free | anno nono | numero sessantotto | settembre-ottobre ... - Emmi srl
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Piovono COMMENTI<br />
Come si fa a parlare bene delle cose<br />
che tutti si aspettano che tu ne parli<br />
bene? Mi metto a ridire quello che<br />
dicono già tutti? Neanche se m’ammazzi.<br />
E poi ragioniamo: ma se già lo<br />
dicono tutti, che me lo chiedi a fare<br />
a me? Se me lo chiedi a me - m’è<br />
disgraziatamente capitato di pensare<br />
ogni volta che dava il tema - è perché<br />
evidentemente vuoi un’opinione personale.<br />
E io gliel’ho data.<br />
Antonio PennAcchi<br />
Il FascIocomunIsta (2003)<br />
Exibart è per molte ragioni un punto<br />
di osservazione privilegiato, un’isola<br />
felice e indipendente nel panorama<br />
desertificato del giornalismo italiano<br />
(specializzato e “generalista”). Non<br />
so se ve ne siete accorti, ma qui<br />
possiamo parlare praticamente di<br />
qualsiasi cosa ci passi per la testa,<br />
affrontare qualsiasi argomento e da<br />
qualsiasi punto di vista, il che, di questi<br />
tempi, non è affatto poco.<br />
Perciò, non è forse peregrino provare<br />
ad analizzare quel fenomeno<br />
misterioso e affascinante che sono<br />
i commenti agli articoli che vengono<br />
pubblicati sul sito di Exibart. Soprattutto<br />
perché sembrano riprodurre in<br />
scala altri fenomeni più ampi, complessi<br />
e difficili da cogliere. Occorre<br />
partire da una confessione personale:<br />
da quando leggo e scrivo per questa<br />
testata, i commenti in calce alle<br />
news e ai pezzi più stuzzicanti sono<br />
la prima cosa in assoluto che vado a<br />
guardare. E lo faccio più di una volta<br />
al giorno.<br />
C’è di sicuro una componente preoccupante<br />
di voyeurismo in questa pratica,<br />
che però so di condividere con<br />
alcune migliaia di lettori. Ma da un<br />
po’ di tempo c’è anche qualcos’altro.<br />
È un aspetto da sempre presente<br />
nello sviluppo dei commenti, ma che<br />
ultimamente si è fatto molto più evidente<br />
e, per certi versi, illuminante.<br />
I commenti, infatti, partono quasi<br />
sempre - ma, è bene sottolinearlo fin<br />
da subito, non sempre - dall’oggetto<br />
in discussione, dalla notizia o dall’opinione,<br />
e poi... deviano, e sembrano<br />
andare alla deriva. Fateci caso anche<br />
voi.<br />
Ho aspettato un bel po’ prima di scrivere<br />
questo articolo, perché volevo<br />
essere innanzitutto sufficientemente<br />
sicuro del fenomeno prima di rivolgere<br />
lo sguardo dal mondo esterno<br />
a quello interno della rivista (ma qui<br />
la linea di confine tra realismo e introspezione<br />
tende a farsi confusa e<br />
sfumata...). Questa sicurezza non<br />
è venuta - e già qui rilevo un ottimo<br />
spunto per i commenti - ma l’articolo<br />
ho iniziato a scriverlo lo stesso.<br />
Dunque, il fenomeno. Questa deriva<br />
è qualcosa che non si verifica<br />
a ogni pie’ sospinto. Ci sono infatti<br />
articoli assolutamente degni di nota<br />
che vengono bellamente ignorati dal<br />
tornado, e altri piuttosto trascurabili<br />
che entrano inspiegabilmente nell’oc-<br />
chio del ciclone, per rimanerci fino<br />
alla puntata successiva. Anzi, qui<br />
si può già rintracciare una prima<br />
regola: normalmente gli articoli più<br />
importanti non h<strong>anno</strong> quasi nessun<br />
commento, mentre quelli meno rilevanti<br />
ne h<strong>anno</strong> una caterva. E, da<br />
questa regola, discende direttamente<br />
la seconda: gli articoli significativi<br />
e non-commentati trattano di solito<br />
di cose significative, che h<strong>anno</strong> a che<br />
fare con la realtà e con la nostra<br />
vita, mentre quelli iper-commentati<br />
trattano generalmente, o quantome-<br />
no lambiscono, le beghe e le “baruffe<br />
chiozzotte” del micromondo dell’arte,<br />
meglio se quello (micro-micro)<br />
italiano. Piccole guerre di posizione,<br />
scaramucce finte, schioppettate da<br />
niente. Tutto nella migliore tradizione<br />
nazionale: ignorare i problemi serissimi<br />
e prioritari per concentrarsi sulle<br />
questioni più astratte, sulle dichiarazioni<br />
d’intenti, sui sentimentalismi<br />
deviati e sui trionfalismi ingiustificati.<br />
Qualunque cosa, pur di evitare accuratamente<br />
la realtà, l’analisi seria, lo<br />
studio attento e disincantato.<br />
Dicevamo della deriva. Se vi fermate<br />
a osservare un momento la “lista”<br />
in fondo all’articolo (preferibilmente<br />
una di quelle lunghe, tra i 20 e<br />
i 40 commenti), noterete che a un<br />
certo punto l’analisi (per quanto rozza)<br />
dell’argomento sfuma e lascia il<br />
posto alle affermazioni perentorie, al<br />
pro-e-contro, all’accusa e alla legittimazione<br />
(aprioristiche, ovviamente,<br />
entrambe). Questa polarizzazione è<br />
un’illusione. Non solo non ha nulla a<br />
che fare con la discussione o il dialogo,<br />
ma neanche con il monologo.<br />
Questi statement sono piuttosto simili<br />
a “sassi” (o sanpietrini che dir si<br />
voglia) lanciati nel corso di una manifestazione<br />
d’antan. Il sasso equivale<br />
a un messaggio categorico e speranzoso,<br />
del tipo: “Io sono qui, adesso”.<br />
Meglio ancora: “Io esisto, qui e adesso<br />
(e ve lo scrivo, dicendo la mia su<br />
inteoria 43<br />
a cura di christian caliandro<br />
I commenti - spesso anonimi - in calce alle notizie di Exibart? La prima lettura mattutina (e non solo) per migliaia di persone<br />
interessate al mondo dell’arte. Un modello che presenta dei meccanismi simili in modo preoccupante alla modalità delle assemblee<br />
degli anni ‘70: tutti pensano di poter dire la loro in maniera democratica, in realtà f<strong>anno</strong> solo casino...<br />
Ci sono articoli degni di nota che<br />
vengono bellamente ignorati dal<br />
tornado, e altri piuttosto trascurabili<br />
che entrano inspiegabilmente<br />
nell’occhio del ciclone<br />
tutto e costringendovi a prenderne<br />
atto. Avete capito?)!”.<br />
Ancora più interessante è il fatto che<br />
queste affermazioni letterali vengano<br />
espresse in forma anonima. Fatto<br />
che personalmente non trovo per<br />
nulla contraddittorio: o meglio, la<br />
contraddizione e l’ambiguità insite nel<br />
rapporto tra dichiarazione identitaria<br />
e anonimato non solo sono perfettamente<br />
ammissibili, ma sono connaturate<br />
allo spirito di questo tempo, in<br />
cui all’elisione continua del Sé corrisponde<br />
un desiderio smodato e naturalmente<br />
etero-diretto di esposizioneesibizione.<br />
Per cui, una volta stabilite le necessarie<br />
distanze e differenze, è possibile<br />
davvero iniziare a riconoscere<br />
un’analogia (preoccupante?) con i<br />
tardi anni ‘60 e soprattutto con gli<br />
anni ‘70. Il processo che regola i<br />
commenti di Exibart - e di qualunque<br />
altro medium informativo 2.0 - sembra<br />
infatti essere analogo a quello<br />
che regolava la mitica “assemblea”<br />
(è significativo in proposito come sia<br />
tornato prepotentemente in auge il<br />
polveroso termine “dibattito”...). L’illusione<br />
è che tutti possano esprimere<br />
la propria opinione e discutere democraticamente<br />
(“presa della parola”),<br />
a un livello paritario e antiautoritario.<br />
Il risultato è, però, un casino infernale.<br />
<br />
[christian caliandro]