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Informare Dissetare Sopravvivere Prevenire Donare Bere Fuggire ...

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Poste italiane s.p.a. - Spedizione in A.P. - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Bolzano<br />

In caso di mancato recapito inviare al CPO di Bolzano per la restituzuione al mittente previo pagamento resi.<br />

Aiutare<br />

Pubblicazione periodica della Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone 02/Giugno 2010<br />

<strong>Informare</strong><br />

<strong>Dissetare</strong><br />

<strong>Sopravvivere</strong><br />

<strong>Prevenire</strong><br />

<strong>Donare</strong><br />

<strong>Bere</strong><br />

<strong>Fuggire</strong><br />

Indossare<br />

Proteggere


Indice<br />

<strong>Sopravvivere</strong><br />

In evidenza. A quattro mesi dal tremendo<br />

terremoto che ha colpito Haiti, decine di<br />

migliaia di persone hanno ancora urgente<br />

bisogno di aiuto. Adesso è iniziata la stagione<br />

delle piogge e incombe il pericolo di devastanti<br />

uragani. La battaglia contro il tempo<br />

per dare riparo sicuro alle persone rifugiate<br />

nei campi gestiti dalla Caritas è cominciata.<br />

36<br />

<strong>Donare</strong><br />

Raccolta fondi Il sostegno all'infanzia<br />

porta bene - i progetti garantiscono formazione<br />

scolastica, cibo e cure mediche a più<br />

di 650 bambini in Brasile, Bolivia, Eritrea,<br />

Kenya e Macedonia.<br />

39<br />

<strong>Informare</strong><br />

Storia di copertina. Anche se l’Europa<br />

rimane uno dei posti migliori in cui vivere rispetto<br />

allo standard medio di vita sul pianeta,<br />

nel nostro continente le persone povere<br />

sono milioni. Il rischio povertà sta aumentando<br />

e riguarda strati di popolazione sempre<br />

più ampi. L’Unione Europea ha dichiarato il<br />

2010 “Anno europeo della lotta alla povertà<br />

e all’esclusione sociale”. .<br />

26<br />

<strong>Prevenire</strong><br />

L’intervista. Evitare il sovrindebitamento<br />

aiuta a evitare la povertà. Nel caso ci siano<br />

problemi di debiti, Petra Priller, responsabile<br />

della Consulenza Debitori, consiglia di ricorrere<br />

tempestivamente all’aiuto di specialisti<br />

per allontanare la minaccia di una vita in<br />

povertà.<br />

38<br />

<strong>Bere</strong> Esprimere<br />

Focus. I rischi dell’assunzione di alcol<br />

sono spesso sottovalutati. In Europa si<br />

consuma più alcol che in qualsiasi altra<br />

parte del mondo. Secondo la prestigiosa<br />

rivista medica “Lancet”, l’alcol è la quinta<br />

droga più pericolosa per quanto riguarda<br />

il rischio di dipendenza e le conseguenze<br />

fisiche.<br />

40 46<br />

Editoriale _____________________________________________ 26<br />

Storia di copertina ____________________________________ 26<br />

L’intervista ___________________________________________ 34<br />

In evidenza ___________________________________________ 35<br />

Raccolta fondi ________________________________________ 38<br />

Focus ________________________________________________ 40<br />

Lo sguardo ___________________________________________ 42<br />

youngCaritas _________________________________________ 44<br />

Vetrina ________________________________________________ 45<br />

Dietro le quinte _______________________________________ 48<br />

Titelfoto Caritas Schweiz, Dominik Büttner<br />

Vetrina. Musica, pittura e altre arti figurative<br />

sono i mezzi di cui si avvale il progetto di Art<br />

Counseling della Caritas. Clienti, volontari<br />

e collaboratori dei diversi servizi imparano<br />

a dare forma ai sentimenti e ai pensieri e a<br />

condividerli con gli altri senza condizionamenti<br />

sociali e culturali.<br />

Assistere<br />

Presa di posizione. Secondo il direttore<br />

della Caritas tedesco-ladina, Heiner<br />

Schweigkofler, la sfida del futuro in Alto<br />

Adige è la creazione di un'offerta di cura<br />

e assistenza al tempo stesso completa ed<br />

34<br />

efficace.<br />

Indossare<br />

youngCaritas. Quando? Adesso! – Caritas<br />

ha creato nuove, colorate t-shirt con slogan<br />

e frasi provocatorie e che fanno riflettere.<br />

Le magliette sono del commercio equo e<br />

costano 8 euro.<br />

44<br />

Proteggere<br />

Vetrina. A febbraio un terremoto e numerosi<br />

tsunami hanno colpito e distrutto<br />

diverse località costiere del Cile. Oltre<br />

a cibo, abiti e aiuto medico, le persone<br />

colpite hanno bisogno di alloggi sicuri che<br />

le proteggano dal freddo e dalle precipitazioni<br />

dell’inverno che si avvicina.<br />

45


<strong>Dissetare</strong><br />

In evidenza. Sull’altipiano boliviano piove<br />

sempre di meno e, di conseguenza, i contadini<br />

sono spesso costretti ad abbandonare<br />

i paesi in cui vivono. Senz’acqua i campi<br />

languono e i raccolti non sono sufficienti per<br />

la sopravvivenza delle famiglie. Nella regione<br />

di Cochabamba Caritas realizza pozzi e<br />

progetti di potabilizzazione dell’acqua.<br />

35<br />

<strong>Fuggire</strong><br />

Lo sguardo. Soraya, assieme a suo marito<br />

e alle sue bambine, è scappata dalle bombe<br />

e dalla violenza che dilaniano l’Afghanistan.<br />

In Alto Adige cercano protezione e la possibilità<br />

di iniziare una nuova vita. In occasione<br />

della Giornata Mondiale del Rifugiato, il 20<br />

giugno, Caritas invita alla solidarietà verso<br />

chi fugge da guerra e persecuzioni.<br />

42<br />

Alleviare<br />

Dietro le quinte. Dopo l’indulto del 2007,<br />

le carceri italiane sono nuovamente sovraffollate<br />

e la situazione si va facendo insostenibile.<br />

Ogni mese in Italia sono arrestate<br />

dalle 80 alle 100 persone. La presidentessa<br />

della Conferenza Nazionale Volontariato<br />

Giustizia, Elisabetta Laganà, richiede<br />

urgentemente l’introduzione di nuove pene<br />

alternative.<br />

48<br />

Editoriale<br />

Gli esperti distinguono tra povertà assoluta<br />

e relativa. Una persona può essere definita come povera in termini<br />

assoluti se per vivere dispone di una determinata somma di denaro<br />

che, a livello internazionale, è stata fissata a 1.25 dollari statunitensi al<br />

giorno, ovvero all’incirca un euro. In Alto Adige nessuno muore di fame<br />

ma una famiglia su sette è colpita da povertà relativa. E’ un dato a cui<br />

prestare molta attenzione perché vuol dire che la partecipazio-ne alla<br />

vita sociale del 14,9% degli altoatesini è limitata. La povertà vuol dire<br />

anche questo: patire limitazioni a più livelli. Oltre all’aspetto economico,<br />

devono essere considerati anche criteri come la salute, l’educazione,<br />

la situazione lavorativa e abitativa. La povertà si presenta quando la<br />

situazione di una famiglia in difficoltà non si modifica nel tempo: ciò<br />

porta spesso a una vita ritirata e isolata, provoca vergogna e paura<br />

da cui nascono sensi di colpa e rifiuto della relazione con chi ci sta<br />

accanto. Per questo la povertà è una questione che tocca da vicino<br />

l’integrazione sociale e deve essere affrontata tenendo conto dello<br />

svolgimento della vita di una persona: un’infanzia passata nella povertà,<br />

per esempio, di frequente pregiudica una vita intera. In occasione<br />

dell’Anno europeo della lotta alla povertà e dell’esclusione sociale dedichiamo<br />

la storia di copertina alle diverse dimensioni della povertà.<br />

Una cosa è certa: la povertà può riguardare ognuno di noi.<br />

Dalla povertà assoluta invece è colpita Haiti, soprattutto in seguito<br />

al terribile terremoto che l’ha devastata il 12 gennaio scorso e che ha<br />

provocato la morte di più di 200.000 persone. La rete internazionale<br />

di Caritas, di cui fa parte anche la Caritas altoatesina, ha prestato il<br />

proprio aiuto fin dal primo giorno. Per sapere cosa stiamo facendo,<br />

leggete a pag. 36 e 37.<br />

Il 12 aprile 2010 è ormai stato registrato come una giornata nera<br />

nella storia dell’Alto Adige. Nove persone hanno perso la vita<br />

nell’incidente ferroviario tra Laces e Castelbello. La Caritas sostiene<br />

i familiari e le persone ferite. (p. 43)<br />

Nella sezione „focus“ questa volta abbiamo voluto trattare la tematica<br />

alcol, una sostanza che induce dipendenza ma che, in Alto Adige<br />

come altrove, è socialmente accettata. L’alcolismo è una malattia guaribile,<br />

Caritas lo sa (p. 40-41).<br />

Per imparare ad „Aiutare“, ci vuole cuore, competenza e continuità:<br />

per sottolineare questa nostra convinzione la numerazione della rivista<br />

continua dall’ultima pagina della precedente edizione, il numero uno<br />

della nuova rivista. In questa seconda edizione cominciamo quindi dalla<br />

pagina 26. Prendiamo quindi fiato per immergerci nel mondo della<br />

solidarietà attiva e concreta, (ri)cominciamo la lettura di “Aiutare”.<br />

Maria Lobis<br />

Ufficio Relazioni Pubbliche<br />

aiutare@caritas.bz.it<br />

25<br />

Foto Foto zero zero poverty<br />

poverty


Storia di copertina<br />

Obiettivo<br />

“Zero povertà”<br />

Caritas Europa lancia un , iniziativa contro la<br />

povertà e l’esclusione sociale nel continente<br />

26 02/2010 Aiutare


Il 2010 è stato proclamato dall’Unione<br />

Europea “Anno europeo della lotta alla povertà<br />

e all’esclusione sociale”. A qualcuno, probabilmente, sembrerà<br />

strano parlare di povertà nel nostro continente dove il<br />

livello e le aspettative di vita sono decisamente più elevate<br />

che nel resto del pianeta. Certo, i 65 anni che hanno seguito<br />

la fine del secondo conflitto mondiale, hanno fatto registrare<br />

notevoli progressi sociali ed economici nella totalità degli<br />

Stati europei ma la povertà non è scomparsa, anzi il rischio<br />

povertà si sta facendo grande anche in strati della popolazione<br />

prima non toccati da tale fenomeno.<br />

Foto Georg Hofer<br />

23,5 millioni<br />

di europei<br />

vivono con<br />

meno di<br />

10 euro<br />

al giorno<br />

La povertà ha tante facce. Alcuni dati aiutano<br />

a inquadrare le motivazioni per cui è saggio sottoporre alla<br />

riflessione dell’opinione pubblica di tutt’Europa il problema della<br />

povertà: 23,5 milioni di europei vivono con meno di 10 euro al giorno,<br />

solo un europeo su cinque vive in un’abitazione adeguata,<br />

uno su 10 appartiene a una famiglia senza lavoro. 79 sono i milioni<br />

di persone che nell’UE sono a rischio povertà: è il 16% della popolazione<br />

totale e questa percentuale non è diminuita negli ultimi<br />

dieci anni. I più esposti al “rischio povertà” i sono bambini (il 19%<br />

dei bambini, quasi uno su cinque) e gli anziani (nel Regno Unito, in<br />

Spagna e nei Paesi Baltici, il 25% di chi ha più di 65 anni è a rischio<br />

indigenza), ma anche le donne – soprattutto quelle single e con<br />

figli – e i disoccupati sono nell’occhio del ciclone. Le persone che,<br />

pur occupate, sono scivolate sotto la soglia di povertà – working<br />

poors – sono ormai l’8% di tutti i lavoratori dell’UE. La Commissione<br />

politiche sociali di Caritas Europa, in occasione dell’Anno europeo<br />

della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, ha redatto un Poverty<br />

Paper o Quaderno della povertà – intitolato In mezzo a noi –<br />

che individua la povertà e l’esclusione sociale come conseguenza<br />

dell’indebolimento delle fondamenta su cui è costruito il benessere<br />

degli europei: mercato del lavoro, famiglia e stato socio-assistenziale.<br />

Per questo motivo, secondo Caritas Europa, “è necessario<br />

profondere ogni sforzo per ripristinare la capacità del mercato del<br />

lavoro di creare impieghi di buona qualità; far tornare le famiglie a<br />

essere comunità della solidarietà; restituire allo stato socio-assistenziale<br />

la sua capacità di produrre welfare per i propri cittadini”.<br />

27


Storia di copertina<br />

Ma l’erosione dei tre pilastri del benessere<br />

dei cittadini non si ferma alle frontiere. Anche nel “Paradiso Alto<br />

Adige” tante persone sono in difficoltà e vivono in una situazione di<br />

bisogno. La povertà in Alto Adige, pur non essendo così evidente, è<br />

presente ma, solo in rari casi, implica la totale mancanza dei mezzi<br />

necessari alla sopravvivenza. nel 2003 L’Astat – data dell’ultima rilevazione<br />

– calcolava che il 14,9% della popolazione della nostra provincia<br />

può essere definito come “relativamente povero”. Una famiglia<br />

su sette in Alto Adige vive sulla soglia della povertà o al di sotto<br />

di essa: la povertà però può colpire ognuno di noi, all’improvviso.<br />

“Chi è minacciato dalla povertà, è disoccupato oppure malato, non<br />

dispone di sufficiente preparazione o formazione, ha molti figli, si è<br />

separato dal coniuge oppure è vittima della crisi economica: queste<br />

sono le persone più a rischio”, sottolinea il direttore di Caritas,<br />

Heiner Schweigkofler, “come si vede si tratta di categorie molto<br />

diffuse”. La povertà si può anche ereditare: i bambini che provengono<br />

da contesti familiari poveri rischiano di diventarlo anch’essi,<br />

una volta adulti. Quando si è poveri, purtroppo, spesso lo si è per<br />

sempre.<br />

Senza lavoro<br />

dalla perdita del lavoro alla strada Ogni<br />

mattina la sveglia di Giovanni suona alle sei, puntuale, come quando<br />

doveva svegliarsi per andare in officina. Adesso però le levatacce<br />

mattutine non servirebbero più: l’impresa di Laives in cui ha lavorato<br />

per tanti anni come operaio specializzato – saldatore - ha chiuso i<br />

battenti e il tracollo finanziario della ditta ha trascinato con sè anche<br />

la sua esistenza. Sono otto mesi che Giovanni è senza lavoro e<br />

da due mesi è ospite della Casa dell’Ospitalità (gestita su appalto<br />

dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano) di viale Trento, a Bolzano,<br />

dove condivide la stanza con altri due uomini. 55 anni, bolzanino,<br />

due figli (uno di 18 e uno di 16) e un matrimonio finito: se ritagliamo<br />

la storia di Giovanni e proviamo a sovrapporla a quelle raccontate<br />

dai giornali negli ultimi tempi, i contorni sarebbero perfettamente<br />

combacianti. E’ l’amara narrazione di chi si è smarrito nel mare<br />

in tempesta della precarietà lavorativa ed esistenziale, di chi era<br />

a galla fino a un momento fa, di chi, magari con fatica, riusciva<br />

ancora nuotare e, all’improvviso, per una malattia, una difficoltà<br />

inaspettata, un momento di debolezza, si ritrova fuori, emarginato,<br />

con il naso appiccicato alla vetrina di un negozio la cui merce non<br />

si può più permettere di acquistare.<br />

“Sono ancora abituato ad alzarmi presto la mattina. L’ho fatto per<br />

trent’anni e lo faccio ancora. E’ una specie di rituale scaramantico<br />

che seguo nella convinzione che mi aiuti a riprendermi presto”,<br />

spiega Giovanni, “a volte sogno che la mia attuale vita sia un incubo<br />

da cui mi sveglio di soprassalto e mi ritrovo nuovamente in<br />

una casa, con un lavoro e senza la vergogna di una vita che mi ha<br />

portato dove non volevo”.<br />

Nella Casa dell’Ospitalità, quando non è alla ricerca di lavoro nelle<br />

varie agenzie di lavoro interinale, Giovanni si presta volentieri a dare<br />

una mano agli operatori: li aiuta a servire i pasti e a lavare i piatti, i<br />

28 02/2010 Aiutare<br />

Sempre più persone si ritrovano senza<br />

lavoro e, dopo aver perso tutto, sono spinte<br />

ai margini della società.<br />

bicchieri e le tazze dopo le colazioni, i pranzi e le cene e si mette<br />

sempre a disposizione per effettuare piccole riparazioni. Prima di<br />

iniziare a parlare della sua vita ci invita a prendere un caffè alla macchinetta<br />

della sala della televisione, “come facevo sempre quando<br />

qualcuno veniva a trovarmi a casa: per prima cosa un caffè”, sottolinea.<br />

Un paio di altre persone ci salutano, una di esse chiede a<br />

Giovanni se può aiutarla a sistemare un’anta dell’armadio nella sua<br />

stanza che non si chiude più. Giovanni gli risponde che andrà da<br />

lui un’ora dopo. “Dare una mano gli altri ospiti della Casa mi aiuta a<br />

tirarmi un po’ su”, commenta, “a volte mi sento un oggetto inutile,<br />

superato”.<br />

La Casa dell’Ospitalità garantisce a 32 uomini un alloggio, pasti<br />

regolari, la possibilità di lavarsi e lavare i propri indumenti. Gli<br />

ospiti hanno l’opportunità di preparare la loro uscita da isolamento<br />

e solitudine per rientrare nella società sostenuti dagli operatori e<br />

in collaborazione con la rete dei servizi sanitari e sociali. Il team<br />

del servizio è sempre disponibile all’ascolto e all’accoglienza, aiuta<br />

gli ospiti a riscoprire le loro risorse e a metterle a frutto. Se viene<br />

richiesto, aiuta le persone senza dimora anche nella ricerca di lavoro.<br />

Danilo Tucconi, responsabile della struttura, sottolinea come<br />

il caso di Giovanni non sia più così eccezionale da quando la crisi<br />

economico-finanziaria ha fatto sentire i suoi effetti anche qui nella<br />

nostra provincia. “Attualmente ospitiamo altre due persone in una<br />

Foto Georg Hofer


Info<br />

Nell’ultimo trimestre del 2009, il tasso<br />

di disoccupazione in Alto Adige è<br />

salito al 4,1%, il valore più alto degli<br />

ultimi anni. Sono i dati relativi<br />

all’occupazione diffusi dall’Istat a fine<br />

marzo. Provincia, Ufficio del lavoro e<br />

Astat hanno confermato un deciso<br />

aumento della disoccupazione rispetto<br />

al 2008, ma hanno anche messo in<br />

rilievo che il tasso di disoccupazione<br />

“reale” è quello medio registrato nel<br />

corso dell’anno, pari al 2,9%. Un dato<br />

mette tutti d’accordo: in Alto Adige<br />

le persone in cerca di lavoro sono al<br />

momento diecimila, mentre nel primo<br />

trimestre del 2009 erano la metà. Per<br />

quanto riguarda il tasso di disoccupazione,<br />

l’Astat conferma che “Il tasso<br />

di disoccupazione è salito al 2,9%<br />

rispetto al 2,4% del 2008. L’aumento è<br />

riconducibile al numero delle persone<br />

in cerca di occupazione che, dopo<br />

molti anni, ha raggiunto per la prima<br />

volta quota 10.000”.<br />

situazione simile a quella di Giovanni; stiamo parlando di persone<br />

normali che, se prima potevano essere considerate working poors,<br />

ovvero poveri che lavorano, una volta persa l’occupazione sprofondano<br />

nel baratro, perdono la casa perché non se la possono più<br />

permettere.”.<br />

Prima di finire sulla strada, Giovanni ha sempre diviso il suo tempo<br />

tra il lavoro – anche dieci, undici ore al giorno - e la famiglia; la<br />

sua è stata un’esistenza priva dei traumi che di frequente segnano<br />

chi viene accolto nelle strutture per persone senza dimora. “Io e<br />

mia moglie avevamo tutto quanto ci serviva per condurre una vita<br />

dignitosa”, precisa, “certo non eravamo benestanti, dovevamo stare<br />

attenti alle spese ma riuscivamo a tirare avanti e i sacrifici che<br />

facevamo per i nostri due figli ci ripagavano di qualsiasi rinuncia”.<br />

Due anni fa il rapporto tra Giovanni e sua moglie, già in crisi da alcuni<br />

anni, si incrina definitivamente e i due cominciano a vivere da<br />

separati in casa: è solo il primo passo su una strada che porterà<br />

la moglie di Giovanni a chiedere la separazione definitiva. L’uomo<br />

capisce che è meglio andarsene e cercare un’altra sistemazione<br />

per non seppellire gli anni in cui si sono voluti bene sotto il peso<br />

dei rancori, delle porte sbattute e delle urla attraverso i muri. “Non<br />

volevo che poco alla volta si venisse a creare una situazione in cui<br />

avremmo sofferto tutti e, spiegata la situazione ai nostri figli, presi la<br />

decisione di andare a vivere in un monolocale”, continua Giovanni.<br />

Ogni settimana Giovanni<br />

si reca nelle agenzie per<br />

l'impiego interinale per cercare<br />

nuove opportunità di lavoro.<br />

Dopo trent’anni passati a saldare ferro, Giovanni guadagnava un<br />

discreto stipendio, ma gli alimenti per i figli e la moglie e l’affitto<br />

del nuovo appartamento hanno presto prosciugato il suo conto in<br />

banca. “Due terzi dello stipendio se ne andavano subito per pagare<br />

l’alloggio e l’assegno a mia moglie, per me rimaneva ben poco da<br />

scialare”, confida Giovanni.<br />

I primi segnali di allarme sono arrivati circa un anno fa, quando<br />

Giovanni è stato messo in cassa integrazione. Poi, dopo quattro<br />

mesi, la ditta ha chiuso, Giovanni è rimasto senza lavoro e non ce<br />

l’ha più fatta a trovare un reddito sostitutivo. “Ovviamente è stato<br />

un duro colpo: alla mia età ho le stesse chance che qualcuno mi<br />

assuma in pianta stabile quanto quelle di uscire a cena con Miss<br />

Italia”, scherza Giovanni, “ho peregrinato per tutte le agenzie interinali<br />

della città e continuo a farlo ogni settimana ma i lavoretti come<br />

magazziniere che sono riuscito a racimolare sono sempre durati<br />

troppo poco”. Far fronte a tutti gli impegni finanziari per Giovanni<br />

è stato presto impossibile e, dopo un paio di mesi in cui non è<br />

riuscito a pagare l’affitto, il proprietario gli ha detto chiaramente di<br />

cercarsi un’altra sistemazione; praticamente lo ha sbattuto in mezzo<br />

alla strada. Prima di entrare nella Casa dell’Ospitalità, di notte<br />

Giovanni ha dormito all’”Emergenza freddo” di via Resia per due<br />

mesi, di giorno invece ciondolava tra il centro diurno di via Renon<br />

e la biblioteca civica. “Quando vagavo senza meta e senza scopo<br />

Foto Georg Hofer<br />

29


Storia di copertina<br />

per la città, la cosa che più mi faceva star male era il pensiero<br />

fisso di essere etichettato a prima vista come ”barbone”, continua<br />

Giovanni. Spesso lo stigma verso le persone cui manca un alloggio<br />

dove vivere si riflette sul loro senso di autostima e queste, già<br />

deboli, finiscono col perdere anche le residue forze indispensabili<br />

per potersi rialzare. Tenere in attività le persone, fare leva sulla<br />

loro determinazione a ricostruirsi una via d’uscita da una situazione<br />

difficile, motivarle: questa è una parte importante del lavoro del<br />

servizio Caritas per le persone senza dimora.<br />

Povertà<br />

la sofferenza delle donne Ma la crisi e la<br />

mancanza dei mezzi di sussistenza non colpiscono solo gli uomini.<br />

Le donne sono vittime “privilegiate” della povertà poiché normalmente<br />

hanno minori disponibilità economiche rispetto agli uomini:<br />

guadagnano di meno e sono meno protette, soprattutto se hanno<br />

figli e sono single. A Casa Margaret, il servizio di accoglienza per<br />

donne senza dimora di via Cappuccini 24 a Bolzano, conoscono<br />

bene il problema della povertà femminile perché quotidianamente<br />

ascoltano le parole delle ospiti. Negli ultimi due anni, le operatrici<br />

del servizio della Caritas hanno accolto anche un numero sempre<br />

crescente di donne vittime delle cosiddette “nuove povertà”: in<br />

maggior parte donne separate o che stanno divorziando e che,<br />

oltre agli affetti, hanno perduto anche la casa, “Non hanno più un<br />

punto di riferimento quale poteva essere un marito e con il loro<br />

lavoro - se ce l’hanno - non riescono a pagare l’affitto”, racconta<br />

Giulia Frasca, responsabile della Casa. Queste donne si ritrovano<br />

improvvisamente scaraventate da un’esistenza protetta alla strada,<br />

devono provvedere a se stesse da sole e magari a 50 anni, per la<br />

prima volta, sono obbligate a cercare un lavoro senza competenze<br />

specifiche, dopo tanti anni trascorsi come casalinghe.<br />

Tra i casi di donne ospitate in via Cappuccini ci sono stati anche<br />

quelli di donne con gravi problematiche aggiuntive (come ad esempio<br />

il cancro) che si sono trovate senza assistenza, da sole, con<br />

l’unico aiuto del volontariato. Le donne che vivono in strada sono<br />

vittime dell’abbandono, della mancanza o della dissoluzione dei legami<br />

sociali: una volta che la rete familiare si dissolve, si trovano<br />

da sole e in quel momento hanno inizio le difficoltà maggiori. “Con<br />

queste donne si deve ricominciare da zero o quasi ma”, aggiunge<br />

la responsabile del servizio, “bisogna evidenziare che, dopo i primi<br />

mesi segnati dall’angoscia per l’inaspettata situazione, per molte si<br />

apre uno spiraglio e ricominciano a respirare”.<br />

Paola è una delle donne che stanno respirando un po’ di aria nuova:<br />

è arrivata a Casa Margaret da poco ma il suo stato d’animo è già<br />

migliorato in modo stupefacente. Non ha alle spalle anni di emarginazione<br />

e la risalita per lei non sarà dolorosa e lunga come per altre<br />

sue compagne. E’ seduta davanti al computer assieme a Stella,<br />

una delle operatrici della Casa, con cui sta scrivendo il curriculum<br />

vitae da presentare a possibili datori di lavoro. Come le altre ospiti,<br />

anche Paola sta cercando di raddrizzare la sua vita e per farlo ha<br />

bisogno di trovare un’occupazione con cui mantenersi e costruirsi<br />

30 02/2010 Aiutare<br />

La povertà è particolarmente dura<br />

per le donne: mediamente dispongono<br />

di meno soldi e spesso devono<br />

badare ai loro figli da sole.<br />

nuovamente un’indipendenza. “Per me ritrovare un letto al coperto,<br />

dopo i mesi in strada senza sapere dove sbattere la testa, è stato<br />

come rinascere”, ammette, “in passato la mia vita non è stata senza<br />

problemi ma, a pensarci bene, non sono stati molti di più di quelli di<br />

tante altre persone che ho conosciuto”.<br />

Paola è rimasta orfana di padre all'età di 14 anni e sua madre ha<br />

dovuto trovarsi velocemente un'occupazione a tempo pieno. “I miei<br />

due fratelli più piccoli erano stati affidati ad una zia e io rimanevo<br />

a casa da sola per interi pomeriggi, dopo la scuola; per questa<br />

ragione a 15 anni ho preso la decisione di abbandonare gli studi<br />

e trovarmi un lavoro. Volevo aiutare mia madre ad accudire i miei<br />

fratelli”, ricorda Paola. Sua madre però, schiacciata dal peso della<br />

solitudine, poco dopo cominciò a bere e anche Paola venne affidata<br />

alla zia con cui la convivenza non fu mai senza attriti. Dopo una<br />

decina d’anni trascorsi a casa della zia, i fratelli, ormai adulti, se ne<br />

andarono per iniziare una vita autonoma. Paola invece non si sentì<br />

di abbandonare la zia anziana tanto più che la madre, nel frattempo,<br />

era morta. Il lavoro di cassiera in un supermercato a Merano,<br />

che all’inizio le era sembrato stabile, nel giro di pochi anni si rivelò<br />

un vortice che la trascinava sempre più in basso: prima venne obbligata<br />

al part-time e poi fu licenziata per esubero di personale. “Nel<br />

frattempo anche mia zia era morta e io non ero in grado di subentrare<br />

all'affitto, non avevo soldi e sufficienze per pagare”, dice Paola,<br />

“il vecchio appartamento in cui aveva vissuto mia madre era stato<br />

pignorato e anch’io avevo diversi piccoli debiti da ripagare”. Dalla<br />

perdita del lavoro a quella della casa il passo è stato breve e per<br />

Foto zero poverty


Quasi ogni giorno alla porta<br />

bussano donne senza<br />

dimora<br />

tre mesi Paola ha vissuto in strada, con tutti i pericoli che ciò comporta<br />

per una persona non abituata ai rischi di quell’ambiente: le<br />

minacce di violenza sessuale erano all’ordine del giorno e le offerte<br />

di denaro per prostituirsi la spaventavano e la deprimevano ancora<br />

di più. I volontari dell’”Emergenza freddo”, dove Paola dormiva, le<br />

consigliarono allora di rivolgersi ai servizi sociali che la rimandarono<br />

subito a Casa Margaret: fortunatamente in quel periodo c’era un<br />

posto libero e perciò fu subito accolta.<br />

“La struttura per donne senza dimora della Caritas è sempre aperta.<br />

Le ospiti possono consumare tre pasti al giorno e, nel pomeriggio,<br />

possono usufruire della sala dove vengono svolte attività<br />

ricreative”, dice la responsabile della struttura. Il servizio mette a<br />

disposizione la lavanderia e i bagni per farsi una doccia per chi non<br />

ha ancora potuto essere accolta o non vuole restare in struttura.<br />

Le operatrici sono a disposizione delle donne 24 ore su 24 per la<br />

ricerca di lavoro o per discutere di ogni problema. L’equipe educativa<br />

di Casa Margaret valuta attentamente tutte le richieste di aiuto<br />

che le arrivano direttamente dalle donne che si presentano al servizio<br />

o che le vengono inviate dai servizi sociali. “Generalmente le<br />

donne che hanno bisogno si presentano autonomamente e fanno<br />

domanda. Noi controlliamo che ci sia un effettivo bisogno e se non<br />

ci sono posti letto disponibili, le inseriamo nella lista d’attesa”, chiarisce<br />

Giulia Frasca. Imprescindibile è il lavoro di rete con i servizi<br />

sociali perché, attraverso un lavoro comune sui singoli casi, i progetti<br />

di reinserimento stutturati insieme alle ospiti hanno maggiori<br />

probabilità di riuscita.<br />

Foto Alexander Nitz<br />

Attivi<br />

contro la povertà Nel 2010 Caritas invita a<br />

discutere di povertà ai più diversi livelli e a organizzare opere di solidarietà<br />

e sostegno del vicinato: per sconfiggere la povertà c’è infatti<br />

bisogno del contributo di tutti. In Alto Adige, Caritas gestisce più di<br />

venti servizi specialistici per persone in situazione di difficoltà: per<br />

persone indebitate e sovrindebitate,, che non riescono ad affrontare<br />

i problemi, per chi è colpito da malattie o lutti; per donne e uomini<br />

che vivono in strada e cercano un alloggio; per persone che, dopo<br />

essere uscite dal carcere, vogliono ricostruirsi una vita, per coloro<br />

che hanno bisogno di un pasto caldo, che vogliono uscire da una<br />

dipendenza o da una malattia psicologica, che non sanno come gestire<br />

una situazione di crisi, che hanno urgenza di parlare al telefono<br />

con una voce amica, per migranti e rifugiati che cercano protezione<br />

e lavoro in Alto Adige. “Le persone che chiedono aiuto sono sempre<br />

di più”, spiega Schweigkofler, “sebbene la crisi economico-finanziaria<br />

sembra avere avuto effetti meno devastanti di quanto forse ci si<br />

potesse aspettare, ci sono purtroppo molte persone la cui unica risorsa<br />

è la cassa integrazione, che cercano lavoro dopo averlo perso<br />

e che possono sentirsi inutili”.<br />

Caritas desidera sensibilizzare i giovani sul tema della povertà con<br />

l’aiuto di youngCaritas e mostrare le diverse possibilità di intervento:<br />

con progetti di aiuto al vicinato e con la “Corsa dei miracoli” di<br />

maggio. La Consulenza Debitori, che ogni anno vede aumentare<br />

il numero di persone che si rivolgono ai suoi consulenti (nel 2009<br />

sono state più di 1.000 famiglie e persone singole), vuole rafforzare<br />

il lavoro di prevenzione ed essere più presente nelle scuole e nelle<br />

associazioni. L’autunno prossimo Caritas informerà l’opinione pub-<br />

31


Storia di copertina<br />

blica sulla tematica delle persone senza dimora che, secondo le<br />

stime, in provincia di Bolzano sono tra le 300 e le 500. A queste si<br />

devono aggiungere quelle persone che vivono in condizioni abitative<br />

precarie e su cui non esistono dati.<br />

Un segno visibile dell’Anno della lotta alla povertà e all’esclusione<br />

sociale è la spilla realizzata da Caritas Europa - un cerchio di metallo<br />

che reca sovrimpressa la scritta “Zero poverty” - che può essere<br />

richiesta gratuitamente alla Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone,<br />

via Cassa di Risparmio 1, a Bolzano.<br />

Thomas Benedikter è un sociologo<br />

ed economista bolzanino. nel<br />

2005, su incarico di Caritas ha<br />

elaborato il primo studio organico<br />

sulla povertà in Alto Adige. E' possibile<br />

scaricare questo studio - dal<br />

titolo "La povertà in Alto Adige" -<br />

all'indirizzo www.caritas.bz.it (sotto<br />

"Temi").<br />

Di seguito l'intervista che ha rilasciato<br />

ad "Aiutare".<br />

Quali sono le cause principali della povertà nelle diverse<br />

fasce d’età (anziani, giovani, adulti)?<br />

La povertà non rappresenta certamente un destino individuale<br />

ma è dovuta a cause strutturali che nella realtà altoatesina sono<br />

le seguenti: disoccupazione o mancanza di mezzi economici indispensabili<br />

per la sussistenza, stipendi e pensioni troppo bassi,<br />

formazione insufficiente, un alto costo della vita e delle abitazioni,<br />

la mancanza di proprietà o patrimoni, lo sradicamento sociale e<br />

culturale. Le persone più colpite sono le persone anziane che<br />

dispongono di una pensione insufficiente, i giovani che hanno abbandonato<br />

la scuola e che hanno avuto carriere lavorative accidentate,<br />

senza continuità, che hanno impedito loro di formarsi una<br />

professionalità, le persone afflitte da malattie croniche, le famiglie<br />

numerose e con un unico stipendio mal remunerato, i genitori soli<br />

con tanti bambini, gli stranieri che non possono contare su una<br />

protezione sociale adeguata e che sono più colpiti dalla disoccupazione,<br />

infine le persone con più “pesi” sulle spalle.<br />

Come reagiscono le persone che ne sono colpite?<br />

Le persone colpite dalla povertà si sentono appartenenti a tutti i<br />

gruppi possibili e immaginabili ma non a quello delle persone povere.<br />

La maggior parte delle persone in situazione di povertà relativa<br />

fa molta fatica a tirare avanti con il reddito di cui dispone ma non<br />

32 02/2010 Aiutare<br />

Foto Thomas Benedikter<br />

sa però di essere considerata dalle statistiche come “relativamente<br />

povera”. Poche persone, neanche quelle in situazione di povertà<br />

assoluta, si riconoscono come tali. Le differenti condizioni di vita,<br />

le grandi differenze culturali e d’età impediscono la formazione di<br />

un sentimento di appartenenza collettiva delle persone povere: al<br />

contrario esse tendono a dipingere a tinte più rosee la situazione<br />

in cui si trovano. Dato che è sempre possibile trovare persone più<br />

povere di loro, alcuni si consolano pensando che potrebbe andare<br />

peggio. La povertà fabbrica paura ma dato che questa non può<br />

essere mostrata apertamente, la si scaccia. La paura genera colpevolizzazione,<br />

rifiuto e odio nei confronti anche di quelle persone<br />

che, allo stesso modo, sono vittime di critiche situazioni di vita.<br />

Quanto conta la differenza di genere nelle cause e nelle<br />

conseguenze della povertà?<br />

Le donne mediamente percepiscono una pensione più bassa rispetto<br />

agli uomini e, per ragioni demografiche, sono più rappresentate<br />

nelle fasce d’età più anziane, perciò sono maggiormente colpite<br />

dalla povertà rispetto agli uomini. Inoltre, quando sono l’unico<br />

genitore, sono più colpite dalla povertà relativa e, in questo caso,<br />

la povertà dipende dal numero dei figli. Dato che di solito, in media,<br />

le donne guadagnano decisamente meno degli uomini, sono<br />

sottoposte anche a un rischio povertà più forte. A causa di questa


Poche persone<br />

dichiarano la loro<br />

povertà<br />

situazione svantaggiosa sul mercato del lavoro le donne ricevono<br />

anche una pensione più bassa. Le radici della povertà femminile<br />

nella nostra società sono profonde e sono più forti di altre forme<br />

con cui si manifesta la povertà, soprattutto nelle relazioni matrimoniali,<br />

familiari e con i partner.<br />

Una persona povera è riconoscibile a un primo sguardo?<br />

La povertà materiale è evidente soprattutto nella scarsità cronica<br />

di mezzi finanziari, nel sottoapprovvigionamento di beni essenziali<br />

e in una cattiva qualità dell’abitazione. Una persona non riesce<br />

più a permettersi quei beni che nella nostra società sono considerati<br />

come rappresentativi di uno standard medio di vita per un<br />

dato ambiente e territorio. Anche in altri ambiti di vita, una persona<br />

colpita dalla povertà può non riuscire più a permettersi le cose<br />

necessarie: le cure mediche le attività di tempo libero (vacanze), la<br />

formazione scolastica e professionale. Una caratteristica evidente<br />

è il sovrindebitamento che conduce anche a un notevole peso<br />

psicologico.<br />

Quant’è utile il minimo vitale?<br />

Almeno 9.000 persone in Alto Adige percepiscono il reddito minimo<br />

sociale o un contributo per l’affitto. A questi si aggiungono<br />

ulteriori trasferimenti in favore gruppi particolari che dovrebbero<br />

Foto Caritas Schweiz, Urs Siegenthaler<br />

Attivi contro la<br />

povertà<br />

Firma la petizione online!<br />

Nel sito www.zeropoverty.org, creato per<br />

promuovere la campagna di Caritas Europa<br />

contro povertà ed esclusione sociale, è possibile<br />

firmare la petizione per chiedere alla<br />

Commissione Europea di intervenire con misure<br />

adeguate per combattere efficacemente<br />

la povertà nel continente. Si tratta un’azione<br />

semplice, che non costa nulla e che con un<br />

clic rende i cittadini protagonisti della democrazia.<br />

Per l’iniziativa popolare sono necessarie<br />

1.000.000 di firme: dacci una mano a<br />

realizzare l’obiettivo di sconfiggere la povertà,<br />

firma e agisci ora. La petizione, chiedendoci<br />

una semplice firma, intende provocare nelle<br />

politiche sociali in Europa il raggiungimento<br />

dei seguenti obiettivi: eliminare la povertà<br />

infantile in Europa; garantire a tutti un livello<br />

minimo di protezione sociale; aumentare la<br />

erogazione di servizi sociali e sanitari; garantire<br />

un lavoro decoroso a tutti.<br />

Nove gesti semplici ma capaci di<br />

incidere sugli stili e le scelte di vita:<br />

spiegare a un bambino cosa significhi essere<br />

poveri, comprare equo solidale, rinunciare<br />

a un regalo per una donazione ad una<br />

organizzazione di carità, comperare nei<br />

negozi della propria città, invitare i ragazzi<br />

e i giovani a parlare in classe delle povertà,<br />

guardare nel proprio vissuto per cogliere la<br />

presenza di poveri, informare e sollecitare gli<br />

amministratori a farsi carico della presenza<br />

di poveri, comprare la rivista che ti propone<br />

un venditore di strada, moltiplicare azioni di<br />

educazione ambientale: riciclare il telefonino,<br />

risparmiare energia, educare ad un uso<br />

sobrio dell’acqua ecc.<br />

impedirne o attenuarne la povertà. Questa cifra rappresenta la<br />

“povertà combattuta” con mezzi pubblici che, per una buona parte<br />

delle persone colpite dalla povertà, rappresentano un’ancora di<br />

salvezza finanziaria. Dato che circa 20.000 persone in Alto Adige<br />

sono da classificare come molto povere e hanno in parte anche i<br />

presupposti per il percepimento del reddito minimo sociale, bisogna<br />

concludere che molti rimangono volontariamente esclusi da<br />

questa misura: non si presentano a chiedere aiuto e non possono<br />

essere assistiti oppure preferiscono cercare sostegno altrove<br />

o con altri mezzi. Il reddito minimo sociale è una parte importante<br />

dell’attenuazione della povertà ma dovrebbe essere ulteriormente<br />

sviluppato con un sistema di protezione generale. (az)<br />

33


La domanda al direttore<br />

L’Assistenza<br />

domiciliare:<br />

quanto è valida per le<br />

famiglie?<br />

L’invecchiamento della società è sempre<br />

più evidente. Sebbene anche la qualità della salute delle persone<br />

migliori, l’età avanzata rimane il maggiore fattore di rischio per la<br />

perdita di autosufficienza. Dagli 80 anni in poi aumenta infatti la<br />

probabilità di non essere più autosufficienti.<br />

La maggior parte delle persone anziane e non autosufficienti si<br />

augura di rimanere il più a lungo possibile a casa propria e, se possibile,<br />

anche morirvi. Invecchiare nell’ambiente familiare aumenta<br />

l’aspettativa di vita e ha un effetto positivo sulla salute fisica e psicologica<br />

delle persone.<br />

Attualmente, in provincia di Bolzano, sono 12.500 le persone bisognose<br />

di assistenza e di cura. La maggior parte di esse (8.900)<br />

è assistita in casa da familiari – per la maggior parte mogli, figlie<br />

e nipoti - o da servizi di assistenza a domicilio, il resto in case di<br />

riposo o strutture assistenziali di altro tipo. Le previsioni sulla struttura<br />

della famiglia indicano che l’assistenza in famiglia assumerà<br />

un’importanza sempre crescente nei prossimi 20 anni.<br />

Heiner Schweigkofler è da otto anni il<br />

direttore Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone,<br />

sezione tedesca e ladina.<br />

34 02/2010 Helfen<br />

Foto Renato Modesti<br />

Senza il lavoro gratuito dei familiari non sarebbe possibile assicurare<br />

la cura. Ma non solo dal punto di vista finanziario, anche da<br />

quello puramente sociale e umano, è indispensabile rafforzare il<br />

potenziale della cura a domicilio che tendenzialmente verrà indebolita<br />

dai prevedibili sviluppi demografici e socio-strutturali.<br />

Le famiglie impegnate nella cura hanno bisogno di aiuto e alternative.<br />

Nel 2008 la Giunta provinciale ha introdotto la legge sugli<br />

interventi per l’assistenza alle persone non autosufficienti che garantisce<br />

alle famiglie un sostegno finanziario – dipendente dai livelli<br />

del fabbisogno di assistenza – tra i 500 e i 1.800 € mensili. Questo<br />

denaro facilita l’organizzazione della cura da parte delle famiglie.<br />

Con questo contributo aggiuntivo le persone non autosufficienti o<br />

i loro familiari sono diventati clienti paganti. I familiari sono pronti a<br />

svolgere il lavoro di assistenza e cura ma richiedono una maggior<br />

partecipazione alla discussione e offerte più mirate.<br />

Per poter conservare anche nel tempo la disponibilità all’assistenza,<br />

c’è bisogno di una vasta rete di servizi di cura da parte di fornitori<br />

di servizi professionali e di interesse pubblico. C’è necessità di<br />

una assistenza ai malati altamente qualificata e di servizi di cura e<br />

di offerte “di bassa soglia” come l’accompagnamento e l’aiuto a<br />

svolgere i lavori domestici. Ha senso che quest’insieme di offerte<br />

di assistenza provengano da una stessa organizzazione cosicché<br />

l’assistenza domiciliare possa essere coordinata più efficacemente.<br />

Attualmente i cittadini devono rivolgersi a diversi referenti per<br />

poter assicurare la cura e l’assistenza a domicilio ai propri cari.<br />

Molti familiari sono impegnati 24 ore al giorno nell’assistenza ai<br />

propri cari: un’attività che segna profondamente la loro quotidianità<br />

e che li spinge ai limiti. Perciò essi hanno bisogno di ulteriori<br />

offerte di alleggerimento del carico di lavoro come l’assistenza diurna<br />

e breve che vanno ampliate.<br />

La grande sfida del futuro sarà quindi creare e mantenere un’offerta<br />

di assistenza e cura trasparente e affidabile per soddisfare i bisogni<br />

delle famiglie delle persone non autosufficienti.<br />

Dott. Heiner Schweigkofler


In evidenza<br />

Bolvia<br />

La sete di<br />

Cochabamba<br />

Il contadino Carlos Jimenez vive nel villaggio di Catarri,<br />

una comunità di 35 famiglie sull’altopiano di Cochabamba,<br />

in Bolivia. Le giornate del contadino sono scandite dai ritmi<br />

del duro lavoro in agricoltura, in un ambiente avaro in<br />

cui l’acqua è la risorsa più preziosa. La Caritas di Bolzano-<br />

Bressanone, in collaborazione con la Diocesi di Aiquile, in<br />

tre villaggi di Cochabamba sostiene un progetto di costruzione<br />

di pozzi e di potabilizzazione dell’acqua. Perché laddove<br />

c’è acqua è ancora possibile vivere e non abbandonare la<br />

Pachamama, la “Madre Terra” del popolo Quechua.<br />

L’aratro incide la terra dell’altipiano boliviano. La fatica dell’uomo,<br />

aggravata dall’estrema altitudine, è pari allo sforzo del bue che<br />

arranca nei campi sotto le urla di incitamento di Carlos Jimenez, il<br />

contadino che dirige il taglio del vomere nel terreno. Carlos si ferma<br />

un attimo per riposare e per bere un sorso di chicha, la bevanda<br />

di mais fermentato tipica delle Ande. “Speriamo che quest’anno<br />

il tempo ci aiuti”, dice Carlos passandosi la manica sulla fronte<br />

sudata, “un altro anno senz’acqua significherebbe la rovina per la<br />

mia famiglia e per tanti altri contadini della zona”.<br />

Come ogni lavoratore della terra in Bolivia, Carlos deve fare i conti<br />

con il tempo: siccità ma anche grandine e gelate possono rovinare<br />

il lavoro di un intero anno. Se le piogge sono regolari, a fine dicembre<br />

Carlos completerà l’aratura e la semina di mais, grano e patate<br />

e, se tutto andrà come sperato, agli inizi di maggio potrà vedere i<br />

frutti del suo lavoro. Pur lavorando tutto l’anno, Carlos difficilmente<br />

riesce a risparmiare qualcosa perché i suoi prodotti sono comprati<br />

a prezzi ridicoli dai commercianti.<br />

A volte, quando i raccolti sono stati scarsi, Carlos assieme a suoi<br />

compaesani è costretto a migrare per qualche tempo verso la città<br />

di Cochabamba, in cerca di lavoro. Negli ultimi anni la scarsità di<br />

piogge ha costretto moltissime famiglie dell’altipiano ad abbandonare<br />

la terra e a emigrare definitivamente in città alla ricerca di<br />

migliori opportunità di vita. La città li ha presto riportati alla quotidianità<br />

fatta di emarginazione e povertà assoluta dei contadini<br />

inurbati dell’America Latina.<br />

Uno degli obiettivi principali dei progetti di cooperazione della Caritas<br />

altoatesina è consentire ai contadini di rimanere a vivere nei<br />

loro paesi e a lavorare i campi. E ciò è possibile se c’è disponibilità<br />

Sono necessari acqua<br />

a sufficienza e un duro<br />

lavoro perchè l'arido<br />

suolo dell'altipiano<br />

boliviano dia qualche<br />

frutto .<br />

di acqua, la risorsa più preziosa sull’altipiano boliviano di Cochabamba.<br />

La Caritas di Bolzano-Bressanone, in collaborazione con<br />

la Caritas della Diocesi di Aquile e con il sostegno della Regione<br />

Autonoma Trentino-Alto Adige, ha avviato nelle tre comunità di<br />

Calamarca, Ovejeria e Catarri (72 famiglie, 396 persone), a Cochabamba,<br />

un progetto - 77.000 euro l’importo complessivo - per<br />

rispondere ai bisogni di acqua delle popolazioni.<br />

“Insieme alla gente delle comunità stiamo costruendo tre sistemi<br />

per la fornitura di acqua potabile composti da tre pozzi, tre cisterne<br />

per la raccolta e depurazione idrica, tre acquedotti e oltre 70 puntiacqua<br />

(fontanelle)”, spiega Giuseppe Pirovano, il partner della Caritas<br />

altoatesina ad Aiquile. La Caritas accompagna la realizzazione<br />

delle strutture con l’organizzazione di corsi di formazione per il<br />

personale addetto alla gestione degli acquedotti e di corsi di igiene<br />

e profilassi rivolti alle famiglie.<br />

“Per i contadini boliviani acqua pulita significa cibo, salute, lavoro<br />

e soprattutto la possibilità di non abbandonare la propria terra”,<br />

conclude Pirovano, “in una parola: assicurare la vita alle comunità<br />

contadine delle Ande”. (az)<br />

Chi volesse sostenere il progetto Bolivia, può fare una donazione indicando<br />

la causale „Bolivia “ online all’indirizzo www.caritas.bz.it oppure versandola<br />

su uno dei conti della Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone (pag. 25).<br />

Foto Renato Modesti<br />

35


In evidenza<br />

Aiuto<br />

ad<br />

Haiti:<br />

la corsa<br />

contro il tempo<br />

A quattro mesi e mezzo dal terremoto che ha colpito Haiti<br />

il 12 gennaio scorso, è ancora emergenza per decine di migliaia<br />

di persone. La scossa del 7° grado Richter ha provocato,<br />

secondo i dati ufficiali, 223.000 morti, 311.000 feriti,<br />

migliaia di persone disperse e almeno un milione e mezzo<br />

senza tetto. Haiti è ancora un enorme cumulo di macerie:<br />

250.000 abitazioni e 4.600 edifici istituzionali come scuole<br />

e ospedali sono distrutti, molte strade interrotte, decine di<br />

ponti inagibili. La gente è sfollata ovunque: 460.000 sono<br />

le persone accolte in 315 campi nell’area di Port-au-Prince,<br />

quasi 470.000 sono state dislocate in altre zone e almeno<br />

160.000 hanno oltrepassato il confine con la Repubblica<br />

Dominicana, estendendo così l’emergenza umanitaria. La<br />

stagione delle piogge e degli uragani è alle porte e anche<br />

la Caritas sta lottando contro il tempo per continuare ad<br />

assicurare la massima assistenza alle 200.000 persone (tra<br />

cui circa 40.000 famiglie) di cui si è fatta carico.<br />

Ad Haiti sono ancora enormi le tracce della devastazione provocata<br />

dal terremoto che ha distrutto la vita degli abitanti della capitale<br />

Port au Prince. Le operazioni di sgombero e di pulizia vanno molto<br />

a rilento anche perché migliaia le persone vivono ancora in mezzo<br />

alle macerie. Le necessità sono moltissime, soprattutto quelle delle<br />

persone più deboli, anziani in testa. Dappertutto regna la confusione,<br />

immondizie e cattivi odori sono i veri padroni delle strade. Il<br />

rischio di epidemie è sempre altissimo e anche la situazione riguardante<br />

la sicurezza non è delle migliori. La Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

ha partecipato immediatamente all’invio degli aiuti<br />

ed è rimasta costantemente in contatto con il team internazionale<br />

36 02/2010 Aiutare<br />

Dappertutto, ad<br />

Haiti, si vedono<br />

uomini al lavoro per<br />

liberare le strade<br />

dalle macerie e dalle<br />

immondizie.<br />

all’opera ad Haiti. La popolazione altoatesina (8.011 donazioni) ha<br />

inviato finora 1.579.021,65 euro alla Caritas che ne ha già utilizzati<br />

1.041.967 per supportare interventi di aiuto e assistenza. I restanti<br />

537mila euro e le future donazioni contribuiranno alla ricostruzione<br />

dell’ospedale S. Francesco di Sales e di una cinquantina di nuove<br />

abitazioni per famiglie numerose in cui, a causa del terremoto, sia<br />

scomparso uno dei genitori.<br />

La rete internazionale di Caritas era attiva ad Haiti già prima del<br />

terremoto e, per questa ragione, nell’emergenza ha potuto intervenire<br />

tempestivamente. Subito dopo il terremoto, numerosi operatori<br />

dell'aiuto catastrofi della Caritas, assieme ai volontari, hanno<br />

iniziato ad allestire dei centri di raccolta nelle 32 parrocchie a Port<br />

au Prince, Jacmel, Leogane e Grosse Morne, in cui vengono distribuiti<br />

beni di prima necessità. 60.000 persone radunate nei 20<br />

campi d’emergenza ricevono acqua pulita e assistenza psicologica.<br />

Complessivamente sono stati distribuiti alimenti a 500.000<br />

persone e 200.000 di esse hanno ricevuto anche articoli per la<br />

cura igienica e utensili per cucinare. A Port au Prince, Léogâne,<br />

Petit-Goâve, Jacmel e Cayes, 38 medici e infermieri curano le persone<br />

ferite mentre sette team medici sono impegnati nelle cliniche<br />

mobili.<br />

„Nelle prossime settimane distribuiremo soprattutto alloggi di<br />

emergenza, utensili, materassi, articoli igienici e reti contro le


E' sempre molto alto il<br />

rischio di malattie infettive.<br />

zanzare che sono importanti per proteggersi da malattie come<br />

la malaria o il dengue”, spiega la collaboratrice della Caritas<br />

del Vorarlberg, Ilse Simma, incaricata della logistica degli aiuti.<br />

“L’emergenza durerà a lungo e per questo cerchiamo di impedire<br />

che le famiglie vengano dimenticate”, aggiunge Simma. Dato che<br />

ad Haiti tutte le strutture statali non funzionano, gli aiuti arrivano<br />

a destinazione con lentezza. “Date le condizioni in cui operiamo<br />

l’Onu sta facendo un buon lavoro di coordinamento degli aiuti. Ci<br />

informano e ci sostengono, oltre a proteggerci con la loro presenza”,<br />

afferma Simma.<br />

Al momento, durante la stagione delle piogge, è forte il pericolo<br />

di uragani, inondazioni e frane. “Molti campi d’emergenza sono<br />

nati spontaneamente dopo l’emergenza, alcuni di essi si trovano<br />

in posti pericolosi, vicino a corsi d’acqua o su terreni instabili e<br />

devono essere spostati”, chiarisce il responsabile dell’Ufficio esteri<br />

della Caritas altoatesina, Fabio Molon. Si stanno progettando<br />

cinque nuovi campi vicino a Port au Prince. “Lì avremo bisogno di<br />

impiantare alloggi di emergenza che proteggano le persone dalle<br />

piogge e dalle zanzare, oltre a suppellettili domestiche e utensili da<br />

cucina”, afferma Molon.<br />

A Cité Soleil, uno dei quartieri più colpiti di Port au Prince, assieme<br />

ai Salesiani Caritas ha creato una scuola provvisoria per bambini<br />

traumatizzati. I salesiani si trovano già da vent’anni nel quartiere<br />

Foto Caritas Internationalis<br />

e prima del terremoto gestivano quattro scuole che ora sono<br />

completamente distrutte. Fino alla loro ricostruzione, 6.500<br />

bambini godranno grazie alla scuola provvisoria di un po’ di<br />

normalità quotidiana. “La scuola li aiuta a elaborare il vissuto.<br />

L’istruzione per la maggior parte di essi è l’unica chance di<br />

uscire dalla miseria”, sottolinea Molon.<br />

“Nei primi quattro mesi Caritas ha certamente potuto fare<br />

molto e aiutare centinaia di migliaia di persone”, evidenzia<br />

Heiner Schweigkofler, direttore della sezione tedesca e ladina<br />

della Caritas, “senza il sostegno di Caritas e di altre organizzazioni<br />

presenti ad Haiti la misera sarebbe molto più acuta. Per<br />

questo ringrazio di cuore tutti i donatori che hanno reso possibile<br />

il nostro intervento”, conclude Schweigkofler. Ma molto<br />

rimane ancora da fare. (sr)<br />

Chi volesse sostenere le persone a Haiti, può fare una donazione<br />

indicando la causale „Terremoto Haiti“ online all’indirizzo<br />

www.caritas.bz.it oppure versandola su uno dei conti della<br />

Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone (pag. 25).<br />

Foto Caritas Internationalis<br />

37


L'intervista<br />

„Ogni<br />

persona<br />

povera è una<br />

di troppo“<br />

„Evita i debiti per evitare la povertà" è l'invito della Consulenza<br />

Debitori della Caritas nell'Anno europeo della lotta alla<br />

povertà e all'esclusione sociale. I collaboratori del servizio<br />

consigliano di affrontare con decisione ogni questione relativa<br />

ai soldi e, nel caso di difficoltà finanziarie, di richiedere<br />

un aiuto specialistico. In questo modo è possibile<br />

ridurre considerevolmente il rischio-povertà. A Bolzano,<br />

Merano, Bressanone e Brunico Caritas offre consulenze<br />

competenti, gratuite e discrete sulla tematica del denaro.<br />

L’Alto Adige è una terra relativamente ricca, in cui nessuno<br />

patisce la fame. Ciononostante si continua a parlare di povertà.<br />

Cosa vuol dire essere poveri in Alto Adige?<br />

Essere poveri in Alto Adige significa avere meno denaro a disposizione<br />

rispetto alla media della popolazione. Ciò produce conseguenze<br />

in ogni ambito dell’esistenza. Da noi esistono pensionati<br />

che non si possono permettere la dentiera o le necessarie cure<br />

mediche; bambini che non possono andare in gita perché i genitori<br />

non hanno abbastanza soldi; adulti che non possono studiare a<br />

38 02/2010 Aiutare<br />

Foto Maria Lobis<br />

Petra Priller da 10 anni<br />

lavora alla Consulenza<br />

debitori della Caritas.<br />

Da otto anni è la responsabile<br />

del servizio.<br />

causa delle difficoltà finanziare della famiglia. Sicuramente in Alto<br />

Adige non si muore di povertà ma le persone relativamente povere<br />

non riescono a stare al passo con lo standard di vita della<br />

maggioranza delle persone che le circondano. Ciò ha conseguenze<br />

spesso drammatiche: disturbi psichici, paure, vergogna, problemi<br />

famigliari, povertà di relazioni, isolamento e depressione sono problematiche<br />

diffuse tra le persone povere.<br />

Esiste una correlazione tra debiti e povertà?<br />

Avere debiti non significa necessariamente essere poveri. Molte<br />

persone in Alto Adige e in tutt’Europa si indebitano. Automobili,<br />

case o appartamenti vengono perlopiù comprati a credito. Se,<br />

dopo il pagamento delle rate, c’è abbastanza denaro per mantenersi,<br />

avere debiti non è di per sé problematico. Ma nel momento in<br />

cui il denaro non dovesse bastare, allora comincia il sovrindebitamento;<br />

il crollo delle finanze personali spesso causa povertà sociale<br />

e culturale, sanitaria e formativa.<br />

Si può evitare il sovrindebitamento?<br />

Ci sono determinati segnali d’allarme cui si deve prestare attenzione<br />

per evitare il sovrindebitamento. Chi ha il conto corrente costantemente<br />

in rosso, chi non riesce più a dormire la notte perché<br />

il pensiero del denaro non lo abbandona mai, chi non reagisce più<br />

alle ingiunzioni di pagamento perché non può farvi fronte, dovrebbe<br />

ricorrere prima possibile all’aiuto specialistico della Consulenza<br />

Debitori. Quanto prima le persone colpite reagiscono, tanto migliori<br />

sono le possibilità di evitare il sovrindebitamento e il rischio-povertà.<br />

Chi è più a rischio indebitamento e sovrindebitamento?<br />

Il sovrindebitamento può colpire chiunque e noi nella Consulenza<br />

debitori ne facciamo esperienza tutti i giorni. Però anche da noi si<br />

possono osservare alcune tendenze. In particolare sono in pericolo:<br />

chi percepisce solo la pensione sociale, le donne e gli uomini<br />

soli con figli, le famiglie con tanti bambini e le persone immigrate<br />

che svolgono lavori malpagati e non usufruiscono di determinate<br />

prestazioni sociali. In alcune famiglie i soldi scarseggiano e, in<br />

questi casi, un conto del dentista, una nuova lavatrice o l’acquisto<br />

di medicine senza ticket possono condurre velocemente a un sovrindebitamento.<br />

Come vengono aiutate le persone sovrindebitate?<br />

Le persone che si trovano in situazioni finanziarie problematiche<br />

hanno bisogno di una rete che li sostenga e li aiuti a gestire le difficoltà.<br />

Oltre alla consulenza professionale, alle informazioni relative<br />

a chi le persone indebitate si possono rivolgere e a quali prestazioni<br />

sociali hanno diritto, anche alcuni piccoli aiuti finanziari possono<br />

essere misure efficaci di sostegno. Misure di regolazione del debito<br />

possono essere la redazione di un bilancio famigliare oppure<br />

l’adattamento delle rate alla situazione finanziaria della persona<br />

interessata, cosicché questa, alla fine, dopo aver pagato la rata,<br />

abbia ancora denaro a sufficienza per mantenersi. Inoltre gli accordi<br />

stragiudiziali con icreditori possono essere utili per evitare il<br />

pignoramento. Infine è necessario anche un cambio di mentalità.<br />

Per esempio: a scuola si deve comprendere che non tutte le famiglie<br />

possono affrontare i costi di gite ed escursioni costose. Ogni<br />

persona deve poter uscire dalla situazione di povertà, noi abbiamo<br />

il dovere di verificare il bisogno e di agire per eliminarlo. (sr)


Foto Hannelore Schwabl<br />

Bolivia, Brasile, Eritrea, Kenya, Macedonia.<br />

Caritas offre una chance ai bambini di questi Paesi grazie<br />

a istruzione, alimentazione e cure mediche.<br />

Il sostegno<br />

all'Infanzia<br />

porta<br />

bene!<br />

Sostieni anche tu l'Infanzia!<br />

www.caritas.bz.it


Focus<br />

L' Alcol<br />

L’ alcol è una droga e la<br />

dipendenza dall’alcol una<br />

malattia da curare<br />

Che l’alcol sia una sostanza che induce dipendenza e che<br />

la dipendenza dall’alcol sia una malattia è un dato scontato nel mondo scientifico<br />

ma sicuramente non è così riconosciuto nel pensare comune. Il consumo di alcol<br />

è legale, nonostante l’elevato grado di tossicità e ciò sicuramente contribuisce a<br />

modificare la percezione della sua pericolosità. Difficile infatti scindere l’immagine<br />

di uno stile di vita di successo – per lo più inculcato dai modelli proposti dalla pubblicità<br />

– dal consumo di bevande alcoliche. L’OMS (Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità) già nel 1978 ha definito l’alcoldipendenza una malattia. La rivista medica<br />

Lancet - tra le più prestigiose al mondo - posiziona l’alcol al quinto posto tra le<br />

droghe in termini di danno, rischio e capacità di produrre dipendenza.<br />

40 02/2010 Aiutare<br />

Ma cos’è la dipendenza dall’alcol? Si<br />

tratta di una patologia caratterizzata da una<br />

tendenza a bere alcol in maniera compulsiva,<br />

dalla perdita di controllo che segue<br />

l’assunzione e dall’impossibilità di interromperne<br />

il consumo anche quando la persona<br />

lo desideri. L'’utilizzo prolungato di alcol nel<br />

tempo può aumentare il rischio di sviluppare<br />

varie malattie più o meno gravi. L’OMS<br />

stima che nel mondo ci siano 2 miliardi di<br />

persone che consumano bevande alcoliche<br />

e 76, 3 milioni evidenziano disturbi legati<br />

all’uso di alcol. Nel 2002 l’alcol è stata la<br />

principale causa della morte di 1,8 milioni di<br />

persone (3,2% del totale).<br />

Il consumo di alcol in Europa e in Italia<br />

I dati dell’OMS indicano che l’Europa è la<br />

regione al mondo dove si beve più alcol (11<br />

litri di alcol puro per ogni adulto all’anno)<br />

e dove il consumo d’alcol per abitante è<br />

il doppio rispetto alla media mondiale. La<br />

maggior parte dei cittadini europei consuma<br />

alcol, ma ci sono anche 55 milioni di adulti<br />

astemi (15%). Considerando il consumo non<br />

registrato, il consumo di ogni individuo che<br />

beve raggiunge i 15 litri all’anno. Poco meno<br />

della metà di questi 15 litri viene consumata<br />

in birra (44 %) e il resto è suddiviso tra il<br />

vino (34 %) e superalcolici (23 %). Nel 2003<br />

il consumo pro-capite di alcol puro annuale<br />

degli italiani era di 10,25 litri, inferiore a<br />

quello di Paesi confinanti come la Francia<br />

(12,25 l), l’Austria (12,57 l) e la Slovenia<br />

(11,66 l) (fonte: database OMS).<br />

Considerando la dipendenza più che i<br />

livelli di consumo, possiamo stimare che 23<br />

milioni di Europei (il 5% degli uomini e l’1%<br />

delle donne) sono alcoldipendenti. Sempre<br />

secondo l’OMS, le conseguenze mediche<br />

e psicosociali della dipendenza da alcol<br />

sono da annoverarsi tra i maggiori fattori di<br />

stress per la salute: si perdono anni di vita,<br />

spesso le persone colpite perdono il loro<br />

posto di lavoro, molte relazioni naufragano e<br />

l’alcoldipendenza causa uno stress notevole<br />

per partner e figli. L’abuso di alcol comporta<br />

costi altissimi a livello individuale e collettivo.<br />

I costi tangibili riferiti al consumo di alcol<br />

sono stati stimati in 125 miliardi di euro nel<br />

2003, e di questi circa 59 miliardi di euro<br />

riguardano la perdita di produttività derivante<br />

da assenteismo, disoccupazione e anni<br />

di lavoro persi a causa di morte prematura.<br />

Considerando la dipendenza più che i livelli<br />

di consumo, possiamo stimare che 23<br />

milioni di Europei (il 5% degli uomini e l’1%<br />

delle donne) sono alcoldipendenti.


La situazione in Italia<br />

Nel 2007 in Italia sono stati rilevati presso<br />

i servizi socio-sanitari o gruppi di lavoro<br />

58.378 soggetti alcoldipendenti. La<br />

graduatoria regionale vede le regioni del<br />

Nord ai primi posti. In particolare Veneto e<br />

Lombardia sono le regioni con il numero<br />

assoluto più elevato di utenti (rispettivamente,<br />

10.578 e 9.072), mentre il valore<br />

più basso si registra in Valle d’Aosta, con<br />

281 utenti. Ogni anno in Italia circa 40.000<br />

individui muoiono a causa dell’alcol per<br />

cirrosi epatica, tumori, infarto emorragico,<br />

suicidi, aborti, omicidi, incidenti in ambiente<br />

lavorativo, domestico e incidenti stradali.<br />

Entro i prossimi anni le stime congiunte<br />

elaborate per l’Italia da Jurgen Rehm, del<br />

Centre for Addiction and Mental Health<br />

della Toronto University, in collaborazione<br />

con l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’ISS,<br />

l'alcol alla guida rappresenterà dopo il cancro<br />

la principale causa evitabile di disabilità,<br />

morbilità e mortalità prematura in Italia.<br />

I numeri dell’alcoldipendenza e del<br />

consumo di alcol in provincia di<br />

Bolzano. Non è facile determinare il numero<br />

complessivo delle persone alcoldipendenti<br />

su un determinato territorio: dipende<br />

dalla quantità delle persone che si rivolgono<br />

ai servizi socio-sanitari. In provincia di<br />

Bolzano, l’Astat dispone dei dati relativi ai<br />

pazienti entrati in contatto con il Servizio<br />

Medico Sociale dei comprensori sanitari e<br />

di quelli presenti in comunità terapeutiche.<br />

Nel 2008 – anno cui si riferisce lo studio<br />

più recente - le persone rilevate come alcol<br />

dipendenti erano 1.974 (4 per mille).<br />

Per ciò che riguarda invece il consumo di<br />

alcol – slegato dalla dipendenza dall’alcol -<br />

secondo i dati raccolti dall’Istat la Provincia<br />

di Bolzano si situa in cima alle statistiche<br />

relative alle Regioni e Province autonome<br />

per consumo complessivo nell’anno. Il<br />

dato registrato dall’Istat si riferisce alle persone<br />

di 11 anni e più che hanno consumato<br />

almeno una bevanda alcolica nell’anno e<br />

corrisponde a 76 su 100 mentre va meglio<br />

se ci si riferisce al consumo quotidiano<br />

(20,5 sono le persone che bevono tutti<br />

i giorni e, in questo caso, la Provincia di<br />

Bolzano è in fondo alla classifica).<br />

Secondo il più recente “Studio sulle<br />

abitudini di vita e l’orizzonte di valori degli<br />

adulti dell’Alto Adige” dell’Astat (2006), il<br />

20% degli altoatesini adulti dichiara di non<br />

bere alcol e il 2,2% non ha mai consumato<br />

alcol in vita sua. La percentuale di donne<br />

astemie è il doppio degli uomini. Il 20,4%<br />

degli uomini e il 6% delle donne bevono<br />

alcol quotidianamente. Complessivamente<br />

l’alcol viene consumato più dagli uomini<br />

che dalle donne ma questa differenza<br />

tende però a ridursi forse per una diversa<br />

posizione sociale generalmente acquisita<br />

dalle donne. Il vino anche in Alto Adige<br />

– come su base nazionale - è la bevanda<br />

alcolica maggiormente consumata, seguito<br />

da birra, superalcolici, cocktail, liquori e<br />

alcolpops (Astat, 2006).<br />

Le “leggende urbane” sull’alcol<br />

1) L’alcol aiuta la digestione: al contrario, la<br />

rallenta.<br />

2) Il vino fa buon sangue: il consumo di alcol<br />

può scatenare varie forme di anemia e<br />

un aumento dei grassi presenti nel sangue.<br />

3) Le bevande alcoliche sono dissetanti:<br />

no, disidratano perché l’alcol richiede più<br />

acqua per essere assorbito e fa urinare di<br />

più, aumentando la sete.<br />

4) L'alcol dà calore: in realtà la dilatazione<br />

dei vasi sanguigni produce soltanto una<br />

momentanea sensazione di calore in superficie<br />

che, dopo poco tempo, comporta<br />

un ulteriore raffreddamento del corpo.<br />

5) L’alcol aiuta a riprendersi da uno shock:<br />

al contrario, determina un minore afflusso<br />

di sangue agli organi interni, soprattutto al<br />

cervello.<br />

6) L’alcol dà forza: l’alcol è un sedativo<br />

e produce soltanto una diminuzione del<br />

senso di affaticamento e della percezione<br />

del dolore.<br />

7) L’alcol rende sicuri: disinibisce e aumenta<br />

il senso di socializzazione anche<br />

nei più timidi. Quello che l’alcol produce è<br />

una “sicurezza” non vigile, potenzialmente<br />

dannosa per sè e per gli altri.<br />

8) La birra “fa latte”: la donna ha bisogno<br />

soltanto di liquidi come acqua, succhi di<br />

frutta e cibi nutrienti. L’alcol che la donna<br />

beve passa nel latte materno e viene<br />

assunto dal bambino.<br />

9) L’alcol non protegge da alcune patologie:<br />

minime quantità di alcol (meno di un<br />

bicchiere al giorno) possono contribuire<br />

a ridurre il rischio di mortalità per infarto<br />

ma aumentano il rischio di cirrosi epatica,<br />

alcuni tumori, patologie cerebrovascolari,<br />

incidenti sul lavoro, stradali e domestici.<br />

10) Gli effetti dell’alcol non sono combattuti<br />

con il caffè o una doccia fredda:<br />

il corpo smaltisce l’alcol a piccole fasi e<br />

secondo tempi e modalità non influenzate<br />

dalla caffeina. (az)<br />

Iran 0,00 l<br />

Italia 9,14 l<br />

Germania 12,89 l<br />

Vietnam 1,35 l<br />

Svizzera 11,53 l<br />

Lussemburgo 7,54 l<br />

Consumo di alcol pro capite annuo (litri<br />

di alcol puro)<br />

Francia 13,54 l<br />

Cina 4,45 l<br />

Fonte: vademecum “Alcol: sei sicura?”, realizzato<br />

dall’Istituto Superiore di Sanità, Osservatorio Nazionale<br />

Alcol - Centro Collaboratore dell’Organizzazione<br />

Mondiale della Sanità per la Ricerca e la Promozione<br />

della Salute su Alcol e Problemi Alcolcorrelati,<br />

Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e<br />

Promozione della Salute, Società Italiana di Alcologia,<br />

Centro Alcologico Regionale della Toscana - Regione<br />

Toscana, Associazione Italiana dei Club degli<br />

Alcolisti in Trattamento, Eurocare Italia, FAO (Food and<br />

Agriculture Organization of the United Nations), World<br />

Drink Trends 2003 in WHO Global Status Report on<br />

Alcohol 2004<br />

Austria 12,58 l<br />

41<br />

USA 8,51 l


Lo sguardo<br />

Finalmente un<br />

posto sicuro<br />

per chi scappa dalla follia della<br />

guerra<br />

Il 20 giugno prossimo si terrà la “Giornata mondiale del<br />

rifugiato”, ricorrenza indetta nel 2000 dall’Assemblea Generale<br />

delle Nazioni Unite per celebrare il 50° anniversario<br />

della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati. Si tratta<br />

di un’occasione importante per richiamare l’attenzione<br />

dell’opinione pubblica sui milioni di rifugiati e di sfollati che,<br />

in tutto il mondo, sono costretti ad abbandonare le proprie<br />

case per avere salva la vita.<br />

A Bolzano, in via Marconi, la Caritas altoatesina gestisce da quasi<br />

20 anni un servizio di Consulenza profughi che aiuta le persone in<br />

fuga dai loro Paesi. Quattro collaboratori della Caritas affiancano<br />

i profughi nella richiesta di asilo politico e cercano assieme a<br />

loro soluzioni per soddisfarne i bisogni primari come l’alloggio, il<br />

vitto, il vestiario e l’assistenza medica. In un secondo momento,<br />

la Consulenza aiuta i rifugiati affinché la loro integrazione nella<br />

società altoatesina possa realizzarsi e affinché essi abbiano la<br />

possibilità di vivere senza il timore di subire persecuzioni e violenze.<br />

La signora Soraya Samar* e suo marito Hamed* ci stanno<br />

provando. Assieme alle loro due figlie, tre anni fa sono scappati<br />

dalla Kabul martoriata dalla guerra e sono arrivati in Alto Adige<br />

dove, con il sostegno della Consulenza profughi della Caritas,<br />

sono riusciti ad ottenere un permesso di tre anni per protezione<br />

sussidiaria: si tratta di un permesso che viene concesso quando<br />

non esistono persecuzioni concrete ma è reale il pericolo di un<br />

grave danno qualora la persona coperta da questo tipo di tutela<br />

dovesse fare ritorno nel suo Paese.<br />

“Da quando, nel 2001, iniziò la guerra della Nato contro i talebani,<br />

nella nostra città le condizioni di sicurezza per la gente comune<br />

sono peggiorate”, spiega Soraya in un italiano quasi perfetto che<br />

ha imparato in soli sette mesi grazie ai corsi di lingua frequentati<br />

durante il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiati<br />

per lei e la sua famiglia. Mentre racconta la sua storia, Soraya accarezza<br />

l’ultimogenito, Mohamad*, che sta disegnando: ha venti mesi,<br />

ed è nato a Bolzano anche se è afghano di cittadinanza. Il bambino<br />

sorride in continuazione ed è difficile immaginarlo così sereno tra<br />

le bombe che quotidianamente esplodono nelle città e nei paesi<br />

dell’Afghanistan. “Il sorriso era sparito dai volti delle nostre altre due<br />

42 02/2010 Aiutare<br />

figlie. Era giunto il momento di scappare”, afferma Soraya, “c’erano<br />

attentati in continuazione e loro non potevano più andare a scuola.<br />

Avevamo il terrore che non tornassero più”. Nel suo Paese Soraya<br />

lavorava come sarta mentre Hamed, il marito, era carrozziere.<br />

La famiglia Samar vendette la carrozzeria e la casa in cui avevano<br />

abitato dal giorno del loro matrimonio: i ricordi dei momenti felici<br />

sacrificati per poche migliaia di dollari nella tenue speranza di un<br />

futuro senza violenza. Inizialmente la famiglia raggiunse il Pakistan<br />

in auto e da lì si spostò in Iran, a Teheran, dove provò a vivere per<br />

qualche mese. “Condividevamo alcune stanze con un’altra famiglia<br />

afghana”, ricorda Soraya, “io lavoravo come sarta in casa e mio<br />

marito aveva ripreso il suo lavoro di carrozziere ma eravamo immigrati<br />

irregolari e temevamo di essere espulsi se la polizia ci avesse<br />

scoperto”.<br />

ll passo successivo, con sempre minore sicurezza, era spostarsi<br />

più a ovest, in Turchia, a Istanbul, dove arrivarono dopo un viaggio<br />

estenuante in camion di alcuni giorni. “Lì però non sapevamo la<br />

lingua e la casa in cui abitavamo era carissima, costava 800 dollari<br />

al mese”, sottolinea la donna, “i soldi stavano finendo e il lavoro di<br />

mio marito, in nero, non bastava. Così un nostro connazionale ci<br />

consigliò di provare ad imbarcarci per l’Italia”. Per entrare in Italia<br />

Soraya, suo marito e le sue due figlie hanno dovuto viaggiare<br />

per 40 ore nascosti in un container su una nave, sfamandosi con<br />

pochi biscotti e un po’ d’acqua, uscendo solo la notte e facendo<br />

attenzione a non essere sorpresi: questo “viaggio della speranza”<br />

ovviamente è avvenuto dietro pagamento di cifre altissime. ”Per<br />

partire ci servivano 12.000 dollari che noi non avevamo. Mio marito,<br />

disperato, ha chiamato suo fratello a Kabul, implorandolo di<br />

darci una mano. Poco dopo suo fratello ha venduto la panetteria


Soraya è fuggita con la sua famiglia<br />

dalla violenza e dal terrore che regnavano<br />

in Afghanistan. In Alto Adige la<br />

famiglia cerca un nuovo inizio.<br />

di famiglia e ci ha mandato i soldi che ci servivano. Così dobbiamo<br />

al loro sacrificio se abbiamo potuto arrivare in Italia”, racconta<br />

Soraya.<br />

A Bolzano i primi quattro giorni sono stati durissimi: i due coniugi<br />

e le bambine dormivano nel cortile del palazzo della Provincia,<br />

davanti alla stazione dei treni. “Ogni tanto qualche persona senza<br />

dimora veniva a portarci panini, coperte e tè caldo”, continua, “ci<br />

siamo rincuorati perché abbiamo pensato che avremmo trovato un<br />

aiuto”. Il processo di riconoscimento dello status di rifugiato è stato<br />

rapido. Nel giro di pochi mesi la Commissione territoriale di Gorizia<br />

– responsabile per l’esame delle richieste presentate in Questura a<br />

Bolzano – ha accolto la domanda di asilo della famiglia Samar. Ora<br />

le due bambine possono frequentare la scuola e amano l’Alto Adige.<br />

“Questa è casa nostra adesso”, dicono mentre Soraya stringe<br />

forte le loro mani.<br />

Nel 2009 la crisi economica non ha colpito duramente solo la popolazione<br />

locale ma ancora di più i rifugiati. Il numero dei clienti<br />

della Consulenza profughi che durante l’anno avevano un rapporto<br />

di lavoro si è dimezzato rispetto all’anno precedente. Soraya e suo<br />

marito Hamed svolgono lavori precari ma, ciononostante, queste<br />

occupazioni li aiutano a superare i momenti più difficili. “La vita è<br />

dura ma cerchiamo di tirare avanti per costruirci un’autonomia”,<br />

spiega Soraya, “il pomeriggio io lavoro qualche ora come domestica<br />

mentre mio marito lavora come tuttofare stagionale in un albergo<br />

a Dobbiaco. Per questo lo vediamo poco, solo il mercoledì quando<br />

scende a Bolzano per vederci”. La famiglia Samar rappresenta solo<br />

uno dei tanti casi di afghani che negli ultimi due anni si sono rivolti al<br />

servizio della Caritas per ottenere un aiuto. “Per il prossimo anno ci<br />

aspettiamo che i rifugiati del Kosovo diminuiscano e che continuino<br />

Foto Georg Hofer<br />

ad arrivare soprattutto persone dell’Afghanistan e dell’Iraq, ovvero<br />

i due scenari di guerra dove le persone vivono gravi pericoli senza<br />

prospettive di miglioramento”, afferma Leonhard Voltmer, responsabile<br />

del servizio. Nel 2009 sono state 438 le persone (325 gli<br />

uomini e 113 le donne) che si sono rivolte al servizio di Consulenza.<br />

Si tratta di un dato simile a quello del 2008. Il numero delle famiglie<br />

è di 58 e 218 le persone singole. La maggior parte delle persone<br />

che hanno richiesto una consulenza provenivano dall’Iraq (94), dal<br />

Kosovo (91), dall’Afghanistan (66) e dalla Turchia (47).<br />

Per la „Giornata Mondiale del Rifugiato“ la Caritas invita tutti gli altoatesini<br />

a mostrare sensibilità e solidarietà, senza cui non è possibile<br />

una vera integrazione. “L’integrazione è un processo reciproco e<br />

molteplice a cui tutti i membri di una società devono prendere parte”,<br />

ribadisce Leonhard Voltmer. L’integrazione è la premessa per<br />

la tenuta della società, affinché le persone convivano rispettandosi<br />

pur provenendo da luoghi diversi. “I rifugiati in Alto Adige non cercano<br />

solo la pace e la sicurezza che non hanno avuto la fortuna di<br />

vivere nei loro Paesi, ma vorrebbero costruirsi un ruolo nella nostra<br />

società e dare un contributo al benessere della loro nuova terra”,<br />

conclude Voltmer. (az)<br />

Ulteriori informazioni sulla situazione dei rifugiati in Alto Adige possono<br />

essere richieste ai collaboratori della Consulenza profughi di via Marconi 7<br />

a Bolzano, tel. 0471 972 335, fb@caritas.bz.it.<br />

Causale donazioni: Assistenza profughi e integrazione<br />

*Tutti i nomi sono stati cambiati dalla redazione.<br />

Foto Georg Hofer<br />

Per molti rifugiati affrontare<br />

un futuro incerto è comunque<br />

meglio che rischiare la<br />

vita nel proprio Paese.<br />

43


Youth<br />

Cross boarder<br />

Giovani senza<br />

confini A inizio settembre youngCaritas<br />

offrirà a cinque giovani la possibilità di<br />

partecipare al camp interculturale „Youth<br />

Cross border“ a Caorle. L’evento-incontro<br />

durerà 10 giorni e vedrà ragazzi e ragazze<br />

di Repubblica Ceca, Spagna, Romania<br />

e Austria ritrovarsi assieme per discutere<br />

di “Povertà e l’esclusione sociale in un<br />

contesto interculturale”. I partecipanti<br />

affronteranno questa tematica nel corso<br />

di seminari e discussioni e porteranno<br />

la loro esperienza per mezzo di attività<br />

creative, confrontandola con quella di altre<br />

realtà europee. Uno spazio esterno della<br />

struttura per ferie a Caorle verrà decorato<br />

da tutti i partecipanti: il percorso dalla<br />

casa alla spiaggia ricorderà a lungo di<br />

questo incontro interculturale e avvicinerà<br />

l’interculturalità a tutti i bambini e i giovani<br />

che trascorrono le ferie a Caorle. Al centro<br />

del progetto saranno posti la reciproca conoscenza,<br />

lo scambio diretto, la convivenza<br />

e la giustizia sociale: perchè l’Europa<br />

è qualcosa di più della semplice crescita<br />

economica. (js)<br />

Chi volesse ricevere maggiori informazioni su<br />

“Youth cross border“ a Caorle può contattare<br />

le collaboratrici di youngCaritas all’indirizzo<br />

mail: info@youngcaritas.bz.it o al tel. 0471 304<br />

334. Le iscrizioni sono possibili fino alla fine di<br />

giugno. (nr)<br />

44 02/2010 Aiutare<br />

Quando? Ora!<br />

Foto youngCaritas Tirol<br />

Con il caldo arrivano<br />

anche le nuove t-shirt di youngCaritas<br />

che ci accompagneranno con colori<br />

e slogan inediti per invitarci alla riflessione<br />

senza perdere di vista il look. E’ possibile<br />

dare un’occhiata e acquistare i nuovi<br />

modelli sia online (www.youngcaritas.bz.it),<br />

che nell’ufficio del servizio.<br />

D’ora in avanti non sarà più possibile girare<br />

la testa da un’altra parte di fronte alle<br />

ingiustizie una volta indossata la t-shirt con<br />

lo slogan Keine Ausreden mehr. E questo<br />

è un proposito che non vale solo ora ma<br />

tutta la vita, Lebenslang. Altre scritte ad<br />

effetto sono Wann? Jetzt! (Quando? Ora!<br />

Ndr.) oppure lo spagnolo La tentación che<br />

ci invita a provare la vera trasgressione:<br />

impegnarsi per fare la cosa giusta, cioè<br />

aiutare il più debole. Perché, come afferma<br />

un proverbio, rimaneggiato: amo ergo sum,<br />

amo perciò sono.<br />

Nella nostra società c’è bisogno di vera<br />

umanità: humanity is wanted. I cambiamenti<br />

però si verificano se ognuno di noi si<br />

adopera senza sosta. I lavori in corso non<br />

sono solo sulla t-shirt ma dentro ognuno di<br />

noi. E vale la pena lavorare con dedizione<br />

perché Il nostro domani comincia oggi. Bisogna<br />

avere un sogno, lo stesso che aveva<br />

un profeta di pace come Martin Luther<br />

King quando disse I have a dream – one<br />

world! E se per farlo è necessario giocarsi<br />

anche l’ultima camicia - mein letztes Hemd<br />

-, perché no? Mostrare la nuda verità può<br />

significare rendersi conto e vedere una<br />

realtà triste: quella che ogni giorno lascia<br />

milioni di persone senza cibo a sufficienza:<br />

Io mangio, tu mangi, lui no... perché non<br />

comunicarlo? Posso però sempre decidere<br />

di sottrarmi a un sistema iniquo perché io<br />

sono qualcosa di diverso e tu (Anders - du<br />

auch?)? Così come la giovane età non<br />

vuole dire frivolezza e superficialità e,<br />

ancor meno, stupidità (I’m young – not stupid).<br />

E cosa succederebbe se dovessimo<br />

rispondere a una domanda a bruciapelo<br />

come: Armut – Was dagegen? (Povertà -<br />

qualcosa in contrario?).<br />

Le t-shirt di youngCaritas sono disponibili<br />

nei colori bianco, blu, rosso, nero e arancione,<br />

nei modelli per uomo e per donna.<br />

Ogni maglietta è prodotta dal commercio<br />

equo e solidale e costa 8 euro. Oltre alle tshirt<br />

youngCaritas, ha realizzato anche altri<br />

gadget: bandane multifunzione in 5 diversi<br />

colori, pratiche borsette dai diversi colori<br />

(giallo, beige o nero) con le scritte Keine<br />

Ausreden mehr oppure Wanted humanity<br />

oppure portachiavi o moschettoni utilizzabili<br />

come portabottiglie. (js)<br />

Ulteriori informazioni sono disponibili scrivendo<br />

a: info@youngCaritas.it o chiamando al numero<br />

tel. 0471 304 333.<br />

Foto Marika Fillippin


La mattina del 27 febbraio scorso,<br />

una tremenda scossa di terremoto ha<br />

colpito le regioni centrali del Cile. Poche<br />

ore dopo, molte località della costa<br />

sono state devastate da uno tsunami<br />

provocato dal sisma. Le due sciagure<br />

hanno causato oltre 700 vittime, distrutto<br />

almeno 500.000 case, spazzato via<br />

ospedali, scuole, strade e ponti, interi<br />

porti. Tra mille difficoltà è scattato subito<br />

il piano di aiuti condotto da Caritas<br />

Cile in collaborazione con le Caritas<br />

dei Paesi confinanti e di alcuni Paesi<br />

europei: creazione di centri di accoglienza,<br />

fornitura di tende, abbigliamento<br />

e prodotti igienico-sanitari, sostegno<br />

alimentare. Il piano di emergenza avrà<br />

una durata di nove mesi e riguarderà,<br />

oltre all’assistenza alimentare e sociale<br />

per 108.416 famiglie (542.000 persone),<br />

anche la costruzione di abitazioni,<br />

scuole e ambulatori di emergenza. La<br />

seconda fase dell’intervento a favore<br />

delle popolazioni cilene riguarderà<br />

soprattutto la riedificazione delle abitazioni<br />

e la ripresa delle attività economiche<br />

principalmente legate alla pesca.<br />

La Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

sta contribuendo alle iniziative di aiuto in<br />

atto nella regione del Maule in cui molti<br />

Raccolti 18.000<br />

cellulari guasti e usati<br />

Il risultato, dopo tre settimane della<br />

campagna di raccolta dei cellulari usati<br />

e guasti della Caritas, sono più che soddisfacenti:<br />

all’incirca 18.000 telefoni sono<br />

stati donati dalla popolazione altoatesina.<br />

La raccolta si è conclusa a fine marzo nei<br />

punti vendita Despar, Euro e Interspar.<br />

Attualmente la Caritas sta preparando<br />

il trasporto dei cellulari al Centro per<br />

il recupero dei cellulari usati e guasti<br />

della Caritas di Vienna, dove verranno<br />

conteggiati. I collaboratori del Centro<br />

faranno una cernita secondo le marche<br />

ed i modelli dei cellulari e ne testeranno<br />

il funzionamento. I cellulari difettosi<br />

verranno riparati. Quanto non potrà più<br />

essere riciclato verrà smaltito ecologicamente.<br />

Nel Centro per il recupero sono<br />

occupate perlopiù persone socialmente<br />

svantaggiate che faticano ad integrarsi<br />

nel mercato del lavoro.<br />

Foto Caritas Internationalis<br />

Vetrina<br />

Il ricavato della raccolta cellulari – 3<br />

euro per ogni esemplare – verrà utilizzato<br />

per sostenere persone in stato di bisogno<br />

assistite dai servizi Caritas. “Donando<br />

il proprio cellulare si aiuta non solo<br />

l’ambiente ma anche chi ha bisogno di<br />

una mano”, spiega Heiner Schweigkofler,<br />

direttore della Caritas.<br />

Un ringraziamento particolare è rivolto ai<br />

collaboratori dei punti vendita Despar che<br />

hanno assicurato un contributo insostituibile<br />

e, nelle scorse tre settimane, si sono<br />

preoccupati che nei contenitori di cartone<br />

ci fosse sempre spazio a sufficienza.<br />

L’iniziativa della Caritas è stata possibile<br />

grazie al sostegno della ditta Aspiag,<br />

dell’Agenzia provinciale per l’Ambiente,<br />

del quotidiano Alto Adige, dell’Athesia,<br />

del Team del Südtirol Journal e della ditta<br />

GKN Driveline, che hanno sostenuto la<br />

raccolta con grande impegno. .........(sr)<br />

Terremoto<br />

in Cile.<br />

villaggi che si affacciano sull’Oceano<br />

Pacifico sono stati distrutti dalle onde<br />

dello tsunami provocato dal terremoto.<br />

Gli aiuti prevedono assistenza alimentare<br />

e sanitaria e la costruzione di 3.000 casette<br />

provvisorie di legno per altrettante<br />

famiglie che permetteranno loro di<br />

affrontare dignitosamente l’inverno alle<br />

porte. Ogni casetta costa 2.600 euro ed<br />

è composta da due camere da letto e un<br />

locale a uso cucina. La Caritas altoatesina,<br />

grazie alle donazioni ricevute, ha<br />

inviato fino ad oggi 60.000 euro.<br />

(fm)<br />

45


Vetrina<br />

Art<br />

Counseling l’arte<br />

Foto Giovanni Di Mambro<br />

Non c’è immagine vista in televisione o articolo<br />

pubblicato sui giornali che in questi<br />

mesi sia riuscito a rendere l’atmosfera<br />

disperata che ancora oggi, ad un anno<br />

dal terremoto del 6 aprile 2009, si respira<br />

all’Aquila: l’emergenza infatti non è più solo<br />

46 02/2010 Aiutare<br />

Foto Nicola Gambetti<br />

che avvicina le persone<br />

L’arte è energia: ne sono convinti anche le<br />

persone accompagnate dai diversi servizi<br />

della Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone<br />

che assieme ai volontari e ai collaboratori<br />

della Caritas stanno partecipando al progetto<br />

Art Counseling. Sotto la guida dell’Art<br />

Counselor e musicista Giovanni Di Mambro,<br />

dall’inizio dell’anno, nei locali del Caffè<br />

Iris - a Casa San Michele - ogni giovedì si<br />

tengono incontri i cui ingredienti principali<br />

sono musica, arti figurative e partecipazione.<br />

“La particolarità dell’Art Counseling<br />

è che i partecipanti prendono consapevolezza<br />

ed esprimono i propri sentimenti<br />

attraverso musica e pittura, al di fuori di un<br />

contesto strettamente terapeutico”, spiega<br />

Pierpaolo Patrizi, psicoterapeuta e responsabile<br />

dell’Iris che ha avviato il progetto per<br />

il secondo anno consecutivo. L’Art Counseling<br />

prevede l’utilizzo di differenti pratiche<br />

artistiche ed espressive per dare forma agli<br />

stati d’animo più profondi. Sette sono i servizi<br />

Caritas che, con alcuni dei rispettivi clienti,<br />

quest’anno hanno partecipato all’Art<br />

Counseling: Iris, Casa Emmaus, Progetto<br />

Odòs, Casa dell’Ospitalità, Casa Margaret,<br />

Binario 7 e la Consulenza profughi.<br />

“Alcune delle persone che partecipano<br />

al progetto sono persone senza dimora,<br />

sieropositive o dipendenti da sostanze,<br />

altre ancora sono rifugiati politici. Nonostante<br />

le provenienze e le condizioni di<br />

vita molto differenti, durante gli incontri si<br />

sviluppa sempre un senso molto forte di<br />

comunità”, afferma Patrizi. Ciò è possibile<br />

grazie all’impiego di mezzi artistici, la condivisione,<br />

lo scambio e l’intesa livellano gli<br />

ostacoli sociali o culturali.<br />

L’Art Counseling si tiene all’interno del<br />

Caffè Iris, un punto d’incontro che riunisce<br />

la comodità e la qualità dei migliori caffè<br />

della città ai contenuti sociali. Il Caffè Iris è<br />

a disposizione di tutte le persone interessate<br />

e dei visitatori tutte le mattine dal lunedì<br />

al venerdì. “Abbiamo scelto di chiamarlo<br />

Caffè Iris del tutto consapevolmente”, conclude<br />

Patrizi, “volevamo che fosse un luogo<br />

di rispetto ed accettazione”. (sr)<br />

Ulteriori informazioni sull’Art Counseling<br />

possono essere richieste al servizio Iris<br />

(tel. 0471 304 305, iris@caritas.bz.it).<br />

L’Aquila:<br />

un anno di speranza<br />

alloggiativa (a fine marzo 2010 le persone<br />

assistite erano ancora 53 mila rispetto ai<br />

66 mila sfollati dell’aprile 2009) ma è anche<br />

lavorativa (i disoccupati sono 17 mila) e<br />

soprattutto sociale.<br />

Proprio attorno alla rete delle relazioni si<br />

concentra oggi il problema maggiore di<br />

una città che sta cercando di rimettersi<br />

in piedi: solo passeggiare per le strade<br />

deserte del centro dell’Aquila, in mezzo ad<br />

edifici pericolanti che si offrono ai passanti<br />

mostrando scene di vita ormai sconvolta<br />

e di quotidianità perduta, e parlare con<br />

persone che hanno perso tutto - non solo<br />

la casa ma anche i propri cari, le amicizie,<br />

le abitudini, tutto ciò che dà sicurezza e<br />

garantisce un futuro - riesce infatti a dare<br />

un’idea del dramma che gli aquilani stanno<br />

vivendo da più di un anno.<br />

„L’Aquila. Un anno di speranza“, un filmato<br />

di 23 minuti realizzato dalla Caritas diocesana<br />

di Bolzano-Bressanone su incarico<br />

della Delegazione Caritas Nord Est, nasce<br />

proprio come tentativo di offrire un quadro<br />

obiettivo della situazione, a partire dai bisogni<br />

e dai racconti degli aquilani stessi.<br />

Il video - proiettato in anteprima a fine<br />

aprile al convegno nazionale delle Caritas<br />

di San Benedetto del Tronto - illustra anche<br />

quanto è stato fatto sinora dalle Caritas<br />

trivenete con i tre milioni e mezzo di euro<br />

raccolti con le donazioni, in particolare<br />

la scuola materna ed elementare di Roio<br />

Poggio ed il centro della comunità di Bagno,<br />

due strutture già terminate, attorno alle<br />

quali sta lentamente tornando a nascere la<br />

vita. (ng)


Il 12 aprile 2010, poco dopo le 9.00, nel<br />

tratto tra Laces e Castelbello, il treno della<br />

Val Venosta è deragliato. L’incidente è<br />

avvenuto nel giro di pochi istanti ma verrà<br />

ricordato come uno dei più disastrosi nella<br />

storia recente dell’Alto Adige: la catastrofe<br />

è costata la vita a nove persone e molte<br />

altre sono rimaste ferite in maniera grave.<br />

Grande è stata da subito la partecipazione<br />

della popolazione altoatesina al dolore<br />

delle famiglie delle vittime e delle persone<br />

ferite: molte persone hanno espresso il<br />

desiderio di dare una mano a quanti sono<br />

stati coinvolti nell’incidente. Per rispondere<br />

alla richiesta di un intervento concreto<br />

provenuta da più parti, la Caritas ha aperto<br />

un conto corrente e anche la ditta Despar-<br />

Aspiag ha avviato una raccolta di fondi. La<br />

Provincia Autonoma di Bolzano ha messo<br />

a disposizione di Caritas 100.000 euro che<br />

Foto Landespresseamt<br />

serviranno – dopo un’approfondita valutazione<br />

del bisogno – a sostenere le persone<br />

più colpite dall’incidente. Fino al 10 maggio,<br />

Caritas ha ricevuto 40.200 euro in donazioni,<br />

cui vanno aggiunti 39.800 raccolti da<br />

Despar-Aspiag.<br />

Dall’incidente è ormai trascorso più di un<br />

mese e la solidarietà della popolazione<br />

altoatesina - assieme agli aiuti pubblici – ha<br />

raggiunto le persone della Val Venosta. Una<br />

collaboratrice di Caritas si è recata a casa<br />

dei familiari delle persone morte e li ha<br />

aiutati a superare i momenti più difficili, portando<br />

loro calore umano e vicinanza. Parte<br />

dei contributi di solidarietà sono stati destinati<br />

ai familiari delle vittime: ogni famiglia<br />

ha ricevuto 6.000 euro. Nelle prossime<br />

settimane verranno decise le misure di aiuto<br />

prioritarie e più adeguate. Nel frattempo<br />

sono già stati avviati anche i contatti tra i<br />

Caritas e le vittime<br />

dell’incidente<br />

ferroviario in<br />

Val Venosta<br />

servizi sociali e le persone ferite. I servizi<br />

competenti, l’amministrazione provinciale,<br />

i distretti sociali, il servizio psicologico di<br />

Merano e la Caritas stanno lavorano in<br />

stretta collaborazione. Caritas offrirà il suo<br />

aiuto ogni qual volta se ne presenterà il<br />

bisogno: chi è in crisi e cerca un aiuto può<br />

contattare il sostegno al telefono (tel. 840<br />

000 481, in lingua tedesca), i collaboratori<br />

del servizio Hospice accompagnano le<br />

persone sopravvissute e le famiglie e le<br />

aiutano a superare il lutto. Anche il servizio<br />

di Consulenza psico-sociale di Silandro e<br />

la Consulenza per uomini hanno messo a<br />

disposizione il loro aiuto specialistico. “E'<br />

importante continuare come abbiamo fatto<br />

finora”, afferma il direttore di Caritas Heiner<br />

Schweigkofler, “ovvero adottare misure di<br />

intervento veloci, efficaci e mirate, superando<br />

gli ostacoli della burocrazia”. (sm)<br />

raccolta di firme contro la<br />

privatizzazione dell'acqua<br />

La passata edizione di “Aiutare”, nella sezione “Focus”, conteneva<br />

un approfondimento dal titolo “Merce Acqua” sulla privatizzazione<br />

dell’acqua nel nostro Paese. Il 24 aprile scorso, il Forum Italiano<br />

dei Movimenti per l’Acqua ha avviato la campagna referendaria<br />

- che durerà tre mesi - per la raccolta delle firme a sostegno<br />

delle proprietà pubblica dell’acqua. I tre quesiti propongono,<br />

rispettivamente, di fermare la privatizzazione, di aprire la strada<br />

della ripubblicizzazione e di eliminare i profitti dal bene comune<br />

acqua. Al momento di andare in stampa sono state raccolte più<br />

di 250.000 firme. E’ possibile firmare per il referendum in tutti i<br />

Comuni dell’Alto Adige.<br />

Per saperne di più: http://www.acquabenecomune.org<br />

47


Dietro le quinte<br />

Info<br />

Carcere e sovraffollamento:<br />

L’opinione del volontariato<br />

di Elisabetta Laganà<br />

La cifra della detenzione ha raggiunto,<br />

questo mese, la quota 67.000. I detenuti<br />

sono arrivati al massimo storico. Già nel<br />

2007 il Dipartimento dell’Amministrazione<br />

Penitenziaria aveva stimato che entro<br />

la metà del 2009 le carceri sarebbero<br />

state di nuovo sovraffollate come prima<br />

dell’indulto, vista la media mensile delle<br />

carcerazioni tra 800 e 1.000 persone. Il<br />

Volontariato aveva chiesto, sia nelle iniziative<br />

pubbliche che nelle sedi istituzionali, di<br />

porre rimedio a questo trend esponenziale<br />

e di elaborare soluzioni. Il sovraffollamento<br />

rende invivibile il carcere per i detenuti e<br />

anche per gli stessi operatori penitenziari.<br />

Il Dipartimento dell’Amministrazione<br />

Penitenziaria ha elaborato un “Piano<br />

Alessandro Pedrotti è il responsabile del Progetto Odòs della Fondazione<br />

Odar che accompagna detenuti, ex-detenuti, persone in<br />

attesa di giudizio e persone in generale private della libertà nel loro<br />

percorso di reinserimento nella società.<br />

Com’è la situazione del carcere a Bolzano?<br />

Alessandro Pedrotti: A Bolzano abbiamo una Casa circondariale:<br />

un carcere che ospita sia persone che espiano la pena, sia persone<br />

in custodia cautelare o la cui sentenza non è ancora passata in<br />

giudicato. Il carcere ospita circa 150 detenuti ed è estremamente<br />

sovraffollato. La struttura è di fine ‘800 e gli spazi sono insufficienti.<br />

Cosa manca all’interno dell’istituto di pena locale?<br />

Alessandro Pedrotti: Uno degli aspetti più degradanti, come a<br />

livello nazionale, è la mancanza del lavoro all’interno del carcere:<br />

questo fa sì che il tempo del detenuto sia poco sfruttato. L’offerta<br />

di corsi nel carcere di Bolzano è ampia, però manca un collegamento<br />

con reali prospettive lavorative e d’inserimento. Non vi sono<br />

cooperative presenti nell’istituto di pena che possano impiegare<br />

detenuti per lavorare, come accade invece in alcune case di reclusione<br />

altrove.<br />

48 02/2010 Helfen<br />

Carceri” da circa 1,5 miliardi di euro che in<br />

18 regioni porterà a un aumento di circa<br />

18mila posti letto per il 2012. Ma i soldi<br />

a disposizione sono soltanto 320 milioni.<br />

Il Governo, entro il 2012, conta di avere<br />

portato a termine il "Piano straordinario di<br />

edilizia penitenziaria" nella speranza che<br />

i cantieri rispettino i tempi di consegna;<br />

dimenticando però che, a quella data e<br />

con questo ritmo di carcerazioni, i detenuti<br />

saranno probabilmente 90 o 100mila. Un<br />

piano, quindi, destinato al fallimento.<br />

La “Conferenza Nazionale Volontariato<br />

Giustizia” ribadisce che è possibile adottare<br />

altre soluzioni che garantiscono maggiore<br />

sicurezza sociale, soprattutto alla luce<br />

delle condizioni in cui gli istituti penitenziari<br />

versano: quasi privi di personale educativo,<br />

con pochissime risorse per la professionalizzazione<br />

ed il lavoro dei soggetti<br />

incarcerati, un carcere in condizioni così<br />

critiche da essere stato condannato lo<br />

scorso anno dalla Corte Europea dei Diritti<br />

dell’Uomo. Da un carcere del genere difficilmente<br />

una persona esce riabilitata.<br />

Il carcere potrebbe essere deflazionato<br />

con misure alternative alla detenzione che<br />

sono applicate meno di quanto sarebbe<br />

possibile e auspicabile. Eppure tutti i dati<br />

e le ricerche testimoniano che il 70% di<br />

chi sconta la sua pena in carcere torna<br />

a delinquere, mentre l’80% di chi sconta<br />

la pena (tutta o in parte) con forme alternative<br />

non compie più reati. Sarebbe<br />

necessario apportare modifiche al codice<br />

penale, introducendo pene alternative al<br />

carcere e superando l’attuale centralità<br />

della pena detentiva come unica risposta<br />

dell’ordinamento ad ogni forma di reato.<br />

Bisognerebbe procedere ad un ampliamento<br />

del ventaglio delle sanzioni principali,<br />

affiancando alla tradizionale pena detentiva<br />

una serie di sanzioni non detentive.<br />

Il ministro Alfano ha annunciato l’intenzione<br />

di procedere tramite corsia preferenziale<br />

con l’approvazione delle norme sulla "messa<br />

in prova" e sulla possibilità di scontare<br />

ai domiciliari le pene residue inferiori a un<br />

anno. Auspichiamo che queste proposte<br />

non rimangano solo dichiarazioni. Occorre<br />

una scelta, per far sì che quel “senso di<br />

umanità” della detenzione di cui parla la<br />

nostra Costituzione non si riduca solo a<br />

retorica: a tutte le persone vanno riconosciuti<br />

il rispetto e la dignità, anche a quelle<br />

dietro le sbarre.<br />

Elisabetta Laganà, psicologa e psicoterapeuta, è<br />

presidente della “Conferenza Nazionale Volontariato<br />

Giustizia”


Colophon<br />

Dal 19 aprile 2001 il giornale Aiutare è iscritto<br />

nel Registro Nazionale della Stampa<br />

con il numero p. 11180 sotto il nome<br />

Caritas info.<br />

Editore Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone,<br />

I-39100 Bolzano, via Cassa di Risparmio 1,<br />

Tel. 0471 304 300, Fax 0471 973 428,<br />

info@caritas.bz.it, www.caritas.bz.it<br />

Direttore responsabile Alexander Nitz<br />

Redazione di questo numero Maria Lobis<br />

(ml), Sabine Raffin(sr), Arturo Zilli (az),<br />

Hanno collaborato Nicola Gambetti<br />

(ng), Fabio Molon (fm), Silvia Moser (ms),<br />

Elisabetta Laganà, Heiner Schweigkofler<br />

Foto Thomas Benedikter, Dominik Büttner,<br />

Caritas Internationalis, Caritas Schweiz,<br />

Giovanni di Mambro, Marika Fillippin, Nicola<br />

Gambetti, Georg Hofer, Roberto Modesti,<br />

Alexander Nitz, Hannelore Schwabl, Urs<br />

Siegenthaler, youngCaritas Tirol, zero poverty<br />

Grazie alla Banca di Trento e<br />

Bolzano…<br />

… il 100% della Sua donazione<br />

arriverà a destinazione. E’ sufficiente<br />

comunicare a Caritas dove desidera<br />

che la Sua donazione venga<br />

impiegata responsabilmente e con<br />

efficacia. Le spese di amministrazione<br />

e le attività di informazione per i<br />

donatori (copie di Aiutare, lettere di<br />

ringraziamento ecc.) sono coperte<br />

interamente da un generoso<br />

contributo annuale della Banca di<br />

Trento e Bolzano.<br />

Realizzazione Gruppe Gut, Bolzano<br />

Stampa Athesiadruck, Bolzano<br />

Pubblicazione 3 volte all’anno<br />

Tiratura 36.000<br />

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Conti correnti per donazioni<br />

Cassa di Risparmio di Bolzano<br />

IBAN: IT17X0604511601000000110801<br />

Banca di Trento e Bolzano<br />

IBAN: IT66A0324011610000006000065<br />

Cassa Rurale dell’Alto Adige<br />

IBAN: IT42F0349311600000300200018<br />

Banca Popolare dell’Alto Adige<br />

IBAN: IT12R0585611601050571000032<br />

49


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50 02/2010 Aiutare<br />

Vicini a voi.

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