L'acuità visiva nella pratica optometrica - PO Professional Optometry
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L’acuità <strong>visiva</strong> <strong>nella</strong> <strong>pratica</strong> <strong>optometrica</strong><br />
Giorgio Parisotto Optometrista S.Opt.I., Istituto Zaccagnini sede di Cividale del Friuli (UD)<br />
La visione è un processo sensoriale complesso, il suo<br />
aspetto cognitivo ci porta a compiere dei giudizi<br />
del mondo esterno che vanno dalla distanza degli<br />
oggetti, ai colori, alla luminosità, al movimento.<br />
L’apparente facilità con cui il sistema visivo trasforma<br />
le informazioni retiniche in queste complesse<br />
dinamiche, ci portano spesso a dimenticare tutti i<br />
fattori connessi a livello cerebrale. In realtà questi<br />
processi sono a tutt’oggi fonte di ricerche, e molti<br />
aspetti sono ancora un mistero.<br />
La nostra <strong>pratica</strong> clinica ci porta quindi a isolare le<br />
specifiche funzioni visive, e a cercare test specifici<br />
che ci permettano di misurare e confrontare<br />
ognuna di esse. Nella routine clinica abbiamo test<br />
che ci permettono di evidenziare problematiche<br />
relative alla percezione cromatica, al contrasto, alla<br />
risoluzione, alla profondità ecc. Nello specifico<br />
i test della percezione cromatica, del contrasto<br />
(inteso come sensibilità e come misura del campo<br />
visivo), la stereopsi, sono i test più comunemente<br />
usati. La misura dell’acuita <strong>visiva</strong>, <strong>nella</strong> fattispecie<br />
quella eseguita con l’ottotipo si Snellen, è la<br />
misura sensoriale più utilizzata, viene eseguita in<br />
ogni studio optometrico, oftalmologico, in molti<br />
ambiti occupazionali, <strong>nella</strong> medicina legale ecc.<br />
Sicuramente l’acuità <strong>visiva</strong> è il test più comunemente<br />
usato per evidenziare le performance del sistema<br />
visivo. Nonostante l’acuità <strong>visiva</strong> da sola non rilevi<br />
l’efficienza del sistema, questo test è di semplice<br />
esecuzione e comunque l’acuità <strong>visiva</strong> è estremamente<br />
correlata con il giudizio che le persone danno della<br />
loro visione.
dossier<br />
Gli errori refrattivi, le opacità dei mezzi oculari,<br />
degenerazioni maculari, deficit neurologici,<br />
influenzano la capacità di risoluzione, mentre<br />
problematiche della parte periferica della retina che<br />
non si riflettono immediatamente <strong>nella</strong> funzionalità<br />
<strong>visiva</strong>, hanno meno impatto sulla percezione della<br />
propria visione.<br />
Nonostante l’importanza del test, non sempre in<br />
clinica vengono poste le dovute attenzioni alle<br />
procedure di somministrazione, che possono essere<br />
variate dalla distanza della tabella ottotipica,<br />
dall’illuminazione, dalle istruzioni fornite al<br />
paziente, dalle capacità cognitive.<br />
Cos’è l’acuità <strong>visiva</strong>?<br />
La più piccola distanza angolare alla quale due<br />
punti o due linee possono essere ancora percepiti<br />
come due linee o due punti, viene chiamato<br />
angolo minimo di risoluzione (Minimal Angle of<br />
Resolution MAR). Per convenzione quest’angolo<br />
viene espresso in minuti primi, cioè sessantesimi<br />
di grado. Il reciproco dell’angolo minimo di<br />
risoluzione, espresso in minuti primi, rappresenta<br />
l’acutezza <strong>visiva</strong> di risoluzione. Ad esempio se la<br />
distanza minima alla quale due punti possono<br />
Figura 1<br />
essere appena distinti è di 2’ si dice che l’acutezza<br />
<strong>visiva</strong> di risoluzione è uguale a ½= 0,5. L’acutezza di<br />
risoluzione si fonda sostanzialmente sulla possibilità<br />
di percepire la differenza di luminanza, di contrasto<br />
esistente nell’intervallo che separa i punti, le linee<br />
o gli altri dettagli da distinguere. Perché questo<br />
dettaglio sia percepito è necessario che sulla retina<br />
si costituisca una differenza di illuminamento e che<br />
questa differenza sia di entità e di dimensioni tali da<br />
rappresentare uno stimolo adeguato almeno per una<br />
unità percettiva retinica (vedi fattori neurologici).<br />
Nella <strong>pratica</strong> <strong>optometrica</strong> non utilizziamo questa<br />
metodologia di misurazione, ma quella definita di<br />
risoluzione o morfoscopica, cioè quella definita dalle<br />
minime dimensioni angolari necessarie a consentire<br />
il riconoscimento della caratteristiche o della forma<br />
di una figura. Questa capacità è derivata non solo<br />
dalla capacità di risoluzione, ma anche da funzioni<br />
cognitive come ad esempio il saper riconoscere le<br />
lettere dell’alfabeto, di oggetti ecc. (Fig. 1).<br />
Fattori che influenzano l’acuità <strong>visiva</strong><br />
Fattori Ottici<br />
Anche in assenza di errori refrattivi, un punto<br />
oggetto nello spazio, può non essere coniugato con<br />
la retina. La diffrazione prodotta ai margini della<br />
pupilla, può trasformare il punto nel cosiddetto<br />
disco di Airy, che è determinato dal diametro<br />
pupillare e dalla lunghezza d’onda della luce. Questo<br />
fattore determina il primo limite fisico alla capacità<br />
risolutiva/acuità del sistema visivo. Rayleigh propose<br />
che due punti possono essere risolti quando i centri<br />
dei rispettivi dischi di Airy sono separati dalla<br />
metà del loro diametro. Per l’occhio questo pone il<br />
limite fisico di risoluzione approssimativamente a<br />
45 secondi d’arco (0,00125°). In altre parole questa<br />
è la massima risoluzione che possiamo ottenere<br />
in un occhio privo di errori refrattivi, assenza<br />
di aberrazioni, e con una alta densità di coni.<br />
Nella <strong>pratica</strong> il nostro sistema visivo è afflitto da<br />
numerose aberrazioni (quelle più semplici, sferiche<br />
e cromatiche), che assieme tendono a diminuire<br />
la qualità dell’immagine retinica. Il pattern della<br />
luce che incide sulla retina da un punto oggetto<br />
è descritto dal cosiddetto PSF (Point Spread<br />
Function). Errori refrattivi ed opacità dei mezzi,<br />
dimensioni della pupilla (Fig. 2) incrementano la<br />
grandezza e la forma del point spread function e<br />
quindi abbiamo un effetto diretto sulla risoluzione.<br />
DOSSIER<br />
20
Figura 2<br />
Fattori neurologici<br />
Quando osserviamo due spot di luce a distanza, per<br />
poterne percepire effettivamente due, e non uno<br />
solo, ogni spot deve cadere su un fotorecettore con<br />
un fotorecettore non stimolato tra i due.<br />
Nella fovea i fotorecettori sono separati<br />
approssimativamente di 2 microns, e quindi, i<br />
centri dei due spots devono essere separati di<br />
almeno 4 microns. Questo è il limite teorico della<br />
risoluzione, molto vicino a quello della diffrazione<br />
(approssimativamente 45 secondi d’arco). Questo<br />
assunto potrebbe essere considerato valido solo nel<br />
caso in cui ogni cono fosse collegato direttamente<br />
ad una cellula gangliare, in realtà <strong>nella</strong> periferia<br />
retinica più coni convergono in una cellula gangliare,<br />
per cui la risoluzione neurale viene compromessa.<br />
Solo a livello foveale, non essendoci convergenza<br />
dei coni, la risoluzione neurale è teoricamente<br />
possibile. La percezione finale dei due spot dipende<br />
inoltre da altri fattori connessi alla corteccia <strong>visiva</strong>.<br />
Le informazioni ricevute da circa 125 milioni di<br />
fotorecettori retinici (coni e bastoncelli) vengono<br />
trasmesse ai centri visivi superiori attraverso<br />
l’attività di circa un milione di cellule gangliari i cui<br />
Figura 3<br />
assoni vanno a formare il nervo ottico; ciò comporta<br />
che gruppi di fotorecettori debbono far confluite i<br />
loro segnali <strong>nella</strong> medesima cellula gangliare. Il<br />
complesso dei fotorecettori retini funzionalmente<br />
connessi con una cellula gangliare costituisce una<br />
unità recettiva retinica. Come dicevamo il numero<br />
di fotorecettori connessi con una cellula gangliare è<br />
molto più elevato alla periferia che al centro della<br />
retina; <strong>nella</strong> parte centrale della fovea ogni cono è<br />
collegato con una sola cellula gangliare e costituisce<br />
da solo una unità recettiva retinica.<br />
Una Acuità o più Acuità<br />
In base al tipo di stimoli visivi usati possiamo<br />
riconoscere almeno quattro tipi fondamentali di<br />
acuità <strong>visiva</strong>:<br />
1) l’acutezza di visibilità <strong>nella</strong> quale si tratta di accertare<br />
o escludere la presenza di un oggetto<br />
2) l’acutezza di risoluzione <strong>nella</strong> quale si tratta di percepire<br />
i dettagli di un oggetto<br />
3) l’acutezza di localizzazione <strong>nella</strong> quale si tratta di<br />
valutare la localizzazione spaziale relativa di due<br />
oggetti<br />
4) l’acutezza di ricognizione o morfoscopica <strong>nella</strong> quale<br />
si tratta di riconoscere le caratteristiche o la forma<br />
di un oggetto; questa è l’acutezza che viene correntemente<br />
misurata con molteplici modalità<br />
<strong>nella</strong> <strong>pratica</strong> quotidiana. È considerata standard<br />
da norme del Regno Unito (BS4274) ed estremamente<br />
comune anche in Italia (Fig. 3).<br />
Lettere<br />
Le lettere maiuscole dell’alfabeto sono l’ottotipo più<br />
diffusamente usato a causa della loro ineguagliabile<br />
facilità di impiego; le istruzioni da impartire si<br />
riducono all’invito a leggere le lettere e la prova del<br />
dossier<br />
DOSSIER<br />
21
iconoscimento dell’ottotipo consiste <strong>nella</strong> lettura<br />
corretta. L’acutezza <strong>visiva</strong> misurata con le lettere<br />
rappresenta l’acuità di ricognizione, la quale si fonda<br />
oltre che sull’acutezza di visibilità, di risoluzione,<br />
e di localizzazione, anche sul concorso di altri<br />
fattori di carattere percettivo e cognitivo, che sono<br />
difficilmente classificabili. Non tutte le lettere<br />
appaiono ugualmente riconoscibili in condizioni di<br />
visibilità critica. Una V, che è l’unica lettera simile<br />
ad un angolo con apice in basso, è certamente meglio<br />
riconoscibile di una D, la cui forma può essere<br />
confusa con quella delle lettere G, O, Q. Allo scopo<br />
di definire le lettere più adatte sono state condotte<br />
numerose ricerche con risultati spesso contrastanti.<br />
Uno dei pochi punti di concordanza è costituito dalla<br />
identificazione della L come la lettera più facile e<br />
della B come una delle più difficili. Per questo motivo<br />
non si utilizzano tutte le lettere indiscriminatamente<br />
ma solo delle combinazioni di caratteri. Queste sono<br />
state definite in serie sperimentali di pari difficoltà e<br />
sono paragonabili ai parametri della C di Landolt.<br />
Le serie più usate sono:<br />
lettere di SLOAN = S O C D K V R H N Z<br />
lettere secondo le norme (BS 4724) = D E H N F<br />
P R U V Z<br />
Numeri<br />
Anche le cifre arabiche vengono talvolta utilizzate,<br />
ponendo gli stessi problemi che pongono le lettere.<br />
Il loro uso è accettato, ma non raccomandato.<br />
l’attendibilità di mire di risoluzione. La figura<br />
presenta orientamento e zone di risoluzione<br />
ben definite (la distanza tra i tratti della E è la<br />
medesima, a differenza di quello che avviene<br />
nei simboli alfabetici e permette di interpretare<br />
l’errore nel caso di astigmatismo. Una sequenza di<br />
figure simili ma di orientamento variabile risulta<br />
più difficile da memorizzare rispetto ad una<br />
sequenza alfanumerica.<br />
Questo tipo di figura è utilizzabile anche con<br />
bambini non scolarizzati, è sufficiente dare loro<br />
un modello (di cartone o di plastica) e chiedere di<br />
posizionarlo come la figura, un esercizio del genere<br />
può venir fatto, preventivamente a casa. I problemi<br />
sono i seguenti: l’acuità risulta leggermente<br />
superiore, cioè la figura è comprensibile anche<br />
se leggermente indistinta; le risposte errate<br />
localizzano la lettera prevalentemente <strong>nella</strong><br />
posizione consueta; le figure vengono presentate<br />
solo in quattro posizioni.<br />
Costruzione delle mire<br />
Le mire ottotipiche non sono disegnate con la<br />
forma e la originalità dei caratteri di stampa<br />
ma rispettano per convenzione un criterio ben<br />
preciso: sono inscritte in una griglia 5x5 o 4x5<br />
come nel caso della normativa British standard<br />
(Fig. 4).<br />
Figure astratte con componente direzionale:<br />
Anelli o C di Landolt, E di Snellen o Albini<br />
dossier<br />
C di Landolt<br />
È la mira di risoluzione più comune, quella<br />
considerata di riferimento nelle norme<br />
standardizzate (Din o Iso).<br />
Viene presentata in 4 o 8 orientamenti. Non<br />
presenta i difetti tipici delle lettere, però il<br />
test può risultare difficoltoso nei bambini per<br />
la difficoltà di comprensione. A causa della<br />
somiglianza con la lettera C, i soggetti tendono<br />
a localizzare la mira <strong>nella</strong> posizione di C.<br />
E di Snellen o di Albini<br />
Una mira a forma di E posizionata con vari<br />
orientamenti, rappresenta una buona soluzione<br />
intermedia tra la praticità dell’alfabeto e<br />
Figura 4<br />
DOSSIER<br />
22
L’angolo di risoluzione della lettera o meglio del<br />
reticolo è dato dallo spessore del tratto e dal<br />
dettaglio caratteristico che devono essere di un<br />
quinto della grandezza totale del carattere.<br />
La dimensione della mira è data dalla seguente<br />
formula:<br />
Hmira = tang α’ x d x 5<br />
- H = altezza di tutta la mira (cioè 5 volte lo<br />
spessore del tratto)<br />
- α’ = angolo in primi sotteso dal tratto della<br />
lettera (α’ = a/d x 3438 a = spessore mira, d<br />
= distanza di osservazione, 3438 = costante =<br />
360°x60/2r π)<br />
- d = la distanza di osservazione<br />
la dimensione della mira in relazione all’AV<br />
possiamo calcolarla:<br />
a spessore del tratto = d / (3438xAV) moltiplicato<br />
per 5 per ricavare l’altezza della mira<br />
es: d = 4m AV = 1,0<br />
H lettera = 4m / (3438x 1,0) x5 = 0,005817m<br />
m/M = distanza d’esame/dimensioni dell’ottotipo<br />
in unita M<br />
Pertanto la frazione 6/12 indica che l’esame è stato<br />
effettuato a 6 metri e che il più piccolo ottotipo<br />
riconosciuto sottende un angolo visuale di 5’ a 12<br />
metri. Frazioni Snellen con numeratore uguale a 20<br />
vengono largamente usate negli Stati Uniti.<br />
Progressione della grandezza delle lettere<br />
Nei classici ottotipi di Snellen la progressione delle<br />
dimensioni delle grandezze è irregolare. Per esempio<br />
il passaggio dai 6/5 (vedi tabella per la conversione<br />
in decimi) ai 6/6 rappresenta un incremento del<br />
120% mentre il salto dai 6/36 ai 6/60 comporta<br />
un incremento del 167%. Alcune case costruttrici<br />
adottano una progressione geometrica delle<br />
dimensione dei simboli, permettendo una notevole<br />
linearità delle misura, che non si ha nelle tabelle che<br />
presentano differenze di un decimo tra ogni riga, per<br />
cui la variazione di acuità è estremanente variabile.<br />
Specificazione dell’acutezza <strong>visiva</strong><br />
L’acutezza <strong>visiva</strong> di visibilità è rappresentata dal<br />
reciproco dell’angolo visuale (espresso in minuti<br />
primi) sotteso dal più piccolo oggetto di cui si<br />
può percepirne l’esistenza; se l’oggetto sottende<br />
un angolo visuale di 10 minuti primi, l’acutezza<br />
<strong>visiva</strong> è uguale a 0.1. L’acutezza di risoluzione<br />
e di ricognizione viene definita con l’inverso<br />
dell’angolo minimo di risoluzione (MAR), cioè<br />
dell’angolo visuale (espresso in minuti primi),<br />
sotteso dal dettaglio del più piccolo ottotipo<br />
riconosciuto. Quando il dettaglio critico<br />
dell’ottotipo sottende un angolo di 5 minuti<br />
primi, l’acutezza <strong>visiva</strong> è pari a 1/5 = 0.2; se il<br />
MAR è 4’ , l’acutezza <strong>visiva</strong> è pari a 1/4 = 0.25<br />
e così via. Il valore dell’acutezza <strong>visiva</strong> può essere<br />
registrato sotto forma di frazione decimale:<br />
invece di 0.2 si può scrivere 2/10.<br />
L’impiego dell’inverso del MAR viene indicato<br />
come notazione decimale dell’acutezza <strong>visiva</strong>.<br />
Nei paesi anglossasoni si è conservato l’uso di<br />
definire con la frazione di Snellen <strong>nella</strong> quale<br />
il numeratore corrisponde alla distanza a cui è<br />
stato effettuato l’esame (m) e il denominatore<br />
indica la distanza alla quale i più piccoli ottotipi<br />
riconosciuti sottendono un angolo visuale di 5’ o<br />
i loro dettagli un angolo di 1’ (M).<br />
Figura 5<br />
dossier<br />
DOSSIER<br />
23
per ogni riga di 0,1 unità logaritmiche, cioè i simboli<br />
di ogni riga sono sempre 1,259 volte più grandi di<br />
quelli successivi. Per avere un dimezzamento della<br />
grandezza dei simboli, e quindi un raddoppiamento<br />
dell’acuità <strong>visiva</strong>, si debbono scorrere sempre tre<br />
righe di caratteri.<br />
Figura 6<br />
In questi casi si segue una progressione nota<br />
come LogMAR (logaritmo del minimo angolo di<br />
risoluzione), in cui la grandezza dei simboli decresce<br />
La registrazione dell’acuità <strong>visiva</strong><br />
Con le tabelle ottotipiche di Snellen, l’acuità <strong>visiva</strong><br />
registrata è rappresentata dalla più piccola linea che<br />
il paziente può riconoscere. Il metodo è di per sé<br />
accettabile se un paziente leggesse completamente<br />
una linea e non riconoscesse nessuna lettera di quella<br />
inferiore. Nella <strong>pratica</strong> clinica sappiamo molto bene<br />
che questo non accade, i pazienti possono spesso<br />
leggere alcune lettere di una riga e solo alcune di<br />
una riga inferiore. Questo comporta una difficile<br />
standardizzazione della notazione, portando il<br />
professionista a registrate l’acuità nei modi più<br />
disparati 10/10 -2 , 9/10 +3, o 10/10 in parte.<br />
dossier<br />
Figura 7<br />
DOSSIER<br />
24
Questa metodologia comporta una difficoltà di<br />
giudizio <strong>nella</strong> valutazione di eventuali cambiamenti<br />
da parte dell’acuità <strong>visiva</strong> del paziente.<br />
Un metodo per risolvere questo problema è stato<br />
proposto da Bailey (Fig. 5) utilizzando la Bailey-<br />
Lovie chart, con il sistema detto VAR (Visual<br />
Acuity Rating).<br />
La Bailey-Lovie chart (Fig. 6) è una tabella<br />
ottotipica che presenta numerosi vantaggi:<br />
- la presenza di 5 lettere per ogni riga, che assicura<br />
una richiesta equivalente per ogni riga e una interzione<br />
dei contorni costante.<br />
- Ci sono più lettere per le basse acuità, rispetto ad<br />
altre tabelle.<br />
- La spaziatura delle lettere è uguale alla larghezza<br />
della lettera in ogni riga.<br />
- La grandezza delle lettere segue una progressione<br />
logaritmica, e gli step sono di 0,1 LogMAR.<br />
LogMAR è l’acronimo composto da Log10 del<br />
Minimo Angolo di Risoluzione (MAR). Una lettera<br />
di 10/10, sottende 5 minuti d’arco, equivalente<br />
al MAR di un minuto d’arco e al LogMAR 0<br />
(Log10 (1)= 0). È evidente che lo svantaggio di<br />
tale notazione è che l’acuità superiore ai 10/10 il<br />
punteggio LogMAR risulta negativo. Molte delle<br />
tabelle coprono un range che va da -0,3 (20/10)<br />
a +1,00 (1/10). Per i pazienti con acuità <strong>visiva</strong><br />
inferiore a 1,00 LogMAR, si procede riducendo la<br />
distanza di lettura. L’utilizzo della tabelle Bailey-<br />
Lovie consente anche una maggiore precisione <strong>nella</strong><br />
registrazione dei dati. Se l’incremento della scala è<br />
pari a 0,1 e vi sono 5 lettere per ogni riga, ad ogni<br />
lettera può essere assegnato un punteggio pari a 0,02<br />
(0,1/5). Quindi se un paziente legge tutta la riga dei<br />
10/10, il punteggio LogMAR è 0. Se il paziente<br />
sbaglia la lettura di una lettera il suo punteggio sarà<br />
0,02 - 2 lettere sbagliate 0,04 - 3 lettere 0,06 ecc.<br />
Questo sistema elimina la confusione che si può<br />
generare con la tabella di Snellen ed aumenta quindi<br />
la precisione.<br />
Lo svantaggio della notazione LogMAR è<br />
che richiede alcuni calcoli aritmetici per la<br />
determinazione esatta e che i valori con notazione<br />
negativa sono contrariamente alle norme i valori che<br />
rappresentano la migliore acuità. Per ovviare a questi<br />
problemi Bailey, propose un metodo alternativo<br />
per la notazione dell’acuità chiamato VAR (Visual<br />
Acuity Rating).<br />
Il calcolo del VAR è il seguente:<br />
VAR = 100 – (50 * LogMAR)<br />
Se il paziente legge tutte le lettere incluse <strong>nella</strong> linea<br />
dei 10/10, il calcolo del punteggio VAR è pari a 100.<br />
Se il paziente non legge correttamente una lettera<br />
il punteggio è pari a 99, 2 lettere 98 ecc. Se invece<br />
legge una lettera oltre la linea dei 10/10 (LogMAR<br />
0) il punteggio è 101, 2 lettere 102 ecc.<br />
Questa notazione mantiene i vantaggi del LogMAR,<br />
ma richiede meno calcoli mentali da parte<br />
dell’operatore. Nella figura 7 vediamo una tabella<br />
di conversione dei vari sistemi.<br />
Figura 8<br />
La misura dell’acuità <strong>visiva</strong> con i sistemi<br />
computerizzati<br />
Attualmente in commercio esistono tabelle<br />
ottotipiche composte da monitor LCD (Fig. 8) e<br />
software appropriati che consentono una migliore<br />
gestione della valutazione clinica <strong>nella</strong> <strong>pratica</strong><br />
<strong>optometrica</strong>. La particolarità di questi strumenti<br />
è la estrema flessibilità che consentono <strong>nella</strong><br />
presentazione e <strong>nella</strong> tipologia di tests eseguibili.<br />
Vediamo alcune caratteristiche prozie di questi<br />
strumenti.<br />
Modalità di presentazione<br />
Presentazione “tradizionale”<br />
Nella presentazione “tradizionale” la distanza fra<br />
una lettera e l’altra (definita come affollamento)<br />
è pari alla dimensione della lettera stessa; questo<br />
mantiene una costanza di affollamento ma non crea<br />
dossier<br />
DOSSIER<br />
25
fenomeni di interferenza fra mira e mira; comunque<br />
a discrezione dell’operatore il coefficiente di<br />
affollamento può essere aumentato. Compatibilmente<br />
con la dimensione dello schermo possiamo scegliere<br />
di presentare da 1 a 7 lettere per riga (di norma<br />
5). Le lettere presentate possono essere in ordine<br />
fisso o randomizzato; quest’ultima opzione rende<br />
impossibile la memorizzazione delle lettere.<br />
dossier<br />
Presentazione ad affollamento costante<br />
Altra modalità di presentazione delle mire è quella<br />
ad affollamento costante generalmente nota come<br />
“standard ETDRS” (dal nome del principale<br />
centro di ricerca che adottò questo standard: Early<br />
Treatment Diabetic Retinopathy Study).<br />
In sintesi le principali caratteristiche sono:<br />
A) le righe sono composte da 5 lettere secondo<br />
Sloan;<br />
B) lo spazio tra le lettere è uguale alla dimensione<br />
delle lettere stesse (coeff. di affollamento = 1);<br />
C) la distanza fra le righe è pari alla dimensione<br />
della riga inferiore;<br />
D) la scala adottata è quella geometrica (strettamente<br />
paragonabile a quella logaritmica);<br />
E) sia <strong>nella</strong> prima e ultima riga che <strong>nella</strong> prima e<br />
ultima lettera vengono adottati dei blocchi di<br />
affollamento che mantengono costante l’affollamento<br />
anche ai margini della tavola.<br />
Quando la dimensione del monitor limita la<br />
visualizzazione delle 5 lettere per riga si considerano<br />
solo le mire centrali e utilizzando la funzione di<br />
“random” vengono modificati i caratteri fino ad<br />
ottenere le 5 risposte per riga.<br />
Presentazione di mire ad alto affollamento<br />
(crowding)<br />
Questo test è particolarmente utile nei casi di<br />
ambliopia funzionale in quanto il soggetto distingue<br />
con più difficoltà le mire ad effetto crowding; queste<br />
vengono presentate ad un affollamento di 0,5 cioè la<br />
distanza fra una mira e l’altra è pari alla metà della<br />
dimensione della lettera stessa.<br />
Si visualizzano 3 righe di E di Snellen tutte allo<br />
stesso livello di AV; il soggetto deve riconoscere<br />
l’orientamento della riga centrale mentre le<br />
righe prima e terza costituiscono l’elemento di<br />
affollamento.<br />
Le mire sono presentate in ordine randomizzato.<br />
DOSSIER<br />
26
Test acutezza <strong>visiva</strong> di risoluzione (metodo<br />
staircase interattivo)<br />
Un test di AV deve essere preciso (ripetibile)<br />
accurato (il risultato deve essere il più<br />
“oggettivo” possibile) sensibile (in grado di<br />
apprezzare piccole variazioni) di facile gestione<br />
e possibilmente veloce da eseguire.<br />
La procedura ora descritta riunisce queste<br />
caratteristiche come nessun altro test.<br />
Sul monitor viene visualizzata una sola mira:<br />
E di Snellen o C di Landolt con un<br />
orientamento assolutamente casuale che dovrà<br />
poi indicare il soggetto.<br />
La mira può essere presentata con o senza barre<br />
di affollamento e a tutti i livelli di contrasto.<br />
numero di presentazioni vicine al limite di AV.<br />
<strong>nella</strong> zona definita di transizione.<br />
Il software dà la possibilità di modificare le<br />
seguenti variabili:<br />
- il numero di presentazioni di mire<br />
- il range di visus<br />
- il contrasto<br />
- l’affollamento<br />
Le risposte vengono successivamente analizzate<br />
e visualizzate graficamente quantificando il<br />
livello di soglia di acutezza <strong>visiva</strong> che viene<br />
calcolato sulla media dei valori ottenuti<br />
<strong>nella</strong> zona di transizione, escludendo dal<br />
calcolo i dati che non sono significativi (zona<br />
sopraliminare).<br />
L’operatore non deve far altro che agire sul<br />
tasto “GO” del telecomando quando la risposta<br />
è corretta o sul tasto “BACK” quando è errata,<br />
il software memorizza le risposte e modulerà<br />
la successiva presentazione aumentando la<br />
dimensione quando viene data una risposta<br />
sbagliata o viceversa quando questa è esatta.<br />
Per velocizzare e ottimizzare la procedura<br />
si inizia visualizzando un livello intermedio<br />
di tutta la scala; se la risposta è corretta la<br />
difficoltà viene aumentata di 3 “livelli” e<br />
così fino al punto di inversione (cioè fino a<br />
quando viene oltrepassata la soglia di AV); da<br />
questo punto in poi si procede aumentando o<br />
diminuendo di un livello per volta.<br />
È evidente che in poche battute ci troveremo<br />
vicini a quella che possiamo definire come<br />
soglia critica; questo consente il maggior<br />
I vantaggi di questa particolare procedura<br />
sono:<br />
- nessuna possibilità di memorizzazione;<br />
- massima standardizzazione e ripetitività del test;<br />
- facilità di presentazione soprattutto con bambini<br />
perché è evidente che con la mira singola si evitano<br />
equivoci di ogni genere;<br />
- controllo del coefficiente di affollamento (le barre<br />
di affollamento possono essere a diverse distanze<br />
o assenti del tutto);<br />
- velocità di esecuzione;<br />
- le mire possono essere visualizzate a diverse condizioni<br />
di contrasto.<br />
In questo grafico l’asse orizzontale riporta<br />
il numero di presentazioni effettuate, l’asse<br />
verticale invece il valore di A.V. relativo.<br />
I punti verdi indicano le risposte esatte; i punti<br />
rossi quelle errate.<br />
dossier<br />
DOSSIER<br />
27
) Capacità di rilassare l’accomodazione durante la<br />
fissazione a distanza<br />
c) La tendenza di alcune persone di strizzare le palpebre,<br />
per aumentare l’acuità<br />
d) Presenza di aberrazioni oculari<br />
e) Variazione nel gradiente retinico<br />
Oltre al valore di AV vengono forniti anche i valori<br />
della deviazione standard (DS) e del limite di<br />
confidenza (LC).<br />
La deviazione standard definisce la variabilità di<br />
una distribuzione di valori (in questo caso dell’AV)<br />
e viene calcolata con la seguente formula:<br />
deviazione standard =<br />
Xi = singoli valori trovati espressi in LogMAR<br />
X= valore medio<br />
N= il numero di presentazioni considerate<br />
Il limite di confidenza al 95% indica la distanza<br />
dalla media del 95% dei valori considerati<br />
Hirsc (1945) pubblicò alcuni dati della relazione tra<br />
miopia e visus naturale a distanza, basati sull’analisi<br />
clinica di 64 occhi di studenti di College con miopia<br />
variabile da sf. -0,50 a sf. -13,50. Come si vede <strong>nella</strong><br />
tabella 1, l’acuità <strong>visiva</strong> (95% di limite di confidenza),<br />
si esprimeva in un range da 20/13 a 20/60 per una<br />
miopia di -0,50, da 20/30 a 20/150 per una miopia di<br />
-1,00 e da 20/75 a 20/380 per una miopia di -2,00.<br />
La relazione tra visus naturale e miopia ed<br />
astigmatismo è stata investigata a tre diverse età<br />
da Peters (1961). I dati sono stati ricavati dalla<br />
registrazione clinica di 2542 occhi di pazienti dai 5<br />
ai 15 anni, 2262 occhi di pazienti da 25-35 anni e da<br />
2188 occhi di pazienti da 45-55 anni. Peters pubblicò<br />
il lavoro dimostrando che per gli occhi miopi la<br />
media dell’acuità <strong>visiva</strong> è in dipendenza dell’entità<br />
della refrazione sferica ed astigmatica, ma non era<br />
variabile nei tre gruppi di età. Come vediamo dalla<br />
tabella 2 i valori sono leggermente diversi da quelli<br />
pubblicati da Hirsc (1945), ma ogni 0,50 di valore<br />
astigmatico, contribuisce alla diminuizione del visus<br />
di due linee.<br />
L’acuità <strong>visiva</strong> nel bambino<br />
Mentre il valore dei 10/10 o 20/20 sia uniformemente<br />
accettato come valore di normalità nell’adulto, lo<br />
stesso singolo criterio non può essere usato per i<br />
bambini molto piccoli (da un mese a 5 anni).<br />
dossier<br />
LC= media +/- K* DevStd<br />
K = coefficiente proporzionale al numero di<br />
presentazioni es: k per 5 presentazioni = 1.2416 per<br />
8 = 0.8360 per 15 = 0.5538 ecc…<br />
Relazione tra miopia e Acuità Visiva a distanza<br />
Per lo stesso valore di miopia, il visus naturale a<br />
distanza tende ad essere estremamente variabile<br />
da individuo ad individuo. Alcuni dei fattori che<br />
determinano la variabilità sono:<br />
a) Differenza nel diametro pupillare (la pupilla più<br />
stretta permette una migliore profondità di fuoco)<br />
Tabella 1 - Acuità <strong>visiva</strong> non corretta<br />
MIOPIA MEDIA 95% LIMIT<br />
-0,50 20/25 20/13 a 20/50<br />
-1,00 20/65 20/30 a 20/150<br />
-1,50 20/110 20/50 a 20/250<br />
-2,00 20/165 20/75 a 20/380<br />
-2,50 20/215 20/100 a 20/500<br />
-3,00 20/285 20/130 a 20/650<br />
-4,00 20/420 20/200 a 20/950<br />
MJ Hirsch. Relation of Visual acuity to myopia. Arch.<br />
Ophtalmology 1945;24:418-421<br />
DOSSIER<br />
28
Tabella 2<br />
MIOPIA<br />
(SF)<br />
ASTIGMATISMO<br />
(CIL)<br />
ACUITÀ NON<br />
CORRETTA<br />
-0,50 0,00 20/30<br />
-0,50 20/45<br />
-1,00 20/60<br />
-1,00 0,00 20/60<br />
-0,50 20/70<br />
-1,00 20/80<br />
-1,50 0,00 20/80<br />
-0,50 20/100<br />
-1,00 20/150<br />
-2,00 0,00 20/200<br />
HB Peters. The relationship between refractive errors and visual<br />
acuity at three age levels. Am J Optom Arch Am Acad Optom<br />
1961;38:194-197.<br />
A partire dagli anni ´40 veniva considerato che un<br />
bambino non raggiungeva un visus di 10/10 se non<br />
a partire dai 5 anni. In realtà questo è un dato poco<br />
significativo, l’acuità <strong>visiva</strong> per un bambino piccolo è<br />
anche in stretta dipendenza dal metodo con cui essa<br />
viene rilevata (Tab. 3).<br />
Anche nei bambini più grandicielli i valori di acuità<br />
sono variabili a seconda dell’età del soggetto ed il<br />
metodo di misura utilizzato. Bambini della stessa<br />
età possono mostrare marcate differenza di acutezza<br />
Tabella 3<br />
ETÀ<br />
(MESI)<br />
E<br />
MOVIMENTI<br />
OCULARI<br />
PENDOLARI<br />
NISTAGMO<br />
OPTOCINETICO<br />
VEP<br />
1 20/300 20/300<br />
2 20/150 20/200<br />
3 20/150 20/60<br />
4 20/150 20/50<br />
5 20/60 20/40<br />
6 20/400 20/20<br />
12 20/140 20/200 20/40<br />
24 20/48 20/100 20/30<br />
36 20/46 20/50 20/20<br />
48 20/40<br />
60 20/33<br />
Tratto da “Pediatric <strong>Optometry</strong>” Second Edition Jerome e Joy<br />
Rosner.<br />
<strong>visiva</strong> a seconda della tipologia di stimoli impiegati,<br />
cioè a seconda se la misurazione sia riferita a criteri di<br />
visibilità, di risoluzione o di ricognizione.<br />
È interessante notare come in bambini di età scolastica<br />
possa essere variabile a secondo della strategia messa<br />
in atto durante l’esame da parte del bambino stesso.<br />
Nel caso in cui il bambino sia influenzato da<br />
esperienze scolastiche, egli può anche decidere di<br />
evitare di commettere errori, fornendo dei valori di<br />
acuità più bassi. Questa strategia può essere messa in<br />
atto tipicamente agli inizi della carriera scolastica.<br />
Per l’esame di bambini di età inferiore a 3 anni<br />
circa sono stati proposti ed utilizzati numerosi<br />
ottotipi costituiti da figure di oggetti e di animali.<br />
La riconoscibilità dipende molto dalla diffusione<br />
di una data immagine e dal tipo di stilizzazione<br />
adottato. Ad esempio il riconoscimento di una stella<br />
dipende sostanzialmente da due fattori: dal fatto che<br />
si continui ad inserire la nozione di stella nel bagaglio<br />
di conoscenze che vengono insegnate nei primi anni<br />
di vita e dal fatto che col nome di stella si designi una<br />
figura stilizzata che non ha alcuna somiglianza con<br />
le stelle visibili in cielo. Chi si occupa di elaborare<br />
tavole ottotipiche per bambini costituite da figure<br />
deve ricordare che queste debbono essere coerenti<br />
con l’ambiente culturale. È possibile che le attuali<br />
generazioni non siano più in grado d’identificare<br />
animali da cortile come la gallina o l’ochetta, o<br />
che non riconoscano la rappresentazione di un<br />
transatlantico con tre fumaioli. Per ovviare a ciò con<br />
i bambini si consiglia di utilizzare i sistemi interattivi<br />
a singola immagine e qualora sia possibile evitare<br />
l’uso di simboli. In caso contrario è sicuramente di<br />
aiuto far riferimento ad una tavola comparativa che il<br />
bambino tiene in mano.<br />
Si ringrazia Franco Fanton della Dueffe Tecno Vision per la<br />
concessione delle immagini dei test del MOS www.2ftecnovision.it<br />
Bibliografia<br />
- Irvin Borish “Clinical Refraction”<br />
- Theodore Grosvenor, David A. Goss “Clinical Management of<br />
Miopia” Butterworth Heineann<br />
- G.P. Paliaga “L’esame del Visus” Edizioni Minerva Medica<br />
- Purghè, Stucchi, Oliviero “La percezione Visiva” Utet Università<br />
- Anto Rossetti, Pietro Gheller “Manuale di Optometria e<br />
Contattologia” Zanichelli<br />
- Jerome Rosner, Joy Rosner “Pediatric <strong>Optometry</strong>” second editino<br />
Butterworths<br />
- David Thompson “V a testing in optometria practice 1 e 2”<br />
<strong>Optometry</strong> Today<br />
- Wilkinson Mark E. “A review of low vision Rehabilitation” corso on<br />
line www.opt.pacific.edu<br />
dossier<br />
DOSSIER<br />
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