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Trama e saggio porcaro 6 - Radio Rai

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FRANCESCO LOMBARDI<br />

no due sorelle – portando in dote oltre alla zia due cugine, doppie cugine, l’una cantante:<br />

Maria, e l’altra costumista, scenografa e pittrice: Titina. Il tutto, almeno inizialmente,<br />

concentrato in una grande casa a Milano, conosciuta nell’ambiente artistico<br />

e musicale come La Roteria, dove ogni musicista che si trovasse a passare in<br />

città non mancava di fare almeno una breve visita.<br />

La precoce attitudine di Nino ebbe quindi una ribalta disponibile ed attenta,<br />

anche se non succube, di fronte ai suoi primi passi c’era sempre un qualche componente<br />

della famiglia pronto a rilevarne difetti limiti e discendenze con rimbrotti come:<br />

«ma questo sembra un esercizio di Czerny, quest’altro è una cantilena noiosa e questo<br />

c’entra come i cavoli a merenda».<br />

Nel 1922 l’amico di famiglia Silvio Pagani regalò a Nino un libretto che aveva<br />

espressamente creato per lui. Si trattava di un oratorio intitolato L’infanzia di S.<br />

Giovanni Battista. Lo stesso anno il padre di Rota, Ercole, morì improvvisamente, e in<br />

quella triste estate il compositore, non ancora undicenne, musicò per intero l’oratorio<br />

che, grazie all’interessamento di amici e familiari, trovò pubblica esecuzione a Milano<br />

pochi mesi dopo. Il successo fu tale che L’infanzia di S. Giovanni Battista fu riproposta<br />

nell’autunno del ’23 in Francia, a Tourcöing nel nord del paese. Era nato, come titolò<br />

il New York Times, Il Mozart del ventesimo secolo. La stampa internazionale si era<br />

gettata sul caso del fanciullo prodigio, ingigantendone le gesta e cercando improponibili<br />

confronti con il passato, i fotografi lo seguivano dappertutto terrorizzandolo coi<br />

lampi al magnesio usati a quel tempo. Il soggiorno parigino successivo all’esecuzione di<br />

Tourcöing contribuì alla ulteriore pubblicizzazione del fenomeno.<br />

Al ritorno dalla spedizione francese, di fronte alle decine di richieste per esibizioni<br />

in tutto il mondo, anche la madre si rese conto che la faccenda aveva assunto<br />

proporzioni pericolose. Furono così declinati sistematicamente tutti gli inviti, per<br />

quanto lusinghieri e prestigiosi potessero apparire. L’ammissione, l’anno successivo,<br />

alle severe lezioni di Pizzetti, unite alla regolare frequenza del ginnasio, sembrarono<br />

l’antidoto ideale per lasciare alle spalle una stagione che era bene non si protraesse<br />

oltre. Pizzetti proibì ogni forma di esibizione pubblica. Inoltre pose il veto, come<br />

aveva fatto invano anche Giacomo Orefice, il suo primo insegnante di composizione,<br />

all’attività creativa libera, nel tentativo di restituire una gradualità alla formazione<br />

del fanciullo. In una intervista rilasciata nel 1971 a Leonardo Pinzauti, Rota, omettendo<br />

tutti gli aspetti mondani della vicenda fin qui narrata, cercò di dare conto di<br />

questi suoi precocissimi inizi: 2<br />

Non si meravigli ma se lei mi parla di artigianato non so proprio rispondere; il problema<br />

dell’artigianato – non so nemmeno se debbo dirlo o no – non l’ho mai avuto,<br />

nemmeno da ragazzo. (…)<br />

Io imparai tutto quel che mi serviva ad una scuola di solfeggio che frequentai quando<br />

avevo sette anni. Era una scuola straordinaria, bellissima, che non ho più ritrovato:<br />

la teneva a Milano il maestro Alessandro Perlasca, che aveva inventato una specie<br />

di meccàno musicale, (…) io dopo un anno di lezioni sapevo scrivere tutto quello che<br />

volevo, pur essendo uno scolaro tutt’altro che esemplare, anzi pessimo... Scrissi allora<br />

sinfonie, oratori, riempii quintali di carta da musica, perché il mio divertimento era<br />

quello di far musica... Anzi, cominciai a giocare come tutti gli altri ragazzi soltanto<br />

quando avevo quindici anni (…) Mio fratello [era più giovane di me] mi diceva quan-<br />

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