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lo sviluppo - CRBM

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RDC - Inga<br />

Quando i co<strong>lo</strong>nizzatori belgi,<br />

seguendo il corso del Congo,<br />

arrivarono nel punto dove il<br />

fiume è attraversato da grandi<br />

rapide, è facile immaginare il<br />

misto di stupore e paura che<br />

provarono di fronte a tanta<br />

forza della natura.<br />

La leggenda narra che i co<strong>lo</strong>nizzatori chiesero<br />

alle popolazioni indigene che abitavano la zona<br />

delle rapide, di lingua Kikongo, dove si trovavano.<br />

Gli abitanti, sentendo la domanda in una lingua<br />

sconosciuta, il francese, avrebbero risposto “Inga”,<br />

ovvero “sì?”, non avendo ovviamente capito la<br />

domanda. Il sito venne così battezzato Inga. Era<br />

l’inizio della storia delle dighe di Inga, una serie di<br />

sbarramenti per la generazione di energia elettrica<br />

la cui costruzione iniziò negli anni Settanta e<br />

Ottanta, con la partecipazione di imprese italiane e<br />

di altri paesi europei, arrivate nel cuore dell’Africa<br />

nera per sfruttare l’enorme potenziale del fiume<br />

Congo. Ovvero una quantità enorme di acqua, di<br />

cui i più poveri continuano ad essere depredati.<br />

I progetti furono fallimentari: dei 60 milioni di<br />

abitanti che oggi vivono nel Paese, oltre il 90%<br />

non ha accesso all’elettricità. L’energia prodotta<br />

dalle prime due dighe di Inga viene infatti esportata<br />

e utilizzata dalle multinazionali straniere attive<br />

nell’estrazione mineraria nella Repubblica Democratica<br />

del Congo e nei Paesi confinanti. Costruite<br />

in gran parte con finanziamenti pubblici internazionali,<br />

le dighe di Inga sono il simbo<strong>lo</strong> degli<br />

interessi stranieri in Congo, e dell’enorme debito<br />

estero accumulato in anni di dittatura dell’ex Presidente<br />

Mobutu. Un debito in buona parte illegittimo,<br />

che però la popolazione congolese continua<br />

a pagare.<br />

Gli elefanti bianchi<br />

della cooperazione internazionale<br />

Il fiume Congo è il secondo fiume più grande al<br />

mondo per portata d’acqua (40.000 m3/s), dopo il<br />

Rio delle Amazzoni. Scorre per centinaia di chi<strong>lo</strong>metri<br />

attraversando la linea dell’Equatore, lungo il<br />

territorio della Repubblica Democratica del Congo<br />

(RDC) e con i suoi affluenti costituisce un bacino<br />

idrico di 3,8 milioni di chi<strong>lo</strong>metri quadrati, il secondo<br />

più esteso del Pianeta. Una miniera d’oro<br />

bianco, fonte di vita e risorsa preziosa per l’intero<br />

continente africano.<br />

Le dighe di Inga si trovano nella regione del Bas<br />

Congo, a circa 40 chi<strong>lo</strong>metri da Matadi, il grande<br />

porto situato sulla riva sinistra del fiume Congo tra<br />

la capitale Kinshasa e l’oceano Atlantico. Un punto<br />

dove il fiume Congo disegna una pronunciata<br />

curva a gomito.<br />

Le due centrali di Inga I e Inga II vennero<br />

costruite negli anni Settanta e Ottanta.<br />

La prima, Inga I, è una centrale da 350 MW, entrata<br />

in funzione nel 1972. Inga II, con una potenza<br />

da 1400MW, entrò in funzione dieci anni dopo, nel<br />

1982. L’idea di sfruttare il potenziale energetico<br />

che poteva derivare dalle rapide del fiume Congo,<br />

che proprio in quel sito generano un salto d’acqua<br />

naturale di oltre cento metri, venne già agli amministratori<br />

belgi in piena epoca co<strong>lo</strong>niale.<br />

Di Inga si iniziò a parlare più concretamente tra il<br />

1952 e il 1953, quando l’Istituto nazionale di studi<br />

per <strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong> del bacino del Bas Congo recuperò<br />

le prime valutazioni sulla portata del fiume realizzati<br />

dall’amministrazione co<strong>lo</strong>niale. Uno studio<br />

del 1955 rivela la possibilità di costruire diverse<br />

centrali di dimensioni differenti sul sito di Inga, ma<br />

non riesce ad avere seguito fino al 1963, quando<br />

il progetto venne rilanciato da un’impresa italiana,<br />

la Astaldi. La proposta italiana prevedeva la realizzazione<br />

di un po<strong>lo</strong> industriale <strong>lo</strong>cale, che avrebbe<br />

sfruttato l’energia generata dalle centrali di Inga, e<br />

l’esportazione di energia per generare risorse per<br />

<strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong> del Paese. Così in quegli anni venne<br />

istitutita una società ita<strong>lo</strong>-congolese per <strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong><br />

industriale, la SICAI, che avrebbe dovuto progettare<br />

la prima diga di Inga. Con la salita al potere<br />

di Mobutu Sese Seko nel 1965, vengono presi gli<br />

accordi definitivi per la costruzione della diga e<br />

dell’annessa centrale idroelettrica.<br />

12<br />

Dighe contro <strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong>

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