www.impattomagazine.it // info@impattomagazine.it // Impatto Magazine: Gli indici statistici. Questa settimana in primo piano: Ritorna il meeting dell'Opec, nasce l'asse Arabia Saudita - Stati Uniti per mettere in difficoltà Russia e Iran? Follow Us on Facebook: https://www.facebook.com/impattomagazine
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Editoriale
N.9 | 2 Dicembre 2014
Novantotto anni
di casi sull’amianto
Arriva la sentenza beffa, Mr. Eternit non dovrà più scontare
diciotto anni e risarcire le famiglie delle migliaia di vittime.
Flavio
Di Fusco
R
isale al 1906 la
prima sentenza,
in materia civile,
che, “in nome
di Sua Maestà
Vittorio Emanuele
III”, dichiarava la pericolosità
dell’amianto.
La questione, promossa dalla
società inglese British Asbestos
Company Limited contro un
giornale piemontese, riguardava
un articolo che parlava dei
problemi di una fabbrica
amiantifera della provincia di
Torino. I giudici respinsero le
richieste della società certificando
che la lavorazione era dannosa
per la salute. L’ultima a riguardo,
invece, risale a poco più di una
settiana fa ed ad esprimersi è
stata proprio la Suprema Corte
di legittimità, la Cassazione;
il magnate svizzero Stephan
Schmidheiny, Mr. Eternit per dirla
in breve, non dovrà più scontare
diciotto anni di reclusione e
risarcire le famiglie delle migliaia
di vittime dell’amianto, e ciò
non perché il fatto non sussista
o non costituisca reato, ma per
intervenuta prescrizione nel caso
specifico di disastro ambientale.
Tremila morti, tremila anime
ammalatesi di mesotelioma
pleurico ed asbestosi, tutte
appartenenti ai paesi di Casale
Monferrato (Alessandria),
Cavagnolo (Torino), Rubiera
(Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).
Nell’Aprile 2013, la Corte d’Appello
di Torino aveva condannato Sir
Eternit e Socio – il barone belga
Louis De Cartier, morto prima
della sentenza, a diciotto anni di
reclusione (due in più rispetto
al verdetto di primo grado) più
risarcimento di cento milioni di
euro (alle novecentotrentadue
parti lese) per disastro doloso.
Da quanto si legge dalla sentenza,
i galantuomini avrebbero
continuato a mantenere operative
le proprie fabbriche pur essendo
a conoscenza dell’alta tossicità
dell’amianto.
Troppo tempo è passato dai fatti e
quindi è stato tutto annullato; non
si sarebbe potuto fare altrimenti,
come spiega lo stesso Iacoviello
(PG) che ha avallato la richiesta di
prescrizione, “contestare il reato
di disastro ambientale è stato un
errore giuridico, perché questo
tipo di accusa non è sostenuta
dal diritto”. A differenza del
reato per il crollo di una casa che
è immediatamente contestabile,
non è giuridicamente possibile
prevedere la permanenza di un
reato che causa morti a distanza di
parecchi decenni.
Il mesotelioma maligno, difatti,
ha un’alta latenza (cioè si
manifesta solo molti anni dopo
l’esposizione all’amianto). La
Cassazione ha stabilito che di
amianto non si muore, o meglio
si muore, ma, poiché l’omicidio
non è imputato contestualmente
all’accusa di disastro ambientale,
il colpevole va assolto. Il processo
del secolo si è concluso con una
sentenza beffa, nessun colpevole.
La parola “Amianto” deriva dal
greco e significa incorruttibile…
d’altronde come la fedina penale
di Patron Eternit.
2
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
il lettore!
Indro Montanelli
stanco della vecchia
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3
I teutonici dopo decenni di egemonia economica in Europa
iniziano ad arrancare e intanto la Bretagna tenta il soprasso.
Ormai è indiscutibile
il ruolo di leader
che la Germania ha
assunto in Europa,
sia dal punto di
vista economico
Marco
Tregua
Editoriale
N.9 | 2 Dicembre 2014
Germania una
leadership a tempo?
sia in ambito politico, ma
questa leadership può essere
incontrastata o ci sono altre
potenze europee pronte a lanciare
il guanto di sfida?
Di certo sono tanti i paesi che
versano in condizioni difficili e
che non hanno come obiettivo
l’assunzione di una posizione di
vertice, bensì puntano a risolvere
rilevanti problemi interni e
a rientrare quanto prima nei
parametri di Maastricht che,
sempre più spesso, sono oggetto
di deroga e testimoniano le forti
condizioni di indebitamento in
cui alcune economie nazionali
versano. I dissesti finanziari di
Grecia, Italia, Spagna e Portogallo
sono sotto gli occhi di tutti e
tra prestiti, debiti e presunte
rivoluzioni nel mondo del lavoro,
le condizioni sembrano ormai
destinate a cambiare molto
lentamente e, forse, molto
difficilmente.
Nello scenario europeo c’è, però,
una nazione solida, con un ricco
patrimonio di risorse naturali
e che non è sempre considerata
nelle analisi di più ampio respiro,
visto che non ha adottato la
moneta unica; si tratta del Regno
Unito, che ancora una volta si
appresta a chiudere l’anno con la
prestigiosa etichetta di economia
europea con la crescita più rapida
tra i maggiori stati. Le previsioni
del 2013 sono state confermate dai
dati registrati nell’anno in corso
e ciò che sottolinea con maggior
forza le buone condizioni di salute
delle casse della terra d’Albione è
l’ammontare del deficit pubblico,
in netto calo per la prima volta
dagli anni della crisi.
Le previsioni, inoltre, sono
particolarmente rosee e
l’economia del Regno Unito si
lancia in corsia di sorpasso a danno
della Germania, operazione che,
secondo autorevoli stime, sembra
potersi realizzare nel 2030, dopo
un sostanziale affiancamento nel
2028. I punti di forza dello scenario
d’oltremanica sono la forza della
moneta, un livello di imposizione
fiscale sopportabile e la crescita
della popolazione, ma soprattutto
il potere d’acquisto delle famiglie,
che riprende a crescere per la
prima volta dal 2009. I dati raccolti
nell’ultimo biennio mostrano,
addirittura, il Regno Unito come
l’economia più forte del mondo
occidentale subito dopo gli
Stati Uniti. Ma chi capitanerà
la corsa al PIL più alto nel 2030?
Beh, sembrano essere pochi i
dubbi: la Cina quadruplicherà il
proprio prodotto interno lordo
nei prossimi 15 anni e, a sua volta,
realizzerà uno storico sorpasso
sugli Stati Uniti, mentre un’altra
“nuova” economia si farà spazio
verso il podio dei paesi più ricchi,
vale a dire l’India, altro esempio
di crescita che prosegue a ritmi
elevati. Queste, ovviamente,
sono previsioni e tra un anno
si potranno già avere alcune
risposte rilevanti.
4
Sommario
N.9 | 2 Dicembre 2014
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Direttore Responsabile
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Responsabile Editoriale
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Economia
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Gennaro Battista
Marco Tregua
Cultura
Liliana Squillacciotti
Giangiacomo Morozzo
Scienze
Claudio Candia
Gastronomia
Eleonora Baluci
Editorialisti
Valerio Varchetta
Traduzioni
Dario Rondanini
Grafica
Ennio Grilletto
Vittoria Fiorito
16
Attimi di
colore
National Geographic ci mostra
la vita come un caleidoscopio.
59.
Venti
anni
La paura e la rinascita
della capitale Kigali a
venti anni dal terribile
genocidio in Ruanda.
15.
43.
Angolo del Libro.
Buio Rosso
Un nuovo romanzo composto
da dieci racconti thriller.
45. L’Immacolata
51.
55.
66.
Viaggio nei cibi tradizionali
italiani dell’8 dicembre,
Stazioni Napoletane.
Linea Uno
Racconto sugli strampalati
ragionamenti in un vagone.
Storie all’interno
di baracche: Plastic
Avventure noir in un futuro
che non riconosce l’umanità.
In attesa sul binario.
Vagone del destino
I dolci e romantici racconti
di una giovane pendolare.
Edito da
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di Napoli con decreto presidenziale
numero 22 del 2 Aprile 2014.
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segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@impattomagazine.it)
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7. 21.
Spettro dell’autismo, un
aquilone che vola.
C’erano una volta i bambini
luna. Ossia lo spettro autistico e
il modo diverso di guardare un
mondo che non esclude.
Fara Williams, il mediano
senza un tetto in cui vivere.
La calciatrice del Liverpool,
pilastro della nazionale
femminile inglese, racconta la
propria vita da senza tetto.
5
Gli
indici
statistici
Quando Andrew Forrest decise di
affrontare il problema della schiavitù,
Bill Gates ebbe gli consigliò di trovare
un modo per quantificarla. Statistica,
croce e delizia delle analisi sulla
contemporaneità.
29.
35. 39. 43.
Ecco il ritorno dell’OPEC.
Scenari in evoluzione.
Massimo Gramellini. Il
coraggio di fare bei sogni.
Home recording, ma è un
arma a doppio taglio?
Non vi sarà nessun taglio alla
produzione del petrolio. Arabia
Saudita e USA si muovono a
discapito di Russia ed Iran.
Massimo Gramellini e la sua
infanzia. Un amore troppo
grande, strappato troppo presto,
da braccia troppo piccole.
Tutti i segreti sul creare musica
direttamente da casa. Esempi
famosi di una pratica artistica
sempre più diffusa e produttiva.
6
Società
N.9 | 2 Dicembre 2014
Un aquilone
che vola
C’erano una volta i bambini luna. Lo
spettro autistico e il modo diverso di
guardare il mondo. Ma sempre con il
coraggio di affermare: “Chi sono io.
Ragazzo autistico”
I bambini - I bambini delle fate
aprono orizzonti e liberano un mondo
racchiuso in uno scrigno. Sta a noi
capire il tesoro racchiuso nello scrigno.
Sta a noi creare una rete per permettere
loro di non cadere ma volare.
Redatto da
Giorgia Mangiapia
7
“Un aquilone che vola forte e
visibile. Se manca l’aria cade”
Spiegaci questa tua frase
“Sono io. È la mia via vita da
ragazzo autistico sicuro che senza
l‘aiuto di tutti, non vive.”
Qualcosa da aggiungere?
“Resistiamo se esistiamo”.
A parlare è Andrea. Un bambino
pesce o un bambino della luna.
Così in passato si preferiva
definire chi sente le cose in modo
diverso, né in meglio né in peggio,
ma con una visione prospettica
diversa della realtà. Come se su
una tavolozza di colori non si
percepissero e vedessero colori
pastello ma colori accesi, vivi e
chiassosi e come se - in un luogo
all’aria aperta - le voci intorno, i
suoni e i rumori fossero amplificati
mentre le immagini restano
sfocate creando confusione e
disadattamento. La difficoltà
principale che s’incontra, nel
tentativo di declinare la composita
e multiforme espressione
eziopatologica dello spettro
autistico, è derivante dal fatto
che esistono diverse chiavi di
lettura e di interpretazione
delle sue forme. Oggi si parla
di ASD. Disturbi dello spettro
autistico caratterizzati da una
compromissione delle relazioni
sociali, da una perseverazione e
da un deficit di comunicazione
e rappresentano un disturbo o
ancor meglio una sindrome – lì
dove con il termine sindrome si
definisce ciò che non si riesce a
catalogare al meglio e ciò che non è
preciso – pervasiva dello sviluppo
con una prevalenza riportata in
stime che va da 1/150 a 1/88. Si
nasce autistici o lo si diventa?
L’autismo rappresenta ancora
oggi un enigma e la sua eziologia è
ancora in gran parte sconosciuta.
Vi è una componente genetica
significativa tra le cause così
come determinanti sono i fattori
ambientali - si pensi alle infezioni
materne, ai deficit immunitari,
all’esposizione in fase neonatale
ad agenti neurotossici– o anche
cause alimentari o ambientali
Da un lato - Melanie Klein
descrisse l’autismo per prima.
Dall’altro - Leo Kanner è stato lo
scopritore della sindrome di Kanner.
8
Società
N.9 | 2 Dicembre 2014
Vedo le parole e non riesco a dirle
Quando un pensiero emoziona, non conta
sia espresso in parole. Ci sono momenti,
in cui un sorriso scatena sensazioni
impossibili da limitare in una parola.
su una base poligenica e di
deprivazione affettiva che
potrebbero rivestire un ruolo
predisponente allo sviluppo
della patologia. Alcune
ricerche hanno investigato
anche sull’assunzione di
zinco, alluminio e di altri
metalli pesanti e di un
serto liquido usato negli
anni passati per iniettare i
vaccini che poteva essere
dannoso, da qui l’allarmismo
dilagante su internet nei
confronti delle vaccinazioni.
I dati epistemologici
nell’ultimo decennio hanno
rilevato un aumento dei
casi di spettro autistico che,
in parte derivante da una
migliore definizione dei
criteri diagnostici e da una
maggiore attenzione alle
patologie neuropsichiatriche
dell’età evolutiva, richiede –
a prescindere dalle
cause di quest’aumento
nell’incidenza - un profondo
processo di riorganizzazione
dei servizi. Partendo da quelli
sanitari per la tempestività
delle diagnosi e la
standardizzazione dei criteri
diagnostici, per la continuità
stessa tra diagnosi e inizio
di un adeguato progetto
terapeutico integrato
precoce.
Vedo le parole e non
riesco a dirle - È sempre
Andrea a parlare attraverso
la comunicazione facilitata.
Andrea emoziona. Per
conoscere le persone, tocca
la loro pancia e l’accarezza.
In un mondo in cui non si
va più d’istinto né di pancia
ma si ragiona e razionalizza,
si costruiscono strategie
e strade spianate, Andrea
scardina tutto. Tocca la
pancia senza preavviso, di
scatto e crea un contatto.
Lui che ha, nella sua
sindrome, difficoltà nel
creare e mantenere rapporti
relazionali prende l’iniziativa
9
ed è estremamente fisico. “Sento
la pancia di persone per conoscere
chi mi sta vicino. Mi presento alle
persone toccandole e sto tranquillo.
Se Andrea non tocca vedo confusione
e ko per Andrea che si agita. Faccio
le prove di controllarmi ogni giorno.
Devo mettere in ordine tante cose
e aspetto finché non resisto più
e sto male. Andrea chiede aiuto a
testa confusa e male sto”. Andrea è
fortunato perché è consapevole della
situazione, lotta contro se stesso,
non invano se riesce a mantenere
alta la consapevolezza, ed ha un
obiettivo: farsi conoscere e far
conoscere quello che erroneamente
definiamo autismo perché solo così
potrà esistere e resistere. Non esiste
l’autismo. Esistono gli autismi
o meglio, per usare il termine
appropriato, esistono i disturbi,
al plurale, dello spettro autistico.
La parola spettro indica proprio
un continuum in cui l’espressione
clinica di tale disturbo si differenzia
attraverso il livello di gravità della
sintomatologia nei due sintomi
principali. L’errore principale sta
nella generalizzazione mentre in
realtà ogni caso è a sé.
Quali sono le forme di autismo?
L’autismo autistico sindrome
di Kanner rappresenta il quadro
psicopatologico più grave tra quelli
che comportano un disturbo dello
sviluppo. Forte è la siderazione
affettiva, l’ossessivo e pregnante
rifiuto di accettare la vicinanza degli
altri, il ritardo dello sviluppo per
il quale il soggetto non raggiunge
lo stadio degli oggetti e ciò genera
ansia, manifesta comportamenti
caratterizzanti di vero terrore se un
oggetto è spostato dal suo posto,
diviene un despota che impone le sue
scelte, sembra quasi non avvertire
il dolore. Esistono anche altre
forme di autismo come l’x-fragile,
la sindrome di Rett, di Angelam,
la sindrome da intolleranza che
rientrano nella sfera genetica
mentre vi è una casistica che è una
risposta allo stress acuto e cronico
e di cui fanno parte le sindromi
ipercinetiche (si compongono di
un’enorme varietà di quadri che
Newton - teorico della gravità,
mostro segni d’autismo in vita.
Einstein - Autistico secondo molti
studiosi, teorizzò la relatività.
10
Società
N.9 | 2 Dicembre 2014
La conoscenza
Un mondo chiuso in uno
sguardo. Un mondo da scoprire
attraverso i sensi e la tecnologia.
Lì dove una logica sembra non
esserci, si trova un universo
parallelo di significati.
vanno da una normale
irrequietezza sino a
raggiungere forme
gravi come l’autismo
ipercinetico), i disturbi
della personalità
(tra le diverse forme
classificatorie vanno a
collocarsi quelle derivanti
da psicopatologia da
atteggiamento iperrazionale,
quelli derivanti
dalla sindrome da deficit
di sviluppo psicomentale
e la più diffusa
sindrome di Asperger-
Bordeline. I casi ad alto
funzionamento, per
intenderci), il ritardo
dello sviluppo psicomentale.
I bambini
che rientrano nello
spettro autistico non
seguono i modelli
tipici dello sviluppo
infantile e la pervasività
della sintomatologia
determina condizioni di
disabilità, con limitazioni
gravi nell’autonomia.
In comorbilità con altre
patologie psichiatriche e
comportamenti alimentari
atipici presentano spesso
problemi comportamentali
come aggressività.
Incontinenza emotiva,
ritardo dello sviluppo
mentale, riduzione
massiccia degli interessi
sociali, compromissione
del linguaggio sono
alcune delle conseguenze
dei diversi disturbi che
si presentano in ogni
soggetto a livello diversi.
E di nuovo ritornano le
parole di Andrea: “Sono
un uomo imprigionato
nei pensieri di libertà”.
Per spezzare le catene
della prigione da cui
Andrea vuole uscire,
contro qualsiasi profilo
clinico, Franco prende
suo figlio Andrea e parte
per un viaggio senza
schemi. Senza bussola
e senza coordinate.
Una mossa azzardata e
pericolosa che avrebbe
potuto provocare
ulteriori danni in un
soggetto che, per la sua
sindrome, avrebbe
potuto dare risposte di
disagio e di malessere di
fronte ai cambiamenti
repentini e che avrebbe
potuto scatenare crisi di
rabbia verso sé o gli altri
a causa delle stereotipie
e della ripetitività dei
gesti che la patologia
porta a sviluppare. Un
viaggio in America in
moto per tre mesi e per
chilometri dagli Stati
Uniti al Centro e Sud
America. Si è trattato
dell’esperimento di un
padre che ha rischiato.
Un padre che ha voluto
dimostrare di prendere
“di pancia” una realtà
che ti cambia la vita.
Te la stravolge. “O mi
metto a piangere tutta
la vita o mi abbatto e
butto giù – com’è facile
che succeda perché è un
dramma molto grosso
questo dell’autismo
quando entra nelle
famiglie – oppure decidi
che non deve essere così.
Decidi che devi metterci
l’energia, la positività,
decidi soprattutto che è
tuo figlio che a due anni
e mezzo si trova a vivere
una vita probabilmente
in salita rispetto a tutti
gli altri”. Da qui il
viaggio. Le emozioni.
Un viaggio per perdersi
e ritrovarsi. Un viaggio
raccontato in un libro
ormai ben conosciuto
Se ti abbraccio non
aver paura. Un viaggio
per far conoscere una
11
Tangram - Giochi per comunicare.
Forme per costruire. Tangram e
costruzioni per creare e riordinare.
Come tanti piccoli tasselli messi in
equilibrio nella mente.
Dalla nascita - Il diritto ad una
vita che gli offra la possibilità di
esprimere e potenziare le proprie
intelligenze.Un diritto dell’uno e del
ciascuno. Un diritto da garantire.
realtà. La realtà di chi ha
un mondo chiuso in uno
scrigno. Franco Antonello
ha fondato l’Associazione “I
bambini delle fate” affinché
ci si apra ad un’educazione
sociale. Affinché si crei nel
quotidiano una rete fatta di
piccoli gesti che possono
aprire orizzonti, segnare
un cammino e liberare un
mondo racchiuso in uno
scrigno. Nell’intervista al
Professor Silvio Campi –
Fondatore dell’Associazione
di Ricerca - Intervento in
Età evolutiva e Psicologo
dirigente presso l’ASL RM
A di Roma – si è parlato
proprio delle tecniche
comportamentistiche che
si basano sull’insegnare
all’ambiente ad adattarsi
al soggetto son sindrome
da disturbo dello spettro
autistico perché “l’autismo
è un enorme bisogno.
S’insegna a convivere.
S’insegna a lavarsi, a vestirsi
e questo è tantissimo per chi
non riesce a convivere con
un figlio autistico”. Creare
un sostegno e una rete per
sostenere e supportare
affinché vi sia una riduzione
del danno. E se prima
non c’erano tutte queste
tecniche così strutturate
in realtà chi lavora con
empatia e coscienza le
strade, per una riduzione
del danno, se le apriva
e spianava. Il professor
Campi ricorda: “Ho seguito
un bimbo autistico negli
anni ’80. È diventato
Campione di Maratona
nelle Paraolimpiadi.
Correva come un matto.
Non parlava ma correva”.
La sua esperienza insegna
che poter lavorare con
bambini che la società
ritiene “diversi” arricchisce
e apre nuove prospettive.
Il problema, sottolinea
Campi, è che ci si occupa
12
Attualità Società
N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre 2014
Alfred Hitchcock - famoso
regista horror, fu affetto durante
la vita dalla Sindrome di Kanner.
Charles Schulz - fumettista
e creatore dei Peanuts, in
vita fu anche esso autistico.
Il percorso è
illuminato ed
io viaggio dalla
parte di coloro
che sono
venuti molto
prima di me, e
sarà brillante
per coloro che
mi seguono.
“
Hans Asperger
teorico della Sindrome
dei bambini autistici ma
“un adulto autistico che
fine fa?”. “ Se si tratta di un
autistico grave diviene un
adulto psicotico e il destino
è psichiatrico perché in quel
caso non vi è altra via. Se si
tratta di una forma leggera di
autismo la via d’inserimento
è possibile. Ciò che nel
bambino era una patologia
nell’adulto può divenire un
carattere. Adulti caratteriali e
tutti i caratteri hanno motivi
di esistere”. L’importante è
agire e fare, accogliendo senza
generalizzare per costruire
dei percorsi appropriati della
presa in carico delle persone
con autismo. Alla stessa
maniera, Franco Antonello:
“C’è chi dice che vivere con
un figlio autistico significa
sottostare a una specie di
tirannia. Mi viene da ridere al
pensiero di cosa accadrebbe
al mondo se cadesse sotto il
controllo di Andrea. Per prima
cosa le settimane avrebbero
un colore. Nella settimana del
rosso via libera al commercio
di carote, arance, pomodori.
Sovvenzioni solo a questi
produttori e blocco totale alla
circolazione di camion con
broccoli, verze e piselli. Ma
quando arriva la settimana
verde i negozi si riempiono
delle verdure prima vietate,
le casse d’arance vengono
13
Andy Warol - fotografo e artista,
è un esempio della teorizzata
unione tra autismo e genialità.
Woody Allen - Cinque volte
premio Oscar, l’umorista di
New York ha la Kanner.
“
“
Credetemi
ma per avere
successo
nella scienza
e nell’arte
un pizzico
di autismo
è davvero
essenziale.
Marine Hans Asperger Le Pen
Europarlamentare
pediatra austiaco
immediatamente rispedite
in Sicilia e le carote infilate,
una a una, nel terreno.
Naturalmente nel punto
esatto da cui erano state tolte,
che non si possono mica
mettere carote provenienti
dalla Francia su terra
ferrarese. Non ci sarebbe
mai una settimana viola,
peccato per i fan di prugne
e melanzane.” Un mondo
visto con occhi diversi spesso
incapaci di metterlo in parole
ma che, forse, come in uno
scrigno ne percepiscono
maggiori sfumature più
intense e più pure. Andrea
così scrive: “Ragazzo autistico
sono io con povere risorse ma
consapevole di essere forte
adolescente, paure come
tutti i miei compagni ho di
diventare vero adulto con
intelligente cuore, voglio
vita piena di lunghi pensieri
per altri indifesi amici, unico
scopo servire con tanti sogni
per aiutare gente che bisogno
doloroso ha. Tantissimo ho da
dare. Dico sono tanto diverso
con figura fuori uguale agli
altri, dentro giostra di colori
ho. Niente di stonato universo
con pianeti da scoprire ho
nel mio diverso cervello di
ragazzo che lotta per crescere
migliore”. Un aquilone di
colori che vibra nell’aria della
vita.
14
Attualità
N.9 | 2 Dicembre 2014
paura e rinascita
kigali
venti anni dopo la
strage
Redatto da
Valerio Varchetta
Ad un ragazzo di 20
anni o meno, che oggi
inizia l’università o sta
per terminare la scuola,
con ogni probabilità il
nome Ruanda non dirà
molto. Sarà uno dei
tanti Paesi dell’Africa,
poveri, con numerosi
contrasti sociali,
con una democrazia
precaria, al pari di tanti
altri. Dire Ruanda,
Burundi o Repubblica
Centrafricana vorrà dire
quasi la stessa cosa.
Per chi invece ha solo
pochi anni in più e,
nell’estate del 1994, era
anche solo un ragazzino,
questa parola, questo
nome è associato ad
uno dei più spaventosi
eventi della storia
recente: il genocidio
tra Hutu e Tutsi.
La tragedia tra
l’indifferenza del Mondo
Nel 1994, tra le notizie
che arrivavano dai
Balcani e l’attesa per i
Mondiali di calcio negli
Stati Uniti, irruppero
le notizie provenienti
dall’Africa, e dal
Ruanda in particolare,
sul massacro che si
stava svolgendo in quel
Paese, e che in tre mesi
causò tra gli 800’000
e il milione di morti,
frutto di una lotta tra
i due gruppi etnici del
Paese. Gruppi etnici,
quello hutu e quello
tutsi, la cui effettiva
differenza è ancora
oggetto di dibattito tra
gli antropologi ed è
comunque un derivato
del colonialismo belga
in quelle zone, che ha
15
creato quasi a tavolino una
divisione tra i gruppi che ha
avuto ripercussioni a livello
sociale durante e dopo il periodo
coloniale, alimentando odio
e rivalità pronte ad esplodere
da un momento all’altro.
Con l’indipendenza del 1962,
il Paese, ritrovatosi con una
classe dirigente di etnia hutu, è
stato teatro di numerosi scontri
di natura etnica, preludio allo
scoppio della violenza più
brutale seguito alla morte in un
incidente aereo del presidente
Juvénal
Habyarimana,
favorevole ad un’apertura nei
confronti dei Tutsi. “Tagliate
gli alberi alti”, fu il segnale
alle milizie hutu di iniziare il
massacro, compiuto con ogni
mezzo; per i meno fortunati la
morte arrivò a colpi di machete,
più economici delle pistole per
i militari. A facilitare il tutto ci
fu l’uso delle carte d’identità
ereditate dai Belgi, dove era
riportata l’etnia: facilmente, da
una richiesta di un documento
da parte di un militare,
dipendeva la vita o la morte a
Quando la gente,
cari telespettatori,
mi chiede “perché
odi i Tutsi?” io
rispondo: “leggete
la nostra storia”,
i Tutsi erano
collaboratori
dei coloni belgi,
avevano preso le
nostre terre e ci
avevano presi a
frustate.
“
Hotel Rwanda
George Rutagunda
introduzione del film
16
“
Non sia
stupido
generale! A
chi vuole che
creda la gente!
Se ne sta lì con
le sue cinque
stellette sul
petto.
Rusesabagina
Hotel Rwanda
seconda di cosa ci fosse scritto.
In quei 100 giorni, al ritmo di
quasi 10’000 vite umane uccise al
minuto, si consumarono massacri
tra i peggiori della storia senza
che il Mondo intero prendesse
posizione o si muovesse per tempo
per evitare gli sviluppi peggiori
della crisi ruandese, in particolare
mancò un intervento deciso degli
Stati Uniti, ancora scottati dagli
eventi accaduti in Somalia l’anno
La pietra
Una parete. La
forza sprigionata
dalla pietra. La
stessa forza delle
mani di una
donna. Unite,
ferme. Stabili
e concrete. In
un’armonia di
colori peculiari
della sua
tradizione, uno
sguardo di difesa
e di stanca
rassegnazione.
prima, mentre fu molto
ambiguo il ruolo della
Francia, accusata da più
parti di sostenere gli Hutu
responsabili dei massacri.
Dopo il massacro
Le violenze cessarono
nel luglio del 1994 con
la vittoria dei Tutsi,
consegnando il potere
in mano a Paul Kagame,
attuale Presidente del
Ruanda. Il Paese vive
ora in un delicatissimo
equilibrio, tra la paura
di una nuova esplosione
di violenza e il governo
di Kagame, autoritario
e antidemocratico
come molti in
quell’area del Mondo.
Quella ruandese, però, è
una situazione politica
figlia di quanto accaduto
20 anni fa, dove sembra
necessaria una mano
forte come quella di
Kagame per evitare
un nuovo massacro; il
Presidente, di etnia Tutsi,
sa bene che in caso di
elezioni democratiche,
da lui sempre osteggiate,
rischierebbe di perdere
perché si ritroverebbe
contro la maggioranza dei
voti hutu. Per mantenere
il potere, quindi, utilizza
un certo autoritarismo
senza risparmiare
alcun mezzo, compreso
l’assassinio di oppositori
Dignità e riservatezza
Terra d’Africa da cui nasce il mal
d’Africa. Quel richiamo al fascino
di una terra che in sé ha il tutto e il
niente. La dignità di chi la abita nel
silenzio della riservatezza.
17
Un incontro e un’unione - due
mani che si stringono. Gli abiti
della festa immortalano un
momento di opaca serietà.
Tra l’erba alta - in un luogo
ancora incontaminato si
sprigiona la sensualità di un
corpo ribelle, finalmente liberato.
Dai tempi
dell’Olocausto, il
mondo ha fallito
più Con di l’Europa una volta
nel non prevenire si afferma
o un’idea porre fine di
a pace, dei tragici ma di
genocidi, guerra: paesi ne
sono l’un contro esempio
Cambogia, l’altro armati.
Ruanda e
Jugoslavia.
“
“
Kofi Annan
Diplomatico ghanese
politici. Un capo di Stato
che quindi si macchia del
sangue di chi vi si oppone,
ma senza che si prenda
posizione nei suoi confronti,
perché si rischierebbe di far
ripiombare il Paese nella
violenza e nell’anarchia,
suscitando il terrore
in quella parte della
popolazione che ha vissuto
in prima persona i tragici
fatti del 1994 e che si trova
davanti l’incubo che possa
ricominciare tutto daccapo.
Una presa di posizione della
comunità internazionale,
tra l’altro, dopo i silenzi che
furono il principale complice
del dilagare delle violenze
risulterebbe ormai fuori
luogo e indebolirebbe molto
la posizione di Kagame con
il serio rischio di prestare
il fianco alle frange più
estreme dell’opposizione.
La voglia di rinascita
Dietro a questa situazione c’è
quindi la voglia di un Paese di
lasciarsi il passato alle spalle
e di ripartire. Il Presidente
ha spesso dichiarato di
avere come modello quello
di Singapore, ora come ora
lontanissimo, nonostante
uno sviluppo economico
importante negli ultimi 10
anni. Le ferite però sono
ancora aperte in un Paese
dimenticato dal Mondo
18
Attualità
N.9 | 2 Dicembre 2014
Paul Kagame - Fondatore del partito
Rwandan Patriotic Front, è noto
soprattutto per l’importante ruolo svolto
nella conclusione del genocidio ruandese
del 1994 e nella seconda guerra del Congo.
mentre vi si consumava la
tragedia più immane della
sua storia, che quindi accetta
la situazione politica attuale
ben sapendo che la strada
di una definitiva rinascita
è difficile. D’altronde, il
Ruanda è stato abbandonato
a lungo ed è di nuovo
tornato nel dimenticatoio
delle preoccupazioni
internazionali, forse
perché lontano da
giacimenti di gas o petrolio.
In quest’ottica rientra anche
il j’accuse di Kagame alla
Francia e al Belgio nelle
celebrazioni in ricordo del
ventennale della strage, a cui
i due Paesi non hanno potuto
inviare delegazioni perché
non invitati a causa delle
loro antiche responsabilità:
quelle coloniali del Belgio,
che hanno posto le basi per un
odio etnico che non avrebbe
avuto alcuna ragion d’essere
e quelle francesi, i quali, oltre
a sostenere in modo ambiguo
i responsabili, ospitano
ancora alcuni di essi, che
vivono tranquillamente
in Francia. La reazione
di un Capo dello Stato
autoritario e sanguinario, al
contempo accettato e non
particolarmente osteggiato
dalla popolazione che vuole
voltare pagina, è la fotografia
di uno Stato ancora ferito,
che si è visto lasciato a se
stesso mentre affogava nel
sangue e che faticosamente
vuole emergere da un
passato oscuro, da un
presente difficile e precario,
e protrarsi verso un futuro
migliore, nonostante resti
uno dei Paesi più poveri
del Mondo. Un Paese che
forse non è ancora in grado
di camminare da solo, ma
non ha alternative per non
ripiombare nel baratro.
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21
Storie
N.9 | 2 Dicembre 2014
La favola
di Fara
Gladiatrice a centrocampo e nella vita.
Fara Williams, icona del calcio femminile
d’oltremanica, svela il suo tragico passato
da vagabonda in una intervista al Guardian.
Redatto da
Dario Rondanini
Quando Fara Williams abbassa
lo sguardo e inizia a piangere,
è come se si aprisse una
piccola porta sul suo passato:
ricordi pronti a liberarsi
immediatamente dal suo
corpo. E, allora, gli occhi di Fara
iniziano a parlare. Iniziano a
raccontare la favola dell’atleta
con il maggior numero di
presenze nella nazionale di
calcio femminile inglese, che
per anni ha dovuto combattere
con lo spettro di non avere una
casa in cui dormire. Gli occhi
di Fara parlano, le lacrime
scendono, rigando il viso di una
guerriera che ha combattuto
tante battaglie, sia dentro
che fuori dal campo da gioco.
Una forza di spirito, esternata
senza remore, in una recente
intervista al prestigioso
quotidiano britannico The
Guardian.
Ma chi è Fara Williams? - Fara
Williams, oltremanica è
sinonimo di calcio femminile.
Classe ‘84, l’atleta trentenne,
durante la sua carriera ha
totalizzato centotrenta
presenze con la rappresentativa
inglese, cinque con la
compagine della Gran Bretagna
e grazie al suo aiuto, nelle due
ultime (sebbene complicate)
stagioni, la squadra femminile
di Liverpool ha centrato
consecutivamente l’obiettivo
scudetto. Il 23 novembre la
Williams ha giocato per la sua
nazionale contro la Germania,
dimostrando quanto il calcio
femminile sia cresciuto di
popolarità negli ultimi anni.
Il primo match tra squadre
femminili che si è disputato
nel nuovo stadio a Wembley,
infatti, ha visto un’affluenza
notevole. Oltre 55.000 i
tagliandi venduti a fronte dei
soli 40.000 che ha realizzato
la Nazionale maschile per
l’incontro con la Norvegia.
Un picco di vendite che, tra
l’altro, è stato limitato dalle
autorità competenti per via
del problema dei trasporti.
La vita di Fara, però, è stata
molto più combattuta e dura
dei suoi contrasti da mediano
a centrocampo. La Williams,
difatti, è stata una senzatetto
per oltre sette anni, giocando
per la nazionale inglese mentre
passava da un rifugio notturno
all’altro nei sobborghi di
22
Storie
N.9 | 2 Dicembre 2014
Fara Williams
allenamento in Nazionale.
Londra. Due vite parallele,
che la tesserata dell’FC
Liverpool, è riuscita a
tenere separate per molti
anni, bugie su bugie
che, per orgoglio e per
vergogna, hanno portato
ben pochi a conoscere la
vera situazione economia
e sociale di Fara, tanto che,
anche molte compagne di
squadra, prima della sua
intervista al The Guardian,
ignoravano che la ex
Everton per molto tempo
avesse vissuto per strada.
Le barriere della
disperazione - La ragazza
si mostra calma davanti
ai giornalisti quando ha
raccontato di come una
disputa familiare l’abbia
costretta al vagabondaggio
e ad interrompere ogni
rapporto con la madre per
nove anni.
Fara inizia a piangere
proprio parlando, con
estrema chiarezza, di lei:
“È una donna brillante”
dice di sua madre Tanya,
con la quale si è da poco
ricongiunta. “È stata
graziosa. Sa, con il tempo,
ci si accorge che la vita è
breve. Non abbiamo molto
tempo in questo mondo,
quindi ho deciso di voler
stare di nuovo con lei.
Non abbiamo mai parlato
di quello che è successo
tra noi, ma per me la
cosa fondamentale è che
mia madre è stata la mia
eroina durante la crescita”.
Queste parole provenienti
dal profondo del cuore
hanno fatto rompere la
diga che si era creata tra di
loro.
“Quando andavo per gli
ostelli, non legavo con le
persone. Restavo sempre
sulle mie, avevo innalzato
una barriera. Non sorridevo
mai, e sicuramente
sembravo incutere timore
agli altri. Ogni volta che
quella barriera era in piedi,
sembrava che fossi troppo
dura per lasciarmi andare al
pianto. Me ne accorgo ora,
quando mi confronto con
le ragazze che condividono
il mio stesso passato.
Erigono la stessa barriera,
ma la cosa importante è
trattarle come persone
normali e non guardarle
dall’alto in basso. Io sono
stata fortunata ad avere
la possibilità di giocare
a calcio. Molte ragazze
vagabonde non hanno la
stessa speranza. Molte
pensano che se otterranno
abbastanza soldi con
l’elemosina, useranno quei
soldi per comprare alcol
e droga o per superare la
giornata. E se non tocca
a loro stare in strada a
chiedere l’elemosina, ma
ad un altro del gruppo,
useranno i soldi ottenuti da
quest’ultimo per realizzare
gli stessi propositi. È
un circolo vizioso.”
Il coraggio nella parola
calcio - Fara, invece, non
ha mai perso la speranza:
“Il calcio non me lo ha
mai permesso. Ho sempre
avuto la fermezza di credere
di essere brava in qualcosa.
È una gran cosa averlo lì
nei momenti in cui pensi
che tutto sommato non
ti è rimasto nulla”. Fara
ricorda di essere cresciuta
in una tenuta di Battersea:
“Non è mai stato facile per
mia madre.”, prosegue
“eravamo quattro figli,
ed avevamo un solo
genitore. Mi ha sempre
sostenuto al meglio delle
sue possibilità, ma è stato
davvero difficile comprare
i primi scarpini da calcio.
23
Calcio femminile - è in rapida
ascesa negli sport d’oltremanica.
Ero quella che le stava più
vicina. Ero molto protettiva
nei suoi confronti, e anche
quando eravamo lontane
pensavo a lei ogni giorno,
e sono sicura che anche lei
abbia fatto lo stesso.”
Durante la sua infanzia,
ci furono problemi tra il
padre naturale e il patrigno
e, quindi, Fara fu allevata
per un po’ dai nonni. Alla
fine, però, tornò a casa con
la madre e con una zia. Un
periodo burrascoso che si
chiuse con l’inizio del suo
vagabondaggio. “Molti
dei bambini della tenuta
amavano mia madre e lei
si prendeva cura di loro.
È sempre stato tipico di
mia mamma, ed anche
con la zia c’era questo
forte ascendente, ma
ciononostante io e mia zia
non andavamo per nulla
d’accordo. Un giorno, lei
mi urlò di andarmene, ed
io lo feci. Avevo 17 anni e
pensai che sarebbe andato
tutto bene, ma fin quando
non compi un passo del
genere, non ti accorgi mai
di quanto sia difficile. Fu un
duro colpo per me, ma non lo
dissi a nessuno, e non volevo
tornare. La vedevo come una
debolezza e non volevo che
pensassero di aver vinto”. I
suoi ricordi continuano come
un fiume in piena: “Avevo
un po’ paura in strada. La
prima notte in cui camminai
tra i vagabondi, ebbi molto
timore per la mia vita e il mio
futuro. Avevo un mio punto
di vista sul vagabondaggio,
come chiunque altro, del
resto. Vedevo questo e
quell’altro vagabondo venire
verso di me e pensavo:
“Miseriaccia, ho paura. È
pazzo, è pazzo”. Vedevo
gente con i bastoni ed anche
quelli che non lo avevano
sembravano dei matti. Mi
sentivo terrorizzata”. Tanto
che per proteggersi, Fara
inventò un metodo surreale:
“Mi ero abituata a girarmi
mentre camminavo. Facevo
100 metri e mi giravo.
Sembravo pazza io stessa. Un
ragazzo però, mi disse che
i vagabondi si comportano
come matti proprio per far sì
che la gente non si avvicini a
loro. Fanno dei versacci per
spaventarti, ma la realtà è
che loro hanno più paura di
te. Se non ci parli, certe cose
non puoi capirle. Cominciai
anche io a fare i versacci
quando un gruppo di persone
mi si avvicinava, per far
credere di essere più pazza
di loro. La cosa peggiore del
vagabondaggio è che la gente
ti giudica senza conoscere
la tua storia. Per me è stata
la cosa più difficile, a volte
accade e basta. Puoi perdere
il lavoro, così come la
famiglia”.
24
Storie
N.9 | 2 Dicembre 2014
Gioco di squadra - La
Williams ha sempre tenuto
nascosti i suoi problemi alle
compagne di squadra e, in
effetti, la verità è venuta
a galla solo quando Hope
Powell - sua allenatrice
della nazionale inglese
per molto tempo - scoprì
il suo stato di senza tetto
poco dopo che la giovane
calciatrice aveva lasciato
la sua casa. “Avevamo un
raduno dell’under 19 ed
alla fine del viaggio, Hope
mi vide gironzolare senza
meta. Mi chiese dove stessi
andando e davanti alla mia
indecisione, lei stessa decise
di portarmi alla stazione
di King’s Cross, dove c’è il
supporto per i vagabondi.
Da sola non avrei mai avuto
il coraggio di andarci. Hope
era molto accomodante.
Sua madre era una badante,
quindi lei mi capiva. Mi
spinse a raggiungere gli
ostelli, era come una madre
per me. Quando mi stabilii
nel rifugio, mi portò un sacco
a pelo. Detto così sembra
patetico, ma quando sei su
un letto duro, con lenzuola
che appartengono ad altra
gente, è un gesto che vale
molto”.
Poi, nel 2001, Fara debutta
con la nazionale inglese a
livello internazionale. Aveva
solo 17 anni e si era trasferita
in un ostello a Victoria. “Era
dall’altra parte del ponte di
Buttersea. Incontrai per caso
una mia vecchia compagna
di squadra al Chelsea, che
mi chiese cosa stessi facendo
da quelle parti. Io le dissi
tutto e lei fu molto gentile,
portandomi anche a casa
sua per un bagno caldo.
All’inizio, però, non volevo
dirlo a nessuno”.
Quando però le viene
chiesto il momento esatto
in cui ha rivelato di essere
una vagabonda alle sue
compagne di squadra, Fara
risponde di non ricordarlo
con esattezza. “Giocavo gli
Europei del 2005 ed entravo
e uscivo continuamente
degli ostelli. Forse solo
Kelly Smith (la più grande
calciatrice inglese della
storia) ne era a conoscenza.
Anche lei aveva i suoi
problemi e vedeva il suo
avvocato nel vicolo accanto
al mio ostello. La incontrai
in uno Strabucks e le chiesi
cosa stesse facendo lì. Lei mi
disse che stava consultandosi
con il suo avvocato. Kelly
gioca in modo fantastico e
non so come faccia. È una
Kelly Smith - è considerata da
molti la più grande calciatrice.
persona molto umile, ci ho
anche passato del tempo in
stanza insieme. È anche la
persona più divertente della
squadra”.
Ma quando è finita la
Williams vagabonda? “Sono
arrivata qui a Liverpool, per
giocare nell’Everton. Mo
Murley (l’allora allenatrice),
mi ha aiutata moltissimo. In
genere mi pagava i viaggi da
Londra, ma poi fu lei stessa
a trovarmi un lavoro. Disse
che sarei stata una grande
aggiunta al novero dei coach
della FA (l’equivalente
inglese della FIGC) e quindi
devo tutto a lei e alle mie
compagne di squadra
25
all’Everton, come Amy
Kane, che mi ha tenuta a
casa sua e mi ha aiutata
ad ambientarmi”.
Fuori da Londra, Fara
ha iniziato a vivere una
vita convenzionale,
ma la mancanza della
madre le ha fatto riaprire
vecchie ferite: “La cosa
incredibile è che non
abbiamo parlato per
nove anni. La vidi solo
una volta, al funerale
di mio nonno. Ci
incrociammo, ma senza
dire nulla. Io e mia madre
siamo entrambe molto
testarde”.
Il cammino con la
nazionale - Quando
nel 2009, l’Inghilterra
arrivò in finale nel
Campionato Europeo, la
giovane calciatrice era
il già il nucleo centrale
dell’intera squadra
Fara - in una azione con la
maglia 10 dell’Inghilterra.
“
Quando sei un
ragazzino e usi la tua
immaginazione, ti vedi
fare goal a Wembley
con 100.000 tifosi che
urlano il tuo nome.
Non pensi a tutto ciò
che ti toccherà prima
di quel momento.
George Best
nonostante dentro di
sé fosse impegnata in
dura battaglia personale.
Memorabile l’esultanza
con il cuore (fatto di
dita) dopo il gol con
l’Italia. Un segnale che
la madre interpretò
come una richiesta di
riconciliazione. Così
rintracciò il numero di
Fara attraverso alcune sue
amiche di Londra: “Mi
arrivò un messaggio sul
cellulare. Lessi che era da
parte di mia madre e lo
cancellai senza leggerlo.
Fu la prima volta che
provò a contattarmi. In
seguito, poi, mi pentii di
non averlo letto e di non
aver tenuto il numero.
Ricordo solo che piansi sul
mio letto”.
Due anni dopo, invece,
durante un incontro
per le qualificazioni alla
Coppa del Mondo contro
la Svizzera, nel 2011, Farà
segnò al cinquantesimo
minuto esatto. Un
messaggio temporale
eloquente per la madre
che da sempre è dedita alla
lettura dei tarocchi.“Ci
qualificammo ai mondiali,
eravamo in hotel e le
ragazze stavano bevendo.
Mi arrivò un messaggio di
mia madre e salii in stanza
a leggerlo. Diceva: “Grazie
per il gol e per l’esultanza”,
per poi continuare dicendo
che io avevo segnato al
minuto numero 50 e che
lei avrebbe compiuto
cinquant’anni due giorni
dopo. Piansi a dirotto”.
“Quando ci incontrammo
fu molto naturale, come se
non ci fossimo mai divise.
La cosa brutta fu solo
doversi salutare e ritornare
di nuovo sulla propria
strada. Sapevo che sarebbe
passato altro tempo prima
di rivederla. Purtroppo la
distanza geografica era
aumentata, io vivevo già a
Liverpool, ma il mio cuore
era pieno di gioia sapendo
che lei aveva iniziato a
seguire il calcio solo per
me”.
Fara nell’incontro dello
scorso 23 novembre, perso
3 – 0 contro la Germania,
ha realizzato 136 presenze.
“Il pubblico l’ha resa
un occasione speciale,
soprattutto per il fatto di
essere a Wembley e per
giocatore contro la migliore
rappresentativa femminile
del mondo”. Un’ospite
speciale tra gli spettatori,
Steven Gerrar - è il
mito di Fara Williams.
26
Storie
N.9 | 2 Dicembre 2014
Reds - La squadra femminile dell’FC
Liverpool ha conquistato per il secondo
anno consecutivo lo scudetto. Quest’anno
il titolo è arrivato all’ultima giornata
soffiandolo agli avversari del Chelsea.
la madre di Fara, che ancora
ha seguito la figlia ritrovata
con grande orgoglio e amore.
La Williams, in cuor suo,
crede di essere l’equivalente
femminile di Steven Gerrard:
“Mi sento come lui perché
gioco a centrocampo e
faccio dei lunghi passaggi
in diagonale, ma non sono
al suo livello. Lui è un
guerriero.”
Dopo tante peripezie,
dunque, l’incredibile vita di
Fara sembra aver raggiunto
un equilibrio. Dopo essersi
ritrovata con sua madre,
infatti, la centrocampista,
lo scorso mese, ha anche
ottenuto un ulteriore titolo,
soffiando con il suo Liverpool
il titolo al Chelsea. All’ultimo
turno di campionato, il
Liverpool era al terzo posto
con tre punti di svantaggio
rispetto al Chelsea; ma dopo
la vittoria della squadra del
Merseyside contro Bristol
Academy, condita tra
l’altro da un gol di Fara, e la
sconfitta dei rivali londinesi,
il Liverpool si è laureato
campione d’Inghilterra per
la seconda volta consecutiva.
Quando ricorda la reazione
della madre dopo quella
vittoria improbabile, si apre
in un sorriso spontaneo:
“Mia madre non smise mai
di ripetermi che avremmo
vinto il campionato. Lei è un
po’ pazza, quindi io non le
credevo e le dicevo che ormai
eravamo fuori dai giochi. Lei
mi ripeteva di fidarmi perché
sicuramente avremmo
vinto.” Al termine della
partita, negli spogliatoi, Fara
accende il cellulare e legge:
“Te l’avevo detto!”
27
“
Chi di voi
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3
stat
Economia
N.9 | 2 Dicembre 2014
29
Redatto da
Gennaro Battista
Gli indici statistici combinano
numerose misurazioni in un unico
punteggio, fornendo così dei dati
significativi e di semplice lettura a
chi ne fa uso. Mettendo insieme vari
parametri opportunamente pesati
è possibile ottenere valutazioni
sintetiche su qualsiasi argomento,
e infatti esistono indici di tutti i tipi,
dedicati alle più svariate questioni
sociali: dall’istruzione sino alla
misura della felicità. Negli ultimi
vent’anni gli indici hanno goduto di
un vero e proprio boom; piacciono
così tanto da essere diventati il
piatto principale attraverso cui si
forma l’opinione pubblica. Dato ciò,
migliorare il proprio posizionamento
nei vari ranking è divenuto un
obiettivo fondamentale dei policy
Gli indici
istici
maker occidentali.
Indici virtuosi, l’esempio del PISA
Ogni tre anni viene pubblicato
il programma dell’OCSE per la
valutazione internazionale degli
studenti, il PISA: questo indice valuta
il rendimento scolastico dei 15enni
di quasi tutti i paesi del mondo,
confrontandone le capacità di lettura
e comprensione dei testi, le abilità
matematiche e scientifiche. Si tratta di
un indice estremamente meticoloso,
che unisce decine di sottomisure
opportunamente standardizzate,
usufruendo di una metodologia chiara
e illustrata anche nei suoi limiti.
I ministri dell’istruzione dei paesi
più sviluppati al mondo tengono in
grande considerazione i dati forniti dal
PISA. Nel 2001, quando fu pubblicata
la prima classifica, stupì il basso
posizionamento della Germania, di
poco al di sotto della media OCSE
in tutte le categorie. Bastò questo
per convincere il governo tedesco a
finanziare un programma di riforme
dal valore di 4 miliardi di € che ha
portato a risultati più che concreti.
Oggi la Germania è nella TOP20 di tutte
le classifiche, toccando addirittura
la 12ma posizione nella categoria
delle scienze. Risultati ancora più
deprecabili furono quelli ottenuti
dagli studenti italiani, ma nel nostro
paese invece di criticare il sistema
scolastico, chiaramente inefficiente e
vetusto, a essere attaccato fu il metodo
dell’analisi. Ancora oggi gli studenti
meridionali si ritrovano con livelli
di istruzione degni di un paese in via
di sviluppo, solo i liceali del nordest
possono vantare un’istruzione di
livello europeo.
Indici virtuosi, il caso del TIP - Il
dipartimento di stato americano, ogni
anno, pubblica un rapporto detto TIP
(Trafficking in Person), che si occupa
del dramma della tratta illegale degli
esseri umani. I governi dei paesi in via
di sviluppo vengono così classificati in
30
Economia
N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre 2014 2014
José Ángel Gurría Treviño - È un
politico e diplomatico messicano. Dal
1º giugno 2006 è il Segretario Generale
dell’OCSE. Dal dicembre 1994 al gennaio
1998 è stato Ministro degli Affari Esteri.
base alla loro disponibilità a
combattere questa piaga. Un
giudizio negativo spesso può
compromettere l’immagine
di una nazione, facendo
sì che essa perda aiuti e
investimenti dell’estero.
Il TIP è talmente importante
che nel 2010, a seguito
dell’ottenimento di un buon
punteggio, il ministero
dell’interno del Pakistan
commentava ufficialmente
i risultati ottenuti nel
ranking, dicendo che gli
sforzi compiuti nella lotta
alla tratta avevano “elevato
la statura del Pakistan agli
occhi del mondo intero”.
La relazione di quest’anno
ha riguardato 190 paesi, e
ha condizionato le scelte
politiche di molti di essi.
Ad esempio, i risultati
del TIP sono fortemente
vincolati dalla presenza di
una legislazione specifica
contro il traffico di esseri
umani, così che nei paesi
più intensamente coinvolti
nella tratta si è assistito ad
un fiorire di sanzioni penali
in materia. Queste nuove
leggi hanno sicuramente
migliorato la loro posizione
nell’indice, sebbene
non significhino niente
senza azioni di controllo
e repressione concrete.
Secondo molti esperti,
infatti, criminalizzare il
traffico è inutile laddove
l’applicazione della legge
è debole e le ragioni
economiche che spingono
alla migrazione sono forti.
Come al solito, quando la
domanda è troppo forte
scoraggiare l’offerta diventa
uno sforzo pressoché inutile.
Le valutazioni degli indici,
quindi, possono risultare in
alcuni casi anche fuorvianti,
distorte. Ma se nel caso
del TIP è stato l’intervento
posticcio degli stati a fornire
infine risultati non del
tutto convincenti, in altri
è invece lo stesso indice ad
esser nato male, basandosi
31
Bill Gates - È il fondatore
e presidente onorario di
Microsoft. È stato il più ricco
del mondo dal 1996 al 2009.
Andrew Forrest - CEO di
Fortescue Metals Group, è un
generoso filantropo australiano.
Il peggior uso
della statistica
è quando la
si dedica a
fini retorici o
propagandistici,
non per sapere,
bensì per far
credere ai
semplicioni.
“
Sergio Ricossa
Economista italiano
su dati traballanti, difficili da
raccogliere e quantificare.
Indici senza né capo né coda, il
Global Slavery Index - Quando
Andrew Forrest, facoltoso
filantropo australiano, decise
di affrontare il problema della
schiavitù, Bill Gates ebbe a
consigliargli di trovare un
modo per quantificarla, perché
“se non si può misurare, non
esiste”. Nacque così il Global
Slavery Index, una classifica che
include oltre 160 paesi, stilata
per comprendere la diffusione
della schiavitù nel mondo, in
modo da includere le vittime
della tratta, i lavoratori forzati e
le spose bambine.
Questa classifica ha ricevuto
molta attenzione mediatica, e la
sua stima di quasi 30 milioni di
persone ridotte in schiavitù in
tutto il mondo ha fatto notizia
ovunque. Ma è ampiamente
criticabile: per alcuni paesi non
si è cercato di stimare davvero
l’incidenza della schiavitù,
ma sono stati utilizzati dati
inerenti altre nazioni. I tassi
riguardanti la Gran Bretagna
sono stati applicati anche per
l’Irlanda e l’Islanda, mentre
quelli per l’America sono stati
utilizzati anche per valutare
diverse nazioni dell’Europa
occidentale, tra cui la Germania.
32
“
Molte
statistiche sono
palesemente
false. Riescono
a passare solo
perché la magia
dei numeri
provoca una
sospensione del
buon senso.
Darrell Huff
Giorgio Alleva
Attuale
presidente
dell’ISTAT, 59
anni, ordinario
di statistica
all’università la
Sapienza di Roma,
crede molto alla
necessità del
superamento
della logica
proprietaria dei
dati pubblici,
per favorirne la
circolarità.
Tutto ciò è del tutto insensato,
significa fornire dati che non sono
reali, numeri inventati! E anche
se diffusi per una buona causa,
restano una bufala.
Ciò è avvenuto proprio per il
potere degli indici di condizionare
le politiche dei paesi. Nell’ultimo
periodo sono nati numerosi indici
fallaci, sviluppati da lobby, ONG
e governi per sostenere le proprie
istanze, anche a discapito della
realtà stessa.
Come si trucca un indice?
Mentire con la statistica è un’arte
antica, già nel 1954 Darrell Huff
affermava: “i truffatori
già sanno come truccare
un dato, gli uomini onesti
devono imparare a farlo
per legittima difesa”.
Gli indici di performance
sono solo l’ultima
frontiera della truffa
dei dati. Piacciono
tantissimo ai lettori
perché sono facili da
consultare, e piacciono
ancora di più alle lobby
perché sono altrettanto
facili da manipolare.
Accanto agli indici più
seri, finanziati da enti
di grande prestigio, che
possono illuminare sulle
anomalie di un mondo
chiaramente imperfetto,
nascono ogni giorno
nuovi indici in realtà del
tutto fuorvianti.
Secondo l’Economist
per fare un indice spurio
basta poco: dati vecchi,
tratti da campioni piccoli
o distorti, mescolati tra
loro sebbene provenienti
da fonti totalmente
diverse, usando magari
ponderazioni del tutto
arbitrarie. E quando
neppure barare coi
numeri riesce, si possono
utilizzare accademici
di bassa lega, facili
alla prostituzione
intellettuale e pronti
a fornire congetture
astruse e accomodanti, da
marchiare rigorosamente
col bollino di “parere
degli esperti”.
Nascondere tutto questo
però può scatenare
dei dubbi nei lettori;
pubblicare il metodo
utilizzato, invece,
Pier Carlo Padoan
Nominato vice segretario generale
dell’OCSE nel 2007 ne è divenuto capo
economista nel 2009. Dal 24 febbraio
2014 è Ministro dell’Economia e delle
Finanze del Governo Renzi.
33
EuroStat - Walter Radermacher
(1952), professore di statistica, è
l’attuale presidente di Eurostat.
EuriSpes - Gian Maria Fara
(Tempio Pausania, 1951) è un
sociologo italiano, dal 1982
presidente dell’Eurispes.
“
“
Una
statistica ben
confenzionata
funziona Con l’Europa meglio
di non una si “grande afferma
bugia” un’idea alla di
maniera pace, ma della di
propaganda
guerra: paesi
hitleriana: l’un contro
inganna, l’altro armati.
non
rivela l’origine
dell’imbroglio.
Darrell Huff
Giornalista americano
anche se in sordina, è
consigliabile. L’importante
è patinare il tutto attraverso
l’approvazione di esperti
sapientemente prezzolati.
Soprattutto, in un indice
si può sempre mettere ciò
che si vuole, in modo da
definire sia il problema che
la soluzione. La classifica dei
paesi più business friendly
può magari favorire i paesi
con le leggi più severe,
anche se non vengono mai
applicate. E così indici sulla
condizione delle donne
possono premiare gli alti
livelli di istruzione raggiunti
dalle donne in Arabia
Saudita, sottovalutando
il fatto che studiare sia
forse la loro unica libertà.
Se uno vuole parlar male
degli immigrati, come va di
moda ultimamente in Italia,
può sempre dire che essi
sottraggono le case popolari
agli italiani, quando in
realtà, sebbene nel bando del
2009 indetto dal comune di
Torino il 45% dei richiedenti
fosse straniero, solo il 10%
di essi si è visto assegnare
una casa! Nel comune di
Genova, su 185 abitazioni
messe a disposizione, solo
9 sono andate ad immigrati.
A Bologna su 12.458 alloggi
popolari assegnati, solo 1.122
sono finiti agli stranieri.
Ma tanto che importa? Alla
fine i numeri da prendere in
considerazione li decide chi
commissiona l’indice!
34
Economia
N.8 | 25 Novembre 2014
OPEC
scenari in
evoluzione
Il 166esimo meeting dell’OPEC
riserva una grande sorpresa: non vi
sarà nessun taglio alla produzione
del petrolio. Gli analisti sostengono
che l’Arabia Saudita manovri
assieme agli Stati Uniti d’America a
discapito di Russia ed Iran.
35
Il petrolio - Il calo
dell’oro nero a questo
punto si attesta
su livelli davvero
importanti: -36% dai
massimi di luglio.
L’esito del 166esimo meeting
dell’OPEC probabilmente
entrerà negli annali: nessun
taglio alla produzione di
petrolio. E nessuna richiesta
ufficiale ai Paesi membri di
mantenere il livello dell’output,
fermo dal 2011, sui 30 milioni di
barili al giorno.
Scelta dura e decisa.
E se vogliamo, anche,
incredibilmente paradossale.
Un ossimoro, perché alla fine,
il cartello ha deciso di sposare
la tesi liberista. Sarà il mercato
a riequilibrare i prezzi. E
all’indomani della riunione,
tenutasi come consuetudine
nei palazzi viennesi, il mercato
non è stato clemente: il Brent è
scivolato a 70.02 USD, mentre
il WTI ha chiuso a 66.2 USD.
Un calo che a questo punto si
attesta su livelli importanti:
-36% dai massimi di luglio.
Giornalisti sereni con il pieno
a buon prezzo - Abdallah El
Badri, segretario dell’OPEC,
al termine della riunione, ha
dichiarato: “Non abbiamo
un prezzo di riferimento,
né minimo né massimo”.
E in risposta alle incalzanti
domande dei giornalisti,
ha chiosato: “Perché vi
preoccupate della nostra
produzione? Capirei se foste
dei trader, ma siete giornalisti.
Rallegratevi, ora potrete
risparmiare quando fate il
pieno all’automobile”. Il primo
responsabile dei mancati
tagli resta, comunque, Ali Al-
Naimi, ministro del petrolio
dell’Arabia Saudita, che già nei
giorni antecedenti al meeting
aveva lasciato intendere che
l’OPEC non avrebbe mosso
un passo per far rimbalzare i
prezzi.
Una fermezza che oggi pare
inevitabile, soprattutto per due
motivi:
Il primo, l’OPEC come di
consueto paga un handicap
strutturale. E un dilemma
probabilmente irrisolvibile:
“chi dovrebbe o potrebbe
tagliare la produzione?”.
Ad oggi, infatti, i sauditi
Redatto da
Pierlugi Patacca
Diezani Alison Madueke
Eletta come presidentessa
dell’OPEC durante
l’ultimo meeting. È il
primo presidente donna
dell’organizzazione.
36
Economia
N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre 2014 2014
Principe Al-Waleed - Ha accumulato
la sua immensa fortuna grazie a
fruttuosi investimenti in campo
petrolifero. Grazie al suo fiuto per gli
affari sull’oro nero è soprannominato
“Il Warren Buffett d’Arabia”.
già stanno facendo più di
chiunque altro per tenere a
freno la loro offerta di oro
nero. E lo stesso vale per gli
altri produttori, anche se
per motivi diversi. Come,
ad esempio, la Nigeria, che
s’è arenata a causa di in una
forte instabilità interna e
una maxisvalutazione della
naira.
Il secondo motivo, invece,
si ricollega alle errate
previsioni dei mesi scorsi.
Evidentemente oggi il
cartello s’è accorto di aver
rovinosamente sottovalutato
la produzione di shale oil
statunitense. Attualmente,
infatti, gli Stati Uniti hanno
sommerso il mercato di
petrolio, con una produzione
che si è attestata a livelli
inimmaginabili. E che oggi
è paragonabile quasi a
quella di Iran, Nigeria e Libia
messe insieme. Tagliare la
produzione adesso, potrebbe
quindi significare fare un
grosso favore ai rivali a stelle
e strisce.
Mosca e Teheran - Gli analisti
sono comunque divisi.
Anche se le chiavi di lettura,
tutto sommato, si riducono
a due: c’è chi crede che la
decisione di non abbattere
la produzione sia proprio
ricollegabile alla volontà
di spiazzare i produttori
americani, che oggi pagano
livelli di costi di produzione
troppo alti; e dall’altro
lato c’è chi ribalta questa
posizione, sostenendo che
l’Arabia Saudita, al contrario,
stia dando un aiuto proprio
agli Stati Uniti, mettendo
in difficoltà Russia e Iran.
Già, perché probabilmente
ad uscire con le ossa rotte
da questa partita sono
proprio i russi e gli iraniani.
Teheran ha dovuto, suo
malgrado, allinearsi alla
posizione dei rivali sauditi,
consapevole che una lotta
interna al cartello non
avrebbe portato il Paese
molto lontano. Soprattutto
a causa delle pesanti
sanzioni internazionali,
37
Bijan Namdar Zangeneh - È un
politico iraniano, che ha occupato
diverse posizioni all’interno dei
ministeri del suo paese. Al momento
è il ministro del Petrolio iraniano.
Ali Al-Naimi - Nato nel 1935,
attualmente è il ministro del Petrolio
e delle risorse minerali dell’Arabia
Saudita. Il suo curriculum annovera
anche un master alla Stanford.
che stanno penalizzando
la sua economia. Mosca,
intanto, si è vista costretta
a raccogliere la sfida, pur
consapevole della necessità
di un prezzo del petrolio
a livelli molto più alti,
per mantenere stabile
l’economia.
L’instabilità del mercato
Una situazione molto
difficile, soprattutto perché
i mercati hanno già mostrato
segni di instabilità verso
le economie fortemente
connesse all’export di
petrolio. E proprio il rublo,
all’indomani dell’esito di
Vienna ha registrato un
pesante scivolone in borsa.
Notizia poco confortante
per Putin, già alle strette per
le sanzioni internazionali:
avere una moneta debole
significa, infatti, un
aumento esponenziale del
peso dei debiti. E qualche
colosso russo già inizia a
risentirne, come Rosneft
che ha appena chiesto
al governo un aiuto per
sostenere le passività.
Eppure, se da un lato
il crollo del greggio
potrebbe trascinare molti
produttori nell’oblio,
dall’altro potrebbe favorire
l’economia reale di molti
altri Paesi. Il capo della
ricerca sulle commodity
di Citigroup, Ed Morse,
sostiene che un Brent a 80
dollari al barile equivale
ad una riduzione delle
tasse di quasi 600 dollari
all’anno per una famiglia
statunitense. E i risparmi
potrebbero riguardare
da vicino anche il nostro
continente, che al momento
è alla finestra, insieme con
il capo della BCE, Mario
Draghi, che preme in favore
di un QE europeo. E l’Italia?
L’Italia, invece, non fa testo.
Il crollo del greggio non
produce grandi effetti per
le nostre pompe di benzina.
Perché, come sostengono
moltissimi imprenditori, la
nostra è una “Repubblica
fondata sulle accise, anziché
sul lavoro”.
38
Cultura
N.9 | 2 Dicembre 2014
il coraggio
di fare
bei sogni
Redatto da
Liliana Squillacciotti
“Liberati dal piombo
che hai sul cuore,
Massimo. È una vita che
ti tormenti e tormenti
tua madre con questo
strazio. Una vita che la
sento pesare sopra noi.
Basta! Mandale tutto
il tuo amore e lasciala
finalmente andare...”
Lasciare andare. Lasciare
andare l’assenza, il
dolore. Lasciare andare
il rancore, le parole
non dette, i rimproveri
taciuti. Lasciare andare il
tempo negato. Lascaiare
andare le delusioni e
le gioie, mutilate della
condivisione. Lasciare
andare chi ti ha messo al
mondo. Lasciare andare
il ricordo di chi, quello
stesso modo, non lo
abita più da tempo. “Solo
il perdono ti rimette in
contatto con l’energia
dell’amore”. “Lasciare
andare”, dunque,
nella maniera più
complessa che l’essere
umano riesca anche
solo semplicemente a
concepire; perdonando.
Arrabbiarsi, elaborare,
imparare a convivere,
perdonare e tornare ad
amare. Prima se stessi,
e poi il prossimo. Se
stessi, attraverso il
prossimo. Un percorso
lungo, lungo una vita
intera. Quarant’anni di
silenzi. Quarant’anni di
deliberato e premeditato
silenzio. Qual è il limite?
39
Quando è davvero possibile
addossarsi la responsabilità di
tacere, in merito alla vita altrui?
“Breve riposo dona alla mamma,
Signore. Svegliala, falle un caffè
e rimandala subito qui. È mia
mamma, capito? O riporti giù
lei o fai venire su me. Scegli
tu. Ma in fretta. Facciamo che
adesso chiudo gli occhi e quando
li riapro hai deciso? Così sia”.
La storia di una mamma andata
via troppo presto, e la storia di
un bambino, di un adolescente,
di un adulto, che a quella
mancanza cerca di sopperire.
Che, a quella mancanza, cerca
di sopravvivere. In qualsiasi
modo possibile. La fantasia,
la sublimazione, l’aridità. La
storia di un segreto, di una
rimozione che appare essere
stata quanto mai volontaria
man mano che si procede con
la lettura. “Fai bei sogni” è
una storia semplice, scritta in
modo semplice. Raccontata
dall’interno, più dallo stomaco
che dal cuore. Una storia che,
a seconda di chi la ascolta,
assume sfumature diverse, con
Nelle infatuazioni a
senso unico l’oggetto
del nostro amore si
limita a negarci il suo.
Ci toglie qualcosa
che ci aveva dato
soltanto nella nostra
immaginazione. Ma
quando un sentimento
ricambiato cessa di
esserlo si interrompe
brutalmente il
flusso di un energia
condivisa.
“
Massimo Gramellini
Fai bei sogni
40
Attualità Cultura
N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre 2014
Massimo Gramellini - Vice
direttore di La Stampa, nel
2012 ha scritto il romanzo
autobiografico Fai bei sogni.
I sogni - Gramellini descrive
la forza nel superare la morte
della madre a nove anni.
Non difesi il
mio sogno, per
la semplice
ragione che
non lo ascoltavo
più. I sogni
sono radicati
nell’anima e la
mia era fuori
servizio.
“
Massimo
Gramellini
quella costante empatica che
è impossibile non provare per
un bimbo privato del primo
amore della propria vita.
Un mostro, colpevole di aver
aver strappato via, troppo
presto, da braccia troppo
piccole, un amore troppo
grande. Ma. Ma, se quel
mostro alberga nel cuore,
e nella mente, di chi più al
mondo ti abbia mai voluto,
desiderato ed amato, come si
potrà mai pensare di essere
voluti, desiderati ed amati
da qualcun altro? Come si
potrà mai mettere in atto
il processo del perdono?
Come si potrà mai accettare
l’idea che non si sia venuti
al mondo semplicemente per
essere poi rifiutati? “Mi sarei
accontentato di tenere i piedi
per terra. Invece camminavo
sulle punte come un elfo. Le
mie suole erano consumate
soltanto sul davanti e i talloni
fluttuavano a mezz’aria senza
combinare niente di utile.
Camminavo sulle punte e
le guardavo di continuo,
perchè non ero capace di
alzare gli occhi al cielo.
Avevo le mie ragioni. Il cielo
mi faceva paura. E anche la
terra.” “Coraggio”. Ciò che
maggiormente traspare dalle
righe di un romanzo semplice,
e che nella sua semplicità
riesce a non risultare mai
41
Economia
N.8 | 25 Novembre 2014
La Torino di Gramellini - La Mole,
simbolo di una città, Torino. Simbolo di
Italia. Una mole che s’innalza e svetta nel
cielo nella sua stabile imponenza e nella
leggerezza della sua arte architettonica.
banale o stucchevole, è che
il “coraggio” sia la parola
d’ordine. Ci vuole coraggio
nei momenti bui, ci vuole
coraggio per capire che le
difese hanno tutto il diritto
di esistere, ma che chi le ha
costruite ha tutto il diritto di
poterle abbassare, per
godere dei momenti di luce.
Ci vuole coraggio per alzare
gli occhi al cielo, noncuranti
degli ostacoli presenti sulla
terra. Ci vuole coraggio per
riuscire a tenere a bada i
mostri generati dalla vita,
lo stesso coraggio che ci
vuole per concedersi il lusso
di seguire i propri sogni. Ci
vuole coraggio da vendere,
per riuscire a non diventare
vittime degli atti altrui. Ci
vuole coraggio per affrontare
il male che non puoi vedere,
ed altrettanto coraggio ci
vuole per capire che chi da
quel male viene sopraffatto,
non necessariamente
sia privo di amore.
Semplicemente, il coraggio,
spesso, viene a mancare.
Un romanzo sull’amore più
grande, quello di una madre,
visto dagli occhi di un figlio
che di quell’amore, non ne ha
avuto abbastanza. La storia
di un mostro subdolo, che va
abbracciato e perdonato per
vederlo, finalmente, svanire.
La storia di come sia possibile
imparare a “tenere i piedi
per terra senza smettere di
alzare gli occhi al cielo”. “Le
mani di Elisa hanno percorso
traiettorie insondabili
intorno alla mia testa e la sua
voce ha pronunciato parole
che non sono riuscito a
comprendere. Ma qualcuno
dentro di me le aveva capito
molto bene. Belfagor. L’ho
sentito rattrappirsi come
una spugna consunta e
poi disintegrarsi in una
pioggia di frammenti subito
inghiottiti dal buio”.
42
Cultura
N.9 | 2 Dicembre 2014
L’angolo del libro
Buio Rosso
Buio rosso è un libro
composto da dieci racconti
thriller - horror. Roberto
Ricci è l’autore, di Ancona
e di professione fa il
parrucchiere. Dopo aver
vinto nel 2012 il Premio
Racconti nella rete - sezione
soggetti per cortometraggi
ha proseguito con
successo nella scrittura,
guadagnandosi dalla
stampa l’appellativo di
parrucchiere del brivido.
I dieci racconti sono un
sentito omaggio al cinema
gotico Italiano degli anni
70, quello di Bava, Argento,
Fulci e altri grandi
maestri. Tra i racconti
spiccano Il Cappotto,
vincitore del già citato
concorso, e Guanti Neri.
Entrambi sono divenuti
due cortometraggi. Altro
racconto importante è
Specchi Infranti, il più
lungo e sicuramente
più impegnativo, dove il
cinema e la letteratura si
mescolano in una trama
gialla che non risparmia
paure. Di maestri del
brivido ce ne sono diversi,
ma il parrucchiere del
brivido è uno soltanto.
Home
Record
un’arma
a doppio
taglio?
Redatto da
Luigi ‘Rey’ D’Errico
Con l’avvento della musica
digitale, al giorno d’oggi,
possedere un piccolo studio di
registrazione domestico è alla
portata di tutti. Sul mercato,
ormai, esiste una tale quantità
di strumenti e attrezzature
da accontentare le tasche
di tutti. Proprio per questo,
però, spesso si finisce con
l’acquistare materiale poco
idoneo o addirittura scadente.
Cosa occorre davvero per
crearsi una piccola postazione
di home recording? Uno dei
vantaggi della “registrazione
casalinga”, senz’altro,
consiste nell’avere a portata
di scrivania, nella propria
camera, un “registratore h24
di ispirazioni”: cantanti e
musicisti, infatti, hanno la
possibilità di poter registrare
in qualsiasi momento ogni
idea, sequenza di note e ritmo
che gli passi per la testa. Per chi
invece volesse intraprendere
43
una carriera da tecnico del
suono, l’ideale sarebbe
soffermarsi su alcuni
punti. Primo fra tutti,
sicuramente rendere
idonea l’acustica della
stanza. Apportare le giuste
correzioni all’ ambiente
scelto per lavorare
rende indispensabile
l’intervento di un
professionista. Il “fai da
te”, in queste circostanze,
spesso provoca errori
che in futuro potrebbero
compromettere la qualità
del proprio lavoro. Il
passo successivo, è la
scelta dell’attrezzatura:
in primis, valutare la
tipologia della scheda
audio (indispensabile
per convertire il segnale
analogico in uno digitale).
Dobbiamo registrare
delle voci? Allora ci sarà
indispensabile procurarci
degli ingressi microfonici
dotati di apposita
alimentazione phantom.
E per registrare degli
strumenti? In questo caso
la scelta ricadrà su ingressi
di linea ad alta impedenza.
Allo stesso modo va
effettuata la scelta del
microfono: per registrare
una voce ne sceglieremo
uno a condensatore,
per chitarre acustiche e
batterie, opteremo invece
per quelli dinamici. Il
The Boss
Il mitico Bruce Springsteen
compose e registrò su un tape, nella
propria camera da letto, sia l’album
Nebraska sia Born in the U.S.A.
The Stones
I Rolling Stones composero Exile on
Main Street mentre soggiornavano
in Francia. Non potendo aspettare il
ritorno in studio registrarono in casa
utilizzando l’attrezzatura sul van.
monitor, invece, è una
scelta “d’orecchio”: in
questo caso, insomma,
il detto “anche l’occhio
vuole la sua parte”, non
vale. Meglio preferire
la coerenza del suono
all’iper colorazione. Senza
cavi di alta qualità, ultimo
ma non ultimo, scordatevi
quanto detto finora.
E ricordate: provate,
per quanto possibile, a
mettere da parte il vostro
gusto personale. Ciò
che conta è l’orecchio!
Ascoltate, quindi e…
buona musica.
Altri casi famosi
Numerosi cantanti hanno
inciso i loro successi in
casa. Ad esempio Bon Iver,
David Gray, Emitt Rhodes,
Beck, Phox, Owl City, Rosie
Thomas e The Wrens.z
44
45
Gastronomia
N.9 | 2 Dicembre 2014
La tavola
delle feste
Alla scoperta di antiche e nuove tradizioni
della festa dell’Immacolata. Viaggio nei
sapori e nei colori che distinguono la
cucina italiana durante l’8 dicembre.
Redatto da
Eleonora Baluci
Annunciazione! Annunciazione!
Tu Marì Marì fai il figlio di
Salvatore. Gabriele t’ha dato la
buona notizia. Annunciazione!
Annunciazione!
Una Annunciazione peculiare,
tipica dello spirito di Napoli, che
racchiude in sé verità nascoste.
La risata è veritiera. Come
veritiero è il ruolo di Maria nella
sua Immacolata Concezione.
La Buona Novella. L’Annuncio
che porterà al cambiamento
dell’umanità.
Lo stravolgimento della vita di
una donna innalzata a simbolo
di dedizione totale verso il suo
Dio. Il dogma dell’Immacolata
Concezione ha un ruolo tale da
vedere l’istituzione di un festa
che nasce l’8 dicembre 1854,
per volere di Papa Pio IX con la
bolla Ineffabilis Deus. Da allora
l’8 dicembre ha rappresentato
l’avvento del periodo natalizio
e, specialmente al sud Italia,
come ogni festività che si
rispetti, porta con sé tradizioni
e piatti tipici. È tradizione
rispettare il digiuno, pratica
che sembra essere nata durante
il governo dei Borbone nel
Regno di Napoli. Si narra
che la regina di Napoli, in
procinto di partorire ed in
preda a fortissimi dolori,
chiese la grazia alla Madonna
per far nascere il bambino
senza problemi ed in salute,
promettendole che avrebbe
fatto fare digiuno a tutti i suoi
sudditi. Il bambino nacque
sano la vigilia dell’Immacolata
e così il re, forse Ferdinando I
di Borbone, ordinò il digiuno
a tutti gli abitanti del regno.
Anche a Matera per il pranzo
della vigilia dell’Immacolata
si osserva rigorosamente il
digiuno, rinforzando, invece, la
cena. In linea con il divieto per
i cattolici di consumare carne,
la tipica cena materana del 7
dicembre è a base di baccalà
in umido e ficcilatidd (noto
anche come tortanello), una
sorta di ciambella di pane con
semi di finocchio, preparato
solo una volta l’anno, che
rappresenta con la sua forma
la perfezione dell’Immacolata
Concezione. Ai due piatti
tipici della cena della vigilia si
sono uniti, negli ultimi anni,
gli spaghetti aglio, olio e
peperoncino, utile rinforzo per
le fatiche del giorno successivo,
46
Gastronomia
N.9 | 2 Dicembre 2014
Pasta - Gli spaghetti alla San Giovanniello
(San Giuvannidd), tipici della tradizione
lucana dell’8 dicembre, sono conditi con
ingredienti poveri come pomodoro, aglio,
olive, acciughe e un po’ di prezzemolo.
data in cui si addobbano,
secondo tradizione, albero
di Natale e presepe. Sempre
in Basilicata, a partire
dall’8 dicembre si iniziano
a preparare le cartellate
(carteddhrate), rotelline
dolci fritte, simili alle
chiacchere di Carnevale,
da intingere nel miele. Un
tempo, in Basilicata, dopo
il tradizionale digiuno della
vigilia, nelle botteghe, il
mastro offriva la cena ai
propri operai e apprendisti,
cena che solitamente
consisteva in un piatto
di spaghetti, prodotti nei
pastifici cittadini, con sugo e
baccalà, il tutto servito dalla
moglie del mastro. A partire
dall’8 dicembre, inoltre,
nelle case si iniziavano a
preparare i dolci (e non
solo) tipici del Natale, come
le friselle, le strattate,
le meringhe, i biscottini
al vino bianco, i biscotti
grossi all’uovo ricoperti di
zucchero ed i pasticcini,
gioia per tutti i bambini.
Simile al ficcilatid materano
è il tarallo dell’Immacolata
(u taradde della Maculete),
grande ciambella salata con
semi di anice e finocchio
(talvolta aromatizzata con
sambuca), preparato in
Puglia, anch’esso consumato
per la vigilia, dando così
inizio alle festività natalizie.
Sempre il 7 dicembre si
preparano i vermicelli col
baccalà (vermiceddhi cu lu
baccalà), conditi con un sugo
a base di salsa di pomodoro,
baccalà infarinato e cipolla.
Piatti tipici, invece, del
pranzo dell’Immacolata,
in alcune zone della Puglia,
sono gli spaghetti alla
San Giovanniello (San
Giuvannidd), pasta semplice
con ingredienti poveri e
genuini, come pomodorini,
aglio, olive ed acciughe, ed il
baccalà fritto, quest’ultimo
consumato anche in
Calabria, Campania e Puglia.
Anche nel Salento e in tutta
la Puglia centromeridionale
la giornata antecedente
all’Immacolata Concezione
è dedicata al digiuno,
digiuno in cui è ammesso
solo il consumo di puccie. Le
47
Orecchiette con cime di rapa
un piatto tradizionale pugliese.
puccie sono panini morbidi,
ricoperti a fine cottura di
farina bianca a simboleggiare
la purezza della Madonna,
che si possono trovare più
piccoli e ripieni di olive
in salamoia (pucce uliate)
o più grandi e vuote, da
farcire a piacimento, di
solito con tonno, capperi,
provolone, pomodorini,
acciughe e pesciolini fritti
sott’aceto detti franfullicchi.
Una variante della puccia è
prodotta a Gallipoli, la puccia
caddhipulina, che contiene
nell’impasto anche burro,
pomodori, acciughe, tonno,
capperi ed olio extravergine
di oliva. Terminato il digiuno
al tramonto, la cena del 7
dicembre prevede baccalà
al sugo o con le patate e
pittule (o pettole), frittelle
fatte solo di farina, acqua e
lievito, vuote o farcite con
i più svariati ingredienti,
come gamberetti, calamari,
baccalà, cavolfiore, fiori
di zucca, rape, patate
dolci o alla pizzaiola, con
olive, porro, capperi e
pomodorini. Verdura tipica
della cena della vigilia sono
le rape, usate come ripieno
per le pittule ma anche
consumate come contorno,
come la ricetta delle rape
‘Nfucate, in cui la verdura
viene saltata in padella con
olio, aglio, olive nere ed
abbondante peperoncino
piccante; in altre zone della
Puglia si ritrovano invece
nelle famose orecchiette
alle cime di rapa. A Taranto
la tradizione del digiuno
della vigilia è molto sentita,
dopo che, la notte tra il 7 e
l’8 dicembre 1710, un forte
terremoto colpì la città
senza distruggerla, miracolo
attribuito alla Madonna,
così come avvenne nel 1743,
anno in cui l’Immacolata fu
dichiarata patrona. A Bari
invece, sempre la vigilia,
regna sulle tavole l’anguilla,
consumata arrosto o al sugo,
usato anche per condire gli
spaghetti. In Campania,
come ogni vigilia di festa, si
usa consumare la pizza di
scarole, torta rustica ripiena
di olive nere, scarola, capperi,
uvetta e pinoli, preparata
per rimanere leggeri in vista
delle grandi abbuffate dei
giorni successivi. Sempre
in Campania, in particolar
modo nella costiera
Amalfitana, si preparano le
zeppole dell’Immacolata,
piccole palline di impasto
dolce, fritte e poi arricchite
con miele e confettini
colorati, da gustare anche
nella versione salata,
più grandi e ripiene con
mozzarella e prosciutto
cotto. In Sicilia la festa
dell’Immacolata Concezione
è molto sentita, in virtù della
smisurata venerazione del
Pizza con le scarole - un
piatto tipico partenopeo.
48
Gastronomia
N.9 | 2 Dicembre 2014
“
Solo la sua
Immacolata
Concezione
spiega come, tra i
sentimenti di Maria,
non esista alcun
tipo di contrasto o
di tensione tra la
dedizione a Dio e
quella da riservarsi
allo sposo.
Adrienne
von Speyr
Lo sfincione
è un prodotto
tipico della
gastronomia
palermitana.
È stato
ufficialmente
inserito nella
lista dei prodotti
agroalimentari
tradizionali
italiani del
Ministero delle
Politiche Agricole,
Alimentari e
Forestali.
popolo nei confronti della
Vergine; diverse sono, da
zona a zona, le ricette
tipiche della vigilia e del
giorno di festa.
A Palermo classico
piatto del 7 dicembre è
lo sfincione, focaccia
morbida con pomodoro,
acciughe, caciocavallo,
origano e cipolla, il cui
nome deriva dal latino
spongia, spugna, ad
indicare la consistenza
dell’impasto; a Bagheria,
dove lo sfincione si
consuma ad ogni vigilia di
festività, si usa prepararlo
senza il pomodoro, in
versione bianca con
ricotta o tuma. Sempre
nel capoluogo siciliano
si serve il baccalà fritto,
per la vigilia, e l’8 gli
anelletti al forno, pasta
a forma di piccoli anelli,
condita con ragù di carne
e caciocavallo, preparata
in tutta la Sicilia, i giorni
di festa, con diverse
varianti.
Diffuse sono anche
le sfincette dela
Vergine Immacolata
(sfincitieddi), palline
fritte, che possono
essere preparate
dolci, con dentro un
pezzetto di cioccolato o
semplicemente rotolate
in zucchero e cannella,
o salate, ripiene con
acciughe o ricotta.
L’Immacolata è anche il
giorno in cui si iniziano
a preparare i dolci tipici
del Natale, tra cui il
buccellato, ciambella
di pasta frolla ripiena
di fichi secchi, canditi
49
Baccalà fritto
Il baccalà fritto si prepara
semplicemente con baccalà
ammollato e poi asciugato, tagliato
a listarelle e passato in una pastella
a base di farina, burro e acqua, poi
fritto in abbondante olio prima di
essere servito caldo in tavola.
e, a volte, pezzetti di
cioccolato, ricoperta
poi di glassa bianca o
frutta candita. Prodotta
e consumata in tutta
l’isola è la petrafennula
(o petrafernula), torrone
molto duro a base di
mandorle, miele e scorze
di arancia e cedro, di
origine araba.
Prodotta anch’essa in
varie parti della Sicilia ma
con diverse varianti è la
muffoletta, pagnotta di
grano tenero: a Ravanusa
(Agrigento) la muffoletta
si impasta con i semi di
finocchio e si farcisce
con sarde o formaggio, ad
Agrigento ed a Canicattì
si impasta con i semi di
cumino, a Caltanissetta
questi panini diventano
dolci ed arricchiti con
chiodi di garofano e
cannella. L’usanza di
consumare le muffolette
la vigilia dell’Immacolata
è legata al digiuno
prefestivo: tutt’oggi i
panettieri mandano per
le strade, alle prime luci
dell’alba del 7 dicembre,
bambini e ragazzini al
grido di “muffulette cauri
cauri” (panini caldi caldi),
da consumare come unico
pasto della giornata.
La tradizione siciliana
delle muffolette ha
perfino raggiunto
anche l’altra sponda
dell’oceano, quando nel
1906 Salvatore Lupo,
immigrante siciliano,
fondò a New Orleans
il Central Grocery e
cominciò a produrre questi
panini farciti per i siciliani
del luogo, divenuti poi
simbolo della città. Ogni
8 dicembre dell’anno,
sulle tavole prende
forma la tradizione. Ogni
tradizione è specchio
di credenze e realtà che
assumono significato
e valore. Un dogma
richiama il bisogno
di rendere manifesti
e visibili tali valori.
Nell’arte culinaria e
no, lo si rende vivo con
dedizione, con un sorriso,
con un odore di intimità
che ispira certezze e che,
intorno ad un tavolo o
raccolti in un luogo di
preghiera, fa sentire
uniti, parte di una verità
rivelata.
Muffoletta
In origine si chiamava
Muffulettu, con tre “u” appunto,
ma come è avvenuto per tutti gli
immigrati italiani che all’inizio
del Novecento sono sbarcati ad
Ellis Island per abbracciare una
nuova cittadinanza, anche il suo
nome è stato americanizzato.
Pirtusa vutta
La Basilicata, si sa, è terra di vino e quale
migliore occasione per assaggiare il frutto
dell’infaticabile lavoro dei contadini
vignaioli se non il giorno dell’8 dicembre.
Festa che è definita anche giorno del
“pirtusa vutta” (che, in italiano, significa
bucare la botte). Si tratta della tradizionale
festa della “spillatura delle botti” che ogni
anno si celebra nella festa dedicata anche
all’Immacolata Concezione. Secondo
l’antica cultura contadina del mondo
lucano, assieme a tanti prodotti tipici
locali, si assaggia il vino nuovo che si
attinge direttamente dalla botte.
50
LINE
Romanzata
N.9 | 2 Dicembre 2014
51
Scritto da
Armando De Martino
Mi fermo e cerco un posto per
sedermi. Scruto intorno. Siamo sotto
terra. Siamo sotterrati consapevoli.
Siamo sotterrati ma non facciamo
danni. Dalle nostre parti si sotterrano
danni d’oro. Sono seduto e guardo
intorno le persone perplesse. Le
persone infreddolite, le persone
allegre. Il vento ed un annuncio ci
ricorda che siamo sottoterra ma vivi.
C’è roba sottoterra che ci ricorda
che siamo morti che camminano.
Ammantati, alienati, destinati ad
essere carta di credito per il mercato
nero delle bustarelle differenziate. La
camorra come scudo, la politica come
lancia, le anime che fumano dai corpi
freddi i bersagli. Guardo il telefono,
non c’è campo. Isolati. Una signora
guarda l’orologio. Il tempo. Sbuffa
Romanzata
A UNO
rammaricandosi con le mani. Quando
si arriva alle stazioni c’è sempre un
treno che è partito prima del nostro.
Inevitabile. Il tempismo è un soldatino
di piombo su un cavallo di cartone.
Affonda. Accavallo le gambe, e ricordo
che non posso fumare. Però respiro
l’aria sottoterra. Ascolto la radio dalle
cuffiette. C’è un nuovo idolo delle
poltrone serali. Ha la camicia bianca
e la cravatta verde. Parla, parla, anche
alla radio. Fenomeno. Riesce sempre
ad avere risposte a tutto. Peccato
che non ci siano domande giuste da
porgli. Il Vangelo secondo Matteo,
Pasolini l’avrà creato pensando alla
deriva che avrebbe preso la sua Italia.
Arriva il treno. Il vento aumenta.
Me ne accorgo. Salgo. Prossima
fermata “Quattro giornate”. Mi
viene in mente Gennarino Capuozzo.
Organizzò la rivolta ai tedeschi e li
cacciò. Furono quattro giorni di morte
e orgoglio. L’Italia non ricorda. Io
si. Quel bambino che ribaltò la città
cancellando svastiche e fasci con
la dignità di una miseria popolana,
ricca di rabbia miscelata a dignità
artistica. Quel bambino che guidò una
città a stendere il tappeto rosso agli
alleati accolti come liberatori di una
città fantasma, vuota di nemici. Quel
bambino che morì dopo che aveva
reso una medaglia al valore militare
alla sua città. È solo una fermata di
una metropolitana. È solo una città
che ha la monnezza tossica che le cola
come lacrime dalle viscere. Morto.
Faceva il panettiere. Aveva dodici
anni. Aveva gli occhi della vita che si
inarca e si arrampica sulle pendici del
passato e si capovolge al futuro senza
passare per il presente. Assente. Il
tempo. Assente. Esodato dalla storia.
Cassaintegrato della memoria. Sudo.
Sono in piedi, attaccato. Guardo tutti
attaccati. Ho un brivido. È l’unico
momento in cui rivedo tanta gente coi
pugni chiusi. In un vagone, quando
è attaccata per non cadere. Un tipo
basso, seduto discute con un altro
52
Romanzata
N.9 | 2 Dicembre 2014
Metro - Un treno in partenza o un treno
in arrivo. In un viaggio del cambiamento
fatto di attese, corse e fermate improvvise.
Su binari paralleli per poter scegliere il
destino o lasciare che ti scelga.
seduto di fronte. Gli occhi
passano tra culi e borse e
s’incrociano. Si lamenta
degli immigrati. Troppi ed
inutili secondo lui. Il tipo
dall’altra parte annuisce
e dice che la Lega fa bene.
Vedi che il buon Matteo ha
appeal? Penso. Non dico
nulla. Seguo interessato.
Il tipo ci informa che ci
sono nuovi barconi pronti a
sbarcare e che porteranno
l’ebola, lavoreranno per poco
in cambio e un giorno l’Italia
non avrà più un’identità.
Lo guardo. Fisso. Inarco il
sopracciglio sinistro. Non
se ne accorge. I suoi occhi
guardano solo oltre un
culo. Incalza, dicendo che
lo zio è stato un grande.
Emigrato in America ora è
ricco. Appunto. Siamo stati i
primi ad essere barconizzati.
Nessuno ci ha mai sparato
addosso. Sudamerica, Stati
Uniti, Belgio, Germania,
Olanda. Ovunque. Scende.
Saluta. È orgoglioso. Altra
fermata. Altro giro. Altro
momento di solitudine.
Quella seria. Quella dei fiumi
che immagini scendano dalle
montagne diritti in faccia
per svegliarti. Tocca a me.
Scendo. Il cielo è plumbeo,
il silenzio si dissolve mentre
incalzano clacson e grida.
Qualcuno va di fretta. Tutti
vanno di fretta. Vogliono
scappare, fuori dalla crisi. Lo
spread emozionale è sempre
a minimi livelli, al massimo
c’è l’interesse del prestito di
pazienza per stare a galla, su
uno stivale in mezzo al mare.
“Lasciare libero il passaggio”
la saracinesca emette un
sentenza, non pone un
divieto.
53
FEUILLETON
Numero V
2 Dicembre 2014
Una discarica
Plastic
Quando il futuro si incrocia
con la disumanità. Firmato
da Marina Finaldi.
Vagone del
Destino
I dolci racconti di una
pendolare. Firmato da
Josy Monaco.
Feuilleton!
N.9 | 2 Dicembre 2014
Scritto da
Marina Finaldi
Plastic ttt
Davanti ai nostri occhi, si stagliava il biglietto da visita del nuovo
mondo: un maleodorante accumulo di composti organici e sintetici.
PARTE II - Quando
giungemmo alla recinzione
di filo spinato che circondava
la discarica era ormai
notte fonda. Era buio, buio
pesto. La luna, nascosta
da nere nuvole dense e
fitte, occhieggiava di tanto
in tanto in basso verso di
noi, illuminando di riflessi
argentei la barba di Saul che
sussultava piano sul suo
petto affaticato. Le orecchie
tese ad ascoltare ogni
minimo rumore, gli occhi che
scandagliavano l’oscurità,
stava in piedi dietro di me,
immobile come una statua.
Io stavo accovacciata vicino
alla rete con un paio di grosse
pinze nella mano sudata e
lavoravo, la lingua tra i denti,
per ricavare un passaggio.
Un impercettibile ‘clank’
ruppe il silenzio: il metallo
aveva ceduto. Entrammo.
Davanti ai nostri occhi,
si stagliava il biglietto da
visita del nuovo mondo:
un enorme, maleodorante,
accumulo di composti
organici e sintetici, di cartone
pressato bagnato e ridotto
in poltiglia, abiti e scarpe
impolverati e coperti di
fango, scampoli di materiale
non più identificabile,
attrezzatura sportiva,
vecchi televisori, impianti
stereo e personal computer
obsoleti, pozzanghere
di liquame gorgogliante,
buste di plastica squarciate
che, issate come vessilli
su quella montagna
artificiale, si agitavano
spasmodicamente nel vento.
I vasti fianchi della montagna
erano protesi verso di noi,
come per abbracciarci, per
accoglierci; il suo petto,
55
scosceso e imponente,
ci impediva la visuale.
Stando bene attenti
a non incespicare,
intraprendemmo il
cammino lungo il sentiero
che si dipanava giù per la
conca nella quale sorgeva
l’immondezzaio. Era stato
costruito per far passare
i grossi macchinari che
trasportavano i rifiuti dalla
montagna all’inceneritore,
all’altro capo della discarica.
Un grosso ratto ci tagliò
la strada. Sopra le nostre
teste, corvi gracchianti
descrivevano cerchi
sempre più ampi nel cielo.
La discarica era, per noi, la
cosa che più si avvicinava
al concetto di centro
commerciale. Certo, la
merce non era impilata in
bell’ordine, né si poteva
asserire che fosse pulita
o attraente o invitante
in qualsivoglia maniera,
Filo spinato
Attraverso una rete si
delimita un confine.
Si tracciano limiti da
non valicare.
La discarica
La discarica come terra
del tutto. Dove tutto si
può trovare e usare.
Crescere tra i rifiuti
Uun bambino su di loro. Estraneo
ma intimo con un cumulo disumano.
tuttavia la stragrande
maggioranza della roba che
riuscivamo a portare via
da quel posto non era mai
vecchia o usurata o scaduta
e poteva essere riutilizzata
ancora per qualche tempo.
Il cambio della stagione era
il momento più propizio
per rovistare trai rifiuti alla
ricerca di qualche tesoro: era
il momento in cui le Creature
gettavano via le cose nuove
più vecchie per acquistare
cose nuove più nuove, il
momento in cui più che mai
bisognava seguire La Moda.
La Moda era il loro unico
credo, il loro unico fine.
La loro vita era scandita
dai suoi precetti, dalle
sue condizioni. La Moda
era legge. Controllava
ogni cosa, decideva tutto:
com’era giusto apparire,
cos’era giusto indossare,
cos’era giusto ascoltare,
leggere, mangiare o amare.
Ogni stagione portava,
così, con sé una piccola
rivoluzione nel mondo delle
Creature, che si affannavano
nella persecuzione di
ideali sempre diversi,
sempre nuovi e sempre più
distanti da realtà e natura.
Frutta e ortaggi venivano
ormai prodotti solamente
in serra, la fauna marina
era stata decimata, gli
allevamenti di carne bovina
occupavano il posto una
volta riservato ai parchi
naturali. Ricordo ancora
quando, qualche anno fa,
era impazzata la moda folle
56
Feuilleton!
N.9 | 2 Dicembre 2014
Il consumismo
è interessante
perché non
è affatto un
materialismo,
ma una forma di
spiritualismo.
Consumare, è
distruggersi nel
consumo.
“
Fabrice Hadjadj
filosofo e teologo francese
Nello sporco
Un animale
come simbolo
di aggressività.
Grufolando nei
cunicoli bui
della discarica.
Emblmea di
quella atmosfera
disumana che
sfocia spesso
in violenza ed
indifferenza.
di adottare maialini
pigmei come animali
domestici: se ne poteva
incontrare ancora
qualcuno, della stazza e
del peso di un cinghiale
adulto, grufolare
affannosamente nei
meandri della discarica,
alla ricerca di cibo. Erano
parecchio aggressivi.
Nonostante la grande
quantità di articoli
che vi si potevano
trovare facesse gola a
tutti gli abitanti della
Baraccopoli, eravamo in
pochi ad avventurarci al
suo interno. Lì dentro
succedevano cose
strane, cose inspiegabili.
La gente spariva.
Il caso più eclatante
era stato quello di
Sid Manolunga, un
personaggio abbastanza
conosciuto nella
Baraccopoli poiché,
trafficando in rifiuti di
contrabbando, si vedeva
spesso al mercato
nero. Sid Manolunga
conosceva la discarica
come nessun altro:
conosceva ogni tunnel,
anfratto o passaggio
segreto per accedervi,
conosceva quali erano i
giorni di scarico, sapeva
distinguere la merce
rivendibile, sapeva
come rovistare nella
grossa montagna senza
provocare una valanga.
Conosceva persino la
guardia all’entrata.
Una fredda sera
di Novembre, Sid
Manolunga vi si
addentrò insieme al
La moda
Il mondo disumano ed incantato delle
Creature persegue la Moda. Nella
discarica si trova tutto ciò che può
essere ancora una volta riutilizzato.
Il mondo elimina e cancella non per
utilità ma solo per il piacere di farlo.
57
La luce bianca - Non riuscivo a muovermi
L’ultima cosa che percepii prima di perdere
conoscenza furono un paio di grosse
tenaglie sospese sopra il mio corpo inerme.
Non mi trovavo più nella discarica.
cugino Lefty per il solito
giro di perlustrazione.
Lefty tornò solo alla
Baraccopoli. Non seppe
spiegare alla madre in
lacrime di Sid che fine
avesse fatto il suo ragazzo.
Lo trovarono sette mesi
dopo che vagava, nudo come
un verme e disorientato, ai
confini della Baraccopoli.
Una brutta ferita gli
percorreva la schiena, era
molto magro e non aveva più
i capelli. Sid non parlò mai di
quello che gli era successo. In
effetti, non parlò mai più. Era
come se dal quel taglio nella
schiena gli avessero tirato
fuori l’anima e l’avessero
sostituita con l’imbottitura
che si utilizza per riempire
le bambole di pezza e
gli animali impagliati.
Morì poco dopo, per
un’infezione. Saul aveva
fatto di tutto per salvarlo.
Ci avvicinammo al punto
in cui, la volta precedente,
avevo trovato i blister.
“È qui”, annunciai.
Il respiro affannoso, Saul si
piegò e cominciò a scavare.
Sacha e io lo imitammo.
C’era un odore strano
nell’aria, un odore
chimico, pungente,
che pizzicava le narici.
Continuammo a scavare.
Poco a poco, ogni rumore
intorno a noi si spense:
lo sciabordio del liquame,
le buste di plastica nel
vento, lo zampettio dei
ratti, il gracchiare dei corvi.
I contorni della discarica
divennero più morbidi, meno
netti…Sentii pizzicare anche
gli occhi. Li chiusi per un
attimo, necessario a scacciare
quella fastidiosa sensazione.
Quando li riaprii pizzicavano
ancora. L’odore era sparito.
Avevo una luce bianca
puntata negli occhi. Non
riuscivo a muovermi.
L’ultima cosa che percepii
prima di perdere conoscenza
furono un paio di grosse
tenaglie sospese sopra
il mio corpo inerme.
Non mi trovavo più nella
discarica. Continua
58
Galleria
N.9 | 2 Dicembre 2014
Una vita
a Colori
La vita in colori e i colori della vita. Uno scambio
vicendevole di nuance e tinte, schizzi di colore e
sfumature. Quando la natura sconvolge e le ombre
intensificano le profondità dei toni. Dall’Oriente
all’Occidente attraverso il linguaggio della luce che
si divide nelle sue irridescenze, fotografi d’eccezione
mostrano quadri di colori. Una galleria proposta dal
portale web di National Geographic.
57
I riflessi di una vetrata
Nella cornice di una arco
a sesto acuto, un bianco
puro in femminile nel
damascato antico su cui si
distende l’oriente.
(Ph. Roberto Cattani)
58
Una luce
blu cobalto
Nel fondo degli abissi, dove
padroni incontrastati sono gli
animali marini, le sfumature
del cielo irrompono improvvise.
(Ph. Brian Skerry)
Correre, scappare, inseguire.
Raggiungere, conquistare,
ricercare. Vorticosamente nel
miscuglio di tinte pastello.
(Ph. Frans Lanting)
Nuance
incontenibili
Nel porto del sudest
asiatico, luci verdi
illuminano il contenitore
più trafficato al mondo.
(Ph. Justin Guariglia)
Container
a Singapore
58
La giostra
della vita
In un girotondo di urla e
risate, tra eccitazione e
paura, gialli rossi blu verdi
librano eterei nell’aria.
(Ph. Marie Marthe Gagnon)
Un vicolo cieco. Lampioni
come fari. Come luce in
un teatro si apre il sipario
della quaotidianità.
(Ph. Jim Richardson)
DEEP
PURPLE
In Nuova Zelanda specie
indisturbate attirano
l’attenzione di subacquei
di tutto il mondo.
(Ph. Brian Skerry)
SGUARDO
MARINO
59
UNA LUCE
CRISTALLIZZATA
Cristalli di zucchero come
vetrate. Catturano la luce da
un’angolazione diversa. Per
la meraviglia della vista.
(Ph. Victor Boswell)
Steli e tulipani in
attesa della rugiada
in una fredda
mattina olandese.
(Ph. James Blair)
foglie
arancio
Nel buio della notte,
luci psichedeliche
tracciano percorsi
incorciati, paralleli,
divisi e diversi.
(Ph. Jodi Cobb)
LINEE DI
COLORE
60
Il can can
del Carillon
Calci in vista e boa colorati.
Sorrisi ammiccanti e
costumi luccicosi. Nel
tripudio del glamour.
(Ph. Dean Conger)
Rosso melograno, verde
mela, viola uva, giallo
arancio. Quando il sapore
colpisce la vista.
(Ph. Pete Ryan)
corposità
del sapore
Sulla laguna di Venezia,
un villaggio di pescatori.
Un viaggio in barca e
sei tra piccoli e colorati
mondi in miniatura.
(Ph. Jim Richardson)
scatole
colorate
61
Raganella e
fresia rossa
Occhi rossi e piedi arancioni
per mettere in fuga i
predatori. L’astuzia in una
simpatica smorfia.
(Ph. Angi Nelson)
Parrucche per coprirsi
e divertirsi. Colori
fluo per sconvolgere,
giocare e meravigliare.
(Ph. Greg Dale)
new york
city
Mani che toccano, mani che
stringono e si stringono. Mani
che tingono e si tingono per
una festa indù nella stagione
dell’esplosione: la primavera.
(Ph. Ratan Sonal)
colore
in polvere
62
Incontri di una pendolare
Scritto da
Josy Monaco
Vagone del destino
La pazienza, più che una
virtù, è un talento che
si coltiva attraverso le
pratiche di vita quotidiana.
Fiumane arginate di carrelli
pilotati da individui che
si trasformano in soldati
per difendere il delicato
equilibrio della fila alla
cassa di un supermercato.
Oppure, la gestione dello
stress che si accumula negli
uffici postali. Si badi bene,
non il mio bensì quello
delle persone che mi stanno
avanti e indietro, quello
di chi è persino riuscito
a conquistare un posto a
sedere e anche quello degli
impiegati che pur dovendo
lavorare per qualche mese
o poco meno, portano
sul volto l’evoluzione di
uno stato d’animo: dalla
gioia di aver un impiego
dignitosamente retribuito,
all’ansia di ritornare a
cercare grandi occasioni ai
mercatini delle pulci. Tale
mood, viene sfogato sulle
persone pazienti il cui unico
obiettivo è spuntare tutte le
voci della lista degli impegni
settimanali. Non è da meno
la fila negli ambulatori.
Comune a molti, rara a chi
vive di favoritismi. Chi non
ha mai provato l’ebbrezza
di una confessione con uno
sconosciuto?
Una conversazione che
nasce con una risposta
scortese e finisce con un
saluto paragonabile agli
addii degli anni ‘20 e ‘30 che
si caratterizzavano per
fazzoletti colorati che
asciugavano le lacrime di
madri e mogli consapevoli di
non incrociare mai più gli
occhi dell’amore. Avrei una
mole di file da raccontare.
Mi limito a rendervi
partecipi di quella che ha
sviluppato in me un’ansia
catartica. All’inizio della
mia relazione con biglietti,
orari e sedili condivisi ero
molto spaventata. In realtà,
sono ancora del parere che
63
Feuilleton!
N.9 | 2 Dicembre 2014
l’attesa di un treno, soprattutto
per un lasso prolungato di tempo,
costituisca qualcosa di snervante.
Questo lo posso testimoniare io
che nascondo e custodisco un
vassoio di pastarelle nella mia
borsa di cuoio alla quale proprio
ieri sera, seguendo il consiglio di
una sconosciuta incontrata
durante la fila in tabaccheria, ho
dato una bella pulita con un
prodotto impiegato nella pulizia
delle superfici di legno. Tenete
presente che prima di uscire di
casa, ho inebriato i miei capelli
spruzzando il seguente composto:
una pesca matura, due cucchiai di
patchouly, limone e cacao. Ho
letto la ricetta su uno di quei
magazine gratuiti che
distribuiscono le multinazionali
erboristiche negli store arredati
secondo i dettami
dell’arredamento giapponese.
Sono un alone che respira e il
ritardo del treno sta dando la
possibilità agli insetti di
corteggiarmi. Sono seduta su una
delle panchine di pietra di questa
stazione sperduta della periferia
di Napoli. Mentre il vento fa
viaggiare nelle mie narici il mix di
odori che emano, osservo
distrattamente le mappe che
indicano le destinazioni d’arrivo.
Il vociare delle persone confonde i
miei pensieri che ruotano intorno
all’appuntamento che potrei
perdere. Dal mio punto di vista, in
Sguardi
Chi non ha
mai provato
l’ebbrezza di
una confessione
con uno
sconosciuto? Una
conversazione
che nasce con una
risposta scortese
e termina con gli
occhi dell’amore.
tutte le stazioni del
mondo, si verifica il
fenomeno dell’inerzia
dei movimenti: se la
persona che si trova in
vantaggio sulle scale
mobili, ad una
biglietteria, o su un
binario
agisce
frettolosamente tutti gli
altri lo seguiranno
automaticamente. Ebbene,
oggi tocca a me aprire le
danze di teste e colli che
si muovono a destra e a
sinistra nella speranza di
vedere la luce verde che
si accompagna a quella
gialla e luminosa che
sancisce l’arrivo del
treno. Non mi piace
provocare ansia negli
altri. È da ben otto
primavere che ho
imparato ad apprezzare i
doni del tempo che passa
in attesa di iniziare un
nuovo viaggio. È per
questo che ho deciso di
dare un senso alle
cuffiette gialle che ho
posizionato all’entrata
del condotto uditivo:
dopo quaranta minuti,
non fanno più silenzio. Il
folle sulla collina del
quale raccontano i
Beatles continua la sua
avventura. Dedico questo
pezzo della storia della
musica ad una vecchina
piena di buste e pacchi
che tiene tra le mani con
una forza tale da fare
invidia alle giovani
donne che si preoccupano
di rovinare la costosa
manicure realizzata con
un fornetto. Il colletto di
volpino che adorna il
cappotto blu di tessuto
bouclè risalta l’anello
dorato che porta alla
mano sinistra. Non
faccio in tempo ad
offrirle il mio posto a
sedere perché mi segue
con la testa rivolta verso
L’aria della stazione
Biglietti, orari. sedili.
L’attesa di un treno.
L’atmosfera della
stazione. Snervante.
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un miraggio: le rotaie
annunciano che il treno
sta arrivando. Come un
salame di cioccolato
arriva accompagnato
dallo Small Town Boy dei
Bronski Beat. I piedi dei
pendolari che si
affrettano a raggiungere
il vagone sembrano
andare a tempo di musica
e coreograficamente si
accompagnano a quelli di
coloro appena giunti in
stazione. Consapevole
che tutto resterà
immutato per almeno
cinque minuti, mi alzo
con calma. Presto
attenzione al goloso
contenuto della mia
borsa e, accompagnata
dall’alone di profumi,
salgo sul treno e tra una
spallata, un colpo di
ascella e di aliti che non
ricordano rose e violette,
riesco a dispormi vicino
Pastarelle - custodite nella mia
borsa di cuoio bella pulita.
al finestrino. Non mi è dato
di sapere se arriverò o meno
in tempo all’appuntamento
e pertanto spoglio il mio
polso dall’orologio pirate
black, il colore preferito dei
Punk del 1978. Mi è stato
regalato da una parente che
nel 1978 ha vissuto a Londra
facendo propria la filosofia
di vita cantata dai Sex
Pistols. É un po’ sua la colpa
del mio modo di vedere la
vita e dello sguardo perso
che assumo quando osservo
le persone attraverso i vetri
delle finestre dei vagoni
ferroviari. Scarpe, ginocchia
e volti che dietro la serietà
delle labbra chiuse
nascondono una storia. Le
porte si chiudono, il
capotreno fischia. Il viaggio
ha inizio e io incomincio a
fantasticare che il mio
momento preferito non è
lontano: il treno è quasi
arrivato a destinazione e se
qualcuno scende, di certo,
potrò sedermi. La verità è
che per arrivare alla fermata
di mio interesse, occorre
circa mezz’ora. L’occhio nel
cielo, l’Eye in The Sky degli
Alan Parson Project mi
riporta alla realtà dei fatti: il
treno non ha fatto sosta alla
prima fermata. Ha
continuato a proseguire.
Quel che mi suscita
disappunto è che nessuno
dei passeggeri sembra
essersi accorto della cosa.
Probabilmente qualcuno
comincerà a scendere alla
fermata successiva.
Placando i battiti cardiaci,
continuo il mio gioco
preferito: osservo mani,
piedi, occhi, teste. Il
divertimento si interrompe
perché si avvicina a me
l’anziana donna alla quale
non ho ceduto il posto
quando il treno si faceva
attendere. Avvicina il suo
volto a me come in uno
zoom. Pochi centimetri
dividono i nostri occhi. Non
emette alcun suono, eppure
mi parla: mi dice che sono
io che sto conducendo il
viaggio. Sta a me decidere
dove far arrivare il treno
che si fermerà solo quando
sarò io a volerlo. É il viaggio
del cambiamento. Mentre
nei tunnel del suono
penetra un pezzo di musica
Chill out, da grigio e bianco
il vagone assume i toni di
un arcobaleno di luci al
neon. Fuori il cielo si colora
di arancione mentre il sole
sembra un piatto di carta
dipinto con tempera gialla.
I pali ai quali i passeggeri si
mantengono hanno le
fattezze di una canna di
bambù. Il colletto di
volpino della vecchina ora
è orchidea radiante. Con
sorprendente agilità
comincia una lunga corsa
lungo il vagone che di tanto
in tanto interrompe
slittando e sgommando
con le scarpe di velluto
nero con la suola quasi
staccata. Le avrà comprate
per pochi euro in un
mercatino dell’usato.
Questo non ha importanza
perché sfoga la sua follia
staccando l’unico sedile
non occupato lanciandolo
Panchine di attesa
una stazione sperduta
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Feuilleton!
N.9 | 2 Dicembre 2014
Scale mobili
Inerzia dei movimenti.
per aria. Tutti i pendolari
ridono divertiti della cosa.
Tornando indietro, slitta
davanti a me chiedendomi se
io sarei capace di fare quel che
mi sta dimostrando. Trova la
risposta da sola: è negativa. La
paura mi impedisce di
guardare oltre. La prendo
come una sfida e mi metto in
gioco. Vinco l’imbarazzo e
provo a staccare l’obliteratrice.
Non riesco perché non appena
la sfioro assume le sembianze
di una fontana dalla quale
sgorga panna montata che
lentamente crea un fiume
bianco nel vagone.
Continuando a ripetermi che
non ne sono capace, la
vecchina stacca un altro
sedile. Colpita nell’orgoglio,
provo a staccarne uno sul
quale è seduto un uomo in
giacca e cravatta di peso
importante. Di nuovo non
riesco: si è trasformato in un
rinoceronte. La gente intorno
ride, nessuno si spaventa
tranne me. Si, ho paura, è la
verità. Decido di staccare la
musica ma quando porto le
mani alle cuffiette mi accorgo
che non ci sono più. Sono
diventate un’estensione del
mio corpo. Al posto delle
orecchie ho delle casse stereo
di forma circolare. Mentre
osservo la vecchina che urla e
continua a staccare altri sedili
stranamente inoccupati,
perdo la capacità di chiederle
da dove trova tanta forza.
Improvvisamente, il fiume di
panna si fa più profondo. Dai
finestrini sta entrando acqua.
I passeggeri, restano inermi,
osservano ma non protestano
contro un treno che non ha
ancora aperto le porte ad una
fermata. L’acqua ha quasi
riempito l’intero vagone,
eppure la vecchina sembra
non perdere la potenza nelle
braccia e continua ad urlare
senza nemmeno affogare.
Temo che questa sia invece la
mia sorte. Realizzo che non
arriverò mai al mio
appuntamento. Sperando che
le cose cambino, provo a
staccare un sedile. Mi preparo:
pancia in dentro, addome
contratto, sento che le vene
nelle tempie stanno per
scoppiare. L’acqua mi è
nemica. Voglio vincere la
paura. Mentre sto per farcela,
l’arzilla donna salta verso di
me cingendomi la vita: mi
aiuta a staccare il sedile. Ci
riesco. Mi chiede di lanciarlo
verso la porta che delimita il
vagone dove ci troviamo con
quello successivo. Effettuo il
lancio : il sedile va dritto verso
quel che ho preso di mira. Non
si rompe. Ci passa attraverso
trasformando la porta nella
serratura di una chiave.
Comincio a nuotare nel
vagone allagato. Il cielo
arancione inizia a versare
lacrime turchesi. Mi volto, mi
guardo intorno: la vecchina è
lontana da me. Riesco a
sentire la sua voce: mi grida
«Indaco è il tuo colore».
Agito le braccia e le gambe
come una rana tentando di
raggiungerla. Ha ripreso a
staccare i sedili. La calma
degli altri passeggeri mi
genera ansia. Il suono della
sua voce è così acuto da
stimolare il battito cardiaco.
Quando sono abbastanza
vicina le nostre mani si
legano. Guida anche me. Tutte
le porte del vagone hanno
preso le sembianze di una
serratura. L’acqua ci passa
attraverso liberando così il
vagone. Tira la mia borsa. La
apre tirando fuori il vassoio di
pastarelle. Eliminando la
carta ormai bagnata, le prende
una ad una e le lancia sui
passeggeri. Sfogliatelle,
crostatine e babà si fanno
cappelli. Nonostante ciò,
restano inermi. La vecchina,
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Dedica - una vecchina piena
di buste della spesa e pacchi.
senza placare né abbassare
il tono di voce mi spiega che
ognuna delle persone che
vedo, rappresenta i tasselli
della mia formazione
personale che hanno
contribuito a generare in me
traumi. Ci sediamo su quel
che resta dei sedili strappati.
Il pavimento è gommoso e
sui vetri c’ é una patina di
caffè. Riesco ugualmente a
vedere la mia immagine
riflessa. I piedi mi fanno
male. Gli occhi dei pendolari
sono puntati su di me. In
particolare quelli di un
bambino che ha tra le
manine un libro dalla
copertina color indaco.
Provo ad avvicinarmi e gli
chiedo se posso sfogliarlo.
Punta i suoi occhi nei miei
ma non mi da risposta.
Riesco a togliere il libro
dalle sue mani. Lo sfoglio, le
pagine sono bianche. Non ci
sono parole, né disegni.
Glielo restituisco. La
vecchina mi spiega che non
vedo il contenuto perché già
lo conosco. L’ho già letto.
Tutto è successo quando ho
accettato di barattare i miei
ricordi con il folle giullare
delle calze. Con la leggiadria
e l’eleganza di un
maggiordomo d’altri tempi,
vedo entrare dalla porta a
forma di serratura, un uomo
con uno smoking a pois
rosa: mi propone i suoi
calzini speciali. Il volto è
disteso, non sembra stanco.
Ha i capelli nero corvino,
gonfi come quelli di un
clown. Illuminato dai raggi
verde smeraldo riflessi nei
suoi orecchini a forma di
campana tubolare, insiste
affinché io prenda almeno
un paio di calzini. Inizio a
desiderare che la super
vecchina agisca per me.
Così non è. Sembra proprio
che devo sbrigarmela da
sola. Con un gesto simile a
quello di un amico che
accarezza le mani in segno
di conforto, porge i suoi
calzini come una corona.
Scarto la confezione che li
contiene, tolgo gli stivali e
ci infilo i piedi. Spostandosi
come su un tappeto
elettronico, mi lascia e si
avvicina ad una coppia di
passeggeri inermi che con
sorpresa reagiscono alla sua
vicinanza. Predice loro il
futuro e gli lascia una
coperta. Si volta e mi
sorride. Poi, canticchia una
canzone che racconta di
lunghe corse per
raggiungere il treno mentre
i violini continuavano a
suonare con i fischi del
capostazione. Continuando
a cantare, mi chiede di
risolvere un indovinello:
“Lo cerchi, lo desideri ma
non lo riesci ad ottenere.
Eppure è sotto i tuoi occhi, a
volte moltiplicato. Che cosa
sarà mai? Risolvi questo
indovinello e il treno si
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Feuilleton!
N.9 | 2 Dicembre 2014
fermerà alla tua
destinazione. “Priva ormai
della capacità di stupirmi,
partecipo al gioco. Voglio
comunicarlo a quel buffo
individuo ma è vicino alla
porta che si apre offrendogli
delle scale. Poi si chiude e
ritorna ad assumere la
forma di una serratura. Mi
accorgo che la vecchina sta
costruendo qualcosa con i
sedili che ha staccato. Li sta
unendo e nel frattempo ha
infilato dei calzini colorati
come dei guanti. Tocca
l’accumulo di sedili che
prendono le sembianze di
un pianoforte. Inizia a
suonare le note di una
melodia inedita allietando
così l’intero vagone. I
passeggeri si alzano
unendosi in un lento. A me
si avvicina un un ragazzo
ben vestito: occhiali rossi,
abito
elegante,
ventiquattr’ore e personal
computer. Sedutosi accanto
a me scrive mentre batte i
piedi sul pavimento. Luci
colorate rallegrano
l’atmosfera, provengono
dalle mappe di destinazione
poste sopra le porte.
Qualcuno si lancia
allegramente sul pavimento
gommoso dal sapore di
panna. Abbandono il mio
nuovo compagno di viaggio
e comincio a vagare come se
fossi su un tapis roulant che
mi guida. Guardandomi
intorno mi accorgo che tutti
ai piedi hanno i calzini del
folle giullare delle calze. C’è
anche chi li estrae da un
cestino di paglia come se
fossero i fiori da distribuire
in una cerimonia. La
soluzione all’indovinello è
l’unica cosa che non vedo.
Così, decido di unirmi alla
mischia e comincio a
divertirmi. Batto le mani,
saltello qui e la, giro intorno
ai paletti fatti di canna di
bambù e corro slittando
come la buffa vecchina. Sul
più bello arriva un
controllore. Nelle mani ha
un’obliteratrice che per
l’occasione si è trasformato
in una chitarra. Prendo uno
dei miei stivali e lo utilizzo
come se fosse una tromba.
Tutto sembra aumentare in
velocità. Gambe e braccia mi
tremano. La bocca si apre
senza il mio comando.
Canto con una voce che non
sembra la mia. Dal
pavimento cresce una
pianta che porta alla vetta
non un fiore, bensì uno
spartito musicale senza
note. Mi concentro e come
La corsa - verso il vagone che
sembra andare a tempo di musica.
per magia creo una nuova
melodia. Ricevo applausi e
fischi di gradimento. La
vecchina si avvicina a me
come all’inizio del viaggio:
mi dice che dobbiamo
tornare indietro. Facciamo il
percorso a ritroso e tutti
cantano in coro per
comunicarmi che ho risolto
l’indovinello. Tutto inizia a
tremare. I sedili con sopra
anche i passeggeri, iniziano
a staccarsi uno ad uno
mentre un tappeto si srotola
lungo tutto il vagone
diramandosi a destra e a
sinistra verso le porte
d’uscita. Il cielo riprende il
suo colore azzurro, i pali di
canna di bambù tornano ad
69
essere di ferro.
Lentamente tutto torna
alla normalità. Sono sola
in quel vagone. Il treno
comincia a fermarsi
stazione dopo stazione.
Metto le mani in tasca:
cerco l’orologio. Sono
curiosa di sapere che ora
è. Le luci nel vagone si
spengono. È buio.
L’unica luce che scorgo è
quella dei raggi del sole
che provano ad entrare
tunnel dopo tunnel. Le
porte hanno ancora le
sembianze di una
serratura gigante. Le
oltrepasso. Mi accorgo
che ci sono delle persone.
Sono statue di gesso
dallo sguardo amorfo e
senza vita. Sono l’unica
alla quale batte il cuore.
Non c’è più nessuno.
Nemmeno il mondo c’è.
Ci sono soltanto io. È la
resa dei conti finale.
Porte - il capotreno fischia
e il viaggio ha subito inizio.
Guardo fuori. Il treno è in
una galleria. C’è pietra
intorno e non c’è via
d’uscita. Mi guardo intorno.
Mi volto. Dietro di me tutto
è in miniatura. Mi spavento
e inizio ad andare veloce.
Vedo una luce provenire
dall’ esterno. Non mi
sembra il sole. Mi affaccio al
finestrino. Il treno sta
prendendo colore, si sta
velocemente vestendo di
toni psichedelici, quasi
sembra virtuale. Le persone
sono tornate vive.
Improvvisamente si alzano
tutti. Odo in lontananza
applausi e fischi. Al centro
trovo la vecchina con in
mano una busta dalla quale
tira fuori mele rosse che
rotolano sul pavimento
gommoso. Saranno
all’incirca più di un
centinaio di mele.
Lentamente i passeggeri si
mettono in fila davanti a lei
ballando la samba e
schioccando le dita sul
percorso tracciato dai frutti
del peccato. Sento dentro di
me una musica che parte.
Mi volto e vedo un’altra fila
di passeggeri. Come in una
catena di montaggio,
ognuno coreograficamente
si passa i miei dolci. Il
penultimo della fila li
poggia uno ad uno sul capo
prima di riporli nel vassoio
di cartone che non è più
bagnato. Quando l’ultimo
pasticcino ha concluso la
coreografia, tutti i
passeggeri si uniscono in un
trenino di festa che si
muove lungo tutto il
vagone. Avanzano verso di
me. È il mio pensiero che li
dirige. Passato e presente
stanno per scontrarsi. Io al
centro. Hanno il potere
schiacciarmi. A me la scelta.
Urlo e tutto si ferma. Le
porte del treno si aprono.
Mi volto. Non c’è più
nessuno. Le due file sono
sparite. Intravedo il nome
di una stazione: la vecchina
scende. Mi affaccio di
nuovo al finestrino: il treno
è, di nuovo, il freddo
prodotto di un progetto
ferroviario. Il mio volto è
riflesso nel vetro: un paio
di orecchini di perla
adornano i miei lobi
insieme alle cuffiette. Una
nuova fermata: il bambino
con il libro indaco, mano
nella mano con la sua
mamma, scende. Ci vuole
ancora un po’ affinché
giunga anche il mio turno.
Edifici, campi di grano,
laghi e strade sembrano
scarabocchi di velocità fino
a quando non assumono
l’aspetto che tutti
conosciamo quando anche
il folle giullare delle calze
conclude il suo viaggio.
Una mela che rotola sul
pavimento accompagna la
mia attesa. I suoni
dell’Africa annunciano la
mia destinazione. Le porte
impiegano qualche minuto
per aprirsi. Si fondono e si
trasformano di nuovo in
una grande serratura fino
ad aprirsi. Mi diramano
qualche scalino che solco
quasi con dispiacere. Non
ho più paura.
Surreale - tutto si
trasforma all’interno.
70
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
il lettore!
Indro Montanelli
stanco della vecchia
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