Impatto Magazine: Gli indici statistici // N. #9 // 2 dicembre 2014
www.impattomagazine.it // info@impattomagazine.it // Impatto Magazine: Gli indici statistici. Questa settimana in primo piano: Ritorna il meeting dell'Opec, nasce l'asse Arabia Saudita - Stati Uniti per mettere in difficoltà Russia e Iran? Follow Us on Facebook: https://www.facebook.com/impattomagazine
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Editoriale<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Novantotto anni<br />
di casi sull’amianto<br />
Arriva la sentenza beffa, Mr. Eternit non dovrà più scontare<br />
diciotto anni e risarcire le famiglie delle migliaia di vittime.<br />
Flavio<br />
Di Fusco<br />
R<br />
isale al 1906 la<br />
prima sentenza,<br />
in materia civile,<br />
che, “in nome<br />
di Sua Maestà<br />
Vittorio Emanuele<br />
III”, dichiarava la pericolosità<br />
dell’amianto.<br />
La questione, promossa dalla<br />
società inglese British Asbestos<br />
Company Limited contro un<br />
giornale piemontese, riguardava<br />
un articolo che parlava dei<br />
problemi di una fabbrica<br />
amiantifera della provincia di<br />
Torino. I giudici respinsero le<br />
richieste della società certificando<br />
che la lavorazione era dannosa<br />
per la salute. L’ultima a riguardo,<br />
invece, risale a poco più di una<br />
settiana fa ed ad esprimersi è<br />
stata proprio la Suprema Corte<br />
di legittimità, la Cassazione;<br />
il magnate svizzero Stephan<br />
Schmidheiny, Mr. Eternit per dirla<br />
in breve, non dovrà più scontare<br />
diciotto anni di reclusione e<br />
risarcire le famiglie delle migliaia<br />
di vittime dell’amianto, e ciò<br />
non perché il fatto non sussista<br />
o non costituisca reato, ma per<br />
intervenuta prescrizione nel caso<br />
specifico di disastro ambientale.<br />
Tremila morti, tremila anime<br />
ammalatesi di mesotelioma<br />
pleurico ed asbestosi, tutte<br />
appartenenti ai paesi di Casale<br />
Monferrato (Alessandria),<br />
Cavagnolo (Torino), Rubiera<br />
(Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).<br />
Nell’Aprile 2013, la Corte d’Appello<br />
di Torino aveva condannato Sir<br />
Eternit e Socio – il barone belga<br />
Louis De Cartier, morto prima<br />
della sentenza, a diciotto anni di<br />
reclusione (due in più rispetto<br />
al verdetto di primo grado) più<br />
risarcimento di cento milioni di<br />
euro (alle novecentotrentadue<br />
parti lese) per disastro doloso.<br />
Da quanto si legge dalla sentenza,<br />
i galantuomini avrebbero<br />
continuato a mantenere operative<br />
le proprie fabbriche pur essendo<br />
a conoscenza dell’alta tossicità<br />
dell’amianto.<br />
Troppo tempo è passato dai fatti e<br />
quindi è stato tutto annullato; non<br />
si sarebbe potuto fare altrimenti,<br />
come spiega lo stesso Iacoviello<br />
(PG) che ha avallato la richiesta di<br />
prescrizione, “contestare il reato<br />
di disastro ambientale è stato un<br />
errore giuridico, perché questo<br />
tipo di accusa non è sostenuta<br />
dal diritto”. A differenza del<br />
reato per il crollo di una casa che<br />
è immediatamente contestabile,<br />
non è giuridicamente possibile<br />
prevedere la permanenza di un<br />
reato che causa morti a distanza di<br />
parecchi decenni.<br />
Il mesotelioma maligno, difatti,<br />
ha un’alta latenza (cioè si<br />
manifesta solo molti anni dopo<br />
l’esposizione all’amianto). La<br />
Cassazione ha stabilito che di<br />
amianto non si muore, o meglio<br />
si muore, ma, poiché l’omicidio<br />
non è imputato contestualmente<br />
all’accusa di disastro ambientale,<br />
il colpevole va assolto. Il processo<br />
del secolo si è concluso con una<br />
sentenza beffa, nessun colpevole.<br />
La parola “Amianto” deriva dal<br />
greco e significa incorruttibile…<br />
d’altronde come la fedina penale<br />
di Patron Eternit.<br />
2
“<br />
Chi di voi<br />
vorrà fare il<br />
giornalista,<br />
si ricordi di<br />
scegliere il<br />
proprio padrone:<br />
il lettore!<br />
Indro Montanelli<br />
stanco della vecchia<br />
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3
I teutonici dopo decenni di egemonia economica in Europa<br />
iniziano ad arrancare e intanto la Bretagna tenta il soprasso.<br />
Ormai è indiscutibile<br />
il ruolo di leader<br />
che la Germania ha<br />
assunto in Europa,<br />
sia dal punto di<br />
vista economico<br />
Marco<br />
Tregua<br />
Editoriale<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Germania una<br />
leadership a tempo?<br />
sia in ambito politico, ma<br />
questa leadership può essere<br />
incontrastata o ci sono altre<br />
potenze europee pronte a lanciare<br />
il guanto di sfida?<br />
Di certo sono tanti i paesi che<br />
versano in condizioni difficili e<br />
che non hanno come obiettivo<br />
l’assunzione di una posizione di<br />
vertice, bensì puntano a risolvere<br />
rilevanti problemi interni e<br />
a rientrare quanto prima nei<br />
parametri di Maastricht che,<br />
sempre più spesso, sono oggetto<br />
di deroga e testimoniano le forti<br />
condizioni di indebitamento in<br />
cui alcune economie nazionali<br />
versano. I dissesti finanziari di<br />
Grecia, Italia, Spagna e Portogallo<br />
sono sotto gli occhi di tutti e<br />
tra prestiti, debiti e presunte<br />
rivoluzioni nel mondo del lavoro,<br />
le condizioni sembrano ormai<br />
destinate a cambiare molto<br />
lentamente e, forse, molto<br />
difficilmente.<br />
Nello scenario europeo c’è, però,<br />
una nazione solida, con un ricco<br />
patrimonio di risorse naturali<br />
e che non è sempre considerata<br />
nelle analisi di più ampio respiro,<br />
visto che non ha adottato la<br />
moneta unica; si tratta del Regno<br />
Unito, che ancora una volta si<br />
appresta a chiudere l’anno con la<br />
prestigiosa etichetta di economia<br />
europea con la crescita più rapida<br />
tra i maggiori stati. Le previsioni<br />
del 2013 sono state confermate dai<br />
dati registrati nell’anno in corso<br />
e ciò che sottolinea con maggior<br />
forza le buone condizioni di salute<br />
delle casse della terra d’Albione è<br />
l’ammontare del deficit pubblico,<br />
in netto calo per la prima volta<br />
dagli anni della crisi.<br />
Le previsioni, inoltre, sono<br />
particolarmente rosee e<br />
l’economia del Regno Unito si<br />
lancia in corsia di sorpasso a danno<br />
della Germania, operazione che,<br />
secondo autorevoli stime, sembra<br />
potersi realizzare nel 2030, dopo<br />
un sostanziale affiancamento nel<br />
2028. I punti di forza dello scenario<br />
d’oltremanica sono la forza della<br />
moneta, un livello di imposizione<br />
fiscale sopportabile e la crescita<br />
della popolazione, ma soprattutto<br />
il potere d’acquisto delle famiglie,<br />
che riprende a crescere per la<br />
prima volta dal 2009. I dati raccolti<br />
nell’ultimo biennio mostrano,<br />
addirittura, il Regno Unito come<br />
l’economia più forte del mondo<br />
occidentale subito dopo gli<br />
Stati Uniti. Ma chi capitanerà<br />
la corsa al PIL più alto nel 2030?<br />
Beh, sembrano essere pochi i<br />
dubbi: la Cina quadruplicherà il<br />
proprio prodotto interno lordo<br />
nei prossimi 15 anni e, a sua volta,<br />
realizzerà uno storico sorpasso<br />
sugli Stati Uniti, mentre un’altra<br />
“nuova” economia si farà spazio<br />
verso il podio dei paesi più ricchi,<br />
vale a dire l’India, altro esempio<br />
di crescita che prosegue a ritmi<br />
elevati. Queste, ovviamente,<br />
sono previsioni e tra un anno<br />
si potranno già avere alcune<br />
risposte rilevanti.<br />
4
Sommario<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
!MPATTO<br />
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Attualità<br />
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Economia<br />
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Cultura<br />
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Editorialisti<br />
Valerio Varchetta<br />
Traduzioni<br />
Dario Rondanini<br />
Grafica<br />
Ennio Grilletto<br />
Vittoria Fiorito<br />
16<br />
Attimi di<br />
colore<br />
National Geographic ci mostra<br />
la vita come un caleidoscopio.<br />
59.<br />
Venti<br />
anni<br />
La paura e la rinascita<br />
della capitale Kigali a<br />
venti anni dal terribile<br />
genocidio in Ruanda.<br />
15.<br />
43.<br />
Angolo del Libro.<br />
Buio Rosso<br />
Un nuovo romanzo composto<br />
da dieci racconti thriller.<br />
45. L’Immacolata<br />
51.<br />
55.<br />
66.<br />
Viaggio nei cibi tradizionali<br />
italiani dell’8 <strong>dicembre</strong>,<br />
Stazioni Napoletane.<br />
Linea Uno<br />
Racconto sugli strampalati<br />
ragionamenti in un vagone.<br />
Storie all’interno<br />
di baracche: Plastic<br />
Avventure noir in un futuro<br />
che non riconosce l’umanità.<br />
In attesa sul binario.<br />
Vagone del destino<br />
I dolci e romantici racconti<br />
di una giovane pendolare.<br />
Edito da<br />
Gruppo Editoriale <strong>Impatto</strong><br />
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Testata Registrata presso il tribunale<br />
di Napoli con decreto presidenziale<br />
numero 22 del 2 Aprile <strong>2014</strong>.<br />
Le foto presenti su <strong>Impatto</strong> Mag sono state in larga parte prese da<br />
Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli<br />
autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono<br />
segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@impattomagazine.it)<br />
che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.<br />
7. 21.<br />
Spettro dell’autismo, un<br />
aquilone che vola.<br />
C’erano una volta i bambini<br />
luna. Ossia lo spettro autistico e<br />
il modo diverso di guardare un<br />
mondo che non esclude.<br />
Fara Williams, il mediano<br />
senza un tetto in cui vivere.<br />
La calciatrice del Liverpool,<br />
pilastro della nazionale<br />
femminile inglese, racconta la<br />
propria vita da senza tetto.<br />
5
<strong>Gli</strong><br />
<strong>indici</strong><br />
<strong>statistici</strong><br />
Quando Andrew Forrest decise di<br />
affrontare il problema della schiavitù,<br />
Bill Gates ebbe gli consigliò di trovare<br />
un modo per quantificarla. Statistica,<br />
croce e delizia delle analisi sulla<br />
contemporaneità.<br />
29.<br />
35. 39. 43.<br />
Ecco il ritorno dell’OPEC.<br />
Scenari in evoluzione.<br />
Massimo Gramellini. Il<br />
coraggio di fare bei sogni.<br />
Home recording, ma è un<br />
arma a doppio taglio?<br />
Non vi sarà nessun taglio alla<br />
produzione del petrolio. Arabia<br />
Saudita e USA si muovono a<br />
discapito di Russia ed Iran.<br />
Massimo Gramellini e la sua<br />
infanzia. Un amore troppo<br />
grande, strappato troppo presto,<br />
da braccia troppo piccole.<br />
Tutti i segreti sul creare musica<br />
direttamente da casa. Esempi<br />
famosi di una pratica artistica<br />
sempre più diffusa e produttiva.<br />
6
Società<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Un aquilone<br />
che vola<br />
C’erano una volta i bambini luna. Lo<br />
spettro autistico e il modo diverso di<br />
guardare il mondo. Ma sempre con il<br />
coraggio di affermare: “Chi sono io.<br />
Ragazzo autistico”<br />
I bambini - I bambini delle fate<br />
aprono orizzonti e liberano un mondo<br />
racchiuso in uno scrigno. Sta a noi<br />
capire il tesoro racchiuso nello scrigno.<br />
Sta a noi creare una rete per permettere<br />
loro di non cadere ma volare.<br />
Redatto da<br />
Giorgia Mangiapia<br />
7
“Un aquilone che vola forte e<br />
visibile. Se manca l’aria cade”<br />
Spiegaci questa tua frase<br />
“Sono io. È la mia via vita da<br />
ragazzo autistico sicuro che senza<br />
l‘aiuto di tutti, non vive.”<br />
Qualcosa da aggiungere?<br />
“Resistiamo se esistiamo”.<br />
A parlare è Andrea. Un bambino<br />
pesce o un bambino della luna.<br />
Così in passato si preferiva<br />
definire chi sente le cose in modo<br />
diverso, né in meglio né in peggio,<br />
ma con una visione prospettica<br />
diversa della realtà. Come se su<br />
una tavolozza di colori non si<br />
percepissero e vedessero colori<br />
pastello ma colori accesi, vivi e<br />
chiassosi e come se - in un luogo<br />
all’aria aperta - le voci intorno, i<br />
suoni e i rumori fossero amplificati<br />
mentre le immagini restano<br />
sfocate creando confusione e<br />
disadattamento. La difficoltà<br />
principale che s’incontra, nel<br />
tentativo di declinare la composita<br />
e multiforme espressione<br />
eziopatologica dello spettro<br />
autistico, è derivante dal fatto<br />
che esistono diverse chiavi di<br />
lettura e di interpretazione<br />
delle sue forme. Oggi si parla<br />
di ASD. Disturbi dello spettro<br />
autistico caratterizzati da una<br />
compromissione delle relazioni<br />
sociali, da una perseverazione e<br />
da un deficit di comunicazione<br />
e rappresentano un disturbo o<br />
ancor meglio una sindrome – lì<br />
dove con il termine sindrome si<br />
definisce ciò che non si riesce a<br />
catalogare al meglio e ciò che non è<br />
preciso – pervasiva dello sviluppo<br />
con una prevalenza riportata in<br />
stime che va da 1/150 a 1/88. Si<br />
nasce autistici o lo si diventa?<br />
L’autismo rappresenta ancora<br />
oggi un enigma e la sua eziologia è<br />
ancora in gran parte sconosciuta.<br />
Vi è una componente genetica<br />
significativa tra le cause così<br />
come determinanti sono i fattori<br />
ambientali - si pensi alle infezioni<br />
materne, ai deficit immunitari,<br />
all’esposizione in fase neonatale<br />
ad agenti neurotossici– o anche<br />
cause alimentari o ambientali<br />
Da un lato - Melanie Klein<br />
descrisse l’autismo per prima.<br />
Dall’altro - Leo Kanner è stato lo<br />
scopritore della sindrome di Kanner.<br />
8
Società<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Vedo le parole e non riesco a dirle<br />
Quando un pensiero emoziona, non conta<br />
sia espresso in parole. Ci sono momenti,<br />
in cui un sorriso scatena sensazioni<br />
impossibili da limitare in una parola.<br />
su una base poligenica e di<br />
deprivazione affettiva che<br />
potrebbero rivestire un ruolo<br />
predisponente allo sviluppo<br />
della patologia. Alcune<br />
ricerche hanno investigato<br />
anche sull’assunzione di<br />
zinco, alluminio e di altri<br />
metalli pesanti e di un<br />
serto liquido usato negli<br />
anni passati per iniettare i<br />
vaccini che poteva essere<br />
dannoso, da qui l’allarmismo<br />
dilagante su internet nei<br />
confronti delle vaccinazioni.<br />
I dati epistemologici<br />
nell’ultimo decennio hanno<br />
rilevato un aumento dei<br />
casi di spettro autistico che,<br />
in parte derivante da una<br />
migliore definizione dei<br />
criteri diagnostici e da una<br />
maggiore attenzione alle<br />
patologie neuropsichiatriche<br />
dell’età evolutiva, richiede –<br />
a prescindere dalle<br />
cause di quest’aumento<br />
nell’incidenza - un profondo<br />
processo di riorganizzazione<br />
dei servizi. Partendo da quelli<br />
sanitari per la tempestività<br />
delle diagnosi e la<br />
standardizzazione dei criteri<br />
diagnostici, per la continuità<br />
stessa tra diagnosi e inizio<br />
di un adeguato progetto<br />
terapeutico integrato<br />
precoce.<br />
Vedo le parole e non<br />
riesco a dirle - È sempre<br />
Andrea a parlare attraverso<br />
la comunicazione facilitata.<br />
Andrea emoziona. Per<br />
conoscere le persone, tocca<br />
la loro pancia e l’accarezza.<br />
In un mondo in cui non si<br />
va più d’istinto né di pancia<br />
ma si ragiona e razionalizza,<br />
si costruiscono strategie<br />
e strade spianate, Andrea<br />
scardina tutto. Tocca la<br />
pancia senza preavviso, di<br />
scatto e crea un contatto.<br />
Lui che ha, nella sua<br />
sindrome, difficoltà nel<br />
creare e mantenere rapporti<br />
relazionali prende l’iniziativa<br />
9
ed è estremamente fisico. “Sento<br />
la pancia di persone per conoscere<br />
chi mi sta vicino. Mi presento alle<br />
persone toccandole e sto tranquillo.<br />
Se Andrea non tocca vedo confusione<br />
e ko per Andrea che si agita. Faccio<br />
le prove di controllarmi ogni giorno.<br />
Devo mettere in ordine tante cose<br />
e aspetto finché non resisto più<br />
e sto male. Andrea chiede aiuto a<br />
testa confusa e male sto”. Andrea è<br />
fortunato perché è consapevole della<br />
situazione, lotta contro se stesso,<br />
non invano se riesce a mantenere<br />
alta la consapevolezza, ed ha un<br />
obiettivo: farsi conoscere e far<br />
conoscere quello che erroneamente<br />
definiamo autismo perché solo così<br />
potrà esistere e resistere. Non esiste<br />
l’autismo. Esistono gli autismi<br />
o meglio, per usare il termine<br />
appropriato, esistono i disturbi,<br />
al plurale, dello spettro autistico.<br />
La parola spettro indica proprio<br />
un continuum in cui l’espressione<br />
clinica di tale disturbo si differenzia<br />
attraverso il livello di gravità della<br />
sintomatologia nei due sintomi<br />
principali. L’errore principale sta<br />
nella generalizzazione mentre in<br />
realtà ogni caso è a sé.<br />
Quali sono le forme di autismo?<br />
L’autismo autistico sindrome<br />
di Kanner rappresenta il quadro<br />
psicopatologico più grave tra quelli<br />
che comportano un disturbo dello<br />
sviluppo. Forte è la siderazione<br />
affettiva, l’ossessivo e pregnante<br />
rifiuto di accettare la vicinanza degli<br />
altri, il ritardo dello sviluppo per<br />
il quale il soggetto non raggiunge<br />
lo stadio degli oggetti e ciò genera<br />
ansia, manifesta comportamenti<br />
caratterizzanti di vero terrore se un<br />
oggetto è spostato dal suo posto,<br />
diviene un despota che impone le sue<br />
scelte, sembra quasi non avvertire<br />
il dolore. Esistono anche altre<br />
forme di autismo come l’x-fragile,<br />
la sindrome di Rett, di Angelam,<br />
la sindrome da intolleranza che<br />
rientrano nella sfera genetica<br />
mentre vi è una casistica che è una<br />
risposta allo stress acuto e cronico<br />
e di cui fanno parte le sindromi<br />
ipercinetiche (si compongono di<br />
un’enorme varietà di quadri che<br />
Newton - teorico della gravità,<br />
mostro segni d’autismo in vita.<br />
Einstein - Autistico secondo molti<br />
studiosi, teorizzò la relatività.<br />
10
Società<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
La conoscenza<br />
Un mondo chiuso in uno<br />
sguardo. Un mondo da scoprire<br />
attraverso i sensi e la tecnologia.<br />
Lì dove una logica sembra non<br />
esserci, si trova un universo<br />
parallelo di significati.<br />
vanno da una normale<br />
irrequietezza sino a<br />
raggiungere forme<br />
gravi come l’autismo<br />
ipercinetico), i disturbi<br />
della personalità<br />
(tra le diverse forme<br />
classificatorie vanno a<br />
collocarsi quelle derivanti<br />
da psicopatologia da<br />
atteggiamento iperrazionale,<br />
quelli derivanti<br />
dalla sindrome da deficit<br />
di sviluppo psicomentale<br />
e la più diffusa<br />
sindrome di Asperger-<br />
Bordeline. I casi ad alto<br />
funzionamento, per<br />
intenderci), il ritardo<br />
dello sviluppo psicomentale.<br />
I bambini<br />
che rientrano nello<br />
spettro autistico non<br />
seguono i modelli<br />
tipici dello sviluppo<br />
infantile e la pervasività<br />
della sintomatologia<br />
determina condizioni di<br />
disabilità, con limitazioni<br />
gravi nell’autonomia.<br />
In comorbilità con altre<br />
patologie psichiatriche e<br />
comportamenti alimentari<br />
atipici presentano spesso<br />
problemi comportamentali<br />
come aggressività.<br />
Incontinenza emotiva,<br />
ritardo dello sviluppo<br />
mentale, riduzione<br />
massiccia degli interessi<br />
sociali, compromissione<br />
del linguaggio sono<br />
alcune delle conseguenze<br />
dei diversi disturbi che<br />
si presentano in ogni<br />
soggetto a livello diversi.<br />
E di nuovo ritornano le<br />
parole di Andrea: “Sono<br />
un uomo imprigionato<br />
nei pensieri di libertà”.<br />
Per spezzare le catene<br />
della prigione da cui<br />
Andrea vuole uscire,<br />
contro qualsiasi profilo<br />
clinico, Franco prende<br />
suo figlio Andrea e parte<br />
per un viaggio senza<br />
schemi. Senza bussola<br />
e senza coordinate.<br />
Una mossa azzardata e<br />
pericolosa che avrebbe<br />
potuto provocare<br />
ulteriori danni in un<br />
soggetto che, per la sua<br />
sindrome, avrebbe<br />
potuto dare risposte di<br />
disagio e di malessere di<br />
fronte ai cambiamenti<br />
repentini e che avrebbe<br />
potuto scatenare crisi di<br />
rabbia verso sé o gli altri<br />
a causa delle stereotipie<br />
e della ripetitività dei<br />
gesti che la patologia<br />
porta a sviluppare. Un<br />
viaggio in America in<br />
moto per tre mesi e per<br />
chilometri dagli Stati<br />
Uniti al Centro e Sud<br />
America. Si è trattato<br />
dell’esperimento di un<br />
padre che ha rischiato.<br />
Un padre che ha voluto<br />
dimostrare di prendere<br />
“di pancia” una realtà<br />
che ti cambia la vita.<br />
Te la stravolge. “O mi<br />
metto a piangere tutta<br />
la vita o mi abbatto e<br />
butto giù – com’è facile<br />
che succeda perché è un<br />
dramma molto grosso<br />
questo dell’autismo<br />
quando entra nelle<br />
famiglie – oppure decidi<br />
che non deve essere così.<br />
Decidi che devi metterci<br />
l’energia, la positività,<br />
decidi soprattutto che è<br />
tuo figlio che a due anni<br />
e mezzo si trova a vivere<br />
una vita probabilmente<br />
in salita rispetto a tutti<br />
gli altri”. Da qui il<br />
viaggio. Le emozioni.<br />
Un viaggio per perdersi<br />
e ritrovarsi. Un viaggio<br />
raccontato in un libro<br />
ormai ben conosciuto<br />
Se ti abbraccio non<br />
aver paura. Un viaggio<br />
per far conoscere una<br />
11
Tangram - Giochi per comunicare.<br />
Forme per costruire. Tangram e<br />
costruzioni per creare e riordinare.<br />
Come tanti piccoli tasselli messi in<br />
equilibrio nella mente.<br />
Dalla nascita - Il diritto ad una<br />
vita che gli offra la possibilità di<br />
esprimere e potenziare le proprie<br />
intelligenze.Un diritto dell’uno e del<br />
ciascuno. Un diritto da garantire.<br />
realtà. La realtà di chi ha<br />
un mondo chiuso in uno<br />
scrigno. Franco Antonello<br />
ha fondato l’Associazione “I<br />
bambini delle fate” affinché<br />
ci si apra ad un’educazione<br />
sociale. Affinché si crei nel<br />
quotidiano una rete fatta di<br />
piccoli gesti che possono<br />
aprire orizzonti, segnare<br />
un cammino e liberare un<br />
mondo racchiuso in uno<br />
scrigno. Nell’intervista al<br />
Professor Silvio Campi –<br />
Fondatore dell’Associazione<br />
di Ricerca - Intervento in<br />
Età evolutiva e Psicologo<br />
dirigente presso l’ASL RM<br />
A di Roma – si è parlato<br />
proprio delle tecniche<br />
comportamentistiche che<br />
si basano sull’insegnare<br />
all’ambiente ad adattarsi<br />
al soggetto son sindrome<br />
da disturbo dello spettro<br />
autistico perché “l’autismo<br />
è un enorme bisogno.<br />
S’insegna a convivere.<br />
S’insegna a lavarsi, a vestirsi<br />
e questo è tantissimo per chi<br />
non riesce a convivere con<br />
un figlio autistico”. Creare<br />
un sostegno e una rete per<br />
sostenere e supportare<br />
affinché vi sia una riduzione<br />
del danno. E se prima<br />
non c’erano tutte queste<br />
tecniche così strutturate<br />
in realtà chi lavora con<br />
empatia e coscienza le<br />
strade, per una riduzione<br />
del danno, se le apriva<br />
e spianava. Il professor<br />
Campi ricorda: “Ho seguito<br />
un bimbo autistico negli<br />
anni ’80. È diventato<br />
Campione di Maratona<br />
nelle Paraolimpiadi.<br />
Correva come un matto.<br />
Non parlava ma correva”.<br />
La sua esperienza insegna<br />
che poter lavorare con<br />
bambini che la società<br />
ritiene “diversi” arricchisce<br />
e apre nuove prospettive.<br />
Il problema, sottolinea<br />
Campi, è che ci si occupa<br />
12
Attualità Società<br />
N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre <strong>2014</strong><br />
Alfred Hitchcock - famoso<br />
regista horror, fu affetto durante<br />
la vita dalla Sindrome di Kanner.<br />
Charles Schulz - fumettista<br />
e creatore dei Peanuts, in<br />
vita fu anche esso autistico.<br />
Il percorso è<br />
illuminato ed<br />
io viaggio dalla<br />
parte di coloro<br />
che sono<br />
venuti molto<br />
prima di me, e<br />
sarà brillante<br />
per coloro che<br />
mi seguono.<br />
“<br />
Hans Asperger<br />
teorico della Sindrome<br />
dei bambini autistici ma<br />
“un adulto autistico che<br />
fine fa?”. “ Se si tratta di un<br />
autistico grave diviene un<br />
adulto psicotico e il destino<br />
è psichiatrico perché in quel<br />
caso non vi è altra via. Se si<br />
tratta di una forma leggera di<br />
autismo la via d’inserimento<br />
è possibile. Ciò che nel<br />
bambino era una patologia<br />
nell’adulto può divenire un<br />
carattere. Adulti caratteriali e<br />
tutti i caratteri hanno motivi<br />
di esistere”. L’importante è<br />
agire e fare, accogliendo senza<br />
generalizzare per costruire<br />
dei percorsi appropriati della<br />
presa in carico delle persone<br />
con autismo. Alla stessa<br />
maniera, Franco Antonello:<br />
“C’è chi dice che vivere con<br />
un figlio autistico significa<br />
sottostare a una specie di<br />
tirannia. Mi viene da ridere al<br />
pensiero di cosa accadrebbe<br />
al mondo se cadesse sotto il<br />
controllo di Andrea. Per prima<br />
cosa le settimane avrebbero<br />
un colore. Nella settimana del<br />
rosso via libera al commercio<br />
di carote, arance, pomodori.<br />
Sovvenzioni solo a questi<br />
produttori e blocco totale alla<br />
circolazione di camion con<br />
broccoli, verze e piselli. Ma<br />
quando arriva la settimana<br />
verde i negozi si riempiono<br />
delle verdure prima vietate,<br />
le casse d’arance vengono<br />
13
Andy Warol - fotografo e artista,<br />
è un esempio della teorizzata<br />
unione tra autismo e genialità.<br />
Woody Allen - Cinque volte<br />
premio Oscar, l’umorista di<br />
New York ha la Kanner.<br />
“<br />
“<br />
Credetemi<br />
ma per avere<br />
successo<br />
nella scienza<br />
e nell’arte<br />
un pizzico<br />
di autismo<br />
è davvero<br />
essenziale.<br />
Marine Hans Asperger Le Pen<br />
Europarlamentare<br />
pediatra austiaco<br />
immediatamente rispedite<br />
in Sicilia e le carote infilate,<br />
una a una, nel terreno.<br />
Naturalmente nel punto<br />
esatto da cui erano state tolte,<br />
che non si possono mica<br />
mettere carote provenienti<br />
dalla Francia su terra<br />
ferrarese. Non ci sarebbe<br />
mai una settimana viola,<br />
peccato per i fan di prugne<br />
e melanzane.” Un mondo<br />
visto con occhi diversi spesso<br />
incapaci di metterlo in parole<br />
ma che, forse, come in uno<br />
scrigno ne percepiscono<br />
maggiori sfumature più<br />
intense e più pure. Andrea<br />
così scrive: “Ragazzo autistico<br />
sono io con povere risorse ma<br />
consapevole di essere forte<br />
adolescente, paure come<br />
tutti i miei compagni ho di<br />
diventare vero adulto con<br />
intelligente cuore, voglio<br />
vita piena di lunghi pensieri<br />
per altri indifesi amici, unico<br />
scopo servire con tanti sogni<br />
per aiutare gente che bisogno<br />
doloroso ha. Tantissimo ho da<br />
dare. Dico sono tanto diverso<br />
con figura fuori uguale agli<br />
altri, dentro giostra di colori<br />
ho. Niente di stonato universo<br />
con pianeti da scoprire ho<br />
nel mio diverso cervello di<br />
ragazzo che lotta per crescere<br />
migliore”. Un aquilone di<br />
colori che vibra nell’aria della<br />
vita.<br />
14
Attualità<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
paura e rinascita<br />
kigali<br />
venti anni dopo la<br />
strage<br />
Redatto da<br />
Valerio Varchetta<br />
Ad un ragazzo di 20<br />
anni o meno, che oggi<br />
inizia l’università o sta<br />
per terminare la scuola,<br />
con ogni probabilità il<br />
nome Ruanda non dirà<br />
molto. Sarà uno dei<br />
tanti Paesi dell’Africa,<br />
poveri, con numerosi<br />
contrasti sociali,<br />
con una democrazia<br />
precaria, al pari di tanti<br />
altri. Dire Ruanda,<br />
Burundi o Repubblica<br />
Centrafricana vorrà dire<br />
quasi la stessa cosa.<br />
Per chi invece ha solo<br />
pochi anni in più e,<br />
nell’estate del 1994, era<br />
anche solo un ragazzino,<br />
questa parola, questo<br />
nome è associato ad<br />
uno dei più spaventosi<br />
eventi della storia<br />
recente: il genocidio<br />
tra Hutu e Tutsi.<br />
La tragedia tra<br />
l’indifferenza del Mondo<br />
Nel 1994, tra le notizie<br />
che arrivavano dai<br />
Balcani e l’attesa per i<br />
Mondiali di calcio negli<br />
Stati Uniti, irruppero<br />
le notizie provenienti<br />
dall’Africa, e dal<br />
Ruanda in particolare,<br />
sul massacro che si<br />
stava svolgendo in quel<br />
Paese, e che in tre mesi<br />
causò tra gli 800’000<br />
e il milione di morti,<br />
frutto di una lotta tra<br />
i due gruppi etnici del<br />
Paese. Gruppi etnici,<br />
quello hutu e quello<br />
tutsi, la cui effettiva<br />
differenza è ancora<br />
oggetto di dibattito tra<br />
gli antropologi ed è<br />
comunque un derivato<br />
del colonialismo belga<br />
in quelle zone, che ha<br />
15
creato quasi a tavolino una<br />
divisione tra i gruppi che ha<br />
avuto ripercussioni a livello<br />
sociale durante e dopo il periodo<br />
coloniale, alimentando odio<br />
e rivalità pronte ad esplodere<br />
da un momento all’altro.<br />
Con l’indipendenza del 1962,<br />
il Paese, ritrovatosi con una<br />
classe dirigente di etnia hutu, è<br />
stato teatro di numerosi scontri<br />
di natura etnica, preludio allo<br />
scoppio della violenza più<br />
brutale seguito alla morte in un<br />
incidente aereo del presidente<br />
Juvénal<br />
Habyarimana,<br />
favorevole ad un’apertura nei<br />
confronti dei Tutsi. “Tagliate<br />
gli alberi alti”, fu il segnale<br />
alle milizie hutu di iniziare il<br />
massacro, compiuto con ogni<br />
mezzo; per i meno fortunati la<br />
morte arrivò a colpi di machete,<br />
più economici delle pistole per<br />
i militari. A facilitare il tutto ci<br />
fu l’uso delle carte d’identità<br />
ereditate dai Belgi, dove era<br />
riportata l’etnia: facilmente, da<br />
una richiesta di un documento<br />
da parte di un militare,<br />
dipendeva la vita o la morte a<br />
Quando la gente,<br />
cari telespettatori,<br />
mi chiede “perché<br />
odi i Tutsi?” io<br />
rispondo: “leggete<br />
la nostra storia”,<br />
i Tutsi erano<br />
collaboratori<br />
dei coloni belgi,<br />
avevano preso le<br />
nostre terre e ci<br />
avevano presi a<br />
frustate.<br />
“<br />
Hotel Rwanda<br />
George Rutagunda<br />
introduzione del film<br />
16
“<br />
Non sia<br />
stupido<br />
generale! A<br />
chi vuole che<br />
creda la gente!<br />
Se ne sta lì con<br />
le sue cinque<br />
stellette sul<br />
petto.<br />
Rusesabagina<br />
Hotel Rwanda<br />
seconda di cosa ci fosse scritto.<br />
In quei 100 giorni, al ritmo di<br />
quasi 10’000 vite umane uccise al<br />
minuto, si consumarono massacri<br />
tra i peggiori della storia senza<br />
che il Mondo intero prendesse<br />
posizione o si muovesse per tempo<br />
per evitare gli sviluppi peggiori<br />
della crisi ruandese, in particolare<br />
mancò un intervento deciso degli<br />
Stati Uniti, ancora scottati dagli<br />
eventi accaduti in Somalia l’anno<br />
La pietra<br />
Una parete. La<br />
forza sprigionata<br />
dalla pietra. La<br />
stessa forza delle<br />
mani di una<br />
donna. Unite,<br />
ferme. Stabili<br />
e concrete. In<br />
un’armonia di<br />
colori peculiari<br />
della sua<br />
tradizione, uno<br />
sguardo di difesa<br />
e di stanca<br />
rassegnazione.<br />
prima, mentre fu molto<br />
ambiguo il ruolo della<br />
Francia, accusata da più<br />
parti di sostenere gli Hutu<br />
responsabili dei massacri.<br />
Dopo il massacro<br />
Le violenze cessarono<br />
nel luglio del 1994 con<br />
la vittoria dei Tutsi,<br />
consegnando il potere<br />
in mano a Paul Kagame,<br />
attuale Presidente del<br />
Ruanda. Il Paese vive<br />
ora in un delicatissimo<br />
equilibrio, tra la paura<br />
di una nuova esplosione<br />
di violenza e il governo<br />
di Kagame, autoritario<br />
e antidemocratico<br />
come molti in<br />
quell’area del Mondo.<br />
Quella ruandese, però, è<br />
una situazione politica<br />
figlia di quanto accaduto<br />
20 anni fa, dove sembra<br />
necessaria una mano<br />
forte come quella di<br />
Kagame per evitare<br />
un nuovo massacro; il<br />
Presidente, di etnia Tutsi,<br />
sa bene che in caso di<br />
elezioni democratiche,<br />
da lui sempre osteggiate,<br />
rischierebbe di perdere<br />
perché si ritroverebbe<br />
contro la maggioranza dei<br />
voti hutu. Per mantenere<br />
il potere, quindi, utilizza<br />
un certo autoritarismo<br />
senza risparmiare<br />
alcun mezzo, compreso<br />
l’assassinio di oppositori<br />
Dignità e riservatezza<br />
Terra d’Africa da cui nasce il mal<br />
d’Africa. Quel richiamo al fascino<br />
di una terra che in sé ha il tutto e il<br />
niente. La dignità di chi la abita nel<br />
silenzio della riservatezza.<br />
17
Un incontro e un’unione - due<br />
mani che si stringono. <strong>Gli</strong> abiti<br />
della festa immortalano un<br />
momento di opaca serietà.<br />
Tra l’erba alta - in un luogo<br />
ancora incontaminato si<br />
sprigiona la sensualità di un<br />
corpo ribelle, finalmente liberato.<br />
Dai tempi<br />
dell’Olocausto, il<br />
mondo ha fallito<br />
più Con di l’Europa una volta<br />
nel non prevenire si afferma<br />
o un’idea porre fine di<br />
a pace, dei tragici ma di<br />
genocidi, guerra: paesi ne<br />
sono l’un contro esempio<br />
Cambogia, l’altro armati.<br />
Ruanda e<br />
Jugoslavia.<br />
“<br />
“<br />
Kofi Annan<br />
Diplomatico ghanese<br />
politici. Un capo di Stato<br />
che quindi si macchia del<br />
sangue di chi vi si oppone,<br />
ma senza che si prenda<br />
posizione nei suoi confronti,<br />
perché si rischierebbe di far<br />
ripiombare il Paese nella<br />
violenza e nell’anarchia,<br />
suscitando il terrore<br />
in quella parte della<br />
popolazione che ha vissuto<br />
in prima persona i tragici<br />
fatti del 1994 e che si trova<br />
davanti l’incubo che possa<br />
ricominciare tutto daccapo.<br />
Una presa di posizione della<br />
comunità internazionale,<br />
tra l’altro, dopo i silenzi che<br />
furono il principale complice<br />
del dilagare delle violenze<br />
risulterebbe ormai fuori<br />
luogo e indebolirebbe molto<br />
la posizione di Kagame con<br />
il serio rischio di prestare<br />
il fianco alle frange più<br />
estreme dell’opposizione.<br />
La voglia di rinascita<br />
Dietro a questa situazione c’è<br />
quindi la voglia di un Paese di<br />
lasciarsi il passato alle spalle<br />
e di ripartire. Il Presidente<br />
ha spesso dichiarato di<br />
avere come modello quello<br />
di Singapore, ora come ora<br />
lontanissimo, nonostante<br />
uno sviluppo economico<br />
importante negli ultimi 10<br />
anni. Le ferite però sono<br />
ancora aperte in un Paese<br />
dimenticato dal Mondo<br />
18
Attualità<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Paul Kagame - Fondatore del partito<br />
Rwandan Patriotic Front, è noto<br />
soprattutto per l’importante ruolo svolto<br />
nella conclusione del genocidio ruandese<br />
del 1994 e nella seconda guerra del Congo.<br />
mentre vi si consumava la<br />
tragedia più immane della<br />
sua storia, che quindi accetta<br />
la situazione politica attuale<br />
ben sapendo che la strada<br />
di una definitiva rinascita<br />
è difficile. D’altronde, il<br />
Ruanda è stato abbandonato<br />
a lungo ed è di nuovo<br />
tornato nel dimenticatoio<br />
delle preoccupazioni<br />
internazionali, forse<br />
perché lontano da<br />
giacimenti di gas o petrolio.<br />
In quest’ottica rientra anche<br />
il j’accuse di Kagame alla<br />
Francia e al Belgio nelle<br />
celebrazioni in ricordo del<br />
ventennale della strage, a cui<br />
i due Paesi non hanno potuto<br />
inviare delegazioni perché<br />
non invitati a causa delle<br />
loro antiche responsabilità:<br />
quelle coloniali del Belgio,<br />
che hanno posto le basi per un<br />
odio etnico che non avrebbe<br />
avuto alcuna ragion d’essere<br />
e quelle francesi, i quali, oltre<br />
a sostenere in modo ambiguo<br />
i responsabili, ospitano<br />
ancora alcuni di essi, che<br />
vivono tranquillamente<br />
in Francia. La reazione<br />
di un Capo dello Stato<br />
autoritario e sanguinario, al<br />
contempo accettato e non<br />
particolarmente osteggiato<br />
dalla popolazione che vuole<br />
voltare pagina, è la fotografia<br />
di uno Stato ancora ferito,<br />
che si è visto lasciato a se<br />
stesso mentre affogava nel<br />
sangue e che faticosamente<br />
vuole emergere da un<br />
passato oscuro, da un<br />
presente difficile e precario,<br />
e protrarsi verso un futuro<br />
migliore, nonostante resti<br />
uno dei Paesi più poveri<br />
del Mondo. Un Paese che<br />
forse non è ancora in grado<br />
di camminare da solo, ma<br />
non ha alternative per non<br />
ripiombare nel baratro.<br />
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Storie<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong>
La favola<br />
di Fara<br />
Gladiatrice a centrocampo e nella vita.<br />
Fara Williams, icona del calcio femminile<br />
d’oltremanica, svela il suo tragico passato<br />
da vagabonda in una intervista al Guardian.<br />
Redatto da<br />
Dario Rondanini<br />
Quando Fara Williams abbassa<br />
lo sguardo e inizia a piangere,<br />
è come se si aprisse una<br />
piccola porta sul suo passato:<br />
ricordi pronti a liberarsi<br />
immediatamente dal suo<br />
corpo. E, allora, gli occhi di Fara<br />
iniziano a parlare. Iniziano a<br />
raccontare la favola dell’atleta<br />
con il maggior numero di<br />
presenze nella nazionale di<br />
calcio femminile inglese, che<br />
per anni ha dovuto combattere<br />
con lo spettro di non avere una<br />
casa in cui dormire. <strong>Gli</strong> occhi<br />
di Fara parlano, le lacrime<br />
scendono, rigando il viso di una<br />
guerriera che ha combattuto<br />
tante battaglie, sia dentro<br />
che fuori dal campo da gioco.<br />
Una forza di spirito, esternata<br />
senza remore, in una recente<br />
intervista al prestigioso<br />
quotidiano britannico The<br />
Guardian.<br />
Ma chi è Fara Williams? - Fara<br />
Williams, oltremanica è<br />
sinonimo di calcio femminile.<br />
Classe ‘84, l’atleta trentenne,<br />
durante la sua carriera ha<br />
totalizzato centotrenta<br />
presenze con la rappresentativa<br />
inglese, cinque con la<br />
compagine della Gran Bretagna<br />
e grazie al suo aiuto, nelle due<br />
ultime (sebbene complicate)<br />
stagioni, la squadra femminile<br />
di Liverpool ha centrato<br />
consecutivamente l’obiettivo<br />
scudetto. Il 23 novembre la<br />
Williams ha giocato per la sua<br />
nazionale contro la Germania,<br />
dimostrando quanto il calcio<br />
femminile sia cresciuto di<br />
popolarità negli ultimi anni.<br />
Il primo match tra squadre<br />
femminili che si è disputato<br />
nel nuovo stadio a Wembley,<br />
infatti, ha visto un’affluenza<br />
notevole. Oltre 55.000 i<br />
tagliandi venduti a fronte dei<br />
soli 40.000 che ha realizzato<br />
la Nazionale maschile per<br />
l’incontro con la Norvegia.<br />
Un picco di vendite che, tra<br />
l’altro, è stato limitato dalle<br />
autorità competenti per via<br />
del problema dei trasporti.<br />
La vita di Fara, però, è stata<br />
molto più combattuta e dura<br />
dei suoi contrasti da mediano<br />
a centrocampo. La Williams,<br />
difatti, è stata una senzatetto<br />
per oltre sette anni, giocando<br />
per la nazionale inglese mentre<br />
passava da un rifugio notturno<br />
all’altro nei sobborghi di<br />
22
Storie<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Fara Williams<br />
allenamento in Nazionale.<br />
Londra. Due vite parallele,<br />
che la tesserata dell’FC<br />
Liverpool, è riuscita a<br />
tenere separate per molti<br />
anni, bugie su bugie<br />
che, per orgoglio e per<br />
vergogna, hanno portato<br />
ben pochi a conoscere la<br />
vera situazione economia<br />
e sociale di Fara, tanto che,<br />
anche molte compagne di<br />
squadra, prima della sua<br />
intervista al The Guardian,<br />
ignoravano che la ex<br />
Everton per molto tempo<br />
avesse vissuto per strada.<br />
Le barriere della<br />
disperazione - La ragazza<br />
si mostra calma davanti<br />
ai giornalisti quando ha<br />
raccontato di come una<br />
disputa familiare l’abbia<br />
costretta al vagabondaggio<br />
e ad interrompere ogni<br />
rapporto con la madre per<br />
nove anni.<br />
Fara inizia a piangere<br />
proprio parlando, con<br />
estrema chiarezza, di lei:<br />
“È una donna brillante”<br />
dice di sua madre Tanya,<br />
con la quale si è da poco<br />
ricongiunta. “È stata<br />
graziosa. Sa, con il tempo,<br />
ci si accorge che la vita è<br />
breve. Non abbiamo molto<br />
tempo in questo mondo,<br />
quindi ho deciso di voler<br />
stare di nuovo con lei.<br />
Non abbiamo mai parlato<br />
di quello che è successo<br />
tra noi, ma per me la<br />
cosa fondamentale è che<br />
mia madre è stata la mia<br />
eroina durante la crescita”.<br />
Queste parole provenienti<br />
dal profondo del cuore<br />
hanno fatto rompere la<br />
diga che si era creata tra di<br />
loro.<br />
“Quando andavo per gli<br />
ostelli, non legavo con le<br />
persone. Restavo sempre<br />
sulle mie, avevo innalzato<br />
una barriera. Non sorridevo<br />
mai, e sicuramente<br />
sembravo incutere timore<br />
agli altri. Ogni volta che<br />
quella barriera era in piedi,<br />
sembrava che fossi troppo<br />
dura per lasciarmi andare al<br />
pianto. Me ne accorgo ora,<br />
quando mi confronto con<br />
le ragazze che condividono<br />
il mio stesso passato.<br />
Erigono la stessa barriera,<br />
ma la cosa importante è<br />
trattarle come persone<br />
normali e non guardarle<br />
dall’alto in basso. Io sono<br />
stata fortunata ad avere<br />
la possibilità di giocare<br />
a calcio. Molte ragazze<br />
vagabonde non hanno la<br />
stessa speranza. Molte<br />
pensano che se otterranno<br />
abbastanza soldi con<br />
l’elemosina, useranno quei<br />
soldi per comprare alcol<br />
e droga o per superare la<br />
giornata. E se non tocca<br />
a loro stare in strada a<br />
chiedere l’elemosina, ma<br />
ad un altro del gruppo,<br />
useranno i soldi ottenuti da<br />
quest’ultimo per realizzare<br />
gli stessi propositi. È<br />
un circolo vizioso.”<br />
Il coraggio nella parola<br />
calcio - Fara, invece, non<br />
ha mai perso la speranza:<br />
“Il calcio non me lo ha<br />
mai permesso. Ho sempre<br />
avuto la fermezza di credere<br />
di essere brava in qualcosa.<br />
È una gran cosa averlo lì<br />
nei momenti in cui pensi<br />
che tutto sommato non<br />
ti è rimasto nulla”. Fara<br />
ricorda di essere cresciuta<br />
in una tenuta di Battersea:<br />
“Non è mai stato facile per<br />
mia madre.”, prosegue<br />
“eravamo quattro figli,<br />
ed avevamo un solo<br />
genitore. Mi ha sempre<br />
sostenuto al meglio delle<br />
sue possibilità, ma è stato<br />
davvero difficile comprare<br />
i primi scarpini da calcio.<br />
23
Calcio femminile - è in rapida<br />
ascesa negli sport d’oltremanica.<br />
Ero quella che le stava più<br />
vicina. Ero molto protettiva<br />
nei suoi confronti, e anche<br />
quando eravamo lontane<br />
pensavo a lei ogni giorno,<br />
e sono sicura che anche lei<br />
abbia fatto lo stesso.”<br />
Durante la sua infanzia,<br />
ci furono problemi tra il<br />
padre naturale e il patrigno<br />
e, quindi, Fara fu allevata<br />
per un po’ dai nonni. Alla<br />
fine, però, tornò a casa con<br />
la madre e con una zia. Un<br />
periodo burrascoso che si<br />
chiuse con l’inizio del suo<br />
vagabondaggio. “Molti<br />
dei bambini della tenuta<br />
amavano mia madre e lei<br />
si prendeva cura di loro.<br />
È sempre stato tipico di<br />
mia mamma, ed anche<br />
con la zia c’era questo<br />
forte ascendente, ma<br />
ciononostante io e mia zia<br />
non andavamo per nulla<br />
d’accordo. Un giorno, lei<br />
mi urlò di andarmene, ed<br />
io lo feci. Avevo 17 anni e<br />
pensai che sarebbe andato<br />
tutto bene, ma fin quando<br />
non compi un passo del<br />
genere, non ti accorgi mai<br />
di quanto sia difficile. Fu un<br />
duro colpo per me, ma non lo<br />
dissi a nessuno, e non volevo<br />
tornare. La vedevo come una<br />
debolezza e non volevo che<br />
pensassero di aver vinto”. I<br />
suoi ricordi continuano come<br />
un fiume in piena: “Avevo<br />
un po’ paura in strada. La<br />
prima notte in cui camminai<br />
tra i vagabondi, ebbi molto<br />
timore per la mia vita e il mio<br />
futuro. Avevo un mio punto<br />
di vista sul vagabondaggio,<br />
come chiunque altro, del<br />
resto. Vedevo questo e<br />
quell’altro vagabondo venire<br />
verso di me e pensavo:<br />
“Miseriaccia, ho paura. È<br />
pazzo, è pazzo”. Vedevo<br />
gente con i bastoni ed anche<br />
quelli che non lo avevano<br />
sembravano dei matti. Mi<br />
sentivo terrorizzata”. Tanto<br />
che per proteggersi, Fara<br />
inventò un metodo surreale:<br />
“Mi ero abituata a girarmi<br />
mentre camminavo. Facevo<br />
100 metri e mi giravo.<br />
Sembravo pazza io stessa. Un<br />
ragazzo però, mi disse che<br />
i vagabondi si comportano<br />
come matti proprio per far sì<br />
che la gente non si avvicini a<br />
loro. Fanno dei versacci per<br />
spaventarti, ma la realtà è<br />
che loro hanno più paura di<br />
te. Se non ci parli, certe cose<br />
non puoi capirle. Cominciai<br />
anche io a fare i versacci<br />
quando un gruppo di persone<br />
mi si avvicinava, per far<br />
credere di essere più pazza<br />
di loro. La cosa peggiore del<br />
vagabondaggio è che la gente<br />
ti giudica senza conoscere<br />
la tua storia. Per me è stata<br />
la cosa più difficile, a volte<br />
accade e basta. Puoi perdere<br />
il lavoro, così come la<br />
famiglia”.<br />
24
Storie<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Gioco di squadra - La<br />
Williams ha sempre tenuto<br />
nascosti i suoi problemi alle<br />
compagne di squadra e, in<br />
effetti, la verità è venuta<br />
a galla solo quando Hope<br />
Powell - sua allenatrice<br />
della nazionale inglese<br />
per molto tempo - scoprì<br />
il suo stato di senza tetto<br />
poco dopo che la giovane<br />
calciatrice aveva lasciato<br />
la sua casa. “Avevamo un<br />
raduno dell’under 19 ed<br />
alla fine del viaggio, Hope<br />
mi vide gironzolare senza<br />
meta. Mi chiese dove stessi<br />
andando e davanti alla mia<br />
indecisione, lei stessa decise<br />
di portarmi alla stazione<br />
di King’s Cross, dove c’è il<br />
supporto per i vagabondi.<br />
Da sola non avrei mai avuto<br />
il coraggio di andarci. Hope<br />
era molto accomodante.<br />
Sua madre era una badante,<br />
quindi lei mi capiva. Mi<br />
spinse a raggiungere gli<br />
ostelli, era come una madre<br />
per me. Quando mi stabilii<br />
nel rifugio, mi portò un sacco<br />
a pelo. Detto così sembra<br />
patetico, ma quando sei su<br />
un letto duro, con lenzuola<br />
che appartengono ad altra<br />
gente, è un gesto che vale<br />
molto”.<br />
Poi, nel 2001, Fara debutta<br />
con la nazionale inglese a<br />
livello internazionale. Aveva<br />
solo 17 anni e si era trasferita<br />
in un ostello a Victoria. “Era<br />
dall’altra parte del ponte di<br />
Buttersea. Incontrai per caso<br />
una mia vecchia compagna<br />
di squadra al Chelsea, che<br />
mi chiese cosa stessi facendo<br />
da quelle parti. Io le dissi<br />
tutto e lei fu molto gentile,<br />
portandomi anche a casa<br />
sua per un bagno caldo.<br />
All’inizio, però, non volevo<br />
dirlo a nessuno”.<br />
Quando però le viene<br />
chiesto il momento esatto<br />
in cui ha rivelato di essere<br />
una vagabonda alle sue<br />
compagne di squadra, Fara<br />
risponde di non ricordarlo<br />
con esattezza. “Giocavo gli<br />
Europei del 2005 ed entravo<br />
e uscivo continuamente<br />
degli ostelli. Forse solo<br />
Kelly Smith (la più grande<br />
calciatrice inglese della<br />
storia) ne era a conoscenza.<br />
Anche lei aveva i suoi<br />
problemi e vedeva il suo<br />
avvocato nel vicolo accanto<br />
al mio ostello. La incontrai<br />
in uno Strabucks e le chiesi<br />
cosa stesse facendo lì. Lei mi<br />
disse che stava consultandosi<br />
con il suo avvocato. Kelly<br />
gioca in modo fantastico e<br />
non so come faccia. È una<br />
Kelly Smith - è considerata da<br />
molti la più grande calciatrice.<br />
persona molto umile, ci ho<br />
anche passato del tempo in<br />
stanza insieme. È anche la<br />
persona più divertente della<br />
squadra”.<br />
Ma quando è finita la<br />
Williams vagabonda? “Sono<br />
arrivata qui a Liverpool, per<br />
giocare nell’Everton. Mo<br />
Murley (l’allora allenatrice),<br />
mi ha aiutata moltissimo. In<br />
genere mi pagava i viaggi da<br />
Londra, ma poi fu lei stessa<br />
a trovarmi un lavoro. Disse<br />
che sarei stata una grande<br />
aggiunta al novero dei coach<br />
della FA (l’equivalente<br />
inglese della FIGC) e quindi<br />
devo tutto a lei e alle mie<br />
compagne di squadra<br />
25
all’Everton, come Amy<br />
Kane, che mi ha tenuta a<br />
casa sua e mi ha aiutata<br />
ad ambientarmi”.<br />
Fuori da Londra, Fara<br />
ha iniziato a vivere una<br />
vita convenzionale,<br />
ma la mancanza della<br />
madre le ha fatto riaprire<br />
vecchie ferite: “La cosa<br />
incredibile è che non<br />
abbiamo parlato per<br />
nove anni. La vidi solo<br />
una volta, al funerale<br />
di mio nonno. Ci<br />
incrociammo, ma senza<br />
dire nulla. Io e mia madre<br />
siamo entrambe molto<br />
testarde”.<br />
Il cammino con la<br />
nazionale - Quando<br />
nel 2009, l’Inghilterra<br />
arrivò in finale nel<br />
Campionato Europeo, la<br />
giovane calciatrice era<br />
il già il nucleo centrale<br />
dell’intera squadra<br />
Fara - in una azione con la<br />
maglia 10 dell’Inghilterra.<br />
“<br />
Quando sei un<br />
ragazzino e usi la tua<br />
immaginazione, ti vedi<br />
fare goal a Wembley<br />
con 100.000 tifosi che<br />
urlano il tuo nome.<br />
Non pensi a tutto ciò<br />
che ti toccherà prima<br />
di quel momento.<br />
George Best<br />
nonostante dentro di<br />
sé fosse impegnata in<br />
dura battaglia personale.<br />
Memorabile l’esultanza<br />
con il cuore (fatto di<br />
dita) dopo il gol con<br />
l’Italia. Un segnale che<br />
la madre interpretò<br />
come una richiesta di<br />
riconciliazione. Così<br />
rintracciò il numero di<br />
Fara attraverso alcune sue<br />
amiche di Londra: “Mi<br />
arrivò un messaggio sul<br />
cellulare. Lessi che era da<br />
parte di mia madre e lo<br />
cancellai senza leggerlo.<br />
Fu la prima volta che<br />
provò a contattarmi. In<br />
seguito, poi, mi pentii di<br />
non averlo letto e di non<br />
aver tenuto il numero.<br />
Ricordo solo che piansi sul<br />
mio letto”.<br />
Due anni dopo, invece,<br />
durante un incontro<br />
per le qualificazioni alla<br />
Coppa del Mondo contro<br />
la Svizzera, nel 2011, Farà<br />
segnò al cinquantesimo<br />
minuto esatto. Un<br />
messaggio temporale<br />
eloquente per la madre<br />
che da sempre è dedita alla<br />
lettura dei tarocchi.“Ci<br />
qualificammo ai mondiali,<br />
eravamo in hotel e le<br />
ragazze stavano bevendo.<br />
Mi arrivò un messaggio di<br />
mia madre e salii in stanza<br />
a leggerlo. Diceva: “Grazie<br />
per il gol e per l’esultanza”,<br />
per poi continuare dicendo<br />
che io avevo segnato al<br />
minuto numero 50 e che<br />
lei avrebbe compiuto<br />
cinquant’anni due giorni<br />
dopo. Piansi a dirotto”.<br />
“Quando ci incontrammo<br />
fu molto naturale, come se<br />
non ci fossimo mai divise.<br />
La cosa brutta fu solo<br />
doversi salutare e ritornare<br />
di nuovo sulla propria<br />
strada. Sapevo che sarebbe<br />
passato altro tempo prima<br />
di rivederla. Purtroppo la<br />
distanza geografica era<br />
aumentata, io vivevo già a<br />
Liverpool, ma il mio cuore<br />
era pieno di gioia sapendo<br />
che lei aveva iniziato a<br />
seguire il calcio solo per<br />
me”.<br />
Fara nell’incontro dello<br />
scorso 23 novembre, perso<br />
3 – 0 contro la Germania,<br />
ha realizzato 136 presenze.<br />
“Il pubblico l’ha resa<br />
un occasione speciale,<br />
soprattutto per il fatto di<br />
essere a Wembley e per<br />
giocatore contro la migliore<br />
rappresentativa femminile<br />
del mondo”. Un’ospite<br />
speciale tra gli spettatori,<br />
Steven Gerrar - è il<br />
mito di Fara Williams.<br />
26
Storie<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Reds - La squadra femminile dell’FC<br />
Liverpool ha conquistato per il secondo<br />
anno consecutivo lo scudetto. Quest’anno<br />
il titolo è arrivato all’ultima giornata<br />
soffiandolo agli avversari del Chelsea.<br />
la madre di Fara, che ancora<br />
ha seguito la figlia ritrovata<br />
con grande orgoglio e amore.<br />
La Williams, in cuor suo,<br />
crede di essere l’equivalente<br />
femminile di Steven Gerrard:<br />
“Mi sento come lui perché<br />
gioco a centrocampo e<br />
faccio dei lunghi passaggi<br />
in diagonale, ma non sono<br />
al suo livello. Lui è un<br />
guerriero.”<br />
Dopo tante peripezie,<br />
dunque, l’incredibile vita di<br />
Fara sembra aver raggiunto<br />
un equilibrio. Dopo essersi<br />
ritrovata con sua madre,<br />
infatti, la centrocampista,<br />
lo scorso mese, ha anche<br />
ottenuto un ulteriore titolo,<br />
soffiando con il suo Liverpool<br />
il titolo al Chelsea. All’ultimo<br />
turno di campionato, il<br />
Liverpool era al terzo posto<br />
con tre punti di svantaggio<br />
rispetto al Chelsea; ma dopo<br />
la vittoria della squadra del<br />
Merseyside contro Bristol<br />
Academy, condita tra<br />
l’altro da un gol di Fara, e la<br />
sconfitta dei rivali londinesi,<br />
il Liverpool si è laureato<br />
campione d’Inghilterra per<br />
la seconda volta consecutiva.<br />
Quando ricorda la reazione<br />
della madre dopo quella<br />
vittoria improbabile, si apre<br />
in un sorriso spontaneo:<br />
“Mia madre non smise mai<br />
di ripetermi che avremmo<br />
vinto il campionato. Lei è un<br />
po’ pazza, quindi io non le<br />
credevo e le dicevo che ormai<br />
eravamo fuori dai giochi. Lei<br />
mi ripeteva di fidarmi perché<br />
sicuramente avremmo<br />
vinto.” Al termine della<br />
partita, negli spogliatoi, Fara<br />
accende il cellulare e legge:<br />
“Te l’avevo detto!”<br />
27
“<br />
Chi di voi<br />
vorrà fare il<br />
giornalista,<br />
si ricordi di<br />
scegliere il<br />
proprio padrone:<br />
il lettore!<br />
Indro Montanelli<br />
stanco della vecchia<br />
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3
stat<br />
Economia<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
29
Redatto da<br />
Gennaro Battista<br />
<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong> <strong>statistici</strong> combinano<br />
numerose misurazioni in un unico<br />
punteggio, fornendo così dei dati<br />
significativi e di semplice lettura a<br />
chi ne fa uso. Mettendo insieme vari<br />
parametri opportunamente pesati<br />
è possibile ottenere valutazioni<br />
sintetiche su qualsiasi argomento,<br />
e infatti esistono <strong>indici</strong> di tutti i tipi,<br />
dedicati alle più svariate questioni<br />
sociali: dall’istruzione sino alla<br />
misura della felicità. Negli ultimi<br />
vent’anni gli <strong>indici</strong> hanno goduto di<br />
un vero e proprio boom; piacciono<br />
così tanto da essere diventati il<br />
piatto principale attraverso cui si<br />
forma l’opinione pubblica. Dato ciò,<br />
migliorare il proprio posizionamento<br />
nei vari ranking è divenuto un<br />
obiettivo fondamentale dei policy<br />
<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong><br />
istici<br />
maker occidentali.<br />
Indici virtuosi, l’esempio del PISA<br />
Ogni tre anni viene pubblicato<br />
il programma dell’OCSE per la<br />
valutazione internazionale degli<br />
studenti, il PISA: questo indice valuta<br />
il rendimento scolastico dei 15enni<br />
di quasi tutti i paesi del mondo,<br />
confrontandone le capacità di lettura<br />
e comprensione dei testi, le abilità<br />
matematiche e scientifiche. Si tratta di<br />
un indice estremamente meticoloso,<br />
che unisce decine di sottomisure<br />
opportunamente standardizzate,<br />
usufruendo di una metodologia chiara<br />
e illustrata anche nei suoi limiti.<br />
I ministri dell’istruzione dei paesi<br />
più sviluppati al mondo tengono in<br />
grande considerazione i dati forniti dal<br />
PISA. Nel 2001, quando fu pubblicata<br />
la prima classifica, stupì il basso<br />
posizionamento della Germania, di<br />
poco al di sotto della media OCSE<br />
in tutte le categorie. Bastò questo<br />
per convincere il governo tedesco a<br />
finanziare un programma di riforme<br />
dal valore di 4 miliardi di € che ha<br />
portato a risultati più che concreti.<br />
Oggi la Germania è nella TOP20 di tutte<br />
le classifiche, toccando addirittura<br />
la 12ma posizione nella categoria<br />
delle scienze. Risultati ancora più<br />
deprecabili furono quelli ottenuti<br />
dagli studenti italiani, ma nel nostro<br />
paese invece di criticare il sistema<br />
scolastico, chiaramente inefficiente e<br />
vetusto, a essere attaccato fu il metodo<br />
dell’analisi. Ancora oggi gli studenti<br />
meridionali si ritrovano con livelli<br />
di istruzione degni di un paese in via<br />
di sviluppo, solo i liceali del nordest<br />
possono vantare un’istruzione di<br />
livello europeo.<br />
Indici virtuosi, il caso del TIP - Il<br />
dipartimento di stato americano, ogni<br />
anno, pubblica un rapporto detto TIP<br />
(Trafficking in Person), che si occupa<br />
del dramma della tratta illegale degli<br />
esseri umani. I governi dei paesi in via<br />
di sviluppo vengono così classificati in<br />
30
Economia<br />
N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre <strong>2014</strong> <strong>2014</strong><br />
José Ángel Gurría Treviño - È un<br />
politico e diplomatico messicano. Dal<br />
1º giugno 2006 è il Segretario Generale<br />
dell’OCSE. Dal <strong>dicembre</strong> 1994 al gennaio<br />
1998 è stato Ministro degli Affari Esteri.<br />
base alla loro disponibilità a<br />
combattere questa piaga. Un<br />
giudizio negativo spesso può<br />
compromettere l’immagine<br />
di una nazione, facendo<br />
sì che essa perda aiuti e<br />
investimenti dell’estero.<br />
Il TIP è talmente importante<br />
che nel 2010, a seguito<br />
dell’ottenimento di un buon<br />
punteggio, il ministero<br />
dell’interno del Pakistan<br />
commentava ufficialmente<br />
i risultati ottenuti nel<br />
ranking, dicendo che gli<br />
sforzi compiuti nella lotta<br />
alla tratta avevano “elevato<br />
la statura del Pakistan agli<br />
occhi del mondo intero”.<br />
La relazione di quest’anno<br />
ha riguardato 190 paesi, e<br />
ha condizionato le scelte<br />
politiche di molti di essi.<br />
Ad esempio, i risultati<br />
del TIP sono fortemente<br />
vincolati dalla presenza di<br />
una legislazione specifica<br />
contro il traffico di esseri<br />
umani, così che nei paesi<br />
più intensamente coinvolti<br />
nella tratta si è assistito ad<br />
un fiorire di sanzioni penali<br />
in materia. Queste nuove<br />
leggi hanno sicuramente<br />
migliorato la loro posizione<br />
nell’indice, sebbene<br />
non significhino niente<br />
senza azioni di controllo<br />
e repressione concrete.<br />
Secondo molti esperti,<br />
infatti, criminalizzare il<br />
traffico è inutile laddove<br />
l’applicazione della legge<br />
è debole e le ragioni<br />
economiche che spingono<br />
alla migrazione sono forti.<br />
Come al solito, quando la<br />
domanda è troppo forte<br />
scoraggiare l’offerta diventa<br />
uno sforzo pressoché inutile.<br />
Le valutazioni degli <strong>indici</strong>,<br />
quindi, possono risultare in<br />
alcuni casi anche fuorvianti,<br />
distorte. Ma se nel caso<br />
del TIP è stato l’intervento<br />
posticcio degli stati a fornire<br />
infine risultati non del<br />
tutto convincenti, in altri<br />
è invece lo stesso indice ad<br />
esser nato male, basandosi<br />
31
Bill Gates - È il fondatore<br />
e presidente onorario di<br />
Microsoft. È stato il più ricco<br />
del mondo dal 1996 al 2009.<br />
Andrew Forrest - CEO di<br />
Fortescue Metals Group, è un<br />
generoso filantropo australiano.<br />
Il peggior uso<br />
della statistica<br />
è quando la<br />
si dedica a<br />
fini retorici o<br />
propagandistici,<br />
non per sapere,<br />
bensì per far<br />
credere ai<br />
semplicioni.<br />
“<br />
Sergio Ricossa<br />
Economista italiano<br />
su dati traballanti, difficili da<br />
raccogliere e quantificare.<br />
Indici senza né capo né coda, il<br />
Global Slavery Index - Quando<br />
Andrew Forrest, facoltoso<br />
filantropo australiano, decise<br />
di affrontare il problema della<br />
schiavitù, Bill Gates ebbe a<br />
consigliargli di trovare un<br />
modo per quantificarla, perché<br />
“se non si può misurare, non<br />
esiste”. Nacque così il Global<br />
Slavery Index, una classifica che<br />
include oltre 160 paesi, stilata<br />
per comprendere la diffusione<br />
della schiavitù nel mondo, in<br />
modo da includere le vittime<br />
della tratta, i lavoratori forzati e<br />
le spose bambine.<br />
Questa classifica ha ricevuto<br />
molta attenzione mediatica, e la<br />
sua stima di quasi 30 milioni di<br />
persone ridotte in schiavitù in<br />
tutto il mondo ha fatto notizia<br />
ovunque. Ma è ampiamente<br />
criticabile: per alcuni paesi non<br />
si è cercato di stimare davvero<br />
l’incidenza della schiavitù,<br />
ma sono stati utilizzati dati<br />
inerenti altre nazioni. I tassi<br />
riguardanti la Gran Bretagna<br />
sono stati applicati anche per<br />
l’Irlanda e l’Islanda, mentre<br />
quelli per l’America sono stati<br />
utilizzati anche per valutare<br />
diverse nazioni dell’Europa<br />
occidentale, tra cui la Germania.<br />
32
“<br />
Molte<br />
statistiche sono<br />
palesemente<br />
false. Riescono<br />
a passare solo<br />
perché la magia<br />
dei numeri<br />
provoca una<br />
sospensione del<br />
buon senso.<br />
Darrell Huff<br />
Giorgio Alleva<br />
Attuale<br />
presidente<br />
dell’ISTAT, 59<br />
anni, ordinario<br />
di statistica<br />
all’università la<br />
Sapienza di Roma,<br />
crede molto alla<br />
necessità del<br />
superamento<br />
della logica<br />
proprietaria dei<br />
dati pubblici,<br />
per favorirne la<br />
circolarità.<br />
Tutto ciò è del tutto insensato,<br />
significa fornire dati che non sono<br />
reali, numeri inventati! E anche<br />
se diffusi per una buona causa,<br />
restano una bufala.<br />
Ciò è avvenuto proprio per il<br />
potere degli <strong>indici</strong> di condizionare<br />
le politiche dei paesi. Nell’ultimo<br />
periodo sono nati numerosi <strong>indici</strong><br />
fallaci, sviluppati da lobby, ONG<br />
e governi per sostenere le proprie<br />
istanze, anche a discapito della<br />
realtà stessa.<br />
Come si trucca un indice?<br />
Mentire con la statistica è un’arte<br />
antica, già nel 1954 Darrell Huff<br />
affermava: “i truffatori<br />
già sanno come truccare<br />
un dato, gli uomini onesti<br />
devono imparare a farlo<br />
per legittima difesa”.<br />
<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong> di performance<br />
sono solo l’ultima<br />
frontiera della truffa<br />
dei dati. Piacciono<br />
tantissimo ai lettori<br />
perché sono facili da<br />
consultare, e piacciono<br />
ancora di più alle lobby<br />
perché sono altrettanto<br />
facili da manipolare.<br />
Accanto agli <strong>indici</strong> più<br />
seri, finanziati da enti<br />
di grande prestigio, che<br />
possono illuminare sulle<br />
anomalie di un mondo<br />
chiaramente imperfetto,<br />
nascono ogni giorno<br />
nuovi <strong>indici</strong> in realtà del<br />
tutto fuorvianti.<br />
Secondo l’Economist<br />
per fare un indice spurio<br />
basta poco: dati vecchi,<br />
tratti da campioni piccoli<br />
o distorti, mescolati tra<br />
loro sebbene provenienti<br />
da fonti totalmente<br />
diverse, usando magari<br />
ponderazioni del tutto<br />
arbitrarie. E quando<br />
neppure barare coi<br />
numeri riesce, si possono<br />
utilizzare accademici<br />
di bassa lega, facili<br />
alla prostituzione<br />
intellettuale e pronti<br />
a fornire congetture<br />
astruse e accomodanti, da<br />
marchiare rigorosamente<br />
col bollino di “parere<br />
degli esperti”.<br />
Nascondere tutto questo<br />
però può scatenare<br />
dei dubbi nei lettori;<br />
pubblicare il metodo<br />
utilizzato, invece,<br />
Pier Carlo Padoan<br />
Nominato vice segretario generale<br />
dell’OCSE nel 2007 ne è divenuto capo<br />
economista nel 2009. Dal 24 febbraio<br />
<strong>2014</strong> è Ministro dell’Economia e delle<br />
Finanze del Governo Renzi.<br />
33
EuroStat - Walter Radermacher<br />
(1952), professore di statistica, è<br />
l’attuale presidente di Eurostat.<br />
EuriSpes - Gian Maria Fara<br />
(Tempio Pausania, 1951) è un<br />
sociologo italiano, dal 1982<br />
presidente dell’Eurispes.<br />
“<br />
“<br />
Una<br />
statistica ben<br />
confenzionata<br />
funziona Con l’Europa meglio<br />
di non una si “grande afferma<br />
bugia” un’idea alla di<br />
maniera pace, ma della di<br />
propaganda<br />
guerra: paesi<br />
hitleriana: l’un contro<br />
inganna, l’altro armati.<br />
non<br />
rivela l’origine<br />
dell’imbroglio.<br />
Darrell Huff<br />
Giornalista americano<br />
anche se in sordina, è<br />
consigliabile. L’importante<br />
è patinare il tutto attraverso<br />
l’approvazione di esperti<br />
sapientemente prezzolati.<br />
Soprattutto, in un indice<br />
si può sempre mettere ciò<br />
che si vuole, in modo da<br />
definire sia il problema che<br />
la soluzione. La classifica dei<br />
paesi più business friendly<br />
può magari favorire i paesi<br />
con le leggi più severe,<br />
anche se non vengono mai<br />
applicate. E così <strong>indici</strong> sulla<br />
condizione delle donne<br />
possono premiare gli alti<br />
livelli di istruzione raggiunti<br />
dalle donne in Arabia<br />
Saudita, sottovalutando<br />
il fatto che studiare sia<br />
forse la loro unica libertà.<br />
Se uno vuole parlar male<br />
degli immigrati, come va di<br />
moda ultimamente in Italia,<br />
può sempre dire che essi<br />
sottraggono le case popolari<br />
agli italiani, quando in<br />
realtà, sebbene nel bando del<br />
2009 indetto dal comune di<br />
Torino il 45% dei richiedenti<br />
fosse straniero, solo il 10%<br />
di essi si è visto assegnare<br />
una casa! Nel comune di<br />
Genova, su 185 abitazioni<br />
messe a disposizione, solo<br />
9 sono andate ad immigrati.<br />
A Bologna su 12.458 alloggi<br />
popolari assegnati, solo 1.122<br />
sono finiti agli stranieri.<br />
Ma tanto che importa? Alla<br />
fine i numeri da prendere in<br />
considerazione li decide chi<br />
commissiona l’indice!<br />
34
Economia<br />
N.8 | 25 Novembre <strong>2014</strong><br />
OPEC<br />
scenari in<br />
evoluzione<br />
Il 166esimo meeting dell’OPEC<br />
riserva una grande sorpresa: non vi<br />
sarà nessun taglio alla produzione<br />
del petrolio. <strong>Gli</strong> analisti sostengono<br />
che l’Arabia Saudita manovri<br />
assieme agli Stati Uniti d’America a<br />
discapito di Russia ed Iran.<br />
35
Il petrolio - Il calo<br />
dell’oro nero a questo<br />
punto si attesta<br />
su livelli davvero<br />
importanti: -36% dai<br />
massimi di luglio.<br />
L’esito del 166esimo meeting<br />
dell’OPEC probabilmente<br />
entrerà negli annali: nessun<br />
taglio alla produzione di<br />
petrolio. E nessuna richiesta<br />
ufficiale ai Paesi membri di<br />
mantenere il livello dell’output,<br />
fermo dal 2011, sui 30 milioni di<br />
barili al giorno.<br />
Scelta dura e decisa.<br />
E se vogliamo, anche,<br />
incredibilmente paradossale.<br />
Un ossimoro, perché alla fine,<br />
il cartello ha deciso di sposare<br />
la tesi liberista. Sarà il mercato<br />
a riequilibrare i prezzi. E<br />
all’indomani della riunione,<br />
tenutasi come consuetudine<br />
nei palazzi viennesi, il mercato<br />
non è stato clemente: il Brent è<br />
scivolato a 70.02 USD, mentre<br />
il WTI ha chiuso a 66.2 USD.<br />
Un calo che a questo punto si<br />
attesta su livelli importanti:<br />
-36% dai massimi di luglio.<br />
Giornalisti sereni con il pieno<br />
a buon prezzo - Abdallah El<br />
Badri, segretario dell’OPEC,<br />
al termine della riunione, ha<br />
dichiarato: “Non abbiamo<br />
un prezzo di riferimento,<br />
né minimo né massimo”.<br />
E in risposta alle incalzanti<br />
domande dei giornalisti,<br />
ha chiosato: “Perché vi<br />
preoccupate della nostra<br />
produzione? Capirei se foste<br />
dei trader, ma siete giornalisti.<br />
Rallegratevi, ora potrete<br />
risparmiare quando fate il<br />
pieno all’automobile”. Il primo<br />
responsabile dei mancati<br />
tagli resta, comunque, Ali Al-<br />
Naimi, ministro del petrolio<br />
dell’Arabia Saudita, che già nei<br />
giorni antecedenti al meeting<br />
aveva lasciato intendere che<br />
l’OPEC non avrebbe mosso<br />
un passo per far rimbalzare i<br />
prezzi.<br />
Una fermezza che oggi pare<br />
inevitabile, soprattutto per due<br />
motivi:<br />
Il primo, l’OPEC come di<br />
consueto paga un handicap<br />
strutturale. E un dilemma<br />
probabilmente irrisolvibile:<br />
“chi dovrebbe o potrebbe<br />
tagliare la produzione?”.<br />
Ad oggi, infatti, i sauditi<br />
Redatto da<br />
Pierlugi Patacca<br />
Diezani Alison Madueke<br />
Eletta come presidentessa<br />
dell’OPEC durante<br />
l’ultimo meeting. È il<br />
primo presidente donna<br />
dell’organizzazione.<br />
36
Economia<br />
N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre <strong>2014</strong> <strong>2014</strong><br />
Principe Al-Waleed - Ha accumulato<br />
la sua immensa fortuna grazie a<br />
fruttuosi investimenti in campo<br />
petrolifero. Grazie al suo fiuto per gli<br />
affari sull’oro nero è soprannominato<br />
“Il Warren Buffett d’Arabia”.<br />
già stanno facendo più di<br />
chiunque altro per tenere a<br />
freno la loro offerta di oro<br />
nero. E lo stesso vale per gli<br />
altri produttori, anche se<br />
per motivi diversi. Come,<br />
ad esempio, la Nigeria, che<br />
s’è arenata a causa di in una<br />
forte instabilità interna e<br />
una maxisvalutazione della<br />
naira.<br />
Il secondo motivo, invece,<br />
si ricollega alle errate<br />
previsioni dei mesi scorsi.<br />
Evidentemente oggi il<br />
cartello s’è accorto di aver<br />
rovinosamente sottovalutato<br />
la produzione di shale oil<br />
statunitense. Attualmente,<br />
infatti, gli Stati Uniti hanno<br />
sommerso il mercato di<br />
petrolio, con una produzione<br />
che si è attestata a livelli<br />
inimmaginabili. E che oggi<br />
è paragonabile quasi a<br />
quella di Iran, Nigeria e Libia<br />
messe insieme. Tagliare la<br />
produzione adesso, potrebbe<br />
quindi significare fare un<br />
grosso favore ai rivali a stelle<br />
e strisce.<br />
Mosca e Teheran - <strong>Gli</strong> analisti<br />
sono comunque divisi.<br />
Anche se le chiavi di lettura,<br />
tutto sommato, si riducono<br />
a due: c’è chi crede che la<br />
decisione di non abbattere<br />
la produzione sia proprio<br />
ricollegabile alla volontà<br />
di spiazzare i produttori<br />
americani, che oggi pagano<br />
livelli di costi di produzione<br />
troppo alti; e dall’altro<br />
lato c’è chi ribalta questa<br />
posizione, sostenendo che<br />
l’Arabia Saudita, al contrario,<br />
stia dando un aiuto proprio<br />
agli Stati Uniti, mettendo<br />
in difficoltà Russia e Iran.<br />
Già, perché probabilmente<br />
ad uscire con le ossa rotte<br />
da questa partita sono<br />
proprio i russi e gli iraniani.<br />
Teheran ha dovuto, suo<br />
malgrado, allinearsi alla<br />
posizione dei rivali sauditi,<br />
consapevole che una lotta<br />
interna al cartello non<br />
avrebbe portato il Paese<br />
molto lontano. Soprattutto<br />
a causa delle pesanti<br />
sanzioni internazionali,<br />
37
Bijan Namdar Zangeneh - È un<br />
politico iraniano, che ha occupato<br />
diverse posizioni all’interno dei<br />
ministeri del suo paese. Al momento<br />
è il ministro del Petrolio iraniano.<br />
Ali Al-Naimi - Nato nel 1935,<br />
attualmente è il ministro del Petrolio<br />
e delle risorse minerali dell’Arabia<br />
Saudita. Il suo curriculum annovera<br />
anche un master alla Stanford.<br />
che stanno penalizzando<br />
la sua economia. Mosca,<br />
intanto, si è vista costretta<br />
a raccogliere la sfida, pur<br />
consapevole della necessità<br />
di un prezzo del petrolio<br />
a livelli molto più alti,<br />
per mantenere stabile<br />
l’economia.<br />
L’instabilità del mercato<br />
Una situazione molto<br />
difficile, soprattutto perché<br />
i mercati hanno già mostrato<br />
segni di instabilità verso<br />
le economie fortemente<br />
connesse all’export di<br />
petrolio. E proprio il rublo,<br />
all’indomani dell’esito di<br />
Vienna ha registrato un<br />
pesante scivolone in borsa.<br />
Notizia poco confortante<br />
per Putin, già alle strette per<br />
le sanzioni internazionali:<br />
avere una moneta debole<br />
significa, infatti, un<br />
aumento esponenziale del<br />
peso dei debiti. E qualche<br />
colosso russo già inizia a<br />
risentirne, come Rosneft<br />
che ha appena chiesto<br />
al governo un aiuto per<br />
sostenere le passività.<br />
Eppure, se da un lato<br />
il crollo del greggio<br />
potrebbe trascinare molti<br />
produttori nell’oblio,<br />
dall’altro potrebbe favorire<br />
l’economia reale di molti<br />
altri Paesi. Il capo della<br />
ricerca sulle commodity<br />
di Citigroup, Ed Morse,<br />
sostiene che un Brent a 80<br />
dollari al barile equivale<br />
ad una riduzione delle<br />
tasse di quasi 600 dollari<br />
all’anno per una famiglia<br />
statunitense. E i risparmi<br />
potrebbero riguardare<br />
da vicino anche il nostro<br />
continente, che al momento<br />
è alla finestra, insieme con<br />
il capo della BCE, Mario<br />
Draghi, che preme in favore<br />
di un QE europeo. E l’Italia?<br />
L’Italia, invece, non fa testo.<br />
Il crollo del greggio non<br />
produce grandi effetti per<br />
le nostre pompe di benzina.<br />
Perché, come sostengono<br />
moltissimi imprenditori, la<br />
nostra è una “Repubblica<br />
fondata sulle accise, anziché<br />
sul lavoro”.<br />
38
Cultura<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
il coraggio<br />
di fare<br />
bei sogni<br />
Redatto da<br />
Liliana Squillacciotti<br />
“Liberati dal piombo<br />
che hai sul cuore,<br />
Massimo. È una vita che<br />
ti tormenti e tormenti<br />
tua madre con questo<br />
strazio. Una vita che la<br />
sento pesare sopra noi.<br />
Basta! Mandale tutto<br />
il tuo amore e lasciala<br />
finalmente andare...”<br />
Lasciare andare. Lasciare<br />
andare l’assenza, il<br />
dolore. Lasciare andare<br />
il rancore, le parole<br />
non dette, i rimproveri<br />
taciuti. Lasciare andare il<br />
tempo negato. Lascaiare<br />
andare le delusioni e<br />
le gioie, mutilate della<br />
condivisione. Lasciare<br />
andare chi ti ha messo al<br />
mondo. Lasciare andare<br />
il ricordo di chi, quello<br />
stesso modo, non lo<br />
abita più da tempo. “Solo<br />
il perdono ti rimette in<br />
contatto con l’energia<br />
dell’amore”. “Lasciare<br />
andare”, dunque,<br />
nella maniera più<br />
complessa che l’essere<br />
umano riesca anche<br />
solo semplicemente a<br />
concepire; perdonando.<br />
Arrabbiarsi, elaborare,<br />
imparare a convivere,<br />
perdonare e tornare ad<br />
amare. Prima se stessi,<br />
e poi il prossimo. Se<br />
stessi, attraverso il<br />
prossimo. Un percorso<br />
lungo, lungo una vita<br />
intera. Quarant’anni di<br />
silenzi. Quarant’anni di<br />
deliberato e premeditato<br />
silenzio. Qual è il limite?<br />
39
Quando è davvero possibile<br />
addossarsi la responsabilità di<br />
tacere, in merito alla vita altrui?<br />
“Breve riposo dona alla mamma,<br />
Signore. Svegliala, falle un caffè<br />
e rimandala subito qui. È mia<br />
mamma, capito? O riporti giù<br />
lei o fai venire su me. Scegli<br />
tu. Ma in fretta. Facciamo che<br />
adesso chiudo gli occhi e quando<br />
li riapro hai deciso? Così sia”.<br />
La storia di una mamma andata<br />
via troppo presto, e la storia di<br />
un bambino, di un adolescente,<br />
di un adulto, che a quella<br />
mancanza cerca di sopperire.<br />
Che, a quella mancanza, cerca<br />
di sopravvivere. In qualsiasi<br />
modo possibile. La fantasia,<br />
la sublimazione, l’aridità. La<br />
storia di un segreto, di una<br />
rimozione che appare essere<br />
stata quanto mai volontaria<br />
man mano che si procede con<br />
la lettura. “Fai bei sogni” è<br />
una storia semplice, scritta in<br />
modo semplice. Raccontata<br />
dall’interno, più dallo stomaco<br />
che dal cuore. Una storia che,<br />
a seconda di chi la ascolta,<br />
assume sfumature diverse, con<br />
Nelle infatuazioni a<br />
senso unico l’oggetto<br />
del nostro amore si<br />
limita a negarci il suo.<br />
Ci toglie qualcosa<br />
che ci aveva dato<br />
soltanto nella nostra<br />
immaginazione. Ma<br />
quando un sentimento<br />
ricambiato cessa di<br />
esserlo si interrompe<br />
brutalmente il<br />
flusso di un energia<br />
condivisa.<br />
“<br />
Massimo Gramellini<br />
Fai bei sogni<br />
40
Attualità Cultura<br />
N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre <strong>2014</strong><br />
Massimo Gramellini - Vice<br />
direttore di La Stampa, nel<br />
2012 ha scritto il romanzo<br />
autobiografico Fai bei sogni.<br />
I sogni - Gramellini descrive<br />
la forza nel superare la morte<br />
della madre a nove anni.<br />
Non difesi il<br />
mio sogno, per<br />
la semplice<br />
ragione che<br />
non lo ascoltavo<br />
più. I sogni<br />
sono radicati<br />
nell’anima e la<br />
mia era fuori<br />
servizio.<br />
“<br />
Massimo<br />
Gramellini<br />
quella costante empatica che<br />
è impossibile non provare per<br />
un bimbo privato del primo<br />
amore della propria vita.<br />
Un mostro, colpevole di aver<br />
aver strappato via, troppo<br />
presto, da braccia troppo<br />
piccole, un amore troppo<br />
grande. Ma. Ma, se quel<br />
mostro alberga nel cuore,<br />
e nella mente, di chi più al<br />
mondo ti abbia mai voluto,<br />
desiderato ed amato, come si<br />
potrà mai pensare di essere<br />
voluti, desiderati ed amati<br />
da qualcun altro? Come si<br />
potrà mai mettere in atto<br />
il processo del perdono?<br />
Come si potrà mai accettare<br />
l’idea che non si sia venuti<br />
al mondo semplicemente per<br />
essere poi rifiutati? “Mi sarei<br />
accontentato di tenere i piedi<br />
per terra. Invece camminavo<br />
sulle punte come un elfo. Le<br />
mie suole erano consumate<br />
soltanto sul davanti e i talloni<br />
fluttuavano a mezz’aria senza<br />
combinare niente di utile.<br />
Camminavo sulle punte e<br />
le guardavo di continuo,<br />
perchè non ero capace di<br />
alzare gli occhi al cielo.<br />
Avevo le mie ragioni. Il cielo<br />
mi faceva paura. E anche la<br />
terra.” “Coraggio”. Ciò che<br />
maggiormente traspare dalle<br />
righe di un romanzo semplice,<br />
e che nella sua semplicità<br />
riesce a non risultare mai<br />
41
Economia<br />
N.8 | 25 Novembre <strong>2014</strong><br />
La Torino di Gramellini - La Mole,<br />
simbolo di una città, Torino. Simbolo di<br />
Italia. Una mole che s’innalza e svetta nel<br />
cielo nella sua stabile imponenza e nella<br />
leggerezza della sua arte architettonica.<br />
banale o stucchevole, è che<br />
il “coraggio” sia la parola<br />
d’ordine. Ci vuole coraggio<br />
nei momenti bui, ci vuole<br />
coraggio per capire che le<br />
difese hanno tutto il diritto<br />
di esistere, ma che chi le ha<br />
costruite ha tutto il diritto di<br />
poterle abbassare, per<br />
godere dei momenti di luce.<br />
Ci vuole coraggio per alzare<br />
gli occhi al cielo, noncuranti<br />
degli ostacoli presenti sulla<br />
terra. Ci vuole coraggio per<br />
riuscire a tenere a bada i<br />
mostri generati dalla vita,<br />
lo stesso coraggio che ci<br />
vuole per concedersi il lusso<br />
di seguire i propri sogni. Ci<br />
vuole coraggio da vendere,<br />
per riuscire a non diventare<br />
vittime degli atti altrui. Ci<br />
vuole coraggio per affrontare<br />
il male che non puoi vedere,<br />
ed altrettanto coraggio ci<br />
vuole per capire che chi da<br />
quel male viene sopraffatto,<br />
non necessariamente<br />
sia privo di amore.<br />
Semplicemente, il coraggio,<br />
spesso, viene a mancare.<br />
Un romanzo sull’amore più<br />
grande, quello di una madre,<br />
visto dagli occhi di un figlio<br />
che di quell’amore, non ne ha<br />
avuto abbastanza. La storia<br />
di un mostro subdolo, che va<br />
abbracciato e perdonato per<br />
vederlo, finalmente, svanire.<br />
La storia di come sia possibile<br />
imparare a “tenere i piedi<br />
per terra senza smettere di<br />
alzare gli occhi al cielo”. “Le<br />
mani di Elisa hanno percorso<br />
traiettorie insondabili<br />
intorno alla mia testa e la sua<br />
voce ha pronunciato parole<br />
che non sono riuscito a<br />
comprendere. Ma qualcuno<br />
dentro di me le aveva capito<br />
molto bene. Belfagor. L’ho<br />
sentito rattrappirsi come<br />
una spugna consunta e<br />
poi disintegrarsi in una<br />
pioggia di frammenti subito<br />
inghiottiti dal buio”.<br />
42
Cultura<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
L’angolo del libro<br />
Buio Rosso<br />
Buio rosso è un libro<br />
composto da dieci racconti<br />
thriller - horror. Roberto<br />
Ricci è l’autore, di Ancona<br />
e di professione fa il<br />
parrucchiere. Dopo aver<br />
vinto nel 2012 il Premio<br />
Racconti nella rete - sezione<br />
soggetti per cortometraggi<br />
ha proseguito con<br />
successo nella scrittura,<br />
guadagnandosi dalla<br />
stampa l’appellativo di<br />
parrucchiere del brivido.<br />
I dieci racconti sono un<br />
sentito omaggio al cinema<br />
gotico Italiano degli anni<br />
70, quello di Bava, Argento,<br />
Fulci e altri grandi<br />
maestri. Tra i racconti<br />
spiccano Il Cappotto,<br />
vincitore del già citato<br />
concorso, e Guanti Neri.<br />
Entrambi sono divenuti<br />
due cortometraggi. Altro<br />
racconto importante è<br />
Specchi Infranti, il più<br />
lungo e sicuramente<br />
più impegnativo, dove il<br />
cinema e la letteratura si<br />
mescolano in una trama<br />
gialla che non risparmia<br />
paure. Di maestri del<br />
brivido ce ne sono diversi,<br />
ma il parrucchiere del<br />
brivido è uno soltanto.<br />
Home<br />
Record<br />
un’arma<br />
a doppio<br />
taglio?<br />
Redatto da<br />
Luigi ‘Rey’ D’Errico<br />
Con l’avvento della musica<br />
digitale, al giorno d’oggi,<br />
possedere un piccolo studio di<br />
registrazione domestico è alla<br />
portata di tutti. Sul mercato,<br />
ormai, esiste una tale quantità<br />
di strumenti e attrezzature<br />
da accontentare le tasche<br />
di tutti. Proprio per questo,<br />
però, spesso si finisce con<br />
l’acquistare materiale poco<br />
idoneo o addirittura scadente.<br />
Cosa occorre davvero per<br />
crearsi una piccola postazione<br />
di home recording? Uno dei<br />
vantaggi della “registrazione<br />
casalinga”, senz’altro,<br />
consiste nell’avere a portata<br />
di scrivania, nella propria<br />
camera, un “registratore h24<br />
di ispirazioni”: cantanti e<br />
musicisti, infatti, hanno la<br />
possibilità di poter registrare<br />
in qualsiasi momento ogni<br />
idea, sequenza di note e ritmo<br />
che gli passi per la testa. Per chi<br />
invece volesse intraprendere<br />
43
una carriera da tecnico del<br />
suono, l’ideale sarebbe<br />
soffermarsi su alcuni<br />
punti. Primo fra tutti,<br />
sicuramente rendere<br />
idonea l’acustica della<br />
stanza. Apportare le giuste<br />
correzioni all’ ambiente<br />
scelto per lavorare<br />
rende indispensabile<br />
l’intervento di un<br />
professionista. Il “fai da<br />
te”, in queste circostanze,<br />
spesso provoca errori<br />
che in futuro potrebbero<br />
compromettere la qualità<br />
del proprio lavoro. Il<br />
passo successivo, è la<br />
scelta dell’attrezzatura:<br />
in primis, valutare la<br />
tipologia della scheda<br />
audio (indispensabile<br />
per convertire il segnale<br />
analogico in uno digitale).<br />
Dobbiamo registrare<br />
delle voci? Allora ci sarà<br />
indispensabile procurarci<br />
degli ingressi microfonici<br />
dotati di apposita<br />
alimentazione phantom.<br />
E per registrare degli<br />
strumenti? In questo caso<br />
la scelta ricadrà su ingressi<br />
di linea ad alta impedenza.<br />
Allo stesso modo va<br />
effettuata la scelta del<br />
microfono: per registrare<br />
una voce ne sceglieremo<br />
uno a condensatore,<br />
per chitarre acustiche e<br />
batterie, opteremo invece<br />
per quelli dinamici. Il<br />
The Boss<br />
Il mitico Bruce Springsteen<br />
compose e registrò su un tape, nella<br />
propria camera da letto, sia l’album<br />
Nebraska sia Born in the U.S.A.<br />
The Stones<br />
I Rolling Stones composero Exile on<br />
Main Street mentre soggiornavano<br />
in Francia. Non potendo aspettare il<br />
ritorno in studio registrarono in casa<br />
utilizzando l’attrezzatura sul van.<br />
monitor, invece, è una<br />
scelta “d’orecchio”: in<br />
questo caso, insomma,<br />
il detto “anche l’occhio<br />
vuole la sua parte”, non<br />
vale. Meglio preferire<br />
la coerenza del suono<br />
all’iper colorazione. Senza<br />
cavi di alta qualità, ultimo<br />
ma non ultimo, scordatevi<br />
quanto detto finora.<br />
E ricordate: provate,<br />
per quanto possibile, a<br />
mettere da parte il vostro<br />
gusto personale. Ciò<br />
che conta è l’orecchio!<br />
Ascoltate, quindi e…<br />
buona musica.<br />
Altri casi famosi<br />
Numerosi cantanti hanno<br />
inciso i loro successi in<br />
casa. Ad esempio Bon Iver,<br />
David Gray, Emitt Rhodes,<br />
Beck, Phox, Owl City, Rosie<br />
Thomas e The Wrens.z<br />
44
45<br />
Gastronomia<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong>
La tavola<br />
delle feste<br />
Alla scoperta di antiche e nuove tradizioni<br />
della festa dell’Immacolata. Viaggio nei<br />
sapori e nei colori che distinguono la<br />
cucina italiana durante l’8 <strong>dicembre</strong>.<br />
Redatto da<br />
Eleonora Baluci<br />
Annunciazione! Annunciazione!<br />
Tu Marì Marì fai il figlio di<br />
Salvatore. Gabriele t’ha dato la<br />
buona notizia. Annunciazione!<br />
Annunciazione!<br />
Una Annunciazione peculiare,<br />
tipica dello spirito di Napoli, che<br />
racchiude in sé verità nascoste.<br />
La risata è veritiera. Come<br />
veritiero è il ruolo di Maria nella<br />
sua Immacolata Concezione.<br />
La Buona Novella. L’Annuncio<br />
che porterà al cambiamento<br />
dell’umanità.<br />
Lo stravolgimento della vita di<br />
una donna innalzata a simbolo<br />
di dedizione totale verso il suo<br />
Dio. Il dogma dell’Immacolata<br />
Concezione ha un ruolo tale da<br />
vedere l’istituzione di un festa<br />
che nasce l’8 <strong>dicembre</strong> 1854,<br />
per volere di Papa Pio IX con la<br />
bolla Ineffabilis Deus. Da allora<br />
l’8 <strong>dicembre</strong> ha rappresentato<br />
l’avvento del periodo natalizio<br />
e, specialmente al sud Italia,<br />
come ogni festività che si<br />
rispetti, porta con sé tradizioni<br />
e piatti tipici. È tradizione<br />
rispettare il digiuno, pratica<br />
che sembra essere nata durante<br />
il governo dei Borbone nel<br />
Regno di Napoli. Si narra<br />
che la regina di Napoli, in<br />
procinto di partorire ed in<br />
preda a fortissimi dolori,<br />
chiese la grazia alla Madonna<br />
per far nascere il bambino<br />
senza problemi ed in salute,<br />
promettendole che avrebbe<br />
fatto fare digiuno a tutti i suoi<br />
sudditi. Il bambino nacque<br />
sano la vigilia dell’Immacolata<br />
e così il re, forse Ferdinando I<br />
di Borbone, ordinò il digiuno<br />
a tutti gli abitanti del regno.<br />
Anche a Matera per il pranzo<br />
della vigilia dell’Immacolata<br />
si osserva rigorosamente il<br />
digiuno, rinforzando, invece, la<br />
cena. In linea con il divieto per<br />
i cattolici di consumare carne,<br />
la tipica cena materana del 7<br />
<strong>dicembre</strong> è a base di baccalà<br />
in umido e ficcilatidd (noto<br />
anche come tortanello), una<br />
sorta di ciambella di pane con<br />
semi di finocchio, preparato<br />
solo una volta l’anno, che<br />
rappresenta con la sua forma<br />
la perfezione dell’Immacolata<br />
Concezione. Ai due piatti<br />
tipici della cena della vigilia si<br />
sono uniti, negli ultimi anni,<br />
gli spaghetti aglio, olio e<br />
peperoncino, utile rinforzo per<br />
le fatiche del giorno successivo,<br />
46
Gastronomia<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Pasta - <strong>Gli</strong> spaghetti alla San Giovanniello<br />
(San Giuvannidd), tipici della tradizione<br />
lucana dell’8 <strong>dicembre</strong>, sono conditi con<br />
ingredienti poveri come pomodoro, aglio,<br />
olive, acciughe e un po’ di prezzemolo.<br />
data in cui si addobbano,<br />
secondo tradizione, albero<br />
di Natale e presepe. Sempre<br />
in Basilicata, a partire<br />
dall’8 <strong>dicembre</strong> si iniziano<br />
a preparare le cartellate<br />
(carteddhrate), rotelline<br />
dolci fritte, simili alle<br />
chiacchere di Carnevale,<br />
da intingere nel miele. Un<br />
tempo, in Basilicata, dopo<br />
il tradizionale digiuno della<br />
vigilia, nelle botteghe, il<br />
mastro offriva la cena ai<br />
propri operai e apprendisti,<br />
cena che solitamente<br />
consisteva in un piatto<br />
di spaghetti, prodotti nei<br />
pastifici cittadini, con sugo e<br />
baccalà, il tutto servito dalla<br />
moglie del mastro. A partire<br />
dall’8 <strong>dicembre</strong>, inoltre,<br />
nelle case si iniziavano a<br />
preparare i dolci (e non<br />
solo) tipici del Natale, come<br />
le friselle, le strattate,<br />
le meringhe, i biscottini<br />
al vino bianco, i biscotti<br />
grossi all’uovo ricoperti di<br />
zucchero ed i pasticcini,<br />
gioia per tutti i bambini.<br />
Simile al ficcilatid materano<br />
è il tarallo dell’Immacolata<br />
(u taradde della Maculete),<br />
grande ciambella salata con<br />
semi di anice e finocchio<br />
(talvolta aromatizzata con<br />
sambuca), preparato in<br />
Puglia, anch’esso consumato<br />
per la vigilia, dando così<br />
inizio alle festività natalizie.<br />
Sempre il 7 <strong>dicembre</strong> si<br />
preparano i vermicelli col<br />
baccalà (vermiceddhi cu lu<br />
baccalà), conditi con un sugo<br />
a base di salsa di pomodoro,<br />
baccalà infarinato e cipolla.<br />
Piatti tipici, invece, del<br />
pranzo dell’Immacolata,<br />
in alcune zone della Puglia,<br />
sono gli spaghetti alla<br />
San Giovanniello (San<br />
Giuvannidd), pasta semplice<br />
con ingredienti poveri e<br />
genuini, come pomodorini,<br />
aglio, olive ed acciughe, ed il<br />
baccalà fritto, quest’ultimo<br />
consumato anche in<br />
Calabria, Campania e Puglia.<br />
Anche nel Salento e in tutta<br />
la Puglia centromeridionale<br />
la giornata antecedente<br />
all’Immacolata Concezione<br />
è dedicata al digiuno,<br />
digiuno in cui è ammesso<br />
solo il consumo di puccie. Le<br />
47
Orecchiette con cime di rapa<br />
un piatto tradizionale pugliese.<br />
puccie sono panini morbidi,<br />
ricoperti a fine cottura di<br />
farina bianca a simboleggiare<br />
la purezza della Madonna,<br />
che si possono trovare più<br />
piccoli e ripieni di olive<br />
in salamoia (pucce uliate)<br />
o più grandi e vuote, da<br />
farcire a piacimento, di<br />
solito con tonno, capperi,<br />
provolone, pomodorini,<br />
acciughe e pesciolini fritti<br />
sott’aceto detti franfullicchi.<br />
Una variante della puccia è<br />
prodotta a Gallipoli, la puccia<br />
caddhipulina, che contiene<br />
nell’impasto anche burro,<br />
pomodori, acciughe, tonno,<br />
capperi ed olio extravergine<br />
di oliva. Terminato il digiuno<br />
al tramonto, la cena del 7<br />
<strong>dicembre</strong> prevede baccalà<br />
al sugo o con le patate e<br />
pittule (o pettole), frittelle<br />
fatte solo di farina, acqua e<br />
lievito, vuote o farcite con<br />
i più svariati ingredienti,<br />
come gamberetti, calamari,<br />
baccalà, cavolfiore, fiori<br />
di zucca, rape, patate<br />
dolci o alla pizzaiola, con<br />
olive, porro, capperi e<br />
pomodorini. Verdura tipica<br />
della cena della vigilia sono<br />
le rape, usate come ripieno<br />
per le pittule ma anche<br />
consumate come contorno,<br />
come la ricetta delle rape<br />
‘Nfucate, in cui la verdura<br />
viene saltata in padella con<br />
olio, aglio, olive nere ed<br />
abbondante peperoncino<br />
piccante; in altre zone della<br />
Puglia si ritrovano invece<br />
nelle famose orecchiette<br />
alle cime di rapa. A Taranto<br />
la tradizione del digiuno<br />
della vigilia è molto sentita,<br />
dopo che, la notte tra il 7 e<br />
l’8 <strong>dicembre</strong> 1710, un forte<br />
terremoto colpì la città<br />
senza distruggerla, miracolo<br />
attribuito alla Madonna,<br />
così come avvenne nel 1743,<br />
anno in cui l’Immacolata fu<br />
dichiarata patrona. A Bari<br />
invece, sempre la vigilia,<br />
regna sulle tavole l’anguilla,<br />
consumata arrosto o al sugo,<br />
usato anche per condire gli<br />
spaghetti. In Campania,<br />
come ogni vigilia di festa, si<br />
usa consumare la pizza di<br />
scarole, torta rustica ripiena<br />
di olive nere, scarola, capperi,<br />
uvetta e pinoli, preparata<br />
per rimanere leggeri in vista<br />
delle grandi abbuffate dei<br />
giorni successivi. Sempre<br />
in Campania, in particolar<br />
modo nella costiera<br />
Amalfitana, si preparano le<br />
zeppole dell’Immacolata,<br />
piccole palline di impasto<br />
dolce, fritte e poi arricchite<br />
con miele e confettini<br />
colorati, da gustare anche<br />
nella versione salata,<br />
più grandi e ripiene con<br />
mozzarella e prosciutto<br />
cotto. In Sicilia la festa<br />
dell’Immacolata Concezione<br />
è molto sentita, in virtù della<br />
smisurata venerazione del<br />
Pizza con le scarole - un<br />
piatto tipico partenopeo.<br />
48
Gastronomia<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
“<br />
Solo la sua<br />
Immacolata<br />
Concezione<br />
spiega come, tra i<br />
sentimenti di Maria,<br />
non esista alcun<br />
tipo di contrasto o<br />
di tensione tra la<br />
dedizione a Dio e<br />
quella da riservarsi<br />
allo sposo.<br />
Adrienne<br />
von Speyr<br />
Lo sfincione<br />
è un prodotto<br />
tipico della<br />
gastronomia<br />
palermitana.<br />
È stato<br />
ufficialmente<br />
inserito nella<br />
lista dei prodotti<br />
agroalimentari<br />
tradizionali<br />
italiani del<br />
Ministero delle<br />
Politiche Agricole,<br />
Alimentari e<br />
Forestali.<br />
popolo nei confronti della<br />
Vergine; diverse sono, da<br />
zona a zona, le ricette<br />
tipiche della vigilia e del<br />
giorno di festa.<br />
A Palermo classico<br />
piatto del 7 <strong>dicembre</strong> è<br />
lo sfincione, focaccia<br />
morbida con pomodoro,<br />
acciughe, caciocavallo,<br />
origano e cipolla, il cui<br />
nome deriva dal latino<br />
spongia, spugna, ad<br />
indicare la consistenza<br />
dell’impasto; a Bagheria,<br />
dove lo sfincione si<br />
consuma ad ogni vigilia di<br />
festività, si usa prepararlo<br />
senza il pomodoro, in<br />
versione bianca con<br />
ricotta o tuma. Sempre<br />
nel capoluogo siciliano<br />
si serve il baccalà fritto,<br />
per la vigilia, e l’8 gli<br />
anelletti al forno, pasta<br />
a forma di piccoli anelli,<br />
condita con ragù di carne<br />
e caciocavallo, preparata<br />
in tutta la Sicilia, i giorni<br />
di festa, con diverse<br />
varianti.<br />
Diffuse sono anche<br />
le sfincette dela<br />
Vergine Immacolata<br />
(sfincitieddi), palline<br />
fritte, che possono<br />
essere preparate<br />
dolci, con dentro un<br />
pezzetto di cioccolato o<br />
semplicemente rotolate<br />
in zucchero e cannella,<br />
o salate, ripiene con<br />
acciughe o ricotta.<br />
L’Immacolata è anche il<br />
giorno in cui si iniziano<br />
a preparare i dolci tipici<br />
del Natale, tra cui il<br />
buccellato, ciambella<br />
di pasta frolla ripiena<br />
di fichi secchi, canditi<br />
49<br />
Baccalà fritto<br />
Il baccalà fritto si prepara<br />
semplicemente con baccalà<br />
ammollato e poi asciugato, tagliato<br />
a listarelle e passato in una pastella<br />
a base di farina, burro e acqua, poi<br />
fritto in abbondante olio prima di<br />
essere servito caldo in tavola.
e, a volte, pezzetti di<br />
cioccolato, ricoperta<br />
poi di glassa bianca o<br />
frutta candita. Prodotta<br />
e consumata in tutta<br />
l’isola è la petrafennula<br />
(o petrafernula), torrone<br />
molto duro a base di<br />
mandorle, miele e scorze<br />
di arancia e cedro, di<br />
origine araba.<br />
Prodotta anch’essa in<br />
varie parti della Sicilia ma<br />
con diverse varianti è la<br />
muffoletta, pagnotta di<br />
grano tenero: a Ravanusa<br />
(Agrigento) la muffoletta<br />
si impasta con i semi di<br />
finocchio e si farcisce<br />
con sarde o formaggio, ad<br />
Agrigento ed a Canicattì<br />
si impasta con i semi di<br />
cumino, a Caltanissetta<br />
questi panini diventano<br />
dolci ed arricchiti con<br />
chiodi di garofano e<br />
cannella. L’usanza di<br />
consumare le muffolette<br />
la vigilia dell’Immacolata<br />
è legata al digiuno<br />
prefestivo: tutt’oggi i<br />
panettieri mandano per<br />
le strade, alle prime luci<br />
dell’alba del 7 <strong>dicembre</strong>,<br />
bambini e ragazzini al<br />
grido di “muffulette cauri<br />
cauri” (panini caldi caldi),<br />
da consumare come unico<br />
pasto della giornata.<br />
La tradizione siciliana<br />
delle muffolette ha<br />
perfino raggiunto<br />
anche l’altra sponda<br />
dell’oceano, quando nel<br />
1906 Salvatore Lupo,<br />
immigrante siciliano,<br />
fondò a New Orleans<br />
il Central Grocery e<br />
cominciò a produrre questi<br />
panini farciti per i siciliani<br />
del luogo, divenuti poi<br />
simbolo della città. Ogni<br />
8 <strong>dicembre</strong> dell’anno,<br />
sulle tavole prende<br />
forma la tradizione. Ogni<br />
tradizione è specchio<br />
di credenze e realtà che<br />
assumono significato<br />
e valore. Un dogma<br />
richiama il bisogno<br />
di rendere manifesti<br />
e visibili tali valori.<br />
Nell’arte culinaria e<br />
no, lo si rende vivo con<br />
dedizione, con un sorriso,<br />
con un odore di intimità<br />
che ispira certezze e che,<br />
intorno ad un tavolo o<br />
raccolti in un luogo di<br />
preghiera, fa sentire<br />
uniti, parte di una verità<br />
rivelata.<br />
Muffoletta<br />
In origine si chiamava<br />
Muffulettu, con tre “u” appunto,<br />
ma come è avvenuto per tutti gli<br />
immigrati italiani che all’inizio<br />
del Novecento sono sbarcati ad<br />
Ellis Island per abbracciare una<br />
nuova cittadinanza, anche il suo<br />
nome è stato americanizzato.<br />
Pirtusa vutta<br />
La Basilicata, si sa, è terra di vino e quale<br />
migliore occasione per assaggiare il frutto<br />
dell’infaticabile lavoro dei contadini<br />
vignaioli se non il giorno dell’8 <strong>dicembre</strong>.<br />
Festa che è definita anche giorno del<br />
“pirtusa vutta” (che, in italiano, significa<br />
bucare la botte). Si tratta della tradizionale<br />
festa della “spillatura delle botti” che ogni<br />
anno si celebra nella festa dedicata anche<br />
all’Immacolata Concezione. Secondo<br />
l’antica cultura contadina del mondo<br />
lucano, assieme a tanti prodotti tipici<br />
locali, si assaggia il vino nuovo che si<br />
attinge direttamente dalla botte.<br />
50
LINE<br />
Romanzata<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
51
Scritto da<br />
Armando De Martino<br />
Mi fermo e cerco un posto per<br />
sedermi. Scruto intorno. Siamo sotto<br />
terra. Siamo sotterrati consapevoli.<br />
Siamo sotterrati ma non facciamo<br />
danni. Dalle nostre parti si sotterrano<br />
danni d’oro. Sono seduto e guardo<br />
intorno le persone perplesse. Le<br />
persone infreddolite, le persone<br />
allegre. Il vento ed un annuncio ci<br />
ricorda che siamo sottoterra ma vivi.<br />
C’è roba sottoterra che ci ricorda<br />
che siamo morti che camminano.<br />
Ammantati, alienati, destinati ad<br />
essere carta di credito per il mercato<br />
nero delle bustarelle differenziate. La<br />
camorra come scudo, la politica come<br />
lancia, le anime che fumano dai corpi<br />
freddi i bersagli. Guardo il telefono,<br />
non c’è campo. Isolati. Una signora<br />
guarda l’orologio. Il tempo. Sbuffa<br />
Romanzata<br />
A UNO<br />
rammaricandosi con le mani. Quando<br />
si arriva alle stazioni c’è sempre un<br />
treno che è partito prima del nostro.<br />
Inevitabile. Il tempismo è un soldatino<br />
di piombo su un cavallo di cartone.<br />
Affonda. Accavallo le gambe, e ricordo<br />
che non posso fumare. Però respiro<br />
l’aria sottoterra. Ascolto la radio dalle<br />
cuffiette. C’è un nuovo idolo delle<br />
poltrone serali. Ha la camicia bianca<br />
e la cravatta verde. Parla, parla, anche<br />
alla radio. Fenomeno. Riesce sempre<br />
ad avere risposte a tutto. Peccato<br />
che non ci siano domande giuste da<br />
porgli. Il Vangelo secondo Matteo,<br />
Pasolini l’avrà creato pensando alla<br />
deriva che avrebbe preso la sua Italia.<br />
Arriva il treno. Il vento aumenta.<br />
Me ne accorgo. Salgo. Prossima<br />
fermata “Quattro giornate”. Mi<br />
viene in mente Gennarino Capuozzo.<br />
Organizzò la rivolta ai tedeschi e li<br />
cacciò. Furono quattro giorni di morte<br />
e orgoglio. L’Italia non ricorda. Io<br />
si. Quel bambino che ribaltò la città<br />
cancellando svastiche e fasci con<br />
la dignità di una miseria popolana,<br />
ricca di rabbia miscelata a dignità<br />
artistica. Quel bambino che guidò una<br />
città a stendere il tappeto rosso agli<br />
alleati accolti come liberatori di una<br />
città fantasma, vuota di nemici. Quel<br />
bambino che morì dopo che aveva<br />
reso una medaglia al valore militare<br />
alla sua città. È solo una fermata di<br />
una metropolitana. È solo una città<br />
che ha la monnezza tossica che le cola<br />
come lacrime dalle viscere. Morto.<br />
Faceva il panettiere. Aveva dodici<br />
anni. Aveva gli occhi della vita che si<br />
inarca e si arrampica sulle pendici del<br />
passato e si capovolge al futuro senza<br />
passare per il presente. Assente. Il<br />
tempo. Assente. Esodato dalla storia.<br />
Cassaintegrato della memoria. Sudo.<br />
Sono in piedi, attaccato. Guardo tutti<br />
attaccati. Ho un brivido. È l’unico<br />
momento in cui rivedo tanta gente coi<br />
pugni chiusi. In un vagone, quando<br />
è attaccata per non cadere. Un tipo<br />
basso, seduto discute con un altro<br />
52
Romanzata<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Metro - Un treno in partenza o un treno<br />
in arrivo. In un viaggio del cambiamento<br />
fatto di attese, corse e fermate improvvise.<br />
Su binari paralleli per poter scegliere il<br />
destino o lasciare che ti scelga.<br />
seduto di fronte. <strong>Gli</strong> occhi<br />
passano tra culi e borse e<br />
s’incrociano. Si lamenta<br />
degli immigrati. Troppi ed<br />
inutili secondo lui. Il tipo<br />
dall’altra parte annuisce<br />
e dice che la Lega fa bene.<br />
Vedi che il buon Matteo ha<br />
appeal? Penso. Non dico<br />
nulla. Seguo interessato.<br />
Il tipo ci informa che ci<br />
sono nuovi barconi pronti a<br />
sbarcare e che porteranno<br />
l’ebola, lavoreranno per poco<br />
in cambio e un giorno l’Italia<br />
non avrà più un’identità.<br />
Lo guardo. Fisso. Inarco il<br />
sopracciglio sinistro. Non<br />
se ne accorge. I suoi occhi<br />
guardano solo oltre un<br />
culo. Incalza, dicendo che<br />
lo zio è stato un grande.<br />
Emigrato in America ora è<br />
ricco. Appunto. Siamo stati i<br />
primi ad essere barconizzati.<br />
Nessuno ci ha mai sparato<br />
addosso. Sudamerica, Stati<br />
Uniti, Belgio, Germania,<br />
Olanda. Ovunque. Scende.<br />
Saluta. È orgoglioso. Altra<br />
fermata. Altro giro. Altro<br />
momento di solitudine.<br />
Quella seria. Quella dei fiumi<br />
che immagini scendano dalle<br />
montagne diritti in faccia<br />
per svegliarti. Tocca a me.<br />
Scendo. Il cielo è plumbeo,<br />
il silenzio si dissolve mentre<br />
incalzano clacson e grida.<br />
Qualcuno va di fretta. Tutti<br />
vanno di fretta. Vogliono<br />
scappare, fuori dalla crisi. Lo<br />
spread emozionale è sempre<br />
a minimi livelli, al massimo<br />
c’è l’interesse del prestito di<br />
pazienza per stare a galla, su<br />
uno stivale in mezzo al mare.<br />
“Lasciare libero il passaggio”<br />
la saracinesca emette un<br />
sentenza, non pone un<br />
divieto.<br />
53
FEUILLETON<br />
Numero V<br />
2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Una discarica<br />
Plastic<br />
Quando il futuro si incrocia<br />
con la disumanità. Firmato<br />
da Marina Finaldi.<br />
Vagone del<br />
Destino<br />
I dolci racconti di una<br />
pendolare. Firmato da<br />
Josy Monaco.
Feuilleton!<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Scritto da<br />
Marina Finaldi<br />
Plastic ttt<br />
Davanti ai nostri occhi, si stagliava il biglietto da visita del nuovo<br />
mondo: un maleodorante accumulo di composti organici e sintetici.<br />
PARTE II - Quando<br />
giungemmo alla recinzione<br />
di filo spinato che circondava<br />
la discarica era ormai<br />
notte fonda. Era buio, buio<br />
pesto. La luna, nascosta<br />
da nere nuvole dense e<br />
fitte, occhieggiava di tanto<br />
in tanto in basso verso di<br />
noi, illuminando di riflessi<br />
argentei la barba di Saul che<br />
sussultava piano sul suo<br />
petto affaticato. Le orecchie<br />
tese ad ascoltare ogni<br />
minimo rumore, gli occhi che<br />
scandagliavano l’oscurità,<br />
stava in piedi dietro di me,<br />
immobile come una statua.<br />
Io stavo accovacciata vicino<br />
alla rete con un paio di grosse<br />
pinze nella mano sudata e<br />
lavoravo, la lingua tra i denti,<br />
per ricavare un passaggio.<br />
Un impercettibile ‘clank’<br />
ruppe il silenzio: il metallo<br />
aveva ceduto. Entrammo.<br />
Davanti ai nostri occhi,<br />
si stagliava il biglietto da<br />
visita del nuovo mondo:<br />
un enorme, maleodorante,<br />
accumulo di composti<br />
organici e sintetici, di cartone<br />
pressato bagnato e ridotto<br />
in poltiglia, abiti e scarpe<br />
impolverati e coperti di<br />
fango, scampoli di materiale<br />
non più identificabile,<br />
attrezzatura sportiva,<br />
vecchi televisori, impianti<br />
stereo e personal computer<br />
obsoleti, pozzanghere<br />
di liquame gorgogliante,<br />
buste di plastica squarciate<br />
che, issate come vessilli<br />
su quella montagna<br />
artificiale, si agitavano<br />
spasmodicamente nel vento.<br />
I vasti fianchi della montagna<br />
erano protesi verso di noi,<br />
come per abbracciarci, per<br />
accoglierci; il suo petto,<br />
55
scosceso e imponente,<br />
ci impediva la visuale.<br />
Stando bene attenti<br />
a non incespicare,<br />
intraprendemmo il<br />
cammino lungo il sentiero<br />
che si dipanava giù per la<br />
conca nella quale sorgeva<br />
l’immondezzaio. Era stato<br />
costruito per far passare<br />
i grossi macchinari che<br />
trasportavano i rifiuti dalla<br />
montagna all’inceneritore,<br />
all’altro capo della discarica.<br />
Un grosso ratto ci tagliò<br />
la strada. Sopra le nostre<br />
teste, corvi gracchianti<br />
descrivevano cerchi<br />
sempre più ampi nel cielo.<br />
La discarica era, per noi, la<br />
cosa che più si avvicinava<br />
al concetto di centro<br />
commerciale. Certo, la<br />
merce non era impilata in<br />
bell’ordine, né si poteva<br />
asserire che fosse pulita<br />
o attraente o invitante<br />
in qualsivoglia maniera,<br />
Filo spinato<br />
Attraverso una rete si<br />
delimita un confine.<br />
Si tracciano limiti da<br />
non valicare.<br />
La discarica<br />
La discarica come terra<br />
del tutto. Dove tutto si<br />
può trovare e usare.<br />
Crescere tra i rifiuti<br />
Uun bambino su di loro. Estraneo<br />
ma intimo con un cumulo disumano.<br />
tuttavia la stragrande<br />
maggioranza della roba che<br />
riuscivamo a portare via<br />
da quel posto non era mai<br />
vecchia o usurata o scaduta<br />
e poteva essere riutilizzata<br />
ancora per qualche tempo.<br />
Il cambio della stagione era<br />
il momento più propizio<br />
per rovistare trai rifiuti alla<br />
ricerca di qualche tesoro: era<br />
il momento in cui le Creature<br />
gettavano via le cose nuove<br />
più vecchie per acquistare<br />
cose nuove più nuove, il<br />
momento in cui più che mai<br />
bisognava seguire La Moda.<br />
La Moda era il loro unico<br />
credo, il loro unico fine.<br />
La loro vita era scandita<br />
dai suoi precetti, dalle<br />
sue condizioni. La Moda<br />
era legge. Controllava<br />
ogni cosa, decideva tutto:<br />
com’era giusto apparire,<br />
cos’era giusto indossare,<br />
cos’era giusto ascoltare,<br />
leggere, mangiare o amare.<br />
Ogni stagione portava,<br />
così, con sé una piccola<br />
rivoluzione nel mondo delle<br />
Creature, che si affannavano<br />
nella persecuzione di<br />
ideali sempre diversi,<br />
sempre nuovi e sempre più<br />
distanti da realtà e natura.<br />
Frutta e ortaggi venivano<br />
ormai prodotti solamente<br />
in serra, la fauna marina<br />
era stata decimata, gli<br />
allevamenti di carne bovina<br />
occupavano il posto una<br />
volta riservato ai parchi<br />
naturali. Ricordo ancora<br />
quando, qualche anno fa,<br />
era impazzata la moda folle<br />
56
Feuilleton!<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Il consumismo<br />
è interessante<br />
perché non<br />
è affatto un<br />
materialismo,<br />
ma una forma di<br />
spiritualismo.<br />
Consumare, è<br />
distruggersi nel<br />
consumo.<br />
“<br />
Fabrice Hadjadj<br />
filosofo e teologo francese<br />
Nello sporco<br />
Un animale<br />
come simbolo<br />
di aggressività.<br />
Grufolando nei<br />
cunicoli bui<br />
della discarica.<br />
Emblmea di<br />
quella atmosfera<br />
disumana che<br />
sfocia spesso<br />
in violenza ed<br />
indifferenza.<br />
di adottare maialini<br />
pigmei come animali<br />
domestici: se ne poteva<br />
incontrare ancora<br />
qualcuno, della stazza e<br />
del peso di un cinghiale<br />
adulto, grufolare<br />
affannosamente nei<br />
meandri della discarica,<br />
alla ricerca di cibo. Erano<br />
parecchio aggressivi.<br />
Nonostante la grande<br />
quantità di articoli<br />
che vi si potevano<br />
trovare facesse gola a<br />
tutti gli abitanti della<br />
Baraccopoli, eravamo in<br />
pochi ad avventurarci al<br />
suo interno. Lì dentro<br />
succedevano cose<br />
strane, cose inspiegabili.<br />
La gente spariva.<br />
Il caso più eclatante<br />
era stato quello di<br />
Sid Manolunga, un<br />
personaggio abbastanza<br />
conosciuto nella<br />
Baraccopoli poiché,<br />
trafficando in rifiuti di<br />
contrabbando, si vedeva<br />
spesso al mercato<br />
nero. Sid Manolunga<br />
conosceva la discarica<br />
come nessun altro:<br />
conosceva ogni tunnel,<br />
anfratto o passaggio<br />
segreto per accedervi,<br />
conosceva quali erano i<br />
giorni di scarico, sapeva<br />
distinguere la merce<br />
rivendibile, sapeva<br />
come rovistare nella<br />
grossa montagna senza<br />
provocare una valanga.<br />
Conosceva persino la<br />
guardia all’entrata.<br />
Una fredda sera<br />
di Novembre, Sid<br />
Manolunga vi si<br />
addentrò insieme al<br />
La moda<br />
Il mondo disumano ed incantato delle<br />
Creature persegue la Moda. Nella<br />
discarica si trova tutto ciò che può<br />
essere ancora una volta riutilizzato.<br />
Il mondo elimina e cancella non per<br />
utilità ma solo per il piacere di farlo.<br />
57
La luce bianca - Non riuscivo a muovermi<br />
L’ultima cosa che percepii prima di perdere<br />
conoscenza furono un paio di grosse<br />
tenaglie sospese sopra il mio corpo inerme.<br />
Non mi trovavo più nella discarica.<br />
cugino Lefty per il solito<br />
giro di perlustrazione.<br />
Lefty tornò solo alla<br />
Baraccopoli. Non seppe<br />
spiegare alla madre in<br />
lacrime di Sid che fine<br />
avesse fatto il suo ragazzo.<br />
Lo trovarono sette mesi<br />
dopo che vagava, nudo come<br />
un verme e disorientato, ai<br />
confini della Baraccopoli.<br />
Una brutta ferita gli<br />
percorreva la schiena, era<br />
molto magro e non aveva più<br />
i capelli. Sid non parlò mai di<br />
quello che gli era successo. In<br />
effetti, non parlò mai più. Era<br />
come se dal quel taglio nella<br />
schiena gli avessero tirato<br />
fuori l’anima e l’avessero<br />
sostituita con l’imbottitura<br />
che si utilizza per riempire<br />
le bambole di pezza e<br />
gli animali impagliati.<br />
Morì poco dopo, per<br />
un’infezione. Saul aveva<br />
fatto di tutto per salvarlo.<br />
Ci avvicinammo al punto<br />
in cui, la volta precedente,<br />
avevo trovato i blister.<br />
“È qui”, annunciai.<br />
Il respiro affannoso, Saul si<br />
piegò e cominciò a scavare.<br />
Sacha e io lo imitammo.<br />
C’era un odore strano<br />
nell’aria, un odore<br />
chimico, pungente,<br />
che pizzicava le narici.<br />
Continuammo a scavare.<br />
Poco a poco, ogni rumore<br />
intorno a noi si spense:<br />
lo sciabordio del liquame,<br />
le buste di plastica nel<br />
vento, lo zampettio dei<br />
ratti, il gracchiare dei corvi.<br />
I contorni della discarica<br />
divennero più morbidi, meno<br />
netti…Sentii pizzicare anche<br />
gli occhi. Li chiusi per un<br />
attimo, necessario a scacciare<br />
quella fastidiosa sensazione.<br />
Quando li riaprii pizzicavano<br />
ancora. L’odore era sparito.<br />
Avevo una luce bianca<br />
puntata negli occhi. Non<br />
riuscivo a muovermi.<br />
L’ultima cosa che percepii<br />
prima di perdere conoscenza<br />
furono un paio di grosse<br />
tenaglie sospese sopra<br />
il mio corpo inerme.<br />
Non mi trovavo più nella<br />
discarica. Continua<br />
58
Galleria<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Una vita<br />
a Colori<br />
La vita in colori e i colori della vita. Uno scambio<br />
vicendevole di nuance e tinte, schizzi di colore e<br />
sfumature. Quando la natura sconvolge e le ombre<br />
intensificano le profondità dei toni. Dall’Oriente<br />
all’Occidente attraverso il linguaggio della luce che<br />
si divide nelle sue irridescenze, fotografi d’eccezione<br />
mostrano quadri di colori. Una galleria proposta dal<br />
portale web di National Geographic.<br />
57
I riflessi di una vetrata<br />
Nella cornice di una arco<br />
a sesto acuto, un bianco<br />
puro in femminile nel<br />
damascato antico su cui si<br />
distende l’oriente.<br />
(Ph. Roberto Cattani)<br />
58
Una luce<br />
blu cobalto<br />
Nel fondo degli abissi, dove<br />
padroni incontrastati sono gli<br />
animali marini, le sfumature<br />
del cielo irrompono improvvise.<br />
(Ph. Brian Skerry)<br />
Correre, scappare, inseguire.<br />
Raggiungere, conquistare,<br />
ricercare. Vorticosamente nel<br />
miscuglio di tinte pastello.<br />
(Ph. Frans Lanting)<br />
Nuance<br />
incontenibili<br />
Nel porto del sudest<br />
asiatico, luci verdi<br />
illuminano il contenitore<br />
più trafficato al mondo.<br />
(Ph. Justin Guariglia)<br />
Container<br />
a Singapore<br />
58
La giostra<br />
della vita<br />
In un girotondo di urla e<br />
risate, tra eccitazione e<br />
paura, gialli rossi blu verdi<br />
librano eterei nell’aria.<br />
(Ph. Marie Marthe Gagnon)<br />
Un vicolo cieco. Lampioni<br />
come fari. Come luce in<br />
un teatro si apre il sipario<br />
della quaotidianità.<br />
(Ph. Jim Richardson)<br />
DEEP<br />
PURPLE<br />
In Nuova Zelanda specie<br />
indisturbate attirano<br />
l’attenzione di subacquei<br />
di tutto il mondo.<br />
(Ph. Brian Skerry)<br />
SGUARDO<br />
MARINO<br />
59
UNA LUCE<br />
CRISTALLIZZATA<br />
Cristalli di zucchero come<br />
vetrate. Catturano la luce da<br />
un’angolazione diversa. Per<br />
la meraviglia della vista.<br />
(Ph. Victor Boswell)<br />
Steli e tulipani in<br />
attesa della rugiada<br />
in una fredda<br />
mattina olandese.<br />
(Ph. James Blair)<br />
foglie<br />
arancio<br />
Nel buio della notte,<br />
luci psichedeliche<br />
tracciano percorsi<br />
incorciati, paralleli,<br />
divisi e diversi.<br />
(Ph. Jodi Cobb)<br />
LINEE DI<br />
COLORE<br />
60
Il can can<br />
del Carillon<br />
Calci in vista e boa colorati.<br />
Sorrisi ammiccanti e<br />
costumi luccicosi. Nel<br />
tripudio del glamour.<br />
(Ph. Dean Conger)<br />
Rosso melograno, verde<br />
mela, viola uva, giallo<br />
arancio. Quando il sapore<br />
colpisce la vista.<br />
(Ph. Pete Ryan)<br />
corposità<br />
del sapore<br />
Sulla laguna di Venezia,<br />
un villaggio di pescatori.<br />
Un viaggio in barca e<br />
sei tra piccoli e colorati<br />
mondi in miniatura.<br />
(Ph. Jim Richardson)<br />
scatole<br />
colorate<br />
61
Raganella e<br />
fresia rossa<br />
Occhi rossi e piedi arancioni<br />
per mettere in fuga i<br />
predatori. L’astuzia in una<br />
simpatica smorfia.<br />
(Ph. Angi Nelson)<br />
Parrucche per coprirsi<br />
e divertirsi. Colori<br />
fluo per sconvolgere,<br />
giocare e meravigliare.<br />
(Ph. Greg Dale)<br />
new york<br />
city<br />
Mani che toccano, mani che<br />
stringono e si stringono. Mani<br />
che tingono e si tingono per<br />
una festa indù nella stagione<br />
dell’esplosione: la primavera.<br />
(Ph. Ratan Sonal)<br />
colore<br />
in polvere<br />
62
Incontri di una pendolare<br />
Scritto da<br />
Josy Monaco<br />
Vagone del destino<br />
La pazienza, più che una<br />
virtù, è un talento che<br />
si coltiva attraverso le<br />
pratiche di vita quotidiana.<br />
Fiumane arginate di carrelli<br />
pilotati da individui che<br />
si trasformano in soldati<br />
per difendere il delicato<br />
equilibrio della fila alla<br />
cassa di un supermercato.<br />
Oppure, la gestione dello<br />
stress che si accumula negli<br />
uffici postali. Si badi bene,<br />
non il mio bensì quello<br />
delle persone che mi stanno<br />
avanti e indietro, quello<br />
di chi è persino riuscito<br />
a conquistare un posto a<br />
sedere e anche quello degli<br />
impiegati che pur dovendo<br />
lavorare per qualche mese<br />
o poco meno, portano<br />
sul volto l’evoluzione di<br />
uno stato d’animo: dalla<br />
gioia di aver un impiego<br />
dignitosamente retribuito,<br />
all’ansia di ritornare a<br />
cercare grandi occasioni ai<br />
mercatini delle pulci. Tale<br />
mood, viene sfogato sulle<br />
persone pazienti il cui unico<br />
obiettivo è spuntare tutte le<br />
voci della lista degli impegni<br />
settimanali. Non è da meno<br />
la fila negli ambulatori.<br />
Comune a molti, rara a chi<br />
vive di favoritismi. Chi non<br />
ha mai provato l’ebbrezza<br />
di una confessione con uno<br />
sconosciuto?<br />
Una conversazione che<br />
nasce con una risposta<br />
scortese e finisce con un<br />
saluto paragonabile agli<br />
addii degli anni ‘20 e ‘30 che<br />
si caratterizzavano per<br />
fazzoletti colorati che<br />
asciugavano le lacrime di<br />
madri e mogli consapevoli di<br />
non incrociare mai più gli<br />
occhi dell’amore. Avrei una<br />
mole di file da raccontare.<br />
Mi limito a rendervi<br />
partecipi di quella che ha<br />
sviluppato in me un’ansia<br />
catartica. All’inizio della<br />
mia relazione con biglietti,<br />
orari e sedili condivisi ero<br />
molto spaventata. In realtà,<br />
sono ancora del parere che<br />
63
Feuilleton!<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
l’attesa di un treno, soprattutto<br />
per un lasso prolungato di tempo,<br />
costituisca qualcosa di snervante.<br />
Questo lo posso testimoniare io<br />
che nascondo e custodisco un<br />
vassoio di pastarelle nella mia<br />
borsa di cuoio alla quale proprio<br />
ieri sera, seguendo il consiglio di<br />
una sconosciuta incontrata<br />
durante la fila in tabaccheria, ho<br />
dato una bella pulita con un<br />
prodotto impiegato nella pulizia<br />
delle superfici di legno. Tenete<br />
presente che prima di uscire di<br />
casa, ho inebriato i miei capelli<br />
spruzzando il seguente composto:<br />
una pesca matura, due cucchiai di<br />
patchouly, limone e cacao. Ho<br />
letto la ricetta su uno di quei<br />
magazine gratuiti che<br />
distribuiscono le multinazionali<br />
erboristiche negli store arredati<br />
secondo i dettami<br />
dell’arredamento giapponese.<br />
Sono un alone che respira e il<br />
ritardo del treno sta dando la<br />
possibilità agli insetti di<br />
corteggiarmi. Sono seduta su una<br />
delle panchine di pietra di questa<br />
stazione sperduta della periferia<br />
di Napoli. Mentre il vento fa<br />
viaggiare nelle mie narici il mix di<br />
odori che emano, osservo<br />
distrattamente le mappe che<br />
indicano le destinazioni d’arrivo.<br />
Il vociare delle persone confonde i<br />
miei pensieri che ruotano intorno<br />
all’appuntamento che potrei<br />
perdere. Dal mio punto di vista, in<br />
Sguardi<br />
Chi non ha<br />
mai provato<br />
l’ebbrezza di<br />
una confessione<br />
con uno<br />
sconosciuto? Una<br />
conversazione<br />
che nasce con una<br />
risposta scortese<br />
e termina con gli<br />
occhi dell’amore.<br />
tutte le stazioni del<br />
mondo, si verifica il<br />
fenomeno dell’inerzia<br />
dei movimenti: se la<br />
persona che si trova in<br />
vantaggio sulle scale<br />
mobili, ad una<br />
biglietteria, o su un<br />
binario<br />
agisce<br />
frettolosamente tutti gli<br />
altri lo seguiranno<br />
automaticamente. Ebbene,<br />
oggi tocca a me aprire le<br />
danze di teste e colli che<br />
si muovono a destra e a<br />
sinistra nella speranza di<br />
vedere la luce verde che<br />
si accompagna a quella<br />
gialla e luminosa che<br />
sancisce l’arrivo del<br />
treno. Non mi piace<br />
provocare ansia negli<br />
altri. È da ben otto<br />
primavere che ho<br />
imparato ad apprezzare i<br />
doni del tempo che passa<br />
in attesa di iniziare un<br />
nuovo viaggio. È per<br />
questo che ho deciso di<br />
dare un senso alle<br />
cuffiette gialle che ho<br />
posizionato all’entrata<br />
del condotto uditivo:<br />
dopo quaranta minuti,<br />
non fanno più silenzio. Il<br />
folle sulla collina del<br />
quale raccontano i<br />
Beatles continua la sua<br />
avventura. Dedico questo<br />
pezzo della storia della<br />
musica ad una vecchina<br />
piena di buste e pacchi<br />
che tiene tra le mani con<br />
una forza tale da fare<br />
invidia alle giovani<br />
donne che si preoccupano<br />
di rovinare la costosa<br />
manicure realizzata con<br />
un fornetto. Il colletto di<br />
volpino che adorna il<br />
cappotto blu di tessuto<br />
bouclè risalta l’anello<br />
dorato che porta alla<br />
mano sinistra. Non<br />
faccio in tempo ad<br />
offrirle il mio posto a<br />
sedere perché mi segue<br />
con la testa rivolta verso<br />
L’aria della stazione<br />
Biglietti, orari. sedili.<br />
L’attesa di un treno.<br />
L’atmosfera della<br />
stazione. Snervante.<br />
64
un miraggio: le rotaie<br />
annunciano che il treno<br />
sta arrivando. Come un<br />
salame di cioccolato<br />
arriva accompagnato<br />
dallo Small Town Boy dei<br />
Bronski Beat. I piedi dei<br />
pendolari che si<br />
affrettano a raggiungere<br />
il vagone sembrano<br />
andare a tempo di musica<br />
e coreograficamente si<br />
accompagnano a quelli di<br />
coloro appena giunti in<br />
stazione. Consapevole<br />
che tutto resterà<br />
immutato per almeno<br />
cinque minuti, mi alzo<br />
con calma. Presto<br />
attenzione al goloso<br />
contenuto della mia<br />
borsa e, accompagnata<br />
dall’alone di profumi,<br />
salgo sul treno e tra una<br />
spallata, un colpo di<br />
ascella e di aliti che non<br />
ricordano rose e violette,<br />
riesco a dispormi vicino<br />
Pastarelle - custodite nella mia<br />
borsa di cuoio bella pulita.<br />
al finestrino. Non mi è dato<br />
di sapere se arriverò o meno<br />
in tempo all’appuntamento<br />
e pertanto spoglio il mio<br />
polso dall’orologio pirate<br />
black, il colore preferito dei<br />
Punk del 1978. Mi è stato<br />
regalato da una parente che<br />
nel 1978 ha vissuto a Londra<br />
facendo propria la filosofia<br />
di vita cantata dai Sex<br />
Pistols. É un po’ sua la colpa<br />
del mio modo di vedere la<br />
vita e dello sguardo perso<br />
che assumo quando osservo<br />
le persone attraverso i vetri<br />
delle finestre dei vagoni<br />
ferroviari. Scarpe, ginocchia<br />
e volti che dietro la serietà<br />
delle labbra chiuse<br />
nascondono una storia. Le<br />
porte si chiudono, il<br />
capotreno fischia. Il viaggio<br />
ha inizio e io incomincio a<br />
fantasticare che il mio<br />
momento preferito non è<br />
lontano: il treno è quasi<br />
arrivato a destinazione e se<br />
qualcuno scende, di certo,<br />
potrò sedermi. La verità è<br />
che per arrivare alla fermata<br />
di mio interesse, occorre<br />
circa mezz’ora. L’occhio nel<br />
cielo, l’Eye in The Sky degli<br />
Alan Parson Project mi<br />
riporta alla realtà dei fatti: il<br />
treno non ha fatto sosta alla<br />
prima fermata. Ha<br />
continuato a proseguire.<br />
Quel che mi suscita<br />
disappunto è che nessuno<br />
dei passeggeri sembra<br />
essersi accorto della cosa.<br />
Probabilmente qualcuno<br />
comincerà a scendere alla<br />
fermata successiva.<br />
Placando i battiti cardiaci,<br />
continuo il mio gioco<br />
preferito: osservo mani,<br />
piedi, occhi, teste. Il<br />
divertimento si interrompe<br />
perché si avvicina a me<br />
l’anziana donna alla quale<br />
non ho ceduto il posto<br />
quando il treno si faceva<br />
attendere. Avvicina il suo<br />
volto a me come in uno<br />
zoom. Pochi centimetri<br />
dividono i nostri occhi. Non<br />
emette alcun suono, eppure<br />
mi parla: mi dice che sono<br />
io che sto conducendo il<br />
viaggio. Sta a me decidere<br />
dove far arrivare il treno<br />
che si fermerà solo quando<br />
sarò io a volerlo. É il viaggio<br />
del cambiamento. Mentre<br />
nei tunnel del suono<br />
penetra un pezzo di musica<br />
Chill out, da grigio e bianco<br />
il vagone assume i toni di<br />
un arcobaleno di luci al<br />
neon. Fuori il cielo si colora<br />
di arancione mentre il sole<br />
sembra un piatto di carta<br />
dipinto con tempera gialla.<br />
I pali ai quali i passeggeri si<br />
mantengono hanno le<br />
fattezze di una canna di<br />
bambù. Il colletto di<br />
volpino della vecchina ora<br />
è orchidea radiante. Con<br />
sorprendente agilità<br />
comincia una lunga corsa<br />
lungo il vagone che di tanto<br />
in tanto interrompe<br />
slittando e sgommando<br />
con le scarpe di velluto<br />
nero con la suola quasi<br />
staccata. Le avrà comprate<br />
per pochi euro in un<br />
mercatino dell’usato.<br />
Questo non ha importanza<br />
perché sfoga la sua follia<br />
staccando l’unico sedile<br />
non occupato lanciandolo<br />
Panchine di attesa<br />
una stazione sperduta<br />
65
Feuilleton!<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
Scale mobili<br />
Inerzia dei movimenti.<br />
per aria. Tutti i pendolari<br />
ridono divertiti della cosa.<br />
Tornando indietro, slitta<br />
davanti a me chiedendomi se<br />
io sarei capace di fare quel che<br />
mi sta dimostrando. Trova la<br />
risposta da sola: è negativa. La<br />
paura mi impedisce di<br />
guardare oltre. La prendo<br />
come una sfida e mi metto in<br />
gioco. Vinco l’imbarazzo e<br />
provo a staccare l’obliteratrice.<br />
Non riesco perché non appena<br />
la sfioro assume le sembianze<br />
di una fontana dalla quale<br />
sgorga panna montata che<br />
lentamente crea un fiume<br />
bianco nel vagone.<br />
Continuando a ripetermi che<br />
non ne sono capace, la<br />
vecchina stacca un altro<br />
sedile. Colpita nell’orgoglio,<br />
provo a staccarne uno sul<br />
quale è seduto un uomo in<br />
giacca e cravatta di peso<br />
importante. Di nuovo non<br />
riesco: si è trasformato in un<br />
rinoceronte. La gente intorno<br />
ride, nessuno si spaventa<br />
tranne me. Si, ho paura, è la<br />
verità. Decido di staccare la<br />
musica ma quando porto le<br />
mani alle cuffiette mi accorgo<br />
che non ci sono più. Sono<br />
diventate un’estensione del<br />
mio corpo. Al posto delle<br />
orecchie ho delle casse stereo<br />
di forma circolare. Mentre<br />
osservo la vecchina che urla e<br />
continua a staccare altri sedili<br />
stranamente inoccupati,<br />
perdo la capacità di chiederle<br />
da dove trova tanta forza.<br />
Improvvisamente, il fiume di<br />
panna si fa più profondo. Dai<br />
finestrini sta entrando acqua.<br />
I passeggeri, restano inermi,<br />
osservano ma non protestano<br />
contro un treno che non ha<br />
ancora aperto le porte ad una<br />
fermata. L’acqua ha quasi<br />
riempito l’intero vagone,<br />
eppure la vecchina sembra<br />
non perdere la potenza nelle<br />
braccia e continua ad urlare<br />
senza nemmeno affogare.<br />
Temo che questa sia invece la<br />
mia sorte. Realizzo che non<br />
arriverò mai al mio<br />
appuntamento. Sperando che<br />
le cose cambino, provo a<br />
staccare un sedile. Mi preparo:<br />
pancia in dentro, addome<br />
contratto, sento che le vene<br />
nelle tempie stanno per<br />
scoppiare. L’acqua mi è<br />
nemica. Voglio vincere la<br />
paura. Mentre sto per farcela,<br />
l’arzilla donna salta verso di<br />
me cingendomi la vita: mi<br />
aiuta a staccare il sedile. Ci<br />
riesco. Mi chiede di lanciarlo<br />
verso la porta che delimita il<br />
vagone dove ci troviamo con<br />
quello successivo. Effettuo il<br />
lancio : il sedile va dritto verso<br />
quel che ho preso di mira. Non<br />
si rompe. Ci passa attraverso<br />
trasformando la porta nella<br />
serratura di una chiave.<br />
Comincio a nuotare nel<br />
vagone allagato. Il cielo<br />
arancione inizia a versare<br />
lacrime turchesi. Mi volto, mi<br />
guardo intorno: la vecchina è<br />
lontana da me. Riesco a<br />
sentire la sua voce: mi grida<br />
«Indaco è il tuo colore».<br />
Agito le braccia e le gambe<br />
come una rana tentando di<br />
raggiungerla. Ha ripreso a<br />
staccare i sedili. La calma<br />
degli altri passeggeri mi<br />
genera ansia. Il suono della<br />
sua voce è così acuto da<br />
stimolare il battito cardiaco.<br />
Quando sono abbastanza<br />
vicina le nostre mani si<br />
legano. Guida anche me. Tutte<br />
le porte del vagone hanno<br />
preso le sembianze di una<br />
serratura. L’acqua ci passa<br />
attraverso liberando così il<br />
vagone. Tira la mia borsa. La<br />
apre tirando fuori il vassoio di<br />
pastarelle. Eliminando la<br />
carta ormai bagnata, le prende<br />
una ad una e le lancia sui<br />
passeggeri. Sfogliatelle,<br />
crostatine e babà si fanno<br />
cappelli. Nonostante ciò,<br />
restano inermi. La vecchina,<br />
67
Dedica - una vecchina piena<br />
di buste della spesa e pacchi.<br />
senza placare né abbassare<br />
il tono di voce mi spiega che<br />
ognuna delle persone che<br />
vedo, rappresenta i tasselli<br />
della mia formazione<br />
personale che hanno<br />
contribuito a generare in me<br />
traumi. Ci sediamo su quel<br />
che resta dei sedili strappati.<br />
Il pavimento è gommoso e<br />
sui vetri c’ é una patina di<br />
caffè. Riesco ugualmente a<br />
vedere la mia immagine<br />
riflessa. I piedi mi fanno<br />
male. <strong>Gli</strong> occhi dei pendolari<br />
sono puntati su di me. In<br />
particolare quelli di un<br />
bambino che ha tra le<br />
manine un libro dalla<br />
copertina color indaco.<br />
Provo ad avvicinarmi e gli<br />
chiedo se posso sfogliarlo.<br />
Punta i suoi occhi nei miei<br />
ma non mi da risposta.<br />
Riesco a togliere il libro<br />
dalle sue mani. Lo sfoglio, le<br />
pagine sono bianche. Non ci<br />
sono parole, né disegni.<br />
<strong>Gli</strong>elo restituisco. La<br />
vecchina mi spiega che non<br />
vedo il contenuto perché già<br />
lo conosco. L’ho già letto.<br />
Tutto è successo quando ho<br />
accettato di barattare i miei<br />
ricordi con il folle giullare<br />
delle calze. Con la leggiadria<br />
e l’eleganza di un<br />
maggiordomo d’altri tempi,<br />
vedo entrare dalla porta a<br />
forma di serratura, un uomo<br />
con uno smoking a pois<br />
rosa: mi propone i suoi<br />
calzini speciali. Il volto è<br />
disteso, non sembra stanco.<br />
Ha i capelli nero corvino,<br />
gonfi come quelli di un<br />
clown. Illuminato dai raggi<br />
verde smeraldo riflessi nei<br />
suoi orecchini a forma di<br />
campana tubolare, insiste<br />
affinché io prenda almeno<br />
un paio di calzini. Inizio a<br />
desiderare che la super<br />
vecchina agisca per me.<br />
Così non è. Sembra proprio<br />
che devo sbrigarmela da<br />
sola. Con un gesto simile a<br />
quello di un amico che<br />
accarezza le mani in segno<br />
di conforto, porge i suoi<br />
calzini come una corona.<br />
Scarto la confezione che li<br />
contiene, tolgo gli stivali e<br />
ci infilo i piedi. Spostandosi<br />
come su un tappeto<br />
elettronico, mi lascia e si<br />
avvicina ad una coppia di<br />
passeggeri inermi che con<br />
sorpresa reagiscono alla sua<br />
vicinanza. Predice loro il<br />
futuro e gli lascia una<br />
coperta. Si volta e mi<br />
sorride. Poi, canticchia una<br />
canzone che racconta di<br />
lunghe corse per<br />
raggiungere il treno mentre<br />
i violini continuavano a<br />
suonare con i fischi del<br />
capostazione. Continuando<br />
a cantare, mi chiede di<br />
risolvere un indovinello:<br />
“Lo cerchi, lo desideri ma<br />
non lo riesci ad ottenere.<br />
Eppure è sotto i tuoi occhi, a<br />
volte moltiplicato. Che cosa<br />
sarà mai? Risolvi questo<br />
indovinello e il treno si<br />
68
Feuilleton!<br />
N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />
fermerà alla tua<br />
destinazione. “Priva ormai<br />
della capacità di stupirmi,<br />
partecipo al gioco. Voglio<br />
comunicarlo a quel buffo<br />
individuo ma è vicino alla<br />
porta che si apre offrendogli<br />
delle scale. Poi si chiude e<br />
ritorna ad assumere la<br />
forma di una serratura. Mi<br />
accorgo che la vecchina sta<br />
costruendo qualcosa con i<br />
sedili che ha staccato. Li sta<br />
unendo e nel frattempo ha<br />
infilato dei calzini colorati<br />
come dei guanti. Tocca<br />
l’accumulo di sedili che<br />
prendono le sembianze di<br />
un pianoforte. Inizia a<br />
suonare le note di una<br />
melodia inedita allietando<br />
così l’intero vagone. I<br />
passeggeri si alzano<br />
unendosi in un lento. A me<br />
si avvicina un un ragazzo<br />
ben vestito: occhiali rossi,<br />
abito<br />
elegante,<br />
ventiquattr’ore e personal<br />
computer. Sedutosi accanto<br />
a me scrive mentre batte i<br />
piedi sul pavimento. Luci<br />
colorate rallegrano<br />
l’atmosfera, provengono<br />
dalle mappe di destinazione<br />
poste sopra le porte.<br />
Qualcuno si lancia<br />
allegramente sul pavimento<br />
gommoso dal sapore di<br />
panna. Abbandono il mio<br />
nuovo compagno di viaggio<br />
e comincio a vagare come se<br />
fossi su un tapis roulant che<br />
mi guida. Guardandomi<br />
intorno mi accorgo che tutti<br />
ai piedi hanno i calzini del<br />
folle giullare delle calze. C’è<br />
anche chi li estrae da un<br />
cestino di paglia come se<br />
fossero i fiori da distribuire<br />
in una cerimonia. La<br />
soluzione all’indovinello è<br />
l’unica cosa che non vedo.<br />
Così, decido di unirmi alla<br />
mischia e comincio a<br />
divertirmi. Batto le mani,<br />
saltello qui e la, giro intorno<br />
ai paletti fatti di canna di<br />
bambù e corro slittando<br />
come la buffa vecchina. Sul<br />
più bello arriva un<br />
controllore. Nelle mani ha<br />
un’obliteratrice che per<br />
l’occasione si è trasformato<br />
in una chitarra. Prendo uno<br />
dei miei stivali e lo utilizzo<br />
come se fosse una tromba.<br />
Tutto sembra aumentare in<br />
velocità. Gambe e braccia mi<br />
tremano. La bocca si apre<br />
senza il mio comando.<br />
Canto con una voce che non<br />
sembra la mia. Dal<br />
pavimento cresce una<br />
pianta che porta alla vetta<br />
non un fiore, bensì uno<br />
spartito musicale senza<br />
note. Mi concentro e come<br />
La corsa - verso il vagone che<br />
sembra andare a tempo di musica.<br />
per magia creo una nuova<br />
melodia. Ricevo applausi e<br />
fischi di gradimento. La<br />
vecchina si avvicina a me<br />
come all’inizio del viaggio:<br />
mi dice che dobbiamo<br />
tornare indietro. Facciamo il<br />
percorso a ritroso e tutti<br />
cantano in coro per<br />
comunicarmi che ho risolto<br />
l’indovinello. Tutto inizia a<br />
tremare. I sedili con sopra<br />
anche i passeggeri, iniziano<br />
a staccarsi uno ad uno<br />
mentre un tappeto si srotola<br />
lungo tutto il vagone<br />
diramandosi a destra e a<br />
sinistra verso le porte<br />
d’uscita. Il cielo riprende il<br />
suo colore azzurro, i pali di<br />
canna di bambù tornano ad<br />
69
essere di ferro.<br />
Lentamente tutto torna<br />
alla normalità. Sono sola<br />
in quel vagone. Il treno<br />
comincia a fermarsi<br />
stazione dopo stazione.<br />
Metto le mani in tasca:<br />
cerco l’orologio. Sono<br />
curiosa di sapere che ora<br />
è. Le luci nel vagone si<br />
spengono. È buio.<br />
L’unica luce che scorgo è<br />
quella dei raggi del sole<br />
che provano ad entrare<br />
tunnel dopo tunnel. Le<br />
porte hanno ancora le<br />
sembianze di una<br />
serratura gigante. Le<br />
oltrepasso. Mi accorgo<br />
che ci sono delle persone.<br />
Sono statue di gesso<br />
dallo sguardo amorfo e<br />
senza vita. Sono l’unica<br />
alla quale batte il cuore.<br />
Non c’è più nessuno.<br />
Nemmeno il mondo c’è.<br />
Ci sono soltanto io. È la<br />
resa dei conti finale.<br />
Porte - il capotreno fischia<br />
e il viaggio ha subito inizio.<br />
Guardo fuori. Il treno è in<br />
una galleria. C’è pietra<br />
intorno e non c’è via<br />
d’uscita. Mi guardo intorno.<br />
Mi volto. Dietro di me tutto<br />
è in miniatura. Mi spavento<br />
e inizio ad andare veloce.<br />
Vedo una luce provenire<br />
dall’ esterno. Non mi<br />
sembra il sole. Mi affaccio al<br />
finestrino. Il treno sta<br />
prendendo colore, si sta<br />
velocemente vestendo di<br />
toni psichedelici, quasi<br />
sembra virtuale. Le persone<br />
sono tornate vive.<br />
Improvvisamente si alzano<br />
tutti. Odo in lontananza<br />
applausi e fischi. Al centro<br />
trovo la vecchina con in<br />
mano una busta dalla quale<br />
tira fuori mele rosse che<br />
rotolano sul pavimento<br />
gommoso. Saranno<br />
all’incirca più di un<br />
centinaio di mele.<br />
Lentamente i passeggeri si<br />
mettono in fila davanti a lei<br />
ballando la samba e<br />
schioccando le dita sul<br />
percorso tracciato dai frutti<br />
del peccato. Sento dentro di<br />
me una musica che parte.<br />
Mi volto e vedo un’altra fila<br />
di passeggeri. Come in una<br />
catena di montaggio,<br />
ognuno coreograficamente<br />
si passa i miei dolci. Il<br />
penultimo della fila li<br />
poggia uno ad uno sul capo<br />
prima di riporli nel vassoio<br />
di cartone che non è più<br />
bagnato. Quando l’ultimo<br />
pasticcino ha concluso la<br />
coreografia, tutti i<br />
passeggeri si uniscono in un<br />
trenino di festa che si<br />
muove lungo tutto il<br />
vagone. Avanzano verso di<br />
me. È il mio pensiero che li<br />
dirige. Passato e presente<br />
stanno per scontrarsi. Io al<br />
centro. Hanno il potere<br />
schiacciarmi. A me la scelta.<br />
Urlo e tutto si ferma. Le<br />
porte del treno si aprono.<br />
Mi volto. Non c’è più<br />
nessuno. Le due file sono<br />
sparite. Intravedo il nome<br />
di una stazione: la vecchina<br />
scende. Mi affaccio di<br />
nuovo al finestrino: il treno<br />
è, di nuovo, il freddo<br />
prodotto di un progetto<br />
ferroviario. Il mio volto è<br />
riflesso nel vetro: un paio<br />
di orecchini di perla<br />
adornano i miei lobi<br />
insieme alle cuffiette. Una<br />
nuova fermata: il bambino<br />
con il libro indaco, mano<br />
nella mano con la sua<br />
mamma, scende. Ci vuole<br />
ancora un po’ affinché<br />
giunga anche il mio turno.<br />
Edifici, campi di grano,<br />
laghi e strade sembrano<br />
scarabocchi di velocità fino<br />
a quando non assumono<br />
l’aspetto che tutti<br />
conosciamo quando anche<br />
il folle giullare delle calze<br />
conclude il suo viaggio.<br />
Una mela che rotola sul<br />
pavimento accompagna la<br />
mia attesa. I suoni<br />
dell’Africa annunciano la<br />
mia destinazione. Le porte<br />
impiegano qualche minuto<br />
per aprirsi. Si fondono e si<br />
trasformano di nuovo in<br />
una grande serratura fino<br />
ad aprirsi. Mi diramano<br />
qualche scalino che solco<br />
quasi con dispiacere. Non<br />
ho più paura.<br />
Surreale - tutto si<br />
trasforma all’interno.<br />
70
“<br />
Chi di voi<br />
vorrà fare il<br />
giornalista,<br />
si ricordi di<br />
scegliere il<br />
proprio padrone:<br />
il lettore!<br />
Indro Montanelli<br />
stanco della vecchia<br />
EDITORIA?<br />
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