Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciò ... - Diras

in te, nido vitale, io so che alfine
con assiduo calor covo la morte.
(Ciro di Pers [1599-1663], Al proprio letto)
Parafrasi: O letto, che sei il mio sepolcro notturno, in cui dolorante io ad ogni movimento (del corpo)
imparo solamente la stasi della morte (imparo ad avvertire, muovendomi nel letto, l’appressarsi della
morte), io riposo irrequieto nel mio luogo di requie (che dovrebbe essere di requie) e pieno degli
affanni del giorno e piangendo amaramente, non posso quando sono in te (letto mio) chiudere gli occhi
con tranquillità, mentre cerco asilo alle mie tribolazioni, so bene che un solo momento rapace del
tempo qui (nel mio letto) dovrà alla fine portare via il mio riposo (di vivente; togliermi la vita). Questi
sostegni che si elevano in alto (le colonne agli angoli del letto che tengono su il baldacchino) innalzano
rovine, queste piume (del cuscino, del letto medesimo) che io comprimo con il mio corpo, anche se
sono morte (non fanno più parte dell’uccello cui appartenevano) fabbricano(costruiscono) le ali alla
mia fine volante (la morte alata). Tu, feretro infausto, mi trasporti verso la terra (cimitero, invece di
trasportarmi in alto come tutti i feretri che vengono portati sopra le spalle), in te, che sei nido di vita, io
so bene che alla fine con il continuo calore del mio corpo sto covando la morte.
Lessico particolare: “cure”,latinismo, “avaro” nel senso di “avido, rapace, che porta via, ruba
qualcosa”… Enjambement forte ai vv. 5-6, con che effetto Concettismi barocchi incluse le ripetizioni
a contrasto: “nella mie requie irrequieto” (annominatio, ripetizione di parole che hanno la stessa radice
etimologica). “Luci” per “occhi”, metonimia. Concatenazione di metafore: il “momento avaro” detto
metaforicamente si concretizza nell’immagine “rapire il mio riposo”, il barocco realizza in figure le sue
metafore. Le colonne del letto invece che innalzare l’architettura del baldacchino, “innalzano rovine”,
ovvero cose che cadono giù, rovinano giù: concettismo per rovesciamento e ossimoro. Le “piume”
(sineddoche e metonimia) dei cuscini diventano le piume delle ali della morte. Potenza figurativa,
artificiosità estrema. Figura ultima di contraddizione. “Nido vitale”/ “covo la morte”.
Amore e'l cor gentil sono una cosa,
sì come il saggio in suo dittare pone,
e così esser l'un sanza l'altro osa
com'alma razional sanza ragione.
Falli natura quand'è amorosa,
Amor per sire e 'l cor per sua magione,
dentro la qual dormendo si riposa
tal volta poca e tal lunga stagione.
Bieltate appare in saggia donna pui,
che piace a gli occhi sì, che dentro al core
nasce un disio de la cosa piacente;
e tanto dura talora in costui,
che fa svegliar lo spirito d'Amore.
E simil face in donna omo valente.
(Dante Alighieri, Vita Nuova, XX)
Parafrasi: Amore e cuore nobile sono una sostanza sola, proprio come il saggio (Guinizzelli) nella sua
(o in una sua) poesia sostiene, e così l’uno (Amore) può stare senza l’altro (cuore gentile) come l’anima
razionale può stare senza la ragione (ovvero non possono stare disgiunti). Li crea Natura quando è
soggetta essa stessa ad Amore, Amore come signore e il cuore per sua dimora, dentro cui sta assopito
(cioè, in termini aristotelici, in potenza, virtualmente, pronto a ridestarsi) a volte per poco tempo a volte