto Adige <strong>Caritas</strong> ha edificato un complesso<br />

scolastico, un centro comunitario e<br />

un blocco abitativo sociale.<br />

11<br />

Vivere<br />

Lo sguardo Le persone senza dimora<br />

vivono ai margini della società: sono sole,<br />

disorientate e hanno alle spalle situazioni di<br />

estrema difficoltà. In inverno le temperature<br />

polari mettono a rischio la loro vita.<br />

18<br />

Valutare<br />

Dietro le quinte Le persone immigrate<br />

versano allo Stato (in tasse e contributi)<br />

il doppio di quanto ricevono. Si tratta di<br />

un dato da sottolineare quando si parla di<br />

maggiori spese dovute all’immigrazione.<br />

24<br />

Editoriale<br />

Dopo un decennio, a <strong>Caritas</strong> info succede<br />

<strong>Aiutare</strong>, la nuova rivista per i donatori e i sostenitori della <strong>Caritas</strong> Diocesi<br />

Bolzano-Bressanone. Lo scopo di <strong>Aiutare</strong> rimane quello di portare<br />

all’attenzione della popolazione altoatesina le difficili situazioni di<br />

vita delle persone accompagnate da <strong>Caritas</strong> dentro e fuori la nostra<br />

provincia. <strong>Aiutare</strong> desidera contribuire alla sensibilizzazione sulle diseguaglianze<br />

nel mondo e mostrare che esistono possibilità efficaci di<br />

intervento. <strong>Aiutare</strong> vuole testimoniare la correttezza con cui vengono<br />

impiegate le offerte a <strong>Caritas</strong> per il sostegno alle persone in stato di<br />

bisogno. Da ultimo <strong>Aiutare</strong> intende informare sull’attività della <strong>Caritas</strong><br />

Diocesi Bolzano-Bressanone in provincia di Bolzano, sulle offerte di<br />

servizi specialistici, sui settori di intervento e le possibilità di sostegno.<br />

Lo scopo primario della <strong>Caritas</strong> è intervenire rapidamente, efficacemente<br />

e concretamente per aiutare ogni volta che una persona ha un<br />

problema. Con questa rivista quadrimestrale vorremmo spiegare come<br />

forniamo il nostro aiuto.<br />

La storia di copertina di questo primo numero è dedicata al programma<br />

di sostegno all’infanzia. Oltre all’Eritrea, alla Bolivia, alla Macedonia,<br />

la <strong>Caritas</strong> vuole ora sostenere anche i bambini del Brasile e del Kenia.<br />

Il sostegno all’infanzia offre ai piccoli un futuro per mezzo dell’istruzione,<br />

di un’alimentazione equilibrata e dell’assistenza medica. Meno di<br />

quanto costa un caffè è sufficiente per garantire un domani migliore<br />

a un bambino. L’intervista La Commissione Europea ha dichiarato il<br />

2010 Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale: durante<br />

tutto l’anno l’opinione pubblica del continente verrà informata su<br />

come la povertà segni sempre troppo in profondità la vita quotidiana<br />

di tanti europei. 78 milioni sono le persone a rischio-povertà in Europa.<br />

In proposito abbiamo intervistato l’economista svizzero, Carlo Knöpfel.<br />

Focus Con il decreto legislativo 135/2009 il governo Berlusconi ha consegnato<br />

la gestione dell’acqua alle imprese private. Dati e informazioni<br />

su questa tematica si trovano alla pagina 16. In evidenza Qui troverete<br />

informazioni sugli aiuti in Abruzzo, sulla seconda raccolta dei cellulari<br />

usati che partirà a marzo, sulla possibilità di destinare il 5‰ delle tasse<br />

pagate alla <strong>Caritas</strong> e altro ancora.<br />

<strong>Aiutare</strong> stava per andare in stampa quando ci è giunta la notizia<br />

del violentissimo terremoto ad Haiti. E’ ora necessario uno<br />

sforzo straordinario per dare una mano ai sopravvissuti. La <strong>Caritas</strong><br />

dell’Alto Adige invia aiuti attraverso la rete internazionale<br />

della <strong>Caritas</strong>. Il tuo aiuto conta!<br />

Speriamo che la lettura di <strong>Aiutare</strong> vi fornisca informazioni interessanti e<br />

utili. Saremo grati a tutti coloro che vorranno comunicarci il loro parere<br />

sulla nuova rivista di <strong>Caritas</strong>.<br />

Maria Lobis<br />

Ufficio Relazioni Pubbliche<br />

aiutare@caritas.bz.it<br />

1<br />

Foto Klaus Martini


Storia di copertina<br />

Come<br />

si scrive<br />

domani?<br />

I progetti di sostegno all’infanzia in<br />

Kenya, Brasile, Bolivia, Eritrea<br />

e Macedonia<br />

2 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Secondo le stime effettuate dall’Unicef nel<br />

mondo sono 200 milioni i bambini sottoalimentati. 15 milioni muoiono<br />

ogni anno a causa di malattie guaribili, semplicemente perché<br />

non hanno accesso ai vaccini. 115 milioni di minori non hanno la<br />

possibilità di frequentare la scuola. Di fronte a tali cifre la <strong>Caritas</strong>,<br />

sei anni fa, ha deciso di dare il via a “Come si scrive domani?”, il<br />

programma di sostegno all’infanzia. Finora, grazie al sostegno di<br />

donatori altoatesini, i bambini aiutati in Bolivia, Eritrea e Macedonia<br />

sono stati 1.400: si è consentito loro l’accesso a un’alimentazione<br />

sufficiente, alla formazione scolastica e alle cure mediche.<br />

Nel 2010 <strong>Caritas</strong> amplierà il programma di sostegno all’infanzia<br />

integrandovi due nuovi progetti in Kenya e Brasile.


Foto Klaus Martini<br />

Quest’oggi<br />

Baralia ha<br />

trovato una<br />

pentola di<br />

metallo e<br />

un pezzo di<br />

sapone.<br />

Kenya<br />

per un’infanzia senza più immondizia<br />

Baralia, 12 anni, cammina nello slum di Korogocho, nella capitale<br />

del Kenya, a Nairobi. L’unico paesaggio che il bambino può ammirare<br />

è costruito dall’uomo con materiali di scarto: capanne miracolosamente<br />

tenute in piedi rappezzando lamiera ondulata, cartone,<br />

legno e pezzi di stoffa. In mezzo alle baracche della bidonville si<br />

estende un labirinto di viuzze ricoperte di rifiuti ed escrementi umani<br />

e animali. L’aria è quasi sempre irrespirabile a causa delle esalazioni<br />

grigiastre provenienti dai camini delle industrie vicine e dalle montagne<br />

di immondizia delle discariche che circondano Korogocho.<br />

Sulle strade sudice della città-immondezzaio uno sparuto gruppo di<br />

bambini gioca a calcio con un dischetto ricavato schiacciando una<br />

vecchia lattina. La maggior parte dei minori di Korogocho però non<br />

gioca, lavora: cercano nelle discariche metallo e oggetti riutilizzabili<br />

da rivendere. Baralia è uno di essi. Quest’oggi ha trovato una pentola<br />

di metallo e un pezzo di sapone: la pentola la potrà scambiare per<br />

un po’ di olio e di farina di mais. Sua mamma sarà contenta: almeno<br />

per un giorno tutta la famiglia non dovrà preoccuparsi perchè in<br />

tavola ci sarà qualcosa da mangiare. La madre di Baralia lavora in<br />

una piccola lavanderia però quello che guadagna non è sufficiente<br />

a mantenere i cinque membri della famiglia: un euro per dodici ore<br />

passate a lavare, sfregare e stendere indumenti ad asciugare. Un<br />

chilo di farina di mais lo si può trovare a 95 cent, un litro di olio a 80 e<br />

mezzo chilo di fagioli a 40. Baralia e la sua famiglia sono stati abbandonati<br />

dal padre da anni. “E’ meglio che se ne sia andato”, afferma<br />

Baralia, “perché tutto il denaro che mia madre guadagnava con il<br />

sudore della fronte, mio padre se lo beveva nel giro di poche ore. Poi,<br />

quand’era ubriaco, ci insultava e picchiava tutti”. A volte il padre ha<br />

addirittura ferito la madre di Baralia, che dovette rimanere a letto per<br />

alcuni giorni. Quando Baralia ricorda questi terribili episodi di violenza<br />

familiare stringe forte i pugni e gli occhi gli si riempiono di lacrime.<br />

3


Storia di copertina<br />

Iniziano a cadere alcune gocce di pioggia sulla bidonville. L’acqua<br />

che scroscia dalle nuvole calde dell’equatore attenua per un po’ i<br />

vapori e il lezzo pestilenziale che ammorba l’aria. Le strade sono<br />

ricoperte dai secchi con cui gli abitanti di Korogocho raccolgono<br />

l’acqua che serve loro per cucinare e lavarsi: lo slum è privo di sistema<br />

fognario e le condutture per l’acqua non esistono. Una latrina<br />

serve a centinaia di persone. I tetti di latta delle precarie abitazioni<br />

sotto la pioggia risuonano come centinaia di migliaia di tamburi di<br />

latta. L’acqua che scende dal cielo scivola coprendo le strade e si<br />

mescola con la terra, i rifiuti e le deiezioni. Baralia corre veloce verso<br />

casa: le sue tre sorelle più giovani lo stanno aspettando. Con il pezzo<br />

di sapone che quest’oggi ha scovato nell’immondizia potranno finalmente<br />

lavarsi. La casa della famiglia di Baralia non è tanto diversa<br />

da tutte le altre: un’unica stanza, finestre senza vetri, niente intonaco<br />

sulle pareti di calcestruzzo. Sul duro pavimento sono appoggiate un<br />

paio di vecchie pignatte e di bottiglie di plastica; due miseri materassi<br />

coperti di macchie sono addossati a un muro: su uno dormono<br />

Baralia e le sue sorelle e sull’altro si riposa la madre.<br />

Domani Baralia ritornerà a scuola. Da due anni frequenta il centro<br />

“New Life”, diretto dalla suora altoatesina Lydia Pardeller, originaria<br />

di Nova Ponente. Al centro, per cinque giorni la settimana, Baralia<br />

ha l’opportunità di leggere, scrivere e fare di conto e, soprattutto,<br />

di mangiare due volte al giorno. Spesso le suore gli regalano farina,<br />

pane e fagioli per la sua famiglia. Una volta a settimana può farsi il<br />

bagno e lavare i vestiti. Il sabato e la domenica li passa comunque<br />

nella discarica ma, ciononostante, Baralia trova la forza per sorridere.<br />

E’ convinto che presto potrà andarsene da Korogocho assieme<br />

alla sua famiglia: “Non appena avrò terminato gli studi e sarò un<br />

giovane uomo”, assicura.<br />

Dall’inizio di quest’anno il centro “New Life” è entrato a far parte del<br />

programma di sostegno all’infanzia della <strong>Caritas</strong> altoatesina. L’edificio<br />

con le pareti bianche sorge al centro della bidonville di Korogocho<br />

e appartiene alla parrocchia di Saint Martin. Il partner della <strong>Caritas</strong><br />

altoatesina in Kenya è la missionaria Lydia Pardeller che ha fondato<br />

l’associazione “Hands of Care and Hope”. Le attività del centro sociale<br />

rientrano tra quelle previste nello statuto dell’associazione. Cinque<br />

giorni su sette i 200 bambini di età compresa tra gli 8 e i 13 anni<br />

possono frequentarvi la scuola e fare i compiti. Le pareti del centro<br />

sono ricoperte dai disegni colorati dei bambini, i pavimenti sono<br />

puliti e l’ambiente accogliente. I bambini stanno svolgendo i compiti<br />

assegnati loro dalle maestre. Si sente un gong risuonare: è il segnale<br />

che ci sono visite. E’ il medico che regolarmente arriva nel centro per<br />

visitare i bambini. Il dottore attraversa i larghi corridoi dell’edificio e<br />

il suo ingresso nelle classi è sempre accompagnato dal saluto dei<br />

200 bambini con cui ha già fatto amicizia e che conosce per nome. I<br />

bambini sanno che il medico li aiuta a curare i dolori che li affliggono.<br />

A causa della mancanza di igiene e delle misere condizioni di vita, i<br />

più piccoli a Korogocho sono spesso ammalati. La dissenteria è uno<br />

dei disturbi più frequenti. Oggi due bambini e una bambina riceveranno<br />

delle medicine. Uno dei bambini potrà portare con se a casa<br />

una confezione di compresse per curare anche la sorellina che ha<br />

vomitato tutta la notte.<br />

Il centro è per la maggior parte dei bambini l’unica possibilità di<br />

andare a scuola e di sottoporsi a cure mediche. Le scuole pubbliche<br />

di Korogocho sono affollatissime e sempre più spesso sono co-<br />

4 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Foto Suore Francescane della Penitenza<br />

Info<br />

Nell’ambito del programma di sostegno<br />

all’infanzia <strong>Caritas</strong> sostiene quei<br />

progetti che aiutano i bambini ad accedere<br />

all’istruzione, ad un’alimentazione<br />

sufficiente e alle cure medico-sanitarie.<br />

I donatori non sostengono un singolo<br />

bambino ma il progetto nel suo complesso.<br />

In questo modo si vuole evitare<br />

che ciascun bambino venga estraniato<br />

dal contesto e che debba interrompere<br />

la formazione nel caso in cui, per una<br />

ragione qualsiasi, il donatore decida di<br />

terminare il sostegno o che i singoli bambini<br />

siano dipendenti dal donatore. La<br />

<strong>Caritas</strong> ha calcolato esattamente qual è il<br />

contributo necessario per sostenere ogni<br />

bambino all’interno del progetto.<br />

strette a chiudere le porte a chi vuole entrare. Delle 40.000 persone<br />

nella parrocchia di Saint Martin più della metà non sono in grado nè<br />

di leggere nè di scrivere. Sopravvivono grazie a lavori sottopagati,<br />

quando hanno la fortuna di averli. Molte giovani madri a Nairobi si<br />

prostituiscono per assicurare l’essenziale ai loro figli. Baralia e i suoi<br />

compagni di scuola possono sperare in un destino diverso: grazie al<br />

sostegno della popolazione altoatesina potranno concludere gli studi<br />

e trovare un lavoro che offrirà più della miseria delle discariche.<br />

Brasile<br />

una scintilla di sicurezza nella dura vita<br />

quotidiana A migliaia di chilometri di distanza, aldilà dell’Atlantico,<br />

troviamo Maria, 63 anni, che, nella cittadina brasiliana di Taquaratinga,<br />

nello Stato di San Paolo, si sta accommiatando dai suoi due<br />

nipoti: Rosaria, di tre anni, e Vitório, di quattro. Li lascia nella loro<br />

piccola casetta di legno e si incammina, curva per gli anni e la fatica,<br />

per andare a lavorare. L’esile donna ha lavorato nei campi per quasi<br />

mezzo secolo e di notte non riesce quasi mai a dormire a causa<br />

dei dolori alla schiena. Se non lavorasse non potrebbe mantenere i<br />

suoi nipoti che da un paio di mesi vivono con lei, da quella notte in<br />

cui la loro madre venne picchiata a sangue dal suo compagno, un<br />

uomo aggressivo, violento e quasi sempre ubriaco. Amalia, la madre,


espirava ancora quando il suo uomo scappò barcollando di casa.<br />

Rosaria e Vitorio avevano assistito alla scena nascosti sotto al letto,<br />

tremando e piangendo in silenzio per ogni urlo della mamma. Le<br />

preghiere dei due bambini purtroppo non servirono a nulla: Amalia<br />

morì senza nemmeno riaprire gli occhi per vedere i suoi bambini<br />

un’ultima volta.<br />

La baracca della nonna non è molto distante dalla casa in cui i<br />

bambini vivevano con la mamma. Pareti di legno e un tetto costruito<br />

alla bell’e meglio con pezzi di lamiera. Una sola stanza: vi si cucina,<br />

mangia e dorme. Il pavimento è fatto con assi di legno. Di notte<br />

Rosaria, Vitório e la nonna si stringono e dormono sulle coperte<br />

colorate distese per terra. Durante il giorno i due piccoli rimangono<br />

da soli. La nonna deve provvedere al pranzo e alla cena, nonostante<br />

la sua età avanzata e il suo precario stato di salute: sta piegata tutto<br />

il giorno sui campi di cipolle a estirpare le erbacce dalle colture. La<br />

paga è bassa ma la famiglia deve mettere qualcosa sotto i denti e<br />

allora nonna Maria si fa forza e tira avanti senza lamentarsi, tanto più<br />

che il lavoro in agricoltura è uno dei pochi possibili a Taquaratinga.<br />

I 56.000 abitanti della cittadina brasiliana sono discendenti degli<br />

immigrati italiani, spagnoli, portoghesi, asiatici e degli schiavi africani.<br />

L’agricoltura è l’unica fiorente attività economica di Taquaratinga:<br />

piantagioni di canna da zucchero, di limoni, pompelmi e arance,<br />

caffè e campi di altri ortaggi sono caratteristici della regione. Durante<br />

la semina e la raccolta gli abitanti della zona hanno la possibilità<br />

I bambini del centro “S. Giovanni<br />

Bosco” mangiano a sazietà.<br />

A Taquaratinga molte famiglie<br />

non raggiungono l’indipendenza<br />

economica.<br />

La maggior parte dei bambini<br />

del centro ha solo uno dei due<br />

genitori o vive con i nonni che<br />

però non si possono occupare<br />

di loro perché devono lavorare.<br />

di lavorare mentre il resto dell’anno si mantengono a galla svolgendo<br />

lavoretti artigianali e piccoli commerci. Anche Maria, arrabattandosi,<br />

riesce a lavorare quasi tutto l’anno. E’ stimata e apprezzata dai padroni<br />

– una famiglia molto nota di latifondisti - e dai “caporali” per<br />

la sua esperienza e dedizione. Ma la sua famiglia resta poverissima<br />

come quasi tutte quelle che vivono a Taquaratinga. In media, una<br />

famiglia di quattro o cinque persone ha a disposizione un reddito<br />

che varia da 100 fino a 250 euro al mese. I servizi della città sono in<br />

uno stato disastroso: esistono un paio di ambulatori in cui mancano<br />

di frequente le medicine necessarie, le bende e i vaccini. Sono pochi<br />

anche i medici e gli infermieri e i reparti di pronto soccorso degli<br />

ospedali sono sempre sovraffollati. Molti pazienti muoiono senza<br />

essere nemmeno stati visitati da un dottore. A causa delle pessime<br />

condizioni di lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero, dove è<br />

persino difficile respirare per il fumo e la polvere, sono molte le persone<br />

che si ammalano di bronchite e infezioni ai polmoni. Il tifo e le<br />

infezioni batteriche si diffondono facilmente.<br />

Anche Rosario e Vitório si ammalano spesso. Non di rado succede<br />

che la nonna trovi uno dei due bambini in un bagno di sudore, con<br />

febbre altissima e brividi per il freddo, sotto alle coperte, quando lei<br />

a sera fa ritorno a casa. Questa è una delle ragioni per cui le costa<br />

così tanto continuare a lavorare e lasciare soli i nipoti. I piccoli sono<br />

ancora traumatizzati dalla morte della mamma. Non hanno mai parlato<br />

di ciò che è successo quella notte in cui Amalia venne ammaz-<br />

Foto Suore Francescane della Penitenza<br />

5


Storia di copertina<br />

zata, ma dai sonni agitati, dai lamenti e dalle lacrime che scendono<br />

loro sulle guance durante la notte, Maria capisce che il ricordo della<br />

madre che non c’è più è ancora vivo e li fa stare male.<br />

Alcune settimane fa Maria è andata a chiedere una mano al centro<br />

“San Giovanni Bosco”. Il centro diurno, gestito dalle suore Francescane<br />

della Penitenza, è aperto sei giorni su sette dalle cinque<br />

di mattina alle nove di sera e accoglie più di 100 bambini minori<br />

di 7 anni.<br />

Sette insegnanti ed educatori e una cuoca si occupano dei bambini<br />

e delle bambine i cui genitori durante il giorno devono lavorare<br />

e non possono occuparsi di loro. La maggior parte dei bambini del<br />

centro hanno solo uno dei due genitori oppure vivono con i nonni.<br />

Il prossimo anno scolastico anche Rosaria e Vitório vi passeranno<br />

le loro giornate. Imparare a leggere e scrivere, cantare, ballare,<br />

fare bricolage: tutto ciò che ha a che fare con l’essere bambini è<br />

possibile nel centro gestito dalle suore. I bambini vi ricevono abiti<br />

puliti, cibo, acqua potabile e visite mediche regolari. Le medicine<br />

necessarie sono disponibili nell’ambulatorio del centro.<br />

Da gennaio 2010 il centro diurno è sostenuto anche dall’Alto Adige.<br />

Il centro “San Giovanni Bosco” è infatti uno dei partner del programma<br />

di sostegno all’infanzia della <strong>Caritas</strong> altoatesina. Le attività<br />

in favore dei bambini della zona di Taquaratinga sono assicurate<br />

grazie all’aiuto dei donatori della provincia di Bolzano. Adesso Maria<br />

è felice perché, grazie al sostegno del centro, sa che i suoi nipoti<br />

non rimarranno da soli mentre lei è nei campi ma soprattutto nutre<br />

la speranza che entrambi i suoi nipoti possano fare una vita diversa<br />

dalla sua.<br />

Bolivia<br />

imparare per il futuro, nonostante la<br />

nostalgia di casa Qualche centinaia di chilometri a sudest, sull’altipiano<br />

boliviano, l’undicenne Clarita è appena giunta a casa, dove trascorrerà<br />

le ferie. Durante il resto dell’anno vive nel collegio di Pocona,<br />

una cittadina che dista 50 chilometri dal suo paesino, Calamarca<br />

Grande, che Clarita ha lasciato per la prima volta quando aveva otto<br />

anni. “Ero molto triste”, racconta, “il distacco dai miei genitori, tre<br />

anni fa, è stato molto duro”. Ciononostante la sua partenza da Calamarca<br />

rappresentava l’unica possibilità per continuare a frequentare<br />

la scuola e studiare.<br />

Il piccolo paese in cui vive la famiglia di Clarita si trova in una zona<br />

remota del Paese ed è circondato da montagne scure, polverose e<br />

asciutte, ricoperte da piante a basso fusto. La casa in cui abita la famiglia<br />

di Clarita, edificata con materiali poveri – fango, paglia e pietre<br />

– sembra sia tutt’uno con la terra su cui poggia. L’altipiano boliviano<br />

è scarsamente popolato e sono pochissime le case nei dintorni di<br />

quella della famiglia di Clarita. I paesi sorgono distanti l’uno dall’altro<br />

e così anche le case. Le scuole in questo territorio sono molto<br />

rare e spesso non coprono nemmeno l’intero ciclo delle elementari.<br />

Questa è una delle ragioni alla base dell’alto tasso di analfabetismo:<br />

quasi la metà degli abitanti della zona non sa nè leggere nè scrivere.<br />

Clarita ha seguito i primi due anni di scuola in un villaggio vicino:<br />

ogni giorno doveva camminare per due ore a piedi per andare e<br />

tornare da scuola, ma lo sforzo non le pesava. Ci andava volentieri:<br />

6 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

L’altipiano boliviano è scarsamente<br />

popolato. I villaggi sono distanti<br />

gli uni dagli altri e nella zona le<br />

scuole sono spesso una rarità.<br />

i numeri e le lettere con cui prendeva confidenza in classe l’avevano<br />

affascinata. Presto imparò a scrivere, leggere, fare di conto ma<br />

sembrava che non fosse più possibile continuare: tutte le scuole di<br />

grado superiore erano troppo distanti per pensare di raggiungerle<br />

con la sola forza delle proprie gambe e Clarita si era già rassegnata<br />

all’idea di condividere lo stesso destino di suo padre e di sua madre e<br />

prima ancora dei loro genitori, quello di lavorare nei campi, sui pendii<br />

scoscesi della Bolivia, sottraendo ogni giorno centimetri di terra alla<br />

montagna per ricavarne un po’ di cibo in più da vendere o da consumare.<br />

Un giorno però la maestra le parlò del collegio di Pocona cui<br />

Clarita fece subito richiesta di ammissione e dove venne accettata<br />

poco dopo. “Lì puoi studiare e con quello che hai imparato, più tardi,<br />

riuscire a svolgere un buono lavoro”, disse la madre di Clarita alla figlia<br />

che era indecisa se abbandonare la famiglia o gli studi.<br />

I genitori di Clarita non sarebbero stati in grado di pagare la retta<br />

del collegio di Clarita. Essi appartengono a quel 95% della popolazione<br />

boliviana che sopravvive grazie ai frutti del lavoro in agricoltura:<br />

molto poco, a causa dell’estrema siccità e degli antiquati metodi di<br />

lavorazione della terra. Per fortuna però per Clarita così come per<br />

altri bambini di famiglie di poveri contadini un grande aiuto proviene<br />

dalla nostra terra, l’Alto Adige. I donatori della provincia di Bolzano<br />

sostengono già da sei anni il collegio di Pocona. Un anno fa un altro<br />

collegio – nella cittadina di Pojo - ha iniziato ad essere finanziato<br />

dal programma di sostegno all’infanzia della <strong>Caritas</strong> altoatesina. 150


ambini e bambine che vivono nella lontana regione montagnosa di<br />

Aiquile possono trascorrervi l’anno scolastico che in Bolivia inizia il 1°<br />

febbraio e termina il 30 novembre. In quel periodo gli scolari ricevono<br />

un pasto tre volte al giorno, vestiti, libri e materiale scolastico oltre<br />

ad essere curati da personale medico. Nei pomeriggi gli insegnanti<br />

danno una mano ai bambini per aiutarli a svolgere i compiti. Nel collegio<br />

è offerto anche un corso per imparare ad usare il pc e, chi vuole,<br />

può partecipare alle attività del gruppo teatrale, o del coro oppure<br />

alle diverse attività sportive organizzate nel collegio.<br />

All’inizio, in collegio, la difficoltà maggiore per Clarita era esprimersi<br />

in spagnolo. A casa, con la famiglia, aveva sempre parlato solo<br />

quechua, la lingua degli Incas. Nel collegio invece si parla esclusivamente<br />

spagnolo che è anche la lingua in cui si svolgono le lezioni. Per<br />

aiutare i bambini a migliorare la loro conoscenza dello spagnolo nel<br />

collegio vengono offerti corsi specifici.<br />

Clarita è molto contenta di essere tornata a casa per le vacanze:<br />

tre mesi da passare con genitori e fratelli e sorelle durante i quali<br />

li aiuta nella raccolta delle patate. I terreni dell’altopiano boliviano<br />

sono molto poveri e dissodarli con i semplici attrezzi di cui dispone<br />

la famiglia di Clarita è un lavoro stremante. Per questo motivo tutti<br />

concorrono al lavoro del capofamiglia. Il rudimentale aratro costruito<br />

dal padre di Clarita apre con l’enorme fatica del bue un solco in cui<br />

la madre di Clarita sotterra le sementi: patate, mais, frumento e quinoa<br />

sono coltivati e raccolti a mano e trasportati a spalla in spessi<br />

Doveva camminare<br />

per due ore a piedi per<br />

andare e tornare da<br />

scuola, ma lo sforzo<br />

non le pesava.<br />

sacchi di juta pesanti 25 chili. La vita quotidiana di un contadino<br />

boliviano e della sua famiglia è come un viaggio nel passato per un<br />

visitatore europeo: una battaglia costante contro la fame e il bisogno,<br />

le precipitazioni sono sempre più scarse a causa dei cambiamenti<br />

climatici e i raccolti sono sempre più magri. Sempre più persone si<br />

vedono costrette ad abbandonare l’altipiano, soprattutto i giovani, e<br />

a trasferirsi nelle grandi città dove quasi sempre vanno a ingrossare<br />

le fila dei diseredati precariamente accampati negli slums, dove però<br />

la miseria e la disperazione sono maggiori che sull’altipiano.<br />

Clarita non ha intenzione di condividere questo destino. Se concluderà<br />

gli studi avrà buone opportunità di trovare un’occupazione.<br />

Potrà essere artefice del suo futuro, lavorare per costruirsi una vita<br />

indipendente per sé e i suoi figli. Forse arriverà a studiare all’università<br />

e darà una mano ad altri ragazzi come lei ad uscire dallo stato di<br />

miseria e a crearsi nuove prospettive di vita.<br />

Ora che è in vacanza al suo paesino, Clarita siede quasi ogni sera<br />

sul pavimento di terra di casa, assieme ai genitori e ai fratelli e sorelle.<br />

Avvolta dalle variopinte coperte di lana intrecciate dalla mamma,<br />

Clarita spiega ai suoi famigliari cos’ha imparato a scuola. Il viso della<br />

sua sorellina di 5 anni splende: ha appena scritto il suo nome per la<br />

prima volta.<br />

Foto Renato Modesti<br />

7


Storia di copertina<br />

Eritrea<br />

un bicchiere di latte contro la fame, la<br />

scuola contro la povertà Ritorniamo per un attimo in Africa, nel<br />

paese eritreo di Toconda, dove sorge la capanna di Misgana. Sembra<br />

un’abitazione abbastanza stabile: le pareti sono fatte di fango<br />

asciugato al sole e mischiato con sterco bovino, pietrisco e legno;<br />

il tetto è ricoperto di paglia. Il pavimento è di terra, battuta accuratamente<br />

affinchè si alzi meno polvere possibile. La donna magra,<br />

slanciata, con i capelli corti e crespi, sembra consumata dalla stanchezza.<br />

E’ appena tornata dai campi e aspetta il figlio, Ghebriel, sei<br />

anni, che durante il giorno frequenta l’asilo nel centro sociale di Tokonda,<br />

in Eritrea.<br />

L’asilo, gestito dai padri Cappuccini Eritrei, da sei anni è il cuore<br />

pulsante di “Am dam des”, il progetto di sostegno all’infanzia della<br />

<strong>Caritas</strong> altoatesina in Eritrea. Ogni anno vi vengono accolti 110 bambini<br />

e bambine. Due insegnanti si occupano della formazione dei<br />

bambini ed elaborano un programma di attività per il tempo libero. I<br />

bambini ricevono uniformi scolastiche, materiale ludico e didattico,<br />

trattamenti medico-sanitari gratuiti. In questo contesto è importante<br />

anche la fornitura di pasti equilibrati, con verdura e frutta, e un bicchiere<br />

di latte al giorno.<br />

“Avevo sedici anni quand’ho dato alla luce Ghebriel”, racconta Misganga.<br />

Per lei il piccolo è stato un dono del cielo: non solo perché<br />

l’ha liberata dall’obbligo militare - che riguarda tutti gli eritrei maggiori<br />

di 17 anni, senza distinzione di sesso - che ha durata indefinita. Alcuni<br />

riescono a tornare a casa solo dopo cinque anni, altri solo dopo<br />

venti anni di servizio.<br />

Nei paesi rimangono a vivere vecchi e bambini che lavorano tutti<br />

assieme, coltivando i campi come possono in condizioni climatiche<br />

sempre più avverse. La poca pioggia non sempre è sufficiente per<br />

far crescere e maturare il sorgo e il miglio. Le capre e le mucche si<br />

cibano di erba rinsecchita che trovano sui campi scuri e aridi. Quando<br />

sono troppo deboli per cercare cibo altrove, i contadini le lasciano<br />

pascolare sulle coltivazioni perché il latte è una fonte imprescindibile<br />

di alimentazione. In Eritrea infatti muore ancora un bambino su dieci<br />

di denutrizione. 425.000 bambini vivono in condizioni di povertà<br />

estrema, la maggior parte delle famiglie non ha le risorse sufficienti<br />

per soddisfare il proprio fabbisogno alimentare, senza parlare della<br />

formazione scolastica dei bambini. Il 43% della popolazione non sa<br />

nè leggere nè scrivere. 85 bambini su 1.000 muoiono prima di avere<br />

raggiunto i 5 anni. La fame è un’esperienza quotidiana per gli eritrei,<br />

allo stesso modo delle malattie causate dalla mancanza di vitamine<br />

e acqua pulita. Quasi nessuna famiglia ha il denaro sufficiente per<br />

comprare medicine: in media una famiglia deve sopravvivere con 50<br />

centesimi al giorno.<br />

“Quando era ancora in vita mio suocero, tutto era un po’ più facile”,<br />

afferma Misgana, “mio marito, suo figlio, ha disertato e da un anno<br />

hanno rinchiuso suo padre in prigione ad Asmara per ritorsione”. Misgana<br />

non ha saputo più nulla del marito che diceva di voler tentare<br />

la fortuna in Italia. Da allora Misgana lavora i campi da sola. Le sue<br />

mani sono ricoperte di calli, il suo sguardo è stanco, il suo racconto<br />

però non si ferma. Solo quando una piccola testa piena di riccioli<br />

neri si affaccia alla porta di casa gli occhi di Misgana riprendono<br />

a sorridere: Ghebriel è tornato a casa. E’ magro ma sano, nel pie-<br />

8 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Oggi è il giorno della gita<br />

con il vitello, il giorno della<br />

spensieratezza, cosa rara<br />

nell’Eritrea di oggi.<br />

no delle forze. All’asilo può mangiare a sazietà, lo vaccinano e gli<br />

somministrano le medicine quando necessario, può giocare e sta<br />

imparando anche a riconoscere e usare le lettere e i numeri. “Continuerà<br />

a studiare, diverrà sempre più forte e intelligente”, sussurra<br />

con orgoglio la madre, “chissà che, quando sarà grande, non riesca<br />

anche a riportare a casa suo padre”.<br />

Macedonia<br />

spezzare le catene dell’emarginazione<br />

Migliaia di chilometri più a est, nei Balcani, a Skopje, il quartiere di<br />

Topana è uno dei più poveri della capitale macedone. A Topana<br />

abitano Veli e la sua famiglia. La loro casa è costruita con i materiali<br />

più svariati: mattoni, legno, le finestrelle proteggono dagli spifferi<br />

grazie ad un mosaico ingegnoso di vetro, plastica e cellophan; il<br />

pavimento sembra meno gelido grazie alle mattonelle di diverso<br />

colore che lo ricoprono; alle pareti sono appese vecchie coperte e<br />

tappeti che rendono un po’ più accogliente l’interno della spoglia<br />

abitazione dotata di una piccola cucina e di due stanze riscaldate<br />

con stufe a legna. Veli e la sua famiglia, come quasi tutti gli altri<br />

abitanti di Topana, appartengono alla minoranza Rom.<br />

Foto Hapteghebriel Tesfamichael


I Rom della Macedonia parlano<br />

una lingua diversa da quella<br />

ufficiale e i loro bambini devono<br />

imparare il macedone per poter<br />

seguire con profitto le lezioni.<br />

Al pari del 90% dei Rom macedoni, la famiglia di Veli vive in quartieri<br />

privi di infrastrutture, senza acqua corrente, senza energia elettrica,<br />

molto spesso nelle immediate vicinanze di discariche. Le case<br />

sono simili più a baracche che a edifici e sono erette utilizzando<br />

materiali di fortuna come legno, cartone e vecchie lamiere, rinvenute<br />

nell’immondizia. Nelle stufe che riscaldano le case finisce tutto<br />

ciò che essi trovano nell’immondizia e non riescono a rivendere,<br />

spesso anche la plastica.<br />

Solamente Veli, nella sua famiglia, parla la lingua ufficiale, il macedone.<br />

I Rom hanno una lingua propria, che utilizzano con le persone<br />

della loro etnia o in famiglia. Per questa ragione la maggior parte<br />

dei bambini incontra difficoltà in classe tant’è che solo il 9% di essi<br />

riesce a terminare la scuola dell’obbligo regolarmente. Quasi il 34%<br />

dei Rom di Skopje è analfabeta e perciò fatica a trovare lavoro e si<br />

mantiene a galla svolgendo lavori saltuari.<br />

Veli va bene a scuola. Nella pre-scuola “Ihrom” ha potuto studiare<br />

per due anni il macedone e ora non ha più nessuna difficoltà con<br />

la lingua. L’associazione “Ihrom” è partner del progetto di sostegno<br />

all’infanzia “Spalla a spalla” che è finanziato da sei anni dai donatori<br />

della <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone e con l’aiuto degli insegnanti<br />

rinforza la preparazione prescolare dei piccoli Rom macedoni:<br />

viene loro insegnato il macedone, a stare insieme ai loro futuri<br />

compagni di classe che posseggono una cultura diversa dalla loro.<br />

Una volta al giorno i bambini ricevono un pasto equilibrato. Quando<br />

Foto Samir Mustafa<br />

Offerte<br />

Ogni bambino del progetto New life in Kenia<br />

può essere sostenuto con: 18 € al mese, 108 €<br />

ogni sei mesi, 216 € all’anno o con un contributo<br />

a scelta, determinato liberamente. Causale<br />

Sostegno all’infanzia Kenia<br />

Ogni bambino del progetto Olá in Brasile può<br />

essere sostenuto con: 28 € al mese, 168 € ogni<br />

sei mesi, 336 € all’anno o con un contributo<br />

a scelta, determinato liberamente. Causale<br />

Sostegno all’infanzia Brasile<br />

Ogni bambino del progetto Am dam des... in<br />

Eritrea può essere sostenuto con: 29 € al mese,<br />

175 € ogni sei mesi, 354 € all’anno o con un<br />

contributo a scelta, determinato liberamente.<br />

Causale Sostegno all’infanzia Eritrea<br />

Ogni bambino del progetto ABC... in Bolivia<br />

può essere sostenuto con: 30 € al mese, 180 €<br />

ogni sei mesi, 360 € all’anno o con un contributo<br />

a scelta, determinato liberamente. Causale<br />

Sostegno all’infanzia Bolivia<br />

Ogni bambino del progetto Spalla a spalla in<br />

Macedonia può essere sostenuto con: 30 €<br />

al mese, 180 € ogni sei mesi, 360 € all’anno<br />

o con un contributo a scelta, determinato<br />

liberamente. Causale Sostegno all’infanzia<br />

Macedonia<br />

I conti correnti della <strong>Caritas</strong> sono a pag. 25<br />

vengono inseriti in una scuola i bambini non vengono abbandonati<br />

ma continuano ad essere seguiti con il doposcuola.<br />

Veli si ricorda ancora della paura provata il primo giorno in classe<br />

però ormai è tutto passato. Con grande orgoglio mostra il suo<br />

ultimo compito in classe di matematica in cui ha riportato voti eccellenti.<br />

Veli fa i suoi compiti al centro. Due insegnanti continuano<br />

ad aiutarlo quando ha difficoltà con i compiti a casa.<br />

Domani è il compleanno di Veli. Suo padre gli ha promesso un<br />

paio di scarpe nuove. “Da quando vado a scuola ha smesso di<br />

bere alcol ogni giorno”, confida Veli. Tutta la sua famiglia è più<br />

felice. “I miei genitori hanno sempre creduto che noi Rom siamo<br />

più stupidi delle altre persone”, conclude Veli, “adesso finalmente<br />

sanno che non è così” (sr)<br />

Chi volesse avviare un sostegno all’infanzia o ricevere maggior informazioni<br />

in proposito può visitare la nostra pagina web www.caritas.bz.it I collaboratori<br />

della <strong>Caritas</strong> sono a disposizione (al telefono o di persona) in via Cassa<br />

di Risparmio 1 a Bolzano o al tel. 0471 304 351, International@caritas.bz.it<br />

9


L’intervista<br />

“Prevenire la<br />

povertà è più<br />

saggio che<br />

combatterla.”<br />

La povertà in Alto Adige, pur non essendo evidente, è presente<br />

ma, solo in rari casi, implica la totale mancanza dei<br />

mezzi necessari alla sopravvivenza. Le cose si presentano<br />

però in maniera differente se si considera la povertà come<br />

una condizione di vita precaria, marcata dalla scarsità di<br />

risorse finanziarie, dai problemi di salute, da una difficile<br />

condizione abitativa e dall’esclusione sociale: la povertà ha<br />

infatti più di un volto ed è diffusa anche nella nostra ricca<br />

provincia. Le conseguenze della povertà sulle singole persone<br />

e le famiglie così come sulla società nel suo complesso<br />

sono rilevanti e, per questa ragione, l’Anno europeo 2010 per<br />

la lotta alla povertà e all’esclusione sociale è un’occasione<br />

che la <strong>Caritas</strong> intende sfruttare appieno per portare all’attenzione<br />

dell’opinione pubblica l’urgenza del tema.<br />

Carlo Knöpfel è economista e presidente<br />

della Commissione socio-politica di <strong>Caritas</strong><br />

Europa. Membro della direzione di <strong>Caritas</strong><br />

Svizzera, co-autore dello studio Armut<br />

macht krank (La povertà fa ammalare ndr.) e<br />

dell’almanacco annuale sociale della <strong>Caritas</strong><br />

elvetica, Carlo Knöpfel, intervistato da Maria<br />

Lobis, aiuta i lettori di <strong>Aiutare</strong> ad approfondire<br />

la tematica “povertà”.<br />

10 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Foto <strong>Caritas</strong> Schweiz<br />

Gli europei sono ricchi?<br />

Carlo Knöpfel: Mettiamola così: sono abbastanza ricchi da poter<br />

combattere la povertà efficacemente. Il fatto è che la povertà in Europa<br />

è presente a macchia di leopardo, con notevoli differenze da<br />

Paese a Paese e da zona a zona. Certamente lo stato sociale di<br />

alcuni Paesi riesce decisamente meglio di altri ad evitare l’insorgere<br />

della povertà. Una volta di più l’Europa deve imparare dai Paesi<br />

scandinavi in cui da anni gli investimenti in politiche sociali vengono<br />

attuati con successo. Altri Paesi, nel Sud e nell’Est Europa hanno di<br />

fronte a se grandi sfide per riuscire a garantire la sicurezza sociale e<br />

ridurre la povertà dei loro cittadini. E’ qui che la solidarietà europea<br />

è chiamata in causa.<br />

Perché la povertà rende vulnerabile la salute?<br />

Carlo Knöpfel: Il rapporto tra l’appartenenza a un determinata classe<br />

sociale e la salute è stato dimostrato empiricamente. Chi vive in povertà<br />

si ammala più di frequente, ha maggiori probabilità di diventare<br />

invalido e ha un’aspettativa di vita più bassa di coloro che hanno un<br />

reddito o vivono in condizioni di maggior prosperità. La ragione di<br />

questo stato di cose è facile da spiegare: le persone colpite dalla<br />

povertà spesso svolgono lavori fisicamente dannosi e a volte addirittura<br />

pericolosi, frequentemente non conducono uno stile di vita sano<br />

e hanno a disposizione mezzi economici troppo ridotti per potersi<br />

riposare e svagare. Una delle loro mancanze è anche quella di “capitale<br />

culturale”, necessario per poter riconoscere la loro situazione<br />

e intraprendere iniziative che migliorino il loro stato di salute. Perciò<br />

gli appelli a modificare il proprio comportamento servono a poco: è<br />

molto più necessario e utile che i rapporti sociali siano modellati in<br />

modo che tutte le persone possano vivere in maniera sana.<br />

Come si può combattere la povertà a livello europeo?<br />

Carlo Knöpfel: Fino al giorno d’oggi, l’Unione Europea non è riuscita<br />

a raggiungere l’obiettivo ambizioso di ridurre la povertà in Europa<br />

nemmeno lontanamente. Perciò la <strong>Caritas</strong>, nel 2010, ha lanciato la<br />

campagna europea “Zero poverty”. Una richiesta centrale è la seguente:<br />

prevenire la povertà è più saggio che combatterla. L’Europa<br />

deve – partendo dal riconoscimento della forza della globalizzazione<br />

economica e della sua posizione come mercato e spazio<br />

economico-scoiale unificato – investire di più nella formazione dei<br />

giovani, deve fare di più per rendere possibile la compatibilità di attività<br />

lavorativa e famiglia e impegnarsi per un lavoro decente (decent<br />

work), propendere sempre più decisamente verso uno stato sociale<br />

efficace e funzionante. Solo così la società rimarrà coesa: si tratta<br />

primariamente di un compito dello Stato nazionale ma naturalmente<br />

si pone anche la questione dell’intervento dell’UE.<br />

Qual’è la responsabilità dei datori di lavoro, della società<br />

e della politica?<br />

Carlo Knöpfel: Affinchè la povertà in Europa possa essere sensibilmente<br />

ridotta, è indispensabile il concorso di tutte le forze sociali. Le<br />

imprese sono tenute a corrispondere ai lavoratori stipendi che permettano<br />

loro di vivere dignitosamente e impiegare anche l’opera di<br />

persone poco qualificate; la società deve favorire l’affermazione dei<br />

principi liberali delle pari opportunità, nell’istruzione o nella sanità; la<br />

politica deve invece permettere una vera e reale sicurezza di tutti i<br />

cittadini europei. Senza queste condizioni minime non sarà possibile<br />

combattere efficacemente la povertà nel continente, una cosa inaccettabile<br />

nell’opulenta Europa (ml)


In evidenza<br />

Abruzzo<br />

10 mesi dopo<br />

Dieci mesi dopo il devastante terremoto che ha colpito<br />

L’Aquila e i paesi circostanti, la ricostruzione in Abruzzo<br />

procede anche grazie alle offerte giunte dalla popolazione<br />

altoatesina (3.541 donatori) che assommano a 774.500 euro.<br />

Con questi fondi a Roio Poggio si è costruito un edificio che<br />

ospita una scuola e un asilo per 150 bambini. Due altre costruzioni<br />

verranno ultimate prossimamente: un centro comunitario<br />

polifunzionale, nella frazione di Bagno, e, a Pettino,<br />

un complesso con alloggi sociali per persone anziane<br />

e camere per studenti. Tanti volontari altoatesini hanno accompagnato<br />

le persone colpite dal sisma anche in inverno.<br />

6 aprile 2009: alle ore 3.32 la terra a L’Aquila<br />

trema e inghiotte edifici e vite umane. Le persone si precipitano sulle<br />

strade in preda al panico mentre palazzi di molti piani crollano come<br />

castelli di carte. Ancora diverse ore dopo la catastrofe i sopravvissuti<br />

vagavano come in trance nelle strade del capoluogo abruzzese,<br />

facendosi largo tra le macerie e la polvere.<br />

Gennaio 2010: oltre 21.000 persone (delle più di 60.000 che avevano<br />

perso la casa e che si erano stabilite nelle tendopoli) aspettano<br />

ancora di entrare nelle case, vivono negli hotel o dai parenti. Il lutto<br />

e la paura di nuove scosse di terremoto sono ancora vivi ma i primi<br />

segnali di ripresa sono visibili. Gli abruzzesi hanno ricevuto molto sostegno<br />

e solidarietà da ogni parte d’Italia e del mondo (alcune offerte<br />

sono arrivate persino dalla poverissima Somalia) e l’Alto Adige, come<br />

sempre, ha fatto la sua parte. Subito dopo il cataclisma, alcuni rappresentanti<br />

della <strong>Caritas</strong> altoatesina si sono recati sui luoghi del terremoto<br />

per verificare le necessità, portare i primi aiuti alla popolazione<br />

e pianificare gli interventi di ricostruzione assieme a <strong>Caritas</strong> Italiana.<br />

Per impiegare in maniera efficace i soldi delle offerte e andare incontro<br />

alle tante richieste dei volontari altoatesini, il territorio del terremoto<br />

è stato suddiviso in zone di aiuto: la <strong>Caritas</strong> della Diocesi<br />

Bolzano-Bressanone si è attivata in coordinamento con le altre <strong>Caritas</strong><br />

del Nordest e, grazie a questa collaborazione, è stato possibile<br />

erigere tre strutture. <strong>Caritas</strong> ha potuto avvalersi anche di tantissime<br />

ore di lavoro prestato dai volontari che sono stati vicini alle persone<br />

traumatizzate dal terremoto e le hanno accompagnate verso un più<br />

rapido ritorno alla normalità con l’ascolto e l’aiuto concreto nelle incombenze<br />

quotidiane.<br />

Il complesso<br />

scolastico a Roio<br />

Poggio accoglierà<br />

150 bambini della<br />

scuola materna ed<br />

elementare.<br />

A Roio Poggio in questi giorni verrà inaugurato un complesso scolastico<br />

per 150 scolari comprensivo di cinque classi elementari e due<br />

dell’asilo, una palestra, una mensa con annessa cucina, due laboratori<br />

tecnici e una sala di ritrovo. Nella struttura sono stati istallati pannelli<br />

fotovoltaici che serviranno per garantire la necessaria copertura<br />

energetica.<br />

Nella frazione di Pettino è stata costruita una struttura abitativa sociale<br />

di due piani. Al piano terra si trovano 12 stanze per studenti<br />

bisognosi: sei bagni, una cucina comune, una sala da pranzo e una<br />

biblioteca. Nel piano superiore sono state realizzate sei unità abitative<br />

di 44 m 2 per persone anziane: ognuna dotata di cucina, camera<br />

da letto e bagno. Gli anziani che vi vivranno sono persone che già<br />

prima del terremoto vivevano in condizioni di estrema difficoltà.<br />

Nella frazione di Bagno infine è stato edificato un centro comunitario<br />

polifunzionale. “Il centro deve diventare il riferimento per persone di<br />

ogni fascia d’età, un luogo in cui le relazioni sociali si rafforzano dopo<br />

essere state messe a dura prova durante il periodo di soggiorno nelle<br />

tendopoli”, spiega Fabio Molon, responsabile dell’aiuto catastrofi e<br />

cooperazione allo sviluppo della <strong>Caritas</strong> altoatesina.<br />

Complessivamente la <strong>Caritas</strong> dell’Alto Adige impiegherà circa<br />

550.000 euro nei lavori di ricostruzione. I restanti fondi verranno utilizzati<br />

per sostenere piccole aziende agricole e artigiane. “Vogliamo<br />

aiutare le famiglie con i microcrediti affinché, dopo il tremendo terremoto,<br />

non sia questa volta il bisogno finanziario a minacciare le<br />

loro esistenze”, aggiunge Molon. Per questo motivo verrà sostenuta<br />

anche la creazione di un gruppo <strong>Caritas</strong> parrocchiale che si occuperà<br />

di aiutare i bisognosi e fare visite alle persone sole e tenere<br />

compagnia a chi è in lutto. L’importante ora è riattivare e consolidare<br />

le risorse della popolazione locale (ml)<br />

11<br />

Foto Danilo Feliciangeli


In evidenza<br />

Madre<br />

Terra<br />

Gli ultimi due<br />

appuntamenti<br />

12 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Si avvia a conclusione l’edizione 2009/2010 di Madre Terra,<br />

l’iniziativa della <strong>Caritas</strong> e del teatro Cristallo che prevede conferenze,<br />

proiezioni di documentari e presentazioni di libri. A<br />

febbraio e marzo due incontri con esperti del settore e la documentarista<br />

bolzanina Debora Scaperrotta.<br />

Il clou della manifestazione culturale Madre Terra è stato raggiunto<br />

nella serata di venerdì 6 novembre 2009, quando Don Luigi Ciotti, fondatore<br />

dell’associazione contro le mafie “Libera” e prete di frontiera<br />

da decenni, ha ricevuto dalle mani dei direttori della <strong>Caritas</strong>, Mauro<br />

Randi e Heiner Schweigkofler, e dal presidente dell’associazione Cristallo,<br />

Pio Fontana, il primo “Premio Madre Terra”: un ritratto di Maria realizzato dall’artista gardenese,<br />

Thaddäus Salcher. Di fronte all’affollatissima platea del teatro Cristallo, Don Luigi Ciotti<br />

ha interrogato le nostre coscienze di cittadini di “un Paese che se vuole continuare ad essere<br />

definito civile deve sapere anche essere in grado di coniugare la civiltà con la responsabilità,<br />

la disponibilità a portare assieme i pesi che schiacciano le persone più deboli, più in difficoltà”.<br />

Prima di Ciotti, Madre Terra 2009/10 era stata aperta dal concerto tutto esaurito di Gianmaria<br />

Testa, uno dei più noti e apprezzati cantautori italiani che alle migrazioni ha dedicato un album,<br />

“Da questa parte del mare”. Molto interessanti sono stati anche gli incontri con Stefano Allievi,<br />

sociologo delle religioni e uno dei maggiori esperti di Islam in Italia che, introdotto da Don Mario<br />

Gretter, incaricato della Diocesi di Bolzano-Bressanone per il dialogo interreligioso, ha demolito<br />

i più consolidati stereotipi e pregiudizi sulla religione islamica. Gli ultimi due appuntamenti (il 27<br />

novembre 2009 e il 20 gennaio 2010) sono stati dedicati a indagare l’immigrazione seguendo<br />

percorsi inusuali: con l’aiuto di Marina Frigerio, psicologa e storica italo-elvetica, è stato rivolto<br />

lo sguardo alla storia passata del popolo italiano, impregnata delle sofferenze e delle discriminazioni<br />

patite da chi veniva considerato un essere umano di “serie B” perché proveniente dal<br />

nostro Paese, mentre a gennaio Nicola Montano, ha presentato nel libro “Ladri di stelle” la sua<br />

esperienza di poliziotto alle prese con i drammi e i sogni degli immigrati irregolari. Ma la rassegna<br />

culturale dedicata a diffondere cultura dell’accoglienza nei confronti dei nostri concittadini<br />

immigrati continua con due incontri molto attuali.<br />

Mercoledì 24 febbraio Alessandro Leogrande presenterà il libro “Uomini e caporali”, nato<br />

da una scottante inchiesta sul brutale sfruttamento dell’immigrazione in Puglia. “Madre Terra”<br />

si concluderà il 31 marzo con la proiezione del trailer del film documentario “Dalla testa al<br />

cielo”, della regista bolzanina Debora Scaperrotta: un portrait di un giovane uomo fuggito dal<br />

Marocco a causa della sua diversità ed arrivato a Bolzano per caso. Il film segue il percorso<br />

d'inserimento del giovane nella realtà locale e il suo percorso interiore fatto di ricordi e di<br />

riflessioni su sé stesso che diventano specchio e metafora dell'esistere. Tutti gli incontri<br />

saranno a ingresso gratuito (sr)<br />

Foto Georg Hofer


In evidenza<br />

I cellulari<br />

usati e guasti<br />

servono<br />

ancora<br />

Nel 2008 la <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

aveva avviato la prima campagna di raccolta cellulari usati<br />

e guasti in Alto Adige. In quell’occasione furono circa 15.000 le<br />

persone che donarono i loro vecchi telefonini. Nel frattempo però,<br />

secondo alcune stime, sono nuovamente decine di migliaia i vecchi<br />

cellulari che giacciono inutilizzati nei cassetti degli altoatesini e<br />

<strong>Caritas</strong> riceve costantemente richieste su come smaltire in maniera<br />

intelligente i vecchi telefoni: per questo motivo è stato deciso di rilanciare<br />

l’iniziativa anche nel 2010.<br />

Per ogni cellulare raccolto – è indifferente se ancora funzionante o<br />

no - <strong>Caritas</strong> riceverà un contributo di 3 euro con cui potrà sostenere<br />

le persone che a causa di eventi dolorosi o traumatici si trovano<br />

in situazione di bisogno, che desiderano liberarsi delle dipendenze,<br />

che hanno bisogno di conforto e calore umano nel momento del<br />

lutto e della malattia o di consulenze per risolvere una crisi, di orientamento<br />

per superare difficoltà finanziarie, sociali o lavorative.<br />

“Grazie ai cellulari usati e guasti è stato possibile garantire il nostro<br />

aiuto a chi ne ha veramente bisogno e prenderci cura anche<br />

dell’ambiente”, ringraziano i direttori della <strong>Caritas</strong> altoatesina, Mauro<br />

Randi e Heiner Schweigkofler.<br />

Come nel 2008, anche quest’anno sarà possibile portare i cellulari<br />

usati o guasti in tutte le filiali di Despar, Eurospar e Interspar. Dal 3<br />

al 27 marzo, in ogni negozio o supermercato, saranno presenti appositi<br />

contenitori di cartone in cui depositare i cellulari con o senza<br />

accessori (auricolare o caricabatterie). Ogni donatore dovrà però<br />

prestare attenzione a rimuovere la carta SIM e a cancellare i dati<br />

personali dal vecchio telefono, prima di donarlo a <strong>Caritas</strong>.<br />

Foto Luca Pedrotti<br />

Dal 3 al 27 marzo, in tutte le<br />

filiali Despar della provincia,<br />

si troveranno i contenitori per<br />

la raccolta dei cellulari usati e<br />

guasti. Ogni telefono donato è<br />

un gesto concreto di aiuto per<br />

chi ha bisogno.<br />

Dal 3 al 27 marzo, per la seconda volta, la <strong>Caritas</strong> altoatesina<br />

raccoglierà i cellulari usati e guasti su tutto il territorio<br />

provinciale. In tutte le filiali Despar, Eurospar e Interspar saranno<br />

presenti gli appositi contenitori di cartone. Per ogni<br />

cellulare <strong>Caritas</strong> riceverà un contributo di 3 euro che saranno<br />

impiegati in favore delle persone in stato di bisogno<br />

dell’Alto Adige. Una volta raccolti, i cellulari saranno affidati<br />

ad un’impresa non profit che impiega persone svantaggiate<br />

e, a seconda delle loro condizioni, verranno riparati oppure<br />

smaltiti rispettando l’ambiente.<br />

Tutti i cellulari raccolti verranno esaminati dai lavoratori partecipanti<br />

a un programma di reinserimento lavorativo di <strong>Caritas</strong> Vienna per<br />

verificare la possibilità di ripararli. “Dalla nostra esperienza risulta<br />

che molti dei cellulari che ci vengono regalati sono ancora funzionanti;<br />

molti altri possono essere aggiustati e riutilizzati”, spiega Matthias<br />

Spögler, responsabile della raccolta cellulari usati in Alto Adige.<br />

I telefoni vengono rivenduti per la maggior parte in Asia, Africa e<br />

America Latina e permettono alla popolazione di accedere alla rete<br />

della comunicazione, favorendo in tal modo anche lo sviluppo economico<br />

della società. I cellulari difettosi vengono invece smontati e<br />

i componenti riutilizzabili usati per la riparazione di altri apparecchi.<br />

Le materie prime come oro, platino e rame sono recuperate e il resto<br />

smaltito secondo standard ecologici. “Chi regala il proprio cellulare,<br />

dà un grande contributo anche alla protezione dell’ambiente”, aggiunge<br />

Spögler.<br />

Nella realizzazione della raccolta dei cellulari usati e guasti anche<br />

quest’anno la <strong>Caritas</strong> riceverà sostegno economico e operativo da<br />

parte di diverse aziende dell’Alto Adige: Aspiag metterà a disposizione<br />

spazio per i raccoglitori nelle proprie filiali; l’Agenzia provinciale<br />

per l’Ambiente offrirà la propria consulenza legale e si è impegnata<br />

a fornire anche un apporto finanziario. Infine i media Athesia, il<br />

quotidiano Alto Adige e il team del Südtirol Journal saranno partner<br />

preziosi per informare la popolazione altoatesina sullo svolgimento<br />

e sulle finalità dell’iniziativa (sr)<br />

Ulteriori informazioni sulla raccolta possono essere richieste al numero di<br />

tel. 0471 304 300, all’e-mail: cellulari@caritas.bz.it o all’indirizzo internet:<br />

www.caritas.bz.it<br />

13


In evidenza<br />

Le tue tasse<br />

per una buona causa<br />

I contribuenti possono decidere a chi dare il 5‰ delle tasse pagate.<br />

Dal 2006 il legislatore permette di destinare alle Onlus che ne hanno<br />

diritto il 5‰ delle tasse versate allo Stato. Negli ultimi cinque anni<br />

molti altoatesini hanno sostenuto <strong>Caritas</strong> e le persone in situazione<br />

di difficoltà con il 5‰ delle loro dichiarazioni dei redditi. Anche<br />

quest’anno <strong>Caritas</strong> richiede il loro aiuto.<br />

Il 5‰ a <strong>Caritas</strong>: un<br />

aiuto prezioso per le<br />

persone in stato di<br />

bisogno.<br />

Destinare il 5‰ è semplice: è sufficiente<br />

apporre una firma nell’apposito campo della dichiarazione dei redditi<br />

e riportare il codice fiscale della <strong>Caritas</strong>: 80003290212.<br />

Chi non deve presentare dichiarazione dei redditi, può ugualmente<br />

destinare il 5‰ e 8‰ a <strong>Caritas</strong> e Chiesa Cattolica utilizzando i campi<br />

appositi previsti nel CUD e depositandolo gratuitamente in posta in<br />

busta chiusa. In questo caso è importante firmare anche nel campo<br />

alla fine della pagina. Le buste per la consegna del Cud sono disponibili<br />

presso la <strong>Caritas</strong>, le parrocchie dell’Altro Adige e in Diocesi.<br />

I due direttori della <strong>Caritas</strong> altoatesina, Mauro Randi e Heiner Schweigkofler,<br />

lanciano un appello: “Con due firme che a voi non costano<br />

nulla, potete aiutare la <strong>Caritas</strong>”. Le esperienze degli ultimi anni<br />

hanno dimostrato che solo il 2% degli altoatesini che hanno esclusivamente<br />

il mod. CUD e non devono presentare la dichiarazione dei<br />

redditi decidono di destinare una percentuale delle tasse pagate alle<br />

Onlus. “Approfittate di questa possibilità di scelta e dateci una mano<br />

ad aiutare chi ha bisogno”, aggiungono i direttori <strong>Caritas</strong>.<br />

In tutto l’Alto Adige, <strong>Caritas</strong> gestisce 34 servizi specialistici. Affianca<br />

le persone che sono alla ricerca di soluzioni e vie d’uscita da diverse<br />

problematiche, che si trovano in situazione esistenziale di bisogno,<br />

che desiderano accompagnamento, consulenza e sostegno. “I problemi<br />

e le difficoltà che quotidianamente ci si presentano sono molteplici<br />

e spesso appaiono come ostacoli insormontabili”, spiegano<br />

Randi e Schweigkofler. Il numero delle persone che chiede aiuto ai<br />

14 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

servizi di <strong>Caritas</strong> è in continua ascesa. Consulenza debitori, Centro<br />

d’Ascolto, strutture di accoglienza per persone senza dimora,<br />

distribuzione pasti, sostegno al telefono, i servizi per le persone immigrate<br />

oppure per le persone sieropositive o malate d’Aids: sono<br />

solo alcuni dei servizi in cui i collaboratori di <strong>Caritas</strong> ogni giorno<br />

fanno esperienza del fatto che i progetti e i sogni delle persone<br />

naufragano molto più facilmente di quanto si possa pensare. Alcuni<br />

riescono a interrompere la spirale che li trascina verso il fondo solo<br />

con un aiuto esterno.<br />

Un ulteriore 8‰ può essere destinato alla Chiesa Cattolica. Per farlo<br />

basta una firma sulla casella predisposta nella dichiarazione dei<br />

redditi o nel mod. CUD su cui però è necessaria anche un seconda<br />

firma in calce alla pagina. I fondi vengono ripartiti proporzionalmente<br />

al numero di firme raccolte: ciò significa che più cittadini decidono<br />

di destinare una percentuale delle tasse pagate alla Chiesa,<br />

maggiori mezzi finanziari essa riceverà. Con il denaro raccolto la<br />

Chiesa provvede al mantenimento dei sacerdoti, alla manutenzione<br />

delle chiese e all’offerta di servizi pastorali (sr)<br />

Ulteriori informazioni sulla destinazione del 5‰ a <strong>Caritas</strong> e l’8‰ alla Chiesa<br />

possono essere richieste alla <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone, via<br />

Cassa di Risparmio 1, 39100 Bolzano, tel. 0471 304 300, info@caritas.bz.it<br />

Foto Sabine Raffin


Port au Prince, 12.01.2010, ore 16.53:<br />

Un terremoto del 7° grado della scala<br />

Richter devasta la capitale di Haiti.<br />

Haiti ha<br />

bisogno<br />

di tutto.<br />

E di tutti.<br />

Causale per offerte Terremoto Haiti<br />

Conti correnti per donazioni vedi pagina 25<br />

www.caritas.bz.it


Focus<br />

merce<br />

acqua?<br />

Il governo Berlusconi ha definitivamente aperto la<br />

strada alla privatizzazione dell’acqua pubblica. Con l’approvazione del<br />

decreto legge 135/2009, si sono concretizzati i timori di quanti paventavano<br />

la trasformazione di un bene primario ed essenziale come l’acqua in una<br />

merce che, come tale, dovrà essere sottoposta alle ferree leggi del profitto.<br />

L’articolo 15 del dl rende obbligatorio il ricorso alle gare per la concessione<br />

della gestione dei servizi pubblici locali: in pratica delle reti infrastrutturali<br />

che trasportano l’acqua dalla fonte al nostro rubinetto. D’ora in avanti<br />

sarà possibile affidare la gestione dei servizi idrici solamente a società per<br />

azioni private o miste (pubbliche-private), a condizione però che la presenza<br />

degli enti locali non superi la quota del 30% del capitale societario. In pratica<br />

il Governo ha deciso per decreto che la gestione dei servizi idrici non può<br />

essere svolta adeguatamente e con efficienza da un gestore pubblico. Le<br />

gestioni in house ovvero affidate a enti a totale controllo pubblico dovranno<br />

cessare di esistere alla data del 31 dicembre 2011.<br />

16 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Il fiasco delle<br />

privatizzazioni e i conflitti per l’acqua<br />

Non sempre la privatizzazione produce<br />

maggiore efficienza delle reti e minori costi<br />

per l’utente. Anzi, molti esempi in Italia, in<br />

Europa e nel mondo stanno a dimostrare<br />

il contrario. L’economista Lanfranco Senn,<br />

presidente della spa pubblica Metropolitana<br />

Milanese (MM), ha ricordato a Il Sole 24<br />

Ore che “esistono gestioni totalmente pubbliche<br />

che funzionano e gestioni dove la<br />

presenza di privati può produrre danni”. Se<br />

la gestione delle reti idriche viene affidata<br />

a privati, gli investimenti in manutenzione e<br />

ammodernamento possono essere tagliati<br />

per generare maggior profitti. A Firenze o<br />

Arezzo, due Comuni dove la gestione è ora<br />

privata, la bolletta dell’acqua è in assoluto<br />

la più costosa in Italia (448 e 430 euro per<br />

un consumo stimato di 200 m3, contro<br />

una media nazionale di 261 euro). In Francia,<br />

la gestione delle reti idriche è all’80%<br />

in mano ai privati, veri e propri colossi<br />

dell’economia internazionale come Veolia,<br />

Suez-Ondeo o Saur, leader mondiali<br />

dell’acqua e dei servizi all’ambiente. Ma, a<br />

partire dal 2000 sono state oltre cinquanta<br />

le città d’oltralpe che hanno rimunicipalizzato<br />

la gestione dell’acqua e l’ultimo e più<br />

eclatante esempio è stato Parigi. In altre<br />

zone del pianeta dalla privatizzazione sono<br />

nati conflitti violenti perché l’aumento delle<br />

tariffe ha escluso ampi strati della popolazioni<br />

dall’accesso all’acqua. L’esempio<br />

più noto è quello della “guerra dell’acqua”<br />

a Cochabamba, in Bolivia dove le risorse<br />

idriche nel 1999 vennero affidate alla<br />

multinazionale Bechtel con un aumento<br />

delle tariffe del 300% (per una contadina la<br />

spesa media per l’acqua arrivò a 12 dollari<br />

mensili, su uno stipendio medio di un lavoratore<br />

di circa 60 dollari). Seguirono manifestazioni<br />

di protesta che sfociarono in<br />

violenti tumulti e, alla fine, l’acqua ridivenne<br />

pubblica a furor di popolo. Oggi circa 1,6<br />

miliardi di persone al mondo (1/4 della<br />

popolazione della Terra) vivono in Paesi<br />

con problemi di approvvigionamento idrico.<br />

Secondo l’Unep (Programma dell’ONU<br />

per l’ambiente) circa 3 miliardi di persone<br />

saranno vittime della penuria d’acqua<br />

entro il 2025 senza misure di emergenza<br />

per garantire loro l’accesso all’acqua. Molti<br />

esperti ritengono che “le guerre del ventunesimo<br />

secolo si combatteranno per avere<br />

accesso all’acqua”


La situazione<br />

in Alto Adige La regione Trentino - Alto<br />

Adige, grazie al suo Statuto di Autonomia,<br />

non è toccata dal decreto legge 135. La<br />

provincia di Bolzano dispone di una legge<br />

propria che riguarda la gestione dei servizi<br />

pubblici in cui rientra anche la gestione<br />

delle infrastrutture per la distribuzione<br />

dell’acqua. Esiste ovviamente la possibilità<br />

che la gestione delle reti idriche venga<br />

affidata a privati ma, a tutt’oggi, nessuno<br />

lo ha fatto e nessun Comune è stato obbligato<br />

a farlo, come invece sarà in futuro<br />

per i Comuni nel resto d’Italia. I Comuni<br />

altoatesini finora hanno deciso di gestire<br />

direttamente le infrastrutture o di gestirle<br />

in house, ovvero tramite l’affidamento a<br />

un’azienda municipalizzata a controllo<br />

pubblico (in questo caso non è necessario<br />

indire una gara d’appalto).<br />

I rubinetti degli altoatesini ricevono l’acqua<br />

da più di 500 acquedotti pubblici alimentati<br />

da oltre 2000 tra pozzi e sorgenti, 5000 milioni<br />

di m 3 d’acqua che negli ultimi cinque<br />

anni sono diminuite. L’acqua a disposizione<br />

in Alto Adige viene sfruttata prevalentemente<br />

per l’agricoltura (150 Mil. di m 3 , 3%<br />

delle precipitazioni totali annue), l’industria<br />

(50 Mil. di m 3 , 1%), come acqua potabile<br />

(45 Mil. di m 3 , 1%) e per la produzione neve<br />

artificiale (3,5 Mil. di m 3 , 0,07%).<br />

I cambiamenti climatici si stanno facendo<br />

visibili anche da noi con lo scioglimento<br />

dei ghiacciai e l’innalzamento progressivo<br />

della temperatura. Esistono timori che la<br />

quantità di acqua necessaria per garantire<br />

piste bianche aumenti, sottraendo<br />

acqua ai fiumi e ai laghi di montagna.<br />

Gli abitanti della provincia di Bolzano<br />

consumano mediamente 293,867 litri di<br />

acqua al giorno, situandosi al di sopra<br />

della media nazionale, dato che in Italia si<br />

ha un consumo medio pro-capite di circa<br />

250 litri di acqua potabile al giorno<br />

le guerre del<br />

21° secolo si<br />

combatteranno<br />

per avere accesso<br />

all'acqua<br />

Fare affari con<br />

l’acqua Mentre c’è già chi sta aspettando<br />

il momento in cui sarà possibile<br />

sfruttare l’acqua scoperta pochi mesi fa<br />

sulla superficie lunare, le grandi multinazionali<br />

dell’acqua stanno macinando<br />

profitti formidabili e, per questo motivo,<br />

le maggiori società finanziarie del pianeta<br />

propongono fondi di investimento<br />

nel settore idrico. Importanti società di<br />

investimento pubblicizzano così i nuovi<br />

fondi: “La nostra dipendenza dall'acqua è<br />

congenita come anche quella da petrolio e<br />

carbone. La sempre minor disponibilità di<br />

Il “Decreto Fitto”<br />

trasforma l’acqua pubblica in merce<br />

Il “decreto legge Fitto” (dal cognome<br />

del ministro che l’ha presentato) è stato<br />

illustrato come una misura urgente che<br />

ci mette in regola con gli obblighi dettati<br />

da direttive comunitarie. In realtà, come<br />

ha attentamente rilevato Carlo Vulpio,<br />

giornalista del “Corriere”, sul suo blog, “le<br />

due direttive europee in questione (92/50/<br />

CEE e 93/38/CEE) si limitano a chiedere<br />

che vi sia concorrenza per i servizi pubblici<br />

nazionali e locali, ma escludono da<br />

logiche di mercato proprio il servizio idrico.<br />

L’Unione europea non si è mai sognata di<br />

chiedere a nessun Paese membro di privatizzare<br />

l’acqua e i servizi idrici. Almeno<br />

non attraverso il proprio Parlamento e i<br />

propri atti ufficiali. Al contrario: la “Direttiva<br />

Bolkestein” affida ai singoli Stati membri<br />

il compito di stabilire quali siano i servizi<br />

“a interesse economico” e quali quelli<br />

“intrinsecamente non a scopo di lucro”. Per<br />

questi ultimi, ogni singolo Stato può sancire<br />

il divieto totale di apertura al mercato”.<br />

I movimenti sociali che si oppongono alla<br />

privatizzazione dell’acqua (Forum italiano<br />

dei movimenti per l’acqua http://www.<br />

acquabenecomune.org/) e le associazioni<br />

dei consumatori temono che la privatizzazione<br />

dei servizi idrici porti ad un aumento<br />

generalizzato delle tariffe e al taglio delle<br />

forniture per quei cittadini che già ora<br />

faticano a pagare le utenze. Un’ulteriore<br />

pericolo è che la gestione dei servizi<br />

diventi addirittura meno efficiente, con un<br />

aumento di perdite di rete se non vengono<br />

previsti interventi di manutenzione e ammodernamento<br />

adeguati, come è successo<br />

altrove in Europa e nel mondo<br />

acqua potabile diventa un'opportunità di<br />

investimento”. Nel 2000 la banca svizzera<br />

privata Pictet ha lanciato il primo fondo<br />

internazionale d'investimento sull'acqua<br />

che oggi vale svariati miliardi di dollari. Ma<br />

esistono numerosi altri fondi simili: dal<br />

belga Ekofond al canadese Criterion water<br />

infrastructure fund agli statunitensi WaterBank<br />

of America e Aqua international<br />

partners. Secondo gli indici di Borsa che<br />

riguardano il settore idrico, negli ultimi anni<br />

il livello dei profitti degli investimenti è stato<br />

superiore a quello nelle imprese petrolifere<br />

e meccaniche<br />

(az)<br />

Consumo d’acqua quotidiano<br />

pro-capite<br />

Stati Uniti<br />

425 l<br />

Canada<br />

350 l<br />

Alto Adige<br />

293 l<br />

Italia<br />

250 l<br />

Europa<br />

165 l<br />

Africa<br />

10 l<br />

Per chi volesse approfondire l’argomento, consigliamo<br />

i libri Geopolitica dell’acqua, Margherita<br />

Ciervo, Carocci Editore, 2009 • Sulle strade dell’acqua,<br />

Francesco Comina, Il Margine, 2008 • Il mercante<br />

d’acqua, Francesco Gesualdi, Feltrinelli Editore, 2007<br />

• Acqua con giustizia e sobrietà, Francesco Gesualdi;<br />

Casa Editrice EMI, 2007 • Acqua S.p.A. Dall’oro nero<br />

all’oro blu, Giuseppe Altamore; Oscar Mondatori, 2006 •<br />

Le guerre dell’acqua, Vandana Shiva, Feltrinelli, 2003 • Il<br />

manifesto dell’acqua, Riccardo Petrella, EGA libri, 2001<br />

17


Lo sguardo<br />

Il freddo intenso di quest’inverno, con<br />

temperature che hanno toccato i 10 gradi sotto zero, vento,<br />

pioggia e neve, ha costituito un pericolo per la vita di tante<br />

persone che dormono all’addiaccio. Le strutture per persone<br />

senza dimora della <strong>Caritas</strong> rappresentano un rifugio per<br />

chi non ha dove stare. Calore, cibo, un letto, la possibilità<br />

di lavarsi, di ricevere vestiti e accompagnamento: è quanto<br />

offre la Casa dell’Ospitalità di Bolzano a 32 uomini, Casa<br />

Margaret a 18 donne (entrambe in convenzione con i Servizi<br />

sociali di Bolzano) e Casa Arché (finanziata dal Comune di<br />

Merano) a 25 tra donne e uomini.<br />

Senza un tetto sopra la testa, senza un lavoro,<br />

escluse, sole, lacerate nell’animo e disorientate: la maggior parte<br />

delle persone che <strong>Caritas</strong> accoglie nelle strutture per persone senza<br />

dimora ha alle spalle storie personali accidentate o esperienze traumatiche,<br />

fallimenti che le hanno fatte deragliare dai binari di una vita<br />

“normale”. Spesso queste stesse persone provengono da situazioni<br />

familiari segnate da forte disagio e non sono riuscite a sviluppare<br />

autostima: hanno paura di non farcela e non riuscire ad esaudire le<br />

aspettative riposte in loro. Molte persone senza dimora sono cresciute<br />

in contesti molto modesti e non hanno maturato una preparazione<br />

professionale specifica. Si mantengono a galla fino a quando<br />

sono relativamente integrate in una rete di relazioni sociali; nel<br />

momento in cui però questa si dissolve, non hanno più alcun punto<br />

di riferimento per superare le avversità. Il Piano sociale provinciale<br />

indica in 300 le donne e gli uomini senza dimora che cercano riparo<br />

nelle strutture di accoglienza delle città dell’Alto Adige ma molte, di<br />

fatto, non vengono nemmeno rilevate. Non sono calcolate quelle<br />

persone che vivono in situazioni di vita precarie, che vivono temporaneamente<br />

in appartamenti condivisi da più persone, che abitano<br />

per un po’ di tempo da amici, nelle automobili, in case abbandonate<br />

o nei fienili dei masi. Sono casi da non escludere, presenti anche nei<br />

più piccoli Comuni dell’Alto Adige. “Sarebbe necessario che tutti i<br />

Comuni realizzassero una ricerca sistematica e completa del fenomeno”,<br />

si afferma nel Piano sociale provinciale 2007-2009.<br />

18 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Fuori,<br />

ai margini<br />

della vita<br />

La mancanza di<br />

una dimora non<br />

è esclusiva di una<br />

sola categoria di<br />

persone: riguarda<br />

entrambi i sessi,<br />

tutte le età e le<br />

diverse classi<br />

sociali.<br />

“Vorrei mettere in chiaro una cosa”, spiega Giulia Frasca, responsabile<br />

della Casa Margaret, struttura per donne senza dimora a Bolzano,<br />

“nessuno dorme in strada perché preferisce questa soluzione al<br />

calore di una casa. Per diverse ragioni, spesso a causa di malattie<br />

psicologiche, le persone senza dimora non sono in grado di sfruttare<br />

le offerte di servizi che hanno a disposizione o di proteggersi<br />

a sufficienza dal freddo”. Già solo possedere un sacco a pelo per<br />

queste persone potrebbe segnare il confine tra la vita o la morte.<br />

Perciò i collaboratori di <strong>Caritas</strong> a Merano distribuiscono sacchi a<br />

pelo a quanti non possono accedere alla casa perché tutti i posti<br />

sono occupati o che non sanno attenersi alle regole minime di comportamento<br />

previste dalla struttura. Inoltre, tre anni fa, <strong>Caritas</strong> ha<br />

inaugurato a Merano un alloggio notturno in cui possono dormire e<br />

mangiare quelle persone senza dimora che, a causa delle loro problematiche,<br />

non riescono a trovare un posto in nessun altro servizio.


La 38enne Dora pensa con raccapriccio alla propria infanzia. Le<br />

molestie sessuali del padre le tolsero ogni gioia di vivere e la possibilità<br />

di essere felice come è diritto di ogni bambino. L’ambiente<br />

familiare divenne pericoloso quando il padre arrivò a minacciarla<br />

con un coltello, la picchiò e la rinchiuse per diversi giorni in una stanza<br />

senza finestre. Anche sua madre non vedeva alcuna possibilità<br />

di proteggere la figlia poiché il marito minacciava di usare violenza<br />

anche su di lei. Dora riuscì a trovare scampo a questa traumatica<br />

situazione entrando in una casa per l’accoglienza di minorenni. La<br />

sua vita era in salvo ma le terribili esperienze lasciarono cicatrici<br />

profonde sulla sua psiche. Anche nella casa Dora viveva nel timore<br />

permanente di essere vittima di abusi, si sentiva inutile, colpevole<br />

e si isolava sempre più perdendo il contatto con il mondo che la<br />

circondava. “Le droghe e l’alcol allora mi aiutavano, momentaneamente,<br />

a dimenticare quello che mi era successo”, racconta Dora<br />

che, dopo poco tempo, scappò dalla casa dove le regole erano<br />

diventate per lei troppo rigide. Per un po’ visse con un uomo più<br />

vecchio di lei, poi con un altro, fino a quando, senza nessuna formazione<br />

e incapace di trovare un lavoro, iniziò a prostituirsi e a vivere<br />

con il suo sfruttatore. “Alla fine quando litigai con lui, venni sbattuta<br />

fuori di casa da un momento all’altro, non sapevo dove andare ed<br />

ero disperata”, sottolinea Dora stringendo i pugni. Lo scorso autunno<br />

Dora decise che era venuto il momento di dire basta alla vita<br />

che non aveva saputo offrirle altro che dolore e cercò di togliersi la<br />

vita ingoiando medicinali. Alcuni operatori di strada l’hanno trovata<br />

appena in tempo. “Mi hanno letteralmente acciuffata per i capelli”,<br />

sorride ora Dora che, dopo il tentato suicidio, è stata accolta da<br />

Casa Margaret. Ora i servizi specialistici pubblici e privati si occupano<br />

di lei, affinché riesca ritrovare almeno un po’ di quella fiducia in<br />

se stessa che è necessaria per restare a galla ma, prevedibilmente,<br />

avrà bisogno della protezione del servizio di <strong>Caritas</strong> per un bel po’<br />

di tempo ancora.<br />

Daniel, 49 anni, definisce Casa Archè a Merano come “un posto<br />

dove mi hanno salvato la vita all’ultimo secondo, come in un<br />

film”. Dopo la separazione dalla moglie ha dovuto vivere per tre mesi<br />

all’aperto e la sua salute, già malandata, non ha retto a lungo. Un<br />

passante cui aveva chiesto qualche soldo lo convinse a bussare<br />

alle porte del servizio della <strong>Caritas</strong> per farsi aiutare. Dopo tre giorni<br />

passati a macerarsi nell’indecisione, Daniel decise di recarsi dai<br />

collaboratori <strong>Caritas</strong>. “Mi hanno subito infuso coraggio”, ammette<br />

Daniel che fino a due anni prima aveva lavorato come camionista<br />

e che aveva perso la patente per aver bevuto troppo. Ora vorrebbe<br />

tornare a lavorare ma le probabilità di poter tornare a guidare un camion<br />

sono decisamente basse. “Ho inviato decine di curricula e mi<br />

sono presentato a diverse aziende, anche come magazziniere, ma i<br />

datori di lavoro richiedono l’utilizzo del computer e una migliore conoscenza<br />

di tedesco e inglese”, confida Daniel. Dovrà frequentare<br />

corsi di formazione sicuramente impegnativi per una persona adulta<br />

e con un passato recente difficile alle spalle ma, dopo, avrà qualche<br />

carta in più da giocare per trovare un’occupazione in un magazzino.<br />

Presto Daniel ritornerà a camminare con le proprie gambe (ml)<br />

I nomi sono stati cambiati nel rispetto della privacy dei nostri clienti.<br />

Causale per le offerte sostegno alle persone senza dimora<br />

I conti correnti della <strong>Caritas</strong> sono a pag. 25<br />

Casa dell’Ospitalità, 39100 Bolzano, via Trento, 11, tel. +39 0471 974 797,<br />

hdg@caritas.bz.it<br />

Casa Margaret, 39100 Bolzano, via Cappuccini, 24, tel. +39 0471 301 017,<br />

margaret@caritas.bz.it<br />

Casa Archè per persone senza dimora, 39012 Merano, via IV novembre,<br />

14/16, tel. 0473 201 361, arche@caritas.bz.it<br />

Foto Filmschule ZeLIG<br />

19


I giovani<br />

regalano tempo<br />

100 studenti delle<br />

classi 3° e 4° superiore di sette scuole di<br />

Bolzano, Bressanone, Brunico e Merano<br />

stanno attualmente partecipando al progetto<br />

di young<strong>Caritas</strong> “Regalare tempo”. Fino a<br />

giugno 2010 essi lavoreranno da due a tre<br />

ore la settimana come volontari per diverse<br />

organizzazioni attive nel sociale. young<strong>Caritas</strong><br />

vuole offrire la possibilità ai giovani di<br />

impegnarsi volontariamente e di conoscere<br />

il lavoro svolto dalle realtà del sociale<br />

altoatesino. Molteplici sono le possibilità<br />

di impiego a disposizione dei giovani. Gli<br />

studenti delle superiori amano soprattutto<br />

il lavoro a contatto con i bambini ma anche<br />

l’incontro con le persone diversamente abili<br />

o con gli anziani sono richiesti di frequente.<br />

Molti hanno deciso di collaborare con le<br />

Botteghe del Mondo, le biblioteche, i canili<br />

oppure l’OEW, l’Associazione per un Mondo<br />

solidale di Bressanone. Chi fosse interessato<br />

ad ottenere maggiori informazioni<br />

può rivolgersi alle collaboratrici del servizio<br />

<strong>Caritas</strong> per i giovani telefonando al numero<br />

0471 304 334 o scrivendo alla mail:<br />

info@youngcaritas.bz.it (ml)<br />

Foto Georg Hofer<br />

20 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Correndo<br />

si fanno miracoli<br />

In tutt’Europa<br />

il 2010 sarà l’anno dedicato alla lotta<br />

contro la povertà e l’esclusione sociale.<br />

young<strong>Caritas</strong> sfrutterà questa ricorrenza<br />

per realizzare nuovamente una “Corsa dei<br />

miracoli” assieme ai giovani della nostra<br />

provincia segnando così un punto a favore<br />

dei bambini del Sud del mondo.<br />

Flashback: lo sport che aiuta. E’ questo<br />

il senso delle “Corse dei miracoli” che<br />

young<strong>Caritas</strong> ha organizzato a primavera<br />

2009 a Bolzano, in Val d’Ultimo e a Lana.<br />

I partecipanti hanno aspettato impazienti<br />

nelle loro tenute colorate il fischio d’avvio<br />

della corsa. L’obiettivo? Percorrere il<br />

maggior numero possibile di giri su un<br />

percorso circolare di un chilometro entro<br />

60 o 90 minuti e garantire così ai bambini<br />

e coetanei del Sud del mondo un<br />

futuro più roseo fatto di istruzione, acqua<br />

potabile e cibo. Per ogni giro completato<br />

gli sponsor – ricercati in precedenza dai<br />

giovani atleti nella cerchia di familiari, amici<br />

e conoscenti – si sono impegnati a versare<br />

a <strong>Caritas</strong> una somma prestabilita. Quindi<br />

più giri percorsi, più fondi raccolti.<br />

“Molti studenti si sono allenati per settimane<br />

per prepararsi a questa corsa”, racconta<br />

la collaboratrice di young<strong>Caritas</strong>, Hannelore<br />

Schwab, che assieme alle scuole<br />

partecipanti ha organizzato e coordinato la<br />

prima edizione della corsa. In totale i 460<br />

studenti delle scuole elementari e medie di<br />

Meltina, Val d’Ultimo e Lana hanno corso<br />

5.082 chilometri. Per avere un’idea di<br />

cosa significhi: la circonferenza della terra<br />

all’Equatore è di 6.378 chilometri. Con la<br />

Foto Georg Hofer<br />

raccolta di circa 16.000 euro gli studenti<br />

altoatesini hanno sostenuto i progetti della<br />

<strong>Caritas</strong> in Bolivia e Macedonia.<br />

Da metà maggio a metà giugno 2010 la<br />

“Corsa dei miracoli” si ripeterà. Il progetto<br />

di young<strong>Caritas</strong> è rivolto in primo luogo<br />

alle scuole dell’Alto Adige. In precedenza<br />

gli studenti vengono informati e preparati<br />

sui progetti di sostegno all’infanzia della<br />

<strong>Caritas</strong> e durante il giorno dell’azione corrono<br />

per finanziare il progetto scelto che<br />

riceverà tanti più mezzi quanto migliore<br />

sarà la prova atletica fornita dai ragazzi.<br />

Con quest’iniziativa i giovani altoatesini<br />

riescono a conoscere il destino meno fortunato<br />

di loro coetanei del Sud del mondo.<br />

Le collaboratrici di young<strong>Caritas</strong> informano<br />

i giovani e li accompagnano durante il<br />

periodo che precede la corsa.<br />

“La volontà e l’impegno dei giovani che si<br />

spendono per i loro coetanei più svantaggiati<br />

sono stati sorprendenti”, dichiara<br />

Hannelore Schwab che spera che anche<br />

quest’anno la partecipazione sia altrettanto<br />

sentita. In tutti i distretti dell’Alto Adige<br />

si terranno “Corse dei miracoli”. Tutte le<br />

informazioni in proposito possono essere<br />

richieste alle collaboratrici di young<strong>Caritas</strong><br />

che invitano le persone interessate, le<br />

scuole, le associazioni e le organizzazioni<br />

giovanili a contattarle il prima possibile (ml)<br />

young<strong>Caritas</strong>, <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone,<br />

via Cassa di Risparmio, 1, Bolzano, tel.<br />

0471 304 336, Fax 0471 304 394, hannelore.<br />

schwabl@caritas.bz.it, www.youngcaritas.bz.it


Azione “Io rinuncio 2010”<br />

Meno è<br />

meglio<br />

Ti serve davvero tutto ciò che hai? Hai<br />

davvero tutto ciò che ti serve? Sono le<br />

domande che gli organizzatori dell’iniziativa<br />

“Io rinuncio” pongono all’opinione pubblica<br />

dell’Alto Adige. L’azione avrà inizio il 17<br />

febbraio e durerà fino al 3 aprile.<br />

Nella società dei consumi è possibile e<br />

consigliabile rinunciare? E per quali ragioni?<br />

Le motivazioni che hanno spinto <strong>Caritas</strong>,<br />

Forum prevenzione e numerose altre<br />

organizzazioni e istituzioni dell’Alto Adige a<br />

organizzare per il sesto anno consecutivo<br />

l’iniziativa “Io rinuncio” vanno ricercate nella<br />

volontà di dare soprattutto ai più giovani, ma<br />

non solo, la possibilità di mettersi alla prova<br />

e di iniziare a porsi delle domande sulle<br />

abitudini di ognuno di noi, con lo scopo<br />

di raggiungere una più accentuata consapevolezza<br />

di sé stessi e non cadere nelle<br />

dipendenze. L’obiettivo è superare schemi<br />

consolidati di comportamento e sviluppare<br />

una sensibilità più fine verso altri stili di vita,<br />

differenti da quelli che ci vengono inculcati.<br />

Raccolta degli indumenti usati:<br />

Grazie!<br />

Quasi 1.000 tonnellate di indumenti, scarpe, borse e prodotti<br />

tessili: è questo l’ottimo risultato della tradizionale raccolta degli<br />

indumenti usati in Alto Adige che si è tenuta a metà novembre<br />

2009. Secondo le prime prove a campione effettuate sul materiale<br />

raccolto, la qualità degli indumenti donati era soddisfacente e<br />

per questa ragione la <strong>Caritas</strong> potrà contare su un ricavato di circa<br />

160.000 euro, somma che verrà impiegata per sostenere il volontariato,<br />

il servizio Hospice, le strutture per persone senza dimora<br />

e per il “Fondo di solidarietà”. “Per la <strong>Caritas</strong> la raccolta indumenti<br />

usati e la loro rivendita rappresenta un’insostituibile fonte di entrate<br />

che ci consentono di finanziare l’opera di sostegno alle persone<br />

in situazione di bisogno”, affermano i direttori della <strong>Caritas</strong><br />

altoatesina, Mauro Randi e Heiner Schweigkofler che ringraziano<br />

di cuore ogni donatore. Un ringraziamento particolare deve essere riconosciuto anche ai<br />

3.000 volontari che hanno raccolto e trasportato con trattori, camion e furgoni i sacchi<br />

con gli indumenti usati ai punti di carico e scarico di Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico,<br />

San Candido, Bassa Atesina, Oltradige, Vipiteno e Val Venosta. “Senza l’aiuto dei<br />

tantissimi volontari che ogni anno ci danno una mano non avremmo potuto realizzare la<br />

raccolta”, sottolinea l’amministratore della <strong>Caritas</strong> e coordinatore della raccolta indumenti<br />

usati, Christian Klotzner. Nel frattempo gli indumenti usati sono arrivati nei magazzini<br />

della Tunisia e di Napoli dove vengono smistati per tipo di indumento e qualità. Successivamente<br />

vengono ceduti ai rivenditori di seconda mano di tutto il mondo. <strong>Caritas</strong> ha<br />

sottoscritto un contratto etico con la ditta Tesmapri che si occupa di ritirare gli indumenti.<br />

Il contratto garantisce il rispetto di standard ambientali, lavorativi e sociali per la rivendita<br />

degli indumenti usati raccolti da <strong>Caritas</strong> (sr)<br />

Foto Sabine Raffin<br />

Vetrina<br />

Rinunciando, ognuno di noi mette alla prova<br />

il proprio controllo sui desideri e sulle azioni<br />

e, contemporaneamente, incrementa la<br />

propria resistenza. Affrontare le sfide e i problemi<br />

che si presentano nella vita quotidiana<br />

può essere meno faticoso quando la scelta<br />

di “modelli interiori” è più grande e varia,<br />

ciò si traduce in un’accresciuta disponibilità<br />

di opzioni cui la persona può ricorrere nei<br />

momenti di bisogno.<br />

Chi partecipa all’iniziativa “Io rinuncio” si<br />

attiverà nelle sei settimane comprese tra<br />

il mercoledì delle ceneri e il sabato santo<br />

rinunciando interamente o parzialmente ad<br />

alcol, dolci oppure ad altri generi di consumo<br />

o abitudini come l’utilizzo dell’auto per<br />

brevi spostamenti, giocare al computer ecc.<br />

“Io rinuncio” offre lo spunto per imparare<br />

a prendere distanza da beni o abitudini<br />

per un periodo limitato. Bambini, giovani,<br />

adulti e altoatesini sono invitati a partecipare<br />

all’iniziativa facendo una “prova di rinuncia”.<br />

Gli organizzatori hanno predisposto anche<br />

un pagina internet (www.io-rinuncio.net) in<br />

cui sono stati pubblicati materiali informativi<br />

e pubblicitari per chi volesse diffondere<br />

l’iniziativa nella sua cerchia di amici o in famiglia.<br />

Ulteriori informazioni sono disponibili<br />

presso il Forum Prevenzione: tel. 0471 324<br />

801, info@forum-p.it (sr)<br />

IO<br />

RINUNCIO<br />

21


Vetrina<br />

Con le temperature<br />

rigide di questo inverno in molti se lo<br />

staranno chiedendo, qualcuno magari avrà<br />

anche già iniziato a pensare alle vacanze<br />

estive: spiaggia, mare, sole, caldo e tante<br />

nuove amicizie sono però anche gli ingredienti<br />

della colonia “12 Stelle” di Cesenatico<br />

che, gestita dalla Fondazione Odar, da oltre<br />

Sbalorditivo successo<br />

dell’iniziativa benefica “L’Alto Adige<br />

aiuta”, l’azione di raccolta fondi prenatalizia<br />

lanciata quattro anni fa dall’associazione<br />

omonima. Più di 2000 cittadini e imprese<br />

dell’Alto Adige hanno risposto all’appello<br />

e hanno donato 370.000 euro (dati del<br />

13/01/2010) per le persone in situazione di<br />

bisogno della nostra provincia. Come già<br />

negli anni precedenti, anche nel 2009 molti<br />

Vip altoatesini si sono messi a disposizione<br />

per l’asta speciale che è diventata una<br />

delle attrattive più note dell’iniziativa. Come<br />

sempre originali ed esclusivi gli eventi e gli<br />

oggetti all’asta: una festa personalizzata in<br />

compagnia di Luis Durnwalder nella cantina<br />

nella roccia della cantina Laimburg, un corso<br />

di cucina con lo chef Alfons Schuhbeck<br />

a Monaco di Baviera, una battuta di caccia<br />

con Andrea Aster, Miss Südtirol, una degustazione<br />

di vini e una riserva speciale della<br />

cantina di San Paolo/Appiano, un concerto<br />

22 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Estate,<br />

dove sei? marzo<br />

Foto Hansjörg Condin<br />

mezzo secolo porta al mare ogni anno più di<br />

1.200 bambini e ragazzi tra i sei ed i quindici<br />

anni di età.<br />

Come in passato, anche per quest’anno<br />

sono stati programmati quattro turni di vacanze<br />

di due settimane ciascuno, compresi<br />

tra il 22 giugno (partenza del primo turno) ed<br />

il 20 agosto (rientro del quarto): nei quindici<br />

giorni di permanenza al mare i giovani<br />

ospiti - seguiti giorno e notte da una équipe<br />

preparata e disponibile di assistenti, animatori,<br />

bagnini e infermiere - partecipano ad un<br />

intenso e variegato programma di attività che<br />

comprende giochi di gruppo, competizioni<br />

sportive non agonistiche, momenti creativi e<br />

ricreativi, serate di divertimento ed anche la<br />

possibilità di partecipare a due gite.<br />

I quattro turni sono così ripartiti: dal 22 giugno<br />

al 6 luglio (1° turno); dal 7 al 21 luglio (2°<br />

turno); dal 22 luglio al 5 agosto (3° turno); dal<br />

6 al 20 agosto (4° turno). In tutta la provincia<br />

(Bolzano esclusa) le iscrizioni si apriranno<br />

lunedì 8 febbraio per chiudersi venerdì 5<br />

“L’Alto Adige aiuta” per<br />

la quarta volta<br />

privato del gruppo “The Others”, la propria<br />

caricatura disegnata da Jochen Gasser a<br />

fianco della sua famosa caricatura di Andreas<br />

Hofer, due abiti realizzati su misura dalla<br />

firma “Luis Trenker”. Il clou de “L’Alto Adige<br />

aiuta” è però stato il 23 dicembre quando si<br />

è tenuta la “Maratona delle donazioni” sulle<br />

emittenti radio “Südtirol 1” e “Radio Tirol“.<br />

1080 altoatesini hanno donato 136.000 euro<br />

grazie alla hotline telefonica e alla possibilità<br />

di donare online. Nel 2006, 2007, 2008<br />

3.368 donatori avevano donato un totale<br />

di 725.396,55€ con cui “L’Alto Adige aiuta”<br />

finora è stato in grado di aiutare 250 famiglie<br />

e singole persone che si trovano in situazione<br />

di bisogno finanziario o psicologico per la<br />

cause più diverse: incidenti, malattie, perdita<br />

del lavoro, separazioni o violenza e abusi<br />

subiti durante l’infanzia. I promotori de “L’Alto<br />

Adige aiuta” sono: <strong>Caritas</strong>, Bäuerlicher<br />

Notstandsfond, Assistenza Tumori dell’Alto<br />

Adige e le radio Südtirol 1 Radio Tirol (sr)<br />

(i recapiti sono in fondo all’articolo); a<br />

Bolzano invece, per evitare lunghe code ai<br />

genitori, a partire dalle 8 di venerdì 26 febbraio<br />

verranno distribuiti i numeri con il relativo<br />

appuntamento, fissato nei giorni successivi:<br />

va ricordato che con un unico numero<br />

si possono iscrivere anche più partecipanti<br />

(fratelli o sorelle), fino ad esaurimento posti.<br />

Quest’anno l’Odar ha scelto di non ritoccare<br />

la quota di partecipazione, lasciando<br />

immutata la quota del 2009, ossia 250 euro<br />

(più una marca da bollo di 1,81): in questo<br />

modo la Fondazione cerca di favorire<br />

le famiglie provate dalla crisi economica,<br />

lasciando tuttavia liberi di contribuire volontariamente<br />

con un importo maggiore coloro<br />

che desiderino esprimere la loro solidarietà<br />

verso chi è in difficoltà (ng)<br />

Per informazioni: Ufficio Colonia 12 Stelle<br />

Bolzano, via Cassa di Risparmio 1,<br />

Tel. 0471 067412, fax 0471 067401,<br />

www.12stellecesenatico.it, stelle.ufficiobz@caritasodar.it,<br />

lun-gio: 8.30-11; 14.30-16.30<br />

Raccolta di<br />

aneddoti su<br />

Luzi Lintner<br />

Due anni fa, a febbraio,<br />

scompariva Luzi Lintner. In ricordo della coope-<br />

rante del Renon e volontaria della <strong>Caritas</strong>, molto<br />

conosciuta in provincia e nei Paesi del Sud del<br />

mondo in cui aveva prestato la sua infaticabile<br />

opera d’aiuto, <strong>Caritas</strong>, OEW (Organizzazione<br />

per un Mondo solidale), Casa della Solidarietà e<br />

Missio hanno dato alle stampe il volume in lingua<br />

tedesca “Die Luzi. Anekdoten aus dem Leben<br />

einer Grenzgängerin” (La Luzi. Aneddoti dalla<br />

vita di una costruttrice di pace ndr.).<br />

Il 19 gennaio 2008 Luzi Lintner era volata in<br />

Bolivia per controllare come procedevano i progetti<br />

che aveva contributo ad avviare a Santa<br />

Cruz, San Julián, San Antonio, Cochabamba,


Foto: Georg Hofer, illustrazione: Robert Pichler, informazioni: www.caritas.bz.it<br />

Foto: Georg Hofer, illustrazione: Robert Pichler, informazioni: www.caritas.bz.it<br />

Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

<strong>Diözese</strong> <strong>Bozen</strong>-<strong>Brixen</strong><br />

Diozeja Balsan-Porsenù<br />

Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

<strong>Diözese</strong> <strong>Bozen</strong>-<strong>Brixen</strong><br />

Diozeja Balsan-Porsenù<br />

Foto: Georg Hofer, illustrazione: Robert Pichler, informazioni: www.caritas.bz.it<br />

Foto: Georg Hofer, illustrazione: Robert Pichler, informazioni: www.caritas.bz.it<br />

Foto: Georg Hofer, illustrazione: Robert Pichler, informazioni: www.caritas.bz.it<br />

Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

<strong>Diözese</strong> <strong>Bozen</strong>-<strong>Brixen</strong><br />

Diozeja Balsan-Porsenù<br />

Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

<strong>Diözese</strong> <strong>Bozen</strong>-<strong>Brixen</strong><br />

Diozeja Balsan-Porsenù<br />

Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

<strong>Diözese</strong> <strong>Bozen</strong>-<strong>Brixen</strong><br />

Diozeja Balsan-Porsenù<br />

Il volume di 160 pagine è stato pubblicato da<br />

Weger, casa editrice brissinese, e sarà in vendita<br />

negli uffici della <strong>Caritas</strong> a Bolzano, Merano,<br />

Bressanone e Brunico, nella Casa della Solidarietà<br />

di Bressanone, nelle 11 Botteghe del<br />

Mondo dell’Alto Adige e nelle librerie al prezzo di<br />

14.80 euro.<br />

Concepción. Nel suo programma di viaggio<br />

rientravano visite anche in Perù e Brasile.<br />

Voleva soprattutto essere al fianco degli indios<br />

boliviani e fare in modo che il denaro raccolto in<br />

Alto Adige venisse utilizzato correttamente per<br />

aiutare i bisognosi. Purtroppo Luzi non riuscì a<br />

vedere compiuti i “suoi” progetti. Domenica 3<br />

febbraio la volontaria di 55 anni annegò mentre<br />

stava tentando di attraversare il fiume boliviano<br />

Zapocó, 12 chilometri a nord di San Antonio. In<br />

occasione del secondo anniversario della morte<br />

di Luzi gli autori presenteranno il libro durante<br />

una lettura pubblica che si terrà presso la <strong>Caritas</strong><br />

di Bolzano (via Cassa di Risparmio 1)<br />

alle ore 18.00 (ml)<br />

I fiori possono<br />

essere un simbolo di amore e perciò sono<br />

particolarmente ricercati per San Valentino.<br />

Con l’iniziativa “Regalate rose eque”, <strong>Caritas</strong>,<br />

Oew (Organizzazione per un mondo<br />

solidale) le Botteghe del mondo e le associazioni<br />

sociali del mondo cattolico invitano<br />

a regalare fiori coltivati secondo criteri di<br />

eticità. I fiori provengono da aziende in cui i<br />

lavoratori non vengono sfruttati ed esposti<br />

Bambini poveri?<br />

Poveri bambini!<br />

La povertà infantile ha molti volti. Quello più noto ha i tratti della<br />

povertà materiale ovvero appare quando mancano i mezzi necessari<br />

per affrontare la quotidianità. Secondo l’ASTAT la povertà<br />

relativa colpisce il 14,9% delle famiglie altoatesine quindi anche<br />

i bambini. Lo scorso 15 novembre 2009, la <strong>Caritas</strong> ha messo<br />

al centro della “Domenica della carità” proprio la tematica della<br />

povertà infantile, sottolineando in particolare come essa sia più<br />

grave della povertà economica. Infatti, secondo l’economista<br />

premio Nobel Amartya Sen, la povertà infantile corrisponde ad<br />

una carenza di fondamentali opportunità di sviluppo in campo<br />

sociale, cognitivo, culturale, sociale e personale. La povertà nelle<br />

sue molteplici forme limita fortemente le chance che la persona ha<br />

di costruire un presente e un futuro dignitoso e ha conseguenze<br />

negative sul suo sviluppo e anche sulla sua salute. Per illustrare<br />

le diverse dimensioni della povertà la <strong>Caritas</strong> ha elaborato una<br />

campagna di sensibilizzazione imperniata su cinque manifesti<br />

realizzati con la collaborazione del caricaturista Robert Pichler e<br />

del fotografo Georg Hofer. Si tratta di cinque poster che tematizzano<br />

la povertà sociale, culturale, materiale, fisica ed emotiva dei<br />

bambini e ragazzi. A novembre i manifesti sono stati esposti in<br />

tutte le parrocchie dell’Alto Adige. L’obiettivo della campagna era<br />

mettere l’accento su un problema presente anche nella nostra<br />

provincia ma poco dibattuto e fornire un impulso per l’organizzazione<br />

di ulteriori iniziative di sensibilizzazione. I manifesti sono<br />

ancora gratuitamente a disposizione di chi desiderasse richiederli<br />

al servizio Volontariato e <strong>Caritas</strong> parrocchiali della <strong>Caritas</strong> di via<br />

Cassa di Risparmio 1 a Bolzano. Tel. 0471 304 330, e-mail: freiwilligenarbeit@caritas.bz.it<br />

(sr)<br />

Regalare rose<br />

eque e solidali<br />

a pesticidi, nocivi per la salute. Il 15 febbraio<br />

numerosi floricoltori e fiorai dell’Alto<br />

Adige offriranno le rose eque e solidali. Per<br />

sapere quali basta andare alla pagina web<br />

www.caritas.bz.it. Dato che quest’anno il<br />

giorno di San Valentino cadrà di domenica<br />

la tematica del commercio equo-solidale e<br />

dei fiori “eticamente corretti” verrà affrontata<br />

durante le celebrazioni liturgiche in molte<br />

parrocchie della nostra provincia (sr)<br />

23


Dietro le quinte<br />

“Vengono qui a<br />

rubarci casa e lavoro, a vivere sulle spalle<br />

dello stato sociale pagato con le nostre<br />

tasse”. Chi non ha ancora mai sentito<br />

pronunciare in un bar o un autobus (oppure<br />

letto su un giornale) discorsi simili alzi<br />

la mano. Fanno parte di quel bombardamento<br />

di falsità cui purtroppo siamo da<br />

tempo quotidianamente soggetti. Quanto<br />

false e influenzabili possano essere le<br />

percezioni comuni e i “sentito dire” su un<br />

fenomeno come quello migratorio lo dimostrano<br />

ad esempio i risultati di un recente<br />

sondaggio condotto da un istituto di ricerca<br />

statunitense sulle opinioni pubbliche di<br />

alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia: ebbene,<br />

la maggioranza degli intervistati italiani<br />

ritiene che gli stranieri presenti nel Paese<br />

siano oltre 16 milioni, e cioè quattro volte il<br />

numero reale!<br />

Ma è proprio vero che gli stranieri vengono<br />

qui a depredare il nostro stato sociale? Vediamo<br />

qualche cifra, prima di tutto a livello<br />

nazionale. L’ultimo Dossier Statistico immigrazione<br />

<strong>Caritas</strong>-Migrantes (2009) mette<br />

in luce che i lavoratori stranieri contribuiscono<br />

per quasi il 10% al Prodotto Interno<br />

Lordo nazionale, che versano all’INPS<br />

contributi pari a 7 miliardi di Euro e al fisco<br />

imposte per circa 3,2 miliardi. Queste le<br />

uscite. Cosa ottengono in cambio? Secondo<br />

la Banca d’Italia, le spese sociali per gli<br />

stranieri ammontano al 2,5% del totale,<br />

pari alla metà del gettito da loro sostenuto.<br />

Anche a livello locale le cose non vanno<br />

meglio, e gli stranieri residenti nella nostra<br />

provincia sono fortemente in credito nei<br />

24 01/2010 <strong>Aiutare</strong><br />

Domanda:<br />

Cosa costa<br />

l’immigrazione?<br />

di Paolo Attanasio<br />

confronti delle finanze locali: secondo gli<br />

ultimi dati disponibili (2004-2006) infatti, le<br />

spese totali affrontate per i cittadini stranieri<br />

erano pari a circa 36 milioni di Euro<br />

(2006), a fronte di un gettito fiscale di oltre<br />

52 milioni e un monte contributivo superiore<br />

a 71 milioni (2006). Si tratta, come<br />

queste cifre dimostrano chiaramente, di<br />

una differenza enorme fra dare e avere,<br />

che si commenta da sola.<br />

Una volta sgombrato il campo da argomentazioni<br />

di questo genere, va però riconosciuto<br />

che è certo un esercizio contabile<br />

ben miserabile quello che cerca di rispondere<br />

alla domanda “quanto ci costano<br />

gli stranieri”, ignorando volutamente che<br />

senza di essi interi comparti della nostra<br />

economia (per non parlare del settore<br />

delle attività di cura) si fermerebbero da un<br />

giorno all’altro. Ma i conti non tornano in<br />

nessun caso. Rimanendo sul livello locale,<br />

infatti, dobbiamo constatare che i nostri<br />

concittadini stranieri ancora non dispongono<br />

di diritti certi, sanciti da una legge,<br />

per quanto riguarda le misure di integrazione<br />

a loro favore. Molto si fa nella nostra<br />

provincia, anche in questo settore, certo,<br />

ma nulla garantisce gli stranieri che sarà<br />

così anche in futuro. In certi casi, infatti, il<br />

vento potrebbe improvvisamente cambiare.<br />

Come è cambiato, nell’estate scorsa,<br />

per quanto riguarda l’accesso all’alloggio.<br />

A seguito delle restrizioni introdotte con la<br />

nuova legge sull’edilizia abitativa agevolata<br />

(legge provinciale 13 ottobre 2008, n. 9,<br />

che stabilisce all’art. 1.6 che “il numero<br />

delle abitazioni in locazione che può<br />

essere assegnato ai menzionati immigrati<br />

è determinato dalla media ponderata tra la<br />

loro consistenza numerica e il loro fabbisogno”)<br />

la Giunta provinciale ha approvato<br />

nel luglio 2009 una delibera con la quale<br />

fissa un tetto dell’11,61% delle abitazioni<br />

da assegnare in affitto agli stranieri extra-<br />

UE, nonostante le domande presentate<br />

nel 2007 (anno di riferimento) siano quasi il<br />

19% del totale. Stessa cosa per il sussidio<br />

all’affitto: a fronte di un 25% di domande<br />

validamente presentate nel 2007, gli<br />

stranieri non comunitari riceveranno nel<br />

2009 soltanto il 14,79% dei mezzi finanziari<br />

stanziati.<br />

Gli stranieri in provincia di Bolzano, in<br />

altri termini, sottostanno a tutti gli obblighi<br />

loro imposti dalla legislazione nazionale<br />

(recentemente inasprita dal cd. “pacchetto<br />

sicurezza”), ma non beneficiano, almeno<br />

non in maniera certa e strutturata, di tutte<br />

quelle misure di integrazione che la la<br />

legge nazionale demanda a regioni e Province<br />

autonome. Ecco perché vi è urgente<br />

bisogno di un “pacchetto integrazione” a<br />

livello provinciale, che rettifichi almeno in<br />

parte una situazione in cui agli stranieri si<br />

toglie molto più di quello che si dà<br />

Paolo Attanasio è consulente scientifico di<br />

Fondazione Migrantes e co-curatore del capitolo<br />

dedicato alla provincia di Bolzano del Dossier<br />

Statistico sull’Immigrazione


Colophon<br />

Dal 19 aprile 2001 il giornale <strong>Aiutare</strong> è iscritto<br />

nel Registro Nazionale della Stampa con il<br />

numero p. 11180 sotto il nome <strong>Caritas</strong> info.<br />

Editore <strong>Caritas</strong> Diocesi Bolzano-Bressanone,<br />

I-39100 Bolzano, via Cassa di Risparmio 1,<br />

Tel. 0471 304 300, Fax 0471 973 428, info@<br />

caritas.bz.it, www.caritas.bz.it<br />

Direttore responsabile Alexander Nitz<br />

Redazione di questo numero Sabine<br />

Raffin(sr), Arturo Zilli (az), Maria Lobis (ml)<br />

Hanno collaborato Paolo Attanasio, Nicola<br />

Gambetti (ng), Fabio Molon<br />

Foto <strong>Caritas</strong> Svizzera, Hansjörg Condin,<br />

Danilo Feliciangeli, Filmschule ZeLIG, Georg<br />

Hofer, Klaus Martini, Roberto Modesti,<br />

Fabio Molon, Samir Mustafa, Alexander<br />

Nitz, Luca Pedrotti, Wolfgang Penn, Robert<br />

Pichler, Stefanie Piffer Rabanser, Sabine<br />

Raffin, Suore Francescane della Penitenza,<br />

Hapteghebriel Tesfamichael<br />

Grazie alla Banca di Trento e Bolzano…<br />

… il 100% della Sua donazione<br />

arriverà a destinazione. E’ sufficiente<br />

comunicare a <strong>Caritas</strong> dove desidera<br />

che la Sua donazione venga impiegata<br />

responsabilmente e con efficacia. Le<br />

spese di amministrazione e le attività<br />

di informazione per i donatori (copie<br />

di <strong>Aiutare</strong>, lettere di ringraziamento<br />

ecc.) sono coperte interamente da<br />

un generoso contributo annuale della<br />

Banca di Trento e Bolzano.<br />

Concetto grafico Gruppe Gut, Bolzano<br />

Realizzazione Gruppe Gut, Bolzano<br />

Stampa Athesiadruck, Bolzano<br />

Pubblicazione 3 volte all’anno<br />

Tiratura 34.000<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Conti correnti per donazioni<br />

Cassa di Risparmio di Bolzano<br />

IBAN: IT17X0604511601000000110801<br />

Banca di Trento e Bolzano<br />

IBAN: IT66A0324011610000006000065<br />

Cassa Rurale dell’Alto Adige<br />

IBAN: IT42F0349311600000300200018<br />

Banca Popolare dell’Alto Adige<br />

IBAN: IT12R0585611601050571000032


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SuperFlash e dei Servizi via internet consultare i Fogli Informativi disponibili presso le Filiali<br />

e sui siti internet delle Banche del Gruppo Intesa Sanpaolo che collocano la Carta.<br />

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