alle origini dell'interruttore - Gewiss
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<strong>alle</strong> <strong>origini</strong><br />
dell’interruttore<br />
A quando risalgono gli albori della storia delle apparecchiature di manovra?<br />
Presentiamo qui una breve ricerca dedicata proprio agli interruttori.<br />
A cura di Dino Pellizzaro<br />
I<br />
L’elettricità<br />
rappresentava<br />
più che una<br />
speranza per<br />
il futuro,<br />
quasi una<br />
certezza<br />
l Teatro alla Scala nel 1881 celebrava le magnifiche<br />
sorti e progressive del genere umano con un<br />
ballo divenuto famoso: il ballo Excelsior. Nel b<strong>alle</strong>tto<br />
mimico di Luigi Manzotti con musica di<br />
Romualdo Marengo, alcuni quadri esaltano le<br />
opere e le invenzioni di quel periodo e tra queste<br />
troviamo la pila di Alessandro<br />
Volta e la lampadina di Thomas<br />
Edison. L’elettricità quindi rappresentava<br />
più che una speranza per<br />
il futuro, quasi una certezza. Ma<br />
com’era, a quell’epoca, lo stato di<br />
questa scienza? O, meglio, della<br />
tecnologia ad essa applicata?<br />
Cerchiamo di indagare qui, con<br />
l’aiuto di documenti di fine ottocento<br />
e con una serie d immagini<br />
del periodo 1880-1900, quali fossero<br />
gli usi, le forme, i materiali e<br />
i funzionamenti di un componente<br />
essenziale allora come adesso (ma dimentichiamoci<br />
le serie civili o gli scatolati): l’interruttore.<br />
I primi modelli<br />
Una definizione scovata sui testi dell’epoca precisa<br />
che l’interrutore è “un’apparecchio che serve<br />
a chiudere o ad aprire o rompere il circuito, nonché<br />
invertire il senso della corrente, nel qual caso<br />
prende il nome di commutatore. Servono soprattutto<br />
negli impianti di illuminazione o nelle distribuzioni<br />
di energia elettrica e, a seconda dei circuiti<br />
che deve interrompere o congiungere, si<br />
distingue in unipolare, bipolare, tripolare”.<br />
A quei tempi, fine ‘800, era necessario non fare<br />
confusione tra interruttore bipolare e interruttore<br />
a doppio contatto, nei quali l’interruzione dell’unico<br />
circuito avviene contemporaneamente in<br />
due punti, in modo che “la scintilla sia scemata<br />
nella sua intensità”.<br />
In quell’epoca erano frequenti gli interruttori a fri-<br />
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Per citare un testo di divulgazione popolare dell’epoca<br />
(1904), dedicato proprio <strong>alle</strong> novità dell’elettrotecnica,<br />
“in diversi impianti elettrici, come<br />
anche nelle vetture delle tramvie, si adoperano<br />
interruttori che rompono il circuito quando l’intensità<br />
della corrente dovesse oltrepassare un certo<br />
limite per impedire che abbrucino gli apparecchi,<br />
i motori, eccetera. Constano di un’elettro-calamita,<br />
in presenza della quale si trova una leva che<br />
porta un’ancora ed è tenuta distante dall’elettrocalamita,<br />
stessa per l’azione di una molla antagonista,<br />
regolata secondo la quantità massima di<br />
corrente che può attraversare l’apparecchio.<br />
Quando tutto è normale, la leva resta in contatto<br />
con il pezzo metallico e il circuito è chiuso, giac-<br />
TECNOLOGIE<br />
zione o a coltello, con movimento a scatto e con<br />
eventuale doppia interruzione, che favorivano un<br />
contatto sicuro e un ridotto formarsi dell’arco elettrico.<br />
Spesso si trovavano interruttori banalmente<br />
costituiti da una semplice spina metallica che si<br />
inserisce tra due lamine di rame e le unisce. Per<br />
correnti più elevate erano molto utilizzate delle<br />
sottili strisce in ottone, che fungendo da molla<br />
premono sui contatti. In particolare, l’interruttore<br />
veniva utilizzato alla manovra sugli accumulatori.<br />
In alcuni casi, sotto la base di ardesia si inseriva<br />
una resistenza costituita da un rocchetto avvolto<br />
in rame che aveva la funzione di evitare la manovra<br />
istantanea del carico. In caso di correnti ancora<br />
più intense, le dite Edison e Bréguet commercializzavano<br />
interruttori in cui il circuito veniva<br />
interrotto in due punti per evitare il formarsi dell’arco.<br />
In altri casi troviamo la forma del rubinetto,<br />
mediato dalla forma delle valvole del gas tipiche<br />
dell’epoca. La rotazione di un quarto di giro interrompeva<br />
o chiudeva il circuito. Le molle di cui<br />
sono costituiti consentivano un buon contatto.<br />
Gli usi industriali<br />
ché la corrente, attraversando l’elettro-calamita, si<br />
porta poi alla leva e quindi si collega al resto del<br />
circuito per mezzo dell’altro contatto. Se, per un<br />
accidente qualsiasi, l’intensità della corrente che<br />
attraversa l’elettro-calamita dovesse oltrepassare<br />
un dato limite, la leva, potentemente attratta dal<br />
rocchetto, si stacca dal contatto, interrompendo il<br />
circuito”. In fondo non certo troppo diversi dagli<br />
attuali. Già in quegli anni si commercializzavano<br />
interruttori di minimo. La metropolitana di New<br />
York montava interruttori con le fasi isolate in tre<br />
Dino Pellizzaro<br />
Laureato presso il Politecnico di Milano in Ingegneria Elettrotecnica e in Architettura. È stato docente di ruolo di<br />
materie tecniche (Impianti Elettrici, Elettrotecnica ecc.) e si è occupato di formazione tecnica.<br />
Ha iniziato a collaborare nel 1980 con varie case editrici. È autore e curatore di volumi destinati alla formazione<br />
tecnica scolastica. Esercita la propria attività in ambito editoriale e si occupa di comunicazione tecnica con particolare<br />
riferimento al settore impiantistico elettrico.<br />
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nicchie separate da tramezzi di mattoni e funzionanti<br />
pneumaticamente. L’aria compressa necessaria<br />
al comando dei compressori veniva data da<br />
pompe elettriche ad aria a comando automatico.<br />
Gli interruttori venivano mantenuti aperti grazie al<br />
passaggio di corrente in un circuito ausiliarioa funzionante<br />
a 110 V generata da motori-generatori la<br />
cui tensione di uscita era di 550 V. Negli anni 1880<br />
e 1890 gli interruttori ad olio montavano tre elettro-calamite.<br />
Per gli interruttori di potenza si usava<br />
spesso un olio detto Tansil. La corsa della traversa<br />
era di circa 30 centimetri. Gli interruttori potevano<br />
consentire il passaggio di qualche centinaio<br />
di ampere. La loro chiusura poteva avvenire con<br />
(per la verità più semplici) furono montati alla fine<br />
degli anni 1880 dalla società Edison a Milano su<br />
impianti a 11 kV.<br />
Interruttori speciali<br />
L’elettronica era al di là dal venire, tuttavia nel<br />
campo delle trasmissioni e in quello ospedaliero<br />
era necessario avere interruttori ad alta velocità<br />
che consentissero anche diverse migliaia di<br />
aperture e chiusure in un secondo. Senza entrare<br />
qui nel merito, citiamo solamente il reotropo<br />
di Masson, gli interruttori di Gordon, di<br />
Wehnelt, di Campostano, di Caldwell, di<br />
Kintner. La loro forma, che spesso utilizzava<br />
l’uso di circuiti ausiliari in corrente continua spesso<br />
a 125 V; in molti casi lo sgancio era automatico<br />
e di tipo magnetico. L’indicazione di interruttore<br />
aperto o chiuso era data d<strong>alle</strong> posizioni del<br />
manubrio ed era possibile verificare istantaneamente<br />
anche se l’apertura era avvenuta in modo<br />
automatico o manuale. Per elevate tensioni si<br />
ricorreva all’interruttore Thomson-Houston, che<br />
funzionava fino ad una tensione di 60 kV. Sei cilindri<br />
costituivano un interruttore a doppia interruzione<br />
per ogni fase. Si trattava di un dispositivo<br />
talmente speciale da essere citato dalla stampa<br />
americana del 1890 – come ad esempio Electrical<br />
World e Traction and Trasmission. Qust’ultimo<br />
notava le ottime performance dell’interruttore<br />
nella centrale della metropolitana di New York,<br />
anche per quanto riguarda il ridotto consumo<br />
d’olio. L’interruttore poteva essere comandato a<br />
mano o grazie ad un motore. Interruttori ad olio<br />
ampolle in vetro, era più simile agli strumenti<br />
chimici che a quelli elettrotecnici.<br />
Le prescrizioni<br />
Traiamo da un volume del 1901 alcune prescrizioni<br />
per la sicurezza che si riferiscono agli interruttori<br />
per impianti elettrici a correnti intense e<br />
che erano state redatte dal Verband Deutscher<br />
Elektrotecniker. Gli interruttori dovevano essere<br />
costruiti in modo da poter restare in posizione<br />
di apertura o di chiusura e non in una intermedia.<br />
Gli interruttori a leva di portata maggiore di<br />
50 A e di tutti gli interruttori a leva posti in<br />
ambienti di esercizio erano esclusi da questa<br />
prescrizione. Il funzionamento di ogni interruttore<br />
doveva essere tale da escludere la formazione<br />
di un arco permanente.<br />
Sull’interruttore dovevano essere indicate l’intensità<br />
e la tensione normale di funzionamento.<br />
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I contatti metallici dovevano essere esclusivamente<br />
a sfregamento. L’impianto di terra non<br />
doveva essere fornito di interruttori. Il neutro<br />
doveva essere interrompibile solo contemporaneamente<br />
agli altri conduttori. Infine non era<br />
possibile utilizzare interruttori nei locali in cui<br />
erano presenti sostanze incendiabili o esplosive.<br />
E queste sono invece le prescrizioni di sicurezza<br />
per gli interruttori posti negli impianti ad<br />
alta tensione. Gli interruttori non dovevano dar<br />
luogo ad arco permanente anche quando interrompevano<br />
la massima corrente.<br />
Ogni derivazione principale doveva avere un<br />
interruttore per ogni polo e il neutro doveva<br />
rezza per gli interruttori negli<br />
impianti a media tensione (in<br />
quest’epoca gli impianti di casa<br />
erano classificati all’interno di<br />
questa categoria). Nelle installazioni<br />
di casa gli interruttori devono<br />
essere tali che il disserimento<br />
si produca con un solo movimento<br />
della mano. Il conduttore di<br />
terra e per il neutro non dovevano essere disseribili<br />
oppure dovevano poter rimanere solo in<br />
posizione di apertura o di chiusura e non in una<br />
posizione intermedia (tranne quelli con portata<br />
superiore a 30 A). Il funzionamento dell’interrut-<br />
L’impianto<br />
di terra<br />
non doveva<br />
essere<br />
fornito<br />
di interruttori<br />
TECNOLOGIE<br />
essere interrompibile solo contemporaneamente<br />
alla linea, se non c’è un palchetto isolato davanti<br />
all’interruttore e agli apparecchi che utilizzano la<br />
corrente, l’interruttore deve far terra, dopo che si<br />
è interrotta la corrente; le parti metalliche dell’interruttore<br />
che non sono sotto corrente e accessibili<br />
devono essere messe permanentemente a<br />
terra. Infine, queste erano la prescirizioni di sicutore<br />
doveva evitare la formazione dell’arco permanente.<br />
Nell’interruttore dovevano essere<br />
segnalate tensioni e corrente nominale (anche se<br />
questo termine non è quello usato) e dovevano<br />
permettere il riconoscimento della loro posizione.<br />
Infine gli interruttori dovevano essere provvisti<br />
di custodia isolante oppure di metallo messa<br />
a terra.<br />
L'AVVENTO DEL TECNOPOLIMERO<br />
A cura della redazione<br />
In Italia, un importante passo nella storia degli interruttori fu compiuto da GEWISS che per prima introdusse<br />
il tecnopolimero nell'impiantistica elettrica, in particolare negli interruttori. La Serie 9000, lanciata<br />
sul mercato negli anni '70, fu infatti la prima ad adottare questo materiale offrendo a milioni di utenti<br />
una maggiore libertà di scelta, soprattutto dal punto di vista estetico. Grazie al tecnopolimero i punti di<br />
comando cominciariono ad essere concepiti non solo per la loro funzionalità ma anche per la loro resa<br />
estetica: nelle case italiane cominciarono ad entrare placche colorate capaci di adeguarsi agli stili di ogni<br />
arredamento domestico. Bellezza, dunque, ma non solo. Perchè ricorrendo al ai tecnopolieri l'impianto elettrico<br />
acquisì anche una maggiore sicurezza riducendo il rischio di contatti diretti: oltre l'elevata resistenza del frutto al<br />
calore e al fuoco, la Serie 9000 di GEWISS assicurava un'eccellente stabilit‡ dimensionale, un'elevata resistenza<br />
meccanica ed un'ottima resistenza <strong>alle</strong> correnti striscianti.<br />
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