Le biografie d'impresa nel Veneto - Centro Studi Ettore Luccini
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<strong>Le</strong> <strong>biografie</strong> d’impresa <strong>nel</strong> <strong>Veneto</strong> 7<br />
gressi. Ha pesato anche una certa diffidenza della cultura accademica nostrana<br />
verso questo tipo di storiografia. In sostanza, si è obiettato da parte di<br />
taluni, la storia d’impresa non è altro che una microstoria rispetto ai grandi<br />
aggregati statistici normalmente oggetto delle ricostruzioni d’insieme della<br />
storia economica. Che cosa ci può essa permettere di conoscere in più rispetto<br />
a quanto non ci consentano le serie statistiche?<br />
Non è difficile dimostrare che ciò non è vero. Se andiamo a studiare una<br />
grande impresa leader <strong>nel</strong> suo settore, ci accorgiamo, ad esempio, che <strong>nel</strong>le<br />
carte e <strong>nel</strong>l’evoluzione dell’andamento di questa impresa si condensa la<br />
conoscenza dell’intero settore, perché la grande impresa intrattiene rapporti<br />
con tutti, dalle imprese minori alla pubblica amministrazione, allo Stato. Di<br />
conseguenza, entrare <strong>nel</strong> suo archivio significa accedere alla conoscenza<br />
dell’intero settore. Pensiamo solo al caso della Fiat, i cui archivi sono stati<br />
gradatamente organizzati e messi a disposizione degli studiosi <strong>nel</strong>la bellissima<br />
sede della ex Lancia a Torino.<br />
Con ciò arriviamo a quello che può essere considerato quasi il prodromo<br />
della storia d’impresa in Italia, cioè allo studio di Franco Bo<strong>nel</strong>li sulla Terni<br />
uscito <strong>nel</strong> 1975 e intitolato Lo sviluppo di una grande impresa in Italia: la<br />
Terni dal 1884 al 1962, pubblicato per i tipi della Einaudi Per capire questo<br />
libro occorre soffermarsi brevemente sulle politiche industriali che vengono<br />
sviluppate in periodo fascista, quando con il crollo della banca mista il governo<br />
fu costretto (1933) a dar vita all’Istituto di Ricostruzione Industriale<br />
(IRI), che prese in carico tutte le imprese partecipate dalle banche miste.<br />
La storia dell’IRI è conosciuta: doveva essere un ente temporaneo, doveva<br />
cioè risanare le imprese e riportarle sul mercato, ma la grande crisi mondiale<br />
– i cui effetti pesarono seppur in ritardo anche <strong>nel</strong> nostro paese, a<br />
dimostrazione che la globalizzazione dei mercati era già in atto ed è<br />
tutt’altro che cosa recente – non consentì questo esito. Così <strong>nel</strong> 1937 l’IRI<br />
fu trasformato in ente permanente al quale in sostanza lo Stato delegò<br />
l’esecuzione di una parte della politica economica dato che al suo interno si<br />
trovò riunita la più vasta concentrazione di settori produttivi: dalla siderurgia<br />
alla cantieristica, dalla meccanica alla produzione di elettricità, senza<br />
contare le concessionarie telefoniche interregionali e l’intera gamma delle<br />
linee di navigazione transoceaniche, nonché le ex banche miste (Comit,<br />
Credit e Banco di Roma), convenientemente ridenominate “banche di interesse<br />
nazionale” dato il loro capillare irradiamento <strong>nel</strong> territorio.<br />
È in questo contesto che la Terni pervenne allo Stato. Nel 1933, quando ciò<br />
avvenne, essa non rappresentava soltanto l’impresa di punta della siderurgia<br />
italiana, ma le origini stesse della siderurgia italiana, essendo nata <strong>nel</strong> 1884.