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Sistema solare termico a concentratori parabolici - La Termotecnica

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071_TER_gen_cavallaro 31-01-2007 22:33 Pagina 71<br />

LCA & <strong>solare</strong><br />

di F. Cavallaro e L. Ciraolo<br />

<strong>Sistema</strong> <strong>solare</strong> <strong>termico</strong><br />

a <strong>concentratori</strong> <strong>parabolici</strong><br />

LCA per la valutazione ambientale<br />

esigenza di rendere compatibili con l’ambiente i comportamenti<br />

L’ di produzione e di consumo è percepita oggi come una priorità<br />

a livello mondiale. Da un lato, infatti, gli obiettivi di politica ambientale<br />

tendono sempre più a condizionare, secondo una logica trasversale,<br />

le politiche economiche e sociali dei vari Paesi, mentre si assiste,<br />

dall’altro lato, all’avvio di strategie finalizzate alla soluzione di<br />

criticità ambientali di natura globale. Il Protocollo di Kyoto per l’abbattimento<br />

dei gas-serra, approvato nel dicembre 1997 a conclusione<br />

del terzo vertice mondiale sul cambiamento climatico costituisce<br />

in questa fase l’atto fondamentale di orientamento politico verso la<br />

sostenibilità globale.<br />

Il dibattito sullo sviluppo sostenibile ha guidato oggi un processo<br />

evolutivo delle questioni ambientali verso un ormai ampio riconoscimento<br />

che operare con strumenti correttivi alla fine del ciclo produttivo<br />

incrementi i costi risolvendo in parte il problema. Lo studio della<br />

disponibilità delle risorse, pertanto, rappresenta il punto di partenza<br />

di qualsiasi analisi ambientale e quindi il rapporto tra l’uso delle risorse<br />

e l’ambiente è uno dei punti cardini dei modelli di gestione<br />

ambientale delle organizzazioni che perseguono un obiettivo di miglioramento<br />

delle proprie performance ecologiche. <strong>La</strong> razionalizzazione<br />

nell’impiego delle materie prime, l’attenzione, in fase di progettazione<br />

all’eco-compatibilità di un prodotto e la definizione di criteri<br />

generali nella valutazione degli impatti ambientali causati<br />

dall’intero ciclo di produzione, sono elementi che possono determinare,<br />

anche in tempi relativamente brevi, risultati molto interessanti.<br />

Oggi, in particolar modo, la riduzione del rischio ambientale connesso<br />

alla produzione e all’uso di energia è un esplicito obiettivo dei<br />

programmi di controllo ambientale di molti Paesi industrializzati, appare<br />

necessario, quindi, valutare i sistemi di produzione energetica<br />

e tenere conto della loro incidenza sull’ambiente.<br />

Gli impatti associati agli apparati di generazione elettrica tradizionale<br />

sono principalmente concentrati nella fase vera e propria di<br />

produzione mentre per i sistemi basati su fonti rinnovabili, generalmente,<br />

l’esercizio produttivo non dà luogo ad emissioni d’inquinanti.<br />

Assume invece un’importanza strategica l’analisi e la quantificazione<br />

delle emissioni indirette cioè quelle risultanti dalla fase di costruzione,<br />

trasporto e smantellamento di apparecchiature di conversione<br />

energetica e centrali. Quindi nell’analisi d’impatto ambientale sarebbe<br />

opportuno includere non solo le emissioni rilasciate durante la fase<br />

di esercizio ma anche e, soprattutto, nel corso dei processi di fabbricazione<br />

e trasporto delle apparecchiature che compongono l’impianto<br />

e delle operazioni di manutenzione e dismissione degli stessi.<br />

A tal fine uno strumento di ausilio per la determinazione e la valutazione<br />

dei flussi di input di energia e materiali che permette, quindi,<br />

di poter valutare gli impatti ambientali derivanti dall’analisi di un<br />

prodotto o servizio è la Life Cycle Assessment (LCA). In letteratura<br />

Prof. Fausto Cavallaro, Dipartimento SEGeS, Università del Molise, cavallaro@unimol.it;<br />

prof. Luigi Ciraolo, Direttore del Dipartimento RIAM, Università<br />

di Messina, luigi.ciraolo@unime.it.<br />

Il principio di conversione del <strong>solare</strong> <strong>termico</strong> di potenza<br />

è conosciuto da più di un secolo, tuttavia il<br />

suo sfruttamento a fini commerciali e la realizzazione<br />

d’impianti su scala industriale è avvenuta<br />

soltanto nella prima metà degli anni Ottanta. I primi<br />

progetti dimostrativi, realizzati in vari paesi del<br />

mondo, hanno provato la loro performance tecnologica,<br />

economica ed ambientale con risultati molto<br />

incoraggianti. Tra le tecnologie emergenti nel<br />

settore del <strong>solare</strong> <strong>termico</strong> vi è il cosiddetto sistema<br />

Dish-Stirling che trasmette l’energia termica, raccolta<br />

da un paraboloide riflettente, ad un motore<br />

Stirling a sua volta collegato ad un alternatore. È<br />

ormai assodato il principio che le tecnologie a fonti<br />

rinnovabili, sopratutto nella fase di produzione, sono<br />

attualmente quelle che generano un minore impatto<br />

ambientale rispetto ai sistemi tradizionali a<br />

fonti fossili. Tuttavia in molte analisi sfugge la valutazione<br />

degli impatti generati durante tutto il ciclo<br />

di vita dei sistemi progettati e costruiti per produrre<br />

energia. Scopo di questo lavoro è una preliminare<br />

analisi di valutazione ambientale, mediante l’ausilio<br />

della LCA, di una centrale <strong>solare</strong> termica che<br />

impiega i <strong>concentratori</strong> <strong>parabolici</strong> a disco.<br />

sono riscontrabili vari contributi che riguardano applicazioni di LCA<br />

a tecnologie energetiche. In particolare si vedano i seguenti articoli<br />

per gli aspetti generali [1], al settore <strong>solare</strong> termodinamico [2], per<br />

applicazioni ai sistemi fotovoltaico-eolico-diesel [3], e all’eolico offshore<br />

[4]. Scopo di questo lavoro è una preliminare analisi ambientale,<br />

con l’ausilio della metodologia LCA, di una centrale <strong>solare</strong> termica<br />

che impiega <strong>concentratori</strong> a specchi <strong>parabolici</strong>.<br />

Lo studio effettuato mira ad analizzare gli impatti derivanti dal ciclo<br />

di vita della centrale e a misurare l’emissione d’inquinanti a monte<br />

del processo di produzione di elettricità. Il lavoro è stato, pertanto,<br />

suddiviso nel modo seguente: nei prossimi due paragrafi II e III viene<br />

descritta la metodologia adottata e le modalità di strutturazione della<br />

procedura di analisi, mentre nel IV paragrafo si procede ad illustrare<br />

l’apparato tecnologico oggetto dell’analisi, l’insieme di dati<br />

utilizzati e i principali risultati ottenuti dal calcolo.<br />

<strong>La</strong> <strong>Termotecnica</strong> • Gennaio/Febbraio 2007<br />

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LCA & <strong>solare</strong><br />

<strong>La</strong> metodologia LCA<br />

<strong>La</strong> Valutazione del Ciclo di Vita o più semplicemente LCA (Life Cycle<br />

Assessment), consiste nell’esame degli aspetti ambientali significativi<br />

legati al comportamento delle attività, dei prodotti e dei servizi, attraverso<br />

tutte le fasi della loro esistenza, dalla “culla alla tomba”. <strong>La</strong><br />

LCA è uno strumento per la “compilazione e valutazione attraverso<br />

tutto il ciclo di vita dei flussi in entrata ed uscita, nonché i potenziali<br />

impatti ambientali, di un sistema di prodotto o di servizio” [5]. Essa<br />

si presta efficacemente a molteplici applicazioni rappresentando uno<br />

strumento utile per una progettazione ambientalmente sostenibile dei<br />

prodotti o servizi e può essere mirata anche solo su alcune specifiche<br />

fasi del ciclo di vita. Tale approccio metodologico può essere<br />

considerato uno strumento di supporto alla gestione ambientale in<br />

quanto aiuta il soggetto<br />

(progettista decisore<br />

ecc) a definire le<br />

azioni da intraprendere<br />

per migliorare le<br />

performance ambientali<br />

del proprio processo<br />

produttivo attraverso<br />

una riduzione<br />

del consumo di risorse<br />

e il contenimento di<br />

emissioni d’inquinanti.<br />

Pertanto, grazie<br />

all’analisi e alla conoscenza<br />

di tutti gli effetti<br />

ambientali associati<br />

a tutta la filiera<br />

produttiva è possibile<br />

intervenire efficacemente<br />

nei punti ove si<br />

scoprono elementi di<br />

maggiore criticità ambientale<br />

quindi è possibile<br />

effettuare operazioni FIGURA 1 - Struttura della LCA<br />

di miglioramento ed innovazione<br />

progettuale dei processi produttivi in modo da ottenere prodotti<br />

e servizi con superiori performance ambientali. L’introduzione<br />

della norma ISO 14040, definisce la metodologia e i criteri generali<br />

per la realizzazione di uno studio LCA, riconosciuto a livello mondiale,<br />

di certificazione ecologica di prodotto e servizi.<br />

Le norme ISO rappresentano un ulteriore affinamento delle linee guida<br />

proposte dalla SETAC (Society of Environmental Toxicology and<br />

Chemistry) e illustrano il quadro di riferimento ormai accettato dalla<br />

comunità accademica e professionale per la realizzazione di analisi<br />

di ciclo di vita. <strong>La</strong> serie ISO 14040 sull’Environmental Management-<br />

Life Cycle Assessment è composta da 4 norme ed ognuna di essa è<br />

dedicata ad una parte specifica della metodologia: ISO 14040 Principles<br />

and framework, ISO 14041 Goal and Scope definition and<br />

inventory analysis, ISO 14042 Life cycle impact assessment infine la<br />

ISO 14043 Life cycle interpretation. Uno studio di LCA si articola attraverso<br />

le seguenti quattro fasi principali (Figura 1).<br />

Goal and scope definition<br />

In questa fase si delineano le caratteristiche del sistema, vengono<br />

individuati i prodotti/processi in esame e le sue qualità specifiche.<br />

Un’importantissima operazione preliminare prevista fin dall’inizio<br />

dello studio riguarda la definizione dell’unità funzionale cioè di<br />

un’unità di misura di riferimento che costituisce una valutazione<br />

quantitativa della prestazione del flusso in uscita del sistema prodotto.<br />

Lo scopo principale dell’unità funzionale è di fornire un relazione<br />

a cui legare i flussi in entrata e in uscita condizione necessaria<br />

per consentire la comparabilità dei risultati [6]. Il sistema viene<br />

rappresentato come un insieme di unità di processo (esempio produzione,<br />

distribuzione trasporto uso ecc.) collegati con altri sistemi<br />

e con l’ambiente da flussi in entrata (materie prime energia ecc.) e<br />

flussi in uscita (emissioni in atmosfera, acqua, suolo ecc).<br />

A secondo il tipo di prodotto o servizio analizzato vengono definiti<br />

i confini iniziali del sistema considerato, cioè, si definiscono le fasi<br />

del processo (unità di processo) da far rientrare o meno nell’analisi.<br />

I confini del sistema possono essere allargati o ristretti anche successivamente<br />

durante la fase di analisi in base ai risultati forniti<br />

dall’analisi di sensitività. Nella descrizione del sistema generalmente<br />

viene disegnato un diagramma di flusso che illustra<br />

in modo trasparente le unità di processo e le loro interrelazioni<br />

con i processi produttivi che si ritiene dover considerare.<br />

Tutte queste informazioni, che precedono l’intera fase di<br />

analisi e valutazione della LCA, vengono raggruppate secondo<br />

la UNI EN ISO<br />

14040 nel cosiddetto<br />

“campo di applicazione<br />

dello studio”.<br />

Life Cycle<br />

Inventory (LCI)<br />

Questa fase prevede la<br />

compilazione di un bilancio<br />

di input ed output<br />

del sistema. Vengono<br />

quindi raccolti e<br />

quantificati i dati relativi a consumo di energia e materie<br />

prime produzione di rifiuti ed emissioni in aria, acqua e<br />

suolo. L’analisi d’inventario deve essere chiara e comprensiva<br />

in maniera da fornire i dati necessari per poter effettuare<br />

un’indagine corretta così come è previsto dalla norma ISO<br />

14041 [6]. L’analisi d’inventario è il momento più importante di<br />

una LCA nel quale si procede alla costruzione di un modello analogico<br />

della realtà in grado di rappresentare tutti gli scambi tra le singole<br />

operazioni appartenenti alla catena produttiva [7].<br />

In questa fase, dunque, individuando i flussi in ingresso e uscita di<br />

un sistema prodotto lungo tutta la sua vita (dalla culla alla tomba)<br />

arriva allo sviluppo di un vero e proprio bilancio ambientale.<br />

Life Cycle Impact Assessment (LCIA)<br />

<strong>La</strong> valutazione d’impatto del ciclo di vita viene descritto nella norma<br />

ISO 14042 [8] e il suo scopo è quello di stimare la significatività<br />

degli impatti ambientali potenziali in termini numerici associati ai<br />

dati di ciascun flusso di materia ed energia raccolto e classificato<br />

nella tabella d’inventario.<br />

In questo step vengono valutati gli effetti sulla salute e sull’ambiente<br />

generati da un prodotto nel corso del suo ciclo di vita. <strong>La</strong> struttura<br />

di una LCIA prevede alcune fasi obbligatorie che convertono i risultati<br />

della fase di LCIA in specifici indicatori che possono essere utilizzati<br />

direttamente o come base per successive valutazioni. <strong>La</strong> valutazione<br />

d’impatto è articolata, quindi, in due fasi:<br />

- Classificazione: cioè innanzitutto è necessario organizzare i risultati<br />

dell’inventario in modo da assegnare le diverse sostanze<br />

(emissioni gassose, liquide, solide ecc,), generate dai processi<br />

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LCA & <strong>solare</strong><br />

considerati nel diagramma, alle diverse categorie d’impatto ambientale.<br />

Quindi ciascun impatto quantificato nell’inventario viene<br />

classificato sulla base dei problemi ambientali a cui può potenzialmente<br />

contribuire. Le categorie generali sono per esempio<br />

l’effetto serra, piogge acide, buco dell’ozono, impatto degli ossidanti<br />

fotochimici ecc.;<br />

- Caratterizzazione: questa operazione consiste nella valutazione<br />

quantitative degli impatti sulle singole tematiche ambientali. Essa<br />

valuta la magnitudo degli impatti delle diverse categorie, in parole<br />

povere si misura l’intensità di un certo input o output sull’ambiente.<br />

Life Cycle Interpretation<br />

L’analisi di LCA si conclude con l’attività interpretativa dei risultati<br />

dei diversi step esaminati nell’eventuale redazione di conclusioni e di<br />

raccomandazioni per il miglioramento delle performance ecologiche<br />

del sistema analizzato cercando anche di ipotizzare scenari alternativi<br />

a quello considerato e viene disciplinata dalla norma ISO 14043<br />

[9]. In questa fase i risultati sono verificati e valutati in correlazione<br />

all’obiettivo e allo scopo prefissati precedentemente anche in relazione<br />

ai risultati dell’analisi di sensitività.<br />

I metodi di valutazione ambientale<br />

impiegati nell’analisi<br />

Tra i vari metodi di valutazione d’impatto esistenti in letteratura è<br />

stato selezionato l’Eco-indicator-99. Questo è un metodo sviluppato<br />

dalla Pré (Product Ecology Consultants) per conto del Ministero<br />

dell’Ambiente olandese e costituisce uno strumento utile ad aggregare<br />

i risultati di una LCA in unità o numeri facilmente comprensibili<br />

ed utilizzabili, chiamati appunto “Eco-indicatori” (Eco-point) [10].<br />

Il metodo impiegando i dati raccolti nell’inventario attraverso una<br />

specifica procedura, fornisce come risultato finale un punteggio che<br />

esprime, in maniera proporzionale, un “danno ambientale”, inteso<br />

come contributo ad almeno una delle tre macrocategorie di danno:<br />

alla salute umana (Human Health, HH), all’ecosistema (Ecosystem<br />

Quality, EQ) e alle risorse (Resources, R).<br />

<strong>La</strong> prima fase della quantificazione degli impatti prevede che l’ammontare<br />

di quelle sostanze elencate nella tabella dell’inventario che<br />

contribuiscono ad una certa categoria d’impatto vengano moltiplicate<br />

per specifici fattori di caratterizzazione che esprimono il contributo<br />

relativo della sostanza alla categoria stessa. Il metodo ecoindicator<br />

99 considera la valutazione delle seguenti categorie d’impatto:<br />

HH Carcinogenics, HH Respiratory organics, HH Respiratory<br />

inorganics, HH Climate change, HH Radiation e HH Ozone layer<br />

misurate in DALY (Disability Adjusted Life Years); EQ Ecotoxicity,<br />

EQ Acidification/Eutrophication e EQ <strong>La</strong>nd-use, misurate in<br />

PDF*m 2 y (Potentially Disappeared Fraction); R minerals e R Fossil<br />

fuels, misurate in MJ surplus. I danni alla salute umana sono espressi<br />

in DALY (Disability Adjusted Life Years).<br />

In questa categoria sono stimati i danni causati da tutte le sostanze<br />

che abbiano un impatto sulla respirazione (composti organici ed<br />

inorganici), sulla carcinogenesi, sui cambiamenti climatici e sullo<br />

strato di ozono; sono comprese in questa categoria anche le radiazioni<br />

ionizzanti. I danni alla qualità degli ecosistemi sono espressi<br />

come la percentuale di specie di piante che si stima siano scomparse<br />

da una certa area a causa delle mutate condizioni ambientali<br />

(PDF*m2*yr, PDF = Potentially Disappeared Fraction of plant species).<br />

In particolare, l’ecotossicità è espressa come la percentuale di<br />

specie che vivono in una certa area in condizioni di stress. I danni<br />

sulle risorse comprendono l’estrazione e l’utilizzo di risorse minerarie<br />

e di combustibili. L’estrazione di risorse è correlata a parametri<br />

che indicano la qualità delle risorse minerarie e fossili che rimangono<br />

nei giacimenti. L’impatto su questa categoria viene quantificato<br />

in termini di maggior energia necessaria per le estrazioni future<br />

(MJ surplus energy) [10]. Definiti i dati dell’inventario questi vengono<br />

suddivisi per categorie d’impatti ambientali e per i loro effetti<br />

potenziali, il metodo quindi prevede una procedura articolata nelle<br />

seguenti tre fasi: 1) la caratterizzazione, che quantifica e aggrega<br />

gli impatti per individuare il danno relativo alla sostanza emessa o<br />

alla risorsa usata; 2) la normalizzazione che prevede una fase di<br />

confronto tra i punteggi ottenuti per ciascuna categoria d’impatto<br />

ed un valore di riferimento che si evince dalla letteratura scientifica.<br />

Questa operazione viene effettuata in modo da poter stabilire la<br />

magnitudo dei risultati della LCIA rispetto ad un valore di riferimento<br />

costituito generalmente da dati medi su scala mondiale regionale<br />

o europea riferiti ad uno specifico intervallo di tempo.<br />

Generalmente il processo di normalizzazione si effettua dividendo<br />

i valori ottenuti nella fase precedente per il danno subito in un anno<br />

dal cittadino medio europeo; 3) la valutazione, che attribuisce<br />

un valore in termini d’importanza a ciascun impatto e che può essere<br />

effettuata seguendo tre diverse prospettive culturali (gerarchica,<br />

individualista e ugualitaria).<br />

<strong>La</strong> valutazione del danno nelle tre categorie è infine aggregata in<br />

un unico indice (single score) che permette di dare un “punteggio”<br />

agli scenari. Quanto più elevato è il valore del punteggio tanto<br />

maggiore è il danno causato dal processo analizzato. Un altro metodo,<br />

piuttosto diffuso negli studi di LCA, è l’EPS 2000 (Environmental<br />

Priority Strategies in product design) sviluppato con l’intento di<br />

supportare i progettisti nella progettazione di nuovi prodotti. Lo sviluppo<br />

di un nuovo prodotto è un processo dinamico e complesso in<br />

cui sono frequenti cambiamenti sostanziali. Pertanto è importante<br />

considerare fin dall’inizio tutti gli aspetti connessi al prodotto che si<br />

vuole sviluppare, compresi quelli ambientali. Il metodo EPS è stato<br />

ideato in Svezia nel 1989 su richiesta della Volvo, come cooperazione<br />

tra stessa la Volvo, lo Swedish Environmental Research Institute<br />

(IVL) e la Swedish Federation of Industries.<br />

Il metodo EPS 2000 (Environmental Priority Strategies in product<br />

design), considera quattro categorie di danno [11]: Human Health,<br />

Ecosystem Production Capacity, Abiotic Stock Resource, Biodiversity.<br />

In ogni categoria di danno sono comprese una o più categorie<br />

d’impatto, ciascuna univocamente determinata da una propria<br />

unità di misura. Le categorie d’impatto considerate nella Human<br />

Health sono cinque: 1) Life expectancy (aspettativa di vita) 2) Severe<br />

morbidity and suffering (grave malattia) 3) Morbidity (malattia)<br />

4) Severe Nuisance (forte fastidio) 5) Nuisance (fastidio irritante ma<br />

senza alcun effetto diretto sulla salute), tutte espresse in person year<br />

(o YOLL-years of lost life cioè anni di vita persi dalla comunità mondiale<br />

a causa delle malattie prodotte dalla sostanza considerata). Le<br />

categorie d’impatto considerate nell’Ecosystem Production Capacity<br />

sono le seguenti: 1) Crop Growth Capacity (capacità di crescita del<br />

raccolto) 2) Wood Growth Capacity (capacità di crescita del legname)<br />

3) Fish and Meat Production (produzione di carne e pesce) (tutte<br />

espresse in kg) 4) Soil Acidification, espressa in H+ moli equivalenti<br />

5) Prod. Cap. Irrigation water (espressa in kg) 6) Prod. Cap.<br />

Drinking water (espressa in kg).<br />

<strong>La</strong> categoria d’impatto considerata nell’Abiotic Stock Resource è<br />

depletion of reserves (l’unità di misura è l’ELU, environmental load<br />

unit, cioè la disponibilità a pagare per la sostituzione delle risorse<br />

abiotiche in esaurimento). Infine la categoria d’impatto considerata<br />

in Biodiversity è Species Extinction e l’unità di misura è il NEX rapporto<br />

tra il numero di specie estinte a causa della sostanza e il numero<br />

totale di specie estinte in un anno.<br />

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LCA & <strong>solare</strong><br />

FIGURA 2 - Il concentratore parabolico ANU. Fonte: [13]<br />

<strong>La</strong> LCA di una centrale <strong>solare</strong> termica<br />

Aspetti relativi all’impianto ed alla tecnologia impiegata<br />

L’obiettivo di questo studio è una preliminare valutazione d’impatto<br />

ambientale derivante dai processi di produzione di elettricità di un<br />

impianto <strong>solare</strong> termodinamico che impiega i <strong>concentratori</strong> solari a<br />

specchi <strong>parabolici</strong> collegati ad un motore stirling. L’unità funzionale<br />

prescelta è 1 kWh di elettricità. In modo più specifico verranno valutate<br />

le più importanti conseguenze ambientali associate alla produzione<br />

di 1 kWh, generato da una centrale <strong>solare</strong> termodinamica<br />

analizzata lungo tutto il suo ciclo di vita.<br />

Si è ipotizzato che la fabbricazione dei <strong>concentratori</strong> e dei motori<br />

ha luogo nel continente australiano, in quanto ideati e progettati<br />

dall’Australian National University (ANU), mentre il loro assemblaggio,<br />

installazione e messa in opera con tutti i servizi connessi, incluse<br />

la fase di manutenzione e di demolizione di fine vita, si abbia in Italia<br />

più precisamente in una zona industriale del sud della Sicilia ove<br />

s’ipotizza la realizzazione della centrale. L’impianto consiste in un<br />

campo di 17 specchi <strong>parabolici</strong>, gli ANU - big dish, ciascuno di superficie<br />

pari a 400 m 2 (Figura 2), collegati a 5 motori a ciclo stirling<br />

in grado di produrre elettricità. Il sistema opera esclusivamente durante<br />

le ore diurne in quanto non è dotato di alcuna unità di backup<br />

ed ha un’efficienza di conversione <strong>solare</strong> pari al 18% [12]. Il funzionamento<br />

del sistema si basa sul seguente processo: lo specchio<br />

parabolico riflette i raggi solari in una cavità ricevente localizzata<br />

nel punto focale del concentratore, quindi, la radiazione <strong>solare</strong>, assorbita<br />

dal ricevitore, trasferisce il calore ad un fluido vettore (elio,<br />

idrogeno o acqua/vapore) del motore stirling fino a raggiungere<br />

una temperatura di circa 550 °C [13]. Il calore del sole viene convertito<br />

in energia meccanica grazie al motore stirling e successivamente<br />

un generatore elettrico, connesso direttamente al motore, converte<br />

l’energia meccanica in elettricità (Figura 3). Per un funzionamento<br />

ottimale è necessario che il concentratore sia perfettamente<br />

orientato al sole, quindi questo viene montato su un sistema di puntamento<br />

a due assi che permette un orientamento verticale e orizzontale<br />

del concentratore. Maggiori dettagli tecnici, sulla tecnologia<br />

dei ANU big dish, possono essere ricavati dai lavori [13] e [14].<br />

Descrizione e confini del sistema<br />

Si è ipotizzato che il prototipo di centrale <strong>solare</strong> termica, oggetto del<br />

caso studio, venga installata in una località a sud della Sicilia ove vi<br />

sono ottime condizioni di soleggiamento. Lo studio include le fasi che<br />

riguardano la fabbricazione dei collettori solari e i motori stirling, il<br />

trasporto, la costruzione e lo smantellamento della centrale e infine il<br />

riciclaggio dei materiali. Nella Figura 4 viene illustrato uno schema<br />

che riproduce i confini del sistema. Le principali fasi prese in considerazione<br />

nell’analisi sono articolate nel modo seguente:<br />

- Fabbricazione dei <strong>concentratori</strong> e dei motori stirling: i principali<br />

materiali utilizzati per la fabbricazione sono acciaio, rame, cemento<br />

per le fondamenta, polistirene, fibra di vetro, alluminio e<br />

combustibile (diesel). Nell’analisi viene inclusa anche l’estrazione<br />

e la lavorazione dei materiali vergini prodotti in Australia;<br />

- Trasporto: questa fase include il trasporto dei <strong>concentratori</strong> e dei<br />

motori dal sito di produzione (per mezzo di una nave transoceanica<br />

di grosso tonnellaggio) e il trasporto dei vari materiali necessari<br />

alla realizzazione della centrale quali cemento e acciaio<br />

per le fondamenta (tramite TIR);<br />

- Demolizione e smontaggio: S’ipotizza che a<br />

fine vita della centrale (dopo 30 anni circa)<br />

tutto il materiale impiegato per i <strong>concentratori</strong><br />

e i motori, potenzialmente riciclabile,<br />

venga riutilizzato come materia prima secondaria<br />

e quindi reimmesso in cicli produttivi<br />

di altri prodotti.<br />

Qualità dei dati<br />

FIGURA 3 - <strong>La</strong> configurazione dell’impianto. Fonte: [14]<br />

<strong>La</strong> criticità maggiore di questo strumento di analisi<br />

risiede nella disponibilità dei dati e delle<br />

informazioni (spesso insufficienti) per lo sviluppo<br />

dei calcoli di quantificazione e valutazione degli<br />

impatti ambientali. Un prerequisito fondamentale<br />

per una corretta analisi di LCA è proprio la<br />

qualità dei dati il cui reperimento spesso richiede<br />

tempi lunghi e molta attenzione. Solitamente<br />

lo studio viene condotto per approssimazioni<br />

successive man mano che si aggiornano e affinano<br />

le informazioni disponibili. È necessario,<br />

perciò, adottare un approccio di tipo dinamico e<br />

iterativo, di costante revisione dei calcoli, sulla<br />

base delle nuove informazioni che si raccolgo-<br />

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LCA & <strong>solare</strong><br />

no, infatti capita spesso che i dati non sempre sono<br />

facilmente adattabili alle condizioni del contesto di<br />

riferimento. Man mano che si mettono insieme i dati<br />

e si struttura meglio il sistema si possono individuare<br />

elementi di maggiore e minore criticità<br />

e quindi si può operare una integrazione<br />

o correzione del set di dati occorrente.<br />

Per semplificare l’attività di selezione<br />

sono disponibili una serie di data-base<br />

che però non riescono sempre a garantire<br />

un’adeguata affidabilità scientifica. I<br />

dati selezionati nell’inventario saranno<br />

la base per la valutazione dell’impatto<br />

sull’ambiente del ciclo di vita del prodotto<br />

o servizio pertanto la sua compilazione<br />

deve essere realizzata seguendo un<br />

piano ben definito e trasparente. I dati<br />

primari provengono in particolare dallo<br />

studio redatto dall’ACARPP [6] e sebbene derivino<br />

da fonti sicure, purtroppo, rimangono alcune<br />

incertezze mentre i dati secondari, in particolare<br />

per i dati relativi all’estrazione delle<br />

materie prime, ai dati sul trasporto e il riciclaggio<br />

si è fatto ricorso alle librerie disponibili<br />

nel codice di calcolo SIMAPRO [9]. In<br />

particolare per i metalli si sono utilizzate<br />

la ETH-ESU 1996, IDEMAT 2001, BU-<br />

WAL 1996, per i materiali da costruzione<br />

ETH-ESU 1996, IDEMAT 2001, per il trasporto<br />

ETH 1996.<br />

I risultati riportati (Figure 5 e 6) riproducono<br />

due diversi scenari: con o senza riciclaggio.<br />

Nel primo caso si è ipotizzato<br />

che a fine vita la centrale venga smantellata<br />

recuperando e reimmettendo nei cicli<br />

produttivi tutto ciò che è possibile riciclare<br />

con evidenti benefici in termini di risparmio di risorse naturali<br />

e di minore impatto sull’ambiente, mentre nel secondo caso si ipotizza<br />

che a fine vita della centrale non venga recuperato nulla e la<br />

procedura di dismissione non viene specificata in alcun modo. I risultati<br />

dell’analisi sono riportati nei grafici che seguono.<br />

Dall’analisi dei risultati appare evidente come la fase più<br />

critica, in termini d’impatto ambientale, è quella che riguarda<br />

l’attività di costruzione e di assemblaggio della<br />

centrale <strong>solare</strong> segue per importanza la fase del trasporto<br />

via mare dei <strong>concentratori</strong> solari e dei motori dal continente<br />

australiano (ove si ipotizza siano fabbricati) alla Sicilia<br />

sito previsto per l’installazione. Tale operazione viene<br />

effettuata con una nave cargo transoceanica di grosso<br />

FIGURA 4<br />

Confini del sistema<br />

tonnellaggio mentre la fase di trasporto terrestre, dal porto sino al<br />

sito ove si realizzerà la centrale, avviene tramite TIR ed in termini di<br />

impatto ambientale è da ritenersi trascurabile. <strong>La</strong> Figura 7 illustra<br />

invece l’impatto ambientale in termini di emissioni di sostanze<br />

inquinanti (classificate per categoria d’impatto) per kWh di<br />

elettricità prodotto dalla centrale, da cui si può rilevare l’emissione<br />

di gas serra pari ad appena 13 g/kWh. <strong>La</strong> Figura 8<br />

Analisi d’impatto<br />

e principali risultati<br />

FIGURA 5 - Quantificazione delle diverse<br />

categorie d’impatto (con riciclaggio)<br />

FIGURA 6 - Quantificazione delle diverse<br />

categorie d’impatto (senza riciclaggio)<br />

<strong>La</strong> <strong>Termotecnica</strong> • Gennaio/Febbraio 2007<br />

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LCA & <strong>solare</strong><br />

FIGURA 7 - L’impatto per kWh di elettricità prodotta<br />

mostra il bilancio energetico cioè il rapporto tra l’energia primaria utilizzata<br />

per la produzione, trasporto installazione e demolizione della<br />

centrale <strong>solare</strong> e l’elettricità che la stessa centrale fornisce alla rete elettrica<br />

nell’arco dei suoi 30 anni di vita utile. <strong>La</strong> Figura 9 illustra, appunto,<br />

l’impatto ambientale della centrale <strong>solare</strong> in base alle tre macrocategorie<br />

suddette impiegando il metodo Eco-indicator99. Mentre le Figure<br />

10 e 11 riportano i risultati impiegando il metodo EPS.<br />

Conclusioni<br />

Come si evince dai risultati su esposti l’impatto ambientale complessivo<br />

derivante dall’intero ciclo di vita di una centrale <strong>solare</strong> termica<br />

che impiega le tecnologie a <strong>concentratori</strong> <strong>parabolici</strong> lineari è estremamente<br />

contenuto e sostanzialmente insignificante<br />

rispetto all’impatto prodotto<br />

da centrali tradizionali a combustibili<br />

fossili. Le emissioni di CO 2 eq. sono di appena<br />

13 g/kWh di elettricità prodotta<br />

(senza riciclaggio) e buono appare anche<br />

il bilancio energetico. I risultati ottenuti<br />

sono piuttosto incoraggianti e meritano<br />

ulteriori approfondimenti in particolar<br />

modo si prevede di sviluppare una<br />

comparazione con le altre tecnologie di<br />

<strong>solare</strong> termodinamico che impiegano<br />

<strong>concentratori</strong> solari.<br />

FIGURA 8 - Bilancio energetico<br />

Bibliografia<br />

[1] L. Gagnon, C. Bélanger, Y. Uchiyama, Life-cycle assessment of<br />

electricity generation options: the status of research in year 2001,<br />

Energy Policy 30, pp. 1267-1278, 2002.<br />

[2] G. Weinrebe , M. Bohnke, F. Trieb, Life Cycle Assessment of an<br />

80 MW SEGS plant and a 30 MW Phoebus power tower, in Proc.<br />

1998 International Solar Energy Conference “Solar Engineering” June<br />

14-17, Albuquerque NM, USA.<br />

[3] Y. Kemmoku, K. Ishikawa, S. Nakagawa, T. Kawamoto, T.<br />

Sakakibara, Life cycle CO 2 emissions of a photovoltaic/wind/diesel<br />

generating system, Electrical Engineering in Japan, Vol. 138, No. 2,<br />

2002, pp. 14-23.<br />

FIGURA 9 - Valutazione del danno<br />

(Eco-indicator-99)<br />

FIGURA 10 - Valutazione del danno (EPS)<br />

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071_TER_gen_cavallaro 31-01-2007 22:33 Pagina 77<br />

LCA & <strong>solare</strong><br />

FIGURA 11 - Valutazione del danno “punteggio singolo” (EPS)<br />

[4] F. Cavallaro, R. Salomone, Life Cycle Assessment of an off-shore wind<br />

farm: preliminary results, in Proc. 2003 European Seminar - Offshore<br />

wind energy in mediterranean and other european seas- ENEA, Naples.<br />

[5] ISO 14040: 1997 Environmental management - Life cycle assessment<br />

- Principles and framework.<br />

[6] ISO 14041: 1998 Environmental management - Life cycle assessment<br />

- Goal and scope definition and inventory analysis.<br />

[7] Baldo G. L., Life Cycle Assessment. Uno strumento di analisi<br />

energetica ed ambientale, Ipaservizi Editore, 2000, Milano (Italy).<br />

[8] ISO 14042: 2000 Environmental management<br />

- Life cycle assessment - Life cycle impact<br />

assessment.<br />

[9] ISO 14043: 2000 Environmental management<br />

- Life cycle assessment - Life cycle interpretation.<br />

[10] PRé Consultants B.V., The Eco-indicator 99<br />

- A damage oriented method for Life Cycle Impact<br />

Assessment - Methodology Report, 1999.<br />

[11] Pergreffi R., Neri P., Spadoni G., Confronto<br />

fra tre metodi di valutazione dell’impatto<br />

ambientale applicato al caso dell’analisi del ciclo<br />

di vita di un servizio. Giornata di studio, Life<br />

Cycle Assessment (LCA) e progettazione ecosostenibile,<br />

Genova, 7 Luglio 2004.<br />

[12] The Australian Coal Association Research<br />

Program (ACARP), Report ACARP2 (2001)<br />

- LCA of steel and electricity production.<br />

[13] P. Siansukone, K. Lovegrave, Modelling of 400 m 2 steam based<br />

paraboloidal dish concentrator for solar thermal power production,<br />

in Proc. 2003 Annual Conference of the Australian and New<br />

Zealand Solar energy Society, Melbourne, Australia.<br />

[14] K. Lovegrove, T. Taumoefolau, S. Paitoonsurikarn, P. Siangsukone,<br />

G. Burgess, A. Luzzi, G. Johnston, O. Becker, W. Joe, G.<br />

Major, Paraboloidal dish solar concentrator for multi-megawatt<br />

power generation, in Proc. 2003 International Solar Energy Society -<br />

Solar World Congress, Gotenborg, Sweden.<br />

■<br />

<strong>La</strong> <strong>Termotecnica</strong> • Gennaio/Febbraio 2007<br />

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