scontato. "Trito" descrive argomenti e idee abusati e dunque né efficaci né interessanti. Anche "rifritto" suggerisce l'immagine di un argomento riproposto con pretese di originalità ma in realtà logoro, vecchio, inefficace. FUGACE [vc. dotta, lat. fugace(m), da fugere 'fuggire'; 1342] agg. 1 +Che fugge. 2 Che è fuggevole, transitorio, di breve durata: 'la bellezza è un bene fugace'; 'i fugaci beni del mondo'; 'avanzano / ore fugaci e meste' (PARINI). CONTR. Durevole. 3 (bot.) Caduco. || fugaceménte, avv. In modo fuggevole. fugàce agg. breve, caduco, effimero, fuggevole, labile (lett.), momentaneo, passeggero, precario, provvisorio, temporaneo, transitorio, transeunte (lett.) # fallace CONTR. durevole, duraturo, stabile, saldo, costante # lungo, longevo # perenne, permanente, immortale, perpetuo, sempiterno. SFUMATURE fugace - effimero – caduco "Fugace" è ciò che è di breve durata, che passa rapidamente; il termine, di uso letterario, definisce solitamente la natura di beni transitori, come la giovinezza o la felicità. "Effimero" esprime anch'esso un'idea di durata breve, ma è connotato negativamente e descrive cose il cui pregio scade proprio per il loro carattere passeggero. " Caduco", legato etimologicamente a cadere, per cui abbiamo'foglie caduche' o 'denti caduchi', aggiunge ai termini precedenti una sfumatura di fragilità, di inconsistenza.
CONNETTIVI Testo n. 1 Il vecchio Ackey si piazzò in camera mia, tanto per cambiare. Alla fine, comunque, dovetti parlar chiaro e dirgli che dovevo fare un tema per Stradleter, perciò bisognava che sloggiasse perché mi dovevo concentrare. Il guaio era che non mi riusciva di pensare né a una stanza né a una casa né a niente da descrivere, come mi aveva detto di fare Stradetler. Sicché andò a finire che feci un tema sul guantone da baseball di mio fratello Allie. Era un argomento molto descrittivo. Dico davvero Mio fratello Allie, dunque, aveva quel guantone da prenditore, il sinistro. Lui era mancino. La cosa descrittiva di quel guanto, però, era che c’erano scritte delle poesie su tutte le dita e il palmo dappertutto in inchiostro verde. Ce le aveva scritte lui, così aveva qualcosa da leggere quando stava ad aspettare e nessuno batteva. Ora è morto. Gli è venuta la leucemia quando stavamo nel Maine, il 18 luglio 1946. Testo n. 2 Dopo l’accurata analisi di circa ottanta programmi televisivi, si può concludere che essi forniscono rappresentazioni della società più “devianti” che non di conferma del senso comune. Quello che si affaccia dal piccolo schermo durante la normale programmazione non è tuttavia un mondo irreale come può esserlo quello della pubblicità. Se si confronta ad esempio il mondo degli spot pubblicitari, così perfettamente coerente e prevedibile, con quello di un quiz o di un’inchiesta giornalistica, si nota infatti come quest’ultimo sia, al contrario del primo, pieno di ‘strappi’ inquietanti. Le casalinghe sgangherate e intemperanti che formano il pubblico di alcuni spettacoli della fascia diurna sono spesso molto diverse dalle nonnette delle pubblicità, tutte pizzi e chiome argentee, tanto da sembrare uscite anima e corpo dalla candeggina che raccomandano. Si sente dire spesso che la televisione è ormai un unico grande spot pubblicitario. Del resto, è vero che le logiche commerciali hanno totalmente determinato, in un modo o nell’altro, la produzione televisiva. Eppure i modelli sociali creati a tavolino nelle agenzie pubblicitarie stanno all’immagine del sociale fornita dalla TV come il teorema di Pitagora alla lista della spesa. Con questo non si vuole concludere che la TV sia uno specchio della realtà mentre la pubblicità rimane favola, astrazione, modello. È indubbio che la pubblicità lavora su astrazioni di tipo sociologico, compone un quadro comunque corerente e infinitamente meno complesso.Viceversa la programmazione televisiva considerata quasi nella sua totalità, lascia trasparire con chiarezza una massa di incongruenze, di incertezze, di inquietudini del sociale. Benché la persona comune che compare in TV appaia schiacciata dalla formula spettacolare e addirittura espropriata della propria individualità, essa riserva tuttavia non poche sorprese a chi analizza o guarda semplicemente i programmi. Testo n. 3 Dopo il successo dei suoi libri precedenti e, in particolare, dell’ultimo Lettere contro la guerra, un saggio di denuncia e di forte impatto emotivo, Tiziano Terzani torna nuovamente in libreria. Questa volta non con un testo di intervento, di protesta e di proposta, ma con il racconto di un lungo viaggio nel mondo, intrapreso dopo la scoperta di avere un tumore. Un altro giro di giostra è innanzitutto un itinerario alla ricerca di aiuto per la guarigione che ha portato Tiziano Terzani in Paesi e civiltà lontane e diverse; non solo un libro di viaggio, ma anche un cammino lungo i sentieri della ricerca interiore, spirituale e sapienziale. Un libro nel quale riaffiorano i temi da sempre cari al giornalista e scrittore fiorentino: la storia, la globalizzazione, il confronto di civiltà. La rivelazione della malattia, accolta dapprima con stupore misto a incredula indifferenza, in seguito con la frenesia di cure, visite, esami diagnostici e terapie, ha rappresentato per Terzani l’opportunità di compiere una riflessione sul significato dell’esistenza, tanto più intensa e coinvolgente in quanto intima e personale, vissuta sulla propria pelle. Di fronte all’imprevedibilità di un mare incurabile, anche il viaggiatore coraggioso, il cronista avventuroso, l’inviato di guerra sprezzante del pericolo si sente disarmato e vulnerabile, ma non si tira indietro. "Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere – scrive nelle prime pagine – e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso." Il suo percorso di ricerca si snoda sulla scia della medicina tradizionale e alternativa: lo porta dapprima a New York e in un centro della California; segue un lungo girovagare per l’India, compresi tre mesi passati da semplice novizio in un ashram. E poi le Filippine, ancora gli Stati Uniti (a Boston), Hong Kong e la Thailandia. Infine, il ritorno nella quiete della regione himalayana, dove Terzani ha deciso di ritirarsi a vivere per molti mesi dell’anno. Tappa dopo tappa, il viaggio esterno alla ricerca di una cura si trasforma in un viaggio interiore, alla ricerca delle radici divine dell’uomo e alla "scoperta" della "malattia che è di tutti: la mortalità." Questa consapevolezza non significa però arrendersi al male. Al contrario, il libro di Terzani è un invito alla speranza e alla vita, un’esortazione a cercare l’unica cura risolutiva all’interno di se stessi. "La storia di questo viaggio non è la riprova che non c’è medicina contro certi malanni… tutto, compreso il malanno stesso, è servito tantissimo. E’ così che sono stato spinto a rivedere le mie priorità, a riflettere, a cambiare prospettiva e soprattutto a cambiare vita. E questo è ciò che posso consigliare ad altri: cambiare vita per curarsi, cambiare vita per cambiare se stessi."