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universita' degli studi di trieste celiachia e diabete tipo 1 - Clinica ...

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TRIESTE<br />

Sede Amministrativa del Dottorato <strong>di</strong> Ricerca<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO<br />

Sede convenzionata<br />

Dipartimento Univ. Clinico <strong>di</strong> Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo<br />

I.R.C.C.S. BURLO GAROFOLO<br />

XVIII CICLO del<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in<br />

Me<strong>di</strong>cina materno-infantile, pe<strong>di</strong>atria dello sviluppo e<br />

dell’educazione, perinatologia<br />

(Ssd: Area 06-Scienze Me<strong>di</strong>che MED/38-pe<strong>di</strong>atria generale e specialistica)<br />

Dottoranda:<br />

CELIACHIA E DIABETE TIPO 1:<br />

CONFRONTO DI MINI-LIBRERIE<br />

ANTICORPALI “PHAGE DISPLAY”<br />

Dott.ssa Fabiana Ziberna<br />

Anno Accademico 2004-2005<br />

Coor<strong>di</strong>natore:<br />

Chiar.mo Prof. Domenico Tecilazich<br />

(Università <strong>di</strong> Trieste)<br />

Tutore e Relatore:<br />

Dott. Tarcisio Not<br />

(Università <strong>di</strong> Trieste)


INDICE<br />

INDICE 2<br />

RIASSUNTO E SCOPO DELLA TESI 5<br />

CELIACHIA 7<br />

INTRODUZIONE 7<br />

PATOGENESI 9<br />

GENETICA 12<br />

ANTIGENI 13<br />

ANTICORPI 15<br />

FATTORI AMBIENTALI 16<br />

GLUTINE 16<br />

CELIACHIA ED ALTRE MALATTIE AUTOIMMUNI 19<br />

DERMATITE ERPETIFORME (DH) 19<br />

ARTRITE REUMATOIDE (RA) 20<br />

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES) 21<br />

ENTEROPATIA 22<br />

DIABETE MELLITO INSULINO-DIPENDENTE 24<br />

INTRODUZIONE 24<br />

PATOGENESI 25<br />

GENETICA 26<br />

ANTIGENI 27<br />

GAD 27<br />

IA-2/IA-2β 27<br />

INSULINA 28<br />

ANTICORPI 29<br />

ICA 30<br />

GADA 30<br />

IA-2A/IA-2A 31<br />

IAA 31<br />

FATTORI AMBIENTALI 31<br />

GLUTINE 32<br />

CELIACHIA E DIABETE 33<br />

TOPO NOD 35<br />

INTRODUZIONE 35<br />

PATOGENESI 36<br />

GENETICA 39<br />

ANTIGENI 40<br />

ANTICORPI 40<br />

FATTORI AMBIENTALI 41<br />

GLUTINE 42<br />

PHAGE DISPLAY 44<br />

RISULTATI 48<br />

LIBRERIE UOMO 48<br />

LIBRERIE TOPO 56<br />

DISCUSSIONE 61<br />

DISCUSSIONE TECNICA 61<br />

DISCUSSIONE TOPO NOD 62<br />

2


DISCUSSIONE UOMO 64<br />

MATERIALI E METODI 68<br />

A) COSTRUZIONE DI MINI-LIBRERIA ANTICORPALE FAGICA 68<br />

A1.PREPARAZIONE DEI FRAMMENTI VH5 68<br />

A1.1) ESTRAZIONE DI RNA DA TESSUTO BIOPTICO TRAMITE TRIZOL 68<br />

A1.2) TRATTAMENTO DI RNA CON DNasi 68<br />

A1.3) PRODUZIONE DI cDNA 69<br />

A1.4) 1° PCR 69<br />

A1.5) 2° PCR (aggiunta del linker) 69<br />

A1.6) DIGESTIONE DEL FRAMMENTO VH 70<br />

A2.PREPARAZIONE DEL VETTORE 70<br />

A2.1) ESTRAZIONE DI DNA PLASMIDICO 70<br />

A2.2) DIGESTIONE DEL VETTORE 70<br />

A3.PREPARAZIONE DEL LIGATO 71<br />

A3.1) LIGAZIONE 71<br />

A3.2) PRECIPITAZIONE DEL LIGATO 71<br />

A4.ELETTROPORAZIONE 72<br />

A4.1) PREPARAZIONE DI CELLULE ELETTRO-COMPETENTI 72<br />

A4.2) TRASFORMAZIONE DI CELLULE COMPETENTI MEDIANTE<br />

ELETTROPORAZIONE 72<br />

A5.RACCOLTA 73<br />

A6.SELEZIONE 73<br />

A7.ELISA 74<br />

A8.FINGERPRINTING 74<br />

A8.1) PCR 74<br />

A8.2) DIGESTIONE 75<br />

A9.SEQUENZIAMENTO 75<br />

A9.1) PRE-PCR DI SEQUENZA 75<br />

A9.2) PURIFICAZIONE DELLA PRE-PCR DI SEQUENZA 76<br />

A9.3) PCR DI SEQUENZA 76<br />

A9.4) PRECIPITAZIONE DELLA PCR DI SEQUENZA 76<br />

A10.PRODUZIONE DELLA htTG 76<br />

A10.1) PRODUZIONE 76<br />

A10.2) SEPARAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D'AFFINITA' 77<br />

A10.3) ANALISI DELLA PROTEINA MEDIANTE SDS-PAGE 77<br />

A10.4) WESTERN BLOTTING 77<br />

A10.5) IMMUNO BLOTTING 77<br />

A11.REAGENTI 78<br />

A11.1) SOLUZIONI 78<br />

A11.2) ANTIBIOTICI 79<br />

B) COSTRUZIONE DI LIBRERIA TOTALE ANTICORPALE FAGICA 79<br />

B1.PREPARAZIONE DEL scFv 79<br />

B1.4) 1° PCR 79<br />

B1.5) 2° PCR (aggiunta del linker) 80<br />

B1.6) ASSEMBLING (VH+linker+VL) 81<br />

B1.7) DIGESTIONE DEL scFv 81<br />

B2.PREPARAZIONE DEL VETTORE 82<br />

B2.1) ESTRAZIONE DI DNA PLASMIDICO 82<br />

3


B2.2) DIGESTIONE DEL VETTORE 82<br />

B8.FINGERPRINTING 82<br />

B8.1) PCR 82<br />

B9.SEQUENZIAMENTO 83<br />

B9.1) PRE-PCR DI SEQUENZA 83<br />

GLOSSARIO 84<br />

ABBREVIAZIONI 85<br />

BIBLIOGRAFIA 87<br />

RINGRAZIAMENTI 93<br />

4


RIASSUNTO E SCOPO DELLA TESI<br />

Il progetto <strong>di</strong> ricerca, svolto nell’ambito del Dottorato, si proponeva l’obiettivo <strong>di</strong> cercare<br />

delle correlazioni a livello anticorpale tra due malattie autoimmuni molto <strong>di</strong>ffuse (<strong>celiachia</strong><br />

e <strong>di</strong>abete mellito insulino-<strong>di</strong>pendente) al fine <strong>di</strong> ipotizzare possibili spiegazioni sui<br />

meccanismi patogenetici che intervengono nello scatenamento <strong>di</strong> esse.<br />

L’associazione tra <strong>celiachia</strong> e <strong>di</strong>abete è in realtà nota da tempo ma la sua natura non è<br />

conosciuta. Entrambe le patologie hanno un'eziopatogenesi multifattoriale e multigenica.<br />

Inizialmente è stato analizzato un modello animale del <strong>di</strong>abete umano: il topo NOD, ma<br />

che in realtà può considerarsi un elemento <strong>di</strong> collegamento con la <strong>celiachia</strong>, in quanto<br />

presentante caratteri tipici <strong>di</strong> entrambe le malattie.<br />

Tramite la tecnica del Phage Display sono state costruite 2 librerie anticorpali fagiche<br />

totali <strong>di</strong> classe IgA rispettivamente dalla biopsia dell’intestino e della milza <strong>di</strong> un topo<br />

NOD, posto a <strong>di</strong>eta standard (SD) contenente glutine, e <strong>di</strong> un topo BALB/c posto a SD,<br />

come controllo.<br />

Le librerie sono state selezionate su 2 antigeni: transglutaminasi tissutale murina (mtTG) e<br />

IA2 umano (hIA2).<br />

I risultati ottenuti da questo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o possono essere così riassunti:<br />

nel topo NOD vengono prodotti anticorpi anti-mtTG, anche se a bassi livelli, soprattutto<br />

nell'intestino; essi sono specifici; riconoscono un epitopo conformazionale e subiscono uno<br />

switching isotipico tra intestino e sistema periferico (milza).<br />

Nell’intestino non sono stati isolati scFvs anti-IA2 ad in<strong>di</strong>care che l’intestino non è<br />

probabilmente la sede <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> tali anticorpi.<br />

Dopo questo lavoro, si è passati alla costruzione <strong>di</strong> librerie anticorpali fagiche da biopsie<br />

intestinali <strong>di</strong> soggetti umani. Si sono sottoposti a biopsia 45 soggetti sud<strong>di</strong>visi in 5 gruppi:<br />

4 soggetti sani (gruppo <strong>di</strong> controllo negativo), 14 pazienti celiaci (gruppo <strong>di</strong> controllo<br />

positivo), 2 pazienti celiaci in remissione, 12 pazienti <strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 (gruppo in esame),<br />

13 pazienti con altre patologie autoimmuni o con quadro clinico non definito.<br />

Sono state costruite 43 mini-librerie anticorpali fagiche IgA da biopsia intestinale ed<br />

inoltre 1 mini-libreria e 1 libreria totale IgA da biopsia della mucosa orale <strong>di</strong> 1 celiaco.<br />

Gli esperimenti eseguiti hanno portato ai seguenti risultati:<br />

5


− la mucosa orale rappresenta una prima barriera della risposta immune glutine-<br />

<strong>di</strong>pendente ed usa le stesse famiglie geniche della mucosa intestinale per la formazione<br />

<strong>degli</strong> anticorpi anti-tTG;<br />

− è stata confermata la presenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG umana a livello intestinale nei<br />

soggetti celiaci;<br />

− è stata confermata l'assenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG nei soggetti sani, tranne in casi <strong>di</strong><br />

infiammazioni del tratto gastro-intestinale;<br />

− è stata riscontrata una positività variabile <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG a livello intestinale in<br />

soggetti con altre con<strong>di</strong>zioni autoimmuni;<br />

− è stata rilevata una positività variabile <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG a livello intestinale nei<br />

pazienti affetti da IDDM. Si nota una correlazione tra la presenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG<br />

sierici e la presenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG intestinali. Inoltre questi anticorpi sono<br />

costituiti soprattutto dalla VH1;<br />

− dalle biopsie intestinali indotte dei due soggetti celiaci in remissione si registra un<br />

aumento, anche se lieve, della produzione <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG.<br />

Interessante è stato il risultato ottenuto dai 2 pazienti <strong>di</strong>abetici. La selezione delle librerie<br />

<strong>di</strong> entrambi, inizialmente fortemente positive alla tTG, eseguite nuovamente dopo un anno<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eta senza glutine, hanno dato esito negativo o quasi.<br />

Questa tesi ha <strong>di</strong>mostrato l’esistenza <strong>di</strong> una risposta infiammatoria umorale anti-tTG<br />

glutine-<strong>di</strong>pendente della mucosa intestinale, come nei celiaci, sia nel modello animale del<br />

<strong>di</strong>abete, il topo NOD, che nei soggetti umani affetti da <strong>di</strong>abete mellito insulino-<strong>di</strong>pendente.<br />

In base ai risultati ottenuti, si è avanzata un’ipotesi che possa spiegare il ruolo svolto<br />

dall’enzima tTG nello sviluppo del <strong>di</strong>abete. L’enzima, per la sua capacità cross-linkante,<br />

potrebbe legare non solo la glia<strong>di</strong>na ma anche antigeni tipici del <strong>di</strong>abete. Il complesso tTG-<br />

antigene verrebbe riconosciuto dagli anticorpi espressi dai linfociti B. Questi<br />

presenterebbero il complesso ai linfociti T attivandoli e quin<strong>di</strong> scatenando una risposta<br />

autoimmune anche nei confronti <strong>di</strong> tale enzima e dei suoi substrati.<br />

La <strong>di</strong>eta a-glutinata in soggetti pre<strong>di</strong>sposti al <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 sembra preservare la<br />

funzionalità delle cellule , aiutare a migliorare il controllo metabolico, ed eventualmente a<br />

ridurre il fabbisogno insulinico, e prevenire possibili complicanze “silenziose”. Quin<strong>di</strong> si<br />

pensa che la <strong>di</strong>eta senza glutine possa essere un utile strumento <strong>di</strong> prevenzione del <strong>di</strong>abete<br />

e che possa offrire almeno ad una parte dei soggetti una riduzione del rischio.<br />

6


CELIACHIA<br />

INTRODUZIONE<br />

La <strong>celiachia</strong> (CD) è un’enteropatia glutine-<strong>di</strong>pendente: malattia infiammatoria cronica<br />

della mucosa dell’intestino tenue, caratterizzata da un’intolleranza immunome<strong>di</strong>ata nei<br />

confronti della glia<strong>di</strong>na, frazione del glutine principale componente proteico del frumento.<br />

L’eziogenesi è multigenica e multifattoriale.<br />

L’intolleranza ha per conseguenza non una reazione allergica (come per esempio nel caso<br />

del latte vaccino) ma una reazione con alterazioni immunologiche del tutto equiparabile a<br />

quella che si sviluppa contro un batterio patogeno, ed è perpetuata dall’assunzione<br />

dell’alimento che comporta una cronica stimolazione del sistema immunitario in cui manca<br />

l’instaurazione <strong>di</strong> una tolleranza immunologica nei confronti della glia<strong>di</strong>na. L’ipotesi<br />

immuno-allergica, secondo la quale il glutine o un suo prodotto catabolico, agirebbe da<br />

antigene, suscitando una reazione immunologica con effetto citotossico sulla mucosa<br />

intestinale, ha numerose prove a suo favore (l’elevata frequenza <strong>di</strong> alcuni antigeni <strong>di</strong><br />

istocompatibilità, le alterazioni delle immunoglobuline (Ig) sieriche e tissutali e la presenza<br />

<strong>di</strong> anticorpi circolanti anti-glia<strong>di</strong>na). È probabile che la stessa enteropatia, attraverso<br />

un’aumentata permeabilità intestinale a macromolecole e attraverso un danno dell’apparato<br />

della tolleranza immunologica, conduca al riconoscimento patologico <strong>di</strong> molecole self e<br />

quin<strong>di</strong> all’autoimmunità.<br />

Le evidenze suggeriscono che il danno mucosale sia prevalentemente me<strong>di</strong>ato dall’azione<br />

<strong>di</strong> linfociti T. L’endotelio intestinale presenta alterata permeabilità e squilibrio nella<br />

produzione <strong>di</strong> citochine ad effetto morfogeno e ad effetto immunomodulante, che alterano<br />

rispettivamente la proliferazione e la maturazione <strong>degli</strong> enterociti, cellule epiteliali<br />

intestinali. Il glutine provoca lesione nel duodeno, parte prossimale dell’intestino tenue,<br />

alterando la normale struttura della mucosa. Si ha una progressione del danno intestinale<br />

che porta ad atrofia dei villi ed iperplasia delle cellule della cripta, rilevabili da una biopsia<br />

intestinale piatta. Perciò vengono colpiti l’epitelio superficiale, le cripte epiteliali e la<br />

lamina propria coinvolgendo così la mucosa e la sottomucosa intestinale. La biopsia<br />

duodenale viene sottoposta a valutazione istologica (rapporto delle <strong>di</strong>mensioni tra i villi e<br />

le cripte), morfometrica (conta dei linfociti intraepiteliali (IELs)) o immunoistochimica<br />

(ricerca dei linfociti CD3 e ).<br />

7


La malattia celiaca fu descritta per la prima volta da Samuel Gee nel 1888. Questa malattia<br />

si è <strong>di</strong>ffusa da Est ad Ovest seguendo proprio la <strong>di</strong>ffusione delle colture cerealicole [1].<br />

Nel corso <strong>degli</strong> ultimi anni le conoscenze su questa patologia sono ra<strong>di</strong>calmente mutate, in<br />

particolare in campo epidemiologico: considerata un tempo una malattia rara e <strong>di</strong><br />

pertinenza prettamente pe<strong>di</strong>atrica, oggi si sa che è una delle malattie croniche<br />

gastroenteriche più frequenti in assoluto. Diffusa tra le donne in misura doppia rispetto agli<br />

uomini è sicuramente sotto<strong>di</strong>agnosticata. La <strong>celiachia</strong> presenta notevole variabilità nella<br />

<strong>di</strong>stribuzione geografica: la frequenza nella popolazione europea, in Australia e nel nord<br />

America è <strong>di</strong> 1/100 [2], rara nella popolazione nera sub-sahariana d’Africa e negli asiatici<br />

Cinesi e Giapponesi [3], la più alta (1/88-120) nell’Europa del Nord (Irlanda Occidentale)<br />

[4].<br />

La <strong>celiachia</strong> non si manifesta sempre in modo palese. La variabilità <strong>di</strong> presentazione<br />

sintomatologica e clinica (classica o tipica, atipica, silente o asintomatica, potenziale o<br />

latente) rende <strong>di</strong>fficile la <strong>di</strong>agnosi e ad<strong>di</strong>rittura in alcuni casi il sospetto clinico.<br />

Bisogna quin<strong>di</strong> considerare un ampio spettro <strong>di</strong> manifestazioni cliniche: quella tipica o<br />

classica con sintomatologia gastro-intestinale marcata; atipica caratterizzata da<br />

manifestazioni lievi (colite o colon irritabile, carenza <strong>di</strong> ferro resistente alla terapia); silente<br />

o asintomatica caratterizzata da assenza <strong>di</strong> sintomi ma dopo l’avvio del trattamento si<br />

registra un miglioramento del benessere psico-fisico.<br />

La forma tipica esor<strong>di</strong>sce precocemente, in genere a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi dall’inizio<br />

dello svezzamento, con i sintomi classici del malassorbimento intestinale: <strong>di</strong>arrea cronica,<br />

vomito, meteorismo colico con <strong>di</strong>stensione addominale, stipsi, enteropatia proteino-<br />

<strong>di</strong>sperdente, <strong>di</strong>sturbi della nutrizione con inappetenza marcata, dolori addominali<br />

ricorrenti, ritardo della crescita con calo ponderale e bassa statura.<br />

La forma atipica si manifesta tar<strong>di</strong>vamente con sintomi prevalentemente extra-intestinali:<br />

stanchezza, debolezza, fragilità ossea, osteoporosi, anemia (soprattutto anemia microcitica<br />

ipocromica dovuta a mancanza <strong>di</strong> ferro), aumento delle transaminasi epatiche, ipoplasia<br />

dello smalto dentario, <strong>di</strong>strofia ungueale, dermatite erpetiforme, calcificazioni<br />

endocraniche (non periventricolari), deficit <strong>di</strong> vitamine e sali minerali, stomatite aftosa,<br />

ritardo dello sviluppo puberale, amenorrea e turbe della fertilità quali tendenza alla<br />

poliabortività (per malassorbimento <strong>di</strong> nutrienti come l’acido folico), allergie ed<br />

intolleranze.<br />

8


Alla <strong>celiachia</strong> si associano, specie negli adulti, una lunga serie <strong>di</strong> patologie autoimmuni<br />

anche severe, quali <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1, miastenia, alopecia, vitiligine, artrite reumatoide,<br />

cirrosi biliare primitiva, malattie del tessuto connettivo, colangite sclerosante [5], epatite<br />

[6], tiroi<strong>di</strong>te autoimmune (<strong>di</strong> Graves e <strong>di</strong> Hashimoto) [7], malattie sindromiche (sindrome<br />

<strong>di</strong> Sjögren, sindrome <strong>di</strong> Down [8]) e malattie neurodegenerative (atassia, epilessia) [9], che<br />

sembrano essere tutte glutine-<strong>di</strong>pendenti.<br />

Solo in alcuni casi, molto rari, la <strong>celiachia</strong> può manifestarsi in modo evidente fin<br />

dall’inizio con complicanze gravi come la <strong>di</strong>giuno-ileite ulcerativa, caratterizzata dalla<br />

presenza <strong>di</strong> multiple ulcerazioni dell’intestino tenue. Nei pazienti celiaci che non rispettano<br />

la <strong>di</strong>eta correttamente o sono stati <strong>di</strong>agnosticati in età avanzata è stata osservata<br />

un’aumentata pre<strong>di</strong>sposizione allo sviluppo <strong>di</strong> neoplasie del tubo <strong>di</strong>gerente (linfomi e<br />

adenocarcinomi intestinali), del cavo orale, della faringe e dell’esofago.<br />

PATOGENESI<br />

La <strong>celiachia</strong> presenta caratteristiche <strong>di</strong> autoimmunità: 1) la presenza <strong>di</strong> autoanticorpi<br />

specifici 2) la presenza <strong>di</strong> linfociti intraepiteliali che possono me<strong>di</strong>are una citotossicità<br />

<strong>di</strong>retta sugli enterociti esprimenti molecole <strong>di</strong> stress in maniera antigene non-specifica.<br />

Nella malattia è prevalente la risposta cellulare. I linfociti T helper 1 (Th1) attivati dai<br />

pepti<strong>di</strong> <strong>di</strong> glia<strong>di</strong>na, deamidata dall’enzima transglutaminasi tissutale (tTG), presentati dagli<br />

antigeni leucocitari umani (HLA) <strong>di</strong> classe II, producono IFN che induce ulteriore<br />

espressione <strong>di</strong> tTG e rilasciano TNF che stimola i fibroblasti a secernere nella matrice<br />

extracellulare le metalloproteasi (collagenasi, stromolisina,…) che <strong>di</strong>struggono la mucosa.<br />

Inoltre vengono attivati i linfociti Th2 che insieme a IL2, prodotta dai linfociti Th1,<br />

stimolano la maturazione dei linfociti B. La continua ingestione <strong>di</strong> glutine porta alla<br />

perpetuazione <strong>di</strong> questo ciclo con la produzione <strong>di</strong> citochine infiammatorie (IL15, IFN e<br />

NF-kB) che sopraffanno le capacità <strong>di</strong>fensive dell’organismo nel riparare il danno alla<br />

barriera mucosale. Inoltre il glutine aumenta l’espressione <strong>di</strong> IL15 da parte delle cellule<br />

epiteliali e della lamina propria. Questa citochina altera le proprietà dei linfociti<br />

intraepiteliali in 2 mo<strong>di</strong>: 1) inducendo IFN nei linfociti e attivando così macrofagi e<br />

cellule T 2) promuovendo la trasformazione delle cellule T antigene-specifiche ad un<br />

feno<strong>tipo</strong> natural killer (NK).<br />

9


L’attivazione <strong>di</strong> NF-kB è uno step cruciale nell’amplificazione dell’espressione genica<br />

proinfiammatoria. Quando i macrofagi reagiscono alla glia<strong>di</strong>na, NF-kB segnala<br />

<strong>di</strong>rettamente al DNA <strong>di</strong> trascrivere me<strong>di</strong>atori infiammatori [5].<br />

Fig.1 Le cellule T attivate dal glutine stimolano altre cellule immunitarie promuovendo le loro<br />

rispettive attività: le cellule B a creare anticorpi contro l’antigene, le cellule APCs a <strong>di</strong>struggere<br />

l’antigene. Quando l’anticorpo lega l’antigene formano un complesso che viene neutralizzato<br />

dal sistema del complemento e/o tramite fagocitosi. Tutte le cellule secernono citochine che<br />

fungono da comunicatori immunoendocrini a corto e lungo raggio. L’IFN, la principale<br />

citochina prodotta, attiva altri linfociti T e promuove il potere <strong>di</strong>struttivo dei macrofagi.<br />

I linfociti intraepiteliali sono normalmente regolati dai recettori NKG2 delle cellule NK,<br />

che riconoscono molecole HLA non classiche indotte da IFN (HLA-E) e molecole da<br />

stress (MIC) sulle cellule epiteliali intestinali. I celiaci non trattati hanno una gran quantità<br />

<strong>di</strong> cellule TCR + CD8 + CD4 - e TCR + CD8 - CD4 - nell’epitelio dei villi che aumentano<br />

l’attivazione dei recettori NKG2. In seguito a <strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine il numero <strong>di</strong> IELs<br />

TCR + CD8 + CD4 - torna ad un livello normale mentre rimane alto il livello <strong>di</strong> IELs<br />

TCR + CD8 - CD4 - . In particolare nei celiaci è presente in gran quantità il sottogruppo<br />

cellulare V1V1 T che riconosce le molecole espresse sulla membrana dagli enterociti<br />

10


in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress. Queste cellule aumentano l’attivazione dei recettori NKG2 che<br />

potrebbero a loro volta così favorire l’eliminazione <strong>di</strong> tali enterociti da parte dei IELs.<br />

L’up-regolazione dei recettori NKG2 sembra essere guidata dall’IL15, espressa dagli<br />

enterociti. Questa molecola sembra svolgere un ruolo critico nell’espansione dei IELs e<br />

nell’induzione delle molecole <strong>di</strong> stress sulle cellule epiteliali intestinali. Il meccanismo che<br />

porta all’aumento dell’espressione <strong>di</strong> IL15 da parte <strong>degli</strong> enterociti è però poco conosciuto.<br />

Nelle biopsie <strong>di</strong> soggetti affetti da <strong>celiachia</strong> il peptide p31-43 -glia<strong>di</strong>nico induce<br />

l’attivazione della MAP-chinasi negli enterociti e aumenta l’espressione <strong>di</strong> IL15. Quin<strong>di</strong><br />

tale peptide potrebbe scatenare un segnale tramite una via non ancora ben definita.<br />

Il challenge o carico <strong>di</strong> glia<strong>di</strong>na in vitro, è un utile strumento per riprodurre varie<br />

caratteristiche immunologiche che si verificano nei soggetti celiaci. Dopo 24 ore <strong>di</strong><br />

induzione con glia<strong>di</strong>na <strong>di</strong> una biopsia intestinale <strong>di</strong> paziente celiaco si osserva un aumento<br />

dell’espressione <strong>di</strong> ICAM1, recettore per l’IL2, <strong>di</strong> molecole CD80 nelle cellule<br />

mononucleari della lamina propria e l’infiltrazione dell’epitelio superficiale da parte <strong>di</strong><br />

cellule CD3 + . Inoltre è utile per <strong>stu<strong>di</strong></strong>are gli eventi patogenici precoci come l’aumentata<br />

espressione, dopo 1 ora, <strong>di</strong> HLA-DR negli enterociti dei villi e nei macrofagi della lamina<br />

propria [10]. Ad essa segue l’induzione <strong>di</strong> molecole HLA-DQ. Quin<strong>di</strong> solo negli sta<strong>di</strong><br />

successivi si ha l’attivazione delle cellule T e <strong>di</strong> tutte le mo<strong>di</strong>ficazioni immunologiche<br />

conseguenti.<br />

Nei soggetti celiaci in fase acuta, lo strato delle cellule epiteliali <strong>di</strong>venta pseudostratificato<br />

a causa dell’infiltrazione <strong>di</strong> plasmacellule nella lamina propria e <strong>di</strong> linfociti nello strato<br />

epiteliale cosicché il numero <strong>di</strong> linfociti intraepiteliali in rapporto a quello <strong>degli</strong> enterociti<br />

risulta aumentato. La maggior parte dei linfociti intraepiteliali esprime l’antigene<br />

linfocitario CD3, il 70% esprime il feno<strong>tipo</strong> soppressore/citotossico CD8, il 5% esprime il<br />

feno<strong>tipo</strong> helper/induttore CD4 e il 20% delle cellule sono CD3 + CD4 - CD8 - [11].<br />

La risposta immune al glutine è sicuramente centrale nella patogenesi. Non è però chiaro<br />

se gli anticorpi giochino anch’essi un ruolo nella patogenesi della malattia. Anche le<br />

persone sane producono anticorpi anti-tTG ma in esse sembra che vengano prodotti anche<br />

e in maggior quantità gli anticorpi anti-anticorpi anti-tTG cioè gli anti-i<strong>di</strong>o<strong>tipo</strong>. Gli anti-<br />

i<strong>di</strong>o<strong>tipo</strong> sono un mimotopo dell’antigene. La risposta anti-i<strong>di</strong>o<strong>tipo</strong> costituirebbe un sistema<br />

per tenere sottocontrollo la risposta anticorpale.<br />

11


GENETICA<br />

Il ruolo della componente genetica è <strong>di</strong>mostrato dalla ricorrenza familiare <strong>di</strong> questa<br />

malattia, circa 10 volte più comune nei parenti <strong>di</strong> soggetti affetti da <strong>celiachia</strong> rispetto alla<br />

popolazione generale (rischio del 10-15% nei familiari <strong>di</strong> I°, del 2-4% nei familiari <strong>di</strong> II°)<br />

[12]. Tuttavia non sono noti tutti i numerosi geni che contribuiscono alla pre<strong>di</strong>sposizione<br />

ere<strong>di</strong>taria. Tra questi comunque il principale fattore genetico pre<strong>di</strong>sponente, identificato<br />

nel 1965, è il sistema HLA, un complesso <strong>di</strong> geni con la funzione primaria <strong>di</strong> riconoscere<br />

le molecole estranee all’organismo. Il sistema genico HLA è <strong>di</strong>sposto nell’uomo sul<br />

cromosoma 6p21.3 ed occupa circa l’1% dell’intero genoma. La funzione <strong>di</strong> queste<br />

molecole è quella <strong>di</strong> presentare pepti<strong>di</strong> al recettore dei linfociti T: rispettivamente le<br />

molecole HLA <strong>di</strong> classe I ai linfociti CD8 + mentre quelle <strong>di</strong> classe II ai linfociti CD4 + .<br />

Il 90-95% dei celiaci presenta l’aplo<strong>tipo</strong> HLA II DQ2 dato dagli alleli DQA1*0501 e<br />

DQB1*0201 in cis (DR3) o in trans (DR5/7) mentre il rimanente 5-10% presenta l’aplo<strong>tipo</strong><br />

DQ8 dato dagli alleli DQA1*0301 e DQB1*0302 soprattutto in cis (DR4) [13]. Questi due<br />

aplotipi sono considerati dei marcatori <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposizione genetica dell'intolleranza. Hanno<br />

un valore pre<strong>di</strong>ttivo positivo basso (infatti questi genotipi si riscontrano nel 20-30% <strong>di</strong><br />

soggetti sani della popolazione generale ma solo lo 0,1% sviluppa la malattia) ma un<br />

valore pre<strong>di</strong>ttivo negativo elevato [14].<br />

La capacità <strong>di</strong> questi alleli nel conferire suscettibilità al glutine risiederebbe nella loro<br />

peculiare affinità nel legare amminoaci<strong>di</strong> carichi negativamente come quelli presenti nei<br />

pepti<strong>di</strong> glia<strong>di</strong>nici in seguito a deamidazione da parte della tTG [15]. La componente<br />

genetica potrebbe agire non solo inducendo un’immunità anomala ma anche influenzando<br />

la gravità <strong>degli</strong> effetti patologici.<br />

Tuttavia l’avere questi aplotipi è una con<strong>di</strong>zione necessaria ma non sufficiente per<br />

sviluppare la malattia. Infatti i gemelli monozigoti hanno una concordanza solo del 70-<br />

80% e quelli <strong>di</strong>zigoti <strong>di</strong> appena del 10-20% [16]. Quin<strong>di</strong> sono sicuramente coinvolti altri<br />

geni. A tal proposito sono stati compiuti analisi <strong>di</strong> linkage con marcatori genetici<br />

polimorfici sul genoma per trovare geni non HLA eventualmente associati alla <strong>celiachia</strong><br />

ma i risultati sono stati vari e contrastanti (CD28, CTLA4, ICOS sul cromosoma 2q33, geni<br />

sul cromosoma 5q31-33, geni sul cromosoma 19p13) [17,18].<br />

12


ANTIGENI<br />

L’antigene riconosciuto dagli autoanticorpi nell’endomisio, struttura del tessuto connettivo<br />

propria della matrice e della muscolatura liscia, è stato identificato nel 1997: l’enzima<br />

transglutaminasi tissutale (tTG) o II (TG2) [19].<br />

Le transglutaminasi (R-glutamilpepti<strong>di</strong>: amino--glutamil transferasi) sono una famiglia <strong>di</strong><br />

enzimi che, in presenza <strong>di</strong> calcio, catalizzano la formazione <strong>di</strong> legami crociati (cross-<br />

linking) tra proteine, trasferendo un gruppo -carbossiammi<strong>di</strong>co <strong>di</strong> un residuo<br />

dell’amminoacido glutammina (Gln) su un gruppo -amminico <strong>di</strong> un residuo<br />

dell’amminoacido lisina (Lys) con rilascio <strong>di</strong> NH3 [20].<br />

Fig.2 La tTG catalizza 2 reazioni, transamidazione o deamidazione, <strong>di</strong> specifici residui<br />

glutaminici in proteine o polipepti<strong>di</strong>. La propensione per la deamidazione aumenta<br />

all’abbassarsi del pH e all’aumentare della concentrazione <strong>di</strong> substrati glutaminici.<br />

Nei Mammiferi sono stati identificati 8 isozimi [21] tra cui: TG1-transglutaminasi<br />

cheratinocita (TGk) sul cromosoma 14q11 <strong>di</strong> 106 kDa legata alla membrana plasmatica<br />

delle cellule soprattutto <strong>degli</strong> strati spinoso e granulare dell’epidermide, coinvolta nei<br />

rivestimenti cheratinocitici durante la <strong>di</strong>fferenziazione delle cellule epidermiche [22];<br />

TG2-transglutaminasi tissutale (TGc o tTG) <strong>di</strong> 75 kDa; TG3-transglutaminasi epidermica<br />

(TGe) <strong>di</strong> 77 kDa espressa soprattutto sulla superficie delle spine e nei strati granulari<br />

dell’epidermide, è prodotta nei cheratinociti come zimogeno ed è proteolizzata in un<br />

frammento <strong>di</strong> 47 kDa e uno <strong>di</strong> 30 kDa che si riassociano a formare l’enzima attivo durante<br />

la <strong>di</strong>fferenziazione epidermica, la TGe e la TGc hanno in certe regioni un’omologia<br />

aminoaci<strong>di</strong>ca del 64% e sono filogeneticamente strettamente correlate [23]; TG5-<br />

transglutaminasi X (TGx) <strong>di</strong> 72/81 kDa espressa nei cheratinociti, recentemente scoperta<br />

ma ancora da caratterizzare [24]; TG6-transglutaminasi espressa soprattutto nel cervello<br />

13


che si pensa sia coinvolta nelle manifestazioni neurologiche della <strong>celiachia</strong> [25]; TG7-<br />

transglutaminasi Z (TGz) <strong>di</strong> 80 kDa espressa nei fibroblasti dermici e nei cheratinociti;<br />

transglutaminasi del plasma (TGplasma)-il fattore XIIIa della coagulazione <strong>di</strong> 77 kDa<br />

espresso in forma <strong>di</strong> zimogeno tetramerico dato da 2 subunità A catalitiche e 2 B non<br />

catalitiche, la forma attiva (2A) è data dal taglio operato dalla trombina o tripsina, presente<br />

nei dendrociti dermici [26].<br />

La tTG è ubiquitariamente presente in <strong>di</strong>fferenti tessuti e cellule e la maggior parte è<br />

localizzata nel citoplasma. Viene espressa costitutivamente dai fibroblasti della lamina<br />

propria, dagli enterociti dei villi, nei cheratinociti basali e anche nelle cellule endoteliali<br />

del derma, nell’endotelio e nella muscolatura liscia <strong>di</strong> arterie, vene e capillari. L’enzima è<br />

presente anche nella matrice extracellulare, associato con fibronectina, collagene <strong>tipo</strong> I e<br />

laminina.<br />

Il gene che co<strong>di</strong>fica per la tTG umana II si trova sul cromosoma 20q12. E’ formato da 13<br />

esoni e 12 introni. La proteina è costituita da 687 aa con un peso molecolare (PM) <strong>di</strong> 75<br />

kDa. E’ composta da 4 domini: N-terminale N1 (1-139 aa) - CORE (140-454 aa) - loop<br />

(ansa) - C-terminale C1 (479-585 aa) - C-terminale C2 (586-687 aa). Il sito catalitico e i<br />

siti <strong>di</strong> legame per il calcio si trovano nel Core [27].<br />

Fig.3 La figura illustra la struttura secondaria dell’enzima transglutaminasi tissutale (tTG) in<br />

cui sono evidenziati i vari domini.<br />

La tTG ha 2 attività enzimatiche antagoniste: 1) attività transglutaminasica <strong>di</strong>pendente da<br />

calcio 2) attività GTPasica (il sito <strong>di</strong> legame per la molecola GTP si trova nel Core).<br />

L’enzima tTG svolge <strong>di</strong>verse funzioni: 1) funge da recettore -adrenergico per attivare la<br />

fosfolipasi C 2) modula la progressione nel ciclo cellulare 3) è coinvolto nell’endocitosi<br />

me<strong>di</strong>ata da recettore 4) attiva il TGF che stimola la <strong>di</strong>fferenziazione delle cellule<br />

dell’epitelio intestinale 5) è coinvolto nell’adesione e mobilità cellulare: ancora i<br />

14


fibroblasti alla matrice extracellulare tramite interazioni con integrine e fibronectina [28]<br />

6) è coinvolto nel processo apoptotico stabilizzando i corpi apoptotici [29] 7) è coinvolto<br />

nell’esocitosi legata alla secrezione dell’insulina.<br />

ANTICORPI<br />

Inizialmente il primo test utilizzato per la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>celiachia</strong> si basava sulla ricerca <strong>degli</strong><br />

anticorpi anti-glia<strong>di</strong>na (AGA) IgA/IgG. L’esame sierologico ha alta sensibilità ma bassa<br />

specificità, quin<strong>di</strong> risulta essere piuttosto impreciso [30].<br />

Poi si è passati alla ricerca <strong>degli</strong> anticorpi anti-endomisio (EMA) IgA me<strong>di</strong>ante<br />

immunofluorescenza in<strong>di</strong>retta su sezioni <strong>di</strong> cordone ombelicale (sensibilità 93%) o <strong>di</strong><br />

esofago <strong>di</strong> scimmia (sensibilità 97%). Il test ha alta specificità (98-99%) ma è piuttosto<br />

costoso ed operatore-<strong>di</strong>pendente [31].<br />

Infine con la scoperta dell’enzima transglutaminasi è stata elaborata una nuova meto<strong>di</strong>ca<br />

che va a rilevare gli anticorpi anti-tTG (AtTGA) IgA/IgG in ELISA. Il test con una<br />

specificità e sensibilità <strong>di</strong> quasi il 100% è attualmente il migliore [32].<br />

Gli anticorpi anti-tTG, impedendo le normali funzioni dell’enzima quale la mobilità dei<br />

fibroblasti e dei monociti, interferirebbero con la migrazione dei fibroblasti e delle cellule<br />

epiteliali dalle cripte all’apice dei villi causando così l’atrofia dei villi stessi.<br />

Nei pazienti che non presentano atrofia della mucosa un utile criterio <strong>di</strong>agnostico è il test<br />

che rileva gli anticorpi tTG-specifici in situ. Esso rileva i depositi <strong>di</strong> IgA tTG-specifici<br />

nell’intestino. In caso <strong>di</strong> deficit <strong>di</strong> IgA o si ricercano gli anticorpi anti-tTG IgG ma più<br />

sensibile è rilevare i depositi <strong>di</strong> IgM tTG-specifici [33].<br />

In un recente lavoro è stato <strong>di</strong>mostrato che è possibile isolare anticorpi anti-tTG in forma<br />

<strong>di</strong> scFv (single chain fragment variable) solo da librerie <strong>di</strong> paziente celiaco ottenute<br />

partendo dai linfociti intestinali (IBLs) e non da quelli del sangue periferico (PBLs). Al<br />

contrario sono stati isolati anticorpi anti-glia<strong>di</strong>na da entrambi i tipi <strong>di</strong> libreria. Questo<br />

risultato in<strong>di</strong>ca che la risposta umorale contro la tTG avviene solo a livello locale [34].<br />

I complessi glutine-tTG, in forma <strong>di</strong> tiolesteri, potrebbero permettere, con un meccanismo<br />

intramolecolare, ai linfociti T autoreattivi tTG-specifici <strong>di</strong> aiutare i linfociti B ad eseguire il<br />

cambio isotipico e a <strong>di</strong>fferenziarsi in plasmacellule secernenti anticorpi IgA anti-tTG.<br />

Questa ipotesi potrebbe spiegare perché tali anticorpi sierici spariscono nei celiaci a <strong>di</strong>eta.<br />

15


I soggetti celiaci non trattati hanno un’alta probabilità <strong>di</strong> sviluppare col tempo anticorpi<br />

contro autoantigeni caratteristici <strong>di</strong> altre patologie autoimmuni come: anti-GAD65 e anti-<br />

IA2 del <strong>di</strong>abete, anti-TPO (perossidasi tiroidea) e anti-tg (tireoglobulina) della tiroi<strong>di</strong>te,<br />

anti-recettore dell’acetilcolina della miastenia, anti-nucleo del Lupus eritematoso [35].<br />

FATTORI AMBIENTALI<br />

La sovrapposizione <strong>di</strong> concause ambientali (<strong>di</strong>eta, infezioni da microrganismi virali<br />

(adenovirus) e fungini (Can<strong>di</strong>da albicans), tossine, età, sesso, ormoni sessuali e stress<br />

emotivo) e genetiche è alla base dell’eziogenesi della <strong>celiachia</strong>. Comunque il principale<br />

fattore eziologico che scatena la risposta autoimmune è la glia<strong>di</strong>na, contenuta nel glutine.<br />

GLUTINE<br />

La <strong>celiachia</strong> è una patologia autoimmune causata da intolleranza al glutine e proteine simili<br />

presenti nelle cariossi<strong>di</strong> dei cereali (grano, frumento, orzo, segale, le rispettive farine, e<br />

farro, spelta, kamut o teff, sorgo e triticale). Il ruolo patogenetico del glutine fu evidenziato<br />

da Dike nel 1970. Il glutine costituisce fonte <strong>di</strong> azoto e carbonio per la crescita dei semi<br />

durante la germinazione. Esso è una miscela <strong>di</strong> proteine <strong>di</strong> riserva presente<br />

nell’endosperma dei cereali, che può essere separata in: glutenine-molecole acido solubili<br />

polimeriche, unite da ponti <strong>di</strong>solfuro, ad alto e basso peso molecolare; prolamine-molecole<br />

alcool solubili monomeriche, ricche in glutammina e prolina (Pro). Le prolamine del<br />

frumento vengono chiamate glia<strong>di</strong>na (36 kDa), sud<strong>di</strong>visibili in base alla crescente mobilità<br />

elettroforetica a pH=4 in 4 famiglie (). Le prolamine del segale sono dette secaline,<br />

quelle dell’orzo ordeine.<br />

La glia<strong>di</strong>na potrebbe essere responsabile della patogenesi della <strong>celiachia</strong> in<strong>di</strong>rettamente in<br />

2 mo<strong>di</strong>: 1) bloccando l’apoptosi necessaria durante la selezione negativa dei cloni<br />

autoimmuni 2) per mimetismo molecolare (1. con la molecola BM180 presente sulla<br />

membrana basale 2. con un ipotetico autoantigene della frazione nucleare delle cellule<br />

intestinali 3. con un antigene derivante da fibroblasti 4. con la calreticulina <strong>degli</strong> enterociti<br />

5. con la proteina Elb dell’adenovirus siero<strong>tipo</strong> 12).<br />

La glia<strong>di</strong>na deamidata ha più potere immunogeno. La deamidazione consiste nella<br />

trasformazione dell’amminoacido Gln in acido glutammico (Glu). Ai fini della tossicità<br />

non sembra essere importante la struttura terziaria della glia<strong>di</strong>na ma piuttosto la<br />

formazione <strong>di</strong> mono- o <strong>di</strong>-pepti<strong>di</strong>, dovuti ad un’incompleta <strong>di</strong>gestione da parte <strong>degli</strong><br />

16


enzimi gastro-pancreatici (proteasi/peptidasi) es: i pepti<strong>di</strong> 31-49 [36] e 57-73 [37] della A-<br />

glia<strong>di</strong>na, 62-75 della -2 glia<strong>di</strong>na e 57-68 della -9 glia<strong>di</strong>na [38], 56-89 (33-mer) [39]. Nei<br />

soggetti sani i pepti<strong>di</strong> non completamente idrolizzati vengono assorbiti per via<br />

transcellulare e degradati dagli enzimi intraluminali nei compartimenti endolisosomiali<br />

<strong>degli</strong> enterociti [40].<br />

In seguito ad un regime alimentare privo <strong>di</strong> glutine si assiste alla scomparsa delle<br />

manifestazioni cliniche, alla normalizzazione <strong>degli</strong> esami sugli anticorpi e delle eventuali<br />

alterazioni metaboliche, alla regressione della lesione fino al ripristino della normale<br />

struttura della mucosa intestinale. I miglioramenti dei sintomi e della funzionalità<br />

intestinale precedono la guarigione istologica che procede preferenzialmente in senso ileo-<br />

<strong>di</strong>giunale. Attualmente l’unica terapia è la <strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine che porta naturalmente<br />

però ad una riduzione della compliance ovvero alla qualità della vita e soprattutto i soggetti<br />

giovani ne soffrono psicologicamente.<br />

Sono allo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o delle cure alternative alla <strong>di</strong>eta senza glutine come 1) la creazione <strong>di</strong><br />

varietà <strong>di</strong> frumento meno tossiche rimuovendo o mo<strong>di</strong>ficando la sequenza della glia<strong>di</strong>na,<br />

2) la somministrazione orale dell’autoantigene per indurre tolleranza, 3) enzimi in grado <strong>di</strong><br />

metabolizzare gli elementi proteici più “in<strong>di</strong>gesti” per il celiaco, 4) farmaci competitori<br />

con attività anti-transglutaminasi, 5) anti-citochine ed immunomodulatori in grado <strong>di</strong><br />

bloccare la risposta abnorme nei confronti del glutine, 6) immunosoppressione tramite<br />

anticorpi anti-i<strong>di</strong>o<strong>tipo</strong>, 7) blocco <strong>degli</strong> anticorpi tramite pepti<strong>di</strong> inibitori.<br />

Le possibili terapie alternative alla <strong>di</strong>eta senza glutine prevedono in particolare <strong>di</strong> agire su:<br />

1) glia<strong>di</strong>na - <strong>di</strong>minuendo il carico dell’antigene tramite selezione o produzione <strong>di</strong> varietà<br />

prive <strong>di</strong> sequenze biologiche rilevanti; tramite terapia enzimatica supplementare; tramite<br />

<strong>di</strong>gestione <strong>di</strong> cereali tossici me<strong>di</strong>ante proteasi batteriche (es: trattamento con PEPs =<br />

prolilendopeptidasi, enzimi endoproteolitici che si ottengono dai lieviti che idrolizzano i<br />

pepti<strong>di</strong>) 2) CTLA4 - interferendo con il passaggio intestinale della glia<strong>di</strong>na 3) pepti<strong>di</strong> -<br />

interferendo con la presentazione della glia<strong>di</strong>na alle cellule T tramite inibizione della tTG o<br />

il blocco delle molecole HLA 4) IL15 - interferendo con l’attività delle cellule T con anti-<br />

CD3, anti-CD154, con complessi solubili HLA-peptide, con analoghi <strong>di</strong> pepti<strong>di</strong><br />

immunogenici 5) IL10 e 6) TNF - utilizzando citochine antinfiammatorie e<br />

immunoregolatrici.<br />

17


Tutte queste soluzioni sono però palliativi, <strong>degli</strong> interruttori interme<strong>di</strong>, in quanto non<br />

vanno ad agire veramente a monte del problema. Al momento le prove <strong>di</strong> efficacia <strong>di</strong><br />

questi potenziali trattamenti alternativi sono ancora in fase “embrionale”. Il tutto è<br />

rallentato dalla mancanza <strong>di</strong> un modello animale <strong>di</strong> <strong>celiachia</strong>.<br />

18


CELIACHIA ED ALTRE MALATTIE AUTOIMMUNI<br />

Qui <strong>di</strong> seguito una breve descrizione <strong>di</strong> alcune malattie autoimmuni associate alla <strong>celiachia</strong><br />

con certezza (Dermatite Erpetiforme e Artrite Reumatoide) e non (Lupus Eritematoso ed<br />

Enteropatia autoimmune) che sono state riscontrate in alcuni soggetti appartenenti allo<br />

<strong>stu<strong>di</strong></strong>o.<br />

DERMATITE ERPETIFORME (DH)<br />

La Dermatite Erpetiforme, infiammazione della pelle a grappoli, fu descritta per la prima<br />

volta da Duhring nel 1884. E’ una malattia autoimmune cronico-reci<strong>di</strong>vante, rara<br />

nell’infanzia, caratterizzata da depositi granulari <strong>di</strong> IgA lungo la membrana basale del<br />

derma papillare. Il rash (lesione/eritema della cute) dermico è dato da eritemi, placche<br />

orticarie, papule, vescicole erpetiformi ed escoriazioni con una <strong>di</strong>stribuzione caratteristica<br />

sul corpo (cuoio capelluto, avambracci, gomiti, ginocchia, natiche). E’ una con<strong>di</strong>zione<br />

papulo-vescicolare persistente e pruriginosa. Le caratteristiche cliniche sono: 1) vescicole<br />

dovute a microascessi <strong>di</strong> neutrofili che rilasciano enzimi (elastasi) che causano il danno<br />

alla giunzione derma-epiderma 2) lesioni eritematose ponfoi<strong>di</strong> 3) esiti ipopigmentali. La<br />

malattia è istologicamente caratterizzata da vescicole subepidermiche con infiltrato<br />

infiammatorio costituito soprattutto da neutrofili e monociti. L’infiltrato linfocitico è<br />

solitamente accompagnato da fibrosi e <strong>di</strong>latazione capillare delle papille dermiche [41].<br />

Si rileva una frequenza maggiore nella fascia d’età tra i 20-50 anni, soprattutto nelle<br />

femmine. L’86% dei soggetti con DH sono DQ2 positivi. Stu<strong>di</strong> su gemelli monozigoti<br />

mostrano una non completa concordanza ad in<strong>di</strong>care che nel determinare il feno<strong>tipo</strong><br />

intervengono anche fattori ambientali o epigenetici. I pazienti con DH hanno spesso altre<br />

malattie autoimmuni associate: la più comune è la tiroi<strong>di</strong>te, seguita da <strong>di</strong>abete insulino-<br />

<strong>di</strong>pendente e lupus eritematoso.<br />

Il principale antigene presente negli immuno-precipitati dermici è l’enzima<br />

transglutaminasi epidermica (TGe o TG3). Gli anticorpi sono principalmente <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> IgA1.<br />

Il test <strong>degli</strong> anticorpi anti-TGe è in questo caso quello con maggior sensibilità e specificità.<br />

Infatti i pazienti con DH presentano anticorpi anti-transglutaminasi epidermica, non cross-<br />

reattivi con la tTG, ad alta avi<strong>di</strong>tà e ad alta affinità. Il 70% dei pazienti con DH hanno<br />

anticorpi IgA sierici contro glia<strong>di</strong>na, tTG, reticolina ed endomisio. Questo dato rafforza<br />

19


l’ipotesi della natura autoimmune <strong>di</strong> questa patologia e riflette lo stato <strong>di</strong> enteropatia<br />

presente nei soggetti con DH.<br />

La dermatite erpetiforme viene perciò considerata una manifestazione cutanea<br />

extraintestinale della sensibilità al glutine. Una <strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine permette la<br />

remissione dei sintomi cioè la scomparsa delle lesioni sulla pelle. Tanto è vero che il 75%<br />

dei pazienti che soffrono <strong>di</strong> questa malattia presenta una mucosa atrofica. La DH si<br />

sviluppa in genere in soggetti celiaci che hanno una forma latente o silente della malattia. I<br />

celiaci possono però presentare anche altre malattie dermatologiche oltre alla dermatite<br />

erpetiforme. Il primo articolo riportante un’associazione tra <strong>celiachia</strong> e dermatite<br />

erpetiforme risale al 1966 (Marks J, Shuster S, Watson A J Small-bowel changes in<br />

dermatitis herpetiformis. Lancet 2: 1280-1282 (1966)). Sebbene sia la <strong>celiachia</strong> che la<br />

DH presentano una combinazione delle risposte cellulare e umorale, la DH è considerata<br />

una malattia prevalentemente Th2 me<strong>di</strong>ata, mentre la <strong>celiachia</strong> una malattia Th1 me<strong>di</strong>ata<br />

[23].<br />

Esiste un modello animale <strong>di</strong> dermatite erpetiforme creato dall’incrocio tra un topo NOD<br />

(Non Obese Diabetic) e un topo HLA-DQ8 + transgenico mancante del MHC II murino<br />

endogeno. Il feno<strong>tipo</strong> murino presenta delle somiglianze con la patologia umana<br />

(<strong>di</strong>pendenza da DQ8, depositi <strong>di</strong> IgA sotto la lamina densa, <strong>di</strong>pendenza da ingestione <strong>di</strong><br />

glutine) ma anche alcune <strong>di</strong>fferenze (mancanza <strong>di</strong> enteropatia e <strong>di</strong> anticorpi circolanti<br />

contro l’endomisio e la tTG). Si è <strong>di</strong>mostrato che il background genetico fornito dal topo<br />

NOD è necessario per lo sviluppo <strong>di</strong> questa patologia autoimmune ma non sono chiari<br />

quali precisi elementi vi contribuiscano [42].<br />

ARTRITE REUMATOIDE (RA)<br />

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce la<br />

membrana sinoviale delle articolazioni che aumenta <strong>di</strong> volume invadendo la cartilagine<br />

provocandone l’erosione e la graduale <strong>di</strong>struzione. Questo processo proliferativo si estende<br />

fino all’osso interessando tutti i tessuti che circondano l’articolazione.<br />

Si stima che in Italia la popolazione colpita si aggiri attorno all’1%. Colpisce<br />

preferibilmente le donne (3:1). Sebbene sia possibile la sua comparsa nell’età pe<strong>di</strong>atrica si<br />

rivela per lo più tra i 35-50 anni. Presenta un decorso ciclico con fasi <strong>di</strong> acutizzazione che<br />

si alternano a perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> remissione. Sintomi tipici sono: anemia, febbre, astenia (debolezza<br />

20


muscolare), dolore articolare caratterizzato da tumefazione (gonfiore) e da rigi<strong>di</strong>tà<br />

articolare. La malattia colpisce le articolazioni in modo simmetrico.<br />

Le cause scatenanti sono multifattoriali tra cui infezioni virali (Epstein-Barr virus o<br />

Citomegalovirus) e pre<strong>di</strong>sposizione ere<strong>di</strong>taria (persone con consanguineo affetto da RA<br />

hanno una probabilità 4 volte maggiore <strong>di</strong> essere colpite dalla malattia).<br />

L’associazione tra RA e <strong>celiachia</strong> è ben documentata. Elevati titoli <strong>di</strong> fattore reumatoide<br />

(FR) IgA e IgM sono stati rilevati in pazienti affetti da <strong>celiachia</strong> sia prima che dopo la<br />

manifestazione <strong>di</strong> sintomi <strong>di</strong> artrite. Il fattore reumatoide è composto da un gruppo <strong>di</strong><br />

anticorpi, per lo più della classe IgM, che reagiscono contro le IgG <strong>di</strong> varia origine nei<br />

liqui<strong>di</strong> organici, formando immunocomplessi che danneggiano i tessuti. La presenza <strong>di</strong> FR-<br />

IgA nel fluido <strong>di</strong>giunale e la sua non determinabilità in caso <strong>di</strong> deficit <strong>di</strong> IgA suggeriscono<br />

la sede <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> tale FR. Alcuni autori hanno inoltre ipotizzato un ruolo concausale<br />

<strong>di</strong> antigeni del Proteus in pazienti celiaci affetti da artrite reumatoide [43].<br />

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES)<br />

Il nome lupus eritematoso sistemico risale all’inizio del XX secolo. Lupus è una parola<br />

d’origine latina, che si riferisce al caratteristico rash a forma <strong>di</strong> farfalla riscontrata sul viso<br />

<strong>di</strong> molti pazienti con LES, che ricordava ai me<strong>di</strong>ci i contrassegni bianchi presenti sul muso<br />

dei lupi. Sistemico significa che interessa <strong>di</strong>versi organi del corpo. Eritematoso in greco<br />

vuol <strong>di</strong>re rosso e si riferisce al rossore dell’eritema cutaneo.<br />

E’ una malattia sistemica autoimmune che colpisce parecchi organi quali reni (nel 50% dei<br />

casi), polmoni, cervello (raro), cuore, sangue, cute ed articolazioni. La malattia ha un<br />

quadro clinico estremamente vario, caratterizzato da fasi <strong>di</strong> attività alternate ad altre <strong>di</strong><br />

remissione. L’inizio o la ricaduta del LES può essere scatenato da vari fattori, quali lo<br />

sbilanciamento <strong>degli</strong> ormoni durante la pubertà, l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole,<br />

alcune infezioni virali e certi me<strong>di</strong>cinali. All’esor<strong>di</strong>o, i sintomi più comuni sono <strong>di</strong>sturbi<br />

non specifici, come stanchezza, senso <strong>di</strong> affaticamento e malessere generale. In molti casi<br />

c’è una febbre intermittente o continua, calo <strong>di</strong> peso e per<strong>di</strong>ta dell’appetito. In seguito,<br />

appaiono segni specifici causati dall’interessamento <strong>di</strong> uno o più organi del corpo. La cute<br />

e le mucose sono spesso coinvolte mostrando <strong>di</strong>versi tipi d’eritema, fotosensibilità e<br />

ulcerazioni nel naso e nella bocca. Il tipico eritema a “farfalla”, che si estende fra gli<br />

zigomi coprendo i lati del naso, è presente in un terzo dei bambini affetti. I sintomi<br />

21


possono manifestarsi anche con dolore alle articolazioni, dolori muscolari, anemia,<br />

ecchimosi, mal <strong>di</strong> testa, convulsioni e dolori al petto.<br />

Attualmente in Italia i malati <strong>di</strong> LES sono circa 50000, con un numero <strong>di</strong> circa 1500-2000<br />

nuovi casi <strong>di</strong>agnosticati ogni anno. Si tratta <strong>di</strong> una malattia <strong>di</strong>ffusa in tutte le aree<br />

geografiche anche se sembra più comune nelle popolazioni d’origine afro-americana,<br />

ispanica, asiatica e in<strong>di</strong>gena del nord America. Colpisce particolarmente il sesso<br />

femminile. L’esor<strong>di</strong>o può avvenire a qualsiasi età. Per le donne, comunque, il picco<br />

massimo d’incidenza è a 37 anni, nel pieno cioè del periodo fertile. Per il sesso maschile la<br />

tipica età <strong>di</strong> insorgenza è identificata attorno ai 50 anni. L’esor<strong>di</strong>o della malattia è raro<br />

prima del quinto anno d’età ed insolito prima dell’adolescenza.<br />

E’ caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> anticorpi <strong>di</strong>retti contro antigeni nucleari quali gli<br />

anticorpi anti-nucleo (ANA), che si riscontrano però anche in altre malattie (esempio<br />

l’artrite i<strong>di</strong>opatica giovanile) e persino nel 5% dei bambini sani, gli anticorpi anti-dsDNA,<br />

gli anticorpi anti-fosfolipi<strong>di</strong> e gli anticorpi anti-Sm. Questi ultimi autoanticorpi si trovano<br />

quasi esclusivamente in pazienti con il LES e spesso aiutano a confermare la <strong>di</strong>agnosi.<br />

Oltre agli anticorpi antinucleo, nel lupus sono importanti gli anticorpi <strong>di</strong>retti contro le<br />

cellule del sangue.<br />

In letteratura vengono descritti pochi casi <strong>di</strong> SLE e CD in combinazione anche se viene<br />

riportata una prevalenza <strong>di</strong> anticorpi anti-glia<strong>di</strong>na nei pazienti con SLE sino al 23%. La<br />

maggior parte non mostra segni <strong>di</strong> enteropatia nella biopsia. Sebbene queste due malattie<br />

non sembrano essere legate da un punto <strong>di</strong> vista sierologico, sono accomunate dal substrato<br />

genetico. Infatti nel 40-70% <strong>di</strong> pazienti con SLE è presente l’aplo<strong>tipo</strong> HLA-DQ2/DR3<br />

[44]. A tal riguardo sono stati compiuti <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> utilizzando proprio il topo NOD che con<br />

l’età sviluppa alcune caratteristiche del LES quali l’anemia emolitica e gli anticorpi anti-<br />

nucleo. Sono state identificate 4 regioni geniche sui cromosomi murini 1, 10, 16 e 17 che<br />

potrebbero essere implicate nello sviluppo della malattia [45].<br />

ENTEROPATIA<br />

Nell’enteropatia da glutine il quadro clinico è caratterizzato da <strong>di</strong>arrea cronica secretiva,<br />

aumento delle IgA e delle IgM mucosali dopo esposizione alla glia<strong>di</strong>na, depositi <strong>di</strong><br />

immunocomplessi, sintomi da malassorbimento nel bambino con <strong>di</strong>arrea intermittente,<br />

dolore addominale, irritabilità, steatorrea, possibile evoluzione con edemi periferici da<br />

enteropatia proteino-<strong>di</strong>sperdente, anemia, <strong>di</strong>atesi emorragica da deficit <strong>di</strong> vitamina K,<br />

22


tetania da deficit <strong>di</strong> calcio e magnesio e deficit <strong>di</strong> crescita; per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso nell’adulto.<br />

L’enteropatia autoimmune è caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> autoanticorpi circolanti <strong>di</strong>retti<br />

contro l’orletto a spazzola e/o contro il citoplasma <strong>degli</strong> enterociti. L’epidemiologia<br />

genetica ha <strong>di</strong>mostrato che esiste una pre<strong>di</strong>sposizione genetica associata agli aplotipi HLA<br />

B8 e DW3. Stu<strong>di</strong> genomici suggeriscono che contribuiscono alla suscettibiltà anche altri<br />

loci non MHC. L’esatto ruolo <strong>di</strong> questi geni ad<strong>di</strong>zionali, che potrebbero essere coinvolti<br />

nell’inizio e nella progressione della malattia, rimane da stabilire.<br />

23


DIABETE MELLITO INSULINO-DIPENDENTE<br />

INTRODUZIONE<br />

Il termine <strong>di</strong>abete deriva dal greco <strong>di</strong>abetes e significa passare attraverso. Infatti uno dei<br />

segni clinici più <strong>di</strong>stintivi <strong>di</strong> tale patologia è la presenza <strong>di</strong> zucchero nelle urine, che vi<br />

giunge attraverso il rene quando la sua concentrazione nel sangue supera un certo valore.<br />

L’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale della Sanità ha stabilito che il livello massimo <strong>di</strong> glicemia a<br />

<strong>di</strong>giuno è <strong>di</strong> 126 mg/dl.<br />

Il <strong>di</strong>abete mellito insulino-<strong>di</strong>pendente (IDDM) o <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> I o 1 è una malattia poligenica ad<br />

ere<strong>di</strong>tarietà autosomica e multifattoriale con fattori genetici, ere<strong>di</strong>tari, ambientali (<strong>di</strong>eta,<br />

infezioni da virus o agenti <strong>di</strong> natura non infettiva come tossine, interferenze ormonali),<br />

immunologici e fenomeni acquisiti che governano la sua insorgenza.<br />

E’ una patologia cronica autoimmune organo-specifica ed è la più comune tra le malattie<br />

endocrine, caratterizzata da alterazioni metaboliche che colpiscono vari organi.<br />

L’IDDM insorge soprattutto in età pe<strong>di</strong>atrica per questo è conosciuto anche come "<strong>di</strong>abete<br />

giovanile". E’ raro prima dei 9 mesi <strong>di</strong> età, si registra un picco tra i 5-15 anni, con<br />

un'uguale incidenza in entrambi i sessi. E’ la forma meno frequente (circa il 5% <strong>di</strong> tutti i<br />

<strong>di</strong>abetici). La frequenza della malattia varia molto nel mondo: 0,06% in Giappone, 1,3%<br />

negli USA, 0,26% in Italia con l’eccezione del 1,5-2% in Sardegna, in Europa il tasso <strong>di</strong><br />

incidenza è alto al nord, nord-ovest [46].<br />

Mentre i sintomi (poliuria, poli<strong>di</strong>psia, polifagia, ipoinsulinemia, iperglicemia, progressiva<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso, in alcuni casi comparsa <strong>di</strong> chetoacidosi) appaiono improvvisamente, lo<br />

sviluppo della malattia richiede tempi molto lunghi.<br />

Il <strong>di</strong>abete è una malattia complessa e può comportare complicanze serie, legate ad un<br />

insufficiente controllo glicemico, se non è tempestivamente <strong>di</strong>agnosticata: retinopatia<br />

(cecità), nefropatia (insufficienza renale), neuropatia (macroangiopatia) e problemi<br />

car<strong>di</strong>ovascolari (infarto miocar<strong>di</strong>co).<br />

Spesso viene riscontrata una storia familiare <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete mellito <strong>tipo</strong> 1, <strong>celiachia</strong> o altri<br />

<strong>di</strong>sturbi endocrini <strong>di</strong> natura autoimmune come la tiroi<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Hashimoto, vitiligine o anemia<br />

perniciosa. Inoltre il 6% dei pazienti stessi può avere associata la <strong>celiachia</strong> o, in una<br />

percentuale quasi doppia, può comparire all'epoca della pubertà la tiroi<strong>di</strong>te autoimmune.<br />

24


Sindromi genetiche a volte associate con il <strong>di</strong>abete sono la sindrome <strong>di</strong> Down, <strong>di</strong><br />

Klinefelter, <strong>di</strong> Turner, l’atassia <strong>di</strong> Friedreich, la Corea <strong>di</strong> Huntington, la <strong>di</strong>strofia miotonica<br />

e la porfiria [47].<br />

Il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 si manifesta a seguito della <strong>di</strong>struzione progressiva e altamente selettiva<br />

delle cellule <strong>degli</strong> isolotti <strong>di</strong> Langerhans pancreatiche, unica fonte dell'organismo <strong>di</strong><br />

insulina, ormone chiave per controllare il glucosio nel sangue, ad opera <strong>di</strong> linfociti T<br />

citotossici attivati, provocata da una reazione autoimmunitaria in corso. La <strong>di</strong>struzione del<br />

patrimonio cellulare del pancreas è irreversibile. L’unica terapia è la somministrazione <strong>di</strong><br />

insulina.<br />

PATOGENESI<br />

C’è sia una risposta autoimmune cellulare che anticorpale. Si ritiene che il danno sia<br />

dovuto soprattutto alla risposta cellulare mentre gli anticorpi costituirebbero un<br />

epifenomeno che aiuterebbe a perpetuare la reazione autoimmune, favorendo la<br />

presentazione <strong>degli</strong> autoantigeni ai linfociti T. Me<strong>di</strong>ante tecniche genetiche e sierologiche<br />

è stato però <strong>di</strong>mostrato che anche le cellule B svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo<br />

delle insuliti e del <strong>di</strong>abete. Altri fattori, correlati ai linfociti B, altrettanto importanti sono le<br />

citochine che alterano sia la loro funzione che la loro specificità antigenica.<br />

Nella fase iniziale, clinicamente silente, linfociti T autoreattivi ed altre cellule<br />

infiammatorie invadono gli isolotti pancreatici <strong>di</strong>struggendoli provocando così l’insulite<br />

cioè necrosi insulare con infiltrazione linfocitaria [48].<br />

L'insulina è abbondantemente espressa negli isolotti pancreatici ma ci sono cellule anche<br />

nel timo che esprimono antigeni periferici come l'insulina e GAD65. Dal momento che<br />

quin<strong>di</strong> ci sono cellule APC esprimenti insulina ci si chiede come possono i linfociti T<br />

autoreattivi sfuggire nel timo alla selezione negativa. Due spiegazioni sono possibili: 1) i<br />

pepti<strong>di</strong> riconosciuti dai linfociti T non sono presenti ad una concentrazione sufficiente ad<br />

indurre la selezione negativa o 2) le cellule APC esprimono sulla loro superficie <strong>di</strong><br />

membrana molecole MHC II che legano debolmente i pepti<strong>di</strong> antigenici [81].<br />

La prima fase è caratterizzata dalla comparsa nelle cellule insulari <strong>di</strong> un infiltrato costituito<br />

da macrofagi, linfociti B, cellule NK, linfociti T CD8 + e linfociti CD4 + con un profilo<br />

citochinico <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> Th1. I linfociti Th1 tramite la produzione <strong>di</strong> IFN e TNF scatenano<br />

una risposta infiammatoria attivando macrofagi, stimolando la produzione <strong>di</strong> anticorpi IgG,<br />

attivando una risposta citotossica. I linfociti creano un microambiente ricco <strong>di</strong> citochine<br />

25


infiammatorie e fattori <strong>di</strong> crescita che potenziano e mantengono la risposta autoreattiva.<br />

L’IL1 inibisce la secrezione <strong>di</strong> insulina delle cellule e ad alte concentrazioni è<br />

citotossica. L’IFN stimola l’espressione <strong>di</strong> molecole HLA ed è chemiotattico verso altri<br />

linfociti. Oltre a queste reazioni <strong>di</strong> citotossicità T-me<strong>di</strong>ata importanti sono i fenomeni<br />

apoptotici. Infatti i me<strong>di</strong>atori rilasciati nel microambiente inducono l’espressione sulle<br />

cellule pancreatiche <strong>di</strong> Fas, iniziatore del programma <strong>di</strong> morte cellulare. I topi NOD con<br />

<strong>di</strong>fetto genetico del Fas sono protetti dallo sviluppo del <strong>di</strong>abete. La molecola interagirebbe<br />

con il suo ligando (Fas ligando) presente sulle cellule mononucleate infiltranti. I corpi<br />

apoptotici non rimossi, per alterazioni dell’attività dei fagociti, costituiscono una ricca<br />

fonte <strong>di</strong> autoantigeni [49].<br />

GENETICA<br />

Gli <strong>stu<strong>di</strong></strong> effettuati hanno <strong>di</strong>mostrato una certo substrato genetico: i figli <strong>di</strong> un ammalato<br />

hanno maggiori probabilità <strong>di</strong> contrarre la patologia rispetto a chi non ha familiari <strong>di</strong>abetici<br />

(intorno al 5-10%). Le possibilità aumentano ancora se entrambi i genitori ne soffrono<br />

(circa il 23%). In ogni caso non si può parlare <strong>di</strong> una vera e propria ere<strong>di</strong>tarietà ma <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>sposizione.<br />

Il principale fattore genetico correlato al rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete è probabilmente il sistema HLA.<br />

Circa il 90% dei soggetti con IDMM hanno l'aplo<strong>tipo</strong> HLA-DQ8/DR4 o HLA-DQ2/DR3.<br />

Il 40-50% dei soggetti <strong>di</strong>abetici è doppio eterozigote DR3-DR4. In realtà si è visto che<br />

alcuni aplotipi HLA conferiscono un aumento del rischio <strong>di</strong> sviluppare il <strong>di</strong>abete mentre<br />

altri risultano quasi protettivi (Tab.1-pag. successiva) [50].<br />

Solo il 10% <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui eterozigoti che hanno l'aplo<strong>tipo</strong> HLA a più alto rischio sviluppa<br />

il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1. Perciò per lo sviluppo della malattia è necessaria la suscettibilità ad<br />

altri loci ma l'identificazione e la funzione <strong>di</strong> questi sono ancora ampiamente sconosciuti.<br />

Altre regioni cromosomiche potrebbero contribuire alla suscettibilità: sul cromosoma 2 il<br />

locus IDDM12 (2q33) che contiene il gene per CTLA4 e il locus IDDM10 che contiene il<br />

gene per GAD65; sul cromosoma 11 il locus IDDM2 (11p55) che contiene il gene per<br />

l’insulina; sul cromosoma 10 il locus IDDM7 (10p) che contiene il gene per un fattore <strong>di</strong><br />

trascrizione espresso durante lo sviluppo del pancreas [51].<br />

Comunque la mancanza <strong>di</strong> una completa concordanza per la malattia nei gemelli omozigoti<br />

pone in rilievo l’importanza dei fattori ambientali.<br />

26


RISCHIO<br />

Elevato<br />

Moderato<br />

Basso o poco protettivo<br />

Molto protettivo<br />

HLA-DRB1<br />

0401 (DR4)<br />

HLA<br />

HLA-DQA1 DQB1<br />

0402 (DR4)<br />

0405 (DR4)<br />

0301 0302 (DQ8)<br />

0301 (DR17(3)) 0501 0201 (DQ2)<br />

0801 (DR8) 0401 0402 (DQ4)<br />

0101 (DR1) 0101 0501 (DQ5)<br />

0901 (DR9) 0301 0303 (DQ9)<br />

0401 (DR4) 0301 0301 (DQ7)<br />

0403 (DR4) 0301 0302 (DQ8)<br />

0701 (DR7) 0201 0201 (DQ2)<br />

1101 (DR11(5)) 0501 0301 (DQ7)<br />

1501 (DR15(2)) 0102 0602 (DQ6)<br />

1401 (DR14(6)) 0101 0503 (DQ5)<br />

0701 (DR7) 0201 0303 (DQ9)<br />

Tab.1 Tabella in<strong>di</strong>cante l’associazione tra gli aplotipi HLA e il grado del rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />

il <strong>di</strong>abete insulino-<strong>di</strong>pendente.<br />

ANTIGENI<br />

Le proteine riconosciute dagli autoanticorpi nei pazienti <strong>di</strong>abetici sono: 1) GAD65 2) IA-2<br />

o IA-2 3) insulina. E' possibile che più <strong>di</strong> un antigene possa essere coinvolto nelle fasi<br />

precoci della malattia [81].<br />

GAD<br />

L’enzima glutammico decarbossilasi (GAD) esiste in due forme co<strong>di</strong>ficate<br />

in<strong>di</strong>pendentemente da 2 geni localizzati rispettivamente sui cromosomi 10 e 2: GAD65 <strong>di</strong><br />

65 kDa e GAD67 <strong>di</strong> 67 kDa, che <strong>di</strong>fferiscono nella sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca all'estremità N-<br />

terminale. Questa proteina è importante nel sistema nervoso centrale dove catalizza la<br />

trasformazione dell’acido glutammico in acido -aminobutirrico (GABA),<br />

neurotrasmettitore inibitore [52]. E’ un enzima citoplasmatico, si trova soprattutto nei<br />

tessuti nervosi endocrini ed ha una regione la cui sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca è simile a quella<br />

della proteina P-2C del virus Coxsackie B. Quin<strong>di</strong> un'ipotesi sul suo ruolo patogenico nel<br />

<strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 potrebbe coinvolgere il fenomeno del mimetismo molecolare [81].<br />

IA-2/IA-2β<br />

Il gene per IA-2 si trova sul cromosoma 2q35 e co<strong>di</strong>fica per una proteina <strong>di</strong> 979 aa. Il gene<br />

per IA-2β è situato sul cromosoma 7q36 [53]. IA-2 e IA-2β, o ICA512 o fogrina, due<br />

proteine appartenenti alla famiglia delle tirosinfosfatasi (PTP), sono i maggiori<br />

27


autoantigeni nel <strong>di</strong>abete. IA-2β <strong>di</strong>fferisce da IA-2 per la mancanza <strong>di</strong> 388 aa all’estremità<br />

N-terminale e <strong>di</strong> 65 aa a quella C-terminale. Vengono espresse nei tessuti neuroendocrini,<br />

incluse le isole pancreatiche. Entrambe le proteine sono formate da: un peptide segnale,<br />

una regione extracellulare <strong>di</strong> 20 kDa, un dominio transmembrana, una regione citosolica <strong>di</strong><br />

42 kDa che include all'estremità C-terminale un dominio PTP <strong>di</strong> 18 kDa [54].<br />

Gli epitopi riconosciuti dagli autoanticorpi mappano nella regione citosolica e si<br />

<strong>di</strong>stribuiscono tra il dominio PTP (79% <strong>di</strong> omologia tra le due proteine) e il precedente<br />

segmento giustapposto alla membrana (juxtamembrane-JM) (60% <strong>di</strong> omologia). Sembrano<br />

esserci ampi cambiamenti nella specificità epitopica <strong>degli</strong> anticorpi durante la progressione<br />

della malattia dalla fase pre-clinica a quella post-clinica.<br />

Il progressivo ampliamento (sprea<strong>di</strong>ng) della risposta autoimmune ai <strong>di</strong>versi epitopi delle<br />

tirosinfosfatasi, con massima specificità per quello JM, si verifica nella stragrande<br />

maggioranza dei casi entro i primissimi anni <strong>di</strong> vita e rappresenterebbe il miglior in<strong>di</strong>catore<br />

in<strong>di</strong>retto della <strong>di</strong>struzione autoimmune della cellula. Ciò suggerisce che probabilmente la<br />

regione JM possa contenere qualche epitopo criptico nei confronti del quale è<br />

primariamente <strong>di</strong>retta l'autoimmunità anti-cellula pancreatica e la cui identificazione<br />

potrebbe aiutare la prevenzione primaria della malattia [55].<br />

INSULINA<br />

Il gene co<strong>di</strong>ficante l’insulina si trova sul cromosoma 11p15. La sequenza <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong><br />

dell'ormone fu stabilita da Sanger nel 1960. Ciò condusse alla sintesi completa della<br />

proteina nel 1963 e alla determinazione della sua struttura tri<strong>di</strong>mensionale per opera <strong>di</strong><br />

Hodgking e collaboratori.<br />

Le cellule <strong>degli</strong> isolotti <strong>di</strong> Langerhans sintetizzano l'insulina partendo da un precursore:<br />

la pre-pro-insulina. A livello della membrana del reticolo endoplasmatico si origina la pro-<br />

insulina costituita da 3 domini: 1 catena B N-terminale, 1 catena A C-terminale e 1 peptide<br />

C <strong>di</strong> collegamento. Nella conversione della pro-insulina in insulina, 4 amminoaci<strong>di</strong> basici e<br />

il restante peptide <strong>di</strong> connessione vengono asportati per proteolisi. Questo <strong>di</strong>stacco dà<br />

origine alle due catene polipepti<strong>di</strong>che A e B che costituiscono la molecola <strong>di</strong> insulina. La<br />

catena A contiene un ponte <strong>di</strong>solfuro al suo interno (tra gli amminoaci<strong>di</strong> 6 e 11) e due ponti<br />

<strong>di</strong>solfuro uniscono le due subunità tra loro. L'insulina è una proteina risultante dalla<br />

polimerizzazione <strong>di</strong> più unità elementari costituite ciascuna da 51 ra<strong>di</strong>cali amminoaci<strong>di</strong><br />

riuniti in due catene polipepti<strong>di</strong>che (A e B). Infatti la catena A è costituita <strong>di</strong> solito da 21<br />

28


esidui aminoaci<strong>di</strong>ci e la catena B da 30. Il suo PM è circa 5800. Le due catene<br />

dell'insulina formano una struttura altamente or<strong>di</strong>nata con più regioni ad -elica sia nella<br />

catena A sia nella catena B. Le catene isolate dell'insulina sono inattive [56].<br />

Fig.4 Raffigurazione tri<strong>di</strong>mensionale della struttura dell’insulina. La formula è<br />

C254H377N65O76S6: in rosso gli atomi <strong>di</strong> C, in verde quelli <strong>di</strong> O, in blu quelli <strong>di</strong> N e in rosa quelli<br />

<strong>di</strong> S.<br />

Sebbene la sequenza <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> dell'insulina si sia conservata in gran parte invariata<br />

nel corso dell'evoluzione, essa presenta variazioni importanti tra le specie che spiegano le<br />

<strong>di</strong>fferenze sia nella potenza biologica sia nell'immunogenicità. Nella maggior parte delle<br />

specie esiste un unico gene per l'insulina e un unico prodotto proteico. Fanno eccezione i<br />

ratti e i topi che hanno due geni co<strong>di</strong>ficanti l'insulina e sintetizzano due molecole che<br />

<strong>di</strong>fferiscono tra loro per due residui aminoaci<strong>di</strong>ci nella catena B [57].<br />

L'insulina svolge essenzialmente due importanti funzioni:<br />

− garantisce il trasporto del glucosio nei vari tessuti dell'organismo<br />

− permette la trasformazione del glucosio in glicogeno (glicogenosintesi).<br />

L'insulina in realtà evoca un ampio spettro <strong>di</strong> risposte biologiche: 1) promuove il deposito<br />

<strong>di</strong> grasso e <strong>di</strong> glucosio (entrambi fonti <strong>di</strong> energia), convertendolo in trigliceri<strong>di</strong>, all'interno<br />

<strong>di</strong> cellule bersaglio specializzate 2) influenza la crescita cellulare e le funzioni metaboliche<br />

<strong>di</strong> una grande varietà <strong>di</strong> tessuti (fegato, tessuto muscolare e tessuto a<strong>di</strong>poso) 3) interviene<br />

nella sintesi proteica e nella sintesi <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> nucleici [58].<br />

ANTICORPI<br />

I più importanti anticorpi nell’ambito del <strong>di</strong>abete insulino-<strong>di</strong>pendente sono: 1) gli anticorpi<br />

anti-cellula pancreatica (ICA) contro aspecifici autoantigeni cellulari, 2) gli anticorpi<br />

29


anti-glutammicodecarbossilasi (GADA), 3) gli anticorpi anti-tirosinfosfatasi (IA2A/IA-<br />

A) e 4) gli anticorpi anti-insulina (IAA).<br />

Dopo l'inizio della terapia insulinica tali anticorpi a poco a poco <strong>di</strong>minuiscono e quelli che<br />

hanno una più lunga durata sono quelli anti-GAD che si sono <strong>di</strong>mostrati positivi, in alcuni<br />

casi, perfino dopo 10 anni dalla comparsa del <strong>di</strong>abete mellito <strong>tipo</strong> 1.<br />

Il rilevamento <strong>di</strong> anticorpi anti-GAD, anti-IA2 e anti-insulina è un metodo usato <strong>di</strong> routine<br />

per lo screening. Essi costituiscono i marcatori principali della fase preclinica del <strong>di</strong>abete<br />

<strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1. In genere infatti la presenza <strong>degli</strong> anticorpi precede <strong>di</strong> anni lo sviluppo della<br />

malattia.<br />

Se c’è un solo <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> autoanticorpo non ha forte valore prognostico. La contemporanea<br />

presenza <strong>di</strong> più tipi <strong>di</strong> autoanticorpi, perdurante nel tempo, ha invece un alto valore<br />

pre<strong>di</strong>ttivo. Il loro rilevamento combinato rappresenta il miglior test pre<strong>di</strong>ttivo nei parenti<br />

pre<strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> 1° grado <strong>di</strong> pazienti affetti da IDDM. Infatti identifica il 90% <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui<br />

a rischio [59].<br />

Tutti questi autoanticorpi appartengono soprattutto all'iso<strong>tipo</strong> IgG1, in<strong>di</strong>cando che vengono<br />

indotte cellule Th CD4 + autoantigene specifiche.<br />

Gli autoanticorpi caratteristici del <strong>di</strong>abete presentano alcune regioni geniche V uguali a<br />

quelle impiegate per la formazione <strong>degli</strong> autoanticorpi anti-DNA e anti-FR espressi nei<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni autoimmuni sistemici [74].<br />

ICA<br />

Gli anticorpi anti-insula pancreatica sono organo-specifici <strong>di</strong> classe IgG, identificati per la<br />

prima volta nel 1974. Si rilevano tramite test <strong>di</strong> immunofluorescenza in<strong>di</strong>retta su sezioni <strong>di</strong><br />

tessuto pancreatico umano. Da dati riguardanti i marcatori immunologici ottenuti nei<br />

parenti <strong>di</strong> 1° grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 si è visto che la presenza <strong>di</strong> anticorpi ICA ad alto<br />

titolo (>20 JDF unità) configura un 40-60% <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete <strong>tipo</strong> 1 nei successivi 5-7<br />

anni [60].<br />

GADA<br />

Gli anticorpi contro GAD65 sono <strong>di</strong>retti principalmente contro la porzione centrale (245-<br />

449 aa) e C-terminale (450-585 aa) della proteina [56].<br />

30


IA-2A/IA-2A<br />

Gli anticorpi anti-IA2 rappresentano uno dei più importanti marcatori immunosierologici<br />

del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1. La presenza <strong>di</strong> autoanticorpi verso queste proteine si rileva nel 70% <strong>di</strong><br />

pazienti neo<strong>di</strong>agnosticati e nei loro parenti <strong>di</strong> primo grado.<br />

L'anticorpo per la regione JM dell'antigene (IA-2JMA) compare generalmente per primo<br />

negli infanti e determinerebbe una più rapida progressione per il <strong>di</strong>abete (<strong>di</strong>abete ad<br />

insorgenza infantile rispetto a quello del giovane o del giovane adulto) sia quando presente<br />

da solo ma soprattutto quando eventualmente si verifica il fenomeno dello sprea<strong>di</strong>ng<br />

autoanticorpale con la comparsa associata <strong>degli</strong> autoanticorpi anti-IA-2 e anti-IA-2. E'<br />

stato anche ipotizzato che l'autoanticorpo anti-IA-2JM possa influenzare la processazione<br />

dell'antigene determinando un’attivazione delle cellule T con inasprimento ed<br />

autoperpetuazione della cascata autoimmune anti-cellula , i cui in<strong>di</strong>catori in<strong>di</strong>retti<br />

sarebbero proprio gli autoanticorpi anti-IA-2 e anti-IA-2. Essi reagiscono soprattutto con<br />

il dominio intracellulare delle proteine [61].<br />

La maggior parte dei sieri che riconoscono IA-2 riconoscono anche IA-2 ma non<br />

viceversa. Perciò gli autoanticorpi anti-fogrina sembrano esser un sottogruppo <strong>di</strong> quelli<br />

anti-IA-2 [53].<br />

IAA<br />

Gli anticorpi anti-insulina hanno un alto valore pre<strong>di</strong>ttivo per uno sviluppo rapido della<br />

malattia conclamata. Sono <strong>di</strong> classe IgG. La misurazione <strong>degli</strong> IAA è importante per la<br />

<strong>di</strong>agnosi ma soprattutto per la pre<strong>di</strong>zione dell'IDDM. Infatti gli IAA sono tra i primi<br />

autoanticorpi a comparire. Gli autoanticorpi sono <strong>di</strong>retti contro epitopi che mappano<br />

soprattutto sulla catena B della proteina [82].<br />

FATTORI AMBIENTALI<br />

Principalmente 3 fattori ambientali sono ritenuti importanti nella patogenesi dell’IDDM: 1)<br />

infezioni virali (in particolare da enterovirus: Rubella congenita, Citomegalovirus) 2) latte<br />

vaccino e 3) glutine. Tutti e tre entrano in contatto con l’organismo a livello della mucosa<br />

intestinale.<br />

Il meccanismo con cui le infezioni da enterovirus avviino l’autoimmunità nel pancreas non<br />

è noto. Una possibile spiegazione prevede la teoria del mimetismo molecolare cioè la<br />

somiglianza tra proteine virali e pancreatiche [62].<br />

31


La precoce introduzione del latte vaccino scatena una risposta immune contro l’insulina<br />

bovina in esso contenuta e provoca un minor effetto protettivo garantito invece dal latte<br />

materno. Gli anticorpi che reagiscono con l’insulina bovina non sono però correlati agli<br />

IAA. Il ruolo del latte vicino è comunque controverso [63].<br />

GLUTINE<br />

Più complesso è il ruolo giocato dal glutine.<br />

La frequenza del <strong>di</strong>abete è in aumento nei Paesi industrializzati e negli ultimi anni si è<br />

assistito ad un’anticipazione dell’età <strong>di</strong> comparsa (sotto i 4 anni). Di conseguenza i fattori<br />

ambientali dovrebbero agire in età precoce. Quin<strong>di</strong> si suppone che l’aumento del rischio sia<br />

imputabile a fattori ambientali legati alla <strong>di</strong>eta. Si devono perciò analizzare i cambiamenti<br />

avvenuti soprattutto nell’alimentazione dei bambini quali la precoce introduzione del latte<br />

vaccino, come detto precedentemente, e un’aumentata introduzione <strong>di</strong> glutine. Nel secolo<br />

scorso sono cambiate le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>etetiche non tanto con l’introduzione ma con l’aumento<br />

delle quantità. Tale variazione è avvenuta in un lasso <strong>di</strong> tempo (poco più <strong>di</strong> un secolo) così<br />

breve da non permettere l’adattamento della specie umana in termini <strong>di</strong> selezione naturale,<br />

non c’è stato il tempo sufficiente per permettere cambiamenti genetici nella popolazione<br />

(adattamento) [64].<br />

32


CELIACHIA E DIABETE<br />

L’associazione tra <strong>celiachia</strong> e <strong>di</strong>abete è in realtà nota da tempo: fu descritta per la prima<br />

volta nel 1969 [65] ma la sua natura non è conosciuta.<br />

Alterazioni intestinali sono frequenti nei <strong>di</strong>abetici all’esor<strong>di</strong>o. Infatti si riscontrano<br />

frequentemente sintomi gastrointestinali come nausea, vomito, dolori addominali, <strong>di</strong>arrea e<br />

costipazione.<br />

Diversi <strong>stu<strong>di</strong></strong> compiuti su popolazioni <strong>di</strong>fferenti hanno cercato <strong>di</strong> valutare l’associazione tra<br />

queste due malattie autoimmuni. E' risultata un'alta prevalenza della malattia celiaca (10%<br />

circa) ed una maggiore pre<strong>di</strong>sposizione a sviluppare la malattia in pazienti con <strong>di</strong>abete ad<br />

esor<strong>di</strong>o precoce.<br />

E’ vero anche viceversa: pazienti celiaci possono sviluppare nel tempo, soprattutto se non<br />

sottoposti a trattamento, il <strong>di</strong>abete [66].<br />

Le due patologie hanno un comune substrato genetico dato dagli stessi HLA (DR3/DR4,<br />

DQ2 e DQ8). La pre<strong>di</strong>sposizione genetica determina rischio anche nei parenti <strong>di</strong> soggetti<br />

celiaci e <strong>di</strong> <strong>di</strong>abetici [67].<br />

Comunque il background genetico simile non è la sola caratteristica che hanno in comune<br />

le due malattie. Si ipotizza infatti un ruolo causale dell’intolleranza al glutine nello<br />

sviluppare la reazione autoimmunitaria contro il pancreas. Il glutine è ritenuto perciò uno<br />

dei fattori ambientali che possa influenzare il rischio <strong>di</strong> sviluppare il <strong>di</strong>abete.<br />

Quest’affermazione si basa su <strong>di</strong>verse osservazioni:<br />

− anticorpi anti-pancreas, se presenti in pazienti celiaci, tendono a scomparire in seguito a<br />

<strong>di</strong>eta senza glutine [68]<br />

− regioni geografiche (Giappone, Corea, Polinesia) con basso consumo <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> grano<br />

hanno una minor incidenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete [83]<br />

− nei soggetti <strong>di</strong>abetici si assiste spesso ad una tarda positivizzazione agli anticorpi anti-<br />

tTG ad in<strong>di</strong>care l’insorgenza <strong>di</strong> un’intolleranza nei confronti del glutine.<br />

L’identificazione <strong>di</strong> una risposta autoimmune contro la tTG a livello mucosale in soggetti<br />

<strong>di</strong>abetici costituisce quin<strong>di</strong> un fattore <strong>di</strong> rischio per lo sviluppo <strong>di</strong> malattie autoimmuni<br />

come appunto la <strong>celiachia</strong>.<br />

Uno <strong>stu<strong>di</strong></strong>o condotto dal professor Panizon (<strong>Clinica</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Università <strong>di</strong> Trieste) porta<br />

all'ipotesi che i virus, il latte vaccino e il glutine, quest'ultimi se introdotti più<br />

33


precocemente nella <strong>di</strong>eta rispetto all'allattamento al seno, possano determinare l'insorgenza<br />

del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 attraverso una mo<strong>di</strong>ficazione della permeabilità intestinale (teoria<br />

della "bystander suppression") [69].<br />

Non è però chiaro come un’infiammazione nell’intestino sia legata al processo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struzione delle cellule . La scoperta <strong>di</strong> segni <strong>di</strong> attivata immunità mucosale cellulo-<br />

me<strong>di</strong>ata nell’intestino <strong>di</strong> pazienti IDDM è coerente con una risposta T mucosale anormale<br />

al glutine [70]. La spiegazione potrebbe venire dall’osservazione della presenza <strong>di</strong> cellule<br />

T <strong>di</strong>abetogeniche, con proprietà <strong>di</strong> homing mucosale, nel sistema immunitario associato<br />

all’intestino. L’ipotesi suggerita <strong>di</strong> legame tra i due organi è che i linfociti autoreattivi<br />

infiltranti gli isolotti esprimendo recettori homing associati all’intestino possano circolare<br />

liberamente tra pancreas e intestino [71].<br />

In realtà secondo un lavoro presente in letteratura ci sarebbe una finestra temporale <strong>di</strong><br />

esposizione ai cereali al <strong>di</strong> fuori della quale esisterebbe un rischio <strong>di</strong> sviluppare il <strong>di</strong>abete<br />

in bambini con pre<strong>di</strong>sposizione: prima dei 4 mesi o dopo i 7 mesi <strong>di</strong> età [71].<br />

Concludendo:<br />

− la <strong>di</strong>agnosi precoce <strong>di</strong> <strong>celiachia</strong> potrebbe ridurre il rischio <strong>di</strong> sviluppare il <strong>di</strong>abete<br />

mellito insulino <strong>di</strong>pendente<br />

− la <strong>di</strong>eta a-glutinata in soggetti pre<strong>di</strong>sposti al <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 sembra preservare la<br />

funzionalità delle cellule .<br />

La cura della <strong>celiachia</strong> ha quin<strong>di</strong> un effetto positivo sul <strong>di</strong>abete sia perché aiuta a<br />

migliorare il controllo metabolico, ed eventualmente a ridurre il fabbisogno insulinico, sia<br />

perché aiuta a prevenire possibili complicanze “silenziose” quali l’anemia e l’osteoporosi.<br />

34


TOPO NOD<br />

INTRODUZIONE<br />

Il topo NOD (Non Obese Diabetic) ha avuto origine in Giappone circa 20 anni fa (Makino<br />

S, Kunimoto K, Maraoka Y, Mizushima Y, Katagiri K, Toshino Y Bree<strong>di</strong>ng of a non-<br />

obese, <strong>di</strong>abetic strain of mice. Exp Anim 29: 1-13 (1980)).<br />

Esso sviluppa spontaneamente <strong>di</strong>verse malattie autoimmuni come il <strong>di</strong>abete insulino-<br />

<strong>di</strong>pendente, la sindrome <strong>di</strong> Siögren, il Lupus eritematoso sistemico e l'artrite reumatoide.<br />

Di queste però, la malattia meglio caratterizzata è l’IDDM, accompagnata da<br />

manifestazioni cliniche quali glicosuria, polifagia, poli<strong>di</strong>psia, poliuria, ipercolesterolemia e<br />

chetoanemia [44]. L'insulite nel topo NOD appare spontaneamente attorno alle 3-4<br />

settimane <strong>di</strong> età. La progressione a <strong>di</strong>abete avviene tra le 10-30 settimane <strong>di</strong> vita. I topi<br />

NOD femmina mostrano una più alta incidenza (10-40%) <strong>di</strong> IDDM rispetto ai maschi,<br />

<strong>di</strong>screpanza che non si riscontra nell'uomo [72]. Non sempre lunghi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> insuliti<br />

progre<strong>di</strong>scono necessariamente nella malattia. Il passaggio da questo stato <strong>di</strong> “insulite<br />

tollerata” al <strong>di</strong>abete coinvolge un cambiamento nel potenziale patogenico della<br />

popolazione linfocitaria [73].<br />

Rappresenta il miglior modello animale che ha fornito essenziali informazioni sui<br />

meccanismi patogenetici del <strong>di</strong>abete autoimmune [74]. Alcuni <strong>di</strong> questi potrebbero agire<br />

anche nella patogenesi del <strong>di</strong>abete umano. In realtà vi sono contrastanti osservazioni<br />

sull'efficacia <strong>di</strong> alcuni agenti terapeutici (citochine, -galactosilceramide, antiossidanti,<br />

nicotinamide, molecole che <strong>di</strong>struggono i ra<strong>di</strong>cali liberi,...) contro lo sviluppo del <strong>di</strong>abete<br />

testati nei topi NOD. Ciò suggerisce che nella patogenesi del <strong>di</strong>abete autoimmune siano<br />

coinvolti <strong>di</strong>fferenti meccanismi in specie <strong>di</strong>verse. Perciò questi modelli animali potrebbero<br />

essere considerati non come modelli del <strong>di</strong>abete in sè ma piuttosto modelli dei meccanismi.<br />

Questi animali con<strong>di</strong>vidono comunque importanti caratteristiche immunologiche con il<br />

<strong>di</strong>abete umano: 1) associazione genica, in particolare con i geni MHC 2) profilassi<br />

me<strong>di</strong>ante immunosoppressione 3) trasmissione della malattia me<strong>di</strong>ante trapianto <strong>di</strong> linfociti<br />

T o cellule ematopoietiche staminali del midollo osseo [75].<br />

35


PATOGENESI<br />

La nostra comprensione del <strong>di</strong>abete autoimmune, largamente basata sui risultati<br />

provenienti dagli esperimenti sui topi NOD, in<strong>di</strong>ca il verificarsi <strong>di</strong> 2 gruppi <strong>di</strong> eventi<br />

cruciali:<br />

1) l'attivazione <strong>di</strong> cellule T patogeniche capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere le cellule β pancreatiche<br />

2) l'induzione <strong>di</strong> meccanismi immunoregolatori responsabili della corretta soppressione <strong>di</strong><br />

risposte immuni potenzialmente patogeniche.<br />

Una lieve alterazione <strong>di</strong> questo equilibrio, data per esempio da un'infezione virale o da un<br />

altro fattore ambientale, darebbe il via all'insorgenza della malattia [74].<br />

Nel topo NOD all'inizio della periinsulite si riscontrano delle anormalità delle cellule T:<br />

iporesponsività proliferativa dei linfociti T, <strong>di</strong>minuzione del livello <strong>di</strong> IL2, assenza <strong>di</strong><br />

secrezione <strong>di</strong> IL4 e per<strong>di</strong>ta della funzione regolatoria delle cellule T. Inoltre nel timo e nel<br />

sistema periferico del topo NOD a 3 settimane <strong>di</strong> età si verifica una riduzione nel numero e<br />

nella funzionalità delle cellule <strong>tipo</strong>-NK. Ciò comporta una ridotta produzione <strong>di</strong> IL4 che a<br />

sua volta determina una minor <strong>di</strong>fferenziazione <strong>di</strong> cellule Th2 generando così un<br />

<strong>di</strong>sequilibrio fra linfociti periferici Th1 e Th2. A partire dalle 4-6 settimane si osserva<br />

un'alterazione nella secrezione <strong>di</strong> citochine da parte delle cellule T infiltranti gli isolotti. In<br />

particolare si verifica un aumento nel rapporto tra IFNγ e IL4 che è pre<strong>di</strong>ttivo<br />

dell'insorgenza del <strong>di</strong>abete [72].<br />

L'insulite inizia con un accumulo <strong>di</strong> macrofagi e cellule dendritiche attorno agli isolotti<br />

pancreatici <strong>di</strong> Langerhans. Il motivo <strong>di</strong> tale fenomeno è sconosciuto. In altri organi<br />

endocrini (tiroide, ghiandola pituitaria e ovarica) le cellule dendritiche sono coinvolte nella<br />

regolazione delle risposte endocrine. Perciò si ipotizza che l'accumulo <strong>di</strong> cellule APC nel<br />

pancreas sia causato da un'errata funzione endocrina <strong>degli</strong> isolotti. Difatti si registra<br />

un’iperattività endocrina precedente all'infiltrazione <strong>degli</strong> isolotti pancreatici. Quin<strong>di</strong> la<br />

loro iperproliferazione non è causata dall'infiltrazione dei linfociti B [76].<br />

Sembra che i linfociti T regolatori CD4 + CD25 + svolgano nel topo NOD un ruolo<br />

importante nel controllare la progressione della malattia poichè una riduzione del numero<br />

<strong>di</strong> queste cellule correla con un'acutizzazione e accelerazione della patologia. Dagli<br />

esperimenti condotti sul modello animale, sia le cellule T CD4 + che quelle CD8 + risultano<br />

importanti per lo sviluppo del <strong>di</strong>abete. Le prime sembrano essere necessarie per<br />

l'instaurarsi dell'insulite, per la <strong>di</strong>struzione delle cellule β pancreatiche citochine-me<strong>di</strong>ata e<br />

36


probabilmente per l'attivazione delle cellule T CD8 + . Queste a loro volta me<strong>di</strong>erebbero la<br />

<strong>di</strong>struzione delle cellule β tramite l'azione citotossica data dal rilascio <strong>di</strong> granenzimi,<br />

perforina, IFNγ e TNFα [75]. Infatti sembra che il TNFα endogeno alteri la soglia richiesta<br />

per la selezione negativa e positiva delle cellule T nel timo del topo NOD in maniera età<br />

<strong>di</strong>pendente [72].<br />

Fig.5 Schema delle cellule patogeniche e protettive coinvolte nella patogenesi del <strong>di</strong>abete<br />

autoimmune. APCs, cellule dendritiche (DCs) e macrofagi (M) possono secernere, in seguito<br />

ad attivazione da parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti stimoli <strong>di</strong> origine batterica o virale, citochine con effetti<br />

opposti come l’IL12 e IL10. Se prevale l’IL12 vengono indotti soprattutto i linfociti Th1 che<br />

inducono a loro volta la produzione <strong>di</strong> IL12 da parte delle DCs tramite il legame CD40-<br />

CD154. Inoltre le cellule Th1 producono alte quantità <strong>di</strong> IFN che amplifica l’espressione <strong>di</strong><br />

IL12 indotta dalle Th1 stesse. L’IFN attiva i M a secernere citochine tossiche (IL1, TNF e<br />

specie ossigeno reattive (ROS)) per le cellule pancreatiche. In più IFN e IL2 stimolano le<br />

cellule T CD8 + citotossiche (CTL) che uccidono le cellule tramite i meccanismi me<strong>di</strong>ati da<br />

Fas, TNF o perforina. I linfociti Th1 possono danneggiare anche <strong>di</strong>rettamente le cellule <br />

me<strong>di</strong>ante la secrezione <strong>di</strong> citochine come IFN e TNF. Tutti questi meccanismi portano<br />

quin<strong>di</strong> alla <strong>di</strong>struzione delle cellule pancreatiche e al rilascio <strong>di</strong> antigeni propri <strong>di</strong> queste<br />

cellule (proinsulina, GAD e IA2) che possono venir presentati a specifiche cellule T da parte <strong>di</strong><br />

APCs pancreatiche. Le cellule T regolatorie CD4 + CD25 + , esprimenti CD152, possono però<br />

inibire l’attività patogenica delle cellule Th1 me<strong>di</strong>ante contatto <strong>di</strong>retto cellula-cellula. Un ruolo<br />

inibitore può esser svolto dai linfociti Th2 che secernendo IL10 inibiscono la produzione <strong>di</strong><br />

IL12 da parte delle DCs e l’attivazione dei linfociti Th1. Anche le cellule NK svolgono un<br />

ruolo inibitorio. Questi 3 sottogruppi <strong>di</strong> cellule T soppressorie sono <strong>di</strong>fettivi nel topo NOD.<br />

Nel topo NOD, oltre ai linfociti T, lo sviluppo del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> I è associato alla presenza<br />

<strong>di</strong> linfociti B che potrebbero essere importanti nella patogenesi della malattia. Questa<br />

ipotesi è rafforzata dall'osservazione che nel topo NOD compaiono precocemente cloni <strong>di</strong><br />

linfociti B naive (vergini) autoreattivi verso antigeni tipici del <strong>di</strong>abete [77].<br />

In realtà dagli esperimenti condotti sugli animali è nato un nuovo concetto<br />

dell'autoimmunità: la malattia non è dovuta alla <strong>di</strong>retta rottura della tolleranza immunitaria<br />

37


ma piuttosto alla rottura <strong>di</strong> sistemi secondari <strong>di</strong> controllo [73]. In particolare nella<br />

patogenesi del <strong>di</strong>abete sembrano esserci 2 punti <strong>di</strong> controllo fondamentali: il primo regola<br />

la composizione della popolazione cellulare APC e l'espressione <strong>di</strong> integrine e molecole <strong>di</strong><br />

adesione che aumentano il potenziale homing delle cellule T verso gli isolotti; il secondo<br />

sovrintende il passaggio dall'insulite al <strong>di</strong>abete tramite l'espressione <strong>di</strong> citochine,<br />

l'equilibrio tra cellule Th1-Th2, la modulazione <strong>di</strong> recettori <strong>di</strong> superficie come CD152,<br />

CD25 e recettori <strong>tipo</strong>-NK, il reclutamento <strong>di</strong> cellule patogeniche e cellule APC, il controllo<br />

del numero e delle funzioni <strong>di</strong> cellule regolatorie [74].<br />

Più precisamente:<br />

1) il checkpoint 1 controlla l'insorgenza dell'insulite - Prima delle 3 settimane <strong>di</strong> vita non si<br />

osserva infiltrazione negli isolotti pancreatici sebbene circolino in gran quantità nel sistema<br />

immunitario cellule T potenzialmente aggressive. Il superamento <strong>di</strong> questo punto <strong>di</strong><br />

controllo comporta un flusso massiccio <strong>di</strong> cellule T negli isolotti.<br />

2) il checkpoint 2 controlla l'insorgenza del <strong>di</strong>abete - A <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> un'estesa e attiva<br />

insulite, ci sono cellule β intatte che persistono per lunghi perio<strong>di</strong>. Quando questo punto <strong>di</strong><br />

controllo viene superato, le insuliti <strong>di</strong>ventano aggressive.<br />

Le possibili spiegazioni <strong>di</strong> malfunzionamento del punto <strong>di</strong> controllo 1 sono: 1) l'assenza o<br />

la presenza <strong>di</strong> cellule APC funzionalmente deficitarie 2) cambiamenti nel potenziale<br />

homing delle cellule T che conferiscono ai linfociti la capacità <strong>di</strong> migrare negli spazi<br />

connettivi pancreatici 3) cambiamenti nell'espressione <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> adesione<br />

nell'endotelio dei vasi sanguigni pancreatici attorno alle zone <strong>di</strong> insorgenza delle insuliti.<br />

Le possibili spiegazioni della rottura del punto <strong>di</strong> controllo 2 sono: A - eventi intrinseci alle<br />

cellule che riflettono mo<strong>di</strong>ficazioni delle cellule CD4: 1) l'acquisizione <strong>di</strong> nuove capacità<br />

effettrici 2) la per<strong>di</strong>ta della sensibilità al controllo negativo da parte <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong><br />

superficie (CTLA4, recettore dell'IL2, recettore MHC delle cellule NK); B - eventi<br />

estrinseci alle cellule che corrispondono a cambiamenti in altri tipi cellulari o a segnali che<br />

influenzano l'attività delle cellule T autoimmuni: 1) il reclutamento <strong>di</strong> cellule CD4 + o<br />

CD8 + 2) la per<strong>di</strong>ta del sistema <strong>di</strong> controllo negativo tramite l'inattivazione <strong>di</strong> certe<br />

popolazioni cellulari o tramite la secrezione <strong>di</strong> citochine inibitorie (TGFβ, IL10) 3) la<br />

perturbazione della rete regolatoria anti-i<strong>di</strong>otipica 4) il reclutamento nel sito <strong>di</strong> lesione <strong>di</strong><br />

tipi cellulari accessori come i macrofagi [73].<br />

38


GENETICA<br />

Come già detto, il <strong>di</strong>abete è una malattia poligenica. Infatti la per<strong>di</strong>ta della tolleranza<br />

immunitaria dei linfociti T viene associata nel modello animale a ben 19 loci genetici<br />

sebbene il ruolo dominante <strong>di</strong> suscettibilità sia imputato all'unica molecola MHC <strong>di</strong> classe<br />

II presente nel topo NOD I-A g7 , nel locus Idd1 sul cromosoma 17, che è strutturalmente e<br />

funzionalmente omologa a quella umana HLA DQ8 [74]. Sostituendo la molecola I-A g7<br />

MHC II con quella equivalente umana DQ8, il topo NOD sviluppa ugualmente il <strong>di</strong>abete<br />

[78]. Perciò l’HLA-DQ8 è associato alla <strong>celiachia</strong> e al <strong>di</strong>abete. Inoltre è riportato in<br />

letteratura <strong>di</strong> un ceppo ibrido murino, ottenuto dall’incrocio tra un topo NOD con un topo<br />

transgenico per il DQ8 umano che sviluppa una risposta anticorpale contro la glia<strong>di</strong>na e la<br />

tTG in seguito ad immunizzazione con glia<strong>di</strong>na e presenta un’architettura dell’intestino<br />

tipica del celiaco con l’accorciamento dei villi e un aumento delle <strong>di</strong>mensioni delle cripte<br />

[79]. Sembra che la molecola I-A g7 leghi debolmente i pepti<strong>di</strong> antigenici rendendoli<br />

<strong>di</strong>fettivi nel me<strong>di</strong>are la selezione timica negativa delle cellule T autoreattive [74].<br />

Altri loci genici non MHC murini can<strong>di</strong>dati <strong>di</strong>abetogenici sono: Idd3 sul cromosoma 3 che<br />

comprende il gene che co<strong>di</strong>fica per l'IL2; Idd5 sul cromosoma 1 che include i geni che<br />

co<strong>di</strong>ficano per CTLA4 e CD28; Idd9 sul cromosoma 4 che comprende i geni per CD30,<br />

TNFR2 e CD137; Idd4 che mappa nella regione centrale del cromosoma 11 che include la<br />

famiglia genica delle CC β-chemochine. Infatti si è visto che <strong>di</strong>fferenti rapporti nei livelli<br />

<strong>di</strong> espressione intrapancreatica <strong>di</strong> certe β-chemochine possono influenzare positivamente o<br />

negativamente l'insorgenza del <strong>di</strong>abete [72]. Un ulteriore gene implicato nello sviluppo del<br />

<strong>di</strong>abete nel topo NOD è Bcg che rende l’animale capace <strong>di</strong> controllare la proliferazione <strong>di</strong><br />

parassiti intracellulari come il Mycobacterium spp. Infatti nei topi NOD infettati con<br />

Mycobacterium avium la severità delle insuliti risulta minore [80].<br />

La parte <strong>di</strong>stale del cromosoma 1 del topo NOD è importante per parecchie malattie<br />

autoimmuni anticorpo-<strong>di</strong>pendenti ma sorprendentemente in questa regione non ci sono loci<br />

<strong>di</strong>abetogenici. Ciò potrebbe in<strong>di</strong>care un ruolo minore <strong>degli</strong> autoanticorpi nella patogenesi<br />

del <strong>di</strong>abete.<br />

39


Fig.6 Mappa dei possibili loci genici del topo NOD coinvolti nello sviluppo del <strong>di</strong>abete<br />

insulino-<strong>di</strong>pendente.<br />

ANTIGENI<br />

La tecnologia transgenica è stata ampiamente utilizzata nei topi NOD per identificare i<br />

possibili autoantigeni isolotti-specifici contro cui i linfociti T autoimmuni rispondono.<br />

Negli isolotti pancreatici del topo NOD sono state identificate cellule T CD4 + che<br />

riconoscono un peptide formato dagli aa 9-23 della catena B dell'insulina e cellule T CD8 +<br />

che riconoscono invece un peptide formato dagli aa 15-23 della stessa proteina. Quin<strong>di</strong> la<br />

catena B dell'insulina nel topo NOD è chiaramente un bersaglio antigenico.<br />

Per quanto riguarda GAD la <strong>di</strong>stribuzione delle isoforme della proteina <strong>di</strong>fferisce tra uomo<br />

e topo. Infatti nel pancreas murino prevale il GAD67 mentre in quello umano il GAD65.<br />

Finora nel topo NOD non sono state isolate cellule T CD8 + <strong>di</strong>abetogeniche che<br />

riconoscono GAD, sebbene queste ultime siano state invece trovate nell'uomo.<br />

Inoltre nel topo NOD la proteina hsp60, in particolare il peptide p277, sembra essere un<br />

possibile can<strong>di</strong>dato antigenico ma per ora non si è trovata una molecola umana equivalente<br />

[81].<br />

ANTICORPI<br />

Nel topo NOD si registra un alto livello <strong>di</strong> IAA a 8 settimane <strong>di</strong> età. Questo dato correla<br />

fortemente con un alto rischio <strong>di</strong> sviluppare la malattia molto precocemente (16-18<br />

settimane <strong>di</strong> età).<br />

Inoltre linfociti T <strong>di</strong>retti contro GAD e insulina sono isolabili molto precocemente, già alla<br />

3°- 4° settimana <strong>di</strong> vita. La comparsa <strong>degli</strong> anticorpi anti-GAD coincide con l’instaurarsi<br />

dell’insulite. Trasferendo gli autoanticorpi da un animale malato ad un altro non si induce<br />

40


la malattia. In<strong>di</strong>cazione che probabilmente gli anticorpi hanno solo una funzione in<strong>di</strong>retta<br />

nella patogenesi della malattia [82].<br />

FATTORI AMBIENTALI<br />

Fattori ambientali quali la nutrizione possono contribuire allo sviluppo <strong>di</strong> processi<br />

autoimmuni. Nei topi NOD è stato ampiamente provato che il <strong>di</strong>abete è una malattia<br />

influenzata dalla <strong>di</strong>eta: la farina <strong>di</strong> grano e le proteine della soia sono stati identificati come<br />

i maggiori componenti <strong>di</strong>abetogenici presenti nel cibo ma i meccanismi con cui questi<br />

fattori agiscono nello sviluppare la malattia non sono chiari [83].<br />

Un possibile meccanismo con cui la <strong>di</strong>eta potrebbe influenzare lo sviluppo del <strong>di</strong>abete<br />

riguarda i cambiamenti nella composizione della microflora intestinale fisiologica. La<br />

microflora commensale rappresenta un fattore critico per lo sviluppo e la maturazione del<br />

sistema immunitario mucosale intestinale, importante sito <strong>di</strong> induzione delle risposte<br />

immuni regolatorie. Lo sviluppo del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 potrebbe quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendere dalla<br />

qualità della barriera protettiva microbiologica.<br />

La microflora intestinale endogena ha parecchie funzioni ma due aspetti potrebbero essere<br />

rilevanti nell’effetto protettivo. Primo, la funzione metabolica della microflora nel colon<br />

include la fermentazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> polisaccari<strong>di</strong> e <strong>di</strong> oligo o <strong>di</strong>saccari<strong>di</strong> non assorbibili.<br />

Sembra che i composti acetato, propionato e butirrato, prodotti dai batteri, riducano la<br />

risposta glicemica al glucosio introdotto per via orale influenzando la resistenza insulinica<br />

e l’attività delle cellule e perciò lo sviluppo del <strong>di</strong>abete. Secondo e probabilmente<br />

l’aspetto più importante, la microflora intestinale fisiologica rappresenta la maggior forza<br />

<strong>di</strong> maturazione dello sviluppo del sistema immunitario della mucosa intestinale. La<br />

superficie mucosale è una delle maggiori interfacce tra l’organismo e l’ambiente e<br />

costituisce il principale sito <strong>di</strong> induzione per le risposte immunitarie regolatorie.<br />

Cambiamenti nella composizione della microflora commensale, formata da Gram-<br />

anaerobi, potrebbero alterare questa regolazione immunitaria agendo sulle funzioni delle<br />

cellule dendritiche mucosali. Più precisamente i composti batterici potrebbero fornire un<br />

segnale tramite i recettori <strong>tipo</strong>-toll (TLR). Infatti TLR4 è attivato dal lipopolisaccaride<br />

presente nei Gram- mentre TLR2 è specifico per i componenti dei Gram+ [80].<br />

41


GLUTINE<br />

Anche il glutine, fattore <strong>di</strong> rischio nei topi NOD, potrebbe avere un effetto <strong>di</strong>retto sulle<br />

cellule dendritiche. Quin<strong>di</strong> una <strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine (GFD) potrebbe prevenire lo sviluppo<br />

del <strong>di</strong>abete agendo sulla microflora intestinale. Infatti si è osservato che i topi NOD posti a<br />

<strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine presentano, rispetto a quelli nutriti con una <strong>di</strong>eta standard (SD), un<br />

minor numero <strong>di</strong> batteri nell’intestino cieco. Più precisamente essi hanno meno batteri<br />

aerobici e microaerofilici, meno batteri Gram+ catalasi-, più batteri corineformi. Per<br />

quanto riguarda i batteri Gram- non si rilevano <strong>di</strong>fferenze [80].<br />

Inoltre nei topi NOD posti a <strong>di</strong>eta priva <strong>di</strong> glutine, anche per un breve periodo dopo lo<br />

svezzamento, si osserva, rispetto a quelli sottoposti ad una <strong>di</strong>eta standard: 1) una minor<br />

incidenza del <strong>di</strong>abete (a 43 settimane <strong>di</strong> età l’incidenza del <strong>di</strong>abete nei topi NOD SD è del<br />

97% mentre in quelli GFD è del 65%) 2) un’insorgenza più tar<strong>di</strong>va (l’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

insorgenza nei topi NOD SD è <strong>di</strong> 19 settimane mentre in quelli GFD è <strong>di</strong> 28 settimane) 3)<br />

un minor titolo anticorpale <strong>di</strong> IAA 4) un minor numero <strong>di</strong> insuliti 5) un aumento<br />

dell’espressione <strong>di</strong> IL4 6) una maggior altezza dei villi (ma nessuna <strong>di</strong>fferenza nella<br />

profon<strong>di</strong>tà delle cripte) 7) una <strong>di</strong>minuzione dell’infiltrazione intraepiteliale <strong>di</strong> cellule CD3 +<br />

8) una minor espressione <strong>di</strong> molecole H2-IA sull’epitelio intestinale 9) più bassi livelli<br />

mucosali <strong>di</strong> citochine infiammatorie (IFN, TNF) 10) più bassi livelli <strong>di</strong> linfociti Th1.<br />

Fig.7 Confronto dell’architettura della mucosa intestinale e del livello <strong>di</strong> infiltrazione<br />

linfocitaria CD3 + intraepiteliale nell’intestino <strong>di</strong> topo NOD a) GFD e b) SD.<br />

42


Da notare che la privazione <strong>di</strong> frumento e orzo solamente durante la gestazione e<br />

l’allattamento non è sufficiente però a ridurre l’incidenza <strong>di</strong> sviluppo del <strong>di</strong>abete [80,83].<br />

Inoltre introducendo in una <strong>di</strong>eta GFD solamente la glia<strong>di</strong>na, l’incidenza della malattia non<br />

viene significativamente mo<strong>di</strong>ficata. Quin<strong>di</strong> altre proteine del grano, come Glb1, globulina<br />

<strong>di</strong> riserva recentemente scoperta [84], possono essere implicate nella patogenesi del <strong>di</strong>abete<br />

[85]. Anche tra i topi GFD e quelli MGFD (GFD + proteine del grano) vi sono<br />

significative <strong>di</strong>fferenze: non nella struttura architettonica intestinale (altezza villi e<br />

profon<strong>di</strong>tà cripte) e non nei livelli <strong>di</strong> mRNA <strong>di</strong> citochine bensì nel numero <strong>di</strong> cellule<br />

intraepiteliali CD3 + . I topi MGFD presentano maggior infiltrazione epiteliale e maggior<br />

incidenza del <strong>di</strong>abete [86].<br />

In conclusione a parità <strong>di</strong> altri fattori, la precoce introduzione <strong>di</strong> glutine nella <strong>di</strong>eta <strong>di</strong><br />

questi animali aumenta fortemente l’incidenza del <strong>di</strong>abete e ne anticipa la comparsa.<br />

43


PHAGE DISPLAY<br />

Per l’analisi della risposta anticorpale si è ricorsi alla tecnica del phage <strong>di</strong>splay che<br />

permette <strong>di</strong> ricreare l’intero repertorio anticorpale <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo tramite il trasferimento<br />

<strong>di</strong> alcuni geni del sistema immunitario in un batterio e la successiva espressione <strong>degli</strong><br />

anticorpi funzionali in fusione con proteine fagiche [87]. Diversi <strong>stu<strong>di</strong></strong> ormai attestano la<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questa tecnica per l’indagine del repertorio anticorpale caratterizzante un<br />

determinato stato patologico [88,89,90].<br />

Innanzitutto il materiale <strong>di</strong> partenza è costituito dai linfociti B isolati dal sangue o dai<br />

tessuti linfoi<strong>di</strong> (milza, intestino, rene, tonsille, linfono<strong>di</strong>, pancreas). Da questi si estrae<br />

l’RNA, lo si retrotrascrive in cDNA e tramite PCR, con opportuni oligonucleoti<strong>di</strong>, si<br />

amplificano separatamente le regioni variabili dell’anticorpo, coinvolte nella specificità del<br />

riconoscimento dell’antigene [91]. Solitamente gli anticorpi possono essere riprodotti in<br />

forma <strong>di</strong>:<br />

scFv - costituiti dalla sola regione variabile <strong>di</strong> ciascuna catena, leggera (L) e pesante (H),<br />

unite da un linker flessibile <strong>di</strong> 15-20 aminoaci<strong>di</strong> [92];<br />

Fab - formati da due frammenti anticorpali, uniti tra loro da ponti <strong>di</strong>solfuro, costituiti<br />

ciascuno da un dominio variabile e uno costante per ogni catena.<br />

Fig.8 Rappresentazione schematica della struttura <strong>di</strong> un frammento scFv e <strong>di</strong> un frammento<br />

Fab.<br />

In breve il scFv viene clonato in un vettore fagmi<strong>di</strong>co. Un opportuno ceppo batterico viene<br />

transfettato con il costrutto. Si induce la replicazione batterica. Alla fine si ottengono fagi<br />

che espongono sulla loro superficie proteine ricombinanti date dal scFv in fusione con una<br />

proteina fagica. In questo sistema è anche possibile far esprimere l’inserto anticorpale in<br />

forma solubile nello spazio periplasmico del batterio. A seconda del <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> espressione che<br />

si vuole ottenere della proteina clonata, il vettore va transfettato in un ceppo batterico <strong>di</strong><br />

44


Escherichia coli opportuno: 1) DH5F’ (soppressore) - per la proteina in forma<br />

ricombinante 2) HB2151 (non soppressore) - per la proteina in forma solubile, in quanto<br />

tra la proteina esogena e il gene p3 c’è un codone Amber che in questo ceppo batterico<br />

viene letto come codone <strong>di</strong> stop.<br />

I scFvs anticorpali prodotti sono monovalenti cioè legano una molecola e monospecifici<br />

cioè riconoscono un solo epitopo. Essi possono venir caratterizzati me<strong>di</strong>ante test<br />

immunoistochimico o immunoenzimatico (ELISA).<br />

Nel phage <strong>di</strong>splay si utilizzano fagi filamentosi non litici Ff (M13, fd, fl) che infettano<br />

batteri Gram negativi dai quali vengono rilasciati, attraverso la membrana plasmatica,<br />

senza danneggiare la cellula ospite [93]. I fagi filamentosi possiedono un capside flessibile<br />

dalla forma <strong>di</strong> cilindro allungato lungo 900 nm e con un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 6-7 nm; hanno un<br />

DNA a singolo filamento covalentemente chiuso <strong>di</strong> 6400 pb che comprende 11 geni <strong>di</strong> cui<br />

5 (g3p, g6p, g7p, g8p, g9p) co<strong>di</strong>ficano per proteine <strong>di</strong> rivestimento.<br />

Potenzialmente tutte le proteine del capside batterico possono venir utilizzate per la<br />

creazione <strong>di</strong> proteine chimeriche; in realtà la scelta <strong>di</strong>pende fondamentalmente dalle<br />

<strong>di</strong>mensioni della proteina da inserire:<br />

− p8: è la proteina principale del capside, responsabile del suo assemblaggio. E’ presente<br />

in 2700 copie. In questo caso la grandezza ottimale del peptide in fusione è <strong>di</strong> massimo<br />

6-10 amminoaci<strong>di</strong> in quanto se <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni maggiori provocherebbe ingombro sterico<br />

e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nell’assemblaggio del fago stesso determinandone bassi livelli <strong>di</strong><br />

espressione [94];<br />

− p3: è coinvolta nell’infezione della cellula ospite poichè prende contatto con il pilo<br />

batterico. E’ presente in 3-5 copie. In questo caso si possono aggiungere proteine <strong>di</strong><br />

maggiori <strong>di</strong>mensioni. E’ strutturalmente formata da 3 domini separati da regioni ricche<br />

<strong>di</strong> glicina: il primo dominio N-terminale (N1) è essenziale nella penetrazione, il secondo<br />

(N2) lega il pilo avvicinando N1 alla membrana del batterio, il terzo C-terminale è un<br />

dominio idrofobico che ancora la proteina p3 alla membrana interna del batterio [95].<br />

45


Fig.9 Rappresentazione schematica <strong>di</strong> un fago.<br />

Il sito per eccellenza <strong>di</strong> inserzione <strong>di</strong> proteine esogene è proprio a monte del gene che<br />

co<strong>di</strong>fica per p3 al N-terminale. Infatti la proteina clonata, pur provocando una riduzione<br />

dell’infettività, a causa del suo ingombro sterico che inibisce l’interazione tra N2 e pilo,<br />

assicura ugualmente alti livelli <strong>di</strong> espressione fagica.<br />

Tuttavia i vettori fagici hanno alcuni svantaggi:<br />

− genoma a filamento singolo perciò poco manipolabile;<br />

− instabilità genomica in caso <strong>di</strong> inserti <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni che porta all’estrusione<br />

dell’inserto stesso;<br />

− riduzione dell’infettività per la presenza <strong>di</strong> proteine p3 ricombinanti.<br />

Per questa serie <strong>di</strong> motivi si ricorre all’uso <strong>di</strong> vettori chimerici detti fagmi<strong>di</strong>. Un fagmide è<br />

dato dalla combinazione <strong>di</strong> elementi plasmi<strong>di</strong>ci:<br />

− origine <strong>di</strong> replicazione batterica<br />

− promotore inducibile lacZ a monte del sito <strong>di</strong> clonaggio<br />

− gene per la resistenza ad un antibiotico<br />

ed elementi fagici:<br />

− origine <strong>di</strong> replicazione fagica<br />

− gene per la proteina p3 del capside<br />

ed inoltre presenta:<br />

− un sito multiplo <strong>di</strong> inserzione<br />

− una sequenza segnale o leader per la secrezione della proteina, in fusione o in forma<br />

solubile, nello spazio periplasmico<br />

e, nel nostro caso, a monte del sito <strong>di</strong> clonaggio anche:<br />

− codone Amber - per esprimere la proteina esogena in forma solubile<br />

− SV5tag - per verificare in ELISA ed in immunoblotting la presenza <strong>di</strong> scFv tramite<br />

l’anticorpo secondario anti-SV5 [96].<br />

46


− sequenza <strong>di</strong> 6 His - per purificare i scFvs solubili tramite cromatografia.<br />

Un fagmide presenta perciò i seguenti vantaggi:<br />

− DNA a doppia elica, perciò più facilmente mo<strong>di</strong>ficabile<br />

− maggior tolleranza nei confronti <strong>di</strong> DNA esogeno e quin<strong>di</strong> maggior stabilità<br />

− possibilità <strong>di</strong> selezione dei batteri infettati grazie al gene per la resistenza ad un<br />

antibiotico.<br />

L’unico svantaggio nell’usare un fagmide è quello <strong>di</strong> ottenere una progenie fagica<br />

eterogenea in quanto proteine p3 ricombinanti provenienti dal genoma fagmi<strong>di</strong>co sono<br />

affiancate da proteine p3 wild type (<strong>tipo</strong> selvatico) provenienti dal fago helper. Infatti per<br />

produrre i fagi ricombinanti è necessario la coinfezione con fago helper che fornisce le<br />

proteine per la costruzione dell’intero capside [97]. Poiché la coespressione <strong>di</strong> p3 wild type<br />

e ricombinanti determina l’esposizione della proteina <strong>di</strong> fusione solo sull’1-10% dei<br />

fagmi<strong>di</strong>, l’effetto <strong>di</strong> affinità per il bersaglio prevale su quello <strong>di</strong> avi<strong>di</strong>tà, permettendo il<br />

rilevamento anche <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>fferenze derivanti da mutazioni.<br />

La selezione <strong>di</strong> una libreria fagica o fagmi<strong>di</strong>ca può esser condotta con <strong>di</strong>verse meto<strong>di</strong>che:<br />

tramite cromatografia d’affintà; contro molecole bersaglio esposte su cellule batteriche o<br />

eucariotiche; con antigeni biotinilati e me<strong>di</strong>ante panning.<br />

Concludendo la tecnica del phage <strong>di</strong>splay possiede <strong>di</strong>versi vantaggi:<br />

− la brevità del ciclo replicativo fagico<br />

− la possibilità <strong>di</strong> clonare inserti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni senza alterare l’efficienza <strong>di</strong><br />

replicazione e <strong>di</strong> assemblaggio del fago<br />

− la selezione <strong>di</strong> batteri tramite la resistenza ad antibiotico<br />

− la possibilità <strong>di</strong> controllare la quantità <strong>di</strong> progenie fagica tramite il promotore<br />

− la stretta associazione tra feno<strong>tipo</strong> e geno<strong>tipo</strong> permettendo così <strong>di</strong> ottenere<br />

contemporaneamente la proteina e la corrispondente sequenza genica co<strong>di</strong>ficante<br />

l’anticorpo.<br />

Perciò questa tecnica si presta bene per svariate applicazioni quali: 1) l’identificazione <strong>di</strong><br />

ligan<strong>di</strong> 2) l’isolamento <strong>di</strong> anticorpi ad alta specificità 3) la mappatura <strong>di</strong> epitopi.<br />

47


RISULTATI<br />

LIBRERIE UOMO<br />

Lo scopo della tesi è stato quello <strong>di</strong> cercare delle correlazioni a livello anticorpale tra due<br />

patologie autoimmuni, la <strong>celiachia</strong> e il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1, me<strong>di</strong>ante l’applicazione della<br />

tecnica del phage <strong>di</strong>splay. In particolare lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o si è focalizzato sulla ricerca della<br />

risposta umorale anti-tTG a livello intestinale.<br />

I campioni bioptici analizzati per la ricerca svolta nell'ambito del Dottorato sono stati<br />

ottenuti grazie alla collaborazione con l'Istituto <strong>di</strong> Ricovero e Cura a Carattere Scientifico<br />

(I.R.C.C.S) Burlo Garofolo <strong>di</strong> Trieste. Inoltre 4 biopsie, rispettivamente 2 indotte e 2 non<br />

indotte, provenienti da 2 pazienti celiaci in remissione sono state gentilmente fornite dal<br />

professore Riccardo Troncone della <strong>Clinica</strong> Pe<strong>di</strong>atrica dell’Università <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli<br />

“Federico II”.<br />

I pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in 4 gruppi: sani (gruppo <strong>di</strong> controllo negativo), celiaci<br />

(gruppo <strong>di</strong> controllo positivo), <strong>di</strong>abetici (gruppo in esame) e soggetti con altre patologie o<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> autoimmune o in cui il quadro clinico tra CD e IDDM non era ben<br />

definito.<br />

Nella tabella seguente è riassunto in parte il quadro clinico dei pazienti, con informazioni<br />

riguardanti gli anticorpi coinvolti nella <strong>celiachia</strong> (EMA, AtTGA-IgA) e nel <strong>di</strong>abete<br />

(ICA,GADA IAA), l’HLA ed eventuali manifestazioni cliniche o <strong>di</strong>agnosi (Tab.2-pag.<br />

successiva).<br />

48


Paziente Sesso Età 1 EMA AtTGA<br />

IgA<br />

ICA GADA IAA DQ <strong>Clinica</strong><br />

1 F 51 CD<br />

2 F<br />

- CD<br />

3 F CD<br />

4 M 35 - - 2/8 IDDM<br />

5 F 29 + + CD<br />

6 F<br />

7 F 39 + +<br />

8 F 37 - 2<br />

9 F 51 +<br />

10 F 46 + + + atassia<br />

11 F 13 + CD<br />

12 F 20 - gastrite da HP 2<br />

13 M<br />

gastrite cronica<br />

linfocellulare<br />

14 M 30 + DH<br />

15 F LES<br />

17 M Enteropatia<br />

18 F 31 - rettocolite ulcerosa<br />

19 F esofagite<br />

20 M 8 - - osteopenia<br />

21 M 3 IDDM<br />

22 M CD asintomatica<br />

23 F 14 - - + - - 2 RA<br />

24 F 43 - + - - 2<br />

25 M 7 - 8 CD<br />

26 F 48 - 2<br />

DAR 3 , lesioni allo<br />

smalto<br />

27 F 11 + 2<br />

28 F 33 + + CD<br />

29 M CD in remissione<br />

30 M CD in remissione<br />

33 M 7 + + CD<br />

34 F 10 - CD,vitiligine<br />

35 F 37 - 8 IDDM,anemia,vitiligine<br />

36 M 2 - + 2/8<br />

37 M - 2<br />

38 M 11 - - Crohn<br />

40 M 35 + + Diabete I-II<br />

41 M 2 + - sospetta CD<br />

43 M 5 + +<br />

46 M 14 + + IDDM<br />

47 M 14 + + IDDM<br />

48 M 16 + + IDDM<br />

49 M 11 + + IDDM<br />

50 F 6 - - IDDM<br />

51 M 6 - - IDDM<br />

52 M 8 - - IDDM<br />

Tab.2 Tabella riassuntiva dei dati riguardanti il sesso, l’età, la sierologia, la genetica e la<br />

clinica dei pazienti dello <strong>stu<strong>di</strong></strong>o.1: età in anni; 2: HP = Helicobacter Pilori; 3: DAR = dolori<br />

addominali ricorrenti.<br />

49


Si sono sottoposti a biopsia 45 soggetti, 23 maschi e 22 femmine, con un’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 21<br />

anni così sud<strong>di</strong>visi nei gruppi: 4 soggetti (2M, 2F) sani (12-13-19-20), 14 pazienti (5M,<br />

9F) celiaci (1-2-3-5-9-10-11-22-25-28-33-34-38-41), 2 pazienti (2M) celiaci in remissione<br />

(29-30), 12 pazienti (10M, 2F) <strong>di</strong>abetici (4-21-35-36-40-46-47-48-49-50-51-52), 13<br />

pazienti (4M, 9F) con quadro clinico non chiaro (6-7-8-14-15-17-18-23-24-26-27-37-43).<br />

Per quanto riguarda il gruppo dei celiaci viene rispettato il rapporto F:M <strong>di</strong> 2:1 (9:5).<br />

Sono state costruite 43 mini-librerie IgA da biopsia intestinale così ripartite nei 4 gruppi:<br />

sani - 4/4, celiaci - 12/14, <strong>di</strong>abetici - 12/12 + 2 (4 e 36) in doppio (al tempo 0 e dopo 1<br />

anno GFD), altri - 9/13; 2/2 in doppio (indotta/non indotta) da celiaci in remissione. Inoltre<br />

1 mini-libreria e 1 libreria totale IgA da biopsia della mucosa orale <strong>di</strong> 1 celiaco (38)<br />

(Tab.3).<br />

Tipo biopsia MUCOSA INTESTINALE MUCOSA ORALE<br />

Tipo libreria<br />

Gruppo<br />

MINI TOTALE MINI TOTALE<br />

SANI 4/4<br />

CD 12/14 1 1<br />

IDDM 12/12+2<br />

ALTRO 9/13<br />

CD IN REMISSIONE 2/2x2<br />

Tab.3 Tabella riassuntiva <strong>di</strong> tutte le librerie fagiche costruite sud<strong>di</strong>vise in base alla<br />

provenienza della biopsia (intestino, bocca), al <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> libreria (mini, totale) e al gruppo <strong>di</strong><br />

appartenenza del paziente.<br />

Dai linfociti della mucosa, ottenuta dalla parte prossimale dell'intestino tenue e dalla bocca,<br />

si è estratto l'RNA totale. L'RNA <strong>di</strong> ogni campione è stato controllato me<strong>di</strong>ante corsa<br />

elettroforetica su gel d'agarosio. L'RNA è stato pre-trattato con DNasi per migliorare la<br />

specificità della retrotrascrizione. Quin<strong>di</strong> si è proceduti alla retrotrascrizione in cDNA a<br />

filamento singolo utilizzando una DNA polimerasi RNA <strong>di</strong>pendente (M-MLV trascrittasi<br />

inversa) ingegnerizzata, con ridotta attività RNAsi H.<br />

Nelle librerie anticorpali phage <strong>di</strong>splay in realtà non viene clonato l'intero anticorpo ma<br />

solo la parte variabile della catena pesante e leggera unite da un linker <strong>di</strong> 60 amminoaci<strong>di</strong> a<br />

formare il scFv. La costituzione del scFv avviene in 3 tappe: 1) amplificazione separata <strong>di</strong><br />

tutte le catene pesanti e leggere, ciascuna con una lunghezza <strong>di</strong> circa 400 pb 2) ad ogni<br />

catena viene aggiunto un oligonucleotide che contiene siti <strong>di</strong> taglio per alcuni enzimi <strong>di</strong><br />

restrizione utili per il clonaggio 3) le due catene vengono unite sfruttando la<br />

complementarietà del linker. Si ottiene così un costrutto <strong>di</strong> 800 pb detto assembling.<br />

50


Quin<strong>di</strong> si procede all'amplificazione separata della parte variabile delle catene pesanti e <strong>di</strong><br />

quelle leggere. In particolare per amplificare la catena pesante <strong>di</strong> tutte le famiglie (7VH) si<br />

è usato un primer specifico per le varie famiglie e uno per la classe anticorpale IgA,<br />

specifico per i primi 6 amminoaci<strong>di</strong> della regione CH1 sia <strong>di</strong> IgA1 che <strong>di</strong> IgA2, in quanto<br />

caratteristica <strong>degli</strong> anticorpi secreti dalle mucose. Per amplificare la parte variabile della<br />

catena leggera si sono usati primers <strong>di</strong>stinti per le varie famiglie delle catene leggere <strong>tipo</strong><br />

K (3VK) e <strong>tipo</strong> λ (4Vλ).<br />

Fig.10 Schema dei passaggi essenziali per la costruzione del scFv.<br />

Nel caso delle mini-librerie per quanto riguarda la catena pesante si amplifica solo una<br />

particolare famiglia e per la precisione la famiglia VH5 perchè da precedenti <strong>stu<strong>di</strong></strong> si è<br />

visto essere quella maggiormente utilizzata dal sistema immunitario dei soggetti celiaci per<br />

la formazione <strong>degli</strong> anticorpi anti-tTG. Le regioni immunoglobuliniche VH5 sono state<br />

amplificate usando un primer specifico per le regioni V <strong>di</strong>segnato sulla base dei primi 36<br />

nucleoti<strong>di</strong> della famiglia VH5 (VH5 fam).<br />

Diversi <strong>stu<strong>di</strong></strong> hanno portato all'osservazione che un numero limitato <strong>di</strong> famiglie V formano<br />

anticorpi funzionali contro l’autoantigene tTG. Questo sembra accadere sia per le catene<br />

pesanti che per quelle leggere, il cui appaiamento sembra essere limitato anche se non si<br />

può affermare che i scFvs ottenuti in vitro siano una reale rappresentazione <strong>degli</strong><br />

accoppiamenti che avvengono in vivo. In un recente lavoro è stato però <strong>di</strong>mostrato che tutti<br />

i scFvs isolati contro la tTG reagiscono con una regione antigenica conformazionale ben<br />

definita, in parallelo con gli anticorpi <strong>di</strong> sieri <strong>di</strong> celiaci. Questo risultato sembra confermare<br />

che la selezione dei scFvs anti-tTG sia ristretta solo a quei scFvs che riproducono gli<br />

accoppiamenti in vivo richiesti per il corretto riconoscimento anticorpo-antigene [98].<br />

Sembra probabile che la risposta intestinale anti-tTG sia dovuta ad una sottopopolazione <strong>di</strong><br />

linfociti originanti da precursori esprimenti anticorpi anti-tTG VH5-VK1-3. Poiché alcune<br />

catene leggere formano <strong>degli</strong> anticorpi più stabili e affini sono state scelte 4 catene leggere<br />

51


(VL2.4-VL2.8-VL2.12-VL4.1 precisamente VL2.4-2.8-4.1 sono VK1 L12a mentre<br />

VL2.12 è Vλ2 DPL11) che sono state inserite <strong>di</strong>rettamente nel vettore [34]. Si prepara una<br />

mix <strong>di</strong> vettori pDAN5 [99] formati ciascuno dalla VH C5.22 (contro il fattore 5 del<br />

complemento) e da 1 delle VL pre-scelte. Quin<strong>di</strong> si amplifica la famiglia VH5 dal cDNA,<br />

si aggiunge il linker, tramite l’amplificazione con il primer VHPTL, che introduce anche il<br />

sito <strong>di</strong> taglio per l’enzima <strong>di</strong> restrizione XhoI, e il primer VHmix, miscela equimolare <strong>di</strong> 4<br />

primers specifici per la regione JH contenente il sito <strong>di</strong> taglio per l’enzima <strong>di</strong> restrizione<br />

NheI. Questa seconda amplificazione elimina le sequenze CH1 non necessarie per la<br />

costruzione del scFv e introduce i siti <strong>di</strong> restrizione alle estremità della VH per permettere<br />

l’inserzione nel vettore fagmi<strong>di</strong>co pDAN5. Il frammento così ottenuto viene clonato nel<br />

vettore previa <strong>di</strong>gestione. L'amplificato delle VH5 e la mix dei vettori vengono infatti<br />

tagliati con gli stessi enzimi (in questo caso NheI e XhoI) al fine <strong>di</strong> creare estremità coesive<br />

utili per la ligazione. Con questo sistema viene eliminata la VH presente nel vettore e<br />

sostituita dalle VH amplificate del campione. L'insieme dei vettori con i scFvs così<br />

ricostituiti vengono utilizzati per trasformare, me<strong>di</strong>ante elettroporazione, le cellule <strong>di</strong> un<br />

appropriato ceppo batterico <strong>di</strong> E.coli.<br />

Le mini-librerie ottenute hanno un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza compreso tra 10 4 -10 6 cloni. L’unica<br />

libreria totale presenta un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 6 cloni per le VK e <strong>di</strong> 10 7 cloni per le Vλ.<br />

A garanzia <strong>di</strong> una buona rappresentazione dei scFvs clonati, in tutti i casi il rapporto tra<br />

numero <strong>di</strong> cloni della libreria e numero <strong>di</strong> cloni ottenuti dalla sola ligazione del vettore<br />

(vettore richiuso) era superiore a 100. Inoltre la variabilità delle librerie è stata valutata<br />

me<strong>di</strong>ante fingerprinting. Sono stati scelti a caso 10 cloni per ogni libreria. Si sono<br />

amplificate e <strong>di</strong>gerite tramite BstNI le VH. Il pattern <strong>di</strong> bande <strong>di</strong> ogni VH è stato<br />

confrontato tra i vari cloni <strong>di</strong> ciascuna libreria e con quello della catena VH C5.22 per<br />

verificare che non si trattasse <strong>di</strong> un clone originale dato dalla richiusura del vettore. In<br />

alcuni casi si è trovata una corrispondenza con la VH C5.22 ma in percentuale così piccola<br />

da considerare la <strong>di</strong>versità anticorpale all'interno <strong>di</strong> ciascuna libreria comunque buona e<br />

accettabile. Nel caso della libreria totale è stato eseguito separatamente il fingerprinting<br />

delle VH e delle VL. Oltre al confronto delle VH, sono stati osservati anche i bandeggi<br />

ottenuti dalle <strong>di</strong>gestioni delle catene leggere comparandoli tra loro e con quelli delle catene<br />

originariamente presenti nel vettore (VL2.4-VL2.8-VL2.12-VL4.1). E’ stata valutata una<br />

buona <strong>di</strong>versità anticorpale per entrambe le catene.<br />

52


Le selezioni sono state effettuate secondo il protocollo [100] sulla tTG umana prodotta per<br />

ricombinazione come descritto in letteratura [101]. Sono state selezionate rispettivamente:<br />

5/12 mini-librerie da soggetti celiaci, 4/4 mini-librerie da soggetti sani, 14/14 mini-librerie<br />

da <strong>di</strong>abetici, 5/9 mini-librerie da soggetti con patologie varie e 4/4 mini-librerie da celiaci<br />

in remissione. La selezione è stata eseguita volutamente su un numero limitato <strong>di</strong> celiaci,<br />

circa la metà, a conferma del dato già noto in letteratura, solo per avere un controllo<br />

positivo all'interno del gruppo <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o. La <strong>di</strong>versità dei cloni risultati positivi è stata<br />

valutata inizialmente me<strong>di</strong>ante fingerprinting.<br />

MINI-LIBRERIE VH5 INTESTINALI<br />

PAZIENTE CLONI hTG + % POSITIVITA’ FINGERPRINTING<br />

3 0/30 0% -<br />

11 21/30 70%<br />

25 1/30 3,3% -<br />

33 6/30 20%<br />

38 9/47 19% 7/9<br />

12 1/45 2,2% -<br />

13 4/30 13,3% 2/4<br />

19 3/30 10%<br />

20 0/45 0% -<br />

4 5/10 50% 3/5<br />

4-II 0/30 0% -<br />

21 3/12 25% 1/3<br />

35 0/45 0% -<br />

36 16/30 53,3% 10/16<br />

36-II 5/93 5,4% 5/5<br />

40 7/30 23,3% 3/7<br />

46 38/45 84,4% 10/38<br />

47 13/45 29% 7/13<br />

48 33/45 73,3% 16/33<br />

49 19/45 42,2% 11/19<br />

50 1/45 2,2% -<br />

51 0/45 0% -<br />

52 3/45 6,7% 3/3<br />

14 12/30 40% 5/12<br />

15 3/30 10% 3/3<br />

17 0/30 0% -<br />

26 13/30 43,3% 3/13<br />

27 18/45 49% 6/18<br />

29 24/30 80% 1/15<br />

29I 29/30 97% 1/14<br />

30 0/45 0% -<br />

30I 4/45 9% 4/4<br />

Tab.4 Risultati delle selezioni in ELISA su tTG umana ricombinante delle mini-librerie IgA da<br />

biopsia intestinale.<br />

53


La libreria relativa al soggetto celiaco 3 è risultata stranamente negativa.<br />

Tra il gruppo dei sani solo un paziente è risultato negativo (20), uno debolmente positivo<br />

(12), i rimanenti due (13-19) positivi.<br />

Nei <strong>di</strong>abetici si riscontra una positività variabile. Da notare che le mini-librerie dei pazienti<br />

4 e 36 eseguite dalle biopsie effettuate al tempo 0 sono fortemente positive con una<br />

percentuale che si aggira intorno al 50%. Invece i risultati delle selezioni delle mini-librerie<br />

<strong>degli</strong> stessi pazienti eseguite a 1 anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in cui è stata osservata una <strong>di</strong>eta<br />

alimentare priva <strong>di</strong> glutine danno un valore molto più basso, nel caso del soggetto 4<br />

ad<strong>di</strong>rittura non è stato trovato alcun clone legante tTG.<br />

Nei soggetti affetti da altre patologie autoimmuni o con sintomatologia non definita la<br />

positività è variabile.<br />

Per quanto riguarda i due celiaci in remissione, in realtà solo 1 si è negativizzato (30)<br />

mentre l’altro (29) sembra essere molto positivo. E’ stato fatto il fingerprinting <strong>di</strong> metà dei<br />

24 cloni tTG positivi selezionati in ELISA. Tutti hanno lo stesso pattern <strong>di</strong> bande quin<strong>di</strong> si<br />

tratta dello stesso clone sovraespresso o sovraamplificato. Dopo induzione entrambe le<br />

librerie risultano leggermente più positive. Il soggetto 29 nuovamente presenta alti valori<br />

ma dovuti anche questa volta ad una forte ridondanza. Infatti il fingerprinting <strong>di</strong> metà dei<br />

scFvs risulta uguale. Inoltre il pattern <strong>di</strong> bande è identico a quello del precedente clone<br />

sovraespresso.<br />

MINI-LIBRERIA VH5 ORALE<br />

PAZIENTE CLONI hTG + FINGERPRINTING<br />

38 0/45 -<br />

Tab.5 Risultati delle selezioni in ELISA su tTG umana ricombinante della mini-libreria IgA da<br />

biopsia orale.<br />

La mini-libreria da mucosa orale ha dato esito negativo. Perciò è stata costruita la libreria<br />

totale IgA per rilevare la presenza <strong>di</strong> eventuali scFvs anti-tTG che non usano la famiglia<br />

VH5.<br />

LIBRERIA TOTALE ORALE<br />

PAZIENTE CLONI hTG + % POSITIVITA’ FINGERPRINTING<br />

38 1/45 2,2% -<br />

Tab.6 Risultati delle selezioni in ELISA su tTG umana ricombinante della libreria totale IgA<br />

da biopsia orale.<br />

In questo caso è stato trovato 1 solo clone positivo.<br />

54


Alcuni scFvs sono stati sequenziati. Le sequenze sono state analizzate utilizzando il<br />

database V-BASE Sequence Directory Tomlison et al, MRC Centre for Protein<br />

Engineering, Cambridge,UK (http://www.mrc-cpe.cam.ac.uk/DNAPLOT.php?menu=901).<br />

CLONE VH Gene V CDR3<br />

Lungh<br />

CDR3 (aa)<br />

J<br />

25.1 VH5 DP-73/V5-51…+ GYSYGLDAFDI 11 JH3b<br />

38.2 VH5 VHVCW/COS-24+ VPEGGDILTGTFDY 14 JH4b<br />

38.4 VH5 COS-25+ PRGGDRMDAFDI 12 JH3b<br />

38.6 VH5 VHVCW/COS-24+ PRHYETTGPFDS 12 JH4b<br />

38.7 VH5 VHVCW/COS-24+ PRGGDRMDAFDI 12 JH3b<br />

38.9 VH1 DP-7/21-2...+ AQRFSGSYPPAFDI 14 JH3b<br />

38T.1 VH5 VHVCW/COS-24+ VPEGGDILTGTFDY 14 JH4b<br />

VK1 L12a/PCR<strong>di</strong>l6-5 LHYNSYSPRYT 11 JK2<br />

21.1 VH5 DP-73/V5-51…+ PAGAGYDAFDI 11 JH3b<br />

21.2 VH5 DP-73/V5-51…+ GYSSGLDAFDI 11 JH3b<br />

36.1 VH1 DP-25/VI-3b+ EEWVQSNWFDP 11 JH5b<br />

36.2 VH3 V3-48/hv3d1…+ GPGMDV 6 JH6b<br />

36.3 VH5 DP-73/V5-51…+ PAGAGYDAFDI 11<br />

36.4 VH1 DP-25/VI-3b+ EEWVQSNWFDP 11<br />

36.5 VH5 DP-73/V5-51…+ LPGLGGGPIVVVITASDI 18<br />

36.6 VH1 DP-25/VI-3b+ EEWVQSNWFDP 11<br />

36.7 VH1 DP-25/VI-3b+ EEWVQSNWFDP 11<br />

36.10 VH5 DP-73/V5-51…+ MSGYSYGSRYYGMDV 15 JH6b<br />

36II.1 VH5 DP-73/V5-51…+ AAAGTIDY 8 JH4b<br />

36II.3 VH1 DP-75/VI-2…+ RFKFGNYNYGMDV 13 JH6b<br />

36II.4 VH1 DP-8+ GDITAVQGLLRNDVFHF 17<br />

36II.5 VH5 DP-73/V5-51…+ SYSWPSPNPYYFSH 14 JH1<br />

40.2 VH5 DP-73/V5-51...+ PGNTGMAHFQY 11 JH4b<br />

40.3 VH5 DP-73/V5-51...+ PGNTGMAHFQY 11 JH4b<br />

40.4 VH5 DP-73/V5-51...+ PGNTGMAHFQY 11 JH4b<br />

40.5 VH5 DP-73/V5-51...+ PGNTGMAHFQY 11 JH4b<br />

40.6 VH5 DP-73/V5-51...+ PGNTGMAHFQY 11 JH4b<br />

40.7 VH5 DP-73/V5-51...+ GSTGTAGDFCY 11 JH4b<br />

46.2 VH5 DP-73/V5-51 PNFSGYDAFDI 11 JH3b<br />

50.1 VH5 VHVCW/COS-24+ AGTNSDAFDI 10 JH3b<br />

52.1 VH1 DP-14/V1-18+ GRYRYSSGWYSFNY 14 JH4b<br />

Tab.7 Risultati delle sequenze dei scFvs anti-htTG delle mini-librerie intestinali e della libreria<br />

totale orale. E’ in<strong>di</strong>cato il nome del clone riferito alla libreria <strong>di</strong> appartenenza, la famiglia della<br />

VH o della VL, il nome del gene della catena, la sequenza amminoaci<strong>di</strong>ca del CDR3<br />

(Complementary Determining Region 3), il numero <strong>degli</strong> amminoaci<strong>di</strong> che formano il CDR3, e<br />

il <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> segmento J.<br />

55


La maggior parte delle catene pesanti dei scFvs isolati dai soggetti celiaci sono VH5. Della<br />

mini-libreria intestinale del paziente 38, sono stati sequenziati 5 cloni su 9: 4 (38.2-38.4-<br />

38.6-38.7) hanno la VH5 <strong>di</strong> cui 2 (38.4 e 38.7) uguale cioè hanno lo stesso CDR3 e 1<br />

(38.9) ha la VH1. Della libreria totale da mucosa orale l’unico clone isolato è dato dalla<br />

combinazione <strong>di</strong> una VH5 con una VK1. Da osservare che il CDR3 <strong>di</strong> questo scFv è<br />

uguale a quello del clone (38.2) della mini-libreria intestinale dello stesso paziente.<br />

Nei <strong>di</strong>abetici c’è anche una prevalenza <strong>di</strong> VH5 (11) anche se compaiono <strong>di</strong>verse VH1 (5).<br />

In particolare il paziente 40 ha 6 cloni VH5 <strong>di</strong> cui 5 uguali. Dei 10 cloni ottenuti dalla<br />

selezione della libreria del paziente 36 al tempo 0 sono stati sequenziati 8 cloni che<br />

risultano appartenere a famiglie <strong>di</strong>verse, precisamente: 3 <strong>di</strong>verse VH5, anche se hanno lo<br />

stesso gene, il loro CDR3 è <strong>di</strong>fferente (36.3-36.5-36.10), 1 VH3 (36.2) e 4 uguali VH1<br />

(36.1-36.4-36.6-36.7). Dei 5 cloni ottenuti dalla libreria dello stesso paziente dopo però 12<br />

mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>eta senza glutine (36II) sono stati sequenziati 4 cloni: 2 sono VH1 <strong>di</strong>verse tra<br />

loro (36II.3-36II.4) e 2 sono VH5 <strong>di</strong>verse tra loro (36II.1-36II.5). Inoltre entrambe le VH1<br />

e le VH5 sono <strong>di</strong>verse da quelle precedenti.<br />

LIBRERIE TOPO<br />

I campioni bioptici murini analizzati per la ricerca svolta nell'ambito del Dottorato sono<br />

stati gentilmente forniti dal professore Riccardo Troncone della <strong>Clinica</strong> Pe<strong>di</strong>atrica<br />

dell’Università <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “Federico II”.<br />

I campioni provenivano da topi NOD e BALB/c femmine <strong>di</strong> 3-4 settimane <strong>di</strong> età.<br />

Sono state costruite 2 librerie totali rispettivamente dall’intestino (IBL-n) e dalla milza<br />

(PBL-n) <strong>di</strong> un topo NOD <strong>di</strong> 20 settimane posto a <strong>di</strong>eta standard, contenente glutine, e come<br />

controllo 2 librerie sempre da intestino (IBL-c) e milza (PBL-c) da un topo BALB/c posto<br />

a SD. Le librerie sono state costruite nella stessa maniera <strong>di</strong> quelle umane: estrazione del<br />

RNA totale, retrotrascrizione in cDNA, PCR separate per amplificare rispettivamente tutte<br />

le VH e tutte le VL con un set <strong>di</strong> oligonucleoti<strong>di</strong> opportuni [102], aggiunta del linker per<br />

ogni <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> catena, assemblaggio, <strong>di</strong>gestione con gli enzimi <strong>di</strong> restrizione (BsshII e NheI),<br />

clonaggio nel vettore pDAN5 anch’esso precedentemente <strong>di</strong>gerito, trasformazione <strong>di</strong><br />

cellule <strong>di</strong> E.coli.<br />

Le librerie ottenute hanno un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza compreso tra 10 6 -10 7 cloni. Tutte e 4 le<br />

librerie hanno un rapporto <strong>di</strong> 100:1 rispetto i cloni ottenuti dalla ligazione del solo vettore<br />

(vettore richiuso) garantendo così una buona rappresentatività.<br />

56


Anche in questo caso si è valutata la variabilità delle librerie me<strong>di</strong>ante fingerprinting. Sono<br />

stati scelti a caso 20 cloni per ogni libreria. Le VH e le VL sono state amplificate<br />

separatamente e <strong>di</strong>gerite tramite BstNI. Il pattern <strong>di</strong> bande <strong>di</strong> ogni VH e <strong>di</strong> ogni VL è stato<br />

confrontato tra i vari cloni <strong>di</strong> ciascuna libreria e con quello della catena VH e VL C5.22<br />

per verificare che non si trattasse <strong>di</strong> un clone originale dato dalla richiusura del vettore. La<br />

<strong>di</strong>versità anticorpale all'interno <strong>di</strong> ciascuna libreria è risultata buona.<br />

Le librerie sono state selezionate su 2 antigeni: tTG murina (mtTG) e IA2 umano (hIA2-<br />

630-976 aa). I geni co<strong>di</strong>ficanti queste due proteine sono stati amplificati con gli opportuni<br />

primers e clonati nel vettore pTrcHisB. Le proteine sono state purificate me<strong>di</strong>ante metallo-<br />

cromatografia e analisi elettroforetica [98]. La loro immunoreattività è stata testata in<br />

ELISA. Nel caso <strong>di</strong> mtTG sono stati usati come riferimento i sieri umani <strong>di</strong> soggetti<br />

<strong>di</strong>agnosticati celiaci, CUB4702, un anticorpo monoclonale anti-tTG in commercio, e il<br />

scFv 2.8, un clone anti-htTG precedentemente isolato [36] ma cross-reattivo con la tTG <strong>di</strong><br />

topo. Nel caso <strong>di</strong> hIA2 sono stati impiegati come riferimento sieri umani <strong>di</strong> soggetti<br />

<strong>di</strong>abetici. La reattività delle due proteine è risultata buona e specifica (Tab.8).<br />

Anticorpo/Antigene htTG mtTG hIA2<br />

CUB4702 + + -<br />

scFv 2.8 + + -<br />

Sieri CD + + -<br />

Sieri IDDM - - +<br />

Tab.8 Risultati della reattività testata in ELISA <strong>degli</strong> antigeni ricombinanti (htTG, mtTG,<br />

hIA2) con mAb, scFv e sieri.<br />

I risultati delle selezioni delle librerie dei topi sono riportati in Tab.9 per l’antigene mtTG e<br />

in Tab.10 per l’antigene hIA2.<br />

mtTG<br />

Topo Fonte libreria<br />

Cicli<br />

selezione<br />

Cloni<br />

testati<br />

Cloni<br />

positivi<br />

Cloni<br />

<strong>di</strong>versi<br />

NOD IBL 2 96 6 3<br />

NOD PBL 3 96 4 2<br />

Balb/c IBL 3 96 0 -<br />

Balb/c PBL 3 96 0 -<br />

Tab.9 Risultati delle selezioni in ELISA su mtTG ricombinante delle librerie totali da intestino<br />

(IBL) e da milza (PBL) dei topi NOD e BALB/c.<br />

57


hIA2<br />

Topo Fonte libreria<br />

Cicli<br />

selezione<br />

Cloni<br />

testati<br />

Cloni<br />

positivi<br />

Cloni<br />

<strong>di</strong>versi<br />

NOD IBL 3 96 0 -<br />

NOD PBL 2 96 2 2<br />

Balb/c IBL 3 96 0 -<br />

Balb/c PBL 3 96 0 -<br />

Tab.10 Risultati delle selezioni in ELISA su hIA2 ricombinante delle librerie totali da intestino<br />

(IBL) e da milza (PBL) dei topi NOD e BALB/c.<br />

Per quanto riguarda il topo NOD si sono isolati cloni anti-mtTG in entrambe le librerie ma<br />

maggiormente nell’intestino (6/96) dopo solo 2 cicli <strong>di</strong> selezione mentre dalla milza sono<br />

stati trovati un numero minore (4/96) e sono stati necessari ben 3 cicli <strong>di</strong> selezione. Nelle<br />

librerie del topo BALB/c anche dopo 3 cicli <strong>di</strong> selezione non sono stati isolati cloni anti-<br />

mtTG.<br />

Per quanto concerne l’altro antigene, si è stati in grado <strong>di</strong> isolare cloni anti-hIA2 solamente<br />

dalla libreria <strong>di</strong> topo NOD ottenuta da organo periferico (2/96).<br />

I cloni risultati positivi sono stati testati per la loro <strong>di</strong>versità me<strong>di</strong>ante fingerprinting e<br />

successivamente sequenziati. Le sequenze sono state confrontate con il database<br />

internazionale IMGT (ImMunoGeneTics-http://imgt.cines.fr). Gli unici 2 cloni anti-hIA2<br />

trovati sono risultati <strong>di</strong>fferenti tra loro. I cloni anti-mtTG della libreria PBL-n sono risultati<br />

2 su 4 <strong>di</strong>versi (Tab.11).<br />

Clone<br />

H1<br />

G6<br />

Gene<br />

VH<br />

IGHV<br />

1S61*01<br />

IGHV<br />

2S1*01<br />

CDR3<br />

ETKTG<br />

TFDY<br />

MVTWY<br />

FDV<br />

Lungh.<br />

CDR3<br />

9 7<br />

8 15<br />

Mutaz. Gene VL CDR3<br />

IGKV<br />

2-109*01<br />

IGKV<br />

6-13*01<br />

AQMLKF<br />

PRT<br />

QQYGTS<br />

PLT<br />

Lungh.<br />

CDR3<br />

Mutaz.<br />

9 10<br />

9 9<br />

Tab.11 Risultati delle sequenze dei 2 <strong>di</strong>versi scFvs anti-mtTG della libreria totale periferica<br />

del topo NOD (PBL-n). E’ in<strong>di</strong>cato il nome del clone, il nome del gene della catena VH o VL,<br />

la sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca del CDR3, il numero <strong>degli</strong> amminoaci<strong>di</strong> che formano il CDR3 e il<br />

numero <strong>di</strong> mutazioni <strong>di</strong> basi della sequenza rispetto a quella del gene della linea germinale.<br />

Si è riscontrata una situazione particolare per i cloni anti-mtTG della libreria IBL-n.<br />

Risultano <strong>di</strong>versi solo 3 cloni su 6. Un clone (D9) è rappresentato ben 4 volte. La<br />

ridondanza è intrinseca alla tecnica stessa per sovraamplificazione preferenziale. La<br />

particolarità sta però nel fatto che questi 3 cloni sono dati dalla combinazione <strong>di</strong> 3 <strong>di</strong>verse<br />

VH con 2 <strong>di</strong>fferenti VL. I risultati del sequenziamento sono visibili in Tab.12.<br />

58


Clone<br />

A11<br />

D9<br />

G6<br />

Gene<br />

VH<br />

IGHV<br />

14S2*01<br />

IGHV<br />

1S136*01<br />

IGHV<br />

14S1*01<br />

CDR3<br />

Lungh.<br />

CDR3<br />

Mutaz.<br />

DYGRY 5 9<br />

YGSSHA<br />

GYFDVW<br />

12 36<br />

DYGSY 5 9<br />

Gene<br />

VL<br />

IGKV<br />

6-23*01<br />

IGKV<br />

3-10*01<br />

IGKV<br />

3-10*01<br />

CDR3<br />

EQYSSS<br />

PLT<br />

QQNNE<br />

DPWT<br />

QQNNE<br />

DPWT<br />

Lungh.<br />

CDR3<br />

Mutaz.<br />

9 18<br />

9 5<br />

9 5<br />

Tab.12 Risultati delle sequenze dei 3 <strong>di</strong>versi scFvs anti-mtTG della libreria totale intestinale<br />

del topo NOD (IBL-n). E’ in<strong>di</strong>cato il nome del clone, il nome del gene della catena VH o VL,<br />

la sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca del CDR3, il numero <strong>degli</strong> amminoaci<strong>di</strong> che formano il CDR3 e il<br />

numero <strong>di</strong> mutazioni <strong>di</strong> basi della sequenza rispetto a quella del gene della linea germinale.<br />

Precisamente la VH del clone A11 (IGHV 14S2*01) si lega a due VL <strong>di</strong>verse ovvero alla<br />

VL del clone A11 (IGKV 6-23*01) e alla VL del clone G6 (IGKV 3-10*01). A sua volta la<br />

VL del clone G6 (IGKV 3-10*01) è unita a due VH <strong>di</strong>verse ovvero alla VH del clone G6<br />

(IGHV 14S1*01) e alla VH del clone D9 (IGHV 1S136*01).<br />

Confrontando la sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca dei geni delle catene pesanti e leggere dei cloni con<br />

quella del gene della linea germinale si osservano numerose mutazioni somatiche<br />

soprattutto nella regione del CDR3, data nel caso delle VH dalla giustapposizione dei<br />

segmenti DH e JH e dall’attività <strong>di</strong> aggiunta/eliminazione <strong>di</strong> nucleoti<strong>di</strong> da parte <strong>di</strong><br />

esonucleasi.<br />

Si è voluto allestire un esperimento per identificare le classi immunoglobuliniche espresse<br />

dagli anticorpi anti-mtTG nel topo NOD. Infatti nella costruzione dei scFvs vanno perse le<br />

regioni costanti <strong>degli</strong> anticorpi. Si è perciò preso come riferimento la VH del clone G6 in<br />

quanto la sua sequenza contiene pochi nucleoti<strong>di</strong> AT, che possono influenzare<br />

negativamente la specificità <strong>di</strong> riconoscimento sullo stampo <strong>di</strong> cDNA. I primers antisenso<br />

sono stati <strong>di</strong>segnati sulla base delle sequenze dell’estremità C-terminale <strong>degli</strong> isotipi<br />

murini IgA, IgG e IgM. Questi primers sono stati utilizzati per amplificare il cDNA<br />

dell’intestino e della milza del topo NOD.<br />

Fig.11 Amplificati delle <strong>di</strong>verse classi immunoglobuliniche (IgA, IgG IgM) del cDNA da<br />

intestino (INTESTINE) e milza (SPLEEN) del topo NOD.<br />

59


Nell’intestino si è ottenuta l’amplificazione <strong>di</strong> solo 2 classi isotipiche: IgA e IgM. Nella<br />

milza risultano invece presenti tutte e tre le classi immunoglobuliniche. Quin<strong>di</strong> nella milza<br />

compare anche la classe IgG, assente nell’intestino, e risulta più debole l’amplificato<br />

corrispondente alla classe IgA.<br />

Tutti i <strong>di</strong>fferenti cloni anti-mtTG (2 <strong>di</strong> PBL-n e 3 <strong>di</strong> IBL-n) sono stati prodotti in forma<br />

solubile e testati in ELISA su mtTG, mtTG denaturata, htTG e BSA. Come controlli sono<br />

stati usati gli anticorpi CUB4702 e scFv 2.8. Tutti i cloni selezionati riconoscono<br />

specificatamente la mtTG, non la htTG e la BSA, e nemmeno la mtTG denaturata.<br />

Fig.12 ELISA <strong>di</strong> 3 scFvs isolati da intestino (INT) del topo NOD (A11-D9-G6), 2 scFvs isolati<br />

dalla milza (SPL) del topo NOD (G6-H1), del scFv 2.8 e dell’anticorpo monoclonale<br />

CUB4702 su m-tTG, m-tTG denaturata (D m-tTG), h-tTG e BSA.<br />

60


DISCUSSIONE<br />

DISCUSSIONE TECNICA<br />

I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che l’impiego della costruzione <strong>di</strong> minilibrerie<br />

anticorpali fagiche permette il rilevamento della sintesi <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG nella mucosa<br />

intestinale anche quando il livello nel siero <strong>di</strong> questi anticorpi è poco sotto la soglia o<br />

ad<strong>di</strong>rittura non ancora rilevabile. Infatti 18 pazienti risultavano negativi al test sierologico<br />

tTG. Ne sono stati analizzati tramite selezione 11: <strong>di</strong> questi ben 8, cioè il 73%, sono<br />

risultati invece positivi per la presenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG a livello intestinale. E’ un dato<br />

significativo se si considera che la maggior parte dei celiaci sono asintomatici o la malattia<br />

è in forma silente e quin<strong>di</strong> in base al solo test sierologico non verrebbero <strong>di</strong>agnosticati. La<br />

spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che la produzione <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG avviene<br />

solo a livello intestinale, dato confermato dall’isolamento <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG solo da<br />

libreria IBL e non PBL [34], e che questi successivamente fuoriescano nel circolo<br />

sanguigno attraverso la mucosa danneggiata. Nei casi in cui però l’epitelio intestinale non<br />

sia ancora danneggiato la risposta umorale potrebbe essere solo locale e perciò confinata<br />

nell’intestino. La tecnica del phage <strong>di</strong>splay fornisce un’utile informazione nel caso <strong>di</strong><br />

biopsie normali che non mostrano alcun segno <strong>di</strong> alterazione. Questa tecnica potrebbe così<br />

identificare quei pazienti ad uno sta<strong>di</strong>o molto precoce <strong>di</strong> malattia, prevenendo le<br />

complicazioni che potrebbero insorgere in un tempo successivo.<br />

E’ stato ampiamente <strong>di</strong>mostrato da <strong>stu<strong>di</strong></strong> presenti in letteratura che la famiglia VH5 viene<br />

usata da <strong>di</strong>fferenti soggetti celiaci per formare gli anticorpi anti-tTG. Si è sfruttata la<br />

possibilità <strong>di</strong> semplificazione della complessa costruzione <strong>di</strong> librerie totali ad una<br />

procedura <strong>di</strong> clonaggio a due soli passaggi [103]. La sequenza del primer VH5 è<br />

considerevolmente <strong>di</strong>versa dalle corrispondenti regioni delle altre famiglie VH tranne per<br />

la famiglia VH1 con cui ha solo 4 <strong>di</strong>saccoppiamenti. Ecco perché talvolta si ritrovano<br />

anticorpi VH1 nelle selezioni.<br />

La tecnica del phage <strong>di</strong>splay per costruire piccole librerie anticorpali basate sulla selettiva<br />

amplificazione <strong>di</strong> famiglie V può essere quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> considerevole interesse <strong>di</strong>agnostico e<br />

terapeutico.<br />

61


DISCUSSIONE TOPO NOD<br />

Nel modello animale del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1 sono stati isolati anticorpi anti-tTG. Dalla<br />

libreria anticorpale ottenuta dalla milza del topo NOD dopo ben 3 cicli <strong>di</strong> selezione su tTG<br />

purificata <strong>di</strong> topo si sono ottenuti 2 scFvs mentre da quella intestinale dopo solo 2 cicli <strong>di</strong><br />

selezione sono stati isolati 3 scFvs. Ciò in<strong>di</strong>ca una maggior presenza a livello intestinale <strong>di</strong><br />

linfociti B sintetizzanti anticorpi anti-tTG. Questi anticorpi sono presenti soprattutto<br />

nell’intestino (6/96) piuttosto che a livello periferico (4/96). I valori però sono bassi: 6%<br />

per l’intestino e 4% per la milza mentre nelle librerie da celiaco dopo solo 1 ciclo si trova<br />

una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> positività del 30%. Inoltre tali valori sono inferiori anche a quelli trovati nel<br />

gruppo dei <strong>di</strong>abetici dello <strong>stu<strong>di</strong></strong>o.<br />

Questi anticorpi sono specifici. Infatti in ELISA, sia espressi in forma fagica che in forma<br />

solubile, riconoscono solo la tTG murina, non quella umana, nonostante l’omologia tra le<br />

due proteine. Nessuno anticorpo isolato è risultato cross-reattivo.<br />

Essi riconoscono un epitopo conformazionale. Infatti non sono in grado <strong>di</strong> riconoscere<br />

l’antigene se denaturato. Probabilmente in seguito a denaturazione la mtTG perde la sua<br />

struttura terziaria. La controprova è data dai risultati ottenuti dall’anticorpo monoclonale<br />

CUB. Esso è capace <strong>di</strong> riconoscere, oltre ad entrambe le tTG, anche la mtTG, sebbene in<br />

maniera leggermente minore della mtTG nativa. Infatti è noto che tale anticorpo riconosce<br />

un epitopo lineare.<br />

Inoltre è stato <strong>di</strong>mostrato che a livello intestinale, come ci si aspetta, la classe anticorpale<br />

maggiormente presente è quella IgA, dato che tale classe è <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> secretorio e quin<strong>di</strong> viene<br />

espressa a livello delle mucose qual è l’epitelio secretorio intestinale. In più è stato<br />

<strong>di</strong>mostrato che gli anticorpi anti-mtTG subiscono un cambiamento <strong>di</strong> classe (switching<br />

isotipico). Infatti nell’intestino è presente solo la classe immunoglobulinica A ed M e<br />

manca la G. In periferia è ancora presente la classe IgM, più debole la IgA ma forse<br />

proprio perché compare anche la classe IgG.<br />

Il particolare risultato messo in evidenza dal sequenziamento <strong>degli</strong> anticorpi anti-mtTG<br />

della libreria intestinale <strong>di</strong> topo NOD potrebbe far pensare ad una situazione non reale<br />

constatando che la tecnica si basa su accoppiamenti dei geni VH e VL in vitro a caso.<br />

Invece proprio il numero limitato <strong>di</strong> cloni isolati e l’accoppiamento incrociato <strong>di</strong> alcune<br />

delle catene V (3 VH e 2 VL) suggeriscono che tali scFvs derivino da una risposta<br />

anticorpale oligoclonale. Inoltre sembra ragionevole pensare che riproducano i reali<br />

62


accoppiamenti VH-VL che avvengono in vivo dato che tutti i scFvs hanno lo stesso pattern<br />

<strong>di</strong> riconoscimento verso mtTG, htTG e mtTG denaturata.<br />

Le estese mutazioni somatiche trovate nelle regioni V <strong>di</strong> tutti gli anticorpi anti-mtTG<br />

isolati in<strong>di</strong>cano la proliferazione clonale <strong>di</strong> una popolazione <strong>di</strong> linfociti B altamente<br />

selettiva. Ciò è concorde con un processo guidato dall’antigene e avviato da una precoce<br />

stimolazione antigenica da parte della tTG. La lunga “storia” <strong>di</strong> questi anticorpi viene<br />

confermata dall’analisi della catena VH del clone IBL-n G6, preso da riferimento, il cui<br />

cambiamento isotipico coinvolge 3 classi immunoglobuliniche (A, G, M). Le due<br />

popolazioni linfocitarie sembrano sottostare però a <strong>di</strong>fferente regolazione dal momento che<br />

è stato mostrato che la sintesi <strong>di</strong> IgG avviene solo nella milza.<br />

Nell’intestino non sono stati isolati scFvs anti-IA2. Questo risultato negativo non può esser<br />

imputato ad un’inefficienza della tecnica perché invece sono stati trovati nella milza. Ciò<br />

conferma la funzionalità del sistema e della reattività dell’antigene. Il fatto <strong>di</strong> non aver<br />

isolato anticorpi anti-IA2 dalla libreria intestinale è quin<strong>di</strong> dovuto alla loro reale assenza in<br />

quest’organo. Da un topo NOD, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>abetico, ci si aspetterebbe la presenza <strong>di</strong> anticorpi<br />

contro antigeni tipici del <strong>di</strong>abete. La loro mancanza nell’intestino suggerisce che l’intestino<br />

non sia la sede <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> tali anticorpi. Questi anticorpi sembrano avere lo stesso<br />

andamento <strong>degli</strong> AGA che vengono rilevati solo a livello periferico [34]. Ciò in<strong>di</strong>ca che il<br />

sito <strong>di</strong> rottura della tolleranza nei confronti <strong>di</strong> questi due antigeni non avviene<br />

nell’intestino.<br />

Il topo NOD sintetizza anticorpi anti-tTG sia nella milza che nell’intestino. Questa risposta<br />

con<strong>di</strong>vide molte delle caratteristiche della malattia celiaca umana che è principalmente<br />

caratterizzata dalla risposta autoimmune verso l’enzima tTG. I pazienti celiaci non trattati<br />

sono ad alto rischio <strong>di</strong> sviluppare altre malattie autoimmuni come ad esempio proprio<br />

l’IDDM [35] che è la principale caratteristica patogenetica del topo NOD. Inoltre il glutine<br />

è stato <strong>di</strong>mostrato essere l’elemento scatenante <strong>di</strong> sviluppo del <strong>di</strong>abete nel topo NOD [80].<br />

In un lavoro recentemente pubblicato è stato descritto che, in seguito ad induzione in vitro<br />

con glia<strong>di</strong>na, la mucosa dell’intestino, normalmente strutturato, <strong>di</strong> soggetti con IDDM<br />

mostra segni <strong>di</strong> infiammazione accompagnati da un aumento dell’espressione <strong>di</strong> molecole<br />

HLA DR e DP nelle cripte e nell’epitelio dei villi e <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong> cellule T, situazione<br />

del tutto simile a quella che si verifica dopo induzione <strong>di</strong> biopsia <strong>di</strong> un soggetto celiaco<br />

[104]. Questo quadro è stato riscontrato anche nel topo NOD. Infatti sono stati trovati<br />

63


linfociti infiltranti gli isolotti pancreatici esprimenti molecole <strong>di</strong> adesione mucosale [105].<br />

Perciò una caratteristica dell’IDDM è probabilmente un’errata risposta immunitaria alla<br />

glia<strong>di</strong>na, sebbene il concreto ruolo del glutine deve essere ancora chiarito.<br />

Come nella <strong>celiachia</strong>, nel topo NOD il principale sito <strong>di</strong> produzione <strong>degli</strong> anticorpi anti-<br />

tTG è la mucosa intestinale. Nel topo NOD la produzione <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG potrebbe<br />

essere correlata allo stato infiammatorio dell’intestino tenue. Se così fosse, nel topo NOD<br />

potrebbero agire meccanismi simili a quelli ipotizzati per la <strong>celiachia</strong>, come ad esempio la<br />

funzione <strong>di</strong> APC svolta da parte dei linfociti B. Le caratteristiche immunogenetiche del<br />

topo NOD suggeriscono che ciò avvenga anche nel modello murino. Quin<strong>di</strong> nel topo NOD<br />

i linfociti B giocano un ruolo centrale nella patogenesi dell’IDDM, essendo necessari per<br />

l’attivazione <strong>di</strong> cellule T <strong>di</strong>abetogeniche attraverso la cattura Ig-me<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> antigeni tipici<br />

del <strong>di</strong>abete.<br />

DISCUSSIONE UOMO<br />

Innanzitutto dalla mini-libreria VH5 della mucosa orale non sono stati isolati cloni anti-<br />

tTG. Perciò sono state formulate due ipotesi: 1) i linfociti <strong>di</strong> questa zona non producono<br />

anticorpi anti-tTG (dal momento che tali anticorpi sono stati isolati solo a livello intestinale<br />

e non periferico [34]) o 2) gli anticorpi anti-tTG a livello della mucosa orale non sono<br />

costituiti dalla famiglia VH5 ovvero i linfociti B associati alla mucosa orale utilizzano altre<br />

famiglie per la formazione <strong>degli</strong> anticorpi contro questo antigene. Si è proceduti quin<strong>di</strong> alla<br />

costruzione della libreria totale IgA dal campione bioptico. Dopo due cicli <strong>di</strong> selezione è<br />

stato trovato un clone reattivo alla tTG. Di conseguenza la prima ipotesi è stata scartata.<br />

Anche i tessuti linfoi<strong>di</strong> della mucosa orale reagiscono alla htTG producendo anticorpi. La<br />

mucosa orale rappresenta quin<strong>di</strong> una prima barriera della risposta immune glutine-<br />

<strong>di</strong>pendente. Inizialmente sembrava che i tessuti linfoi<strong>di</strong> associati alla mucosa orale agissero<br />

però in maniera in<strong>di</strong>pendente da quelli del tratto intestinale. In realtà anche la seconda<br />

ipotesi è stata smentita dal successivo sequenziamento del clone. Infatti è risultato che la<br />

VH dell’unico clone isolato dalla mucosa orale ha la stessa sequenza <strong>di</strong> uno isolato dalla<br />

mucosa intestinale ed è una VH5. Concludendo i linfociti del sistema immunitario della<br />

mucosa usano le stesse famiglie geniche per la sintesi <strong>degli</strong> anticorpi anti-tTG. Il sistema<br />

immunitario della mucosa orale rappresenta comunque un argomento da approfon<strong>di</strong>re<br />

aumentando la casistica e reclutando un soggetto sano come controllo negativo.<br />

64


Dato un po’ spiazzante è stato il risultato delle selezioni dei soggetti sani che dovevano<br />

costituire il controllo interno negativo. Solo un soggetto è stato trovato veramente negativo<br />

mentre negli altri 3 sono stati isolati anticorpi anti-tTG. Una spiegazione <strong>di</strong> questo risultato<br />

può esser data constatando che questi soggetti non erano del tutto sani ovvero presentavano<br />

al momento della biopsia varie infiammazioni del tratto gastro-intestinale (esofagite e<br />

gastrite) che possono alterare la normale flora intestinale e provocare cambiamenti<br />

nell’ambito delle citochine intestinali. Queste infiammazioni possono provocare alterazioni<br />

della permeabilità intestinale scatenando una risposta immunitaria da parte dei linfociti<br />

verso antigeni alimentari come il glutine.<br />

Per quanto riguarda i soggetti con altre patologie autoimmuni o con quadro clinico non ben<br />

definito, tutti tranne uno sono risultati positivi anche se in modo variabile. Il soggetto<br />

negativo presentava un’enteropatia. Forse la causa <strong>di</strong> questa manifestazione<br />

sintomatologica non è da imputare all’intolleranza al glutine ma piuttosto ad altri motivi<br />

comuni nei bambini come altre forme <strong>di</strong> enteropatia come quella per sensibilità al latte,<br />

sindrome post-enterite o infezione da Giar<strong>di</strong>a. A conferma del dato noto in letteratura, è<br />

stata riscontrata una positività anticorpale anti-tTG in due pazienti affetti da due malattie<br />

autoimmuni associate o presunte tali alla <strong>celiachia</strong>, più precisamente la dermatite<br />

erpetiforme e il Lupus eritematoso sistemico. L’altro paziente risultato positivo<br />

effettivamente soffriva <strong>di</strong> dolori addominali ricorrenti e presentava lesioni allo smalto,<br />

segni tipici della <strong>celiachia</strong>.<br />

In un lavoro recentemente pubblicato [103] è stato osservato che la mucosa <strong>di</strong> una biopsia<br />

intestinale in seguito ad induzione, cioè dopo coltura in vitro <strong>di</strong> 24 ore in presenza <strong>di</strong><br />

frammenti <strong>di</strong> glia<strong>di</strong>na, mostra segni <strong>di</strong> attivazione T-linfocitaria. In effetti dalle biopsie<br />

intestinali indotte dei due soggetti celiaci in remissione si registra un aumento, anche se<br />

lieve (dal 80% al 97% in un caso e dal 0% al 9% nell’altro), della produzione <strong>di</strong> anticorpi<br />

anti-tTG. Va ricordato comunque che la forte positività del primo soggetto non contrasta<br />

con la sua remissione in quanto la numerosità <strong>degli</strong> anticorpi è “fittizia” o meglio non<br />

reale. Infatti si è visto, tramite fingerprinting, che metà dei cloni sono lo stesso anticorpo<br />

che probabilmente è stato favorito, durante le amplificazioni della costruzione della<br />

libreria, forse perché maggiormente espresso dai linfociti <strong>di</strong> questo paziente per la<br />

formazione <strong>degli</strong> anticorpi anti-tTG. Inoltre lo stesso anticorpo è stato isolato dalla biopsia<br />

non indotta dello stesso paziente.<br />

65


Per quanto concerne il gruppo in esame cioè quello dei <strong>di</strong>abetici il dato rilevante è che per<br />

la prima volta sono stati isolati anticorpi anti-tTG a livello intestinale. Infatti nei lavori<br />

presenti in letteratura la positività anti-tTG <strong>di</strong> pazienti <strong>di</strong>abetici si basa su test sierologico.<br />

All’interno del gruppo la positività è risultata variabile. Si nota comunque una concordanza<br />

con la positività anti-transglutaminasica sierica. Infatti 5 pazienti tTG siero positivi (40-46-<br />

47-48-49) sono anche tTG intestino positivi, mentre dei 4 pazienti tTG siero negativi 2<br />

sono tTG intestino negativi (35-51) e 2 sono tTG intestino debolmente positivi (50-52).<br />

Sembra esserci una correlazione tra la presenza <strong>di</strong> anticorpi anti-tTG sierici e la presenza <strong>di</strong><br />

anticorpi anti-tTG intestinali. I pazienti che sono sierologicamente negativi al test contro la<br />

tTG non hanno o hanno pochi linfociti B esprimenti anticorpi anti-tTG.<br />

Dalle sequenze <strong>di</strong> questi anticorpi isolati da soggetti affetti da IDDM si evince che non<br />

sono solo VH5 anzi sembra che per la loro costituzione vengano utilizzate altre famiglie<br />

come la VH3 ma forse ancor più privilegiata la VH1.<br />

Molto interessante è il risultato ottenuto dai 2 pazienti <strong>di</strong>abetici, 4 e 36, rispettivamente un<br />

adulto e un bambino. Entrambi sono risultati inizialmente fortemente positivi alla tTG.<br />

Dopo un anno <strong>di</strong> regime alimentare privo <strong>di</strong> glutine si sono sottoposti nuovamente a<br />

biopsia intestinale. Da questa seconda libreria si sono trovati ancora anticorpi anti-tTG ma<br />

in numero minore nel bambino e la completa assenza nell’adulto.<br />

I risultati ottenuti dal gruppo dei soggetti <strong>di</strong>abetici forniscono un ulteriore supporto che<br />

rafforza l’esistenza <strong>di</strong> un legame tra queste due malattie autoimmuni. Inoltre è molto<br />

importante sottolineare che è stata trovata una forte risposta immunologica glutine-<br />

<strong>di</strong>pendente.<br />

In conclusione è stato confermato il ruolo del glutine nell’attivare <strong>di</strong>rettamente la risposta<br />

anticorpale tTG. E’ stato <strong>di</strong>mostrato che innanzitutto c’è una risposta umorale anti-tTG nei<br />

<strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> I e che essa avviene, come nei celiaci, soprattutto a livello intestinale.<br />

L’iniziale sviluppo <strong>di</strong> cellule T <strong>di</strong>abetogeniche sembra perciò avvenire nell’intestino,<br />

evento in<strong>di</strong>cato da chiari segni <strong>di</strong> infiammazione che provocano alterazioni dell’epitelio<br />

intestinale.<br />

Il sistema immunitario dell’intestino gioca un ruolo importante nella patogenesi<br />

dell’IDDM. L’ipotesi che viene formulata è che i linfociti B potrebbero funzionare da APC<br />

<strong>di</strong> antigeni <strong>di</strong>abetici. La tTG potrebbe legare antigeni <strong>di</strong>abetogenici formando dei<br />

complessi che vengono internalizzati e processati dalle cellule B, esprimenti anticorpi anti-<br />

66


cellule pancreatiche, che presentandoli ai linfociti T, nel contesto del MHC <strong>di</strong> classe II,<br />

provocherebbero l’attivazione <strong>di</strong> linfociti T autoimmuni innescando la risposta cellulare.<br />

Questa tesi ha rilevato l’evidenza una risposta infiammatoria glutine-<strong>di</strong>pendente della<br />

mucosa intestinale sia nel modello animale del <strong>di</strong>abete, il topo NOD, che nei soggetti<br />

umani affetti da <strong>di</strong>abete mellito insulino-<strong>di</strong>pendente.<br />

Quin<strong>di</strong> si pensa che la <strong>di</strong>eta senza glutine possa essere un utile strumento <strong>di</strong> prevenzione<br />

del <strong>di</strong>abete e che possa offrire almeno ad una parte dei soggetti una riduzione del rischio.<br />

67


MATERIALI E METODI<br />

A) COSTRUZIONE DI MINI-LIBRERIA ANTICORPALE FAGICA<br />

A1.PREPARAZIONE DEI FRAMMENTI VH5<br />

A1.1) ESTRAZIONE DI RNA DA TESSUTO BIOPTICO TRAMITE TRIZOL<br />

OMOGENEIZZAZIONE<br />

• Omogeneizzare (con pestello) il campione scongelato in 1 ml <strong>di</strong> Trizol per 50-100 mg <strong>di</strong> tessuto.<br />

Nel caso <strong>di</strong> campioni con un alto contenuto <strong>di</strong> proteine, grassi, polisaccari<strong>di</strong> o materiale extracellulare come<br />

muscoli, tessuto grasso o parti tuberose <strong>di</strong> piante per eliminare il particolato<br />

• Centrifugare a 11000 rpm per 10' a 2°- 8°C.<br />

SEPARAZIONE<br />

• Prelevare il surnatante contenente l’RNA e porlo in Eppendorf da 1,5 ml.<br />

• Incubare il campione per 5' a 15°- 30°C.<br />

• Aggiungere 200 µl <strong>di</strong> Cloroformio per 1 ml <strong>di</strong> Trizol iniziale.<br />

• Agitare vigorosamente per 15''.<br />

• Incubare il campione per 2'-3' a 15°- 30°C.<br />

• Centrifugare il campione a 11000 rpm per 15' a 2°- 8°C.<br />

PRECIPITAZIONE<br />

• Trasferire la fase acquosa superiore contenente l’RNA in un’Eppendorf pulita<br />

(quantità teorica 60% <strong>di</strong> 1 ml <strong>di</strong> Trizol iniziale).<br />

• Aggiungere 500 µl <strong>di</strong> Isopropanolo per 1 ml <strong>di</strong> Trizol iniziale.<br />

• Incubare il campione per 10' a 15°- 30°C.<br />

• Centrifugare a 11000 rpm per 10' a 2°- 8°C.<br />

LAVAGGIO<br />

• Rimuovere il surnatante.<br />

• Lavare il fondello <strong>di</strong> RNA aggiungendo al massimo 1 ml <strong>di</strong> etanolo (EtOH) DEPC 75% per 1 ml <strong>di</strong><br />

Trizol iniziale.<br />

• Mescolare il campione vortexando.<br />

• Centrifugare a 9000 rpm per 5' a 2°- 8°C.<br />

RISOSPENSIONE<br />

• Eliminare l’alcool.<br />

• Asciugare (all’aria o sottovuoto) il fondello <strong>di</strong> RNA non completamente per 5'-10'.<br />

• A seconda della quantità del pellet risospendere l’RNA in H2O senza RNasi (o in 0.5% SDS).<br />

• Incubare il campione per 10' a 55°- 60°C.<br />

A1.2) TRATTAMENTO DI RNA CON DNasi<br />

• Aggiungere in una provetta per PCR senza RNasi:<br />

1 µg <strong>di</strong> RNA in 8 µl <strong>di</strong> H2O senza RNasi (Molecular Biology Grade)<br />

1 µl <strong>di</strong> Buffer 10X<br />

1 µl <strong>di</strong> Amplification Grade DNasiI (1 U/µl)<br />

• Incubare il campione per 15' a temperatura (T) ambiente.<br />

• Aggiungere 1 µl <strong>di</strong> Stop Solution.<br />

• Scaldare per 10' a 70°C.<br />

• Porre il campione subito in ghiaccio.<br />

68


A1.3) PRODUZIONE DI cDNA<br />

• In una provetta mettere:<br />

1 µl pd(N) 6 100 ng/µl<br />

1 µg RNA<br />

10 µl H2O<br />

Nel caso l’RNA sia stato precedentemente trattato con DNasi aggiungere solo pd(N) 6 .<br />

• Denaturare il campione per 10' a 70°C.<br />

• Porre subito in ghiaccio.<br />

• Aggiungere:<br />

4 µl First Strand Buffer 5X<br />

2 µl DTT 0.1 M<br />

1 µl dNTP Mix (10 mM ognuno) 10 mM<br />

• Incubare il campione per 10' a 25°C.<br />

• Portare a 42°C e aggiungere 1 µl <strong>di</strong> enzima trascrittasi inversa.<br />

• Incubare il campione per 50' a 42°C<br />

15' a 70°C<br />

A1.4) 1° PCR<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 µM<br />

− primer 0,5 µM<br />

− cDNA<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 25 µl<br />

Primer forward IgA: 5' GGG GCT GGT CGG GGA TGC 3'<br />

Primer back VH5 FAM: 5' TTA TCC TCG AGC GGT ACC GAG GTG CAG CTG GTG CAG<br />

TCT GGA GCA GAG GTG AAA 3'<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 3'<br />

30 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 56°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 5'<br />

Controllare l'amplificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

A1.5) 2° PCR (aggiunta del linker)<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 µM<br />

− DMSO 5%<br />

− primer 0,3 µM<br />

− 1° PCR<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 50 µl<br />

Primer forward VH MIX: 5' GAT TGG TTT GCC GCT AGC 3'+<br />

VH1/2 for - TGA GGA GAC RGT GAC CAG GGT G<br />

VH3 for - TGA AGA GAC GGT GAC CAT TGT<br />

VH4/5 for - TGA GGA GAC GGT GAC CAG GGT T<br />

69


VH6 for - TGA GGA GAC GGT GAC CGT GGT CC<br />

Primer back VHPTL: 5' GGA GGG TCG ACC ATA ACT TCG TAT AAT GTA TAC TAT<br />

ACG AAG TTA TCC TCG AGC GGT A 3'<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 3'<br />

20 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 58°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 10'<br />

Fare 3 reazioni. Unire le 3 aliquote. Controllare la 2° PCR confrontandola con la 1° PCR su gel <strong>di</strong> agarosio<br />

2% in tampone TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente all’amplificato.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il prodotto purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

A1.6) DIGESTIONE DEL FRAMMENTO VH<br />

− Buffer 2 1X<br />

− BSA 1X<br />

− 2° PCR<br />

− enzima <strong>di</strong> restrizione<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

La concentrazione <strong>degli</strong> enzimi <strong>di</strong> restrizione da usare <strong>di</strong>pende dalla concentrazione dell'amplificato.<br />

Operare in modo sequenziale:<br />

1° DIGESTIONE: con NheI 1h 30' a 37°C (Tenere 2 l per il controllo).<br />

2° DIGESTIONE: con XhoI 2h 30' a 37°C (Dopo 1h 30' aggiungere 0,5-1 l <strong>di</strong> NheI).<br />

Controllare: il campione non <strong>di</strong>gerito, la 1° <strong>di</strong>gestione e la 2° <strong>di</strong>gestione su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in TBE 1X.<br />

Purificare con QIAquick PCR Purification kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il prodotto purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TBE 1X confrontandolo con il vettore<br />

<strong>di</strong>gerito.<br />

A2.PREPARAZIONE DEL VETTORE<br />

A2.1) ESTRAZIONE DI DNA PLASMIDICO<br />

Utilizzare un clone già trasformato con il plasmide <strong>di</strong> interesse. Eseguire una mini- o una mi<strong>di</strong>-prep, a<br />

seconda della quantità necessaria <strong>di</strong> vettore, con Qiagen Plasmid kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il DNA su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TBE 1X.<br />

A2.2) DIGESTIONE DEL VETTORE<br />

− Buffer 2 1X<br />

− BSA 1X<br />

− DNA plasmi<strong>di</strong>co<br />

− enzima <strong>di</strong> restrizione<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

La concentrazione <strong>degli</strong> enzimi <strong>di</strong> restrizione da usare <strong>di</strong>pende dalla concentrazione del plasmide.<br />

Operare in modo sequenziale:<br />

1° DIGESTIONE: con NheI 2h a 37°C (Tenere 2 l per il controllo).<br />

2° DIGESTIONE: con XhoI 2h a 37°C (Dopo 1h aggiungere 0,5-1 l <strong>di</strong> NheI).<br />

70


Controllare: il campione non <strong>di</strong>gerito, la 1° <strong>di</strong>gestione e la 2° <strong>di</strong>gestione su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente al vettore <strong>di</strong>gerito.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il vettore purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TBE 1X confrontandolo con la<br />

VH <strong>di</strong>gerita.<br />

A3.PREPARAZIONE DEL LIGATO<br />

A3.1) LIGAZIONE<br />

− Buffer 1X<br />

− DTT 10 mM<br />

− 2° PCR <strong>di</strong>gerita<br />

− vettore <strong>di</strong>gerito<br />

− T4 DNA ligasi<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

Calcolare le quantità <strong>di</strong> vettore e inserto da ligare in base al rapporto vettore:inserto 1:3 (in modo da favorire<br />

la trasformazione <strong>di</strong> tutto il vettore) e alle loro <strong>di</strong>mensioni.<br />

Programma:<br />

16h a 16°C<br />

10' a 70°C (inattivazione enzima)<br />

Controllare 3 µl della ligazione confrontandola con l'inserto e il vettore <strong>di</strong>geriti su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in TBE<br />

1X.<br />

A3.2) PRECIPITAZIONE DEL LIGATO<br />

• Portare la ligazione ad un Volf = 100 l con so<strong>di</strong>oacetato (NaAc) 0,2 M pH=7. Se il Vol è già pari o<br />

superiore a 100 l, aumentare un po’ con H2O o NaAc.<br />

• Aggiungere un pari Vol <strong>di</strong> Fenolo pH=8 e mescolare bene anche vortexando.<br />

• Centrifugare a 12000 rpm per 5'.<br />

• Recuperare il surnatante.<br />

• Se l’interfaccia risulta pulito procedere con le operazioni successive, altrimenti ripetere il passaggio con<br />

il Fenolo.<br />

• Aggiungere metà Vol <strong>di</strong> Fenolo pH=8 + metà Vol <strong>di</strong> Cloroformio:alcool Isoamilico 24:1.<br />

• Centrifugare a 12000 rpm per 5'.<br />

• Recuperare il surnatante.<br />

• Aggiungere un pari Vol <strong>di</strong> Cloroformio:alcool Isoamilico 24:1 e mescolare bene anche vortexando.<br />

• Centrifugare a 12000 rpm per 5'.<br />

• Recuperare il surnatante.<br />

• Aggiungere so<strong>di</strong>ocloruro (NaCl) Mf = 0,25 M.<br />

• Aggiungere 2-2 e ½ Vol <strong>di</strong> EtOH 100%.<br />

• Far precipitare per almeno 2h a –20°C.<br />

• Centrifugare a 13000 rpm per 20' a 4°C.<br />

• Eliminare l’alcool.<br />

• Aggiungere al pellet 100 l <strong>di</strong> EtOH 80%.<br />

• Centrifugare a 13000 rpm per 10' a 4°C.<br />

• Eliminare l’alcool. Spinnare per togliere le tracce <strong>di</strong> alcool.<br />

• Far asciugare il pellet a T ambiente.<br />

• Aggiungere 5-10 l <strong>di</strong> H2O mQ calda (60°C).<br />

71


A4.ELETTROPORAZIONE<br />

A4.1) PREPARAZIONE DI CELLULE ELETTRO-COMPETENTI<br />

In 1 Falcon versare 5 ml <strong>di</strong> terreno 2xYT. Inoculare con ansa sterile 1 colonia <strong>di</strong> cellule batteriche DH5F' da<br />

piastra fresca o una grattata da glicerolato. Far crescere in agitazione O/N a 37°C.<br />

Preparare il TAMPONE GLICEROLO (t.g.): Versare 50 ml <strong>di</strong> glicerolo sterilizzato in autoclave in una<br />

bottiglia con 450 ml <strong>di</strong> H2O mQ anch’essa autoclavata. Agitare. Tenere in ghiaccio in camera fredda a 4°C.<br />

• Inoculare 200 l della precoltura <strong>di</strong> cellule in 200 ml <strong>di</strong> 2xYT (non freddo) in una beuta autoclavata. Far<br />

crescere in agitazione a 37°C finchè la coltura non raggiunge alla lunghezza d’onda <strong>di</strong> 600 nm una<br />

densità ottica (DO) pari a 0.8-1.0.<br />

• Raggiunta la DO corretta, fermare la crescita ponendo la beuta in un contenitore con ghiaccio e porla in<br />

cella a 4°C per almeno 20'.<br />

• Sud<strong>di</strong>videre la coltura in 4 Falcon da 50 ml precedentemente raffreddate.<br />

• Centrifugare a 3800 rpm per 8' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Aggiungere un po’ <strong>di</strong> t.g. per risospendere il pellet aiutandosi con una pipetta sierologica fredda.<br />

• Una volta risospeso aggiungere il t.g. fino a 50 ml.<br />

• Tenere in ghiaccio per 8' (max 15').<br />

• Centrifugare a 3800 rpm per 10' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Aggiungere circa 5 ml <strong>di</strong> t.g. per risospendere il pellet.<br />

• Riunire in 2 Falcon e portare a Vol = 50 ml.<br />

• Lasciare in ghiaccio per 8'.<br />

• Centrifugare a 3800 rpm per 10' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Aggiungere un po’ <strong>di</strong> t.g. per risospendere il pellet.<br />

• Aggiungere t.g. fino a 50 ml.<br />

• Lasciare in ghiaccio per 8'.<br />

• Centrifugare a 3800 rpm per 10' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Risospendere il pellet con un po’ <strong>di</strong> t.g.<br />

• Riunire in 1 sola Falcon e portare con t.g. ad un Vol = 30 ml.<br />

• Centrifugare a 3800 rpm per 12' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Aggiungere 125 l <strong>di</strong> t.g ogni 100 ml <strong>di</strong> coltura. (In questo caso: per 200 ml <strong>di</strong> coltura occorrono 250 l<br />

<strong>di</strong> t.g.)<br />

• Sud<strong>di</strong>videre le cellule in aliquote e conservarle a –80°C.<br />

NB: Tutte le operazioni vanno condotte mantenendo le massime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sterilità, lavorare tenendo le<br />

provette sempre in ghiaccio e flambare al Bunsen il più possibile.<br />

Verificare che le cellule competenti non si siano contaminate durante la loro preparazione e che abbiano un<br />

buon valore <strong>di</strong> efficienza <strong>di</strong> trasformazione (minimo 10 8 colonie/g <strong>di</strong> plasmide).<br />

A4.2) TRASFORMAZIONE DI CELLULE COMPETENTI MEDIANTE<br />

ELETTROPORAZIONE<br />

• Scongelare 1 aliquota <strong>di</strong> cellule competenti tenendola in ghiaccio.<br />

• Pipettare 2,5-5 l <strong>di</strong> ligato precipitato in 1 aliquota rispettivamente da 30-90 l <strong>di</strong> cellule competenti.<br />

• Tenere in ghiaccio per 30"-1'.<br />

• Porre le cellule con il ligato nella cuvette da 1-2 mm fredda.<br />

• Elettroporare a 180 Volts per le cuvette da 1 mm/ 220 Volts per le cuvette da 2 mm.<br />

• Aggiungere rapidamente 500 l-1 ml <strong>di</strong> SOC (per far riprendere le cellule dallo shock elettrico).<br />

• Incubare 30'-1h in agitazione a 37°C.<br />

72


• Piastrare.<br />

• Far crescere O/N a 30°- 37°C.<br />

A5.RACCOLTA<br />

Raccogliere la mini-libreria in terreno liquido 2xYT. Aggiungere glicerolo sterile fino alla concentrazione<br />

massima 20%. Dividere in aliquote e conservare a -80°C.<br />

A6.SELEZIONE<br />

1° Giorno<br />

• Inoculare 10-20 l della mini-libreria raccolta in 10 ml <strong>di</strong> 2xYT + Ampicillina (Amp) 1% + glucosio 1%<br />

in modo da partire da una DO600 iniziale = 0.05 (= 5x10 7 batteri/ml; con una libreria il cui titolo è pari a<br />

10 5 -10 6 , la rappresentatività della <strong>di</strong>versità è garantita).<br />

• Far crescere in agitazione a 37°C fino a DO600 = 0.5.<br />

• Infettare con fago helper in modo che il rapporto MOI fago:batteri sia 100:1 e lasciare fermo per 45' a<br />

37°C.<br />

• Centrifugare a 3000 rpm per 15' a T ambiente.<br />

• Eliminare il sopranatante e risospendere il pellet in 50 ml <strong>di</strong> 2xYT + Amp 1% + Kanamicina (Kan) 1%.<br />

• Far crescere in agitazione O/N a 28°- 30°C.<br />

COATING: saturare un immunotubo con l’antigene (htTG) 10 g/ml <strong>di</strong>luito in 500 l - 1 ml <strong>di</strong> PBS 1X e<br />

lasciare O/N a 4°C.<br />

2° Giorno<br />

• Centrifugare a 7000-8000 rpm per 20' a 10°C.<br />

• Aggiungere a 40 ml del sopranatante 10 ml <strong>di</strong> PEG-NaCl sterile.<br />

• Lasciar precipitare in ghiaccio per 45', agitando ogni tanto.<br />

• Centrifugare a 5000 rpm per 20'.<br />

• Eliminare il sopranatante e risospendere il pellet in 1 ml <strong>di</strong> PBS 1X; trasferire in un'Eppendorf da 1,5 ml.<br />

• Centrifugare a 13000 rpm per 5' e recuperare 900 l <strong>di</strong> fagi presenti nel sopranatante.<br />

• Saturare i fagi 1:1 in latte 4% per 45'-1h a T ambiente; contemporaneamente svuotare l’immunotubo e<br />

saturarlo completamente con latte 2%.<br />

• Inoculare 1 colonia <strong>di</strong> DH5F' da piastra fresca in 5 ml <strong>di</strong> 2xYT (DO600 iniziale = 0.05). Far crescere in<br />

agitazione a 37°C fino a DO600 = 0.5.<br />

• Al termine della saturazione svuotare l'immunotubo e aggiungere 500 µl - 1 ml (pari al volume usato per<br />

il coating) dei fagi saturati in latte.<br />

• Incubare in rotazione per 30' e fermo 1h 30' a T ambiente.<br />

• Svuotare l’immunotubo e fare 5 lavaggi con PBS 1X - Tween 0.1% e 5 con PBS 1X.<br />

• Svuotare l’immunotubo e mettere 500 µl - 1 ml <strong>di</strong> DH5F' a DO600 = 0.5.<br />

• Lasciare infettare per 45' a 37°C.<br />

• Piastrare su piastre 2xYT + Amp 1% + glucosio 1%: 200 l <strong>di</strong> DH5F' per controllare l’assenza <strong>di</strong><br />

contaminazioni; 500 µl - 1 ml delle cellule DH5F' infettate coi fagi (1° output); una <strong>di</strong>luizione per<br />

calcolare la titolazione della 1° selezione.<br />

• Far crescere le piastre O/N a 37°C.<br />

3° Giorno<br />

• Raccogliere il 1° output in 1 ml <strong>di</strong> 2xYT. Aggiungere glicerolo sterile fino alla concentrazione max 20%.<br />

Conservare a -80°C.<br />

• Ripetere i passaggi del 1° Giorno partendo da un inoculo del 1° output.<br />

COATING: saturare un immunotubo con l’antigene (htTG) 10 µg/ml <strong>di</strong>luito in 500 l - 1 ml <strong>di</strong> PBS 1X e<br />

lasciare O/N a 4°C.<br />

4° Giorno<br />

Procedere come il 2° Giorno ma aumentando la stringenza:<br />

• Incubare in rotazione per 30' e fermo 1h 30' a T ambiente.<br />

• Svuotare l’immunotubo e fare 10 lavaggi con PBS 1X - Tween 0.1% e 10 con PBS 1X.<br />

• Aggiungere 2 ml <strong>di</strong> PBS 1X - Tween 0.1% e lasciare in rotazione per 30' a T ambiente.<br />

• Svuotare l’immunotubo e fare 5 lavaggi con PBS 1X - Tween 0.1% e 5 con PBS 1X.<br />

• Svuotare l’immunotubo e mettere 500 µl - 1 ml <strong>di</strong> DH5F' a DO600 = 0.5.<br />

73


• Lasciare infettare per 45' a 37°C.<br />

• Piastrare su piastre 2xYT + Amp 1% + glucosio 1%: 200 l <strong>di</strong> DH5F' per controllare l’assenza <strong>di</strong><br />

contaminazioni; 500 µl - 1 ml delle cellule DH5F' infettate coi fagi (2° output); una <strong>di</strong>luizione per<br />

calcolare la titolazione della 2° selezione.<br />

• Far crescere le piastre O/N a 37°C.<br />

A7.ELISA<br />

5° Giorno<br />

• Preparare una master plate in una piastra da microtitolazione da 96 pozzetti mettendo in ciascuno 120 µl<br />

<strong>di</strong> 2xYT + Amp 1% + glucosio 1% + 1 colonia piccata dalla piastra della 2° selezione.<br />

• Far crescere in agitazione a 37°C.<br />

• Duplicare la master plate in una seconda piastra da microtitolazione da 96 pozzetti mettendo in ogni<br />

pozzetto 100–110 µl <strong>di</strong> 2xYT + Amp 1% + glucosio 1% e rispettivamente 20-10 µl del corrispondente<br />

pozzetto della master plate.<br />

• Far crescere in agitazione a 37°C fino a DO600 = 0.5.<br />

• Infettare con fago helper in modo che il rapporto MOI fago:batteri sia 100:1 e lasciare fermo per 45' a<br />

37°C.<br />

• Centrifugare a 1500 rpm per 20'.<br />

• Eliminare il sopranatante.<br />

• Risospendere il pellet in 140 µl <strong>di</strong> 2xYT + Amp 1% + Kan 1 %.<br />

• Far crescere in agitazione O/N a 28°- 30°C.<br />

COATING: saturare i pozzetti <strong>di</strong> una piastra per ELISA con l’antigene (htTG) 10 µg/ml <strong>di</strong>luito in 100 l <strong>di</strong><br />

PBS 1X e lasciare O/N a 4°C.<br />

6° Giorno<br />

• Svuotare il coating della piastra per ELISA e saturare la piastra con 120 µl per pozzetto <strong>di</strong> latte 2% per<br />

45' a T ambiente.<br />

• Centrifugare la seconda piastra da microtitolazione (con la coltura O/N) a 1500 rpm per 15'.<br />

• Svuotare il latte dalla piastra per ELISA.<br />

• Incubare con 100 µl per pozzetto <strong>di</strong> anticorpo primario (fagi) dato dal surnatante <strong>di</strong>luito 1:1 in latte 4%<br />

per 1h 30' a T ambiente.<br />

• Svuotare e fare 3 lavaggi con PBS 1X - Tween 0.1% e 3 con PBS 1X.<br />

• Incubare con 100 µl per pozzetto <strong>di</strong> anticorpo secondario (anti M13-HRP) <strong>di</strong>luito 1:2000 in latte 2% per<br />

1h-1h 30' a T ambiente.<br />

• Svuotare e fare 3 lavaggi con PBS 1X - Tween 0.1% e 3 con PBS 1X.<br />

• Sviluppare con 65 µl per pozzetto <strong>di</strong> TMB (3',3',5',5' tetrametilbenzi<strong>di</strong>na <strong>di</strong>idrocloruro) - tampone <strong>di</strong><br />

sviluppo per la perossidasi.<br />

• Bloccare la reazione con 35 µl per pozzetto <strong>di</strong> acido solforico (H2SO4) 1M.<br />

• Eseguire la lettura a 450 nm.<br />

I cloni risultati positivi vanno riconfermati. La master plate e i singoli cloni vanno conservati a -80°C<br />

aggiungendo glicerolo sterile fino alla concentrazione massima 20%.<br />

A8.FINGERPRINTING<br />

A8.1) PCR<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 µM<br />

− primer 0,5 µM<br />

− DNA (1 µl da 50 µl <strong>di</strong> 2xYT in cui è stata risospesa 1 colonia)<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 20 µl<br />

74


Primer forward VHPT2: 5' TGG TGA TGG TGA GTA CTA TCC AGG CCC AGC AGT GGG<br />

TTT G 3'<br />

Primer back VHPTL: 5' GGA GGG TCG ACC ATA ACT TCG TAT AAT GTA TAC TAT<br />

ACG AAG TTA TCC TCG AGC GGT A 3'<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94° per 5'<br />

30 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 60°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 10'<br />

Controllare l'amplificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

A8.2) DIGESTIONE<br />

− Buffer 2 1X<br />

− BSA 1X<br />

− PCR<br />

− BstNI<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

La concentrazione dell’enzima <strong>di</strong> restrizione da usare <strong>di</strong>pende dalla concentrazione dell’amplificato.<br />

Digestione: 3h a 60°C.<br />

Controllare il campione <strong>di</strong>gerito su gel <strong>di</strong> agarosio 3% in TBE 1X.<br />

A9.SEQUENZIAMENTO<br />

A9.1) PRE-PCR DI SEQUENZA<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 µM<br />

− primer 0,5 µM<br />

− DNA (1 µl da 50 µl <strong>di</strong> 2xYT in cui è stata risospesa 1 colonia del clone da analizzare)<br />

− Taq DNA polimerasi 0,025 U/µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 20 µl<br />

Primer forward VHseq: 5' CAA CTT TCA ACA GTA GCG GC 3'<br />

Primer back VHPTL: 5' GGA GGG TCG ACC ATA ACT TCG TAT AAT GTA TAC TAT<br />

ACG AAG TTA TCC TCG AGC GGT A 3'<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 5'<br />

30 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 60°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 10'<br />

Controllare l’amplificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

75


A9.2) PURIFICAZIONE DELLA PRE-PCR DI SEQUENZA<br />

− pre-PCR <strong>di</strong> sequenza (80-100 ng <strong>di</strong> DNA)<br />

− mix <strong>di</strong> purificazione 2,5 µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 5 µl<br />

Mix <strong>di</strong> purificazione:<br />

♦ 0,05 l <strong>di</strong> ExoI (20 U/l)<br />

♦ 0,2 l SAP (1 U/l)<br />

♦ 0,4 l Buffer PCR 10X (con MgCl2)<br />

♦ 1 l MgCl2 25 mM<br />

Programma:<br />

1h a 37°C<br />

20' a 80°C (inattivazione enzima)<br />

A9.3) PCR DI SEQUENZA<br />

− BIG DYE TERMINATOR Buffer 1X<br />

− primer 0,32 µM<br />

− BIG DYE TERMINATOR RR PREMIX<br />

− pre-PCR <strong>di</strong> sequenza purificata<br />

− Taq DNA polimerasi 0,025 U/µl<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 10 µl<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 96°C per 1'<br />

25 cicli: denaturazione breve - 96°C per 30''<br />

appaiamento - 50°C per 15''<br />

allungamento - 60°C per 4’<br />

A9.4) PRECIPITAZIONE DELLA PCR DI SEQUENZA<br />

• Aggiungere 3 l <strong>di</strong> NaAc 3M pH=5 + 57 l <strong>di</strong> EtOH 100% e agitare.<br />

• Tenere in ghiaccio per 15'.<br />

• Centrifugare a 13000 rpm per 15' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Aggiungere 200 l <strong>di</strong> EtOH 70% freddo.<br />

• Tenere in ghiaccio per 5'.<br />

• Centrifugare a 13000 rpm per 15' a 4°C.<br />

• Eliminare il surnatante.<br />

• Asciugare per 10' in stufa a 60°C.<br />

• Risospendere in 10 l <strong>di</strong> H2O mQ calda (60°C).<br />

A10.PRODUZIONE DELLA htTG<br />

A10.1) PRODUZIONE<br />

• Inoculare 10 µl <strong>di</strong> cellule batteriche DH5F' trasformate, contenenti il plasmide con il gene co<strong>di</strong>ficante<br />

per la htTG, in 10 ml <strong>di</strong> 2xYT + Amp 1%.<br />

• Far crescere in agitazione O/N a 37°C.<br />

• Inoculare 4 ml della precoltura in 400 ml <strong>di</strong> 2xYT + Amp 1%.<br />

• Far crescere in agitazione a 37°C fino a DO600 = 0.5.<br />

• Indurre la coltura con 0,2 mM IPTG O/N a 28°- 30°C.<br />

• Centrifugare a 5000 rpm per 20' a 4°C.<br />

• Eliminare il sopranatante e pesare il fondello.<br />

76


• Risospendere il pellet con 10 ml/g <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lisi (20 mM Tris pH=8, 500 mM NaCl, 5 mM<br />

imidazolo, 0,1% Triton X 100).<br />

• Incubare in agitazione in ghiaccio finchè i batteri non si sono lisati completamente.<br />

• Aggiungere 20-50 µg/ml <strong>di</strong> DNasi e incubare in agitazione per 20'.<br />

• Centrifugare a 5000 rpm per 30'.<br />

• Recuperare il surnatante. Filtrare con filtro 0,45 m.<br />

A10.2) SEPARAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D'AFFINITA'<br />

• Risospendere la resina NiNTA superflow (Qiagen). Diluire la resina (1 ml/l <strong>di</strong> coltura batterica iniziale)<br />

in 8 ml <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lavaggio (20 mM Tris pH=8, 500 mM NaCl, 5 mM imidazolo).<br />

• Depositare la resina nella colonna <strong>di</strong> purificazione.<br />

• Lavare la colonna con 2 volumi <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lavaggio.<br />

• Depositare il surnatante proteico recuperato. (La proteina si lega alla resina grazie ad una sequenza <strong>di</strong> 6<br />

isti<strong>di</strong>ne presenti in coda).<br />

• Lavare la resina con 1 volume <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lavaggio.<br />

• Lavare la resina con 2 volumi <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lavaggio (20 mM imidazolo) + 0,1% Triton X 100.<br />

• Lavare la resina con 1 volume <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> lavaggio per eliminare l’eccesso <strong>di</strong> Triton.<br />

• Eluire con 5 ml <strong>di</strong> tampone <strong>di</strong> eluizione (20 mM Tris pH=8, 500 mM NaCl, 300 mM imidazolo).<br />

• Raccogliere il campione eluito in 3 frazioni in Eppendorf da 1,5 ml.<br />

• Dializzare il campione contro un tampone PBS 1X in continua ma moderata agitazione O/N a 4°C.<br />

• Conservare la proteina così purificata a -20°C.<br />

A10.3) ANALISI DELLA PROTEINA MEDIANTE SDS-PAGE<br />

PREPARAZIONE CAMPIONE<br />

• Aggiungere a 50 µl del campione <strong>di</strong>alizzato un ugual volume <strong>di</strong> SBc 2X.<br />

• Bollire il campione in H2O per 2'-3'.<br />

• Spinnare.<br />

ELETTROFORESI<br />

• Effettuare una corsa elettroforetica come descritto da Laemmli [106]: SDS-PAGE 12% in tampone Tris-<br />

Glicina 1X (25 mM Tris, 250 mM Glicina pH=8.3, 0,1% SDS) a 150 Volts costanti.<br />

• Per fissare ed evidenziare le proteine, colorare il gel con una soluzione <strong>di</strong> Blue-Coomassie Brillant.<br />

A10.4) WESTERN BLOTTING<br />

• Trasferire le proteine, separate su gel, su una membrana <strong>di</strong> nitrato <strong>di</strong> cellulosa.<br />

• Colorare la membrana <strong>di</strong> nitrocellulosa con il colorante per proteine reversibile (la colorazione scompare<br />

sciacquando con H2O) Rosso Ponceau (0,1% Ponceau S (w/v), 5% acido acetico (v/v)).<br />

A10.5) IMMUNO BLOTTING<br />

• Saturare la membrana incubandola in latte 2% in agitazione per 1h a T ambiente.<br />

• Svuotare il latte.<br />

• Incubare con l’anticorpo primario (in parallelo monoclonale CUB7402 e monoclonale anti-His) <strong>di</strong>luito<br />

1:2000 in latte 2% in agitazione per 1h a T ambiente.<br />

• Svuotare e lavare la membrana in agitazione 2 volte con PBS 1X - Tween 0.1% per 5' e 1 volta con PBS<br />

1X per 5'.<br />

• Incubare con l’anticorpo secondario (anti mouse-AP) <strong>di</strong>luito 1:2000 in latte 2% in agitazione per 1h a T<br />

ambiente.<br />

• Svuotare e lavare la membrana in agitazione 2 volte con PBS 1X - Tween 0.1% per 5' e 1 volta con PBS<br />

1X per 5'.<br />

• Sviluppare immergendo la membrana in una soluzione contenente 10 ml <strong>di</strong> tampone per la fosfatasi<br />

alcalina (1 M Tris pH=9.5, 5 M NaCl, 0,05 M MgCl2) + 2 substrati per la fosfatasi alcalina: 50 l <strong>di</strong><br />

BCIP e 37,5 l <strong>di</strong> NBT.<br />

• Bloccare la reazione con H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

77


A11.REAGENTI<br />

A11.1) SOLUZIONI<br />

-ACIDO SOLFORICO 1M (Volf = 100 ml)<br />

Diluire 5,55 ml <strong>di</strong> H2SO4 (18 M) in 100 ml <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

-BCIP (5-Bromo-4-Cloro-3-Indolil fosfato)<br />

Sciogliere 0,5 g <strong>di</strong> BCIP in 10 ml <strong>di</strong> <strong>di</strong>metilformamide 100%.<br />

-CLOROFORMIO:alcool ISOAMILICO 24:1 (Vf = 100 ml)<br />

Mescolare 96 ml <strong>di</strong> Cloroformio e 4 ml <strong>di</strong> alcool Isoamilico. Conservare a 4°C.<br />

-DTT (<strong>di</strong>tiotritolo) 0,1 M (Volf = 100 ml)<br />

Sciogliere 1,5425 g in 100 ml <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata. Conservare a -20°C.<br />

-ETANOLO 80% (Vf = 100 ml)<br />

Mescolare 80 ml <strong>di</strong> EtOH 100% e 20 ml <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

-ETANOLO 70% (Vf = 100 ml)<br />

Mescolare 70 ml <strong>di</strong> EtOH 100% e 30 ml <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

-ETANOLO DEPC (<strong>di</strong>etilpirocarbonato) 75% (Vf = 100 ml)<br />

Mescolare 75 ml <strong>di</strong> EtOH 100% e 25 ml <strong>di</strong> H2O DEPC.<br />

-GLUCOSIO 20X = 0,4 M = 0,2 g/ml (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 200 g <strong>di</strong> glucosio in 1 l <strong>di</strong> H2O mQ. Filtrare con filtro 0,2 m. Aliquotare e conservare a -20°C.<br />

--IPTG (isopropil-β-D-tiogalattoside) (Vf = 10 ml)<br />

Sciogliere 200 g/l <strong>di</strong> IPTG in H2O bi<strong>di</strong>stillata. Filtrare con filtro 0,2 m. Aliquotare e conservare a -20°C.<br />

-LATTE 4% (w/v) (Vf = 100 ml)<br />

Sciogliere 4 g <strong>di</strong> latte in polvere granulare istantaneo scremato in 100 ml <strong>di</strong> PBS 1X.<br />

-LATTE 2% (w/v) (Vf = 100 ml)<br />

Sciogliere 2 g <strong>di</strong> latte in polvere granulare istantaneo scremato in 100 ml <strong>di</strong> PBS 1X.<br />

-NBT (nitro blu tetrazolio)<br />

Sciogliere 0,5 g <strong>di</strong> NBT in 70% <strong>di</strong>metilformamide.<br />

-PBS 10X pH=7 (Volf = 1 l) - tampone fosfato salino<br />

Sciogliere 80 g/l <strong>di</strong> NaCl + 2 g/l <strong>di</strong> KCl + 14,4 g <strong>di</strong> Na2HPO4 + 2g/l <strong>di</strong> KH2PO4. Regolare il pH con HCl.<br />

Portare a Vol con H2O bi<strong>di</strong>stillata. Autoclavare.<br />

-PBST 0,1X = PBS 1X + TWEEN 0,1% (Volf = 1 l)<br />

Aggiungere a 999 ml <strong>di</strong> PBS 1X 1 ml <strong>di</strong> Tween 20.<br />

-PEG-NaCl (Volf = 1 l) - soluzione <strong>di</strong> precipitazione dei fagmi<strong>di</strong><br />

Sciogliere 200 g/l (20%) <strong>di</strong> PEG (polietilenglicole) 8000 + 146 g/l NaCl (Mf = 2,5 M) in 1 l <strong>di</strong> H2O<br />

bi<strong>di</strong>stillata. Filtrare con filtro 0,2 m. Conservare a 4°C.<br />

-SBc 2X - tampone denaturante <strong>di</strong> caricamento<br />

20% glicerolo v/v, 100 mM Tris-HCl pH=6.8, 2% SDS v/v, 2% β-mercaptoetanolo, 0,001% p/v Blu <strong>di</strong><br />

BrFenolo.<br />

-SOB pH=7 (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 20 g/l <strong>di</strong> Bacto-trypton (peptone) + 5 g/l Bacto-yeast extract + 0,5 g/l NaCl + KCl Mf = 2,5 mM in<br />

1 l <strong>di</strong> H2O mQ. Autoclavare. Raffreddare e aggiungere MgCl2 Mf = 10 mM + MgSO4 Mf = 10 mM.<br />

Conservare a 4°C.<br />

-SOC (Volf = 1 l)<br />

Mescolare 950 ml <strong>di</strong> SOB e 50 ml <strong>di</strong> glucosio 20X (Mf = 1X). Aliquotare e conservare a -20°C.<br />

-SODIOACETATO 0,2 M pH=7 (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 16,41 g/l <strong>di</strong> NaAc in 1 l <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata. Regolare il pH con acido acetico <strong>di</strong>luito 1:1 in H2O<br />

bi<strong>di</strong>stillata.<br />

-SODIOACETATO 3 M pH=5 (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 246,1 g/l <strong>di</strong> NaAc in 1 l <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata. Regolare il pH con acido acetico glaciale.<br />

-TAE 50X pH=8,3 (Volf = 1 l) - tampone per elettroforesi su gel <strong>di</strong> agarosio<br />

Sciogliere 242,2 g/l <strong>di</strong> Tris (Mf = 0,04 M) + 57,1 ml/l <strong>di</strong> acido Acetico glaciale + 37,224 g/l <strong>di</strong> EDTA (Mf = 2<br />

mM pH=8,3) in 1 l <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

-TBE 10X ICI pH=8,8 (Volf = 1 l) - tampone per elettroforesi su gel <strong>di</strong> agarosio<br />

Sciogliere 162 g/l <strong>di</strong> Tris (Mf = 1,34 M) + 46,3 g/l <strong>di</strong> acido Borico (Mf = 0,749 M) + 9,5 g/l EDTA (Mf =<br />

0,0255 M) in 1 l <strong>di</strong> H2O bi<strong>di</strong>stillata.<br />

78


-TERRENO LIQUIDO PER COLTURA (2xYT) (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 16 g/l <strong>di</strong> Bacto-trypton (peptone) + 10 g/l <strong>di</strong> Bacto-yeast extract + 5 g/l <strong>di</strong> NaCl in 1 ml <strong>di</strong> H2O<br />

mQ. Autoclavare.<br />

-TERRENO SOLIDO PER PIASTRE (2xYT agar) (Volf = 1 l)<br />

Sciogliere 16 g/l <strong>di</strong> Bacto-trypton (peptone) + 10 g/l <strong>di</strong> Bacto-yeast extract + 5 g/l <strong>di</strong> NaCl + 15 g/l <strong>di</strong> Bactoagar<br />

in 1 ml <strong>di</strong> H2O mQ. Autoclavare. Raffreddare finchè raggiunge circa 50°- 60°C (altrimenti l'antibiotico,<br />

eventualmente aggiunto dopo, si inattiva). Aggiungere 50 ml <strong>di</strong> glucosio 20X (Mf = 1X) + antibiotico (Mf =<br />

1X).<br />

A11.2) ANTIBIOTICI<br />

-AMPICILLINA M = 10 2 mg/ml = 1000X<br />

Sciogliere 1 g in 10 ml <strong>di</strong> H2O mQ. Filtrare con filtro da 0,20 m. Aliquotare e conservare a -20°C.<br />

-KANAMICINA M = 25 mg/ml = 1000X<br />

Sciogliere 500 mg in 20 ml <strong>di</strong> H2O mQ. Filtrare con filtro da 0,20 m. Aliquotare e conservare a -20°C.<br />

B) COSTRUZIONE DI LIBRERIA TOTALE ANTICORPALE<br />

FAGICA<br />

B1.PREPARAZIONE DEL scFv<br />

Il materiale <strong>di</strong> partenza per la costruzione della libreria totale <strong>di</strong> classe anticorpale IgA fagica, cioè il cDNA,<br />

viene preparato come già descritto nel paragrafo A1 punti A1.1-A1.2-A1.3 per la produzione della minilibreria.<br />

B1.4) 1° PCR<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 M<br />

− primer 0,5 M<br />

− cDNA<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/l<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 25 l<br />

Primer<br />

forward<br />

Primer<br />

back<br />

VH<br />

4,6<br />

VH<br />

5<br />

VH<br />

10<br />

IgA<br />

VH<br />

12<br />

VH<br />

14<br />

VH<br />

22<br />

Primer forward IgA<br />

Primer back VH: 5' TTA TCC TCG AGC GGT ACC 3'+<br />

VH4 back - CAG GTG CAG CTG CAG GAG TCS G<br />

VH6 back - CAG GTG CAG CTA CAG CAG TGG G<br />

VH5 back - CAG GTA CAG CTG CAG CAG TCA<br />

VH10 back - GAG GTG CAG CTG KTG GAG WCY<br />

VH12 back - CAG GTC CAG CTK GTR CAG TCT GG<br />

VH14 back - CAG RTC ACC TTG AAG GAG TCT G<br />

VH22 back - CAG GTG CAG CTG GTG SAR TCT GG<br />

VK MIX<br />

(VK1,2/4,3,5)<br />

VK VK VK<br />

1 2,12 9<br />

Primer forward VK MIX: 5' GAA GTT ATG GTC GAC CCT CCG GA 3'+<br />

VK1 for - TTT GAT TTC CAC CTT GGT CC<br />

VK2/4 for - TTT GAT CTC CAS CTT GGT CC<br />

VK3 for - TTT GAT ATC CAC TTT GGT CC<br />

VK5 for - TTT AAT CTC CAG TCG TGT CC<br />

Primer back VK: 5' AGC AAG CGG CGC GCA TGC C 3'+<br />

<br />

3,11,38<br />

MIX<br />

(1/2,7)<br />

<br />

13 7/8,15<br />

<br />

1,4,9<br />

79


VK1 back - GAC ATC CRG DTG ACC CAG TCT CC<br />

VK2 back - GAA ATT GTR WTG ACR CAG TCT CC<br />

VK12 back - GAA ACG ACA CTC ACG CAG TCT C<br />

VK9 back - GAT ATT GTG MTG ACB CAG WCT CC<br />

Primer forward Vλ MIX: 5' GAA GTT ATG GTC GAC CCT CCG GA 3'+<br />

Vλ1/2 for - TAG GAC GGT SAS CTT GGT CC<br />

Vλ7 for - GAG GAC GGT CAG CTG GGT GC<br />

Primer back Vλ: 5' AGC AAG CGG CGC GCA TGC C 3'+<br />

Vλ3 back - TCC TAT GWG CTG ACW CAG CCA C<br />

Vλ11 back - TCC TCT GAG CTG AST CAG GAS CC<br />

Vλ38 back - TCC TAT GAG CTG AYR CAG CYA CC<br />

Vλ13 back - CAG TCT GYY CTG AYT CAG CCT<br />

Vλ7/8 back - CAG DCT GTG GTG ACY CAG GAG CC<br />

Vλ15 back - AAT TTT ATG CTG ACT CAG CCC C<br />

Vλ1 back - CAG TCT GTS BTG ACG CAG CCG CC<br />

Vλ4 back - CAG CCT GTG CTG ACT CAR YC<br />

Vλ9 back - CAG CCW GKG CTG ACT CAG CCM CC<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 3'<br />

30 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 56°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 5'<br />

Controllare l’amplificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

Preparare una mix per ogni famiglia anticorpale (VH mix, VK mix, V mix) unendo 10 l delle rispettive<br />

amplificazioni.<br />

Controllare 1-3 l <strong>di</strong> ciascuna delle 3 mix su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

B1.5) 2° PCR (aggiunta del linker)<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 M<br />

− DMSO 5%<br />

− primer 0,3 M<br />

− 1° PCR VH mix/VK mix/Vλ mix<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/l<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 50 l<br />

Per la VH mix usare:<br />

Primer forward VH MIX<br />

Primer back VHPTL<br />

Per la VK mix e la Vλ mix usare:<br />

Primer forward VLPTL: 5' ACC GCT CGA GGA TAA CTT CGT ATA GTA TAC ATT ATA<br />

CGA AGT TAT GGT CGA CCC TCC 3'<br />

Primer back VLPT1: 5' CGC TGG ATT GTT ATT ACT CGC AGC AAG CGG CGC GCA<br />

TGC C 3'<br />

80


Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 3'<br />

20 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 58°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 10'<br />

Fare 2 reazioni per ogni mix. Unire le 2 aliquote. Controllare le 3 PCR confrontandole con le rispettive VH<br />

mix, VK mix, V mix su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente all’amplificato.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il prodotto purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

B1.6) ASSEMBLING (VH+linker+VL)<br />

− Buffer 1X<br />

− MgCl2 1,5 mM<br />

− dNTP 200 M<br />

− DMSO 5%<br />

− primer 0,25 M (dopo 8 cicli)<br />

− 2° PCR VH mix+linker<br />

− 2° PCR VK mix+linker/2° PCR Vλ mix+linker<br />

− Taq DNA polimerasi 0,03 U/l<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile a 50 l<br />

Primer forward VHPT1: 5' CCA GGC CCA GCA GTG GGT TTG GGA TTG GTT TGC CGC TA<br />

3'<br />

Primer back VLPT2: 5' TAC CTA TTG CCT ACG GCA GCC GCT GGA TTG TTA TTA<br />

CTC 3'<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> amplificazione:<br />

denaturazione lunga - 94°C per 3'<br />

33 cicli: denaturazione breve - 94°C per 30''<br />

appaiamento - 65°C per 30''<br />

allungamento - 72°C per 45''<br />

allungamento finale - 72°C per 10'<br />

Fare 3 reazioni per ogni assembling. Unire le 3 aliquote. Controllare l’amplificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in<br />

tampone TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente all’amplificato.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il prodotto purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X.<br />

B1.7) DIGESTIONE DEL scFv<br />

− Buffer 2 1X<br />

− BSA 1X<br />

− assembling VH+VK/VH+Vλ<br />

− enzima <strong>di</strong> restrizione<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

La concentrazione <strong>degli</strong> enzimi <strong>di</strong> restrizione da usare <strong>di</strong>pende dalla concentrazione dell’amplificato.<br />

81


Operare in modo sequenziale:<br />

1° DIGESTIONE: con BsshII 1h a 50°C (Tenere 2 l per il controllo).<br />

2° DIGESTIONE: con NheI 2h 30' a 37°C (Dopo 1h 30' aggiungere 0,5-1 l <strong>di</strong> NheI).<br />

Controllare: il campione non <strong>di</strong>gerito, la 1° <strong>di</strong>gestione e la 2° <strong>di</strong>gestione su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente all’amplificato.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il prodotto purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X confrontandolo con il vettore<br />

<strong>di</strong>gerito.<br />

B2.PREPARAZIONE DEL VETTORE<br />

B2.1) ESTRAZIONE DI DNA PLASMIDICO<br />

Il plasmide va preparato come in<strong>di</strong>cato al punto A2.1<br />

B2.2) DIGESTIONE DEL VETTORE<br />

− Buffer 2 1X<br />

− BSA 1X<br />

− DNA plasmi<strong>di</strong>co<br />

− enzima <strong>di</strong> restrizione<br />

− H2O bi<strong>di</strong>stillata sterile<br />

La concentrazione <strong>degli</strong> enzimi <strong>di</strong> restrizione da usare <strong>di</strong>pende dalla concentrazione del plasmide.<br />

Operare in modo sequenziale:<br />

1° DIGESTIONE: con BsshII 2h a 50°C (Tenere 2 l per il controllo).<br />

2° DIGESTIONE: con NheI 2h a 37°C (Tenere 2 l per il controllo).<br />

3° DIGESTIONE: con XhoI 2h a 37°C (Dopo 1h aggiungere 0,5-1 l <strong>di</strong> NheI).<br />

Controllare: il campione non <strong>di</strong>gerito, la 1° <strong>di</strong>gestione, la 2° <strong>di</strong>gestione e la 3° <strong>di</strong>gestione su gel <strong>di</strong> agarosio<br />

1% in TBE 1X.<br />

Caricare tutto il materiale su gel <strong>di</strong> agarosio 1% in tampone TAE 1X; tagliare la banda<br />

corrispondente al vettore <strong>di</strong>gerito.<br />

Purificare con QIAEX II gel extraction kit (Qiagen) come da protocollo.<br />

Controllare il vettore purificato su gel <strong>di</strong> agarosio 2% in tampone TBE 1X confrontandolo con il scFv<br />

<strong>di</strong>gerito.<br />

I passaggi successivi coincidono con quelli precedentemente descritti nei paragrafi da A3 ad A9 per la<br />

costruzione della mini-libreria anticorpale fagica.<br />

B8.FINGERPRINTING<br />

B8.1) PCR<br />

Per la VH usare i primers in<strong>di</strong>cati al paragrafo A8.1.<br />

Per la VL usare:<br />

Primer forward VLPTL<br />

Primer back VLPT2<br />

Per l’assembling usare:<br />

Primer forward VHPT2<br />

Primer back VLPT2<br />

Per la <strong>di</strong>gestione seguire le in<strong>di</strong>cazioni descritte al punto A8.2.<br />

82


B9.SEQUENZIAMENTO<br />

B9.1) PRE-PCR DI SEQUENZA<br />

Per la VH usare i primers in<strong>di</strong>cati al punto A9.1.<br />

Per la VL usare:<br />

Primer forward VLPTL<br />

Primer back M13revseq: 5' AGC GGA TAA CAA TTT CAC ACA 3'<br />

Per l’assembling usare:<br />

Primer forward VHseq<br />

Primer back M13revseq<br />

Proseguire come in<strong>di</strong>cato nei punti A9.2-A9.3-A9.4.<br />

CEPPO BATTERICO - DH5F': F’/endA1 hsdR17 (rK - mK + ) supE44 thi1 recA1 gyrA<br />

(Nal r ) relA1 (lacZYA-argF) U169 deoR (F80dlac(lacZ)M15).<br />

FAGO HELPER: M13 K07<br />

VETTORE: pDAN5 C5.22<br />

83


GLOSSARIO<br />

AGA: anticorpi anti-glia<strong>di</strong>na<br />

APC: antigen presenting cell = cellula presentante l’antigene<br />

AtTGA: anticorpi anti-tTG<br />

BSA: bovine serum albumin = siero-albumina bovina<br />

CD: coeliac <strong>di</strong>sease = malattia celiaca<br />

CDn°: cell <strong>di</strong>fferentiation = <strong>di</strong>fferenziazione cellulare<br />

CDR: complementary determining region = regione determinante la complementarietà<br />

CTLA: cytotoxic T lymphocite associated protein = proteina associata a linfocita T<br />

citotossico<br />

DH: dermatitis herpetifomis = dermatite erpetiforme<br />

ELISA: enzyme-linked immunosorbent assay = analisi enzima-collegata<br />

dell’immunosorbente<br />

EMA: anticorpi anti-endomisio<br />

Fab: fragment antibody = frammento anticorpale<br />

GABA: gamma aminobutyric acid = acido aminobutirrico<br />

GAD: glutamic acid decarboxylase = acido glutammico decarbossilasi<br />

GFD: gluten free <strong>di</strong>et = <strong>di</strong>eta senza glutine<br />

GTP: guanosine triphosphate = guanosin trifosfato<br />

HLA: human leucocyte antigen = antigene leucocitario umano<br />

IA-2: anti-insula<br />

IAA: anticorpi anti-insulina<br />

IBL: intestinal biopsy lymphocite = linfocita da biopsia intestinale<br />

ICA: islet cell antibody = anticorpo delle cellule <strong>degli</strong> isolotti<br />

ICAM: intracellular adhesion molecule = molecola <strong>di</strong> adesione intracellulare<br />

ICOS: inducile T-cell co-stimulator = co-stimolatore inducibile delle cellule T<br />

Idd: insulin dependent <strong>di</strong>abetes susceptibility = locus <strong>di</strong> suscettibilità al <strong>di</strong>abete insulino<br />

<strong>di</strong>pendente<br />

IDDM: insulin dependent <strong>di</strong>abetes mellitus = <strong>di</strong>abete mellito insulino <strong>di</strong>pendente<br />

IELs: intraepithelial lymphocites = linfociti intraepiteliali<br />

IFN: interferone gamma<br />

Ig: immunoglobulina<br />

84


IL: interleuchina<br />

JM: juxta membrane = giustapposto alla membrana<br />

MAP: mitogen activated protein = proteina mitogena attivata<br />

MHC: major histocompatibility complex = complesso maggiore <strong>di</strong> istocompatibilità<br />

NF-kB: nuclear factor of kappa light chain gene enhancer in B cells = fattore nucleare del<br />

gene promotore della catena leggera k nelle cellule B<br />

NK: natural killer<br />

NKG2: natural killer group 2 = recettore delle cellule natural killer gruppo2<br />

NOD: Non Obese Diabetic<br />

PBL: peripheral blood lymphocite = linfocita da sangue periferico<br />

PCR: polymerase chain reaction = reazione a catena della polimerasi<br />

PTP: phosphotyrosine phosphatase = fosfotirosin fosfatasi<br />

scFv: single chain fragment variable = frammento variabile a singola catena<br />

SD: standard <strong>di</strong>et = <strong>di</strong>eta normale<br />

SLE: systemic lupus erytematosus = lupus eritematoso sistemico (LES)<br />

T1DM: type 1 <strong>di</strong>abetes mellitus = <strong>di</strong>abete mellito <strong>di</strong> <strong>tipo</strong> 1<br />

TCR: T cell receptor = recettore delle cellule T<br />

TG: transglutaminase = transglutaminasi<br />

TGF: transforming growth factor = fattore <strong>di</strong> crescita trasformante<br />

Th: T helper<br />

TLR: toll-like receptor = recettore toll<br />

TNF: tumor necrosis factor = fattore <strong>di</strong> necrosi tumorale<br />

TNFR: tumor necrosis factor receptor = recettore del fattore <strong>di</strong> necrosi tumorale<br />

ABBREVIAZIONI<br />

aa = amminoaci<strong>di</strong><br />

bp: base pair = paia <strong>di</strong> basi (pb)<br />

DO = densità ottica<br />

DO600 = densità ottica alla lunghezza d’onda <strong>di</strong> 600 nm<br />

ds: double strand = doppio filamento<br />

kDa = chilo Dalton<br />

MOI = in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> molteplicità <strong>di</strong> infezione<br />

nm = manometri<br />

85


PM: peso molecolare<br />

t.g. = tampone glicerolo<br />

Vol = Volume<br />

Volf = Volume finale<br />

86


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92


RINGRAZIAMENTI<br />

Inizio ringraziando il professor Marzari da cui è partito tutto il mio iter post-laurea. Lo<br />

ringrazio per avermi permesso <strong>di</strong> continuare a svolgere e approfon<strong>di</strong>re le conoscenze nel<br />

campo della biologia.<br />

Ringrazio il professor Daniele Sblattero per avermi fornito utili consigli e per avermi<br />

mostrato alcuni “trucchi del mestiere”.<br />

Ringrazio tutto il gruppo del laboratorio <strong>di</strong> biologia dell’Università, in particolare la<br />

Dottoressa Federica Ziller che con tanta pazienza mi ha seguito nei primi passi nel mondo<br />

delle selezioni.<br />

Ringrazio la Dottoressa Fiorella Florian per avermi ospitato in questi anni nel suo<br />

laboratorio, per aver messo a mia <strong>di</strong>sposizione le sue conoscenze e grazie a Lei ho appreso<br />

il metodo <strong>di</strong> lavoro.<br />

Ringrazio le compagne nonché amiche <strong>di</strong> sventura del laboratorio <strong>di</strong> biologia <strong>di</strong> Valmaura,<br />

in particolare le Dottoresse Silvia e Monica per avermi consolato nei momenti <strong>di</strong> “buio”<br />

lavorativo (ah, i misteri della biologia!). Con le loro parole hanno saputo farmi superare le<br />

fasi <strong>di</strong> sconforto.<br />

Ringrazio l’allegra “banda” del mitico Ospedaletto, come qualcuno scherzosamente<br />

soprannomina il Burlo Garofolo. In primis ringrazio il Dottor Tarcisio Not che credendo<br />

nelle mie potenzialità mi ha voluto nel suo gruppo. Mi ha così permesso <strong>di</strong> crescere<br />

scientificamente inserendomi in un ambiente ricco <strong>di</strong> persone con esperienze <strong>di</strong>verse con<br />

cui poter scambiare idee.<br />

Ringrazio il Dottor Alberto Tommasini, “tutto fare”, per la sua <strong>di</strong>sponibilità a risolvere<br />

qualsiasi <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> problema, da quello pratico a quello burocratico, e per aver fatto sentire il<br />

mio bagaglio <strong>di</strong> esperienza “bibliotecaria” molto aprrezzato. Kiitos!<br />

Ringrazio il gruppo festaiolo del laboratorio della <strong>Clinica</strong> Pe<strong>di</strong>atrica del Burlo (i Dottori<br />

Andrea, Elisa, Erica, Fortunato, Laura, Marilena, Sara e Valentina) per avermi accolto con<br />

grande simpatia facendomi sentire a mio agio nel nuovo laboratorio.<br />

~·~<br />

93


Ringrazio immensamente i miei genitori che mi hanno dato l’opportunità <strong>di</strong> iniziare e<br />

proseguire questa lunga strada sostenendomi nelle mie decisioni e sopportandomi nei<br />

momenti <strong>di</strong> “crisi”. Spero che possano essere orgogliosi del traguardo raggiunto dalla loro<br />

“figlioletta”.<br />

Ringrazio mio fratello Fabrizio per essersi gentilmente occupato della stampa <strong>di</strong> questo<br />

“mattone”.<br />

Ringrazio il mio “fratellino” Federico per il suo aiuto informatico e per avermi risollevato<br />

lo spirito nei momenti <strong>di</strong>fficili con il sorriso.<br />

Ringrazio gli amici e i parenti (Daniela, Antonella, Michela) che mi sono stati vicino in<br />

questo lungo percorso, in particolare un grazie alle Yersinie, le Dottoresse Daniela e Fleur,<br />

con cui ho con<strong>di</strong>viso le fatiche <strong>di</strong> questo impervio cammino che abbiamo intrapreso<br />

insieme fin dall’inizio, quando eravamo matricole.<br />

E infine, ma assolutamente non ultimo per importanza, per la sua enorme comprensione e<br />

per avermi veramente dato forza in quest’ultimo periodo stressante, Ringrazio col cuore<br />

l’uomo della mia vita…<br />

…mio futuro marito Marco!<br />

94

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