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lo sviluppo - CRBM

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Interessante notare come si dia sempre preferenza a grandi opere, faraoniche,<br />

costosissime – si pensi alla diga di Inga in Congo, che risulterebbe<br />

almeno il doppio della diga delle Tre Gole in Cina – e non invece ad altre<br />

infrastrutture, più piccole, più rispettose dell’ambiente e vicine ai bisogni<br />

delle comunità <strong>lo</strong>cali. Che senso ha costruire una grande diga nell’Africa<br />

più remota, “concentrando” l’energia prodotta e avendo poi la necessità<br />

di realizzare una costosa rete elettrica di trasmissione e distribuzione,<br />

quando un approccio puntuale e di piccola scala con energie rinnovabili<br />

potrebbe <strong>lo</strong> stesso fornire corrente elettrica per accendere lampade e non<br />

so<strong>lo</strong>?<br />

Eppure oggi la questione del cambiamento climatico sta addirittura contribuendo<br />

a promuovere con più forza le grandi dighe. Le opere idroelettriche,<br />

infatti, sono premiate dai meccanismi del protocol<strong>lo</strong> di Kyoto come<br />

progetti che aiutano a ridurre le emissioni di gas serra e quindi i finanziatori<br />

dei Paesi ricchi obbligati a ridurrre le proprie emissione ricevono dei<br />

permessi ad emettere emissioni se contribuiscono alla realizzazione di<br />

dighe nelle realtà del Sud del mondo che ad oggi non sono vincolati alla<br />

riduzione delle proprie emissioni di gas serra. Il discorso potrebbe avere<br />

senso se si facesse so<strong>lo</strong> un raffronto con progetti di pari potenza a combustibili<br />

fossili, ma purtroppo si dimenticano le emissioni che i bacini creati<br />

dalle dighe producono <strong>lo</strong> stesso in alcune regioni tropicali in seguito<br />

alla sommersione e decomposizione della vegetazione. Così finanziare o<br />

costruire le dighe genera sempre più spesso certificati di emissione, sempre<br />

più importanti per le imprese e i governi occidentali per far quadrare<br />

almeno sulla carta i bilanci delle emissioni di gas serra.<br />

Ma la realtà è spesso <strong>lo</strong>ntana da quella che esperti del clima<br />

e consulenti strapagati promettono.<br />

Si pensi al governo tedesco che quest’anno rischia di sforare la sua strategia<br />

di riduzione delle emissioni addirittura dell’un per cento sul totale<br />

nazionale, perché le mega dighe che ha finanziato in Cina per ottenere i<br />

permessi di emissione stanno funzionando meno e peggio del previsto.<br />

Una <strong>lo</strong>gica perversa, che in nome della salvezza del clima porta a devastare<br />

ambienti <strong>lo</strong>cali in regioni remote del pianeta e a reinsediare centinaia<br />

di migliaia di persone, tra cui numerose popolazioni indigene. Le responsabilità<br />

non sono so<strong>lo</strong> di banche multilaterali e Paesi emergenti, o di<br />

governi ed elite corrotte in alcuni Paesi del Sud del mondo, ma anche dei<br />

Paesi europei, da molti visti paladini dell’aiuto al<strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong> e della <strong>lo</strong>tta<br />

contro i cambiamenti climatici, ma alla fine come gli altri sostenitori del<br />

business delle grandi dighe. I casi di dighe in Africa affrontati in questo<br />

rapporto hanno ricevuto il finanziamento o l’interessamento preliminare<br />

della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), la più grande banca pubblica<br />

al mondo, sconosciuta ancora ai più ma interamente controllata dai<br />

governi europei. Per questi il finanziamento di grandi dighe dall’impatto<br />

Dighe contro <strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong> 5

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