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assegna stampa<br />
30<br />
alcune “verità” importanti non c’è possibilità<br />
di convergenza tra differenti convinzioni.<br />
Eppure è necessario creare un ragionevole<br />
modo di vivere insieme. Solo la<br />
ragionevolezza (che viene diffamata come<br />
relativismo) può costruire una società di<br />
cittadini maturi.<br />
In questo contesto va collocato anche uno<br />
dei motivi-guida del pensiero di Papa Ratzinger:<br />
la razionalità della fede. La strategia<br />
ratzingeriana conferma e insieme tenta<br />
di controbattere l’impoverimento teologico<br />
nella comunicazione pubblica della Chiesa,<br />
di cui parlavo sopra. Quello della razionalità<br />
della fede è il tema centrale nella complessa<br />
attività espressiva del Pontefice, che<br />
pure spazia negli ambiti più diversi. Oggi<br />
polarizza l’opinione pubblica soprattutto attorno<br />
al recupero delle forme della traditio<br />
cristiana. Ma anche la reinvenzione della<br />
tradizione (tale é la Messa in latino) rientra<br />
nello sforzo di trovare attraverso le antiche<br />
radici greco-latine la ratio cristiana.<br />
Questa tematica lascia con discrezione sullo<br />
sfondo i grandi temi teologici della redenzione,<br />
della colpa originale, della salvezza<br />
o della dottrina trinitaria, che sono<br />
diventati troppo ostici e difficili da spiegare<br />
a un pubblico religiosamente deculturalizzato<br />
come l’attuale. Si concentra su argomenti<br />
apparentemente più accessibili e<br />
universali come la “natura/natura umana” e<br />
appunto “la razionalità”.<br />
Parte decisiva dell’operazione ratzingeriana<br />
che declina il discorso religioso con le<br />
categorie del logos e della ragione, è il richiamo<br />
all’originaria ellenizzazione del cristianesimo.<br />
Con questo concetto si intende<br />
l’operazione culturale con la quale, tra<br />
rassegna stampa<br />
attualità<br />
GIAN ENRICO RUSCONI<br />
E’ professore di Scienza politica presso<br />
l’Università di Torino. Di formazione<br />
filosofica, storica e sociologica, ha<br />
fatto frequenti soggiorni di studio negli<br />
Stati Uniti e soprattutto in Germania,<br />
godendo di borse della Fondazione<br />
Alexander-von-Humboldt. Fellow<br />
del Wissenschaftskolleg di Berlino, ha<br />
vinto la Goethe-Medaille (1997) per l’attività di mediazione<br />
tra la cultura italiana e la cultura tedesca. E’ stato gastprofessor<br />
presso la Freie Universität di Berlino. Ha vinto il premio<br />
Acqui-storia (2004) per il libro “Cefalonia. Quando gli<br />
italiano si battono” ( Einaudi, Torino), ed è editorialista del<br />
quotidiano “La Stampa” di Torino, collaboratore de “Il Mulino”,<br />
direttore dell’Istituto storico italo-germanico di Trento.<br />
il II e il IV secolo, gli<br />
esponenti più qualificati<br />
della Chiesa in<br />
formazione hanno<br />
strutturato, tramite<br />
categorie prese dalla<br />
tradizione platonica,<br />
i dogmi originari<br />
del cristianesimo<br />
– non senza<br />
profondi traumi e<br />
laceranti conflitti.<br />
Ma Ratzinger non si<br />
cura di quei conflitti:<br />
a lui preme presentare<br />
l’ellenizzazione<br />
come riuscito<br />
e insuperabile modello<br />
del rapporto tra ragione e fede.<br />
Il tema dell’ellenizzazione/disellenizzazione<br />
del messaggio cristiano – fortemente sviluppato<br />
nella lezione di Ratisbona – ha colto<br />
di sorpresa e impreparati i commentatori<br />
cattolici nostrani. Ha provocato invece una<br />
vivace reazione polemica nel mondo protestante<br />
tedesco e americano e, in generale,<br />
là dove esiste ancora una cultura storica e<br />
religiosa degna di questo nome.<br />
Da noi invece i commentatori del discorso<br />
papale continuano a elogiare soltanto l’argomento<br />
(certamente centrale) che l’autentica<br />
ragione religiosa è nemica della violenza,<br />
non solo della violenza maldestramente<br />
attribuita all’Islam con l’infelice citazione<br />
dell’imperatore bizantino poi chiarita, ma<br />
anche della violenza del nichilismo contemporaneo<br />
e dello scientismo, da cui discenderebbe<br />
il disprezzo dei valori dell’uomo.<br />
Ma se si esamina attentamente l’argomentazione<br />
di Ratzinger si arriva presto alla<br />
conclusione che il suo bersaglio non e lo<br />
scientismo, bensì la razionalità scientifica<br />
stessa, vista come riduzione dell’orizzonte<br />
della vera ragione che si proietta verso<br />
il trascendente. Insomma la vera ragione<br />
per il Papa è “la ragione della fede”, quella<br />
“che s’interroga su Dio”.<br />
A questo punto viene il dubbio se Ratzinger,<br />
nonostante la sua dichiarata ammirazione<br />
per la conoscenza scientifica, non ne<br />
disconosca di fatto l’essenziale. Che la ragione<br />
sia limitata, lo sappiamo da sempre,<br />
in modo sistematico nell’età moderna a partire<br />
da Kant, verso il quale Ratzinger invece<br />
formula un giudizio sorprendentemente<br />
negativo. Ma se Ratzinger accetta l’autonomia<br />
della logica e della ricerca scientifica<br />
soltanto in una logica di subalternità alla<br />
ragione religiosa, se nega alla scienza la<br />
capacità autonoma di conoscenza sull’uomo<br />
e sulla natura, nega di fatto l’essenza<br />
stessa della ragione moderna.<br />
Non sono io a dirlo, ma Jürgen Habermas,<br />
che i cattolici additano volentieri come il<br />
partner laico ideale del discorso religioso,<br />
fraintendendo e trasfigurando il suo colloquio<br />
con l’allora cardinale Ratzinger (in<br />
realtà si è trattato di un dialogo finto, dettato<br />
da reciproca cortesia intellettuale).<br />
Ebbene il Pontefice – ha scritto Habermas<br />
– “ha dato al vecchio dibattito sulla ellenizzazione<br />
e disellenizzazione del cristianesimo<br />
una svolta inattesa nel senso di una<br />
critica alla modernità. Con questo, ha fornito<br />
anche una risposta negativa alla domanda<br />
se la teologia cristiana deve tenere<br />
conto delle sfide della ragione moderna,<br />
post-metafisica”.<br />
Ogni possibilità di dialogo viene annientato<br />
alla radice. Gian Enrico Rusconi<br />
numero 13-14 / 2007