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Impatto Magazine: Gli indici statistici // N. #9 // 2 dicembre 2014

www.impattomagazine.it // info@impattomagazine.it // Impatto Magazine: Gli indici statistici. Questa settimana in primo piano: Ritorna il meeting dell'Opec, nasce l'asse Arabia Saudita - Stati Uniti per mettere in difficoltà Russia e Iran? Follow Us on Facebook: https://www.facebook.com/impattomagazine

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Editoriale<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Novantotto anni<br />

di casi sull’amianto<br />

Arriva la sentenza beffa, Mr. Eternit non dovrà più scontare<br />

diciotto anni e risarcire le famiglie delle migliaia di vittime.<br />

Flavio<br />

Di Fusco<br />

R<br />

isale al 1906 la<br />

prima sentenza,<br />

in materia civile,<br />

che, “in nome<br />

di Sua Maestà<br />

Vittorio Emanuele<br />

III”, dichiarava la pericolosità<br />

dell’amianto.<br />

La questione, promossa dalla<br />

società inglese British Asbestos<br />

Company Limited contro un<br />

giornale piemontese, riguardava<br />

un articolo che parlava dei<br />

problemi di una fabbrica<br />

amiantifera della provincia di<br />

Torino. I giudici respinsero le<br />

richieste della società certificando<br />

che la lavorazione era dannosa<br />

per la salute. L’ultima a riguardo,<br />

invece, risale a poco più di una<br />

settiana fa ed ad esprimersi è<br />

stata proprio la Suprema Corte<br />

di legittimità, la Cassazione;<br />

il magnate svizzero Stephan<br />

Schmidheiny, Mr. Eternit per dirla<br />

in breve, non dovrà più scontare<br />

diciotto anni di reclusione e<br />

risarcire le famiglie delle migliaia<br />

di vittime dell’amianto, e ciò<br />

non perché il fatto non sussista<br />

o non costituisca reato, ma per<br />

intervenuta prescrizione nel caso<br />

specifico di disastro ambientale.<br />

Tremila morti, tremila anime<br />

ammalatesi di mesotelioma<br />

pleurico ed asbestosi, tutte<br />

appartenenti ai paesi di Casale<br />

Monferrato (Alessandria),<br />

Cavagnolo (Torino), Rubiera<br />

(Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).<br />

Nell’Aprile 2013, la Corte d’Appello<br />

di Torino aveva condannato Sir<br />

Eternit e Socio – il barone belga<br />

Louis De Cartier, morto prima<br />

della sentenza, a diciotto anni di<br />

reclusione (due in più rispetto<br />

al verdetto di primo grado) più<br />

risarcimento di cento milioni di<br />

euro (alle novecentotrentadue<br />

parti lese) per disastro doloso.<br />

Da quanto si legge dalla sentenza,<br />

i galantuomini avrebbero<br />

continuato a mantenere operative<br />

le proprie fabbriche pur essendo<br />

a conoscenza dell’alta tossicità<br />

dell’amianto.<br />

Troppo tempo è passato dai fatti e<br />

quindi è stato tutto annullato; non<br />

si sarebbe potuto fare altrimenti,<br />

come spiega lo stesso Iacoviello<br />

(PG) che ha avallato la richiesta di<br />

prescrizione, “contestare il reato<br />

di disastro ambientale è stato un<br />

errore giuridico, perché questo<br />

tipo di accusa non è sostenuta<br />

dal diritto”. A differenza del<br />

reato per il crollo di una casa che<br />

è immediatamente contestabile,<br />

non è giuridicamente possibile<br />

prevedere la permanenza di un<br />

reato che causa morti a distanza di<br />

parecchi decenni.<br />

Il mesotelioma maligno, difatti,<br />

ha un’alta latenza (cioè si<br />

manifesta solo molti anni dopo<br />

l’esposizione all’amianto). La<br />

Cassazione ha stabilito che di<br />

amianto non si muore, o meglio<br />

si muore, ma, poiché l’omicidio<br />

non è imputato contestualmente<br />

all’accusa di disastro ambientale,<br />

il colpevole va assolto. Il processo<br />

del secolo si è concluso con una<br />

sentenza beffa, nessun colpevole.<br />

La parola “Amianto” deriva dal<br />

greco e significa incorruttibile…<br />

d’altronde come la fedina penale<br />

di Patron Eternit.<br />

2


“<br />

Chi di voi<br />

vorrà fare il<br />

giornalista,<br />

si ricordi di<br />

scegliere il<br />

proprio padrone:<br />

il lettore!<br />

Indro Montanelli<br />

stanco della vecchia<br />

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3


I teutonici dopo decenni di egemonia economica in Europa<br />

iniziano ad arrancare e intanto la Bretagna tenta il soprasso.<br />

Ormai è indiscutibile<br />

il ruolo di leader<br />

che la Germania ha<br />

assunto in Europa,<br />

sia dal punto di<br />

vista economico<br />

Marco<br />

Tregua<br />

Editoriale<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Germania una<br />

leadership a tempo?<br />

sia in ambito politico, ma<br />

questa leadership può essere<br />

incontrastata o ci sono altre<br />

potenze europee pronte a lanciare<br />

il guanto di sfida?<br />

Di certo sono tanti i paesi che<br />

versano in condizioni difficili e<br />

che non hanno come obiettivo<br />

l’assunzione di una posizione di<br />

vertice, bensì puntano a risolvere<br />

rilevanti problemi interni e<br />

a rientrare quanto prima nei<br />

parametri di Maastricht che,<br />

sempre più spesso, sono oggetto<br />

di deroga e testimoniano le forti<br />

condizioni di indebitamento in<br />

cui alcune economie nazionali<br />

versano. I dissesti finanziari di<br />

Grecia, Italia, Spagna e Portogallo<br />

sono sotto gli occhi di tutti e<br />

tra prestiti, debiti e presunte<br />

rivoluzioni nel mondo del lavoro,<br />

le condizioni sembrano ormai<br />

destinate a cambiare molto<br />

lentamente e, forse, molto<br />

difficilmente.<br />

Nello scenario europeo c’è, però,<br />

una nazione solida, con un ricco<br />

patrimonio di risorse naturali<br />

e che non è sempre considerata<br />

nelle analisi di più ampio respiro,<br />

visto che non ha adottato la<br />

moneta unica; si tratta del Regno<br />

Unito, che ancora una volta si<br />

appresta a chiudere l’anno con la<br />

prestigiosa etichetta di economia<br />

europea con la crescita più rapida<br />

tra i maggiori stati. Le previsioni<br />

del 2013 sono state confermate dai<br />

dati registrati nell’anno in corso<br />

e ciò che sottolinea con maggior<br />

forza le buone condizioni di salute<br />

delle casse della terra d’Albione è<br />

l’ammontare del deficit pubblico,<br />

in netto calo per la prima volta<br />

dagli anni della crisi.<br />

Le previsioni, inoltre, sono<br />

particolarmente rosee e<br />

l’economia del Regno Unito si<br />

lancia in corsia di sorpasso a danno<br />

della Germania, operazione che,<br />

secondo autorevoli stime, sembra<br />

potersi realizzare nel 2030, dopo<br />

un sostanziale affiancamento nel<br />

2028. I punti di forza dello scenario<br />

d’oltremanica sono la forza della<br />

moneta, un livello di imposizione<br />

fiscale sopportabile e la crescita<br />

della popolazione, ma soprattutto<br />

il potere d’acquisto delle famiglie,<br />

che riprende a crescere per la<br />

prima volta dal 2009. I dati raccolti<br />

nell’ultimo biennio mostrano,<br />

addirittura, il Regno Unito come<br />

l’economia più forte del mondo<br />

occidentale subito dopo gli<br />

Stati Uniti. Ma chi capitanerà<br />

la corsa al PIL più alto nel 2030?<br />

Beh, sembrano essere pochi i<br />

dubbi: la Cina quadruplicherà il<br />

proprio prodotto interno lordo<br />

nei prossimi 15 anni e, a sua volta,<br />

realizzerà uno storico sorpasso<br />

sugli Stati Uniti, mentre un’altra<br />

“nuova” economia si farà spazio<br />

verso il podio dei paesi più ricchi,<br />

vale a dire l’India, altro esempio<br />

di crescita che prosegue a ritmi<br />

elevati. Queste, ovviamente,<br />

sono previsioni e tra un anno<br />

si potranno già avere alcune<br />

risposte rilevanti.<br />

4


Sommario<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

!MPATTO<br />

magazine di approfondimento<br />

www.impattomagazine.it<br />

info@impattomagazine.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Emanuela Guarnieri<br />

Responsabile Editoriale<br />

Guglielmo Pulcini<br />

Attualità<br />

Anna Annunziata<br />

Giorgia Mangiapia<br />

Marina Finaldi<br />

Flavio Di Fusco<br />

Economia<br />

Pierluigi Patacca<br />

Gennaro Battista<br />

Marco Tregua<br />

Cultura<br />

Liliana Squillacciotti<br />

Giangiacomo Morozzo<br />

Scienze<br />

Claudio Candia<br />

Gastronomia<br />

Eleonora Baluci<br />

Editorialisti<br />

Valerio Varchetta<br />

Traduzioni<br />

Dario Rondanini<br />

Grafica<br />

Ennio Grilletto<br />

Vittoria Fiorito<br />

16<br />

Attimi di<br />

colore<br />

National Geographic ci mostra<br />

la vita come un caleidoscopio.<br />

59.<br />

Venti<br />

anni<br />

La paura e la rinascita<br />

della capitale Kigali a<br />

venti anni dal terribile<br />

genocidio in Ruanda.<br />

15.<br />

43.<br />

Angolo del Libro.<br />

Buio Rosso<br />

Un nuovo romanzo composto<br />

da dieci racconti thriller.<br />

45. L’Immacolata<br />

51.<br />

55.<br />

66.<br />

Viaggio nei cibi tradizionali<br />

italiani dell’8 <strong>dicembre</strong>,<br />

Stazioni Napoletane.<br />

Linea Uno<br />

Racconto sugli strampalati<br />

ragionamenti in un vagone.<br />

Storie all’interno<br />

di baracche: Plastic<br />

Avventure noir in un futuro<br />

che non riconosce l’umanità.<br />

In attesa sul binario.<br />

Vagone del destino<br />

I dolci e romantici racconti<br />

di una giovane pendolare.<br />

Edito da<br />

Gruppo Editoriale <strong>Impatto</strong><br />

IT 07802041215<br />

gruppo.impattomagazine.it<br />

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Coordinamento<br />

Pulseo<br />

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Testata Registrata presso il tribunale<br />

di Napoli con decreto presidenziale<br />

numero 22 del 2 Aprile <strong>2014</strong>.<br />

Le foto presenti su <strong>Impatto</strong> Mag sono state in larga parte prese da<br />

Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli<br />

autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono<br />

segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@impattomagazine.it)<br />

che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.<br />

7. 21.<br />

Spettro dell’autismo, un<br />

aquilone che vola.<br />

C’erano una volta i bambini<br />

luna. Ossia lo spettro autistico e<br />

il modo diverso di guardare un<br />

mondo che non esclude.<br />

Fara Williams, il mediano<br />

senza un tetto in cui vivere.<br />

La calciatrice del Liverpool,<br />

pilastro della nazionale<br />

femminile inglese, racconta la<br />

propria vita da senza tetto.<br />

5


<strong>Gli</strong><br />

<strong>indici</strong><br />

<strong>statistici</strong><br />

Quando Andrew Forrest decise di<br />

affrontare il problema della schiavitù,<br />

Bill Gates ebbe gli consigliò di trovare<br />

un modo per quantificarla. Statistica,<br />

croce e delizia delle analisi sulla<br />

contemporaneità.<br />

29.<br />

35. 39. 43.<br />

Ecco il ritorno dell’OPEC.<br />

Scenari in evoluzione.<br />

Massimo Gramellini. Il<br />

coraggio di fare bei sogni.<br />

Home recording, ma è un<br />

arma a doppio taglio?<br />

Non vi sarà nessun taglio alla<br />

produzione del petrolio. Arabia<br />

Saudita e USA si muovono a<br />

discapito di Russia ed Iran.<br />

Massimo Gramellini e la sua<br />

infanzia. Un amore troppo<br />

grande, strappato troppo presto,<br />

da braccia troppo piccole.<br />

Tutti i segreti sul creare musica<br />

direttamente da casa. Esempi<br />

famosi di una pratica artistica<br />

sempre più diffusa e produttiva.<br />

6


Società<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Un aquilone<br />

che vola<br />

C’erano una volta i bambini luna. Lo<br />

spettro autistico e il modo diverso di<br />

guardare il mondo. Ma sempre con il<br />

coraggio di affermare: “Chi sono io.<br />

Ragazzo autistico”<br />

I bambini - I bambini delle fate<br />

aprono orizzonti e liberano un mondo<br />

racchiuso in uno scrigno. Sta a noi<br />

capire il tesoro racchiuso nello scrigno.<br />

Sta a noi creare una rete per permettere<br />

loro di non cadere ma volare.<br />

Redatto da<br />

Giorgia Mangiapia<br />

7


“Un aquilone che vola forte e<br />

visibile. Se manca l’aria cade”<br />

Spiegaci questa tua frase<br />

“Sono io. È la mia via vita da<br />

ragazzo autistico sicuro che senza<br />

l‘aiuto di tutti, non vive.”<br />

Qualcosa da aggiungere?<br />

“Resistiamo se esistiamo”.<br />

A parlare è Andrea. Un bambino<br />

pesce o un bambino della luna.<br />

Così in passato si preferiva<br />

definire chi sente le cose in modo<br />

diverso, né in meglio né in peggio,<br />

ma con una visione prospettica<br />

diversa della realtà. Come se su<br />

una tavolozza di colori non si<br />

percepissero e vedessero colori<br />

pastello ma colori accesi, vivi e<br />

chiassosi e come se - in un luogo<br />

all’aria aperta - le voci intorno, i<br />

suoni e i rumori fossero amplificati<br />

mentre le immagini restano<br />

sfocate creando confusione e<br />

disadattamento. La difficoltà<br />

principale che s’incontra, nel<br />

tentativo di declinare la composita<br />

e multiforme espressione<br />

eziopatologica dello spettro<br />

autistico, è derivante dal fatto<br />

che esistono diverse chiavi di<br />

lettura e di interpretazione<br />

delle sue forme. Oggi si parla<br />

di ASD. Disturbi dello spettro<br />

autistico caratterizzati da una<br />

compromissione delle relazioni<br />

sociali, da una perseverazione e<br />

da un deficit di comunicazione<br />

e rappresentano un disturbo o<br />

ancor meglio una sindrome – lì<br />

dove con il termine sindrome si<br />

definisce ciò che non si riesce a<br />

catalogare al meglio e ciò che non è<br />

preciso – pervasiva dello sviluppo<br />

con una prevalenza riportata in<br />

stime che va da 1/150 a 1/88. Si<br />

nasce autistici o lo si diventa?<br />

L’autismo rappresenta ancora<br />

oggi un enigma e la sua eziologia è<br />

ancora in gran parte sconosciuta.<br />

Vi è una componente genetica<br />

significativa tra le cause così<br />

come determinanti sono i fattori<br />

ambientali - si pensi alle infezioni<br />

materne, ai deficit immunitari,<br />

all’esposizione in fase neonatale<br />

ad agenti neurotossici– o anche<br />

cause alimentari o ambientali<br />

Da un lato - Melanie Klein<br />

descrisse l’autismo per prima.<br />

Dall’altro - Leo Kanner è stato lo<br />

scopritore della sindrome di Kanner.<br />

8


Società<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Vedo le parole e non riesco a dirle<br />

Quando un pensiero emoziona, non conta<br />

sia espresso in parole. Ci sono momenti,<br />

in cui un sorriso scatena sensazioni<br />

impossibili da limitare in una parola.<br />

su una base poligenica e di<br />

deprivazione affettiva che<br />

potrebbero rivestire un ruolo<br />

predisponente allo sviluppo<br />

della patologia. Alcune<br />

ricerche hanno investigato<br />

anche sull’assunzione di<br />

zinco, alluminio e di altri<br />

metalli pesanti e di un<br />

serto liquido usato negli<br />

anni passati per iniettare i<br />

vaccini che poteva essere<br />

dannoso, da qui l’allarmismo<br />

dilagante su internet nei<br />

confronti delle vaccinazioni.<br />

I dati epistemologici<br />

nell’ultimo decennio hanno<br />

rilevato un aumento dei<br />

casi di spettro autistico che,<br />

in parte derivante da una<br />

migliore definizione dei<br />

criteri diagnostici e da una<br />

maggiore attenzione alle<br />

patologie neuropsichiatriche<br />

dell’età evolutiva, richiede –<br />

a prescindere dalle<br />

cause di quest’aumento<br />

nell’incidenza - un profondo<br />

processo di riorganizzazione<br />

dei servizi. Partendo da quelli<br />

sanitari per la tempestività<br />

delle diagnosi e la<br />

standardizzazione dei criteri<br />

diagnostici, per la continuità<br />

stessa tra diagnosi e inizio<br />

di un adeguato progetto<br />

terapeutico integrato<br />

precoce.<br />

Vedo le parole e non<br />

riesco a dirle - È sempre<br />

Andrea a parlare attraverso<br />

la comunicazione facilitata.<br />

Andrea emoziona. Per<br />

conoscere le persone, tocca<br />

la loro pancia e l’accarezza.<br />

In un mondo in cui non si<br />

va più d’istinto né di pancia<br />

ma si ragiona e razionalizza,<br />

si costruiscono strategie<br />

e strade spianate, Andrea<br />

scardina tutto. Tocca la<br />

pancia senza preavviso, di<br />

scatto e crea un contatto.<br />

Lui che ha, nella sua<br />

sindrome, difficoltà nel<br />

creare e mantenere rapporti<br />

relazionali prende l’iniziativa<br />

9


ed è estremamente fisico. “Sento<br />

la pancia di persone per conoscere<br />

chi mi sta vicino. Mi presento alle<br />

persone toccandole e sto tranquillo.<br />

Se Andrea non tocca vedo confusione<br />

e ko per Andrea che si agita. Faccio<br />

le prove di controllarmi ogni giorno.<br />

Devo mettere in ordine tante cose<br />

e aspetto finché non resisto più<br />

e sto male. Andrea chiede aiuto a<br />

testa confusa e male sto”. Andrea è<br />

fortunato perché è consapevole della<br />

situazione, lotta contro se stesso,<br />

non invano se riesce a mantenere<br />

alta la consapevolezza, ed ha un<br />

obiettivo: farsi conoscere e far<br />

conoscere quello che erroneamente<br />

definiamo autismo perché solo così<br />

potrà esistere e resistere. Non esiste<br />

l’autismo. Esistono gli autismi<br />

o meglio, per usare il termine<br />

appropriato, esistono i disturbi,<br />

al plurale, dello spettro autistico.<br />

La parola spettro indica proprio<br />

un continuum in cui l’espressione<br />

clinica di tale disturbo si differenzia<br />

attraverso il livello di gravità della<br />

sintomatologia nei due sintomi<br />

principali. L’errore principale sta<br />

nella generalizzazione mentre in<br />

realtà ogni caso è a sé.<br />

Quali sono le forme di autismo?<br />

L’autismo autistico sindrome<br />

di Kanner rappresenta il quadro<br />

psicopatologico più grave tra quelli<br />

che comportano un disturbo dello<br />

sviluppo. Forte è la siderazione<br />

affettiva, l’ossessivo e pregnante<br />

rifiuto di accettare la vicinanza degli<br />

altri, il ritardo dello sviluppo per<br />

il quale il soggetto non raggiunge<br />

lo stadio degli oggetti e ciò genera<br />

ansia, manifesta comportamenti<br />

caratterizzanti di vero terrore se un<br />

oggetto è spostato dal suo posto,<br />

diviene un despota che impone le sue<br />

scelte, sembra quasi non avvertire<br />

il dolore. Esistono anche altre<br />

forme di autismo come l’x-fragile,<br />

la sindrome di Rett, di Angelam,<br />

la sindrome da intolleranza che<br />

rientrano nella sfera genetica<br />

mentre vi è una casistica che è una<br />

risposta allo stress acuto e cronico<br />

e di cui fanno parte le sindromi<br />

ipercinetiche (si compongono di<br />

un’enorme varietà di quadri che<br />

Newton - teorico della gravità,<br />

mostro segni d’autismo in vita.<br />

Einstein - Autistico secondo molti<br />

studiosi, teorizzò la relatività.<br />

10


Società<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

La conoscenza<br />

Un mondo chiuso in uno<br />

sguardo. Un mondo da scoprire<br />

attraverso i sensi e la tecnologia.<br />

Lì dove una logica sembra non<br />

esserci, si trova un universo<br />

parallelo di significati.<br />

vanno da una normale<br />

irrequietezza sino a<br />

raggiungere forme<br />

gravi come l’autismo<br />

ipercinetico), i disturbi<br />

della personalità<br />

(tra le diverse forme<br />

classificatorie vanno a<br />

collocarsi quelle derivanti<br />

da psicopatologia da<br />

atteggiamento iperrazionale,<br />

quelli derivanti<br />

dalla sindrome da deficit<br />

di sviluppo psicomentale<br />

e la più diffusa<br />

sindrome di Asperger-<br />

Bordeline. I casi ad alto<br />

funzionamento, per<br />

intenderci), il ritardo<br />

dello sviluppo psicomentale.<br />

I bambini<br />

che rientrano nello<br />

spettro autistico non<br />

seguono i modelli<br />

tipici dello sviluppo<br />

infantile e la pervasività<br />

della sintomatologia<br />

determina condizioni di<br />

disabilità, con limitazioni<br />

gravi nell’autonomia.<br />

In comorbilità con altre<br />

patologie psichiatriche e<br />

comportamenti alimentari<br />

atipici presentano spesso<br />

problemi comportamentali<br />

come aggressività.<br />

Incontinenza emotiva,<br />

ritardo dello sviluppo<br />

mentale, riduzione<br />

massiccia degli interessi<br />

sociali, compromissione<br />

del linguaggio sono<br />

alcune delle conseguenze<br />

dei diversi disturbi che<br />

si presentano in ogni<br />

soggetto a livello diversi.<br />

E di nuovo ritornano le<br />

parole di Andrea: “Sono<br />

un uomo imprigionato<br />

nei pensieri di libertà”.<br />

Per spezzare le catene<br />

della prigione da cui<br />

Andrea vuole uscire,<br />

contro qualsiasi profilo<br />

clinico, Franco prende<br />

suo figlio Andrea e parte<br />

per un viaggio senza<br />

schemi. Senza bussola<br />

e senza coordinate.<br />

Una mossa azzardata e<br />

pericolosa che avrebbe<br />

potuto provocare<br />

ulteriori danni in un<br />

soggetto che, per la sua<br />

sindrome, avrebbe<br />

potuto dare risposte di<br />

disagio e di malessere di<br />

fronte ai cambiamenti<br />

repentini e che avrebbe<br />

potuto scatenare crisi di<br />

rabbia verso sé o gli altri<br />

a causa delle stereotipie<br />

e della ripetitività dei<br />

gesti che la patologia<br />

porta a sviluppare. Un<br />

viaggio in America in<br />

moto per tre mesi e per<br />

chilometri dagli Stati<br />

Uniti al Centro e Sud<br />

America. Si è trattato<br />

dell’esperimento di un<br />

padre che ha rischiato.<br />

Un padre che ha voluto<br />

dimostrare di prendere<br />

“di pancia” una realtà<br />

che ti cambia la vita.<br />

Te la stravolge. “O mi<br />

metto a piangere tutta<br />

la vita o mi abbatto e<br />

butto giù – com’è facile<br />

che succeda perché è un<br />

dramma molto grosso<br />

questo dell’autismo<br />

quando entra nelle<br />

famiglie – oppure decidi<br />

che non deve essere così.<br />

Decidi che devi metterci<br />

l’energia, la positività,<br />

decidi soprattutto che è<br />

tuo figlio che a due anni<br />

e mezzo si trova a vivere<br />

una vita probabilmente<br />

in salita rispetto a tutti<br />

gli altri”. Da qui il<br />

viaggio. Le emozioni.<br />

Un viaggio per perdersi<br />

e ritrovarsi. Un viaggio<br />

raccontato in un libro<br />

ormai ben conosciuto<br />

Se ti abbraccio non<br />

aver paura. Un viaggio<br />

per far conoscere una<br />

11


Tangram - Giochi per comunicare.<br />

Forme per costruire. Tangram e<br />

costruzioni per creare e riordinare.<br />

Come tanti piccoli tasselli messi in<br />

equilibrio nella mente.<br />

Dalla nascita - Il diritto ad una<br />

vita che gli offra la possibilità di<br />

esprimere e potenziare le proprie<br />

intelligenze.Un diritto dell’uno e del<br />

ciascuno. Un diritto da garantire.<br />

realtà. La realtà di chi ha<br />

un mondo chiuso in uno<br />

scrigno. Franco Antonello<br />

ha fondato l’Associazione “I<br />

bambini delle fate” affinché<br />

ci si apra ad un’educazione<br />

sociale. Affinché si crei nel<br />

quotidiano una rete fatta di<br />

piccoli gesti che possono<br />

aprire orizzonti, segnare<br />

un cammino e liberare un<br />

mondo racchiuso in uno<br />

scrigno. Nell’intervista al<br />

Professor Silvio Campi –<br />

Fondatore dell’Associazione<br />

di Ricerca - Intervento in<br />

Età evolutiva e Psicologo<br />

dirigente presso l’ASL RM<br />

A di Roma – si è parlato<br />

proprio delle tecniche<br />

comportamentistiche che<br />

si basano sull’insegnare<br />

all’ambiente ad adattarsi<br />

al soggetto son sindrome<br />

da disturbo dello spettro<br />

autistico perché “l’autismo<br />

è un enorme bisogno.<br />

S’insegna a convivere.<br />

S’insegna a lavarsi, a vestirsi<br />

e questo è tantissimo per chi<br />

non riesce a convivere con<br />

un figlio autistico”. Creare<br />

un sostegno e una rete per<br />

sostenere e supportare<br />

affinché vi sia una riduzione<br />

del danno. E se prima<br />

non c’erano tutte queste<br />

tecniche così strutturate<br />

in realtà chi lavora con<br />

empatia e coscienza le<br />

strade, per una riduzione<br />

del danno, se le apriva<br />

e spianava. Il professor<br />

Campi ricorda: “Ho seguito<br />

un bimbo autistico negli<br />

anni ’80. È diventato<br />

Campione di Maratona<br />

nelle Paraolimpiadi.<br />

Correva come un matto.<br />

Non parlava ma correva”.<br />

La sua esperienza insegna<br />

che poter lavorare con<br />

bambini che la società<br />

ritiene “diversi” arricchisce<br />

e apre nuove prospettive.<br />

Il problema, sottolinea<br />

Campi, è che ci si occupa<br />

12


Attualità Società<br />

N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre <strong>2014</strong><br />

Alfred Hitchcock - famoso<br />

regista horror, fu affetto durante<br />

la vita dalla Sindrome di Kanner.<br />

Charles Schulz - fumettista<br />

e creatore dei Peanuts, in<br />

vita fu anche esso autistico.<br />

Il percorso è<br />

illuminato ed<br />

io viaggio dalla<br />

parte di coloro<br />

che sono<br />

venuti molto<br />

prima di me, e<br />

sarà brillante<br />

per coloro che<br />

mi seguono.<br />

“<br />

Hans Asperger<br />

teorico della Sindrome<br />

dei bambini autistici ma<br />

“un adulto autistico che<br />

fine fa?”. “ Se si tratta di un<br />

autistico grave diviene un<br />

adulto psicotico e il destino<br />

è psichiatrico perché in quel<br />

caso non vi è altra via. Se si<br />

tratta di una forma leggera di<br />

autismo la via d’inserimento<br />

è possibile. Ciò che nel<br />

bambino era una patologia<br />

nell’adulto può divenire un<br />

carattere. Adulti caratteriali e<br />

tutti i caratteri hanno motivi<br />

di esistere”. L’importante è<br />

agire e fare, accogliendo senza<br />

generalizzare per costruire<br />

dei percorsi appropriati della<br />

presa in carico delle persone<br />

con autismo. Alla stessa<br />

maniera, Franco Antonello:<br />

“C’è chi dice che vivere con<br />

un figlio autistico significa<br />

sottostare a una specie di<br />

tirannia. Mi viene da ridere al<br />

pensiero di cosa accadrebbe<br />

al mondo se cadesse sotto il<br />

controllo di Andrea. Per prima<br />

cosa le settimane avrebbero<br />

un colore. Nella settimana del<br />

rosso via libera al commercio<br />

di carote, arance, pomodori.<br />

Sovvenzioni solo a questi<br />

produttori e blocco totale alla<br />

circolazione di camion con<br />

broccoli, verze e piselli. Ma<br />

quando arriva la settimana<br />

verde i negozi si riempiono<br />

delle verdure prima vietate,<br />

le casse d’arance vengono<br />

13


Andy Warol - fotografo e artista,<br />

è un esempio della teorizzata<br />

unione tra autismo e genialità.<br />

Woody Allen - Cinque volte<br />

premio Oscar, l’umorista di<br />

New York ha la Kanner.<br />

“<br />

“<br />

Credetemi<br />

ma per avere<br />

successo<br />

nella scienza<br />

e nell’arte<br />

un pizzico<br />

di autismo<br />

è davvero<br />

essenziale.<br />

Marine Hans Asperger Le Pen<br />

Europarlamentare<br />

pediatra austiaco<br />

immediatamente rispedite<br />

in Sicilia e le carote infilate,<br />

una a una, nel terreno.<br />

Naturalmente nel punto<br />

esatto da cui erano state tolte,<br />

che non si possono mica<br />

mettere carote provenienti<br />

dalla Francia su terra<br />

ferrarese. Non ci sarebbe<br />

mai una settimana viola,<br />

peccato per i fan di prugne<br />

e melanzane.” Un mondo<br />

visto con occhi diversi spesso<br />

incapaci di metterlo in parole<br />

ma che, forse, come in uno<br />

scrigno ne percepiscono<br />

maggiori sfumature più<br />

intense e più pure. Andrea<br />

così scrive: “Ragazzo autistico<br />

sono io con povere risorse ma<br />

consapevole di essere forte<br />

adolescente, paure come<br />

tutti i miei compagni ho di<br />

diventare vero adulto con<br />

intelligente cuore, voglio<br />

vita piena di lunghi pensieri<br />

per altri indifesi amici, unico<br />

scopo servire con tanti sogni<br />

per aiutare gente che bisogno<br />

doloroso ha. Tantissimo ho da<br />

dare. Dico sono tanto diverso<br />

con figura fuori uguale agli<br />

altri, dentro giostra di colori<br />

ho. Niente di stonato universo<br />

con pianeti da scoprire ho<br />

nel mio diverso cervello di<br />

ragazzo che lotta per crescere<br />

migliore”. Un aquilone di<br />

colori che vibra nell’aria della<br />

vita.<br />

14


Attualità<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

paura e rinascita<br />

kigali<br />

venti anni dopo la<br />

strage<br />

Redatto da<br />

Valerio Varchetta<br />

Ad un ragazzo di 20<br />

anni o meno, che oggi<br />

inizia l’università o sta<br />

per terminare la scuola,<br />

con ogni probabilità il<br />

nome Ruanda non dirà<br />

molto. Sarà uno dei<br />

tanti Paesi dell’Africa,<br />

poveri, con numerosi<br />

contrasti sociali,<br />

con una democrazia<br />

precaria, al pari di tanti<br />

altri. Dire Ruanda,<br />

Burundi o Repubblica<br />

Centrafricana vorrà dire<br />

quasi la stessa cosa.<br />

Per chi invece ha solo<br />

pochi anni in più e,<br />

nell’estate del 1994, era<br />

anche solo un ragazzino,<br />

questa parola, questo<br />

nome è associato ad<br />

uno dei più spaventosi<br />

eventi della storia<br />

recente: il genocidio<br />

tra Hutu e Tutsi.<br />

La tragedia tra<br />

l’indifferenza del Mondo<br />

Nel 1994, tra le notizie<br />

che arrivavano dai<br />

Balcani e l’attesa per i<br />

Mondiali di calcio negli<br />

Stati Uniti, irruppero<br />

le notizie provenienti<br />

dall’Africa, e dal<br />

Ruanda in particolare,<br />

sul massacro che si<br />

stava svolgendo in quel<br />

Paese, e che in tre mesi<br />

causò tra gli 800’000<br />

e il milione di morti,<br />

frutto di una lotta tra<br />

i due gruppi etnici del<br />

Paese. Gruppi etnici,<br />

quello hutu e quello<br />

tutsi, la cui effettiva<br />

differenza è ancora<br />

oggetto di dibattito tra<br />

gli antropologi ed è<br />

comunque un derivato<br />

del colonialismo belga<br />

in quelle zone, che ha<br />

15


creato quasi a tavolino una<br />

divisione tra i gruppi che ha<br />

avuto ripercussioni a livello<br />

sociale durante e dopo il periodo<br />

coloniale, alimentando odio<br />

e rivalità pronte ad esplodere<br />

da un momento all’altro.<br />

Con l’indipendenza del 1962,<br />

il Paese, ritrovatosi con una<br />

classe dirigente di etnia hutu, è<br />

stato teatro di numerosi scontri<br />

di natura etnica, preludio allo<br />

scoppio della violenza più<br />

brutale seguito alla morte in un<br />

incidente aereo del presidente<br />

Juvénal<br />

Habyarimana,<br />

favorevole ad un’apertura nei<br />

confronti dei Tutsi. “Tagliate<br />

gli alberi alti”, fu il segnale<br />

alle milizie hutu di iniziare il<br />

massacro, compiuto con ogni<br />

mezzo; per i meno fortunati la<br />

morte arrivò a colpi di machete,<br />

più economici delle pistole per<br />

i militari. A facilitare il tutto ci<br />

fu l’uso delle carte d’identità<br />

ereditate dai Belgi, dove era<br />

riportata l’etnia: facilmente, da<br />

una richiesta di un documento<br />

da parte di un militare,<br />

dipendeva la vita o la morte a<br />

Quando la gente,<br />

cari telespettatori,<br />

mi chiede “perché<br />

odi i Tutsi?” io<br />

rispondo: “leggete<br />

la nostra storia”,<br />

i Tutsi erano<br />

collaboratori<br />

dei coloni belgi,<br />

avevano preso le<br />

nostre terre e ci<br />

avevano presi a<br />

frustate.<br />

“<br />

Hotel Rwanda<br />

George Rutagunda<br />

introduzione del film<br />

16


“<br />

Non sia<br />

stupido<br />

generale! A<br />

chi vuole che<br />

creda la gente!<br />

Se ne sta lì con<br />

le sue cinque<br />

stellette sul<br />

petto.<br />

Rusesabagina<br />

Hotel Rwanda<br />

seconda di cosa ci fosse scritto.<br />

In quei 100 giorni, al ritmo di<br />

quasi 10’000 vite umane uccise al<br />

minuto, si consumarono massacri<br />

tra i peggiori della storia senza<br />

che il Mondo intero prendesse<br />

posizione o si muovesse per tempo<br />

per evitare gli sviluppi peggiori<br />

della crisi ruandese, in particolare<br />

mancò un intervento deciso degli<br />

Stati Uniti, ancora scottati dagli<br />

eventi accaduti in Somalia l’anno<br />

La pietra<br />

Una parete. La<br />

forza sprigionata<br />

dalla pietra. La<br />

stessa forza delle<br />

mani di una<br />

donna. Unite,<br />

ferme. Stabili<br />

e concrete. In<br />

un’armonia di<br />

colori peculiari<br />

della sua<br />

tradizione, uno<br />

sguardo di difesa<br />

e di stanca<br />

rassegnazione.<br />

prima, mentre fu molto<br />

ambiguo il ruolo della<br />

Francia, accusata da più<br />

parti di sostenere gli Hutu<br />

responsabili dei massacri.<br />

Dopo il massacro<br />

Le violenze cessarono<br />

nel luglio del 1994 con<br />

la vittoria dei Tutsi,<br />

consegnando il potere<br />

in mano a Paul Kagame,<br />

attuale Presidente del<br />

Ruanda. Il Paese vive<br />

ora in un delicatissimo<br />

equilibrio, tra la paura<br />

di una nuova esplosione<br />

di violenza e il governo<br />

di Kagame, autoritario<br />

e antidemocratico<br />

come molti in<br />

quell’area del Mondo.<br />

Quella ruandese, però, è<br />

una situazione politica<br />

figlia di quanto accaduto<br />

20 anni fa, dove sembra<br />

necessaria una mano<br />

forte come quella di<br />

Kagame per evitare<br />

un nuovo massacro; il<br />

Presidente, di etnia Tutsi,<br />

sa bene che in caso di<br />

elezioni democratiche,<br />

da lui sempre osteggiate,<br />

rischierebbe di perdere<br />

perché si ritroverebbe<br />

contro la maggioranza dei<br />

voti hutu. Per mantenere<br />

il potere, quindi, utilizza<br />

un certo autoritarismo<br />

senza risparmiare<br />

alcun mezzo, compreso<br />

l’assassinio di oppositori<br />

Dignità e riservatezza<br />

Terra d’Africa da cui nasce il mal<br />

d’Africa. Quel richiamo al fascino<br />

di una terra che in sé ha il tutto e il<br />

niente. La dignità di chi la abita nel<br />

silenzio della riservatezza.<br />

17


Un incontro e un’unione - due<br />

mani che si stringono. <strong>Gli</strong> abiti<br />

della festa immortalano un<br />

momento di opaca serietà.<br />

Tra l’erba alta - in un luogo<br />

ancora incontaminato si<br />

sprigiona la sensualità di un<br />

corpo ribelle, finalmente liberato.<br />

Dai tempi<br />

dell’Olocausto, il<br />

mondo ha fallito<br />

più Con di l’Europa una volta<br />

nel non prevenire si afferma<br />

o un’idea porre fine di<br />

a pace, dei tragici ma di<br />

genocidi, guerra: paesi ne<br />

sono l’un contro esempio<br />

Cambogia, l’altro armati.<br />

Ruanda e<br />

Jugoslavia.<br />

“<br />

“<br />

Kofi Annan<br />

Diplomatico ghanese<br />

politici. Un capo di Stato<br />

che quindi si macchia del<br />

sangue di chi vi si oppone,<br />

ma senza che si prenda<br />

posizione nei suoi confronti,<br />

perché si rischierebbe di far<br />

ripiombare il Paese nella<br />

violenza e nell’anarchia,<br />

suscitando il terrore<br />

in quella parte della<br />

popolazione che ha vissuto<br />

in prima persona i tragici<br />

fatti del 1994 e che si trova<br />

davanti l’incubo che possa<br />

ricominciare tutto daccapo.<br />

Una presa di posizione della<br />

comunità internazionale,<br />

tra l’altro, dopo i silenzi che<br />

furono il principale complice<br />

del dilagare delle violenze<br />

risulterebbe ormai fuori<br />

luogo e indebolirebbe molto<br />

la posizione di Kagame con<br />

il serio rischio di prestare<br />

il fianco alle frange più<br />

estreme dell’opposizione.<br />

La voglia di rinascita<br />

Dietro a questa situazione c’è<br />

quindi la voglia di un Paese di<br />

lasciarsi il passato alle spalle<br />

e di ripartire. Il Presidente<br />

ha spesso dichiarato di<br />

avere come modello quello<br />

di Singapore, ora come ora<br />

lontanissimo, nonostante<br />

uno sviluppo economico<br />

importante negli ultimi 10<br />

anni. Le ferite però sono<br />

ancora aperte in un Paese<br />

dimenticato dal Mondo<br />

18


Attualità<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Paul Kagame - Fondatore del partito<br />

Rwandan Patriotic Front, è noto<br />

soprattutto per l’importante ruolo svolto<br />

nella conclusione del genocidio ruandese<br />

del 1994 e nella seconda guerra del Congo.<br />

mentre vi si consumava la<br />

tragedia più immane della<br />

sua storia, che quindi accetta<br />

la situazione politica attuale<br />

ben sapendo che la strada<br />

di una definitiva rinascita<br />

è difficile. D’altronde, il<br />

Ruanda è stato abbandonato<br />

a lungo ed è di nuovo<br />

tornato nel dimenticatoio<br />

delle preoccupazioni<br />

internazionali, forse<br />

perché lontano da<br />

giacimenti di gas o petrolio.<br />

In quest’ottica rientra anche<br />

il j’accuse di Kagame alla<br />

Francia e al Belgio nelle<br />

celebrazioni in ricordo del<br />

ventennale della strage, a cui<br />

i due Paesi non hanno potuto<br />

inviare delegazioni perché<br />

non invitati a causa delle<br />

loro antiche responsabilità:<br />

quelle coloniali del Belgio,<br />

che hanno posto le basi per un<br />

odio etnico che non avrebbe<br />

avuto alcuna ragion d’essere<br />

e quelle francesi, i quali, oltre<br />

a sostenere in modo ambiguo<br />

i responsabili, ospitano<br />

ancora alcuni di essi, che<br />

vivono tranquillamente<br />

in Francia. La reazione<br />

di un Capo dello Stato<br />

autoritario e sanguinario, al<br />

contempo accettato e non<br />

particolarmente osteggiato<br />

dalla popolazione che vuole<br />

voltare pagina, è la fotografia<br />

di uno Stato ancora ferito,<br />

che si è visto lasciato a se<br />

stesso mentre affogava nel<br />

sangue e che faticosamente<br />

vuole emergere da un<br />

passato oscuro, da un<br />

presente difficile e precario,<br />

e protrarsi verso un futuro<br />

migliore, nonostante resti<br />

uno dei Paesi più poveri<br />

del Mondo. Un Paese che<br />

forse non è ancora in grado<br />

di camminare da solo, ma<br />

non ha alternative per non<br />

ripiombare nel baratro.<br />

19


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21<br />

Storie<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong>


La favola<br />

di Fara<br />

Gladiatrice a centrocampo e nella vita.<br />

Fara Williams, icona del calcio femminile<br />

d’oltremanica, svela il suo tragico passato<br />

da vagabonda in una intervista al Guardian.<br />

Redatto da<br />

Dario Rondanini<br />

Quando Fara Williams abbassa<br />

lo sguardo e inizia a piangere,<br />

è come se si aprisse una<br />

piccola porta sul suo passato:<br />

ricordi pronti a liberarsi<br />

immediatamente dal suo<br />

corpo. E, allora, gli occhi di Fara<br />

iniziano a parlare. Iniziano a<br />

raccontare la favola dell’atleta<br />

con il maggior numero di<br />

presenze nella nazionale di<br />

calcio femminile inglese, che<br />

per anni ha dovuto combattere<br />

con lo spettro di non avere una<br />

casa in cui dormire. <strong>Gli</strong> occhi<br />

di Fara parlano, le lacrime<br />

scendono, rigando il viso di una<br />

guerriera che ha combattuto<br />

tante battaglie, sia dentro<br />

che fuori dal campo da gioco.<br />

Una forza di spirito, esternata<br />

senza remore, in una recente<br />

intervista al prestigioso<br />

quotidiano britannico The<br />

Guardian.<br />

Ma chi è Fara Williams? - Fara<br />

Williams, oltremanica è<br />

sinonimo di calcio femminile.<br />

Classe ‘84, l’atleta trentenne,<br />

durante la sua carriera ha<br />

totalizzato centotrenta<br />

presenze con la rappresentativa<br />

inglese, cinque con la<br />

compagine della Gran Bretagna<br />

e grazie al suo aiuto, nelle due<br />

ultime (sebbene complicate)<br />

stagioni, la squadra femminile<br />

di Liverpool ha centrato<br />

consecutivamente l’obiettivo<br />

scudetto. Il 23 novembre la<br />

Williams ha giocato per la sua<br />

nazionale contro la Germania,<br />

dimostrando quanto il calcio<br />

femminile sia cresciuto di<br />

popolarità negli ultimi anni.<br />

Il primo match tra squadre<br />

femminili che si è disputato<br />

nel nuovo stadio a Wembley,<br />

infatti, ha visto un’affluenza<br />

notevole. Oltre 55.000 i<br />

tagliandi venduti a fronte dei<br />

soli 40.000 che ha realizzato<br />

la Nazionale maschile per<br />

l’incontro con la Norvegia.<br />

Un picco di vendite che, tra<br />

l’altro, è stato limitato dalle<br />

autorità competenti per via<br />

del problema dei trasporti.<br />

La vita di Fara, però, è stata<br />

molto più combattuta e dura<br />

dei suoi contrasti da mediano<br />

a centrocampo. La Williams,<br />

difatti, è stata una senzatetto<br />

per oltre sette anni, giocando<br />

per la nazionale inglese mentre<br />

passava da un rifugio notturno<br />

all’altro nei sobborghi di<br />

22


Storie<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Fara Williams<br />

allenamento in Nazionale.<br />

Londra. Due vite parallele,<br />

che la tesserata dell’FC<br />

Liverpool, è riuscita a<br />

tenere separate per molti<br />

anni, bugie su bugie<br />

che, per orgoglio e per<br />

vergogna, hanno portato<br />

ben pochi a conoscere la<br />

vera situazione economia<br />

e sociale di Fara, tanto che,<br />

anche molte compagne di<br />

squadra, prima della sua<br />

intervista al The Guardian,<br />

ignoravano che la ex<br />

Everton per molto tempo<br />

avesse vissuto per strada.<br />

Le barriere della<br />

disperazione - La ragazza<br />

si mostra calma davanti<br />

ai giornalisti quando ha<br />

raccontato di come una<br />

disputa familiare l’abbia<br />

costretta al vagabondaggio<br />

e ad interrompere ogni<br />

rapporto con la madre per<br />

nove anni.<br />

Fara inizia a piangere<br />

proprio parlando, con<br />

estrema chiarezza, di lei:<br />

“È una donna brillante”<br />

dice di sua madre Tanya,<br />

con la quale si è da poco<br />

ricongiunta. “È stata<br />

graziosa. Sa, con il tempo,<br />

ci si accorge che la vita è<br />

breve. Non abbiamo molto<br />

tempo in questo mondo,<br />

quindi ho deciso di voler<br />

stare di nuovo con lei.<br />

Non abbiamo mai parlato<br />

di quello che è successo<br />

tra noi, ma per me la<br />

cosa fondamentale è che<br />

mia madre è stata la mia<br />

eroina durante la crescita”.<br />

Queste parole provenienti<br />

dal profondo del cuore<br />

hanno fatto rompere la<br />

diga che si era creata tra di<br />

loro.<br />

“Quando andavo per gli<br />

ostelli, non legavo con le<br />

persone. Restavo sempre<br />

sulle mie, avevo innalzato<br />

una barriera. Non sorridevo<br />

mai, e sicuramente<br />

sembravo incutere timore<br />

agli altri. Ogni volta che<br />

quella barriera era in piedi,<br />

sembrava che fossi troppo<br />

dura per lasciarmi andare al<br />

pianto. Me ne accorgo ora,<br />

quando mi confronto con<br />

le ragazze che condividono<br />

il mio stesso passato.<br />

Erigono la stessa barriera,<br />

ma la cosa importante è<br />

trattarle come persone<br />

normali e non guardarle<br />

dall’alto in basso. Io sono<br />

stata fortunata ad avere<br />

la possibilità di giocare<br />

a calcio. Molte ragazze<br />

vagabonde non hanno la<br />

stessa speranza. Molte<br />

pensano che se otterranno<br />

abbastanza soldi con<br />

l’elemosina, useranno quei<br />

soldi per comprare alcol<br />

e droga o per superare la<br />

giornata. E se non tocca<br />

a loro stare in strada a<br />

chiedere l’elemosina, ma<br />

ad un altro del gruppo,<br />

useranno i soldi ottenuti da<br />

quest’ultimo per realizzare<br />

gli stessi propositi. È<br />

un circolo vizioso.”<br />

Il coraggio nella parola<br />

calcio - Fara, invece, non<br />

ha mai perso la speranza:<br />

“Il calcio non me lo ha<br />

mai permesso. Ho sempre<br />

avuto la fermezza di credere<br />

di essere brava in qualcosa.<br />

È una gran cosa averlo lì<br />

nei momenti in cui pensi<br />

che tutto sommato non<br />

ti è rimasto nulla”. Fara<br />

ricorda di essere cresciuta<br />

in una tenuta di Battersea:<br />

“Non è mai stato facile per<br />

mia madre.”, prosegue<br />

“eravamo quattro figli,<br />

ed avevamo un solo<br />

genitore. Mi ha sempre<br />

sostenuto al meglio delle<br />

sue possibilità, ma è stato<br />

davvero difficile comprare<br />

i primi scarpini da calcio.<br />

23


Calcio femminile - è in rapida<br />

ascesa negli sport d’oltremanica.<br />

Ero quella che le stava più<br />

vicina. Ero molto protettiva<br />

nei suoi confronti, e anche<br />

quando eravamo lontane<br />

pensavo a lei ogni giorno,<br />

e sono sicura che anche lei<br />

abbia fatto lo stesso.”<br />

Durante la sua infanzia,<br />

ci furono problemi tra il<br />

padre naturale e il patrigno<br />

e, quindi, Fara fu allevata<br />

per un po’ dai nonni. Alla<br />

fine, però, tornò a casa con<br />

la madre e con una zia. Un<br />

periodo burrascoso che si<br />

chiuse con l’inizio del suo<br />

vagabondaggio. “Molti<br />

dei bambini della tenuta<br />

amavano mia madre e lei<br />

si prendeva cura di loro.<br />

È sempre stato tipico di<br />

mia mamma, ed anche<br />

con la zia c’era questo<br />

forte ascendente, ma<br />

ciononostante io e mia zia<br />

non andavamo per nulla<br />

d’accordo. Un giorno, lei<br />

mi urlò di andarmene, ed<br />

io lo feci. Avevo 17 anni e<br />

pensai che sarebbe andato<br />

tutto bene, ma fin quando<br />

non compi un passo del<br />

genere, non ti accorgi mai<br />

di quanto sia difficile. Fu un<br />

duro colpo per me, ma non lo<br />

dissi a nessuno, e non volevo<br />

tornare. La vedevo come una<br />

debolezza e non volevo che<br />

pensassero di aver vinto”. I<br />

suoi ricordi continuano come<br />

un fiume in piena: “Avevo<br />

un po’ paura in strada. La<br />

prima notte in cui camminai<br />

tra i vagabondi, ebbi molto<br />

timore per la mia vita e il mio<br />

futuro. Avevo un mio punto<br />

di vista sul vagabondaggio,<br />

come chiunque altro, del<br />

resto. Vedevo questo e<br />

quell’altro vagabondo venire<br />

verso di me e pensavo:<br />

“Miseriaccia, ho paura. È<br />

pazzo, è pazzo”. Vedevo<br />

gente con i bastoni ed anche<br />

quelli che non lo avevano<br />

sembravano dei matti. Mi<br />

sentivo terrorizzata”. Tanto<br />

che per proteggersi, Fara<br />

inventò un metodo surreale:<br />

“Mi ero abituata a girarmi<br />

mentre camminavo. Facevo<br />

100 metri e mi giravo.<br />

Sembravo pazza io stessa. Un<br />

ragazzo però, mi disse che<br />

i vagabondi si comportano<br />

come matti proprio per far sì<br />

che la gente non si avvicini a<br />

loro. Fanno dei versacci per<br />

spaventarti, ma la realtà è<br />

che loro hanno più paura di<br />

te. Se non ci parli, certe cose<br />

non puoi capirle. Cominciai<br />

anche io a fare i versacci<br />

quando un gruppo di persone<br />

mi si avvicinava, per far<br />

credere di essere più pazza<br />

di loro. La cosa peggiore del<br />

vagabondaggio è che la gente<br />

ti giudica senza conoscere<br />

la tua storia. Per me è stata<br />

la cosa più difficile, a volte<br />

accade e basta. Puoi perdere<br />

il lavoro, così come la<br />

famiglia”.<br />

24


Storie<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Gioco di squadra - La<br />

Williams ha sempre tenuto<br />

nascosti i suoi problemi alle<br />

compagne di squadra e, in<br />

effetti, la verità è venuta<br />

a galla solo quando Hope<br />

Powell - sua allenatrice<br />

della nazionale inglese<br />

per molto tempo - scoprì<br />

il suo stato di senza tetto<br />

poco dopo che la giovane<br />

calciatrice aveva lasciato<br />

la sua casa. “Avevamo un<br />

raduno dell’under 19 ed<br />

alla fine del viaggio, Hope<br />

mi vide gironzolare senza<br />

meta. Mi chiese dove stessi<br />

andando e davanti alla mia<br />

indecisione, lei stessa decise<br />

di portarmi alla stazione<br />

di King’s Cross, dove c’è il<br />

supporto per i vagabondi.<br />

Da sola non avrei mai avuto<br />

il coraggio di andarci. Hope<br />

era molto accomodante.<br />

Sua madre era una badante,<br />

quindi lei mi capiva. Mi<br />

spinse a raggiungere gli<br />

ostelli, era come una madre<br />

per me. Quando mi stabilii<br />

nel rifugio, mi portò un sacco<br />

a pelo. Detto così sembra<br />

patetico, ma quando sei su<br />

un letto duro, con lenzuola<br />

che appartengono ad altra<br />

gente, è un gesto che vale<br />

molto”.<br />

Poi, nel 2001, Fara debutta<br />

con la nazionale inglese a<br />

livello internazionale. Aveva<br />

solo 17 anni e si era trasferita<br />

in un ostello a Victoria. “Era<br />

dall’altra parte del ponte di<br />

Buttersea. Incontrai per caso<br />

una mia vecchia compagna<br />

di squadra al Chelsea, che<br />

mi chiese cosa stessi facendo<br />

da quelle parti. Io le dissi<br />

tutto e lei fu molto gentile,<br />

portandomi anche a casa<br />

sua per un bagno caldo.<br />

All’inizio, però, non volevo<br />

dirlo a nessuno”.<br />

Quando però le viene<br />

chiesto il momento esatto<br />

in cui ha rivelato di essere<br />

una vagabonda alle sue<br />

compagne di squadra, Fara<br />

risponde di non ricordarlo<br />

con esattezza. “Giocavo gli<br />

Europei del 2005 ed entravo<br />

e uscivo continuamente<br />

degli ostelli. Forse solo<br />

Kelly Smith (la più grande<br />

calciatrice inglese della<br />

storia) ne era a conoscenza.<br />

Anche lei aveva i suoi<br />

problemi e vedeva il suo<br />

avvocato nel vicolo accanto<br />

al mio ostello. La incontrai<br />

in uno Strabucks e le chiesi<br />

cosa stesse facendo lì. Lei mi<br />

disse che stava consultandosi<br />

con il suo avvocato. Kelly<br />

gioca in modo fantastico e<br />

non so come faccia. È una<br />

Kelly Smith - è considerata da<br />

molti la più grande calciatrice.<br />

persona molto umile, ci ho<br />

anche passato del tempo in<br />

stanza insieme. È anche la<br />

persona più divertente della<br />

squadra”.<br />

Ma quando è finita la<br />

Williams vagabonda? “Sono<br />

arrivata qui a Liverpool, per<br />

giocare nell’Everton. Mo<br />

Murley (l’allora allenatrice),<br />

mi ha aiutata moltissimo. In<br />

genere mi pagava i viaggi da<br />

Londra, ma poi fu lei stessa<br />

a trovarmi un lavoro. Disse<br />

che sarei stata una grande<br />

aggiunta al novero dei coach<br />

della FA (l’equivalente<br />

inglese della FIGC) e quindi<br />

devo tutto a lei e alle mie<br />

compagne di squadra<br />

25


all’Everton, come Amy<br />

Kane, che mi ha tenuta a<br />

casa sua e mi ha aiutata<br />

ad ambientarmi”.<br />

Fuori da Londra, Fara<br />

ha iniziato a vivere una<br />

vita convenzionale,<br />

ma la mancanza della<br />

madre le ha fatto riaprire<br />

vecchie ferite: “La cosa<br />

incredibile è che non<br />

abbiamo parlato per<br />

nove anni. La vidi solo<br />

una volta, al funerale<br />

di mio nonno. Ci<br />

incrociammo, ma senza<br />

dire nulla. Io e mia madre<br />

siamo entrambe molto<br />

testarde”.<br />

Il cammino con la<br />

nazionale - Quando<br />

nel 2009, l’Inghilterra<br />

arrivò in finale nel<br />

Campionato Europeo, la<br />

giovane calciatrice era<br />

il già il nucleo centrale<br />

dell’intera squadra<br />

Fara - in una azione con la<br />

maglia 10 dell’Inghilterra.<br />

“<br />

Quando sei un<br />

ragazzino e usi la tua<br />

immaginazione, ti vedi<br />

fare goal a Wembley<br />

con 100.000 tifosi che<br />

urlano il tuo nome.<br />

Non pensi a tutto ciò<br />

che ti toccherà prima<br />

di quel momento.<br />

George Best<br />

nonostante dentro di<br />

sé fosse impegnata in<br />

dura battaglia personale.<br />

Memorabile l’esultanza<br />

con il cuore (fatto di<br />

dita) dopo il gol con<br />

l’Italia. Un segnale che<br />

la madre interpretò<br />

come una richiesta di<br />

riconciliazione. Così<br />

rintracciò il numero di<br />

Fara attraverso alcune sue<br />

amiche di Londra: “Mi<br />

arrivò un messaggio sul<br />

cellulare. Lessi che era da<br />

parte di mia madre e lo<br />

cancellai senza leggerlo.<br />

Fu la prima volta che<br />

provò a contattarmi. In<br />

seguito, poi, mi pentii di<br />

non averlo letto e di non<br />

aver tenuto il numero.<br />

Ricordo solo che piansi sul<br />

mio letto”.<br />

Due anni dopo, invece,<br />

durante un incontro<br />

per le qualificazioni alla<br />

Coppa del Mondo contro<br />

la Svizzera, nel 2011, Farà<br />

segnò al cinquantesimo<br />

minuto esatto. Un<br />

messaggio temporale<br />

eloquente per la madre<br />

che da sempre è dedita alla<br />

lettura dei tarocchi.“Ci<br />

qualificammo ai mondiali,<br />

eravamo in hotel e le<br />

ragazze stavano bevendo.<br />

Mi arrivò un messaggio di<br />

mia madre e salii in stanza<br />

a leggerlo. Diceva: “Grazie<br />

per il gol e per l’esultanza”,<br />

per poi continuare dicendo<br />

che io avevo segnato al<br />

minuto numero 50 e che<br />

lei avrebbe compiuto<br />

cinquant’anni due giorni<br />

dopo. Piansi a dirotto”.<br />

“Quando ci incontrammo<br />

fu molto naturale, come se<br />

non ci fossimo mai divise.<br />

La cosa brutta fu solo<br />

doversi salutare e ritornare<br />

di nuovo sulla propria<br />

strada. Sapevo che sarebbe<br />

passato altro tempo prima<br />

di rivederla. Purtroppo la<br />

distanza geografica era<br />

aumentata, io vivevo già a<br />

Liverpool, ma il mio cuore<br />

era pieno di gioia sapendo<br />

che lei aveva iniziato a<br />

seguire il calcio solo per<br />

me”.<br />

Fara nell’incontro dello<br />

scorso 23 novembre, perso<br />

3 – 0 contro la Germania,<br />

ha realizzato 136 presenze.<br />

“Il pubblico l’ha resa<br />

un occasione speciale,<br />

soprattutto per il fatto di<br />

essere a Wembley e per<br />

giocatore contro la migliore<br />

rappresentativa femminile<br />

del mondo”. Un’ospite<br />

speciale tra gli spettatori,<br />

Steven Gerrar - è il<br />

mito di Fara Williams.<br />

26


Storie<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Reds - La squadra femminile dell’FC<br />

Liverpool ha conquistato per il secondo<br />

anno consecutivo lo scudetto. Quest’anno<br />

il titolo è arrivato all’ultima giornata<br />

soffiandolo agli avversari del Chelsea.<br />

la madre di Fara, che ancora<br />

ha seguito la figlia ritrovata<br />

con grande orgoglio e amore.<br />

La Williams, in cuor suo,<br />

crede di essere l’equivalente<br />

femminile di Steven Gerrard:<br />

“Mi sento come lui perché<br />

gioco a centrocampo e<br />

faccio dei lunghi passaggi<br />

in diagonale, ma non sono<br />

al suo livello. Lui è un<br />

guerriero.”<br />

Dopo tante peripezie,<br />

dunque, l’incredibile vita di<br />

Fara sembra aver raggiunto<br />

un equilibrio. Dopo essersi<br />

ritrovata con sua madre,<br />

infatti, la centrocampista,<br />

lo scorso mese, ha anche<br />

ottenuto un ulteriore titolo,<br />

soffiando con il suo Liverpool<br />

il titolo al Chelsea. All’ultimo<br />

turno di campionato, il<br />

Liverpool era al terzo posto<br />

con tre punti di svantaggio<br />

rispetto al Chelsea; ma dopo<br />

la vittoria della squadra del<br />

Merseyside contro Bristol<br />

Academy, condita tra<br />

l’altro da un gol di Fara, e la<br />

sconfitta dei rivali londinesi,<br />

il Liverpool si è laureato<br />

campione d’Inghilterra per<br />

la seconda volta consecutiva.<br />

Quando ricorda la reazione<br />

della madre dopo quella<br />

vittoria improbabile, si apre<br />

in un sorriso spontaneo:<br />

“Mia madre non smise mai<br />

di ripetermi che avremmo<br />

vinto il campionato. Lei è un<br />

po’ pazza, quindi io non le<br />

credevo e le dicevo che ormai<br />

eravamo fuori dai giochi. Lei<br />

mi ripeteva di fidarmi perché<br />

sicuramente avremmo<br />

vinto.” Al termine della<br />

partita, negli spogliatoi, Fara<br />

accende il cellulare e legge:<br />

“Te l’avevo detto!”<br />

27


“<br />

Chi di voi<br />

vorrà fare il<br />

giornalista,<br />

si ricordi di<br />

scegliere il<br />

proprio padrone:<br />

il lettore!<br />

Indro Montanelli<br />

stanco della vecchia<br />

EDITORIA?<br />

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3


stat<br />

Economia<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

29


Redatto da<br />

Gennaro Battista<br />

<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong> <strong>statistici</strong> combinano<br />

numerose misurazioni in un unico<br />

punteggio, fornendo così dei dati<br />

significativi e di semplice lettura a<br />

chi ne fa uso. Mettendo insieme vari<br />

parametri opportunamente pesati<br />

è possibile ottenere valutazioni<br />

sintetiche su qualsiasi argomento,<br />

e infatti esistono <strong>indici</strong> di tutti i tipi,<br />

dedicati alle più svariate questioni<br />

sociali: dall’istruzione sino alla<br />

misura della felicità. Negli ultimi<br />

vent’anni gli <strong>indici</strong> hanno goduto di<br />

un vero e proprio boom; piacciono<br />

così tanto da essere diventati il<br />

piatto principale attraverso cui si<br />

forma l’opinione pubblica. Dato ciò,<br />

migliorare il proprio posizionamento<br />

nei vari ranking è divenuto un<br />

obiettivo fondamentale dei policy<br />

<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong><br />

istici<br />

maker occidentali.<br />

Indici virtuosi, l’esempio del PISA<br />

Ogni tre anni viene pubblicato<br />

il programma dell’OCSE per la<br />

valutazione internazionale degli<br />

studenti, il PISA: questo indice valuta<br />

il rendimento scolastico dei 15enni<br />

di quasi tutti i paesi del mondo,<br />

confrontandone le capacità di lettura<br />

e comprensione dei testi, le abilità<br />

matematiche e scientifiche. Si tratta di<br />

un indice estremamente meticoloso,<br />

che unisce decine di sottomisure<br />

opportunamente standardizzate,<br />

usufruendo di una metodologia chiara<br />

e illustrata anche nei suoi limiti.<br />

I ministri dell’istruzione dei paesi<br />

più sviluppati al mondo tengono in<br />

grande considerazione i dati forniti dal<br />

PISA. Nel 2001, quando fu pubblicata<br />

la prima classifica, stupì il basso<br />

posizionamento della Germania, di<br />

poco al di sotto della media OCSE<br />

in tutte le categorie. Bastò questo<br />

per convincere il governo tedesco a<br />

finanziare un programma di riforme<br />

dal valore di 4 miliardi di € che ha<br />

portato a risultati più che concreti.<br />

Oggi la Germania è nella TOP20 di tutte<br />

le classifiche, toccando addirittura<br />

la 12ma posizione nella categoria<br />

delle scienze. Risultati ancora più<br />

deprecabili furono quelli ottenuti<br />

dagli studenti italiani, ma nel nostro<br />

paese invece di criticare il sistema<br />

scolastico, chiaramente inefficiente e<br />

vetusto, a essere attaccato fu il metodo<br />

dell’analisi. Ancora oggi gli studenti<br />

meridionali si ritrovano con livelli<br />

di istruzione degni di un paese in via<br />

di sviluppo, solo i liceali del nordest<br />

possono vantare un’istruzione di<br />

livello europeo.<br />

Indici virtuosi, il caso del TIP - Il<br />

dipartimento di stato americano, ogni<br />

anno, pubblica un rapporto detto TIP<br />

(Trafficking in Person), che si occupa<br />

del dramma della tratta illegale degli<br />

esseri umani. I governi dei paesi in via<br />

di sviluppo vengono così classificati in<br />

30


Economia<br />

N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre <strong>2014</strong> <strong>2014</strong><br />

José Ángel Gurría Treviño - È un<br />

politico e diplomatico messicano. Dal<br />

1º giugno 2006 è il Segretario Generale<br />

dell’OCSE. Dal <strong>dicembre</strong> 1994 al gennaio<br />

1998 è stato Ministro degli Affari Esteri.<br />

base alla loro disponibilità a<br />

combattere questa piaga. Un<br />

giudizio negativo spesso può<br />

compromettere l’immagine<br />

di una nazione, facendo<br />

sì che essa perda aiuti e<br />

investimenti dell’estero.<br />

Il TIP è talmente importante<br />

che nel 2010, a seguito<br />

dell’ottenimento di un buon<br />

punteggio, il ministero<br />

dell’interno del Pakistan<br />

commentava ufficialmente<br />

i risultati ottenuti nel<br />

ranking, dicendo che gli<br />

sforzi compiuti nella lotta<br />

alla tratta avevano “elevato<br />

la statura del Pakistan agli<br />

occhi del mondo intero”.<br />

La relazione di quest’anno<br />

ha riguardato 190 paesi, e<br />

ha condizionato le scelte<br />

politiche di molti di essi.<br />

Ad esempio, i risultati<br />

del TIP sono fortemente<br />

vincolati dalla presenza di<br />

una legislazione specifica<br />

contro il traffico di esseri<br />

umani, così che nei paesi<br />

più intensamente coinvolti<br />

nella tratta si è assistito ad<br />

un fiorire di sanzioni penali<br />

in materia. Queste nuove<br />

leggi hanno sicuramente<br />

migliorato la loro posizione<br />

nell’indice, sebbene<br />

non significhino niente<br />

senza azioni di controllo<br />

e repressione concrete.<br />

Secondo molti esperti,<br />

infatti, criminalizzare il<br />

traffico è inutile laddove<br />

l’applicazione della legge<br />

è debole e le ragioni<br />

economiche che spingono<br />

alla migrazione sono forti.<br />

Come al solito, quando la<br />

domanda è troppo forte<br />

scoraggiare l’offerta diventa<br />

uno sforzo pressoché inutile.<br />

Le valutazioni degli <strong>indici</strong>,<br />

quindi, possono risultare in<br />

alcuni casi anche fuorvianti,<br />

distorte. Ma se nel caso<br />

del TIP è stato l’intervento<br />

posticcio degli stati a fornire<br />

infine risultati non del<br />

tutto convincenti, in altri<br />

è invece lo stesso indice ad<br />

esser nato male, basandosi<br />

31


Bill Gates - È il fondatore<br />

e presidente onorario di<br />

Microsoft. È stato il più ricco<br />

del mondo dal 1996 al 2009.<br />

Andrew Forrest - CEO di<br />

Fortescue Metals Group, è un<br />

generoso filantropo australiano.<br />

Il peggior uso<br />

della statistica<br />

è quando la<br />

si dedica a<br />

fini retorici o<br />

propagandistici,<br />

non per sapere,<br />

bensì per far<br />

credere ai<br />

semplicioni.<br />

“<br />

Sergio Ricossa<br />

Economista italiano<br />

su dati traballanti, difficili da<br />

raccogliere e quantificare.<br />

Indici senza né capo né coda, il<br />

Global Slavery Index - Quando<br />

Andrew Forrest, facoltoso<br />

filantropo australiano, decise<br />

di affrontare il problema della<br />

schiavitù, Bill Gates ebbe a<br />

consigliargli di trovare un<br />

modo per quantificarla, perché<br />

“se non si può misurare, non<br />

esiste”. Nacque così il Global<br />

Slavery Index, una classifica che<br />

include oltre 160 paesi, stilata<br />

per comprendere la diffusione<br />

della schiavitù nel mondo, in<br />

modo da includere le vittime<br />

della tratta, i lavoratori forzati e<br />

le spose bambine.<br />

Questa classifica ha ricevuto<br />

molta attenzione mediatica, e la<br />

sua stima di quasi 30 milioni di<br />

persone ridotte in schiavitù in<br />

tutto il mondo ha fatto notizia<br />

ovunque. Ma è ampiamente<br />

criticabile: per alcuni paesi non<br />

si è cercato di stimare davvero<br />

l’incidenza della schiavitù,<br />

ma sono stati utilizzati dati<br />

inerenti altre nazioni. I tassi<br />

riguardanti la Gran Bretagna<br />

sono stati applicati anche per<br />

l’Irlanda e l’Islanda, mentre<br />

quelli per l’America sono stati<br />

utilizzati anche per valutare<br />

diverse nazioni dell’Europa<br />

occidentale, tra cui la Germania.<br />

32


“<br />

Molte<br />

statistiche sono<br />

palesemente<br />

false. Riescono<br />

a passare solo<br />

perché la magia<br />

dei numeri<br />

provoca una<br />

sospensione del<br />

buon senso.<br />

Darrell Huff<br />

Giorgio Alleva<br />

Attuale<br />

presidente<br />

dell’ISTAT, 59<br />

anni, ordinario<br />

di statistica<br />

all’università la<br />

Sapienza di Roma,<br />

crede molto alla<br />

necessità del<br />

superamento<br />

della logica<br />

proprietaria dei<br />

dati pubblici,<br />

per favorirne la<br />

circolarità.<br />

Tutto ciò è del tutto insensato,<br />

significa fornire dati che non sono<br />

reali, numeri inventati! E anche<br />

se diffusi per una buona causa,<br />

restano una bufala.<br />

Ciò è avvenuto proprio per il<br />

potere degli <strong>indici</strong> di condizionare<br />

le politiche dei paesi. Nell’ultimo<br />

periodo sono nati numerosi <strong>indici</strong><br />

fallaci, sviluppati da lobby, ONG<br />

e governi per sostenere le proprie<br />

istanze, anche a discapito della<br />

realtà stessa.<br />

Come si trucca un indice?<br />

Mentire con la statistica è un’arte<br />

antica, già nel 1954 Darrell Huff<br />

affermava: “i truffatori<br />

già sanno come truccare<br />

un dato, gli uomini onesti<br />

devono imparare a farlo<br />

per legittima difesa”.<br />

<strong>Gli</strong> <strong>indici</strong> di performance<br />

sono solo l’ultima<br />

frontiera della truffa<br />

dei dati. Piacciono<br />

tantissimo ai lettori<br />

perché sono facili da<br />

consultare, e piacciono<br />

ancora di più alle lobby<br />

perché sono altrettanto<br />

facili da manipolare.<br />

Accanto agli <strong>indici</strong> più<br />

seri, finanziati da enti<br />

di grande prestigio, che<br />

possono illuminare sulle<br />

anomalie di un mondo<br />

chiaramente imperfetto,<br />

nascono ogni giorno<br />

nuovi <strong>indici</strong> in realtà del<br />

tutto fuorvianti.<br />

Secondo l’Economist<br />

per fare un indice spurio<br />

basta poco: dati vecchi,<br />

tratti da campioni piccoli<br />

o distorti, mescolati tra<br />

loro sebbene provenienti<br />

da fonti totalmente<br />

diverse, usando magari<br />

ponderazioni del tutto<br />

arbitrarie. E quando<br />

neppure barare coi<br />

numeri riesce, si possono<br />

utilizzare accademici<br />

di bassa lega, facili<br />

alla prostituzione<br />

intellettuale e pronti<br />

a fornire congetture<br />

astruse e accomodanti, da<br />

marchiare rigorosamente<br />

col bollino di “parere<br />

degli esperti”.<br />

Nascondere tutto questo<br />

però può scatenare<br />

dei dubbi nei lettori;<br />

pubblicare il metodo<br />

utilizzato, invece,<br />

Pier Carlo Padoan<br />

Nominato vice segretario generale<br />

dell’OCSE nel 2007 ne è divenuto capo<br />

economista nel 2009. Dal 24 febbraio<br />

<strong>2014</strong> è Ministro dell’Economia e delle<br />

Finanze del Governo Renzi.<br />

33


EuroStat - Walter Radermacher<br />

(1952), professore di statistica, è<br />

l’attuale presidente di Eurostat.<br />

EuriSpes - Gian Maria Fara<br />

(Tempio Pausania, 1951) è un<br />

sociologo italiano, dal 1982<br />

presidente dell’Eurispes.<br />

“<br />

“<br />

Una<br />

statistica ben<br />

confenzionata<br />

funziona Con l’Europa meglio<br />

di non una si “grande afferma<br />

bugia” un’idea alla di<br />

maniera pace, ma della di<br />

propaganda<br />

guerra: paesi<br />

hitleriana: l’un contro<br />

inganna, l’altro armati.<br />

non<br />

rivela l’origine<br />

dell’imbroglio.<br />

Darrell Huff<br />

Giornalista americano<br />

anche se in sordina, è<br />

consigliabile. L’importante<br />

è patinare il tutto attraverso<br />

l’approvazione di esperti<br />

sapientemente prezzolati.<br />

Soprattutto, in un indice<br />

si può sempre mettere ciò<br />

che si vuole, in modo da<br />

definire sia il problema che<br />

la soluzione. La classifica dei<br />

paesi più business friendly<br />

può magari favorire i paesi<br />

con le leggi più severe,<br />

anche se non vengono mai<br />

applicate. E così <strong>indici</strong> sulla<br />

condizione delle donne<br />

possono premiare gli alti<br />

livelli di istruzione raggiunti<br />

dalle donne in Arabia<br />

Saudita, sottovalutando<br />

il fatto che studiare sia<br />

forse la loro unica libertà.<br />

Se uno vuole parlar male<br />

degli immigrati, come va di<br />

moda ultimamente in Italia,<br />

può sempre dire che essi<br />

sottraggono le case popolari<br />

agli italiani, quando in<br />

realtà, sebbene nel bando del<br />

2009 indetto dal comune di<br />

Torino il 45% dei richiedenti<br />

fosse straniero, solo il 10%<br />

di essi si è visto assegnare<br />

una casa! Nel comune di<br />

Genova, su 185 abitazioni<br />

messe a disposizione, solo<br />

9 sono andate ad immigrati.<br />

A Bologna su 12.458 alloggi<br />

popolari assegnati, solo 1.122<br />

sono finiti agli stranieri.<br />

Ma tanto che importa? Alla<br />

fine i numeri da prendere in<br />

considerazione li decide chi<br />

commissiona l’indice!<br />

34


Economia<br />

N.8 | 25 Novembre <strong>2014</strong><br />

OPEC<br />

scenari in<br />

evoluzione<br />

Il 166esimo meeting dell’OPEC<br />

riserva una grande sorpresa: non vi<br />

sarà nessun taglio alla produzione<br />

del petrolio. <strong>Gli</strong> analisti sostengono<br />

che l’Arabia Saudita manovri<br />

assieme agli Stati Uniti d’America a<br />

discapito di Russia ed Iran.<br />

35


Il petrolio - Il calo<br />

dell’oro nero a questo<br />

punto si attesta<br />

su livelli davvero<br />

importanti: -36% dai<br />

massimi di luglio.<br />

L’esito del 166esimo meeting<br />

dell’OPEC probabilmente<br />

entrerà negli annali: nessun<br />

taglio alla produzione di<br />

petrolio. E nessuna richiesta<br />

ufficiale ai Paesi membri di<br />

mantenere il livello dell’output,<br />

fermo dal 2011, sui 30 milioni di<br />

barili al giorno.<br />

Scelta dura e decisa.<br />

E se vogliamo, anche,<br />

incredibilmente paradossale.<br />

Un ossimoro, perché alla fine,<br />

il cartello ha deciso di sposare<br />

la tesi liberista. Sarà il mercato<br />

a riequilibrare i prezzi. E<br />

all’indomani della riunione,<br />

tenutasi come consuetudine<br />

nei palazzi viennesi, il mercato<br />

non è stato clemente: il Brent è<br />

scivolato a 70.02 USD, mentre<br />

il WTI ha chiuso a 66.2 USD.<br />

Un calo che a questo punto si<br />

attesta su livelli importanti:<br />

-36% dai massimi di luglio.<br />

Giornalisti sereni con il pieno<br />

a buon prezzo - Abdallah El<br />

Badri, segretario dell’OPEC,<br />

al termine della riunione, ha<br />

dichiarato: “Non abbiamo<br />

un prezzo di riferimento,<br />

né minimo né massimo”.<br />

E in risposta alle incalzanti<br />

domande dei giornalisti,<br />

ha chiosato: “Perché vi<br />

preoccupate della nostra<br />

produzione? Capirei se foste<br />

dei trader, ma siete giornalisti.<br />

Rallegratevi, ora potrete<br />

risparmiare quando fate il<br />

pieno all’automobile”. Il primo<br />

responsabile dei mancati<br />

tagli resta, comunque, Ali Al-<br />

Naimi, ministro del petrolio<br />

dell’Arabia Saudita, che già nei<br />

giorni antecedenti al meeting<br />

aveva lasciato intendere che<br />

l’OPEC non avrebbe mosso<br />

un passo per far rimbalzare i<br />

prezzi.<br />

Una fermezza che oggi pare<br />

inevitabile, soprattutto per due<br />

motivi:<br />

Il primo, l’OPEC come di<br />

consueto paga un handicap<br />

strutturale. E un dilemma<br />

probabilmente irrisolvibile:<br />

“chi dovrebbe o potrebbe<br />

tagliare la produzione?”.<br />

Ad oggi, infatti, i sauditi<br />

Redatto da<br />

Pierlugi Patacca<br />

Diezani Alison Madueke<br />

Eletta come presidentessa<br />

dell’OPEC durante<br />

l’ultimo meeting. È il<br />

primo presidente donna<br />

dell’organizzazione.<br />

36


Economia<br />

N.8 N.9 | 25 Dicembre Novembre <strong>2014</strong> <strong>2014</strong><br />

Principe Al-Waleed - Ha accumulato<br />

la sua immensa fortuna grazie a<br />

fruttuosi investimenti in campo<br />

petrolifero. Grazie al suo fiuto per gli<br />

affari sull’oro nero è soprannominato<br />

“Il Warren Buffett d’Arabia”.<br />

già stanno facendo più di<br />

chiunque altro per tenere a<br />

freno la loro offerta di oro<br />

nero. E lo stesso vale per gli<br />

altri produttori, anche se<br />

per motivi diversi. Come,<br />

ad esempio, la Nigeria, che<br />

s’è arenata a causa di in una<br />

forte instabilità interna e<br />

una maxisvalutazione della<br />

naira.<br />

Il secondo motivo, invece,<br />

si ricollega alle errate<br />

previsioni dei mesi scorsi.<br />

Evidentemente oggi il<br />

cartello s’è accorto di aver<br />

rovinosamente sottovalutato<br />

la produzione di shale oil<br />

statunitense. Attualmente,<br />

infatti, gli Stati Uniti hanno<br />

sommerso il mercato di<br />

petrolio, con una produzione<br />

che si è attestata a livelli<br />

inimmaginabili. E che oggi<br />

è paragonabile quasi a<br />

quella di Iran, Nigeria e Libia<br />

messe insieme. Tagliare la<br />

produzione adesso, potrebbe<br />

quindi significare fare un<br />

grosso favore ai rivali a stelle<br />

e strisce.<br />

Mosca e Teheran - <strong>Gli</strong> analisti<br />

sono comunque divisi.<br />

Anche se le chiavi di lettura,<br />

tutto sommato, si riducono<br />

a due: c’è chi crede che la<br />

decisione di non abbattere<br />

la produzione sia proprio<br />

ricollegabile alla volontà<br />

di spiazzare i produttori<br />

americani, che oggi pagano<br />

livelli di costi di produzione<br />

troppo alti; e dall’altro<br />

lato c’è chi ribalta questa<br />

posizione, sostenendo che<br />

l’Arabia Saudita, al contrario,<br />

stia dando un aiuto proprio<br />

agli Stati Uniti, mettendo<br />

in difficoltà Russia e Iran.<br />

Già, perché probabilmente<br />

ad uscire con le ossa rotte<br />

da questa partita sono<br />

proprio i russi e gli iraniani.<br />

Teheran ha dovuto, suo<br />

malgrado, allinearsi alla<br />

posizione dei rivali sauditi,<br />

consapevole che una lotta<br />

interna al cartello non<br />

avrebbe portato il Paese<br />

molto lontano. Soprattutto<br />

a causa delle pesanti<br />

sanzioni internazionali,<br />

37


Bijan Namdar Zangeneh - È un<br />

politico iraniano, che ha occupato<br />

diverse posizioni all’interno dei<br />

ministeri del suo paese. Al momento<br />

è il ministro del Petrolio iraniano.<br />

Ali Al-Naimi - Nato nel 1935,<br />

attualmente è il ministro del Petrolio<br />

e delle risorse minerali dell’Arabia<br />

Saudita. Il suo curriculum annovera<br />

anche un master alla Stanford.<br />

che stanno penalizzando<br />

la sua economia. Mosca,<br />

intanto, si è vista costretta<br />

a raccogliere la sfida, pur<br />

consapevole della necessità<br />

di un prezzo del petrolio<br />

a livelli molto più alti,<br />

per mantenere stabile<br />

l’economia.<br />

L’instabilità del mercato<br />

Una situazione molto<br />

difficile, soprattutto perché<br />

i mercati hanno già mostrato<br />

segni di instabilità verso<br />

le economie fortemente<br />

connesse all’export di<br />

petrolio. E proprio il rublo,<br />

all’indomani dell’esito di<br />

Vienna ha registrato un<br />

pesante scivolone in borsa.<br />

Notizia poco confortante<br />

per Putin, già alle strette per<br />

le sanzioni internazionali:<br />

avere una moneta debole<br />

significa, infatti, un<br />

aumento esponenziale del<br />

peso dei debiti. E qualche<br />

colosso russo già inizia a<br />

risentirne, come Rosneft<br />

che ha appena chiesto<br />

al governo un aiuto per<br />

sostenere le passività.<br />

Eppure, se da un lato<br />

il crollo del greggio<br />

potrebbe trascinare molti<br />

produttori nell’oblio,<br />

dall’altro potrebbe favorire<br />

l’economia reale di molti<br />

altri Paesi. Il capo della<br />

ricerca sulle commodity<br />

di Citigroup, Ed Morse,<br />

sostiene che un Brent a 80<br />

dollari al barile equivale<br />

ad una riduzione delle<br />

tasse di quasi 600 dollari<br />

all’anno per una famiglia<br />

statunitense. E i risparmi<br />

potrebbero riguardare<br />

da vicino anche il nostro<br />

continente, che al momento<br />

è alla finestra, insieme con<br />

il capo della BCE, Mario<br />

Draghi, che preme in favore<br />

di un QE europeo. E l’Italia?<br />

L’Italia, invece, non fa testo.<br />

Il crollo del greggio non<br />

produce grandi effetti per<br />

le nostre pompe di benzina.<br />

Perché, come sostengono<br />

moltissimi imprenditori, la<br />

nostra è una “Repubblica<br />

fondata sulle accise, anziché<br />

sul lavoro”.<br />

38


Cultura<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

il coraggio<br />

di fare<br />

bei sogni<br />

Redatto da<br />

Liliana Squillacciotti<br />

“Liberati dal piombo<br />

che hai sul cuore,<br />

Massimo. È una vita che<br />

ti tormenti e tormenti<br />

tua madre con questo<br />

strazio. Una vita che la<br />

sento pesare sopra noi.<br />

Basta! Mandale tutto<br />

il tuo amore e lasciala<br />

finalmente andare...”<br />

Lasciare andare. Lasciare<br />

andare l’assenza, il<br />

dolore. Lasciare andare<br />

il rancore, le parole<br />

non dette, i rimproveri<br />

taciuti. Lasciare andare il<br />

tempo negato. Lascaiare<br />

andare le delusioni e<br />

le gioie, mutilate della<br />

condivisione. Lasciare<br />

andare chi ti ha messo al<br />

mondo. Lasciare andare<br />

il ricordo di chi, quello<br />

stesso modo, non lo<br />

abita più da tempo. “Solo<br />

il perdono ti rimette in<br />

contatto con l’energia<br />

dell’amore”. “Lasciare<br />

andare”, dunque,<br />

nella maniera più<br />

complessa che l’essere<br />

umano riesca anche<br />

solo semplicemente a<br />

concepire; perdonando.<br />

Arrabbiarsi, elaborare,<br />

imparare a convivere,<br />

perdonare e tornare ad<br />

amare. Prima se stessi,<br />

e poi il prossimo. Se<br />

stessi, attraverso il<br />

prossimo. Un percorso<br />

lungo, lungo una vita<br />

intera. Quarant’anni di<br />

silenzi. Quarant’anni di<br />

deliberato e premeditato<br />

silenzio. Qual è il limite?<br />

39


Quando è davvero possibile<br />

addossarsi la responsabilità di<br />

tacere, in merito alla vita altrui?<br />

“Breve riposo dona alla mamma,<br />

Signore. Svegliala, falle un caffè<br />

e rimandala subito qui. È mia<br />

mamma, capito? O riporti giù<br />

lei o fai venire su me. Scegli<br />

tu. Ma in fretta. Facciamo che<br />

adesso chiudo gli occhi e quando<br />

li riapro hai deciso? Così sia”.<br />

La storia di una mamma andata<br />

via troppo presto, e la storia di<br />

un bambino, di un adolescente,<br />

di un adulto, che a quella<br />

mancanza cerca di sopperire.<br />

Che, a quella mancanza, cerca<br />

di sopravvivere. In qualsiasi<br />

modo possibile. La fantasia,<br />

la sublimazione, l’aridità. La<br />

storia di un segreto, di una<br />

rimozione che appare essere<br />

stata quanto mai volontaria<br />

man mano che si procede con<br />

la lettura. “Fai bei sogni” è<br />

una storia semplice, scritta in<br />

modo semplice. Raccontata<br />

dall’interno, più dallo stomaco<br />

che dal cuore. Una storia che,<br />

a seconda di chi la ascolta,<br />

assume sfumature diverse, con<br />

Nelle infatuazioni a<br />

senso unico l’oggetto<br />

del nostro amore si<br />

limita a negarci il suo.<br />

Ci toglie qualcosa<br />

che ci aveva dato<br />

soltanto nella nostra<br />

immaginazione. Ma<br />

quando un sentimento<br />

ricambiato cessa di<br />

esserlo si interrompe<br />

brutalmente il<br />

flusso di un energia<br />

condivisa.<br />

“<br />

Massimo Gramellini<br />

Fai bei sogni<br />

40


Attualità Cultura<br />

N.3 N.9 | 212 Dicembre Ottobre <strong>2014</strong><br />

Massimo Gramellini - Vice<br />

direttore di La Stampa, nel<br />

2012 ha scritto il romanzo<br />

autobiografico Fai bei sogni.<br />

I sogni - Gramellini descrive<br />

la forza nel superare la morte<br />

della madre a nove anni.<br />

Non difesi il<br />

mio sogno, per<br />

la semplice<br />

ragione che<br />

non lo ascoltavo<br />

più. I sogni<br />

sono radicati<br />

nell’anima e la<br />

mia era fuori<br />

servizio.<br />

“<br />

Massimo<br />

Gramellini<br />

quella costante empatica che<br />

è impossibile non provare per<br />

un bimbo privato del primo<br />

amore della propria vita.<br />

Un mostro, colpevole di aver<br />

aver strappato via, troppo<br />

presto, da braccia troppo<br />

piccole, un amore troppo<br />

grande. Ma. Ma, se quel<br />

mostro alberga nel cuore,<br />

e nella mente, di chi più al<br />

mondo ti abbia mai voluto,<br />

desiderato ed amato, come si<br />

potrà mai pensare di essere<br />

voluti, desiderati ed amati<br />

da qualcun altro? Come si<br />

potrà mai mettere in atto<br />

il processo del perdono?<br />

Come si potrà mai accettare<br />

l’idea che non si sia venuti<br />

al mondo semplicemente per<br />

essere poi rifiutati? “Mi sarei<br />

accontentato di tenere i piedi<br />

per terra. Invece camminavo<br />

sulle punte come un elfo. Le<br />

mie suole erano consumate<br />

soltanto sul davanti e i talloni<br />

fluttuavano a mezz’aria senza<br />

combinare niente di utile.<br />

Camminavo sulle punte e<br />

le guardavo di continuo,<br />

perchè non ero capace di<br />

alzare gli occhi al cielo.<br />

Avevo le mie ragioni. Il cielo<br />

mi faceva paura. E anche la<br />

terra.” “Coraggio”. Ciò che<br />

maggiormente traspare dalle<br />

righe di un romanzo semplice,<br />

e che nella sua semplicità<br />

riesce a non risultare mai<br />

41


Economia<br />

N.8 | 25 Novembre <strong>2014</strong><br />

La Torino di Gramellini - La Mole,<br />

simbolo di una città, Torino. Simbolo di<br />

Italia. Una mole che s’innalza e svetta nel<br />

cielo nella sua stabile imponenza e nella<br />

leggerezza della sua arte architettonica.<br />

banale o stucchevole, è che<br />

il “coraggio” sia la parola<br />

d’ordine. Ci vuole coraggio<br />

nei momenti bui, ci vuole<br />

coraggio per capire che le<br />

difese hanno tutto il diritto<br />

di esistere, ma che chi le ha<br />

costruite ha tutto il diritto di<br />

poterle abbassare, per<br />

godere dei momenti di luce.<br />

Ci vuole coraggio per alzare<br />

gli occhi al cielo, noncuranti<br />

degli ostacoli presenti sulla<br />

terra. Ci vuole coraggio per<br />

riuscire a tenere a bada i<br />

mostri generati dalla vita,<br />

lo stesso coraggio che ci<br />

vuole per concedersi il lusso<br />

di seguire i propri sogni. Ci<br />

vuole coraggio da vendere,<br />

per riuscire a non diventare<br />

vittime degli atti altrui. Ci<br />

vuole coraggio per affrontare<br />

il male che non puoi vedere,<br />

ed altrettanto coraggio ci<br />

vuole per capire che chi da<br />

quel male viene sopraffatto,<br />

non necessariamente<br />

sia privo di amore.<br />

Semplicemente, il coraggio,<br />

spesso, viene a mancare.<br />

Un romanzo sull’amore più<br />

grande, quello di una madre,<br />

visto dagli occhi di un figlio<br />

che di quell’amore, non ne ha<br />

avuto abbastanza. La storia<br />

di un mostro subdolo, che va<br />

abbracciato e perdonato per<br />

vederlo, finalmente, svanire.<br />

La storia di come sia possibile<br />

imparare a “tenere i piedi<br />

per terra senza smettere di<br />

alzare gli occhi al cielo”. “Le<br />

mani di Elisa hanno percorso<br />

traiettorie insondabili<br />

intorno alla mia testa e la sua<br />

voce ha pronunciato parole<br />

che non sono riuscito a<br />

comprendere. Ma qualcuno<br />

dentro di me le aveva capito<br />

molto bene. Belfagor. L’ho<br />

sentito rattrappirsi come<br />

una spugna consunta e<br />

poi disintegrarsi in una<br />

pioggia di frammenti subito<br />

inghiottiti dal buio”.<br />

42


Cultura<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

L’angolo del libro<br />

Buio Rosso<br />

Buio rosso è un libro<br />

composto da dieci racconti<br />

thriller - horror. Roberto<br />

Ricci è l’autore, di Ancona<br />

e di professione fa il<br />

parrucchiere. Dopo aver<br />

vinto nel 2012 il Premio<br />

Racconti nella rete - sezione<br />

soggetti per cortometraggi<br />

ha proseguito con<br />

successo nella scrittura,<br />

guadagnandosi dalla<br />

stampa l’appellativo di<br />

parrucchiere del brivido.<br />

I dieci racconti sono un<br />

sentito omaggio al cinema<br />

gotico Italiano degli anni<br />

70, quello di Bava, Argento,<br />

Fulci e altri grandi<br />

maestri. Tra i racconti<br />

spiccano Il Cappotto,<br />

vincitore del già citato<br />

concorso, e Guanti Neri.<br />

Entrambi sono divenuti<br />

due cortometraggi. Altro<br />

racconto importante è<br />

Specchi Infranti, il più<br />

lungo e sicuramente<br />

più impegnativo, dove il<br />

cinema e la letteratura si<br />

mescolano in una trama<br />

gialla che non risparmia<br />

paure. Di maestri del<br />

brivido ce ne sono diversi,<br />

ma il parrucchiere del<br />

brivido è uno soltanto.<br />

Home<br />

Record<br />

un’arma<br />

a doppio<br />

taglio?<br />

Redatto da<br />

Luigi ‘Rey’ D’Errico<br />

Con l’avvento della musica<br />

digitale, al giorno d’oggi,<br />

possedere un piccolo studio di<br />

registrazione domestico è alla<br />

portata di tutti. Sul mercato,<br />

ormai, esiste una tale quantità<br />

di strumenti e attrezzature<br />

da accontentare le tasche<br />

di tutti. Proprio per questo,<br />

però, spesso si finisce con<br />

l’acquistare materiale poco<br />

idoneo o addirittura scadente.<br />

Cosa occorre davvero per<br />

crearsi una piccola postazione<br />

di home recording? Uno dei<br />

vantaggi della “registrazione<br />

casalinga”, senz’altro,<br />

consiste nell’avere a portata<br />

di scrivania, nella propria<br />

camera, un “registratore h24<br />

di ispirazioni”: cantanti e<br />

musicisti, infatti, hanno la<br />

possibilità di poter registrare<br />

in qualsiasi momento ogni<br />

idea, sequenza di note e ritmo<br />

che gli passi per la testa. Per chi<br />

invece volesse intraprendere<br />

43


una carriera da tecnico del<br />

suono, l’ideale sarebbe<br />

soffermarsi su alcuni<br />

punti. Primo fra tutti,<br />

sicuramente rendere<br />

idonea l’acustica della<br />

stanza. Apportare le giuste<br />

correzioni all’ ambiente<br />

scelto per lavorare<br />

rende indispensabile<br />

l’intervento di un<br />

professionista. Il “fai da<br />

te”, in queste circostanze,<br />

spesso provoca errori<br />

che in futuro potrebbero<br />

compromettere la qualità<br />

del proprio lavoro. Il<br />

passo successivo, è la<br />

scelta dell’attrezzatura:<br />

in primis, valutare la<br />

tipologia della scheda<br />

audio (indispensabile<br />

per convertire il segnale<br />

analogico in uno digitale).<br />

Dobbiamo registrare<br />

delle voci? Allora ci sarà<br />

indispensabile procurarci<br />

degli ingressi microfonici<br />

dotati di apposita<br />

alimentazione phantom.<br />

E per registrare degli<br />

strumenti? In questo caso<br />

la scelta ricadrà su ingressi<br />

di linea ad alta impedenza.<br />

Allo stesso modo va<br />

effettuata la scelta del<br />

microfono: per registrare<br />

una voce ne sceglieremo<br />

uno a condensatore,<br />

per chitarre acustiche e<br />

batterie, opteremo invece<br />

per quelli dinamici. Il<br />

The Boss<br />

Il mitico Bruce Springsteen<br />

compose e registrò su un tape, nella<br />

propria camera da letto, sia l’album<br />

Nebraska sia Born in the U.S.A.<br />

The Stones<br />

I Rolling Stones composero Exile on<br />

Main Street mentre soggiornavano<br />

in Francia. Non potendo aspettare il<br />

ritorno in studio registrarono in casa<br />

utilizzando l’attrezzatura sul van.<br />

monitor, invece, è una<br />

scelta “d’orecchio”: in<br />

questo caso, insomma,<br />

il detto “anche l’occhio<br />

vuole la sua parte”, non<br />

vale. Meglio preferire<br />

la coerenza del suono<br />

all’iper colorazione. Senza<br />

cavi di alta qualità, ultimo<br />

ma non ultimo, scordatevi<br />

quanto detto finora.<br />

E ricordate: provate,<br />

per quanto possibile, a<br />

mettere da parte il vostro<br />

gusto personale. Ciò<br />

che conta è l’orecchio!<br />

Ascoltate, quindi e…<br />

buona musica.<br />

Altri casi famosi<br />

Numerosi cantanti hanno<br />

inciso i loro successi in<br />

casa. Ad esempio Bon Iver,<br />

David Gray, Emitt Rhodes,<br />

Beck, Phox, Owl City, Rosie<br />

Thomas e The Wrens.z<br />

44


45<br />

Gastronomia<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong>


La tavola<br />

delle feste<br />

Alla scoperta di antiche e nuove tradizioni<br />

della festa dell’Immacolata. Viaggio nei<br />

sapori e nei colori che distinguono la<br />

cucina italiana durante l’8 <strong>dicembre</strong>.<br />

Redatto da<br />

Eleonora Baluci<br />

Annunciazione! Annunciazione!<br />

Tu Marì Marì fai il figlio di<br />

Salvatore. Gabriele t’ha dato la<br />

buona notizia. Annunciazione!<br />

Annunciazione!<br />

Una Annunciazione peculiare,<br />

tipica dello spirito di Napoli, che<br />

racchiude in sé verità nascoste.<br />

La risata è veritiera. Come<br />

veritiero è il ruolo di Maria nella<br />

sua Immacolata Concezione.<br />

La Buona Novella. L’Annuncio<br />

che porterà al cambiamento<br />

dell’umanità.<br />

Lo stravolgimento della vita di<br />

una donna innalzata a simbolo<br />

di dedizione totale verso il suo<br />

Dio. Il dogma dell’Immacolata<br />

Concezione ha un ruolo tale da<br />

vedere l’istituzione di un festa<br />

che nasce l’8 <strong>dicembre</strong> 1854,<br />

per volere di Papa Pio IX con la<br />

bolla Ineffabilis Deus. Da allora<br />

l’8 <strong>dicembre</strong> ha rappresentato<br />

l’avvento del periodo natalizio<br />

e, specialmente al sud Italia,<br />

come ogni festività che si<br />

rispetti, porta con sé tradizioni<br />

e piatti tipici. È tradizione<br />

rispettare il digiuno, pratica<br />

che sembra essere nata durante<br />

il governo dei Borbone nel<br />

Regno di Napoli. Si narra<br />

che la regina di Napoli, in<br />

procinto di partorire ed in<br />

preda a fortissimi dolori,<br />

chiese la grazia alla Madonna<br />

per far nascere il bambino<br />

senza problemi ed in salute,<br />

promettendole che avrebbe<br />

fatto fare digiuno a tutti i suoi<br />

sudditi. Il bambino nacque<br />

sano la vigilia dell’Immacolata<br />

e così il re, forse Ferdinando I<br />

di Borbone, ordinò il digiuno<br />

a tutti gli abitanti del regno.<br />

Anche a Matera per il pranzo<br />

della vigilia dell’Immacolata<br />

si osserva rigorosamente il<br />

digiuno, rinforzando, invece, la<br />

cena. In linea con il divieto per<br />

i cattolici di consumare carne,<br />

la tipica cena materana del 7<br />

<strong>dicembre</strong> è a base di baccalà<br />

in umido e ficcilatidd (noto<br />

anche come tortanello), una<br />

sorta di ciambella di pane con<br />

semi di finocchio, preparato<br />

solo una volta l’anno, che<br />

rappresenta con la sua forma<br />

la perfezione dell’Immacolata<br />

Concezione. Ai due piatti<br />

tipici della cena della vigilia si<br />

sono uniti, negli ultimi anni,<br />

gli spaghetti aglio, olio e<br />

peperoncino, utile rinforzo per<br />

le fatiche del giorno successivo,<br />

46


Gastronomia<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Pasta - <strong>Gli</strong> spaghetti alla San Giovanniello<br />

(San Giuvannidd), tipici della tradizione<br />

lucana dell’8 <strong>dicembre</strong>, sono conditi con<br />

ingredienti poveri come pomodoro, aglio,<br />

olive, acciughe e un po’ di prezzemolo.<br />

data in cui si addobbano,<br />

secondo tradizione, albero<br />

di Natale e presepe. Sempre<br />

in Basilicata, a partire<br />

dall’8 <strong>dicembre</strong> si iniziano<br />

a preparare le cartellate<br />

(carteddhrate), rotelline<br />

dolci fritte, simili alle<br />

chiacchere di Carnevale,<br />

da intingere nel miele. Un<br />

tempo, in Basilicata, dopo<br />

il tradizionale digiuno della<br />

vigilia, nelle botteghe, il<br />

mastro offriva la cena ai<br />

propri operai e apprendisti,<br />

cena che solitamente<br />

consisteva in un piatto<br />

di spaghetti, prodotti nei<br />

pastifici cittadini, con sugo e<br />

baccalà, il tutto servito dalla<br />

moglie del mastro. A partire<br />

dall’8 <strong>dicembre</strong>, inoltre,<br />

nelle case si iniziavano a<br />

preparare i dolci (e non<br />

solo) tipici del Natale, come<br />

le friselle, le strattate,<br />

le meringhe, i biscottini<br />

al vino bianco, i biscotti<br />

grossi all’uovo ricoperti di<br />

zucchero ed i pasticcini,<br />

gioia per tutti i bambini.<br />

Simile al ficcilatid materano<br />

è il tarallo dell’Immacolata<br />

(u taradde della Maculete),<br />

grande ciambella salata con<br />

semi di anice e finocchio<br />

(talvolta aromatizzata con<br />

sambuca), preparato in<br />

Puglia, anch’esso consumato<br />

per la vigilia, dando così<br />

inizio alle festività natalizie.<br />

Sempre il 7 <strong>dicembre</strong> si<br />

preparano i vermicelli col<br />

baccalà (vermiceddhi cu lu<br />

baccalà), conditi con un sugo<br />

a base di salsa di pomodoro,<br />

baccalà infarinato e cipolla.<br />

Piatti tipici, invece, del<br />

pranzo dell’Immacolata,<br />

in alcune zone della Puglia,<br />

sono gli spaghetti alla<br />

San Giovanniello (San<br />

Giuvannidd), pasta semplice<br />

con ingredienti poveri e<br />

genuini, come pomodorini,<br />

aglio, olive ed acciughe, ed il<br />

baccalà fritto, quest’ultimo<br />

consumato anche in<br />

Calabria, Campania e Puglia.<br />

Anche nel Salento e in tutta<br />

la Puglia centromeridionale<br />

la giornata antecedente<br />

all’Immacolata Concezione<br />

è dedicata al digiuno,<br />

digiuno in cui è ammesso<br />

solo il consumo di puccie. Le<br />

47


Orecchiette con cime di rapa<br />

un piatto tradizionale pugliese.<br />

puccie sono panini morbidi,<br />

ricoperti a fine cottura di<br />

farina bianca a simboleggiare<br />

la purezza della Madonna,<br />

che si possono trovare più<br />

piccoli e ripieni di olive<br />

in salamoia (pucce uliate)<br />

o più grandi e vuote, da<br />

farcire a piacimento, di<br />

solito con tonno, capperi,<br />

provolone, pomodorini,<br />

acciughe e pesciolini fritti<br />

sott’aceto detti franfullicchi.<br />

Una variante della puccia è<br />

prodotta a Gallipoli, la puccia<br />

caddhipulina, che contiene<br />

nell’impasto anche burro,<br />

pomodori, acciughe, tonno,<br />

capperi ed olio extravergine<br />

di oliva. Terminato il digiuno<br />

al tramonto, la cena del 7<br />

<strong>dicembre</strong> prevede baccalà<br />

al sugo o con le patate e<br />

pittule (o pettole), frittelle<br />

fatte solo di farina, acqua e<br />

lievito, vuote o farcite con<br />

i più svariati ingredienti,<br />

come gamberetti, calamari,<br />

baccalà, cavolfiore, fiori<br />

di zucca, rape, patate<br />

dolci o alla pizzaiola, con<br />

olive, porro, capperi e<br />

pomodorini. Verdura tipica<br />

della cena della vigilia sono<br />

le rape, usate come ripieno<br />

per le pittule ma anche<br />

consumate come contorno,<br />

come la ricetta delle rape<br />

‘Nfucate, in cui la verdura<br />

viene saltata in padella con<br />

olio, aglio, olive nere ed<br />

abbondante peperoncino<br />

piccante; in altre zone della<br />

Puglia si ritrovano invece<br />

nelle famose orecchiette<br />

alle cime di rapa. A Taranto<br />

la tradizione del digiuno<br />

della vigilia è molto sentita,<br />

dopo che, la notte tra il 7 e<br />

l’8 <strong>dicembre</strong> 1710, un forte<br />

terremoto colpì la città<br />

senza distruggerla, miracolo<br />

attribuito alla Madonna,<br />

così come avvenne nel 1743,<br />

anno in cui l’Immacolata fu<br />

dichiarata patrona. A Bari<br />

invece, sempre la vigilia,<br />

regna sulle tavole l’anguilla,<br />

consumata arrosto o al sugo,<br />

usato anche per condire gli<br />

spaghetti. In Campania,<br />

come ogni vigilia di festa, si<br />

usa consumare la pizza di<br />

scarole, torta rustica ripiena<br />

di olive nere, scarola, capperi,<br />

uvetta e pinoli, preparata<br />

per rimanere leggeri in vista<br />

delle grandi abbuffate dei<br />

giorni successivi. Sempre<br />

in Campania, in particolar<br />

modo nella costiera<br />

Amalfitana, si preparano le<br />

zeppole dell’Immacolata,<br />

piccole palline di impasto<br />

dolce, fritte e poi arricchite<br />

con miele e confettini<br />

colorati, da gustare anche<br />

nella versione salata,<br />

più grandi e ripiene con<br />

mozzarella e prosciutto<br />

cotto. In Sicilia la festa<br />

dell’Immacolata Concezione<br />

è molto sentita, in virtù della<br />

smisurata venerazione del<br />

Pizza con le scarole - un<br />

piatto tipico partenopeo.<br />

48


Gastronomia<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

“<br />

Solo la sua<br />

Immacolata<br />

Concezione<br />

spiega come, tra i<br />

sentimenti di Maria,<br />

non esista alcun<br />

tipo di contrasto o<br />

di tensione tra la<br />

dedizione a Dio e<br />

quella da riservarsi<br />

allo sposo.<br />

Adrienne<br />

von Speyr<br />

Lo sfincione<br />

è un prodotto<br />

tipico della<br />

gastronomia<br />

palermitana.<br />

È stato<br />

ufficialmente<br />

inserito nella<br />

lista dei prodotti<br />

agroalimentari<br />

tradizionali<br />

italiani del<br />

Ministero delle<br />

Politiche Agricole,<br />

Alimentari e<br />

Forestali.<br />

popolo nei confronti della<br />

Vergine; diverse sono, da<br />

zona a zona, le ricette<br />

tipiche della vigilia e del<br />

giorno di festa.<br />

A Palermo classico<br />

piatto del 7 <strong>dicembre</strong> è<br />

lo sfincione, focaccia<br />

morbida con pomodoro,<br />

acciughe, caciocavallo,<br />

origano e cipolla, il cui<br />

nome deriva dal latino<br />

spongia, spugna, ad<br />

indicare la consistenza<br />

dell’impasto; a Bagheria,<br />

dove lo sfincione si<br />

consuma ad ogni vigilia di<br />

festività, si usa prepararlo<br />

senza il pomodoro, in<br />

versione bianca con<br />

ricotta o tuma. Sempre<br />

nel capoluogo siciliano<br />

si serve il baccalà fritto,<br />

per la vigilia, e l’8 gli<br />

anelletti al forno, pasta<br />

a forma di piccoli anelli,<br />

condita con ragù di carne<br />

e caciocavallo, preparata<br />

in tutta la Sicilia, i giorni<br />

di festa, con diverse<br />

varianti.<br />

Diffuse sono anche<br />

le sfincette dela<br />

Vergine Immacolata<br />

(sfincitieddi), palline<br />

fritte, che possono<br />

essere preparate<br />

dolci, con dentro un<br />

pezzetto di cioccolato o<br />

semplicemente rotolate<br />

in zucchero e cannella,<br />

o salate, ripiene con<br />

acciughe o ricotta.<br />

L’Immacolata è anche il<br />

giorno in cui si iniziano<br />

a preparare i dolci tipici<br />

del Natale, tra cui il<br />

buccellato, ciambella<br />

di pasta frolla ripiena<br />

di fichi secchi, canditi<br />

49<br />

Baccalà fritto<br />

Il baccalà fritto si prepara<br />

semplicemente con baccalà<br />

ammollato e poi asciugato, tagliato<br />

a listarelle e passato in una pastella<br />

a base di farina, burro e acqua, poi<br />

fritto in abbondante olio prima di<br />

essere servito caldo in tavola.


e, a volte, pezzetti di<br />

cioccolato, ricoperta<br />

poi di glassa bianca o<br />

frutta candita. Prodotta<br />

e consumata in tutta<br />

l’isola è la petrafennula<br />

(o petrafernula), torrone<br />

molto duro a base di<br />

mandorle, miele e scorze<br />

di arancia e cedro, di<br />

origine araba.<br />

Prodotta anch’essa in<br />

varie parti della Sicilia ma<br />

con diverse varianti è la<br />

muffoletta, pagnotta di<br />

grano tenero: a Ravanusa<br />

(Agrigento) la muffoletta<br />

si impasta con i semi di<br />

finocchio e si farcisce<br />

con sarde o formaggio, ad<br />

Agrigento ed a Canicattì<br />

si impasta con i semi di<br />

cumino, a Caltanissetta<br />

questi panini diventano<br />

dolci ed arricchiti con<br />

chiodi di garofano e<br />

cannella. L’usanza di<br />

consumare le muffolette<br />

la vigilia dell’Immacolata<br />

è legata al digiuno<br />

prefestivo: tutt’oggi i<br />

panettieri mandano per<br />

le strade, alle prime luci<br />

dell’alba del 7 <strong>dicembre</strong>,<br />

bambini e ragazzini al<br />

grido di “muffulette cauri<br />

cauri” (panini caldi caldi),<br />

da consumare come unico<br />

pasto della giornata.<br />

La tradizione siciliana<br />

delle muffolette ha<br />

perfino raggiunto<br />

anche l’altra sponda<br />

dell’oceano, quando nel<br />

1906 Salvatore Lupo,<br />

immigrante siciliano,<br />

fondò a New Orleans<br />

il Central Grocery e<br />

cominciò a produrre questi<br />

panini farciti per i siciliani<br />

del luogo, divenuti poi<br />

simbolo della città. Ogni<br />

8 <strong>dicembre</strong> dell’anno,<br />

sulle tavole prende<br />

forma la tradizione. Ogni<br />

tradizione è specchio<br />

di credenze e realtà che<br />

assumono significato<br />

e valore. Un dogma<br />

richiama il bisogno<br />

di rendere manifesti<br />

e visibili tali valori.<br />

Nell’arte culinaria e<br />

no, lo si rende vivo con<br />

dedizione, con un sorriso,<br />

con un odore di intimità<br />

che ispira certezze e che,<br />

intorno ad un tavolo o<br />

raccolti in un luogo di<br />

preghiera, fa sentire<br />

uniti, parte di una verità<br />

rivelata.<br />

Muffoletta<br />

In origine si chiamava<br />

Muffulettu, con tre “u” appunto,<br />

ma come è avvenuto per tutti gli<br />

immigrati italiani che all’inizio<br />

del Novecento sono sbarcati ad<br />

Ellis Island per abbracciare una<br />

nuova cittadinanza, anche il suo<br />

nome è stato americanizzato.<br />

Pirtusa vutta<br />

La Basilicata, si sa, è terra di vino e quale<br />

migliore occasione per assaggiare il frutto<br />

dell’infaticabile lavoro dei contadini<br />

vignaioli se non il giorno dell’8 <strong>dicembre</strong>.<br />

Festa che è definita anche giorno del<br />

“pirtusa vutta” (che, in italiano, significa<br />

bucare la botte). Si tratta della tradizionale<br />

festa della “spillatura delle botti” che ogni<br />

anno si celebra nella festa dedicata anche<br />

all’Immacolata Concezione. Secondo<br />

l’antica cultura contadina del mondo<br />

lucano, assieme a tanti prodotti tipici<br />

locali, si assaggia il vino nuovo che si<br />

attinge direttamente dalla botte.<br />

50


LINE<br />

Romanzata<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

51


Scritto da<br />

Armando De Martino<br />

Mi fermo e cerco un posto per<br />

sedermi. Scruto intorno. Siamo sotto<br />

terra. Siamo sotterrati consapevoli.<br />

Siamo sotterrati ma non facciamo<br />

danni. Dalle nostre parti si sotterrano<br />

danni d’oro. Sono seduto e guardo<br />

intorno le persone perplesse. Le<br />

persone infreddolite, le persone<br />

allegre. Il vento ed un annuncio ci<br />

ricorda che siamo sottoterra ma vivi.<br />

C’è roba sottoterra che ci ricorda<br />

che siamo morti che camminano.<br />

Ammantati, alienati, destinati ad<br />

essere carta di credito per il mercato<br />

nero delle bustarelle differenziate. La<br />

camorra come scudo, la politica come<br />

lancia, le anime che fumano dai corpi<br />

freddi i bersagli. Guardo il telefono,<br />

non c’è campo. Isolati. Una signora<br />

guarda l’orologio. Il tempo. Sbuffa<br />

Romanzata<br />

A UNO<br />

rammaricandosi con le mani. Quando<br />

si arriva alle stazioni c’è sempre un<br />

treno che è partito prima del nostro.<br />

Inevitabile. Il tempismo è un soldatino<br />

di piombo su un cavallo di cartone.<br />

Affonda. Accavallo le gambe, e ricordo<br />

che non posso fumare. Però respiro<br />

l’aria sottoterra. Ascolto la radio dalle<br />

cuffiette. C’è un nuovo idolo delle<br />

poltrone serali. Ha la camicia bianca<br />

e la cravatta verde. Parla, parla, anche<br />

alla radio. Fenomeno. Riesce sempre<br />

ad avere risposte a tutto. Peccato<br />

che non ci siano domande giuste da<br />

porgli. Il Vangelo secondo Matteo,<br />

Pasolini l’avrà creato pensando alla<br />

deriva che avrebbe preso la sua Italia.<br />

Arriva il treno. Il vento aumenta.<br />

Me ne accorgo. Salgo. Prossima<br />

fermata “Quattro giornate”. Mi<br />

viene in mente Gennarino Capuozzo.<br />

Organizzò la rivolta ai tedeschi e li<br />

cacciò. Furono quattro giorni di morte<br />

e orgoglio. L’Italia non ricorda. Io<br />

si. Quel bambino che ribaltò la città<br />

cancellando svastiche e fasci con<br />

la dignità di una miseria popolana,<br />

ricca di rabbia miscelata a dignità<br />

artistica. Quel bambino che guidò una<br />

città a stendere il tappeto rosso agli<br />

alleati accolti come liberatori di una<br />

città fantasma, vuota di nemici. Quel<br />

bambino che morì dopo che aveva<br />

reso una medaglia al valore militare<br />

alla sua città. È solo una fermata di<br />

una metropolitana. È solo una città<br />

che ha la monnezza tossica che le cola<br />

come lacrime dalle viscere. Morto.<br />

Faceva il panettiere. Aveva dodici<br />

anni. Aveva gli occhi della vita che si<br />

inarca e si arrampica sulle pendici del<br />

passato e si capovolge al futuro senza<br />

passare per il presente. Assente. Il<br />

tempo. Assente. Esodato dalla storia.<br />

Cassaintegrato della memoria. Sudo.<br />

Sono in piedi, attaccato. Guardo tutti<br />

attaccati. Ho un brivido. È l’unico<br />

momento in cui rivedo tanta gente coi<br />

pugni chiusi. In un vagone, quando<br />

è attaccata per non cadere. Un tipo<br />

basso, seduto discute con un altro<br />

52


Romanzata<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Metro - Un treno in partenza o un treno<br />

in arrivo. In un viaggio del cambiamento<br />

fatto di attese, corse e fermate improvvise.<br />

Su binari paralleli per poter scegliere il<br />

destino o lasciare che ti scelga.<br />

seduto di fronte. <strong>Gli</strong> occhi<br />

passano tra culi e borse e<br />

s’incrociano. Si lamenta<br />

degli immigrati. Troppi ed<br />

inutili secondo lui. Il tipo<br />

dall’altra parte annuisce<br />

e dice che la Lega fa bene.<br />

Vedi che il buon Matteo ha<br />

appeal? Penso. Non dico<br />

nulla. Seguo interessato.<br />

Il tipo ci informa che ci<br />

sono nuovi barconi pronti a<br />

sbarcare e che porteranno<br />

l’ebola, lavoreranno per poco<br />

in cambio e un giorno l’Italia<br />

non avrà più un’identità.<br />

Lo guardo. Fisso. Inarco il<br />

sopracciglio sinistro. Non<br />

se ne accorge. I suoi occhi<br />

guardano solo oltre un<br />

culo. Incalza, dicendo che<br />

lo zio è stato un grande.<br />

Emigrato in America ora è<br />

ricco. Appunto. Siamo stati i<br />

primi ad essere barconizzati.<br />

Nessuno ci ha mai sparato<br />

addosso. Sudamerica, Stati<br />

Uniti, Belgio, Germania,<br />

Olanda. Ovunque. Scende.<br />

Saluta. È orgoglioso. Altra<br />

fermata. Altro giro. Altro<br />

momento di solitudine.<br />

Quella seria. Quella dei fiumi<br />

che immagini scendano dalle<br />

montagne diritti in faccia<br />

per svegliarti. Tocca a me.<br />

Scendo. Il cielo è plumbeo,<br />

il silenzio si dissolve mentre<br />

incalzano clacson e grida.<br />

Qualcuno va di fretta. Tutti<br />

vanno di fretta. Vogliono<br />

scappare, fuori dalla crisi. Lo<br />

spread emozionale è sempre<br />

a minimi livelli, al massimo<br />

c’è l’interesse del prestito di<br />

pazienza per stare a galla, su<br />

uno stivale in mezzo al mare.<br />

“Lasciare libero il passaggio”<br />

la saracinesca emette un<br />

sentenza, non pone un<br />

divieto.<br />

53


FEUILLETON<br />

Numero V<br />

2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Una discarica<br />

Plastic<br />

Quando il futuro si incrocia<br />

con la disumanità. Firmato<br />

da Marina Finaldi.<br />

Vagone del<br />

Destino<br />

I dolci racconti di una<br />

pendolare. Firmato da<br />

Josy Monaco.


Feuilleton!<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Scritto da<br />

Marina Finaldi<br />

Plastic ttt<br />

Davanti ai nostri occhi, si stagliava il biglietto da visita del nuovo<br />

mondo: un maleodorante accumulo di composti organici e sintetici.<br />

PARTE II - Quando<br />

giungemmo alla recinzione<br />

di filo spinato che circondava<br />

la discarica era ormai<br />

notte fonda. Era buio, buio<br />

pesto. La luna, nascosta<br />

da nere nuvole dense e<br />

fitte, occhieggiava di tanto<br />

in tanto in basso verso di<br />

noi, illuminando di riflessi<br />

argentei la barba di Saul che<br />

sussultava piano sul suo<br />

petto affaticato. Le orecchie<br />

tese ad ascoltare ogni<br />

minimo rumore, gli occhi che<br />

scandagliavano l’oscurità,<br />

stava in piedi dietro di me,<br />

immobile come una statua.<br />

Io stavo accovacciata vicino<br />

alla rete con un paio di grosse<br />

pinze nella mano sudata e<br />

lavoravo, la lingua tra i denti,<br />

per ricavare un passaggio.<br />

Un impercettibile ‘clank’<br />

ruppe il silenzio: il metallo<br />

aveva ceduto. Entrammo.<br />

Davanti ai nostri occhi,<br />

si stagliava il biglietto da<br />

visita del nuovo mondo:<br />

un enorme, maleodorante,<br />

accumulo di composti<br />

organici e sintetici, di cartone<br />

pressato bagnato e ridotto<br />

in poltiglia, abiti e scarpe<br />

impolverati e coperti di<br />

fango, scampoli di materiale<br />

non più identificabile,<br />

attrezzatura sportiva,<br />

vecchi televisori, impianti<br />

stereo e personal computer<br />

obsoleti, pozzanghere<br />

di liquame gorgogliante,<br />

buste di plastica squarciate<br />

che, issate come vessilli<br />

su quella montagna<br />

artificiale, si agitavano<br />

spasmodicamente nel vento.<br />

I vasti fianchi della montagna<br />

erano protesi verso di noi,<br />

come per abbracciarci, per<br />

accoglierci; il suo petto,<br />

55


scosceso e imponente,<br />

ci impediva la visuale.<br />

Stando bene attenti<br />

a non incespicare,<br />

intraprendemmo il<br />

cammino lungo il sentiero<br />

che si dipanava giù per la<br />

conca nella quale sorgeva<br />

l’immondezzaio. Era stato<br />

costruito per far passare<br />

i grossi macchinari che<br />

trasportavano i rifiuti dalla<br />

montagna all’inceneritore,<br />

all’altro capo della discarica.<br />

Un grosso ratto ci tagliò<br />

la strada. Sopra le nostre<br />

teste, corvi gracchianti<br />

descrivevano cerchi<br />

sempre più ampi nel cielo.<br />

La discarica era, per noi, la<br />

cosa che più si avvicinava<br />

al concetto di centro<br />

commerciale. Certo, la<br />

merce non era impilata in<br />

bell’ordine, né si poteva<br />

asserire che fosse pulita<br />

o attraente o invitante<br />

in qualsivoglia maniera,<br />

Filo spinato<br />

Attraverso una rete si<br />

delimita un confine.<br />

Si tracciano limiti da<br />

non valicare.<br />

La discarica<br />

La discarica come terra<br />

del tutto. Dove tutto si<br />

può trovare e usare.<br />

Crescere tra i rifiuti<br />

Uun bambino su di loro. Estraneo<br />

ma intimo con un cumulo disumano.<br />

tuttavia la stragrande<br />

maggioranza della roba che<br />

riuscivamo a portare via<br />

da quel posto non era mai<br />

vecchia o usurata o scaduta<br />

e poteva essere riutilizzata<br />

ancora per qualche tempo.<br />

Il cambio della stagione era<br />

il momento più propizio<br />

per rovistare trai rifiuti alla<br />

ricerca di qualche tesoro: era<br />

il momento in cui le Creature<br />

gettavano via le cose nuove<br />

più vecchie per acquistare<br />

cose nuove più nuove, il<br />

momento in cui più che mai<br />

bisognava seguire La Moda.<br />

La Moda era il loro unico<br />

credo, il loro unico fine.<br />

La loro vita era scandita<br />

dai suoi precetti, dalle<br />

sue condizioni. La Moda<br />

era legge. Controllava<br />

ogni cosa, decideva tutto:<br />

com’era giusto apparire,<br />

cos’era giusto indossare,<br />

cos’era giusto ascoltare,<br />

leggere, mangiare o amare.<br />

Ogni stagione portava,<br />

così, con sé una piccola<br />

rivoluzione nel mondo delle<br />

Creature, che si affannavano<br />

nella persecuzione di<br />

ideali sempre diversi,<br />

sempre nuovi e sempre più<br />

distanti da realtà e natura.<br />

Frutta e ortaggi venivano<br />

ormai prodotti solamente<br />

in serra, la fauna marina<br />

era stata decimata, gli<br />

allevamenti di carne bovina<br />

occupavano il posto una<br />

volta riservato ai parchi<br />

naturali. Ricordo ancora<br />

quando, qualche anno fa,<br />

era impazzata la moda folle<br />

56


Feuilleton!<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Il consumismo<br />

è interessante<br />

perché non<br />

è affatto un<br />

materialismo,<br />

ma una forma di<br />

spiritualismo.<br />

Consumare, è<br />

distruggersi nel<br />

consumo.<br />

“<br />

Fabrice Hadjadj<br />

filosofo e teologo francese<br />

Nello sporco<br />

Un animale<br />

come simbolo<br />

di aggressività.<br />

Grufolando nei<br />

cunicoli bui<br />

della discarica.<br />

Emblmea di<br />

quella atmosfera<br />

disumana che<br />

sfocia spesso<br />

in violenza ed<br />

indifferenza.<br />

di adottare maialini<br />

pigmei come animali<br />

domestici: se ne poteva<br />

incontrare ancora<br />

qualcuno, della stazza e<br />

del peso di un cinghiale<br />

adulto, grufolare<br />

affannosamente nei<br />

meandri della discarica,<br />

alla ricerca di cibo. Erano<br />

parecchio aggressivi.<br />

Nonostante la grande<br />

quantità di articoli<br />

che vi si potevano<br />

trovare facesse gola a<br />

tutti gli abitanti della<br />

Baraccopoli, eravamo in<br />

pochi ad avventurarci al<br />

suo interno. Lì dentro<br />

succedevano cose<br />

strane, cose inspiegabili.<br />

La gente spariva.<br />

Il caso più eclatante<br />

era stato quello di<br />

Sid Manolunga, un<br />

personaggio abbastanza<br />

conosciuto nella<br />

Baraccopoli poiché,<br />

trafficando in rifiuti di<br />

contrabbando, si vedeva<br />

spesso al mercato<br />

nero. Sid Manolunga<br />

conosceva la discarica<br />

come nessun altro:<br />

conosceva ogni tunnel,<br />

anfratto o passaggio<br />

segreto per accedervi,<br />

conosceva quali erano i<br />

giorni di scarico, sapeva<br />

distinguere la merce<br />

rivendibile, sapeva<br />

come rovistare nella<br />

grossa montagna senza<br />

provocare una valanga.<br />

Conosceva persino la<br />

guardia all’entrata.<br />

Una fredda sera<br />

di Novembre, Sid<br />

Manolunga vi si<br />

addentrò insieme al<br />

La moda<br />

Il mondo disumano ed incantato delle<br />

Creature persegue la Moda. Nella<br />

discarica si trova tutto ciò che può<br />

essere ancora una volta riutilizzato.<br />

Il mondo elimina e cancella non per<br />

utilità ma solo per il piacere di farlo.<br />

57


La luce bianca - Non riuscivo a muovermi<br />

L’ultima cosa che percepii prima di perdere<br />

conoscenza furono un paio di grosse<br />

tenaglie sospese sopra il mio corpo inerme.<br />

Non mi trovavo più nella discarica.<br />

cugino Lefty per il solito<br />

giro di perlustrazione.<br />

Lefty tornò solo alla<br />

Baraccopoli. Non seppe<br />

spiegare alla madre in<br />

lacrime di Sid che fine<br />

avesse fatto il suo ragazzo.<br />

Lo trovarono sette mesi<br />

dopo che vagava, nudo come<br />

un verme e disorientato, ai<br />

confini della Baraccopoli.<br />

Una brutta ferita gli<br />

percorreva la schiena, era<br />

molto magro e non aveva più<br />

i capelli. Sid non parlò mai di<br />

quello che gli era successo. In<br />

effetti, non parlò mai più. Era<br />

come se dal quel taglio nella<br />

schiena gli avessero tirato<br />

fuori l’anima e l’avessero<br />

sostituita con l’imbottitura<br />

che si utilizza per riempire<br />

le bambole di pezza e<br />

gli animali impagliati.<br />

Morì poco dopo, per<br />

un’infezione. Saul aveva<br />

fatto di tutto per salvarlo.<br />

Ci avvicinammo al punto<br />

in cui, la volta precedente,<br />

avevo trovato i blister.<br />

“È qui”, annunciai.<br />

Il respiro affannoso, Saul si<br />

piegò e cominciò a scavare.<br />

Sacha e io lo imitammo.<br />

C’era un odore strano<br />

nell’aria, un odore<br />

chimico, pungente,<br />

che pizzicava le narici.<br />

Continuammo a scavare.<br />

Poco a poco, ogni rumore<br />

intorno a noi si spense:<br />

lo sciabordio del liquame,<br />

le buste di plastica nel<br />

vento, lo zampettio dei<br />

ratti, il gracchiare dei corvi.<br />

I contorni della discarica<br />

divennero più morbidi, meno<br />

netti…Sentii pizzicare anche<br />

gli occhi. Li chiusi per un<br />

attimo, necessario a scacciare<br />

quella fastidiosa sensazione.<br />

Quando li riaprii pizzicavano<br />

ancora. L’odore era sparito.<br />

Avevo una luce bianca<br />

puntata negli occhi. Non<br />

riuscivo a muovermi.<br />

L’ultima cosa che percepii<br />

prima di perdere conoscenza<br />

furono un paio di grosse<br />

tenaglie sospese sopra<br />

il mio corpo inerme.<br />

Non mi trovavo più nella<br />

discarica. Continua<br />

58


Galleria<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Una vita<br />

a Colori<br />

La vita in colori e i colori della vita. Uno scambio<br />

vicendevole di nuance e tinte, schizzi di colore e<br />

sfumature. Quando la natura sconvolge e le ombre<br />

intensificano le profondità dei toni. Dall’Oriente<br />

all’Occidente attraverso il linguaggio della luce che<br />

si divide nelle sue irridescenze, fotografi d’eccezione<br />

mostrano quadri di colori. Una galleria proposta dal<br />

portale web di National Geographic.<br />

57


I riflessi di una vetrata<br />

Nella cornice di una arco<br />

a sesto acuto, un bianco<br />

puro in femminile nel<br />

damascato antico su cui si<br />

distende l’oriente.<br />

(Ph. Roberto Cattani)<br />

58


Una luce<br />

blu cobalto<br />

Nel fondo degli abissi, dove<br />

padroni incontrastati sono gli<br />

animali marini, le sfumature<br />

del cielo irrompono improvvise.<br />

(Ph. Brian Skerry)<br />

Correre, scappare, inseguire.<br />

Raggiungere, conquistare,<br />

ricercare. Vorticosamente nel<br />

miscuglio di tinte pastello.<br />

(Ph. Frans Lanting)<br />

Nuance<br />

incontenibili<br />

Nel porto del sudest<br />

asiatico, luci verdi<br />

illuminano il contenitore<br />

più trafficato al mondo.<br />

(Ph. Justin Guariglia)<br />

Container<br />

a Singapore<br />

58


La giostra<br />

della vita<br />

In un girotondo di urla e<br />

risate, tra eccitazione e<br />

paura, gialli rossi blu verdi<br />

librano eterei nell’aria.<br />

(Ph. Marie Marthe Gagnon)<br />

Un vicolo cieco. Lampioni<br />

come fari. Come luce in<br />

un teatro si apre il sipario<br />

della quaotidianità.<br />

(Ph. Jim Richardson)<br />

DEEP<br />

PURPLE<br />

In Nuova Zelanda specie<br />

indisturbate attirano<br />

l’attenzione di subacquei<br />

di tutto il mondo.<br />

(Ph. Brian Skerry)<br />

SGUARDO<br />

MARINO<br />

59


UNA LUCE<br />

CRISTALLIZZATA<br />

Cristalli di zucchero come<br />

vetrate. Catturano la luce da<br />

un’angolazione diversa. Per<br />

la meraviglia della vista.<br />

(Ph. Victor Boswell)<br />

Steli e tulipani in<br />

attesa della rugiada<br />

in una fredda<br />

mattina olandese.<br />

(Ph. James Blair)<br />

foglie<br />

arancio<br />

Nel buio della notte,<br />

luci psichedeliche<br />

tracciano percorsi<br />

incorciati, paralleli,<br />

divisi e diversi.<br />

(Ph. Jodi Cobb)<br />

LINEE DI<br />

COLORE<br />

60


Il can can<br />

del Carillon<br />

Calci in vista e boa colorati.<br />

Sorrisi ammiccanti e<br />

costumi luccicosi. Nel<br />

tripudio del glamour.<br />

(Ph. Dean Conger)<br />

Rosso melograno, verde<br />

mela, viola uva, giallo<br />

arancio. Quando il sapore<br />

colpisce la vista.<br />

(Ph. Pete Ryan)<br />

corposità<br />

del sapore<br />

Sulla laguna di Venezia,<br />

un villaggio di pescatori.<br />

Un viaggio in barca e<br />

sei tra piccoli e colorati<br />

mondi in miniatura.<br />

(Ph. Jim Richardson)<br />

scatole<br />

colorate<br />

61


Raganella e<br />

fresia rossa<br />

Occhi rossi e piedi arancioni<br />

per mettere in fuga i<br />

predatori. L’astuzia in una<br />

simpatica smorfia.<br />

(Ph. Angi Nelson)<br />

Parrucche per coprirsi<br />

e divertirsi. Colori<br />

fluo per sconvolgere,<br />

giocare e meravigliare.<br />

(Ph. Greg Dale)<br />

new york<br />

city<br />

Mani che toccano, mani che<br />

stringono e si stringono. Mani<br />

che tingono e si tingono per<br />

una festa indù nella stagione<br />

dell’esplosione: la primavera.<br />

(Ph. Ratan Sonal)<br />

colore<br />

in polvere<br />

62


Incontri di una pendolare<br />

Scritto da<br />

Josy Monaco<br />

Vagone del destino<br />

La pazienza, più che una<br />

virtù, è un talento che<br />

si coltiva attraverso le<br />

pratiche di vita quotidiana.<br />

Fiumane arginate di carrelli<br />

pilotati da individui che<br />

si trasformano in soldati<br />

per difendere il delicato<br />

equilibrio della fila alla<br />

cassa di un supermercato.<br />

Oppure, la gestione dello<br />

stress che si accumula negli<br />

uffici postali. Si badi bene,<br />

non il mio bensì quello<br />

delle persone che mi stanno<br />

avanti e indietro, quello<br />

di chi è persino riuscito<br />

a conquistare un posto a<br />

sedere e anche quello degli<br />

impiegati che pur dovendo<br />

lavorare per qualche mese<br />

o poco meno, portano<br />

sul volto l’evoluzione di<br />

uno stato d’animo: dalla<br />

gioia di aver un impiego<br />

dignitosamente retribuito,<br />

all’ansia di ritornare a<br />

cercare grandi occasioni ai<br />

mercatini delle pulci. Tale<br />

mood, viene sfogato sulle<br />

persone pazienti il cui unico<br />

obiettivo è spuntare tutte le<br />

voci della lista degli impegni<br />

settimanali. Non è da meno<br />

la fila negli ambulatori.<br />

Comune a molti, rara a chi<br />

vive di favoritismi. Chi non<br />

ha mai provato l’ebbrezza<br />

di una confessione con uno<br />

sconosciuto?<br />

Una conversazione che<br />

nasce con una risposta<br />

scortese e finisce con un<br />

saluto paragonabile agli<br />

addii degli anni ‘20 e ‘30 che<br />

si caratterizzavano per<br />

fazzoletti colorati che<br />

asciugavano le lacrime di<br />

madri e mogli consapevoli di<br />

non incrociare mai più gli<br />

occhi dell’amore. Avrei una<br />

mole di file da raccontare.<br />

Mi limito a rendervi<br />

partecipi di quella che ha<br />

sviluppato in me un’ansia<br />

catartica. All’inizio della<br />

mia relazione con biglietti,<br />

orari e sedili condivisi ero<br />

molto spaventata. In realtà,<br />

sono ancora del parere che<br />

63


Feuilleton!<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

l’attesa di un treno, soprattutto<br />

per un lasso prolungato di tempo,<br />

costituisca qualcosa di snervante.<br />

Questo lo posso testimoniare io<br />

che nascondo e custodisco un<br />

vassoio di pastarelle nella mia<br />

borsa di cuoio alla quale proprio<br />

ieri sera, seguendo il consiglio di<br />

una sconosciuta incontrata<br />

durante la fila in tabaccheria, ho<br />

dato una bella pulita con un<br />

prodotto impiegato nella pulizia<br />

delle superfici di legno. Tenete<br />

presente che prima di uscire di<br />

casa, ho inebriato i miei capelli<br />

spruzzando il seguente composto:<br />

una pesca matura, due cucchiai di<br />

patchouly, limone e cacao. Ho<br />

letto la ricetta su uno di quei<br />

magazine gratuiti che<br />

distribuiscono le multinazionali<br />

erboristiche negli store arredati<br />

secondo i dettami<br />

dell’arredamento giapponese.<br />

Sono un alone che respira e il<br />

ritardo del treno sta dando la<br />

possibilità agli insetti di<br />

corteggiarmi. Sono seduta su una<br />

delle panchine di pietra di questa<br />

stazione sperduta della periferia<br />

di Napoli. Mentre il vento fa<br />

viaggiare nelle mie narici il mix di<br />

odori che emano, osservo<br />

distrattamente le mappe che<br />

indicano le destinazioni d’arrivo.<br />

Il vociare delle persone confonde i<br />

miei pensieri che ruotano intorno<br />

all’appuntamento che potrei<br />

perdere. Dal mio punto di vista, in<br />

Sguardi<br />

Chi non ha<br />

mai provato<br />

l’ebbrezza di<br />

una confessione<br />

con uno<br />

sconosciuto? Una<br />

conversazione<br />

che nasce con una<br />

risposta scortese<br />

e termina con gli<br />

occhi dell’amore.<br />

tutte le stazioni del<br />

mondo, si verifica il<br />

fenomeno dell’inerzia<br />

dei movimenti: se la<br />

persona che si trova in<br />

vantaggio sulle scale<br />

mobili, ad una<br />

biglietteria, o su un<br />

binario<br />

agisce<br />

frettolosamente tutti gli<br />

altri lo seguiranno<br />

automaticamente. Ebbene,<br />

oggi tocca a me aprire le<br />

danze di teste e colli che<br />

si muovono a destra e a<br />

sinistra nella speranza di<br />

vedere la luce verde che<br />

si accompagna a quella<br />

gialla e luminosa che<br />

sancisce l’arrivo del<br />

treno. Non mi piace<br />

provocare ansia negli<br />

altri. È da ben otto<br />

primavere che ho<br />

imparato ad apprezzare i<br />

doni del tempo che passa<br />

in attesa di iniziare un<br />

nuovo viaggio. È per<br />

questo che ho deciso di<br />

dare un senso alle<br />

cuffiette gialle che ho<br />

posizionato all’entrata<br />

del condotto uditivo:<br />

dopo quaranta minuti,<br />

non fanno più silenzio. Il<br />

folle sulla collina del<br />

quale raccontano i<br />

Beatles continua la sua<br />

avventura. Dedico questo<br />

pezzo della storia della<br />

musica ad una vecchina<br />

piena di buste e pacchi<br />

che tiene tra le mani con<br />

una forza tale da fare<br />

invidia alle giovani<br />

donne che si preoccupano<br />

di rovinare la costosa<br />

manicure realizzata con<br />

un fornetto. Il colletto di<br />

volpino che adorna il<br />

cappotto blu di tessuto<br />

bouclè risalta l’anello<br />

dorato che porta alla<br />

mano sinistra. Non<br />

faccio in tempo ad<br />

offrirle il mio posto a<br />

sedere perché mi segue<br />

con la testa rivolta verso<br />

L’aria della stazione<br />

Biglietti, orari. sedili.<br />

L’attesa di un treno.<br />

L’atmosfera della<br />

stazione. Snervante.<br />

64


un miraggio: le rotaie<br />

annunciano che il treno<br />

sta arrivando. Come un<br />

salame di cioccolato<br />

arriva accompagnato<br />

dallo Small Town Boy dei<br />

Bronski Beat. I piedi dei<br />

pendolari che si<br />

affrettano a raggiungere<br />

il vagone sembrano<br />

andare a tempo di musica<br />

e coreograficamente si<br />

accompagnano a quelli di<br />

coloro appena giunti in<br />

stazione. Consapevole<br />

che tutto resterà<br />

immutato per almeno<br />

cinque minuti, mi alzo<br />

con calma. Presto<br />

attenzione al goloso<br />

contenuto della mia<br />

borsa e, accompagnata<br />

dall’alone di profumi,<br />

salgo sul treno e tra una<br />

spallata, un colpo di<br />

ascella e di aliti che non<br />

ricordano rose e violette,<br />

riesco a dispormi vicino<br />

Pastarelle - custodite nella mia<br />

borsa di cuoio bella pulita.<br />

al finestrino. Non mi è dato<br />

di sapere se arriverò o meno<br />

in tempo all’appuntamento<br />

e pertanto spoglio il mio<br />

polso dall’orologio pirate<br />

black, il colore preferito dei<br />

Punk del 1978. Mi è stato<br />

regalato da una parente che<br />

nel 1978 ha vissuto a Londra<br />

facendo propria la filosofia<br />

di vita cantata dai Sex<br />

Pistols. É un po’ sua la colpa<br />

del mio modo di vedere la<br />

vita e dello sguardo perso<br />

che assumo quando osservo<br />

le persone attraverso i vetri<br />

delle finestre dei vagoni<br />

ferroviari. Scarpe, ginocchia<br />

e volti che dietro la serietà<br />

delle labbra chiuse<br />

nascondono una storia. Le<br />

porte si chiudono, il<br />

capotreno fischia. Il viaggio<br />

ha inizio e io incomincio a<br />

fantasticare che il mio<br />

momento preferito non è<br />

lontano: il treno è quasi<br />

arrivato a destinazione e se<br />

qualcuno scende, di certo,<br />

potrò sedermi. La verità è<br />

che per arrivare alla fermata<br />

di mio interesse, occorre<br />

circa mezz’ora. L’occhio nel<br />

cielo, l’Eye in The Sky degli<br />

Alan Parson Project mi<br />

riporta alla realtà dei fatti: il<br />

treno non ha fatto sosta alla<br />

prima fermata. Ha<br />

continuato a proseguire.<br />

Quel che mi suscita<br />

disappunto è che nessuno<br />

dei passeggeri sembra<br />

essersi accorto della cosa.<br />

Probabilmente qualcuno<br />

comincerà a scendere alla<br />

fermata successiva.<br />

Placando i battiti cardiaci,<br />

continuo il mio gioco<br />

preferito: osservo mani,<br />

piedi, occhi, teste. Il<br />

divertimento si interrompe<br />

perché si avvicina a me<br />

l’anziana donna alla quale<br />

non ho ceduto il posto<br />

quando il treno si faceva<br />

attendere. Avvicina il suo<br />

volto a me come in uno<br />

zoom. Pochi centimetri<br />

dividono i nostri occhi. Non<br />

emette alcun suono, eppure<br />

mi parla: mi dice che sono<br />

io che sto conducendo il<br />

viaggio. Sta a me decidere<br />

dove far arrivare il treno<br />

che si fermerà solo quando<br />

sarò io a volerlo. É il viaggio<br />

del cambiamento. Mentre<br />

nei tunnel del suono<br />

penetra un pezzo di musica<br />

Chill out, da grigio e bianco<br />

il vagone assume i toni di<br />

un arcobaleno di luci al<br />

neon. Fuori il cielo si colora<br />

di arancione mentre il sole<br />

sembra un piatto di carta<br />

dipinto con tempera gialla.<br />

I pali ai quali i passeggeri si<br />

mantengono hanno le<br />

fattezze di una canna di<br />

bambù. Il colletto di<br />

volpino della vecchina ora<br />

è orchidea radiante. Con<br />

sorprendente agilità<br />

comincia una lunga corsa<br />

lungo il vagone che di tanto<br />

in tanto interrompe<br />

slittando e sgommando<br />

con le scarpe di velluto<br />

nero con la suola quasi<br />

staccata. Le avrà comprate<br />

per pochi euro in un<br />

mercatino dell’usato.<br />

Questo non ha importanza<br />

perché sfoga la sua follia<br />

staccando l’unico sedile<br />

non occupato lanciandolo<br />

Panchine di attesa<br />

una stazione sperduta<br />

65


Feuilleton!<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

Scale mobili<br />

Inerzia dei movimenti.<br />

per aria. Tutti i pendolari<br />

ridono divertiti della cosa.<br />

Tornando indietro, slitta<br />

davanti a me chiedendomi se<br />

io sarei capace di fare quel che<br />

mi sta dimostrando. Trova la<br />

risposta da sola: è negativa. La<br />

paura mi impedisce di<br />

guardare oltre. La prendo<br />

come una sfida e mi metto in<br />

gioco. Vinco l’imbarazzo e<br />

provo a staccare l’obliteratrice.<br />

Non riesco perché non appena<br />

la sfioro assume le sembianze<br />

di una fontana dalla quale<br />

sgorga panna montata che<br />

lentamente crea un fiume<br />

bianco nel vagone.<br />

Continuando a ripetermi che<br />

non ne sono capace, la<br />

vecchina stacca un altro<br />

sedile. Colpita nell’orgoglio,<br />

provo a staccarne uno sul<br />

quale è seduto un uomo in<br />

giacca e cravatta di peso<br />

importante. Di nuovo non<br />

riesco: si è trasformato in un<br />

rinoceronte. La gente intorno<br />

ride, nessuno si spaventa<br />

tranne me. Si, ho paura, è la<br />

verità. Decido di staccare la<br />

musica ma quando porto le<br />

mani alle cuffiette mi accorgo<br />

che non ci sono più. Sono<br />

diventate un’estensione del<br />

mio corpo. Al posto delle<br />

orecchie ho delle casse stereo<br />

di forma circolare. Mentre<br />

osservo la vecchina che urla e<br />

continua a staccare altri sedili<br />

stranamente inoccupati,<br />

perdo la capacità di chiederle<br />

da dove trova tanta forza.<br />

Improvvisamente, il fiume di<br />

panna si fa più profondo. Dai<br />

finestrini sta entrando acqua.<br />

I passeggeri, restano inermi,<br />

osservano ma non protestano<br />

contro un treno che non ha<br />

ancora aperto le porte ad una<br />

fermata. L’acqua ha quasi<br />

riempito l’intero vagone,<br />

eppure la vecchina sembra<br />

non perdere la potenza nelle<br />

braccia e continua ad urlare<br />

senza nemmeno affogare.<br />

Temo che questa sia invece la<br />

mia sorte. Realizzo che non<br />

arriverò mai al mio<br />

appuntamento. Sperando che<br />

le cose cambino, provo a<br />

staccare un sedile. Mi preparo:<br />

pancia in dentro, addome<br />

contratto, sento che le vene<br />

nelle tempie stanno per<br />

scoppiare. L’acqua mi è<br />

nemica. Voglio vincere la<br />

paura. Mentre sto per farcela,<br />

l’arzilla donna salta verso di<br />

me cingendomi la vita: mi<br />

aiuta a staccare il sedile. Ci<br />

riesco. Mi chiede di lanciarlo<br />

verso la porta che delimita il<br />

vagone dove ci troviamo con<br />

quello successivo. Effettuo il<br />

lancio : il sedile va dritto verso<br />

quel che ho preso di mira. Non<br />

si rompe. Ci passa attraverso<br />

trasformando la porta nella<br />

serratura di una chiave.<br />

Comincio a nuotare nel<br />

vagone allagato. Il cielo<br />

arancione inizia a versare<br />

lacrime turchesi. Mi volto, mi<br />

guardo intorno: la vecchina è<br />

lontana da me. Riesco a<br />

sentire la sua voce: mi grida<br />

«Indaco è il tuo colore».<br />

Agito le braccia e le gambe<br />

come una rana tentando di<br />

raggiungerla. Ha ripreso a<br />

staccare i sedili. La calma<br />

degli altri passeggeri mi<br />

genera ansia. Il suono della<br />

sua voce è così acuto da<br />

stimolare il battito cardiaco.<br />

Quando sono abbastanza<br />

vicina le nostre mani si<br />

legano. Guida anche me. Tutte<br />

le porte del vagone hanno<br />

preso le sembianze di una<br />

serratura. L’acqua ci passa<br />

attraverso liberando così il<br />

vagone. Tira la mia borsa. La<br />

apre tirando fuori il vassoio di<br />

pastarelle. Eliminando la<br />

carta ormai bagnata, le prende<br />

una ad una e le lancia sui<br />

passeggeri. Sfogliatelle,<br />

crostatine e babà si fanno<br />

cappelli. Nonostante ciò,<br />

restano inermi. La vecchina,<br />

67


Dedica - una vecchina piena<br />

di buste della spesa e pacchi.<br />

senza placare né abbassare<br />

il tono di voce mi spiega che<br />

ognuna delle persone che<br />

vedo, rappresenta i tasselli<br />

della mia formazione<br />

personale che hanno<br />

contribuito a generare in me<br />

traumi. Ci sediamo su quel<br />

che resta dei sedili strappati.<br />

Il pavimento è gommoso e<br />

sui vetri c’ é una patina di<br />

caffè. Riesco ugualmente a<br />

vedere la mia immagine<br />

riflessa. I piedi mi fanno<br />

male. <strong>Gli</strong> occhi dei pendolari<br />

sono puntati su di me. In<br />

particolare quelli di un<br />

bambino che ha tra le<br />

manine un libro dalla<br />

copertina color indaco.<br />

Provo ad avvicinarmi e gli<br />

chiedo se posso sfogliarlo.<br />

Punta i suoi occhi nei miei<br />

ma non mi da risposta.<br />

Riesco a togliere il libro<br />

dalle sue mani. Lo sfoglio, le<br />

pagine sono bianche. Non ci<br />

sono parole, né disegni.<br />

<strong>Gli</strong>elo restituisco. La<br />

vecchina mi spiega che non<br />

vedo il contenuto perché già<br />

lo conosco. L’ho già letto.<br />

Tutto è successo quando ho<br />

accettato di barattare i miei<br />

ricordi con il folle giullare<br />

delle calze. Con la leggiadria<br />

e l’eleganza di un<br />

maggiordomo d’altri tempi,<br />

vedo entrare dalla porta a<br />

forma di serratura, un uomo<br />

con uno smoking a pois<br />

rosa: mi propone i suoi<br />

calzini speciali. Il volto è<br />

disteso, non sembra stanco.<br />

Ha i capelli nero corvino,<br />

gonfi come quelli di un<br />

clown. Illuminato dai raggi<br />

verde smeraldo riflessi nei<br />

suoi orecchini a forma di<br />

campana tubolare, insiste<br />

affinché io prenda almeno<br />

un paio di calzini. Inizio a<br />

desiderare che la super<br />

vecchina agisca per me.<br />

Così non è. Sembra proprio<br />

che devo sbrigarmela da<br />

sola. Con un gesto simile a<br />

quello di un amico che<br />

accarezza le mani in segno<br />

di conforto, porge i suoi<br />

calzini come una corona.<br />

Scarto la confezione che li<br />

contiene, tolgo gli stivali e<br />

ci infilo i piedi. Spostandosi<br />

come su un tappeto<br />

elettronico, mi lascia e si<br />

avvicina ad una coppia di<br />

passeggeri inermi che con<br />

sorpresa reagiscono alla sua<br />

vicinanza. Predice loro il<br />

futuro e gli lascia una<br />

coperta. Si volta e mi<br />

sorride. Poi, canticchia una<br />

canzone che racconta di<br />

lunghe corse per<br />

raggiungere il treno mentre<br />

i violini continuavano a<br />

suonare con i fischi del<br />

capostazione. Continuando<br />

a cantare, mi chiede di<br />

risolvere un indovinello:<br />

“Lo cerchi, lo desideri ma<br />

non lo riesci ad ottenere.<br />

Eppure è sotto i tuoi occhi, a<br />

volte moltiplicato. Che cosa<br />

sarà mai? Risolvi questo<br />

indovinello e il treno si<br />

68


Feuilleton!<br />

N.9 | 2 Dicembre <strong>2014</strong><br />

fermerà alla tua<br />

destinazione. “Priva ormai<br />

della capacità di stupirmi,<br />

partecipo al gioco. Voglio<br />

comunicarlo a quel buffo<br />

individuo ma è vicino alla<br />

porta che si apre offrendogli<br />

delle scale. Poi si chiude e<br />

ritorna ad assumere la<br />

forma di una serratura. Mi<br />

accorgo che la vecchina sta<br />

costruendo qualcosa con i<br />

sedili che ha staccato. Li sta<br />

unendo e nel frattempo ha<br />

infilato dei calzini colorati<br />

come dei guanti. Tocca<br />

l’accumulo di sedili che<br />

prendono le sembianze di<br />

un pianoforte. Inizia a<br />

suonare le note di una<br />

melodia inedita allietando<br />

così l’intero vagone. I<br />

passeggeri si alzano<br />

unendosi in un lento. A me<br />

si avvicina un un ragazzo<br />

ben vestito: occhiali rossi,<br />

abito<br />

elegante,<br />

ventiquattr’ore e personal<br />

computer. Sedutosi accanto<br />

a me scrive mentre batte i<br />

piedi sul pavimento. Luci<br />

colorate rallegrano<br />

l’atmosfera, provengono<br />

dalle mappe di destinazione<br />

poste sopra le porte.<br />

Qualcuno si lancia<br />

allegramente sul pavimento<br />

gommoso dal sapore di<br />

panna. Abbandono il mio<br />

nuovo compagno di viaggio<br />

e comincio a vagare come se<br />

fossi su un tapis roulant che<br />

mi guida. Guardandomi<br />

intorno mi accorgo che tutti<br />

ai piedi hanno i calzini del<br />

folle giullare delle calze. C’è<br />

anche chi li estrae da un<br />

cestino di paglia come se<br />

fossero i fiori da distribuire<br />

in una cerimonia. La<br />

soluzione all’indovinello è<br />

l’unica cosa che non vedo.<br />

Così, decido di unirmi alla<br />

mischia e comincio a<br />

divertirmi. Batto le mani,<br />

saltello qui e la, giro intorno<br />

ai paletti fatti di canna di<br />

bambù e corro slittando<br />

come la buffa vecchina. Sul<br />

più bello arriva un<br />

controllore. Nelle mani ha<br />

un’obliteratrice che per<br />

l’occasione si è trasformato<br />

in una chitarra. Prendo uno<br />

dei miei stivali e lo utilizzo<br />

come se fosse una tromba.<br />

Tutto sembra aumentare in<br />

velocità. Gambe e braccia mi<br />

tremano. La bocca si apre<br />

senza il mio comando.<br />

Canto con una voce che non<br />

sembra la mia. Dal<br />

pavimento cresce una<br />

pianta che porta alla vetta<br />

non un fiore, bensì uno<br />

spartito musicale senza<br />

note. Mi concentro e come<br />

La corsa - verso il vagone che<br />

sembra andare a tempo di musica.<br />

per magia creo una nuova<br />

melodia. Ricevo applausi e<br />

fischi di gradimento. La<br />

vecchina si avvicina a me<br />

come all’inizio del viaggio:<br />

mi dice che dobbiamo<br />

tornare indietro. Facciamo il<br />

percorso a ritroso e tutti<br />

cantano in coro per<br />

comunicarmi che ho risolto<br />

l’indovinello. Tutto inizia a<br />

tremare. I sedili con sopra<br />

anche i passeggeri, iniziano<br />

a staccarsi uno ad uno<br />

mentre un tappeto si srotola<br />

lungo tutto il vagone<br />

diramandosi a destra e a<br />

sinistra verso le porte<br />

d’uscita. Il cielo riprende il<br />

suo colore azzurro, i pali di<br />

canna di bambù tornano ad<br />

69


essere di ferro.<br />

Lentamente tutto torna<br />

alla normalità. Sono sola<br />

in quel vagone. Il treno<br />

comincia a fermarsi<br />

stazione dopo stazione.<br />

Metto le mani in tasca:<br />

cerco l’orologio. Sono<br />

curiosa di sapere che ora<br />

è. Le luci nel vagone si<br />

spengono. È buio.<br />

L’unica luce che scorgo è<br />

quella dei raggi del sole<br />

che provano ad entrare<br />

tunnel dopo tunnel. Le<br />

porte hanno ancora le<br />

sembianze di una<br />

serratura gigante. Le<br />

oltrepasso. Mi accorgo<br />

che ci sono delle persone.<br />

Sono statue di gesso<br />

dallo sguardo amorfo e<br />

senza vita. Sono l’unica<br />

alla quale batte il cuore.<br />

Non c’è più nessuno.<br />

Nemmeno il mondo c’è.<br />

Ci sono soltanto io. È la<br />

resa dei conti finale.<br />

Porte - il capotreno fischia<br />

e il viaggio ha subito inizio.<br />

Guardo fuori. Il treno è in<br />

una galleria. C’è pietra<br />

intorno e non c’è via<br />

d’uscita. Mi guardo intorno.<br />

Mi volto. Dietro di me tutto<br />

è in miniatura. Mi spavento<br />

e inizio ad andare veloce.<br />

Vedo una luce provenire<br />

dall’ esterno. Non mi<br />

sembra il sole. Mi affaccio al<br />

finestrino. Il treno sta<br />

prendendo colore, si sta<br />

velocemente vestendo di<br />

toni psichedelici, quasi<br />

sembra virtuale. Le persone<br />

sono tornate vive.<br />

Improvvisamente si alzano<br />

tutti. Odo in lontananza<br />

applausi e fischi. Al centro<br />

trovo la vecchina con in<br />

mano una busta dalla quale<br />

tira fuori mele rosse che<br />

rotolano sul pavimento<br />

gommoso. Saranno<br />

all’incirca più di un<br />

centinaio di mele.<br />

Lentamente i passeggeri si<br />

mettono in fila davanti a lei<br />

ballando la samba e<br />

schioccando le dita sul<br />

percorso tracciato dai frutti<br />

del peccato. Sento dentro di<br />

me una musica che parte.<br />

Mi volto e vedo un’altra fila<br />

di passeggeri. Come in una<br />

catena di montaggio,<br />

ognuno coreograficamente<br />

si passa i miei dolci. Il<br />

penultimo della fila li<br />

poggia uno ad uno sul capo<br />

prima di riporli nel vassoio<br />

di cartone che non è più<br />

bagnato. Quando l’ultimo<br />

pasticcino ha concluso la<br />

coreografia, tutti i<br />

passeggeri si uniscono in un<br />

trenino di festa che si<br />

muove lungo tutto il<br />

vagone. Avanzano verso di<br />

me. È il mio pensiero che li<br />

dirige. Passato e presente<br />

stanno per scontrarsi. Io al<br />

centro. Hanno il potere<br />

schiacciarmi. A me la scelta.<br />

Urlo e tutto si ferma. Le<br />

porte del treno si aprono.<br />

Mi volto. Non c’è più<br />

nessuno. Le due file sono<br />

sparite. Intravedo il nome<br />

di una stazione: la vecchina<br />

scende. Mi affaccio di<br />

nuovo al finestrino: il treno<br />

è, di nuovo, il freddo<br />

prodotto di un progetto<br />

ferroviario. Il mio volto è<br />

riflesso nel vetro: un paio<br />

di orecchini di perla<br />

adornano i miei lobi<br />

insieme alle cuffiette. Una<br />

nuova fermata: il bambino<br />

con il libro indaco, mano<br />

nella mano con la sua<br />

mamma, scende. Ci vuole<br />

ancora un po’ affinché<br />

giunga anche il mio turno.<br />

Edifici, campi di grano,<br />

laghi e strade sembrano<br />

scarabocchi di velocità fino<br />

a quando non assumono<br />

l’aspetto che tutti<br />

conosciamo quando anche<br />

il folle giullare delle calze<br />

conclude il suo viaggio.<br />

Una mela che rotola sul<br />

pavimento accompagna la<br />

mia attesa. I suoni<br />

dell’Africa annunciano la<br />

mia destinazione. Le porte<br />

impiegano qualche minuto<br />

per aprirsi. Si fondono e si<br />

trasformano di nuovo in<br />

una grande serratura fino<br />

ad aprirsi. Mi diramano<br />

qualche scalino che solco<br />

quasi con dispiacere. Non<br />

ho più paura.<br />

Surreale - tutto si<br />

trasforma all’interno.<br />

70


“<br />

Chi di voi<br />

vorrà fare il<br />

giornalista,<br />

si ricordi di<br />

scegliere il<br />

proprio padrone:<br />

il lettore!<br />

Indro Montanelli<br />

stanco della vecchia<br />

EDITORIA?<br />

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