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Il mosaico di Otranto - Grande Oriente D'Italia - Lombardia

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La Cattedrale dell'Annunziata,<br />

Ignota è la data <strong>di</strong> fondazione della Cattedrale dell'Annunziata, denominazione con la quale<br />

viene identificata la cattedrale latina <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>,sorta ai margini della città antica in quella che<br />

per secoli era stata la roccaforte del potere bizantino in Italia meri<strong>di</strong>onale. È probabile che la<br />

sua costruzione sia stata iniziata dopo il 1070, anno della conquista normanna della città. Nel<br />

1088 viene consacrato l’altare maggiore I. dagli archivi datati 1308 il duomo <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> risulta<br />

compreso nell’inventario dei beni dei Templari leccesi. I lavori <strong>di</strong> trasformazione della chiesa<br />

superiore si conclusero intorno agli anni ’60 del XII secolo, quando l’arcivescovo Gionata mise<br />

mano alla realizzazione del vasto tappeto musivo che ricopre l’intera superficie dell’aula<br />

sacra, come documentano le numerose iscrizioni che lo accompagnano il Mosaico che ancora<br />

oggi si può ammirare integralmente, ad onta dei tanti interventi <strong>di</strong> restauro,e<br />

dei danni arrecati dai parte dei Turchi il 12 agosto del 1480. <strong>Il</strong> tempio è orientato sulla linea in<br />

cui il sole lega l'est con l'ovest ed il <strong>mosaico</strong> pavimentale <strong>di</strong> circa 600 metri quadri <strong>di</strong> superficie<br />

incellato dal monaco Pantaleone, proveniente dal vicino monastero <strong>di</strong> San Nicola <strong>di</strong> Casole,<br />

nel XII secolo D.C. è si espressione della cultura latina che i Normanni introducono in <strong>Otranto</strong><br />

ma è profondamente legata all’<strong>Oriente</strong>.<br />

<strong>Il</strong> pavimento della navata è interamente occupato da un grande albero sostenuto da due<br />

elefanti, il cui tronco <strong>di</strong>vide in due parti, in senso longitu<strong>di</strong>nale, l’intera superficie. I due elefanti<br />

si volgono il dorso per guardare, a sinistra, un combattimento tra due uomini, muniti <strong>di</strong> scudo<br />

rotondo e <strong>di</strong> lunghi bastoni, e a destra, un uomo nudo e una donna intenti a suonare una<br />

tromba, fra due cavalli dalle code intrecciate. I rami dell’albero si aprono simmetricamente e<br />

sui margini laterali della navata si piegano in su per un breve tratto, delimitando la porzione<br />

inferiore del pavimento. Tra una brulicante composizione <strong>di</strong> varie figure umane e animali<br />

emerge, sul lato destro, l’immagine <strong>di</strong> re Alessandro, vestito come un basileus bizantino fra<br />

due grifoni che tendono il collo per afferrare la carne che il Macedone mostra loro infilzata su<br />

due aste. Sul lato sinistro una figura femminile intenta a saettare un cervo, accanto ad una<br />

scacchiera. Imme<strong>di</strong>atamente sopra, una grande figura <strong>di</strong> leone quadricorporato che poggia la<br />

sua enorme figura su un mostro intento a <strong>di</strong>vorare un enorme serpente.<br />

Nel registro superiore, sullo stesso lato, è narrata la costruzione della Torre <strong>di</strong> Babele:<br />

quattor<strong>di</strong>ci figure, alcune in bilico su scale, altre appollaiate sui merli, sono impegnate con<br />

grande operosità nell’impresa. Intorno ai rami dell’albero, tra foglie e frutti simili a fichi, esseri<br />

fiabeschi dalle forme demoniache, rapaci, pesci, figure umane nude e in<strong>di</strong>fese popolano la<br />

scena. Nella zona successiva, sud<strong>di</strong>visa dalle due fasce con le iscrizioni, sono rappresentati<br />

Noé ed i suoi figli che piantano viti accanto ad una serie <strong>di</strong> personaggi fantastici tra cui spicca<br />

la figura <strong>di</strong> un uomo nudo che cavalca un gigantesco struzzo, intento a suonare una lunga<br />

tromba. Nel registro superiore, a partire da sinistra, si osserva la figura <strong>di</strong> Noé, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

maggiori delle altre, in ginocchio mentre riceve l’or<strong>di</strong>ne da Dio – simboleggiato dall’imperioso<br />

braccio che bene<strong>di</strong>ce alla greca – <strong>di</strong> costruire l’arca. Alcuni carpentieri appaiono già intenti a<br />

compiere i primi preparativi, mentre nel lato destro, è la scena dell’imbarco degli animali<br />

destinati a sopravvivere al Diluvio. Si chiude in questo modo la prima sezione del <strong>mosaico</strong>.<br />

Seguono, all’interno <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci cornici circolari <strong>di</strong> eguale <strong>di</strong>ametro, le rappresentazioni dei mesi<br />

e dello zo<strong>di</strong>aco. Al <strong>di</strong> sopra una serie <strong>di</strong> scene attinte dal Vecchio Testamento.<br />

Tra le ultime propaggini del grande albero sono riconoscibili, da sinistra, Adamo ed Eva arrampicati tra i rami, poi la loro cacciata<br />

dal Para<strong>di</strong>so Terrestre per opera dell’Angelo, quin<strong>di</strong> una porta, forse del Para<strong>di</strong>so Terrestre chiusa e custo<strong>di</strong>ta da un uomo cinto in<br />

vita da un perizoma con un lungo bastone tra le mani. Seguono Caino e Abele (i cui nomi sono evidenziati da due iscrizioni) che<br />

offrono a Dio, rispettivamente, un mazzo <strong>di</strong> spighe ed un capretto, secondo il racconto biblico, ed infine l’uccisione <strong>di</strong> Abele, a cui<br />

Dio chiede conto attraverso un’altra iscrizione tratta dal versetto biblico (Gn. 4,9): «Ubi e(st) Abel fra(ter) tuus». Fra la cacciata dei<br />

progenitori e la morte <strong>di</strong> Abele è inserita un’altra scena: un re, che la scritta posta accanto permette <strong>di</strong> identificare come Artù, a<br />

cavallo <strong>di</strong> un ariete, raffigurato in un gesto <strong>di</strong> sgomento <strong>di</strong> fronte all’improvviso assalto <strong>di</strong> un felino. Una grande lacuna del <strong>mosaico</strong>,<br />

dovuta alla <strong>di</strong>struzione dell’antica iconostasi della chiesa, interrompe questa sequenza narrativa. <strong>Il</strong> <strong>mosaico</strong> riprende nella zona<br />

presbiteriale con una serie <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci rotae, che accolgono ora personaggi biblici ora raffigurazioni animali. Al centro, in basso, la<br />

cima del grande albero termina con il serpente che si protende verso Eva. Questa occupa il tondo <strong>di</strong> sinistra, mentre Adamo è<br />

raffigurato nel tondo destro. Entrambi stanno per portare alla bocca un fico. Nei ton<strong>di</strong> laterali figurano rispettivamente un toro ed un<br />

altro quadrupede. Nella fila superiore, a partire da sinistra, compaiono invece un cammello, un drago che <strong>di</strong>vora un capretto, un<br />

elefante, un felino che azzanna una preda.<br />

Nel terzo registro in successione sono raffigurati: un quadrupede dalle lunghe corna con aculei sulle cosce e la scritta, <strong>di</strong> oscuro<br />

significato, gris, un centauro che saetta un cervo, un monaco <strong>di</strong> fronte ad un unicorno. Nelle rotae superiori è la regina <strong>di</strong> Saba ,<br />

accompagnata dalla scritta esplicativa Regina austri, il il re Salomone (Rex Salomon), una sirena che si afferra con le mani la coda<br />

biforcuta e un grifone che solleva tra le zampe un capretto accompagnato da un’altra iscrizione (pasca) <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile comprensione.<br />

Negli spazi lasciati liberi tra i ton<strong>di</strong> sono campite <strong>di</strong>verse figure <strong>di</strong> animali tra cui una volpe che suona i piatti, un asino che suona<br />

l’arpa, una volpe ed un gallo, un uccello che lotta con un istrice, e, quasi a caratterizzare l’ambiente marino della sirena, un polipo e<br />

un pesce.<br />

La zona è delimitata dalla prima delle iscrizioni che accompagnano il <strong>mosaico</strong>. Superiormente una fascia decorata ancora da una<br />

folla <strong>di</strong> animali, serpenti, galli, lupi ed infine i funerali della volpe finta morta. Un’altra grande lacuna, dovuta alla costruzione <strong>di</strong> un


altare monumentale, interrompe il <strong>mosaico</strong>, che riprende nell’abside. Qui, ve<strong>di</strong>amo rappresentato, sul lato destro, Giona nell’atto <strong>di</strong><br />

essere <strong>di</strong>vorato dal pesce mentre due uomini cercano <strong>di</strong> resistere alla furia del vento ammainando la vela. Tutt’intorno una scena <strong>di</strong><br />

genere con una miriade <strong>di</strong> pesci che guizza introno al profeta, mentre due <strong>di</strong> essi hanno abboccato all’amo che un pescatore ha<br />

loro gettato. Le successive figurazioni sono <strong>di</strong>sposte secondo un or<strong>di</strong>ne vario ma con andamento ra<strong>di</strong>ale rispetto all’altare<br />

maggiore. Di seguito ve<strong>di</strong>amo Giona mentre dorme sotto le stelle, dopo essersi salvato dal pesce, al riparo dalle frasche che Dio<br />

aveva fatto miracolosamente sorgere in un solo giorno. Accanto, Giona (Ionas propheta) <strong>di</strong>stende un grande cartiglio su cui è<br />

scritto: «Adhuc XL <strong>di</strong>es et Ninive subvertetur» (Giona 3,4) [trad.:Ancora quaranta giorni e Ninive sarà <strong>di</strong>strutta]. È la scena della<br />

notifica della terribile profezia: ad essa segue sulla <strong>di</strong>agonale destra l’immagine del re <strong>di</strong> Ninive che si spoglia degli abiti regali per<br />

indossare un saio accingendosi a fare penitenza. Sopra questa figura è una barca in cui due uomini <strong>di</strong>scutono animatamente con<br />

un terzo personaggio, sospeso nel nulla. Si vedono <strong>di</strong> seguito le porte, le mura e i merli della città da cui i trombettieri annunciano la<br />

terribile profezia. Alla sommità del cerchio absidale è la rappresentazione della caccia al cinghiale. <strong>Il</strong> lato sinistro è dominato dalla<br />

figura <strong>di</strong> Sansone (in<strong>di</strong>viduato dalla scritta Samson posta a lato) sul dorso <strong>di</strong> un leone a cui sta staccando la mascella (Giu<strong>di</strong>ci<br />

14,6).<br />

Nelle navate laterali il <strong>mosaico</strong> comincia dopo le scale che conducono alla cripta e si<br />

estende <strong>di</strong> qui fino all’altare. In quella <strong>di</strong> destra ancora un grande albero incornicia con i<br />

rami una serie <strong>di</strong> animali e mostri: cani, sfingi, leoni e un drago che ingoia un capretto. La<br />

parte terminale, assai lacunosa presenta una serie <strong>di</strong> figure umane riconoscibili dalle<br />

scritte che le accompagnano. Così il giovinetto che bran<strong>di</strong>sce un rotulo può essere<br />

identificato con Samuele. Sopra questa figura un altro personaggio in trono con un lungo<br />

rotulo spiegato è accompagnato dalla enigmatica scritta, forse in parte frutto <strong>di</strong> restauro,<br />

Marguacius. Accanto ad essa, sulla destra, una gigantesca figura con un piccolo<br />

personaggio che occupa parzialmente lo spazio tra le sue gambe. All’apice dell’albero<br />

prende posto Atlante, la testa curvata e le braccia rialzate a sostenere la Terra,<br />

rappresentata da un <strong>di</strong>sco tondo riempito da tessere triangolari <strong>di</strong> sectile, <strong>di</strong>sposte in<br />

cerchi concentrici. Nella navata sinistra un altro albero sostenuto da un bue spartisce la<br />

rappresentazione delle anime dei dannati e degli eletti. In alto a destra un uomo incatenato<br />

mani e pie<strong>di</strong>, da viso <strong>di</strong>storto da una smorfia si <strong>di</strong>chiara, per la scritta che gli è accanto,<br />

Infernus. Gli è seduto vicino, su un mostro serpentiforme, Satanas incoronato. Ad <strong>di</strong> sotto<br />

si vedono i dannati tra le fiamme, stritolati da mostri e serpenti o, in basso, immersi in un<br />

grande calderone. Ancora più giù un <strong>di</strong>avolo che afferra un tridente si contrappone ad un<br />

angelo con la bilancia in mano per pesare le anime. Nella parte <strong>di</strong> sinistra, all’altezza <strong>di</strong><br />

Satana i tre patriarchi Abramo Isacco e Giacobbe accolgono sulle ginocchia le anime degli<br />

eletti. Nella zona inferiore tra i rami <strong>di</strong> un secondo albero sono le figure <strong>di</strong> altri due giovani<br />

tra vari animali. Fino ad oggi si pensava, che questo simbolo inusuale per <strong>di</strong>mensioni e<br />

centralità nell'opera, rappresentasse l'Albero della Vita, ma decifrare il <strong>mosaico</strong> è stato, da<br />

sempre, un intricato enigma privo <strong>di</strong> soluzioni cre<strong>di</strong>bili. L’interpretazione più coerente in<br />

relazione alle scene raffigurate è che esso rappresenti l'arbor mala: lo <strong>di</strong>mostra la<br />

presenza, alla cima dell’albero, del serpente che induce al peccato la prima coppia del<br />

genere umano. D’altro canto, secondo la tra<strong>di</strong>zione biblica, ripresa dalle due figure dei<br />

progenitori, il frutto proibito era un fico e fichi<br />

straor<strong>di</strong>nariamente grossi pendono da tutti i rami dell’albero. Un’altra interpretazione si<br />

basa sulla presenza, all’altezza dell’arca, <strong>di</strong> un’ascia conficcata nel tronco, che ne<br />

ri<strong>di</strong>mensionerebbe il significato negativo. L’albero, fino a questo punto simbolo del male,<br />

assumerebbe il valore <strong>di</strong> strumento sussi<strong>di</strong>ario <strong>di</strong> salvezza, attraverso il quale superare la<br />

male<strong>di</strong>zione del peccato originale (Willemsen). <strong>Il</strong> primo <strong>di</strong>lemma che ci si trova <strong>di</strong> fronte è<br />

dovuto alla totale assenza <strong>di</strong> riferimenti neotestamentari, e la cosa è, a <strong>di</strong>r poco, inusuale<br />

per una chiesa cristiana. Le raffigurazioni sono, per lo più, tratte dall'antico testamento, ma<br />

svariati simboli e immagini appaiono, ad una prima analisi superficiale, totalmente fuori<br />

contesto: ve<strong>di</strong>amone qualche esempio. <strong>Il</strong> presbiterio, ove è rappresentata, appunto, la<br />

cacciata dal para<strong>di</strong>so terrestre <strong>di</strong> Adamo ed Eva, ospita la prima presenza inspiegabile: re<br />

Artù, raffigurato in groppa ad un caprone mentre impugna uno scettro stranamente curvo.<br />

Che si tratti <strong>di</strong> Re Artù non v'è dubbio data la presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>citura in bell'evidenza.<br />

Sulla punta dell'albero, collocata proprio sotto la cupola della chiesa, e quin<strong>di</strong> al centro tra<br />

le navate laterali subito sotto il presbiterio, è avvolto il serpente simbolo del demonio posto<br />

tra le figure <strong>di</strong> Adamo ed Eva. Inutile <strong>di</strong>re che la collocazione appare, quantomeno,<br />

provocatoria.<br />

Scendendo in basso si incontra la raffigurazione dei do<strong>di</strong>ci mesi dell'anno e ancora più sotto troviamo una vasta rappresentazione<br />

del <strong>di</strong>luvio universale. La scena va letta da sinistra a destra e mostra l'or<strong>di</strong>ne impartito da Dio a Mosè, raffigurato dalla mano <strong>di</strong> Dio,<br />

fino alla costruzione dell'Arca, ed alla salita degli animali sulla imbarcazione. In questa sommaria analisi delle rappresentazioni<br />

musive, stiamo seguendo un percorso <strong>di</strong> lettura inverso a quello che si sarebbe portati ad utilizzare. Partiamo infatti dal presbiterio<br />

e muoviamoci verso la porta della cattedrale ci imbattiamo subito nell'episo<strong>di</strong>o della costruzione della Torre <strong>di</strong> Babele. La<br />

<strong>di</strong>mensione dell'immagine e la sua posizione in chiara evidenza, ci<br />

spingono a credere che Pantaleone abbia voluto attribuire ad essa un particolare significato che<br />

va oltre quello puramente narrativo. A rendere ancora più intricata la decifrazione della simbologia, interviene uno stranissimo leone<br />

dotato <strong>di</strong> quattro corpi connessi ad un'unica testa.(che sembrano essere<br />

uno svastica) In posizione simmetrica troviamo un'altra inspiegabile presenza che ci segnala, se ancora ve ne fosse stato bisogno,<br />

che la chiave <strong>di</strong> lettura del <strong>mosaico</strong> non è né quella veterotestamentaria, né quella cronologica:


Alessandro Magno. <strong>Il</strong> Mosaico e la cabala La prima prospettiva interpretativa dell'opera del monaco Pantaleone è quella<br />

cabalistica. La corrispondenza posizionale tra raffigurazioni principali del <strong>mosaico</strong> e le Sefirot della Cabala non lascia dubbi sulla<br />

volontà del monaco, <strong>di</strong> segnalare questa interpretazione come canale privilegiato d'interpretazione. Visto in dettaglio la<br />

sequenza dei paralleli. Partiamo dai simboli cabalistici espliciti. La contrapposizione che troviamo nella parte inferiore del <strong>mosaico</strong><br />

tra il leone con quattro corpi ed Alessandro Magno ha un omologo evidente nelle Sefirot inferiori: lo Splendore (il leone con volto<br />

solare) e la Vittoria (l'invincibile Alessandro Magno). Di pari evidenza è il parallelo tra le Sefirot centrali della cabala e la parte<br />

centrale del <strong>mosaico</strong>. <strong>Il</strong> Rigore (Severità) è rappresentata dalla punizione <strong>di</strong>vina e dall'or<strong>di</strong>ne dato a<br />

Mosè da Dio (la mano che appare a sinistra). La Pietà, invece, contrapposta al Rigore, è in<strong>di</strong>cata attraverso la raffigurazione<br />

dell'Arca. Nella parte superiore del <strong>mosaico</strong>, l'Intelligenza è raffigurata con l'albero della vita e quello del bene e del male, <strong>di</strong> fronte<br />

a cui si pone la scelta <strong>di</strong> Adamo. <strong>Il</strong> suo desiderio <strong>di</strong> conoscenza razionale lo porta alla scelta sbagliata: quella semplicistica e quin<strong>di</strong><br />

alla scelta dell'albero del bene e del male anziché <strong>di</strong> quello della vita. All'intelligenza è contrapposta la Saggezza (Intuizione), che<br />

viene raffigurata con Re Artù ed il gatto con gli stivali. Infine la Corona raffigurata con la cosmogenesi nella parte superiore del<br />

<strong>mosaico</strong>, rappresenta il mistero, l'illuminazione ed il massimo livello <strong>di</strong> conoscenza.<br />

I due alberi La Cabala è tra<strong>di</strong>zionalmente in<strong>di</strong>cata anche con il termine Albero della Vita. Essa, ben lontana dai tra<strong>di</strong>zionali<br />

pregiu<strong>di</strong>zi che ne danno un'interpretazione puramente magica, rappresenta, in realtà, la chiave <strong>di</strong> lettura unica degli episo<strong>di</strong> biblici e<br />

rivela il progetto <strong>di</strong> redenzione e <strong>di</strong> amore <strong>di</strong> Dio verso l'uomo. La cabala sintetizza il percorso sapienziale che l'uomo deve<br />

compiere per giungere a Dio. Essa ha un legame stretto con gli alberi del para<strong>di</strong>so raffigurati nell'opera musiva.<br />

Privata, come appare nel <strong>mosaico</strong>, delle Sefirot connesse al ramo centrale, sostituito dal grande albero, rappresenta l'albero del<br />

bene e del male. Le Sefirot laterali, non me<strong>di</strong>ate dalle due Sefirot della Consapevolezza e della Me<strong>di</strong>tazione (la Bellezza e la<br />

Conoscenza), <strong>di</strong>viene strumento <strong>di</strong> per<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> eterna scissione e eterna oscillazione tra il bene ed il male. Pantaleone ci vuole<br />

suggerire in maniera esplicita questo significato, raffigurando entrambi gli alberi nel para<strong>di</strong>so e la scelta <strong>di</strong> Adamo che privilegia<br />

quello privo <strong>di</strong> tronco, l'albero del bene e del male, aprendo così il corso alla storia ed alla schiavitù dello spazio-tempo raffigurato<br />

con i do<strong>di</strong>ci mesi. Le 5 <strong>di</strong>mensioni <strong>Il</strong> significato ora esposto è solo introduttivo. Pantaleone espone, in questo modo, il problema<br />

stesso della vita, ma vedremo come, a questo problema, il monaco propone una soluzione originale e descritta in dettaglio<br />

nell'opera musiva. Prima <strong>di</strong> tutto va osservato che, un'altra delle possibili interpretazioni della cabala, è quella multi<strong>di</strong>mensionale. In<br />

sintesi la cabala rappresenta una struttura multi<strong>di</strong>mensionale, che alle <strong>di</strong>mensioni note all'uomo: la coppia spazio-tempo, aggiunge<br />

la <strong>di</strong>mensione della consapevolezza raffigurata dal ramo centrale. Lo spazio-tempo nasce, nell'interpretazione cabalistica, dalla<br />

contrapposizione tra le colonne laterali della cabala private del tronco (la Consapevolezza). La scelta <strong>di</strong> Adamo vincolò l'uomo alla<br />

schiavitù dello spazio-tempo, rappresentato, per questo motivo, subito sotto la cacciata dal para<strong>di</strong>so con i do<strong>di</strong>ci mesi (il tempo), e<br />

le attività dell'uomo per ciascuno <strong>di</strong> essi (lo spazio). Fin qui ci muoviamo ancora nell'ambito della descrizione del problema, ma<br />

siamo lontani dalla soluzione che Pantaleone propone. L’immagine del Frate <strong>Il</strong> monaco Pantaleone s'è rappresentato tra i do<strong>di</strong>ci<br />

anelli che si trovano sotto il presbiterio (secondo a destra a partire dall'alto). <strong>Il</strong> frate guarda un unicorno e si è collocato in un cerchio<br />

sulla cui corona sono rappresentati una serie <strong>di</strong> piccoli cerchi: tra essi, però, ne manca uno. <strong>Il</strong> cerchio mancante sembra essere<br />

quello che il monaco ha collocato all'interno della stella a 5 punte che sovrasta il cavallo. Pantaleone sta guardando il simbolo della<br />

conoscenza (l'unicorno) e ha identificato il suo livello spirituale (nella scala tipica della conoscenza in<strong>di</strong>ana) segnalandolo con<br />

l'anello mancante posto, appunto, nella stella .Forse Corona ha colto solo uno degli aspetti del <strong>mosaico</strong> avvicinandosi ad una verità<br />

che va ben oltre. La chiave gnostica<br />

In un brano tratto dal Bestiario Divino (testo del tre<strong>di</strong>cesimo secolo) l'unicorno viene associato al Vangelo <strong>di</strong> Verità, un documento<br />

gnostico Valentiniano sconosciuto fino al 1945 e ritrovato, insieme ad altri 3 sconosciuti Vangeli: il Vangelo <strong>di</strong> Filippo, il Vangelo <strong>di</strong><br />

Tommaso e quello <strong>di</strong> Maria, a Nag Hamma<strong>di</strong>. Nel Bestiario Divino si legge: "L'unicorno possiede un sol corno nel mezzo della<br />

fronte. Esso è il solo animale che può vincere l'attacco dell'elefante; … L'unicorno rappresenta Gesù Cristo. Che acquista su <strong>di</strong> sé<br />

la sua natura nel grembo della vergine, che fu tra<strong>di</strong>to dai giudei e consegnato nella mani <strong>di</strong> Ponzio Pilato. <strong>Il</strong> suo unico corno<br />

simboleggia il Vangelo <strong>di</strong> Verità…" (Le Bestiaire Divin, <strong>di</strong> Guillaume, Clerc de Norman<strong>di</strong>e [13th century]). E' possibile che questo sia<br />

il senso dell'autoritratto <strong>di</strong> Pantaleone La data <strong>di</strong> stesura presunta del Bestiario Divino è certamente, compatibile con quella <strong>di</strong><br />

composizione del <strong>mosaico</strong>. E' possibile che i testi gnostici <strong>di</strong> Nag Hamma<strong>di</strong> fossero patrimonio anche della biblioteca dell'Abbazia<br />

<strong>di</strong> Casole<br />

<strong>Il</strong> Vangelo <strong>di</strong> Filippo ed il senso dell'albero nel pensiero gnostico<br />

Alcuni brani tratti dalla sensazionale scoperta <strong>di</strong> Nag Hamma<strong>di</strong> sembrano mirabilmente vicini ai simboli utilizzati da Pantaleone e,<br />

probabilmente, offrono quella soluzione al problema della vita, che abbiamo delineato in precedenza. Nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo si<br />

legge infatti: "Giuseppe il falegname ha piantato un giar<strong>di</strong>no, perché aveva bisogno <strong>di</strong> legna per il suo mestiere. E' lui che ha<br />

costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. <strong>Il</strong> suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta" (ver.91). La croce è, quin<strong>di</strong>,<br />

l'albero su cui è morto Gesù, che è anche strumento <strong>di</strong> conoscenza e simbolo della conoscenza<br />

stessa. A riprova, sempre nello stesso testo si legge: "Ci sono due alberi in mezzo al Para<strong>di</strong>so: uno produce animali, l'altro produce<br />

uomini. Adamo ha mangiato dell'albero che produce animali ed è <strong>di</strong>ventato animale ed ha generato animali. Per questo i figli <strong>di</strong><br />

Adamo venerano dèi che hanno forma <strong>di</strong> animali. L'albero <strong>di</strong> cui Adamo ha mangiato i frutti è l'albero della conoscenza. Per questo<br />

i peccati sono <strong>di</strong>venuti numerosi. Se egli avesse mangiato dell'altro albero, i frutti dell'albero della vita, che produce uomini, gli dèi<br />

venererebbero l'uomo. Ma l'albero della vita è in mezzo al Para<strong>di</strong>so, e anche l'ulivo, da cui viene il crisma, grazie al quale la<br />

resurrezione" (ver.92).<br />

C'è in questo testo un interessantissimo filo che connette: • la cabala e quin<strong>di</strong> l'albero della vita da esso rappresentato;<br />

• l'albero del bene e del male (la cabala priva dell'asse centrale o tronco); • l'albero piantato da Giuseppe (metafora che identifica,<br />

tra l'altro, in Giuseppe il padre naturale <strong>di</strong> Gesù e non solo adottivo); • la Croce <strong>di</strong> Gesù ed il legno con cui fu costruita; • la funzione<br />

redentiva della resurrezione; • il bestiario che pervade il <strong>mosaico</strong> riempito dalle bestie (gli uomini) generate dall'errore <strong>di</strong> Adamo: la<br />

scelta dall'albero del Bene e del Male e non <strong>di</strong> quello della conoscenza. <strong>Il</strong> ponte tra questi elementi è presente solo nel Vangelo <strong>di</strong><br />

Filippo ed in parte introdotto nei principi generali del Vangelo <strong>di</strong> Verità. In quest'ottica non meraviglia affatto che il monaco si sia<br />

posto <strong>di</strong> fronte al simbolo <strong>di</strong> Gesù (l'Unicorno) ed al Vangelo <strong>di</strong> Verità, il corno che ha sulla fronte. Può essere questa la chiave<br />

interpretativa e la soluzione in<strong>di</strong>cata dal monaco alla schiavitù indotta dall'errore <strong>di</strong> Adamo Che questa sia la soluzione al <strong>di</strong>lemma<br />

che Pantaleone si pone nel <strong>mosaico</strong> è chiaramente in<strong>di</strong>cato sempre dal Vangelo <strong>di</strong> Filippo, in cui si legge: "Dio ha piantato un


Para<strong>di</strong>so. L'uomo viveva nel Para<strong>di</strong>so. C'era unità e non c'era separazione [...] Beati gli uomini che in esso non desidereranno più<br />

separarsi. Questo Para<strong>di</strong>so è il luogo in cui mi sarà detto: "Mangia <strong>di</strong> questo o non mangiare <strong>di</strong> questo, secondo il tuo desiderio". E'<br />

il luogo dove io mangerò <strong>di</strong> tutto, poiché là c'è l'albero della conoscenza. Lì esso ha ucciso Adamo, qui invece l'albero della<br />

conoscenza ha dato la vita all'uomo. La Legge era l'albero. Esso aveva il potere <strong>di</strong> dare la conoscenza del bene e del male. Ma<br />

esso né lo allontanava dal male, né lo stabiliva nel bene, ma ha creato la morte per quelli che ne hanno mangiato. Perché quando<br />

ha detto: "Mangia <strong>di</strong> questo, non mangiare <strong>di</strong> quello," è stata l'origine della sua morte" (ver.94). Interessantissima tale visione, che è<br />

sbalor<strong>di</strong>tivamente simile a quella che ritroviamo negli scritti dell'apostolo Paolo e che ci spinge a chiederci se sia il pensiero<br />

gnostico ad attingere da tali opere o se tale pensiero non preceda quello dell'apostolo, configurandosi come una delle tre anime del<br />

cristianesimo primitivo: gnostica, paolina, giudeo-cristiana, ma il <strong>di</strong>scorso ci porterebbe lontanissimo. La separazione del bene dal<br />

male e dell'uomo in se stesso, che pervade gli scritti gnostici della biblioteca <strong>di</strong> Nag Hamma<strong>di</strong>, è il male denunciato dalla gnosi, che<br />

ha, nella Conoscenza ottenuta grazie a Gesù ed alla ricerca personale <strong>di</strong> Dio e dei misteri del Regno, la sua soluzione.Se questa è<br />

la soluzione proposta da Pantaleone, essa può davvero essere letta nel Mosaico<br />

L'albero al centro della Chiesa<br />

Sempre nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo si legge: "Quando Abramo si rallegrò <strong>di</strong> vedere ciò che stava per vedere, circoncise la carne del suo<br />

prepuzio, mostrandoci come sia necessario <strong>di</strong>struggere la carne e il resto <strong>di</strong> questo mondo. Finché le loro passioni sono nascoste,<br />

rimangono e sono vive; se vengono manifestate, muoiono, secondo l'esempio dell'uomo che è manifesto: finché le viscere<br />

dell'uomo sono nascoste, l'uomo vive; se le viscere appaiono e vengono fuori <strong>di</strong> lui, l'uomo morirà. Così pure è l'albero: finché la<br />

sua ra<strong>di</strong>ce è nascosta, esso fiorisce e cresce; se la ra<strong>di</strong>ce appare, l'albero secca. Così è per ogni prodotto che è nel mondo, non<br />

soltanto per quello che è manifesto, ma anche per quello che è nascosto. Infatti, fintanto che la ra<strong>di</strong>ce dell'errore è nascosta, esso è<br />

forte, ma quando è riconosciuta, esso si <strong>di</strong>ssolve. Questo è il motivo per cui il Logos ha detto: "Già la scure è posta alla ra<strong>di</strong>ce degli<br />

alberi". Essa non sfronderà soltanto "ciò che è sfrondato germoglia <strong>di</strong> nuovo" ma la scure taglia profondamente finché svelle la<br />

ra<strong>di</strong>ce. E Gesù ha <strong>di</strong>velto la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tutto il luogo; gli altri invece solo in parte. Quanto a noi, ciascuno scavi profondamente fino<br />

alla ra<strong>di</strong>ce dell'errore, che è dentro <strong>di</strong> lui e lo <strong>di</strong>velga dal suo cuore fino alla ra<strong>di</strong>ce. Ed esso invero sarà <strong>di</strong>velto, quando noi lo<br />

riconosceremo. Che se noi siamo ignoranti a suo riguardo, esso affonda in noi le ra<strong>di</strong>ci e produce i suoi frutti nei nostri cuori. Esso<br />

domina su <strong>di</strong> noi, e noi siamo suoi schiavi. Ci tiene prigionieri, cosicché noi facciamo ciò che non vogliamo, e ciò che vogliamo non<br />

lo facciamo. Esso è potente perché noi non lo conosciamo, e finche esiste, esso lavora. L'ignoranza è per noi la madre dell'errore.<br />

L'ignoranza è al servizio della morte: ciò che viene dall'ignoranza né è esistito, ne esiste, ne esisterà. Invece coloro che sono nella<br />

verità saranno perfetti quando tutta la verità si manifesterà. Perché la verità è come l'ignoranza: quand'è nascosta, riposa in se<br />

stessa, ma quando si rivela ed è riconosciuta, viene glorificata, in quanto è più potente dell'ignoranza e dell'errore. Essa dà la<br />

libertà. <strong>Il</strong> Logos ha detto: "Se voi conoscerete la verità, la verità vi farà liberi". L'ignoranza è uno schiavo, la conoscenza è libertà.<br />

Se noi riconosceremo la verità, troveremo i frutti della verità in noi stessi. Se ci uniremo con essa, essa produrrà il nostro<br />

perfezionamento" (ver.123). La conoscenza gnostica è un albero tagliato alla ra<strong>di</strong>ce e Gesù ha tagliato le ra<strong>di</strong>ci dell'albero dandoci<br />

la libertà che è nella conoscenza dell'errore.<br />

<strong>Il</strong> percorso che dalla cima dell'albero posta sotto il presbiterio, intorno a cui è avvolto il serpente, porta verso la porta della<br />

cattedrale, la ra<strong>di</strong>ce dell'albero rè sorretta da due elefanti e soprattutto il fatto che l'albero è, in realtà, privo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce. L'elefante è,<br />

simbolo della sapienza ed i due elefanti che sorreggono l'albero sono contrassegnati da un cerchio vuoto ed uno contenente un<br />

cerchio pieno. <strong>Il</strong> cerchio rappresenta il serpente e quin<strong>di</strong> il male e l'altro la pienezza e quin<strong>di</strong> il bene. Le figure che suonano intorno<br />

ai due elefanti sono simbolo dell'armonia raggiunta percorrendo l'albero dal presbiterio verso la porta, e non a caso è in questo<br />

punto che Pantaleone appone il suo nome maa ha un senso il fatto che il nome appaia anche oltre la soglia della porta, all'esterno<br />

della Chiesa Se il percorso dal presbiterio verso la porta della chiesa sia da un lato il problema dell'uomo (la lettura destra e<br />

sinistra del <strong>mosaico</strong>) dall'altro riveli anche la soluzione: il grande albero al centro che è il percorso della conoscenza (Gnosi) Quin<strong>di</strong><br />

al termine della conoscenza si giunge alla soglia dell'uscita dalla Chiesa Ufficiale. Si arriva alla me<strong>di</strong>azione equilibrata della<br />

conoscenza del bene e del male e quin<strong>di</strong> alla giusta comprensione armonica degli opposti. Si giunge a quello che nella Cabala è<br />

chiamato Regno, che è proprio quello che Gesù segnalava come mèta ai sui <strong>di</strong>scepoli e che è il cuore ed il senso stesso della<br />

conoscenza che Gesù declama nel Vangelo <strong>di</strong> Tommaso. A questo punto si è già fuori la Chiesa (la porta) il luogo dove Pantaleone<br />

appone la sua firma e l'anno <strong>di</strong> costruzione del <strong>mosaico</strong>.<br />

L'eresia del monaco Pantaleone<br />

Ma perché, allora, partire da Artù Artù non può che richiamare la leggendaria ricerca del Santo Graal, che è, nel <strong>mosaico</strong>, la<br />

conoscenza, la gnosi e quin<strong>di</strong> il Logos. Re Artù parte alla ricerca della Conoscenza, lì dove è la ra<strong>di</strong>ce del male: nella violazione <strong>di</strong><br />

Adamo ed Eva nel para<strong>di</strong>so terrestre. <strong>Il</strong> Graal è l'altro simbolo, nemmeno tanto nascosto, che troviamo nel <strong>mosaico</strong>. Si noti, infatti,<br />

come i due rami in basso, e la base dell'albero, costituita dai due elefanti, <strong>di</strong>segni una coppa: il Graal appunto. <strong>Il</strong> <strong>mosaico</strong> pullula,<br />

inoltre, dei tra<strong>di</strong>zionali simboli templari, quali, ad esempio la scacchiera. I templari sono da sempre stati connessi, a torto o a<br />

ragione, con le conoscenze misteriche <strong>di</strong> cui sarebbero stati unici detentori nella Chiesa.<br />

La Chiesa, l'albero e la Croce<br />

Un elemento che ha contribuito a rendere criptico il senso del <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> sta nella impossibilità <strong>di</strong> avere una visione<br />

d'insieme dell'opera e delle sue topologie. Per cogliere il senso della soluzione che Pantaleone offre al problema della male<strong>di</strong>zione<br />

dell'albero del Bene e del Male, bisogna posizionarsi in alto e visionare tutto il <strong>mosaico</strong> uscendo idealmente fuori della Chiesa. E'<br />

solo così che si coglie un aspettoemblematico. L'albero del <strong>mosaico</strong> è al centro della croce formata dalla Chiesa stessa e quin<strong>di</strong><br />

esso è il legame che è stato segnalato nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo tra Gesù, la Croce e la Cabala: la Croce ha fornito il tronco mancante<br />

all'albero del Bene e del Male, rendendo <strong>di</strong> nuovo possibile all'uomo l'ascesa a Dio e la conoscenza dei misteri.<br />

La cosmogenesi<br />

Una parte importante del <strong>mosaico</strong> riguarda la cosmogenesi.la principale delle Sefirot: la Corona. La cosmogenesi appare raffigurata<br />

in 16 cerchi contenenti ciascuno un simbolo, la cui funzione è estremamente criptica. Pur non volendo affrontare l'arduo compito<br />

della interpretazione complessiva <strong>di</strong> questa costruzione, vogliamo far cenno ai simboli che per posizione e forma, ci sembrano<br />

avvalorare la pista interpretativa qui proposta. Chi si sia imbattuto, anche una sola volta, nel più classico dei simboli gnostici, non<br />

può non notare una notevole somiglianza tra quella che viene definita la Sirena e l'Abraxas. L'Abraxas è, nell'accezione ideata<br />

dallo gnostico egiziano Basilide, il nome oscuro dato al Sommo Architetto dell'Universo: i due serpenti che fanno da arti inferiori


all'essere identificano l'unione tra la componente maschile e femminile ed hanno un chiaro significato <strong>di</strong> natura sessuale. <strong>Il</strong> valore<br />

numerico delle lettere del nome abraxas è 365 ed è pari quin<strong>di</strong>, ai giorni dell'anno (nell'alfabeto greco A = 1, B = 2, R = 100, A = 1,<br />

S = 200, A = 1, X = 60, totale 365). <strong>Il</strong> termine è probabilmente alla base della formula magica Abracadabra (abrasadabra in greco)<br />

e proviene dalle parole Ab, Padre, Ben, Figlio, e Acadsch, lo Spirito, <strong>di</strong> conseguenza racchiude in se il concetto trinitario. Tertulliano<br />

segnalava, nella sua invettiva contro Basilide, che<br />

l'Abraxas aveva una funzione centrale nella venuta del Cristo. Basilide, sosteneva Tertulliano, credeva che la venuta <strong>di</strong> Cristo non<br />

fosse dovuta a Dio ma al suo nome nascosto (Abraxas appunto) e che Cristo fosse venuto sulla terra non in forma corporea<br />

(arrivando a sostenere che fu Simone <strong>di</strong> Cirene e non Gesù ad essere ucciso sulla Croce). Che l'assenza<br />

delle rappresentazioni cristologiche nella cattedrale sia legata a questo Ovviamente si tratta solo <strong>di</strong> un dubbio privo <strong>di</strong> alcuna<br />

possibilità <strong>di</strong> verifica, se non dopo aver approfon<strong>di</strong>to similitu<strong>di</strong>ni reali e <strong>di</strong>fferenze tra la simbologia del <strong>mosaico</strong><br />

e quella gnostica. Per chiudere sul simbolo della Sirena non possiamo non far notare una <strong>di</strong>fferenza interessante tra l'Abraxas e la<br />

Sirena: l'Abraxas è, in genere, un uomo, qui l'Abraxas è chiaramente una donna. <strong>Il</strong> motivo <strong>di</strong> questa sostituzione rimane ignoto,<br />

anche se va ricordata la centralità che la donna ha nella cultura gnostica (ad esempio la Maddalena su cui torneremo più avanti).<br />

Meno criptica, invece, sembra essere la forma che Pantaleone ha usato per rappresentare la Sirena: la Omega. Ve<strong>di</strong>amo il perché.<br />

Salomone<br />

L'immagine <strong>di</strong> Salomone è chiaramente e simbolicamente legata all'idea <strong>di</strong> giustizia, ma a nostro avviso la sua funzione nel<br />

<strong>mosaico</strong> non è solo questa. La forma che il seggio <strong>di</strong> Salomone assume nella costruzione sembra ricordare l'Alfa. <strong>Il</strong> fatto che l'Alfa<br />

sia <strong>di</strong>sposta simmetricamente alla Sirena che è, come detto, l'Omega, simboleggia Dio e soprattutto la sua funzione creatrice. In<br />

buona sostanza, i due simboli in alto al centro della cosmogenesi rappresentano le funzioni <strong>di</strong> Dio: creatore, artefice <strong>di</strong> giustizia, ed<br />

una qualità: quella trinitaria. A queste, l'Abraxas aggiunge la componente gnostica dell'unione degli opposti e delle componenti<br />

maschili e femminili.<br />

<strong>Il</strong> leopardo Alato<br />

Alla destra della Sirena, troviamo l'immagine <strong>di</strong> un leopardo alato che uccide un ariete. Al <strong>di</strong> sotto si legge l'iscrizione PASCA già<br />

decifrata da mons. Grazio Gianfreda:<br />

P(ardus = leopardo<br />

A(latus) = alato<br />

S(ternit) = abbatte<br />

C(ornutus) = cornuto<br />

A(rietes) = ariete<br />

Pardus ha, nel senso cabalistico lo stesso valore <strong>di</strong> Pardes (Para<strong>di</strong>so). E' quin<strong>di</strong>, il luogo della vittoria. Questo elemento completa il<br />

lato destro superiore che definisce le qualità destre <strong>di</strong> Dio: il luogo in cui risiede e le sue caratteristiche "fisiche" (la trinità, e l'unione<br />

in sé).<br />

La regina <strong>di</strong> Saba<br />

La regina <strong>di</strong> Saba completa la parte destra degli attributi <strong>di</strong> Dio. Va ricordato che storicamente essa è strettamente legata a<br />

Salomone come componente femminile, ma ha anche altre svariate funzioni nella mitologia gnostica, prima tra tutte il suo parallelo<br />

con la Maddalena e da questa con Maria madre <strong>di</strong> Gesù. La Maddalena è una delle entità femminili più importanti negli scritti<br />

gnostici e non <strong>di</strong> rado, il suo ruolo supera per importanza, quello degli apostoli. Nel Vangelo <strong>di</strong> Maria, e nella Pistis Sophia, la<br />

Maddalena è destinataria delle rivelazioni segrete <strong>di</strong> Gesù dopo la morte, mentre nelVangelo <strong>di</strong> Filippo viene identificata<br />

chiaramente come la compagna <strong>di</strong> Gesù. La sua funzione centrale è richiamata anche da Gesù in Matteo in chiara connessione<br />

con il Giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>vino degli ultimi tempi e con Salomone: La regina del mezzogiorno comparirà nel giu<strong>di</strong>zio con questa generazione<br />

e la condannerà; perché ella venne dalleestremità della terra per u<strong>di</strong>re la sapienza <strong>di</strong> Salomone; ed ecco, qui c'è più che<br />

Salomone! (Matteo 12:2) Andrebbe anche ricordata la connessione tra la regina <strong>di</strong> Saba, la Maddalena, ed il culto della Madonna<br />

nera, ma questo ci porterebbe fuori contesto.<br />

Un'antica leggenda lega l'interpretazione del <strong>mosaico</strong> della Cattedrale <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> alla scoperta del Graal. La presenza <strong>di</strong> Artù e la<br />

figura stessa che i due rami inferiori dell'albero tracciano nel basamento del <strong>mosaico</strong>, come illustrato, possono a ragione, aver<br />

alimentato questa credenza, ma riteniamo che la leggenda nasconda , in fondo, una parte <strong>di</strong> verità. <strong>Il</strong> legame stretto che abbiamo<br />

evidenziato tra la letteratura gnostica scoperta nel 45 a Nag Hamma<strong>di</strong> (in particolare il Vangelo <strong>di</strong> Filippo), il fatto che l'Abbazia <strong>di</strong><br />

Casole fosse un'accademia talmu<strong>di</strong>ca, i limpi<strong>di</strong> riferimenti alla Cabala, la leggenda che vuole ricchissimo il materiale documentale<br />

in possesso dell'Abbazia, ci fa verosimilmente ritenere che Pantaleone fosse entrato in possesso dei testi che solo oggi possiamo<br />

visionare a Nag Hamma<strong>di</strong>, e probabilmente <strong>di</strong> molti altri che ancora non conosciamo. Se, come abbiamo cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare,<br />

quella <strong>di</strong> Pantaleone è una estrema sintesi gnostica della cultura cristiana, protognostica ed ebraica, probabilmente dovremo<br />

fermarci sulla soglia delle interpretazioni che ho proposto nel<br />

presente articolo. La funzione <strong>di</strong> alcuni dei simboli presenti nel <strong>mosaico</strong> è stata interpretata solo perché letta alla luce dei testi <strong>di</strong><br />

Nag Hamma<strong>di</strong>, ma ci sono simboli (quelli ad esempio presenti nella cosmologia del <strong>mosaico</strong>) che non trovano riscontri imme<strong>di</strong>ati in<br />

quella letteratura. Sebbene abbia, ad esempio, tentato l'arduo compito <strong>di</strong> un paragone tra la più avanzata e complessa sintesi del<br />

pensiero gnostico, rappresentata dalla Pistis Sophia (Pistis Sophia, <strong>di</strong> L.Moral<strong>di</strong>, 1999, Ed.:Adelphi) ed il <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>, ho<br />

dovuto riscontrare spesso <strong>di</strong>stanze abissali, che mi hanno portato ad escludere un riferimento <strong>di</strong>retto a quel testo. Voglio però<br />

ricordare che il prof. Moral<strong>di</strong>, nell'appen<strong>di</strong>ce, propone per il <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> Aquileia una soluzione non <strong>di</strong>stante da quella da me in<strong>di</strong>cata<br />

per il <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>. Per certi versi, la simbologia del <strong>mosaico</strong>, appare estremamente più primitiva rispetto alla Pistis Sophia,<br />

mentre, sembra essere un'ottima e puntuale evoluzione dei principali testi della biblioteca <strong>di</strong> Nag Hamma<strong>di</strong>. In ogni caso è indubbio<br />

che il Graal, per il <strong>mosaico</strong>, è l'elevazione del pensiero dell'uomo alla Conoscenza misterica attraverso il Cristo gnostico, quin<strong>di</strong> è la<br />

gnosi stessa. La ricerca del Graal è, quin<strong>di</strong>, il percorso sapienziale che, presa coscienza dell'impossibilità <strong>di</strong> interpretare il mistero<br />

con il solo uso della Cabala, e degli scritti talmu<strong>di</strong>ci (es.: il Sefer Yetzirà), utilizza la rivelazione della conoscenza nel mondo: il<br />

Cristo, dando corpo al più<br />

gnostico dei Vangeli canonici: quello <strong>di</strong> Giovanni. Io sono la via (l'albero, il tronco, la via attraverso cui si arriva a Dio), la verità<br />

(l'asse che me<strong>di</strong>a tra gli estremi della cabala), la vita (l'albero della vita). Pantaleone, infine, ci ricorda che questo percorso porta,<br />

inevitabilmente, alla ra<strong>di</strong>ce della croce, e dell'errore che si trova ancora nella Chiesa, e ci conduce fuori <strong>di</strong> essa. Va inoltre


menzionalta<br />

La strana botola nel <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong><br />

Affrontando le problematiche <strong>di</strong> interconnessione tra il simbolismo del <strong>mosaico</strong> della cattedrale <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> e la gnosi del Vangelo <strong>di</strong><br />

Filippo, testo gnostico scoperto solo nel 1945 a Nag Hamma<strong>di</strong>. E’ emerso come più che probabile la approfon<strong>di</strong>ta conoscenza <strong>di</strong><br />

questo testo da parte del monaco Pantaleone, che tra il 1163 ed il 1165 realizzò l'opera. Come il testo fosse pervenuto nelle sue<br />

mani non lo sappiamo, ma abbiamo avanzato l'ipotesi che questo fosse pervenuto tramite i templari in Terra Santa. A questo punto<br />

una domanda è d'obbligo: esistono prove certe della influenza e presenza templare nella cattedrale <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> Sotto la navata<br />

destra della cattedrale su apre una larga scalinata che porta alla stupenda cripta inferiore. A sinistra della scala è stata conservata<br />

quella che doveva essere la vecchia scala <strong>di</strong> ingresso alla cripta che, però, finisce in corrispondenza <strong>di</strong> una singolare tomba vuota.<br />

Essa è sistemata a sinistra nella parte finale della scala, ed è collocata in un vasto incavo nel muro che fiancheggia la scalinata.<br />

Ciò che rende singolare la tomba è la presenza <strong>di</strong> croci vermiglie a coda <strong>di</strong> ron<strong>di</strong>ne templari che ornano le quattro pareti interne<br />

della tomba. Una spada tipicamente templare raffigurata vicino una delle croci conferma l'origine <strong>di</strong> questa tomba. Nella zona<br />

incavata nel muro che ospita la tomba era presente un affresco che qualcuno, in epoche remote, ha provveduto a scalpellare con<br />

tale accanimento e minuziosità che è, oggi, assolutamente impossibile sapere cosa esso raffigurasse. Tomba vuota e affresco<br />

cancellato ci <strong>di</strong>mostrano, quin<strong>di</strong>, che non solo la presenza templare nella cattedrale è un fatto, ma che questa doveva avere<br />

connotati tali da rendere necessaria non solo la profanazione della tomba ma anche la cancellazione definitiva <strong>di</strong> un intero affresco.<br />

In buona sostanza riteniamo che sia la tomba che l'affresco mantenessero elementi che erano in qualche modo connessi alla<br />

eresia templare. Esclu<strong>di</strong>amo sicuramente, che l'origine della profanazione sia stata araba (la chiesa fu usata come granaio dagli<br />

Arabi, ma essi non pare avessero intenzione <strong>di</strong> danneggiarla tanto che il <strong>mosaico</strong> uscì indenne da questo inconsueto uso). I<br />

mussulmani infatti non avrebbero conservato, per il loro significato cristiano, le croci vermiglie, le quali invece sembrano essere<br />

state rispettate.<br />

La Torre<br />

Torniamo, ancora una volta, alla Torre <strong>di</strong> Babele, simbolo che nell'opera musiva ha <strong>di</strong>mensioni seconde solo all'Albero. Abbiamo<br />

già detto che le cospicue <strong>di</strong>mensioni della rappresentazione in<strong>di</strong>viduano in essa una possibile chiave per la decifrazione del<br />

significato nascosto del <strong>mosaico</strong>. Limitandoci all'interpretazione della parte centrale del <strong>mosaico</strong> come raffigurazione simbolica<br />

della cabala ebraica, non abbiamo in effetti dato finora soluzione al problema della funzione <strong>di</strong> questo simbolo. L'insistenza sulle<br />

tematiche bibliche veterotestamentarie e sulla cabala, che costituisce un mezzo necessario per l'interpretazione dei significati<br />

nascosti delle narrazioni bibliche, ci porta a pensare che la lingua ebraica possa aggiungersi agli strumenti adottati per decifrare i<br />

significati nascosti dell'opera. Infatti, gli algoritmi <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica esposti in opere antichissime come il Sefer Yietzirà si applicano<br />

unicamente alla Bibbia scritta in ebraico. Prima <strong>di</strong> adoperare questo strumento, vogliamo far notare un altro particolare elemento <strong>di</strong><br />

regolarità che è insito nel <strong>mosaico</strong>: quello della rappresentazione delle coppie. Tutte le coppie, siano esse umane, animali o<br />

materiali, nel <strong>mosaico</strong> sono rappresentate con la parte femminile a sinistra: la regina <strong>di</strong> Saba si trova a sinistra <strong>di</strong> Salomone, Eva a<br />

sinistra <strong>di</strong> Adamo, sia nella Corona che nella rappresentazione del Para<strong>di</strong>so terrestre, la Sirena è a sinistra del Pardus Alatus, e<br />

così via. Nel caso della Torre, essa è, ancora una volta, collocata alla sinistra dell'albero che troneggia al centro dell'opera.<br />

Adoperando, a questo punto, la lingua ebraica, si ottiene che essa è nel contempo: la compagna, may-ray'-ah, e la torre, migdawl,<br />

quin<strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Magdala, che rappresenta il cuore e nel contempo la sintesi del pensiero gnostico. Maria <strong>di</strong> Magdala è infatti<br />

colei che è destinata ai segreti più recon<strong>di</strong>ti (Vangelo <strong>di</strong> Maria), la cui intelligenza e capacità <strong>di</strong> comprensione superano quelle dei<br />

do<strong>di</strong>ci (Pistis Sophia), e che era talmente amata da Gesù da ricevere chiaramente un <strong>di</strong>verso trattamento, che suscitava non <strong>di</strong><br />

rado le invi<strong>di</strong>e dei <strong>di</strong>scepoli ("la baciava sulla bocca", Vangelo <strong>di</strong> Filippo). Abbiamo così a <strong>di</strong>sposizione alcune chiavi <strong>di</strong> lettura<br />

necessarie per passare all'interpretazione della parte superiore del <strong>mosaico</strong>: la lingua ebraica, la gnosi, la Maddalena ed il principio<br />

delle coppie.<br />

La Pantera e la tesi <strong>di</strong> Celso<br />

Se si è cercato <strong>di</strong> fornire una prima chiave <strong>di</strong> lettura della prima riga della Corona,che ha portato a in<strong>di</strong>viduare nella Sirena il<br />

simbolo principe della gnosi: l'Abraxas, invenzione simbolica <strong>di</strong> Basilide che raffigura la potenza dell'unione delle tre figure Padre,<br />

Figlio e Spirito Santo, ma nel contempo contiene espliciti riferimenti alla forza sessuale. Tale interpretazione dell'intera prima riga<br />

della Corona vede in essa la raffigurazione del Padre, e argomenteremo che la paternità è anche una possibile chiave <strong>di</strong> lettura per<br />

il livello successivo. Infatti, il nome Pardus o Pantera, associato all'Abraxas (la Sirena), simbolo principe dell'eresia <strong>di</strong> Basilide e<br />

personale invenzione dello stesso, non può non ricondurci a un'altra e ben più audace tesi: quella <strong>di</strong> Celso, secondo il quale Gesù<br />

era figlio carnale <strong>di</strong> Maria e <strong>di</strong> un soldato romano <strong>di</strong> nome Pandera. Ad alimentare questa incre<strong>di</strong>bile leggenda vi sono due fatti, uno<br />

antico e l'altro recentissimo. Le Toledoth ebraiche, antichissimi scritti che polemizzavano contro i cristiani, e in particolare i<br />

giudeocristiani, richiamano esplicitamente questa voce, da cui attinse, probabilmente, Celso, ma a tale antico documento se ne è<br />

aggiunto recentemente un altro: un papiro ritrovato nei pressi <strong>di</strong> Qumran, sottoposto già ad alcune analisi preliminari, ma mai<br />

pubblicato, il cosiddetto Rotolo dell'Angelo . <strong>Il</strong> papiro narra la storia <strong>di</strong> Joshua Ben Pe<strong>di</strong>ah (Gesù figlio <strong>di</strong> Pe<strong>di</strong>ah) il quale, recatosi<br />

nel deserto, viene portato in cielo dall'angelo Pnimea. <strong>Il</strong> nome <strong>di</strong> quest'angelo ritorna in un altro antichissimo testo cui spesso si<br />

ispirano le scritture essene e quelle gnostiche: il Libro dei Segreti <strong>di</strong> Enoch. Anche questo elemento va tenuto in conto, per quanto<br />

<strong>di</strong>remo tra breve relativamente alla figura <strong>di</strong> Re Salomone. Tornando a noi, il Jerusalem Report, che ha pubblicato nel 1999 una<br />

sintesi del contenuto <strong>di</strong> tale papiro, non si esime dall'evidenziare l'incre<strong>di</strong>bile assonanza tra il nome <strong>di</strong> Joshua Ben Pe<strong>di</strong>ah e Gesù<br />

figlio <strong>di</strong> Pandera, nella tesi <strong>di</strong> Celso. Ma se il Pardus è associato ad una qualità del Padre (ve<strong>di</strong> precedente articolo) e rappresenta<br />

anche il padre <strong>di</strong> Gesù (Pandera), allora ci dovrebbe essere, in qualche modo, in<strong>di</strong>cato anche il Figlio, ovviamente in forma criptica,<br />

visto che mai nel <strong>mosaico</strong> Gesù viene esplicitamente raffigurato. In effetti, però, il Pardus tiene tra le mani un ariete, e sembra<br />

schiacciarlo (secondo l'interpretazione <strong>di</strong> Gianfreda richiamata nel primo scritto), ma non si comprende come questi possa essere<br />

considerato il Figlio. Qui è necessario adoperare una chiave interpretativa tipica della Corona: quella astrale, richiamata, peraltro,<br />

esplicitamente dalla scritta AUSTRI, presente nella prima riga in alto tra il simbolo <strong>di</strong> Salomone e quello della regina <strong>di</strong> Saba. La<br />

Sirena è, nel contempo, la compagna del Pardus ma anche un pesce: essa non può che rappresentare l'omonima costellazione dei<br />

Pesci, che insieme all'Ariete, quello tenuto appunto in mano dal Pardus-Pandera-Padre, segna l'inizio della nuova era marcata dalla<br />

nascita <strong>di</strong> Gesù, l'era dei Pesci, e la chiusura <strong>di</strong> quella precedente, l'era dell'Ariete.<br />

La Sirena Melusina


Nel precedente lavoro abbiamo interpretato il simbolo della Sirena, riconducendolo alla gnosi, attraverso l'Abraxas. Non siamo,<br />

però, riusciti a decifrare il motivo che spinse Pantaleone a raffigurare quel simbolo con fattezze femminili invece che maschili.<br />

Proviamo, ora, a risolvere quest'enigma. <strong>Il</strong> simbolo è, come visto, collocato alla sinistra del Pardus, e tale collocazione è<br />

in<strong>di</strong>spensabile per la corretta interpretazione dello stesso. La Sirena, quin<strong>di</strong>, non può che essere, ancora una volta, la compagna<br />

(may-ray'-ah), dalla meravigliosa (meged) coda (al-yaw'), ovvero Maria <strong>di</strong> Magdala, nuovamente. Secondo tale ricostruzione,<br />

Pantaleone avrebbe voluto, inoltre, denunciare l'ambiguità prodottasi nel corso dei secoli tra le due persone <strong>di</strong> Maria Maddalena e<br />

della madre <strong>di</strong> Gesù, allo scopo <strong>di</strong> offuscare l'importanza della prima imbarazzante figura, car<strong>di</strong>ne della teologia gnostica. La Sirena<br />

appare come la compagna della Pantera, ma è pure compagna <strong>di</strong> colui che è rappresentato, come abbiamo visto, soltanto unendo i<br />

due simboli attraverso l'interpretazione astrale:Gesù.<br />

Ma la Sirena svolge anche un altro incre<strong>di</strong>bile ruolo, in<strong>di</strong>spensabile per la decifrazione delle parti successive del <strong>mosaico</strong>. Per<br />

comprendere <strong>di</strong> che si tratta, va ricordato che l'immagine in oggetto, e in particolare la presenza <strong>di</strong> una Sirena a due code, era<br />

presente spesso nelle raffigurazioni me<strong>di</strong>evali associate alla leggenda <strong>di</strong> Melusina. Di essa esistono <strong>di</strong>verse varianti, ma in sintesi<br />

narra quanto segue. Un giovane re conobbe una bella fanciulla <strong>di</strong> oscura origine. La giovane accon<strong>di</strong>scese a sposarlo, a patto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre ogni settimana <strong>di</strong> un giorno durante il quale si sarebbe allontanata da lui, e avrebbe dovuto rimanere sola. Dal matrimonio,<br />

all'apparenza felice, nacquero però figli umani solo per metà, così il re decise <strong>di</strong> seguire la sposa <strong>di</strong> nascosto, in uno dei giorni in<br />

cui ella si sarebbe allontanata. Con sua meraviglia si accorse che la bella fanciulla si trasformava in una mostruosa sirena con due<br />

code, e la testa simile ad un drago. Venuta a conoscenza della cosa, Melusina lasciò l'uomo, ritornando in mare ove, si <strong>di</strong>ce, aveva<br />

accumulato una grande ricchezza. Ritroviamo elaborato un analogo tema in un'altra antica leggenda me<strong>di</strong>evale, che ci riporta a<br />

quello riteniamo possa essere il vero significato nascosto della raffigurazione in <strong>di</strong>scussione. Secondo tale racconto, da datarsi 500<br />

anni circa prima della costruzione del <strong>mosaico</strong>, il capostipite della stirpe dei Merovingi sarebbe stato un certo Mervee. Sua madre<br />

incinta fu stuprata da un mostro marino denominato Quinotauro. Questa storia apparentemente innocua, nasconde, ancora una<br />

volta, nel gioco <strong>di</strong> parole del nome "Mervee", un'altra leggenda legata sempre alla Maddalena, quella che vuole che ella abbia<br />

avuto un figlio da Gesù, e che sia fuggita in Francia dopo la <strong>di</strong> lui morte sulla croce. Mervee avrebbe quin<strong>di</strong>, concordemente, il<br />

significato <strong>di</strong> "figlio <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Magdala", e <strong>di</strong> padre della stirpe dei primi re <strong>di</strong> Francia: i Merovingi. La nostra Melusina, nel <strong>mosaico</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>, sarebbe, quin<strong>di</strong>, oltre che Maria, compagna <strong>di</strong> Pandera e madre <strong>di</strong> Gesù, anche Maria <strong>di</strong> Magdala compagna <strong>di</strong> Gesù e<br />

madre <strong>di</strong> Mervee, il leggendario fondatore della stirpe dei Merovingi. <strong>Il</strong> tramite per questa correlazione è, appunto, la leggenda <strong>di</strong><br />

Melusina, che fa del mostro a due code al contempo il Quinotauro e la madre la quale, pur umana, genera un ibrido dall'apparenza<br />

umana, ma dalle qualità soprannaturali.<br />

Non può a questo punto sfuggire la connessione con un'altra leggenda, alimentata <strong>di</strong> recente da scrittori<br />

all'apparenzaestremamente fantasiosi che si ricollega alla fuga in Francia della Maddalena, ed alla identificazione del termine Graal<br />

o Sangraal con Sangue Reale. Non va nemmeno <strong>di</strong>menticata un'altra caratteristica tipica, questa sì storicamente accertata, relativa<br />

all'abitu<strong>di</strong>ne dei re Merovingi <strong>di</strong> non tagliarsi i capelli. Capelli in ebraico è nezer, e quin<strong>di</strong> Nazir, con possibile implicito rimando al<br />

Nazareno, loro ipotetico avo. Anche questa constatazione, che all'apparenza è una pura illazione,torna pesantemente sempre nella<br />

raffigurazione della Sirena, i cui capelli sono talmente lunghi da oltrepassare la lunghezza stessa della figura, tanto da fuoriuscire<br />

dal cerchio che la racchiude nel <strong>mosaico</strong>.<br />

Re Salomone<br />

Un'altra emblematica figura della prima riga: quella <strong>di</strong> re Salomone. già accennato alla sua funzione nella formazione delle lettere<br />

alfa e omega, simboleggia il più antico dei personaggi biblici, la cui storia precede la nascita stessa della Bibbia: Melchisedec. Per<br />

arrivare a questa correlazione è necessario risalire all'etimologia <strong>di</strong> Melchisedec e a una strana contrad<strong>di</strong>zione esistente tra la<br />

versione riportata nel Libro dei Segreti <strong>di</strong> Enoch e quella biblica. Melchisedec è l'unione <strong>di</strong> due parole ebraiche: meh'-lek (Re)<br />

tsaw-dak (Giustizia), e quin<strong>di</strong> Re <strong>di</strong> Giustizia. <strong>Il</strong> libro dei Segreti <strong>di</strong> Enoch termina con una intrigante storia. La moglie <strong>di</strong> Nir, fratello<br />

<strong>di</strong> Noè, nonostante la sua sterilità e l'avanzata età, concepì un figlio senza l'intervento del marito. Nir non volle riconoscere il figlio e<br />

la moglie morì durante il parto. Miracolosamente essa, pur morta, generò un bimbo che aveva, sin dalla nascita, l'età apparente <strong>di</strong> 4<br />

anni e che rimase sulla terra solo 40 giorni (gli stessi che Gesù trascorse nel deserto). Un angelo <strong>di</strong>sse a Nir che il bimbo nato, cui<br />

fu dato nome <strong>di</strong> Melchisedec, sarebbe stato il più grande dei sacerdoti: il sacerdote eterno, da cui sarebbe nato un nuovo ed eterno<br />

sacerdozio e una nuova stirpe, dopo l'avvento del <strong>di</strong>luvio. Melchisedec, al pari solo <strong>di</strong> altri due personaggi come Joshua Ben<br />

Pe<strong>di</strong>ah nel Rotolo dell'Angelo e come Mosè sempre nella letteratura enochica, fu portato in cielo ancora fanciullo.<br />

Questa storia nella Bibbia manca, e Melchisedec viene sostituito da un oscuro re dell'oscura citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Salem, spesso identificata<br />

con Gerusalemme. Perché questo marginale re biblico debba rappresentare il più grande dei sacerdoti, capostipite <strong>di</strong> una nuova<br />

stirpe <strong>di</strong> sacerdoti, che vedrà in Gesù il suo primo e unico <strong>di</strong>scendente, resta un mistero inestricabile restando all'interno della<br />

Bibbia, ma che potrebbe essere interpretato rifacendosi al Libro dei Segreti <strong>di</strong> Enoch e ricollegando il fanciullo alla prima venuta del<br />

Messia, prima ancora che nascesse la Bibbia. Lo stesso concetto è mirabilmente presentato anche in uno dei più interessanti papiri<br />

qumraniani: QMelch . A questo punto veniamo a Salomone e alla sua raffigurazione nel <strong>mosaico</strong>. Salomone è, tra<strong>di</strong>zionalmente,<br />

l'emblema stesso dell'associazione del potere e della regalità alla giustizia e alla saggezza, quin<strong>di</strong> per sua natura è re meh'-lek ma<br />

anche giusto tsaw-dak (Giustizia). <strong>Il</strong> suo nome, Salomone, <strong>di</strong>scende dalla ra<strong>di</strong>ce salem (Pace), la stessa <strong>di</strong> Gerusalemme (città<br />

della pace), <strong>di</strong> conseguenza egli è anche il re <strong>di</strong> Salem che è nel suo ruolo e nel suo nome. Salomone è quin<strong>di</strong> il simbolo criptico <strong>di</strong><br />

Melchisedec, e la sua presenza nel <strong>mosaico</strong> denuncia la sostituzione <strong>di</strong> Melchisedec, nato miracolosamente da vergine e<br />

progenitore dello stesso Gesù, con l'oscuro re <strong>di</strong> Salem biblico, probabilmente mai esistito.<br />

La regina <strong>di</strong> Saba<br />

La regina <strong>di</strong> Saba, come abbiamo anticipato nella parte precedente, è chiaramente e ancora una volta collegabile alla Maddalena.<br />

Per la corretta interpretazione della sua funzione possiamo ricorrere al seguente oscuro passo del Vangelo <strong>di</strong> Matteo (12:42): La<br />

regina del mezzogiorno comparirà nel giu<strong>di</strong>zio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della<br />

terra per u<strong>di</strong>re la sapienza <strong>di</strong> Salomone; ed ecco, qui c'è più che Salomone! <strong>Il</strong> brano collega, manifestamente, la regina del<br />

mezzogiorno alla regina <strong>di</strong> Saba e, nel contempo, a Salomone, anch'esso raffigurato nell'opera. La regina <strong>di</strong> Saba è l'emblema<br />

della Regina Nera, la cui bellezza e intelligenza stregarono Salomone. Tra<strong>di</strong>zionalmente il nome Regina Nera è associato a un altro<br />

misterioso culto, quello della Madonna Nera, <strong>di</strong>ffusissimo in Europa e promosso, guarda caso, dall'ultimo re della stirpe dei<br />

Merovingi: Dagoberto, personaggio sul quale torneremo presto per l'interpretazione della seconda riga. Un passo delle profezie <strong>di</strong>


Michea (4:6) sembra poter fornire il legame che nella gnosi e nella leggenda dei Merovingi collega la funzione della Torre a quella<br />

della Regina, e della donna che avrebbe assicurato continuità alla futura stirpe regale: Quel giorno, <strong>di</strong>ce il SIGNORE, io raccoglierò<br />

le pecore zoppe, radunerò quelle che erano state scacciate e quelle che io avevo trattato duramente. Di quelle zoppe io farò un<br />

resto che sussisterà; <strong>di</strong> quelle scacciate lontano, una nazione potente. <strong>Il</strong> SIGNORE regnerà su <strong>di</strong> loro, sul monte Sion, da allora e<br />

per sempre. A te, torre del gregge, colle della figlia <strong>di</strong> Sion, a te verrà, a te verrà l'antico dominio, il regno che spetta alla figlia <strong>di</strong><br />

Gerusalemme. La regina <strong>di</strong> Saba è il simbolo veterotestamentario che meglio si adatta alla figura della Maddalena nell'eresia<br />

gnostica, poiché unisce insieme la figura regale, l'intelligenza, la capacità <strong>di</strong> conoscenza e la fedeltà al suo re, <strong>di</strong> conseguenza non<br />

poteva esservi scelta migliore per una raffigurazione simbolica che, pur senza richiamare elementi neotestamentari, li riportasse<br />

nella potenza e complessità della loro interpretazione gnostica.<br />

La seconda riga del Mosaico e la fine della stirpe dei Merovingi<br />

<strong>Il</strong> Sagittario, che è il secondo simbolo della seconda riga del <strong>mosaico</strong>, la scritta AUSTRI, e soprattutto le stelle <strong>di</strong> cui sono costellati<br />

tutti e quattro i simboli della seconda riga, ci suggeriscono che la lettura astrologico-astronomica è quella che va ora adottata per<br />

questa riga. Le stelle, in effetti, erano uno strumento che assolveva a una duplice funzione pratica: quella cronologica e <strong>di</strong><br />

localizzazione. Abbiamo già visto come, per la prima riga, la coppia della costellazione dei Pesci e del piccolo ariete tra le zampe<br />

della Pantera assolva a una possibile funzione cronologica. Riteniamo che anche per la seconda riga possa adottarsi il medesimo<br />

criterio <strong>di</strong> lettura. Essa è giustificata dal modo adottato da Pantaleone nella parte centrale del <strong>mosaico</strong> per raffigurare la condanna<br />

alla schiavitù del tempo dopo la cacciata dal Para<strong>di</strong>so Terrestre. Tutti i simboli dei mesi sono stati associati al corrispondente segno<br />

zo<strong>di</strong>acale. Cominciamo col notare che il segno imme<strong>di</strong>atamente successivo al Sagittario, nella sequenza astrologica, è il<br />

Capricorno, spesso identificato con il nome <strong>di</strong> Antilope del mare. Non a caso nel <strong>mosaico</strong> notiamo raffigurata un'antilope. La<br />

sequenza Capricorno-Sagittario, in linea con questa chiave interpretativa, non può che segnare il giorno in cui avviene il cambio <strong>di</strong><br />

segno nell'anno, e quin<strong>di</strong> il 22 <strong>di</strong>cembre. Pantaleone avrebbe quin<strong>di</strong> voluto in<strong>di</strong>care una data, ma relativa a quale evento La<br />

soluzione è nel cervo raffigurato imme<strong>di</strong>atamente dopo. L'animale appare ferito alla testa da una freccia o una lancia. <strong>Il</strong> simbolo del<br />

cervo è associato, in <strong>di</strong>verse raffigurazioni, a un Santo vissuto intorno alla seconda metà dell'anno 600: Sant'Hubert. La leggenda<br />

narra che, abile cavaliere e cacciatore, durante una battuta <strong>di</strong> caccia, vide un cervo che recava una croce tra le corna. La sua storia<br />

è intimamente legata a quella dei Merovingi ed a quella <strong>di</strong> Dagoberto in particolare: egli, infatti, ne sposò la figlia Floribanne. A<br />

questo punto non può che ritornarci alla mente l'anno <strong>di</strong> morte <strong>di</strong> Dagoberto: il 22 (secondo altri il 23) <strong>di</strong>cembre del 679. Dagoberto,<br />

dopo aver perso il trono, si recò in Inghilterra, e vi rimase fino al 676, quando fortemente voluto dai suoi sud<strong>di</strong>ti sebbene inviso al<br />

papato, fece ritorno dall'esilio, <strong>di</strong>venendo re d'Austrasia. Tre anni dopo, durante una battuta <strong>di</strong> caccia nella foresta delle Ardenne, fu<br />

colpito da una lancia al capo e morì. Si ritenne che la sua morte, fortemente sospetta, sia stata voluta o comunque favorita proprio<br />

in ambienti ecclesiastici. Con lui muore l'ultimo dei Merovingi. L'assonanza del nome <strong>di</strong> Sant'Hubert, raffigurato da un cervo, con<br />

Dagoberto, il fatto che questi sia stato ucciso esattamente come il cervo, il richiamo al giorno della sua morte, sono già ottimi in<strong>di</strong>zi<br />

lungo questa strada, ma cre<strong>di</strong>amo non siano i soli. Adoperiamo <strong>di</strong> nuovo la Sirena. Essa è collocata subito sopra il cervo. <strong>Il</strong> termine<br />

pesce in ebraico è dawg; <strong>di</strong> conseguenza la coppia dawg e Hubert rimanderebbe a Dagoberto. Ma, forse, c'è <strong>di</strong> più. Una leggenda<br />

vuole che Dagoberto avesse un figlio <strong>di</strong> nome Sigiberto, che sopravvisse all'agguato facendo perdere per sempre le sue tracce. <strong>Il</strong><br />

cervo, nel <strong>mosaico</strong>, si volta all'in<strong>di</strong>etro, e l'azione <strong>di</strong> "guardare in<strong>di</strong>etro" è in ebraico in<strong>di</strong>cata con il termine seeg, da cui il nome che<br />

si ottiene ancora una volta associandolo con Hubert: seeg Hubert, Sigiberto. Ciò che manca, a questo punto, è l'anno. Per questo<br />

veniamo all'ultimo cerchio della seconda riga che raffigura l'unicorno ed il frate. <strong>Il</strong> cerchio contiene tutti intorno 26 cerchi, e lascia un<br />

vuoto per il ventisettesimo, che è invece traslato all'interno del cerchio e circondato da una strana stella a quattro punte, <strong>di</strong>stribuite<br />

secondo i punti car<strong>di</strong>nali, e una quinta posta tra la punta superiore e quella <strong>di</strong> destra. Percorrendo 26 volte il cerchio maggiore che<br />

racchiude l'unicorno, tante volte quanti sono i cerchietti, si ottiene 26x26 = 676 , e quin<strong>di</strong> l'anno del ritorno al potere <strong>di</strong> Dagoberto.<br />

La stella con le tre punte asimmetriche in evidenza potrebbe rappresentare i tre anni della durata del suo regno fino alla sua morte.<br />

Passiamo ora all'unicorno. <strong>Il</strong> termine corno in ebraico è keh'-ren, che è anche l'etimologia del termine corona. Come detto nel<br />

precedente lavoro, l'unicorno è il "nato da vergine", e rappresenta il Gesù del Vangelo <strong>di</strong> Verità, ma con la presenza del solo corno<br />

e con il legame a Dagoberto già esaminato, aggiunge a questa funzione un'altra: esso rappresenta la regalità dell'ultimo dei<br />

Merovingi <strong>di</strong> fronte al quale si inchina il frate Pantaleone raffigurato in ginocchio<br />

<strong>di</strong> fronte alla fantastica bestia. Per concludere questa intrigante ricostruzione della seconda riga del <strong>mosaico</strong> non possiamo non far<br />

notare che, probabilmente, Pantaleone ci ha voluto in<strong>di</strong>care anche il nome del mandante <strong>di</strong> quell'omici<strong>di</strong>o. Per leggerlo, ancora una<br />

volta, bisogna procedere traducendo in ebraico i simboli dall'alto verso il basso nella seconda colonna. Partiamo da Salomone che<br />

rappresenta Melchisedec, antesignano <strong>di</strong> Gesù che, a sua volta, se è corretta l'interpretazione, è padre della stirpe dei Merovingi.<br />

Tutta la prima riga rappresenta, come visto, il Padre, la paternità che Salomone-Melchisedec sintetizza in sé. Egli è quin<strong>di</strong> "padre"<br />

che in ebraico è ab. Subito sotto c'è il Sagittario, l'essere metà uomo e metà cavallo: metà in ebraico è gav. Infine ancora più in<br />

basso c'è il drago Leviathan: drago in ebraico è tan. Abbiamo allora Ab-gav-tan = Agatone, e tale è infatti il nome <strong>di</strong> colui che<br />

occupò il trono pontificio proprio nell'anno in cui morì Dagoberto. Dagoberto <strong>di</strong>venne santo, nonostante fosse avversato dal papato<br />

<strong>di</strong> allora, e a lui si deve l'introduzione del ulto della Madonna Nera che, anche nel <strong>mosaico</strong>, ha riferimenti fin troppo espliciti con la<br />

Maddalena-Regina <strong>di</strong> Saba.<strong>Il</strong> <strong>mosaico</strong> sembrerebbe, a questo punto, alludere a un legame tra la gnosi e la stirpe Merovingia,<br />

proprio l'elemento che potrebbe aver determinato la rottura con il papato. E' possibile che Dagoberto avesse introdotto il culto della<br />

Madonna nera giocando sull'ambiguità Maddalena-Maria madre <strong>di</strong> Gesù, e sulla stessa ambiguità gioca Pantaleone con la sua<br />

rappresentazione della Sirena.<br />

La terza riga e la <strong>di</strong>ffusione del pensiero gnostico nel mondo<br />

Per l'interpretazione della terza riga è necessario soffermarsi su due simboli, che paiono voler in<strong>di</strong>care esplicitamente due delle<br />

principali <strong>di</strong>rettrici della <strong>di</strong>ffusione del pensiero gnostico. <strong>Il</strong> dromedario (primo cerchio della terza riga), infatti, è spesso in<strong>di</strong>cato<br />

come simbolo delle terre d'Egitto; in quanto prende, notoriamente, il posto del cammello arabo per gli spostamenti nel deserto<br />

africano. L'Egitto fu una delle terre ove la gnosi prese più piede, dato il fervente movimento culturale che fioriva intorno alle<br />

biblioteche <strong>di</strong> Alessandria, e che caratterizzò la nascita delle principali eresie gnostiche. Non a caso proprio in quelle terre, ed<br />

esattamente a Nag Hamma<strong>di</strong>, fu ritrovata nel 1947 la giara contenente famosi testi gnostici L'altro animale che è chiaramente<br />

legato a una precisa collocazione geografica è l'elefante in<strong>di</strong>ano (terzo cerchio della seconda riga). Le terre d'In<strong>di</strong>a furono meta del<br />

viaggio <strong>di</strong> Tommaso, autore dell'omonimo Vangelo gnostico, e sono narrate in un altro testo <strong>di</strong> chiara ispirazione gnostica: gli Atti <strong>di</strong>


Tommaso. Questa fu un'altra grande <strong>di</strong>rettrice del pensiero gnostico, se vogliamo quella più naturale, per le affinità tra lo<br />

gnosticismo e le filosofie orientali (induismo e bud<strong>di</strong>smo in particolare), ma anche la meno fortunata visto lo scarso seguito che<br />

ebbe rispetto alla corrente gnostica che nacque nelle terre dell'ex Impero Romano. <strong>Il</strong> più resistente dei filoni gnostici, che è stato<br />

anche il più <strong>di</strong>fficile da sra<strong>di</strong>care, fu sicuramente quello me<strong>di</strong>o-orientale, che faceva capo ai territori che vanno dall'attuale Grecia<br />

fino alla Turchia. <strong>Il</strong> simbolo tipico <strong>di</strong> queste terre può essere sicuramente la lince, <strong>di</strong>ffusa, al tempo, nelle foreste europee e nei<br />

territori me<strong>di</strong>orientali. La lince (quarto simbolo della terza riga della Corona, raffigurato mentre schiaccia una volpe) possiede, poi,<br />

anche una particolare funzione simbolica nei bestiari me<strong>di</strong>oevali, quella <strong>di</strong> rappresentare l'invi<strong>di</strong>a. Probabilmente Pantaleone si<br />

riferisce all'invi<strong>di</strong>a per le conoscenze e per l'evoluzione teologica <strong>di</strong> quella complessa filosofia che riusciva a produrre opere per altri<br />

oscure come lo stesso <strong>mosaico</strong>. Purtroppo quell'invi<strong>di</strong>a scatenò una reazione violenta e durissima contro l'eresia gnostica, che però<br />

non fu mai del tutto domata, poiché trasformò la sua intelligenza in furbizia volpina. Ecco allora un possibile significato per la volpefurbizia<br />

schiacciata sì dall'invi<strong>di</strong>a-lonza, ma chiaramente non vinta. Non a caso la raffigurazione si trova subito sotto quella del<br />

monaco, che pare voler in<strong>di</strong>care la furbizia <strong>di</strong> correnti gnostiche come la sua, che trovarono riparo all'interno <strong>di</strong> monasteri quali<br />

l'abbazia <strong>di</strong> Casole, ove poterono attingere ai libri proibiti che via via venivano sottratti alla cultura mon<strong>di</strong>ale dalle persecuzioni delle<br />

eresie. Resta da chiarire la funzione dell'intrigante mostro, Leviathan, che campeggia quale secondo simbolo della terza riga. Non è<br />

<strong>di</strong>fficile intuire una connessione tra il mostro e la Sirena-Drago alla base della leggenda dei Merovingi: quel mostro, potrebbe<br />

essere, quin<strong>di</strong>, un ulteriore rimando a quella leggenda. <strong>Il</strong> drago assume, nel <strong>mosaico</strong>, una particolare forma a cerchio che richiama<br />

un'antica leggenda che ha per protagonista un altro dei protagonisti del <strong>mosaico</strong>: Alessandro Magno. La leggenda vuole che<br />

l'arroganza e il desiderio <strong>di</strong> conquista del sapere, oltre che dei territori, portarono Alessandro a costruire un carro cui legò due<br />

grifoni, per farsi portare in cielo e svelare il mistero che in esso si celava . Tale leggenda appare esplicitamente richiamata nella<br />

raffigurazione <strong>di</strong> Alessandro nella parte inferiore del <strong>mosaico</strong>. Egli, infatti, è rappresentato a cavallo <strong>di</strong> due grifoni. Un richiamo a tali<br />

animali lo si trova, forse, anche nella scritta GRIS riportata da Pantaleone sopra l'antilope. Alessandro, portato in cielo dai grifoni,<br />

vide sotto <strong>di</strong> sé il mare a forma <strong>di</strong> serpente arrotolato che tra le sue spire aveva un <strong>di</strong>sco: la Terra. Leviathan arrotolato, quin<strong>di</strong>, è il<br />

simbolo del mare. La via del mare fu quella intrapresa dalla Maddalena per giungere in Francia, tanto che quel simbolo, il<br />

dragoserpente, il mostro marino, la Maddalena e Mervee <strong>di</strong>vengono tutt'uno, finendo per rappresentare allo stesso tempo la<br />

Francia e la legittima <strong>di</strong>scendenza al trono: quella dei Merovingi.<br />

L'ultima riga e la sintesi del pensiero gnostico<br />

Nell'ultima riga Pantaleone tenta una sintesi estrema del pensiero gnostico, cercando <strong>di</strong> identificarne i simboli che maggiormente<br />

rappresentano l'obiettivo e l'ambizione <strong>di</strong> quella filosofia. La scelta non poteva che ricadere, ancora una volta, su Adamo ed Eva, e<br />

la <strong>di</strong>visione da loro generata dell'uomo in se stesso. <strong>Il</strong> loro peccato <strong>di</strong> arroganza li aveva spinti a cibarsi del frutto dell'albero<br />

sbagliato, quello del Bene e del Male, e non <strong>di</strong> quello della Conoscenza. Con quella scissione in sé l'uomo <strong>di</strong>venne incapace <strong>di</strong><br />

riconoscere la sua componente femminile, e la donna incapace <strong>di</strong> riconoscere la sua componente maschile. Una donna, Eva,<br />

aveva generato quell'errore, spinta dalla curiosità <strong>di</strong> pervenire alla conoscenza gratuitamente e senza sforzo nella ricerca e nella<br />

comprensione. Una donna, la Maddalena, riesce a comprendere il senso recon<strong>di</strong>to delle parole del Gesù-Logos, strumento principe<br />

della gnosi, e mette a <strong>di</strong>sposizione dell'uomo la chiave reale del suo insegnamento, che consente il superamento delle <strong>di</strong>visioni<br />

interne attraverso la ricerca faticosa e impegnativa della verità. Nella quarta riga Adamo ed Eva sono rappresentati ai due lati della<br />

punta dell'albero, ma due rami <strong>di</strong> quell'albero che rappresentano la via dell'unione e il tronco della cabala (ve<strong>di</strong> parte precedente), li<br />

tengono ancora uniti. Con quella violazione Eva assunse su <strong>di</strong> sé la componente della potenza sessuale e riproduttiva, quella che<br />

dà la vita all'uomo, ma anche al pensiero in forma <strong>di</strong> intuizione. Questa componente è raffigurata alla sinistra <strong>di</strong> Eva con un toro. La<br />

stessa componente è, se si vuole, la sintesi del ramo opposto alla posizione <strong>di</strong> Eva nella cabala raffigurata nel <strong>mosaico</strong>: il ramo<br />

destro con le foglie della Sapienza-Intuizione, dell'Amore, e della Forza. Adamo, invece, mantenne la componente dell'Intelligenza,<br />

della Costanza e della Fedeltà, raffigurate nel <strong>mosaico</strong> con il cane alla sua destra. Egli racchiude in sé le componenti rappresentate<br />

nel ramo opposto della cabala del <strong>mosaico</strong> con le foglie dell'Intelligenza, della Potenza, e dello Splendore. Ve<strong>di</strong>amo, a questo<br />

punto, un quadro d'insieme <strong>di</strong> un possibile senso della Corona del Mosaico <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>. La prima riga traccerebbe il filo sottile che da<br />

Melchisedec (Salomone) porta all'Essenismo qumraniano attraverso la letteratura<br />

enochica che tanto ha influenzato gli scritti ritrovati nel 1945 a Qumran. Da quel punto prosegue fino alla nascita <strong>di</strong> Gesù, seguendo<br />

la tesi <strong>di</strong> Celso e l'eresia gnostica <strong>di</strong> Basilide, che lo volevano figlio del soldato romano Pandera. Prosegue, quin<strong>di</strong>, fino<br />

all'identificazione della funzione della Maddalena, cuore stesso dell'eresia gnostica, e alla leggenda che ne vuole la fuga in Francia<br />

e la fondazione della stirpe Merovingia (la Sirena), fino all'adozione del culto della Regina Nera o Madonna Nera promossa<br />

dall'ultimo dei Merovingi, Dagoberto. La seconda riga, invece, in<strong>di</strong>cherebbe la fine <strong>di</strong> quella stirpe, in<strong>di</strong>cando il giorno <strong>di</strong> morte <strong>di</strong><br />

Dagoberto (con la coppia Antilope-Capricorno e Sagittario), le circostanze e modalità della morte (la battuta <strong>di</strong> caccia e la ferita alla<br />

testa a mezzo <strong>di</strong> una lancia), l'anno della morte (i 26 cerchi del simbolo dell'unicorno e la stella in<strong>di</strong>cano il 679), il nome <strong>di</strong><br />

Dagoberto (dawg = pesce + Sant'Hubert che è il cervo), e forse gli stessi nomi sia del leggendario figlio sopravvissuto (seeg = che<br />

si gira in<strong>di</strong>etro + Sant'Hubert = Sigiberto), sia <strong>di</strong> colui che or<strong>di</strong>nò quell'omici<strong>di</strong>o (papa Agatone, sequenza ab-gav-tan). La terza riga<br />

segnerebbe i percorsi principali lungo i quali si <strong>di</strong>ffuse il pensiero gnostico: Egitto, Francia, In<strong>di</strong>a e Me<strong>di</strong>o <strong>Oriente</strong>. La quarta e ultima<br />

riga sintetizzerebbe l'obiettivo primo della gnosi: il superamento della <strong>di</strong>visione in sé che, se superata, consente agli Eoni la<br />

ricongiunzione con il Padre. La via per il superamento <strong>di</strong> quella scissione consiste nella me<strong>di</strong>tazione sulla separazione delle <strong>di</strong>verse<br />

componenti della propria personalità alla ricerca <strong>di</strong> quelle perdutesi nell'altro sesso (sintetizzate nella foglie della cabala), fino<br />

all'inizio <strong>di</strong> quel percorso <strong>di</strong> evoluzione me<strong>di</strong>tativa che porta i prescelti Eoni al ricongiungimento con il Padre. In questo percorso, la<br />

donna Eva guidò l'uomo verso l'albero errato, quello del Bene e del Male. La donna Maria Maddalena riporta l'uomo all'albero<br />

giusto, il Gesù-Logos che fa da tronco e unione dei rami opposti dell'albero del Bene e del Male, generando la nuova stirpe. A<br />

questo significato metafisico che la gnosi associa alla Maddalena, si aggiunge il significato storico che sempre la gnosi, le<br />

attribuisce. Pantaleone avrebbe mescolato allora i principi base della gnosi alle leggende sull'origine della stirpe dei Merovingi<br />

maturate nel periodo me<strong>di</strong>evale in filoni <strong>di</strong> chiara origine gnostica, e tutte contenute in questa mirabile enciclope<strong>di</strong>a che è il <strong>mosaico</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>. Si potrebbe compiere, a questo punto, un ultimo passo per decifrare anche l'ultima leggenda cui facevamo riferimento in<br />

precedenza, intimamente legata al <strong>mosaico</strong> dalla tra<strong>di</strong>zione: quella del Graal. Per farlo, ricorriamo ancora una volta ai bestiari tipici<br />

me<strong>di</strong>evali, scendendo lungo l'albero, giù giù fino a giungere ai due elefanti che fungono da base all'albero senza ra<strong>di</strong>ci che forma,<br />

con i suoi primi rami arcuati a forma <strong>di</strong> coppa, il Graal . L'elefante, oltre che essere simbolo della sovranità e del potere reale,


assume una funzione particolare specie se, come in questo caso, è appoggiato a un albero privo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci o tagliato ma ancora in<br />

pie<strong>di</strong>. Secondo le leggende me<strong>di</strong>evali, l'elefante riposava appoggiato a un albero. I cacciatori desiderosi <strong>di</strong> catturare l'animale,<br />

usavano l'espe<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> tagliare l'albero cui questi era appoggiato, fino quasi ad abbatterlo. L'animale, appoggiatosi al tronco<br />

tagliato per riposare, finiva per cadere miseramente e, incapace <strong>di</strong> rialzarsi, <strong>di</strong>veniva facile preda dei cacciatori.<br />

Ma c'è ancora un'altra leggenda me<strong>di</strong>evale che permea i bestiari <strong>di</strong> quell'epoca e che potrebbe essere invocata a chiudere<br />

il cerchio sull'interpretazione del <strong>mosaico</strong> e la sua connessione con la leggenda della Maddalena e della stirpe Merovingia.Uno<br />

stralcio :<br />

"Chi ha insegnato all'elefante ad amare ininterrottamente la castità Quando però, costretto dal comando della natura, si è unito<br />

sessualmente, volgendo in<strong>di</strong>etro il capo come se non volesse e se ne fosse nauseato, non appena la femmina si ingravida esso<br />

non torna più ad accoppiarsi. Quanto a lei, come quella che, tremebonda, paventa le insi<strong>di</strong>e mortali del drago, non partorisce in un<br />

luogo <strong>di</strong>verso dall'acqua purché questa arrivi fino alle mammelle. Poiché se essa partorisce fuori dell'acqua, il drago assale<br />

all'improvviso il suo piccolo nell'intento <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorarlo" (Patrologia latina 145, 783 d.c.).<br />

I due elefanti presenti nella parte inferiore del <strong>mosaico</strong> e raffigurati con due cerchi <strong>di</strong>versi, l'uno pieno e l'altro vuoto, sono un<br />

maschio ed una femmina ripresi nell'atto dell'accoppiamento. La loro unione forma la coppa del Graal che è il grembo in cui<br />

nascerà la stirpe regale legata allo stesso Gesù, albero e tronco della cabala. Non si può non notare che la leggenda<br />

dell'accoppiamento casto degli elefanti è legata a quella del drago. L'elefante femmina si nasconde nell'acqua per sfuggire al drago<br />

così come la Maddalena prese la via del mare e giunse in Francia. Infine, non si può non rilevare un altro incre<strong>di</strong>bile parallelo con<br />

l'Apocalisse, e con la donna che fugge nel deserto per sfuggire al drago e salvare il nascituro. L'Apocalisse <strong>di</strong> Giovanni è, peraltro,<br />

un'opera che non nasconde riferimenti fin troppo evidenti con la gnosi.<br />

La nostra storia, a questo punto, ha evidenti stretti legami con le leggende adoperate nella composizione del <strong>mosaico</strong>, che esso<br />

mescola in maniera così particolare. Non può nemmeno sfuggire la singolarità rappresentata dal culto della Madonna Nera -<br />

introdotto da Dagoberto, l'ultimo dei Merovingi - ovvero forse la Maddalena, la leggenda della <strong>di</strong>nastia e alcune raffigurazioni<br />

comuni che inquadrano la Vergine nell'atto <strong>di</strong> calpestare un serpente o <strong>di</strong> sconfiggere un drago. Le ipotesi interpretative avanzate,<br />

assumono una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>versa anche osservando lo stretto legame tra il <strong>mosaico</strong> ed il Vangelo <strong>di</strong> Filippo, unico apocrifo che<br />

propone un legame tra Gesù e la Maddalena che andava ben oltre quello <strong>di</strong>scepolo-maestro ("e spesso la baciava sulla bocca"<br />

Vang. Fil. 64,2). Chi <strong>di</strong>sponeva delle conoscenze esposte così in dettaglio nella Legenda Aurea, delle informazioni intriganti sulla<br />

centralità della Maddalena e sul suo rapporto privilegiato con Cristo tratte dal Vangelo <strong>di</strong> Filippo e comuni a tutta la letteratura<br />

gnostica, poteva a ragione collegarle così come abbiamo proposto nei precedenti lavori. - Nel testo viene chiaramente legata<br />

l'origine del nome Maddalena all'ebraico Magdal (torre) attraverso la <strong>di</strong>scendenza della donna da una stirpe nobile ed il fatto che<br />

abitava in un Castello. Questa osservazione rende l'immagine della torre un ottimo sostituto simbolico della Maddalena<br />

chiaramente comprensibile al pubblico me<strong>di</strong>oevale cui si rivolge Pantaleone. Di conseguenza l'associazione proposta tra la torre <strong>di</strong><br />

Babele che campeggia nel <strong>mosaico</strong> e l'albero (simbolo<br />

della croce <strong>di</strong> Cristo nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo) <strong>di</strong>viene più che legittimo. Non va <strong>di</strong>menticato, inoltre, che Pantaleone raffigura una torre<br />

<strong>di</strong> Babele merlata tipica <strong>di</strong> un castello fortificato. La Legenda parla dell'arrivo della Maddalena in Francia e dei suoi rapporti con un<br />

principe del luogo legando la fede del principe alla nascita <strong>di</strong> un figlio dalla moglie sterile grazie alla intercessione della Maddalena.<br />

In questo quadro la leggenda sul capostipite della stirpe Merovingia, Mervee, nato dallo stupro della madre <strong>di</strong> Mervee ad opera del<br />

mostro marino denominato Quinotauro, poteva, a ragione, essere collegato alla Maddalena specie stante l'assonanza tra il nome<br />

del bimbo (Mervee appunto) e quello <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Magdala. <strong>Il</strong> legame tra la leggendaria origine dei Merovingi, il Sangue Reale (Sang<br />

Real - SanGraal) e quin<strong>di</strong> il sangue <strong>di</strong> Cristo è avvalorato dalla incre<strong>di</strong>bile storia del ritorno in vita prima del figlioletto e poi della<br />

madre. <strong>Il</strong> figlio, morto e poi tornato alla vita, nasce dal grembo <strong>di</strong> una madre morta ed in seguito tornata in vita, tutto grazie sempre<br />

alla Maddalena. <strong>Il</strong> bimbo sopravvive miracolosamente, per due anni privo <strong>di</strong> cibo. La sterilità dell'uomo, e la storia nel suo<br />

complesso, collegata al mare ed alla presenza solitaria del cadavere della donna per due anni nei pressi <strong>di</strong> una spiaggia<br />

sconosciuta, poteva essere legittimamente collegato al mostro Quinotauro ed allo stupro della moglie del primo re dei Merovingi<br />

fino ad allora rimasto privo <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>. La mente sottile e teologicamente preparata dal substrato gnostico del Vangelo <strong>di</strong> Filippo, <strong>di</strong><br />

Pantaleone, non doveva far altro che ricollegare il "rapporto particolare" della Maddalena con Gesù al bimbo che lo stesso principe<br />

riteneva, chiaramente, figlio "spirituale" della Maddalena. <strong>Il</strong> viaggio che il padre della Legenda compie verso Roma e<br />

successivamente verso Gerusalemme insieme a Pietro, descrive, chiaramente, l'itinerario <strong>di</strong> un pellegrinaggio che, in epoca <strong>di</strong><br />

Crociate, pochi anni dopo la nascita dell'Or<strong>di</strong>ne Templare sorto in <strong>di</strong>fesa dei pellegrini <strong>di</strong>retti in Terra Santa, assumeva un<br />

significato simbolico particolarissimo. Per un uomo, come Pantaleone, folgorato dalla sua visione gnostica dovuta, forse, al<br />

possesso <strong>di</strong> una vasta biblioteca <strong>di</strong> testi ritrovati durante le missioni dei crociati, immerso e convinto del legame tra i Merovingi ed il<br />

Sang Real, vissuto fin da piccolo in una città che era porto fondamentale verso la Terra Santa poteva legittimamente essere visto<br />

come il ritorno della stirpe regale <strong>di</strong> Cristo alla sua terra finalmente riconquistata.<br />

<strong>Il</strong> matrimonio tra Giovanni e la Maddalena, precedente la sua chiamata all'apostolato, non fa altro che avvalorare la presenza <strong>di</strong><br />

voci non ortodosse che ipotizzavano legami tra i <strong>di</strong>scepoli e tra questi ed il Cristo, <strong>di</strong>versi da quelli<br />

puramente spirituali. Possiamo immaginare a quali conclusioni fosse giunto Pantaleone affiancando una simile ipotesi al rapporto<br />

stretto tra Gesù e la Maddalena chiaramente in<strong>di</strong>cata nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo. Una volta legittimato su base documentale, lo sfondo<br />

culturale e leggendario che riteniamo abbia guidato Pantaleone nella realizzazione del <strong>mosaico</strong>, passiamo ad analizzare l'elemento<br />

più enigmatico dell'opera: la raffigurazione <strong>di</strong> re Artù.<br />

La leggenda <strong>di</strong> Re Artù nei documenti dell'epoca<br />

<strong>Il</strong> richiamo esplicito alla leggenda arturiana, che nel <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> è segnalata dalla raffigurazione <strong>di</strong> Re Artù a cavallo <strong>di</strong> un<br />

caprone, non rappresenta affatto un caso isolato nel territorio pugliese, ma è cronologicamente preceduto e seguito<br />

rispettivamente, da altre due rilevanti opere architettoniche: la cattedrale <strong>di</strong> S. Nicola <strong>di</strong> Bari realizzata tra il 1087 ed il 1108 e lo<br />

stupendo ed enigmatico e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> Castel del Monte realizzato tra il 1240 ed il 1250. La chiesa <strong>di</strong> S. Nicola fu e<strong>di</strong>ficata per<br />

contenervi le spoglie del santo riportate il 7 maggio del 1087 in Italia dalla Terra Santa, grazie ad una ar<strong>di</strong>ta spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> alcuni<br />

mercanti. Le caratteristiche miracolose attribuite alle spoglie del Santo hanno non poche affinità con i poteri <strong>di</strong> guarigione attribuiti al<br />

Graal, ma l'aspetto più interessante <strong>di</strong> quest'opera è <strong>di</strong> certo, la raffigurazione <strong>di</strong> Re Artù insieme ad una rappresentazione stilizzata<br />

del nascon<strong>di</strong>glio della preziosa coppa4. Particolarmente interessante è la raffigurazione dei cavalieri in lotta armati alla normanna


con scudo lancia e spadone che combattono ai lati <strong>di</strong> una costruzione a forma <strong>di</strong> torre munita <strong>di</strong> una vistosa serratura. La<br />

raffigurazione è stata collegata a quella simile del "Duomo <strong>di</strong> Peschiera" a Modena che reca i cavalieri del ciclo arturiano<br />

in<strong>di</strong>candone i nomi. Diverso è il <strong>di</strong>scorso per Castel del Monte. costruzione voluta da Federico II e che la leggenda vuole sia stata<br />

realizzata con il solo scopo <strong>di</strong> tenervi nascosta la preziosa coppa. Che la leggenda sia vera o meno, è certo che il Castello non<br />

sembra essere stato costruito né come <strong>di</strong>mora né come semplice fortezza e lo scopo pratico rimane ad oggi non chiaramente<br />

identificabile. La costruzione è ricca <strong>di</strong> simbolismi esoterici. Una leggenda vuole che i Cavalieri Templari avessero affidato il Graal<br />

all'Imperatore, affinché lo preservasse dalle <strong>di</strong>struzioni scatenate dalle Crociate.A questo punto è interessante sapere quando<br />

fanno apparizione sulla scena letteraria, le storie connesse a Re Artù ed al Graal. La più famosa opera che parla del Graal risale al<br />

1190 anno della pubblicazione del Perceval le Gallois ou le Compte du Graal ad opera <strong>di</strong> Chrétien de Troyes, ma la prima vera<br />

apparizione letteraria della storia <strong>di</strong> Re Artù è databile al 940 anno in cui furono pubblicati gli Annales Cambriae le cui storie<br />

coprono un arco <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> ben 533 anni a partire dal 447. <strong>Il</strong> testo che, però, dà origine alla leggenda <strong>di</strong> re Artù è la Historia<br />

Regnum Britannie opera <strong>di</strong> Geoffrey of Monmouth completato nel 1139. Possiamo, quin<strong>di</strong>, pensare che Pantaleone possedesse,<br />

anche da questo punto <strong>di</strong> vista, tutti gli elementi leggendari già ben formati che sono alla base delle leggende arturiane, ma resta<br />

da comprendere il motivo per il quale egli rappresenta il Re nel <strong>mosaico</strong>.<br />

Re Artù nel <strong>mosaico</strong>: analisi tra storia e leggenda<br />

Cominciamo subito dallo strano modo con cui Pantaleone scrive il nome <strong>di</strong> Artù nel <strong>mosaico</strong> e che abbiamo ricostruito nella<br />

immagine seguente: Si nota subito il modo anomalo con cui sono state separate le lettere US e che pare vogliano in<strong>di</strong>carne un uso<br />

sia nella lettura della seconda riga che della terza. Altro elemento interessante è lo spazio che Pantaleone lascia tra la R e la U<br />

dell'ultima riga: tale spazio poteva essere utilizzato per inserire le due lettere US collocate all'esterno delle tre righe, eppure<br />

Pantaleone non ne approfitta: perché<br />

Sulla base <strong>di</strong> queste osservazioni, il testo segnato da Pantaleone contiene, la seguente <strong>di</strong>citura: REX ARTUS UR-US<br />

che non può non suggerire la lettura: REX ARTUS URSUS<br />

A ben pensarci, e ragionando al contrario, se questa fosse stata la vera intenzione <strong>di</strong> Pantaleone, non poteva scegliere un modo<br />

più in<strong>di</strong>cato per una rappresentazione, che pur contenendo il nome del re mantiene relativamente chiara ed accessibile anche<br />

questa seconda chiave <strong>di</strong> lettura. Artus Ursus è il nome scientifico con cui viene in<strong>di</strong>cato l'Orso Marsicano, <strong>di</strong>ffuso in Italia ed il<br />

Grizzly tipico delle regioni americane, ma quale senso può avere Chi era il Re Orso, quali documenti attestano un rapporto tra<br />

questo nome e Re Artù Cominciamo con l'evidenziare una prima chiave <strong>di</strong> lettura basata, ancora una volta, su una lingua <strong>di</strong>ffusa<br />

nel territorio francese e ricollegabile al periodo Merovingio: il celtico. In questa lingua art o arth ha il significato, appunto, <strong>di</strong> Orso, ed<br />

Orso era un nome tipico assegnato ai guerrieri più valorosi. I Celti, infatti, avevano una vera e propria venerazione per questo<br />

animale dotato <strong>di</strong> impressionante potenza, ma le affinità tra i Celti e la storia <strong>di</strong> Re Artù non finiscono qui. La terra in cui sono<br />

ambientate le storie arturiane Avalon è un altro termine <strong>di</strong> origine celtica e significa Terra Sacra o Terra Santa. A questo punto è<br />

evidente che con la sua rappresentazione, Pantaleone suggerisce non solo la connessione tra Artù ed i Celti, ma anche un implicito<br />

rimando alla conquista della Terra Santa da parte delle truppe crociate, che pare essere l'unico elemento che non ha mai<br />

rappresentazione esplicita nel <strong>mosaico</strong>. Re Artù è quin<strong>di</strong>, il ponte tra il Re Orso, l'origine del nome ed il fine della sua missione: la<br />

riconquista della Terra Santa, obiettivo delle crociate.<br />

A questo punto spostiamo l'attenzione su un'altra leggenda moderna, quella del Priorato <strong>di</strong> Sion, fantomatico or<strong>di</strong>ne le cui origini<br />

sono narrate nel testo <strong>di</strong> Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln: Holy Blood, Holy Grail (Ed. Random House, 1982; tr. it. <strong>Il</strong><br />

Santo Graal, Ed. Arnoldo Mondadori, Milano, 1982), ed in altre opere come quelle <strong>di</strong> Lionel Fanthorpe. Prima <strong>di</strong> addentrarci nelle<br />

ipotesi e nei presunti antichi documenti del priorato, inclusi in questo testo, vogliamo ricordare che sulla atten<strong>di</strong>bilità del contenuto<br />

sono stati sollevati fortissimi dubbi che riguardano, non solo la falsificazione <strong>di</strong> documenti genealogici (sebbene fatta a partire da<br />

informazioni parzialmente vere) ma anche la controversa figura del personaggio chiave che si ritiene ultimo Maestro del fantomatico<br />

priorato e <strong>di</strong>scendente dei Merovingi e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cristo: Plantard.<br />

Resta il problema della identificazione del misterioso Principe Orso che avrebbe guidato la spe<strong>di</strong>zione. Prima <strong>di</strong> tutto va verificata la<br />

plausibilità <strong>di</strong> un simile nome in Italia nel periodo in esame. Cominciamo subito, con l'osservare che nel 1058 Goffredo <strong>di</strong> Buglione<br />

ed il Duca Guglielmo <strong>di</strong> Norman<strong>di</strong>a invitati da Papa Stefano IX scendono in Italia meri<strong>di</strong>onale giungendo fino alla Calabria.<br />

L'occupazione Normanna poneva fine a quella Longobarda. In questo periodo inizia a <strong>di</strong>ffondersi un nome sconosciuto nelle terre<br />

meri<strong>di</strong>onali e <strong>di</strong> chiara origine nor<strong>di</strong>ca: Ursus. Ecco <strong>di</strong> seguito uno dei primi documenti che attesta la presenza <strong>di</strong> questo nome in<br />

Campania (http://www.solofrastorica.it/Normanni.htm). <strong>Il</strong> testo, datato ottobre del 1127, riporta un atto notarile effettuato <strong>di</strong> fronte al<br />

giu<strong>di</strong>ce Alferio in cui un tale Urso de Inga, figlio <strong>di</strong> Falco, <strong>di</strong>vide i suoi posse<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> Montoro e Sant'Agata: Ante me Alferium<br />

iu<strong>di</strong>cem de castro, quod <strong>di</strong>citur Muntorium, Ursus, qui <strong>di</strong>citur de Inga filius quondam Falconi, conuinctus est cum Urso filio suo,<br />

at <strong>di</strong>videndum inter se per convenientiam rebus stabilius, quas inter se habuerunt in eodem loco Muntorium et in tota pertinentiam<br />

eiusdem locis et quas habuerunt in pertinentia de vico quit de SancteAgathe <strong>di</strong>citur.<br />

Al nome Ursus è legata l'origine della famosa famiglia Orsini che, cui secondo una tra<strong>di</strong>zione appartenevano i papi Paolo I (787) ed<br />

Eugenio II (824) e cui <strong>di</strong> certo apparteneva Papa Celestino III (1191) figlio <strong>di</strong> Pietro Bobo. Un altro fondamentale documento è la<br />

18ma epistola <strong>di</strong> S. Paolino vescovo <strong>di</strong> Nola databile al 398 e destinata al vescovo <strong>di</strong> Rouen in Norman<strong>di</strong>a, nella quale Paolino parla<br />

<strong>di</strong> un cristiano <strong>di</strong> nome Orso confermando la presenza antichissima del nome in quella zona della Francia. Quin<strong>di</strong> Ursus è un nome<br />

che ritroviamo in Francia e che è plausibile in Italia, nell'anno in cui viene collocato l'episo<strong>di</strong>o del viaggio dei monaci Basiliani; esso è<br />

legato a nobili <strong>di</strong> origine normanna e fa la sua comparsa in coincidenza con la <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> Goffredo <strong>di</strong> Buglione in Italia. La storia<br />

narrata è quin<strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bile relativamente alla fondazione del monastero e plausibile relativamente al nome del principe che guidò la<br />

spe<strong>di</strong>zione dei monaci basiliani calabri.<br />

Tornando alla raffigurazione <strong>di</strong> re Artù nel <strong>mosaico</strong>. Che senso ha la cavalcatura del caprone <strong>Il</strong> cavalcare la capra era, nel<br />

Me<strong>di</strong>oevo, un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re abbastanza <strong>di</strong>ffuso per in<strong>di</strong>care una persona che parla o agisce in modo sciocco, riportiamo a riguardo<br />

due emblematici esempi d'uso della locuzione7: Mi pare che ser Bernabò, <strong>di</strong>sputando con ser Ambrogio cavalcasse la capra inverso<br />

il chino (Decamerone II,10) / Gli facean cavalcare la capra delle maggiori sciocchezze del mondo (Ibidem VIII,9) Non va trascurato<br />

nemmeno lo scettro <strong>di</strong> Re Artù che sembra, invero, essere una verga da pastore. La scena, insomma, sembra voler sottolineare o<br />

l'atteggiamento sciocco <strong>di</strong> Artù, oppure quello <strong>di</strong> coloro che credono alla sua leggenda.


<strong>Il</strong> Gatto con gli stivali, Parsifal ed Excalibur nel <strong>mosaico</strong><br />

Interessante è la presenza <strong>di</strong> un altro personaggio fantastico: il<br />

Gatto con gli stivali posto innanzi la capra cavalcata da Re Artù. <strong>Il</strong><br />

Gatto, notoriamente, trasformò, con le sue furbate, il suo povero<br />

padrone, <strong>di</strong> lignaggio tutt'altro che nobile, in un principe<br />

consentendogli anche <strong>di</strong> pervenire a nozze con una nobildama, e<br />

consolidando, così, una stirpe nobile nata da un raggiro. Esistono<br />

due problemi, il primo è, evidentemente, il senso che Pantaleone<br />

vuol dare a questa storia fantastica, anche alla luce <strong>di</strong> quanto si è<br />

detto, il secondo, invece, è la constatazione che la storia, che<br />

sembrerebbe apparire per la prima volta nei racconti del poeta<br />

napoletano Gianbattista Basile intorno al 16 secolo, esisteva<br />

invece già ben 400 anni prima. Anche in linea con<br />

l'interpretazione delle storie arturiane proposta da David Lodge, il<br />

gatto con gli stivali non ha solo la funzione imme<strong>di</strong>ata che<br />

abbiamo dato ma anche una funzione implicitamente sessuale e<br />

suggerisce, ancora una volta, che qualunque chiave <strong>di</strong> lettura<br />

dell'opera musiva non può prescindere da questo parametro,<br />

ricordato, in forma più o meno esplicita, fin troppo spesso nel<br />

<strong>mosaico</strong>: basti ricordare la donna nuda che cavalca uno dei due<br />

lunghi rami alla base dell'albero La raffigurazione si completa con<br />

i due elefanti <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso (ve<strong>di</strong> i due cerchi che li<br />

contrassegnano) che sorreggono l'intero albero ritratti nell'atto<br />

dell'accoppiamento9, evidenziato anche dalla protuberanza che<br />

dall'animale <strong>di</strong> destra si infila sotto la coda <strong>di</strong> quello a sinistra. Per<br />

comprendere la storia <strong>di</strong> re Artù non ci si può limitare ad<br />

osservare ciò che si narra o si vede nel <strong>mosaico</strong> (Re Artù che<br />

cavalca la capra), ma bisogna spingersi oltre cercando <strong>di</strong><br />

"ascoltare" l'opera. Non a caso, <strong>di</strong>etro Re Artù c'è la figura <strong>di</strong><br />

Parsival nudo (con chiaro riferimento alla purezza e mancanza <strong>di</strong><br />

preconcetto che deve precedere la interpretazione) che porta<br />

la mano alla bocca nell'atto <strong>di</strong> gridare a Re Artù qualcosa.<br />

Ma la purezza <strong>di</strong> intenzione non è sufficiente, è necessario<br />

tener conto che la regalità <strong>di</strong> Artù gli viene dalle opere del<br />

furbo gatto, che rampante gli mostra il modo per pervenire al<br />

trono pur non avendo sangue reale: la spada Excalibur.<br />

Resta, però, da capire dov'è nascosta la spada nel <strong>mosaico</strong>: è lo stesso Re Artù che ci in<strong>di</strong>ca il posto in cui è conficcata. La spada<br />

è, quin<strong>di</strong>, lo stesso albero conficcato nell'altare. Quin<strong>di</strong> l'albero è la Croce (nell'interpretazione gnostica), la genealogia<br />

(in quella storica) e la spada (in quella leggendaria e simbolica) insieme. <strong>Il</strong> suo manico è il Graal ed il grembo che dà vita<br />

nell'incontro casto (i due elefanti come in<strong>di</strong>cato nel precedente lavoro) alla nuova stirpe regale trasformando un principe che in<br />

realtà non lo era (Clodomiro III, se si vuol credere alla genealogia) in un re la cui stirpe <strong>di</strong>scende <strong>di</strong>rettamente da Gesù attraverso la<br />

Maddalena (la torre - Magdal compagna- Miriam dell'albero-Yoshua). E' ancora una volta il vescovo <strong>di</strong> Nola S.Paolino che avvalora<br />

la nostra ipotesi attraverso una delle sue più comuni metafore: la coppia Croce-Albero. Questa metafora era, per Paolino, talmente<br />

scontata che nella do<strong>di</strong>cesima lettera datata 398 non si premura nemmeno <strong>di</strong> spiegarla: ... ritrovati in conseguenza <strong>di</strong> un albero (la<br />

Croce), ritrovati per opera <strong>di</strong> una vergine ... (Epistolario Paolino, Lettera 12,4) Un altro interessante particolare è relativo alla<br />

"roccia" in cui è infissa la spada ed al Graal. La forma che prende la mitica coppa nell'opera Parzival <strong>di</strong> Wolfram von Eschenbach<br />

del 1220, è una pietra (lapsit exillis, o lapis exillis), con il significato probabile <strong>di</strong> "pietra della morte" che è stata associata, forse non<br />

a torto, alla pietra filosofale alchemica. L'obiettivo <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> Wolfram è <strong>di</strong> correggere la versione <strong>di</strong> Chrétien de Troyes che, a<br />

<strong>di</strong>re dell'autore, non contiene tutte le informazioni <strong>di</strong>sponibili, ma, cosa singolare, la storia ampliata e corretta, secondo Wolfram, gli<br />

viene da un certo Kyot <strong>di</strong> Provenza (identificabile in Guiot de Provins), monaco templare. Nella storia il Graal-pietra è custo<strong>di</strong>ta da<br />

un gruppo <strong>di</strong> Cavalieri (Templari) che Wolfram definisce in un Castello (e chissà che proprio questi racconti<br />

non abbiano ispirato a Federico II il progetto <strong>di</strong> Castel del Monte). Ma quello che appare l'elemento più singolare della storia è<br />

sicuramente la figura <strong>di</strong> Cundrie il , che Wagner sostituì secoli dopo (1882) con Kundry, e che non esitò<br />

ad identificare con la Maddalena. <strong>Il</strong> personaggio, infatti, come la Maddalena porta un'ampolla <strong>di</strong> balsamo (che rievoca il Graal) con<br />

cui lava i pie<strong>di</strong> dell'eroe asciugandoli (proprio come la Maddalena) con i suoi lunghi capelli. Che Artù, nel <strong>mosaico</strong>, in<strong>di</strong>candoci il<br />

punto in cui è infissa Excalibur-albero voglia in<strong>di</strong>carci che il segreto del Graal va ricercato in quella roccia<br />

<strong>Il</strong> segreto dei Templari nel <strong>mosaico</strong><br />

L'or<strong>di</strong>ne dei Templari fondato da Hugo de Paganis nel 1118 per <strong>di</strong>fendere i pellegrini e la stessa città <strong>di</strong> Gerusalemme, ha una parte<br />

rilevante nel <strong>mosaico</strong> anche se non <strong>di</strong>rettamente evidente. L'elemento simbolico che meglio rappresenta l'Or<strong>di</strong>ne nell'opera è <strong>di</strong><br />

certo la scacchiera <strong>di</strong> 8x8 = 64 quadrati bianchi e neri la cui collocazione alla base dell'albero, affiancata al medesimo cervo ferito<br />

che appare anche nella corona e che abbiamo già analizzato nel precedente lavoro, è tutt'altro che casuale. La scacchiera è uno dei<br />

principali simboli templari. Abbiamo supposto che il cervo nella corona del <strong>mosaico</strong> rappresenti Dagoberto II trafitto al capo da una<br />

lancia durante una battuta <strong>di</strong> caccia10. Nella corona del <strong>mosaico</strong> il Sagittario scaglia la freccia che uccide il cervo; in questo caso<br />

chi scaglia la freccia è Diana cacciatrice. Si è detto (ve<strong>di</strong> precedente articolo) che il cervo della corona rappresenta sia Dagoberto


che il figlio leggendario Sigisberto IV11. Qui, invece, gli animali sono due, il primo appare ferito e morente (ve<strong>di</strong> il capo reclinato) ma<br />

il secondo appare in fuga (ve<strong>di</strong> la gamba sinistra alzata) e per <strong>di</strong> più è rappresentato come un cervo dal volto d'uomo. La stessa<br />

Diana ci riporta al culto storicamente accertato dei primi Merovingi (Merovee e Clodoveo) per la dea cacciatrice. Interessante è<br />

anche constatare che il cervo morente ha in testa, com'è normale che sia, vistose corna simbolo della sua regalità (infatti "corona"<br />

ha una etimologia ebraica derivante da KRN, Keren), mentre il cervo che sfugge a Diana, con la testa d'uomo, ha sulla testa la<br />

scacchiera simbolo Templare. Egli quin<strong>di</strong>, ed il personaggio che rappresenta, Sigisberto IV, <strong>di</strong>viene il Re o primo Gran Maestro<br />

dell'or<strong>di</strong>ne Templare (che è insito nel simbolo della scacchiera). Quin<strong>di</strong> alla base della spada c'è l'episo<strong>di</strong>o con il quale i mandanti<br />

dell'omici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Dagoberto II ritenevano <strong>di</strong> aver estinto la <strong>di</strong>nastia dei Merovingi, legittima titolare del trono <strong>di</strong> Francia, e, attraverso la<br />

leggenda della Maddalena e <strong>di</strong> Gesù, anche <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Israele. In realtà, sempre volendo dar cre<strong>di</strong>to alla leggenda ed alle<br />

genealogie <strong>di</strong> Plantard, la <strong>di</strong>scendenza dei Merovingi sopravvive con Sigisberto IV fino a Goffredo <strong>di</strong> Buglione che attraverso la<br />

conquista <strong>di</strong> Gerusalemme completa il progetto <strong>di</strong> riunificazione dei legittimi regni12. Ma torniamo alla scacchiera. La leggenda<br />

vuole che il simbolo sia legato ai nascon<strong>di</strong>glio del mitico tesoro del Tempio <strong>di</strong> Salomone che sarebbe entrato in possesso dei<br />

Templari insieme ad altre importanti reliquie come il Graal fisico (la coppa dell'ultima cena), la croce <strong>di</strong> Gesù e la Sacra Sindone. E'<br />

interessante notare come la scacchiera con le sue 64 celle (8x8) sia davvero simbolicamente legata al mitico Tesoro da un<br />

famosissimo documento scoperto nel 1945 a Qumran: il Rotolo <strong>di</strong> Rame. Questo rotolo contiene, in forma più o meno esplicita, 64<br />

luoghi nei quali sarebbero stati seppelliti i tesori del Tempio, forse per sottrarli al saccheggio Romano. Milik, personaggio centrale<br />

nella storia dei ritrovamenti e delle ricerche sui papiri qumraniani, condusse tra il 1959 ed il 1960, una serie <strong>di</strong> scavi in alcuni dei<br />

luoghi in<strong>di</strong>cati nel rotolo senza alcun successo, tanto che lo stesso prof. Moral<strong>di</strong>, massimo stu<strong>di</strong>oso italiano dei rotoli, insieme ad<br />

altri stu<strong>di</strong>osi finì per credere che l'opera fosse solo un componimento letterario simbolico in cui il tesoro aveva un valore<br />

esclusivamente metaforico. Se i Templari fossero venuti in possesso del Rotolo, la storia delle ricerche da loro condotte in Terra<br />

Santa avrebbe un saldo fondamento. Inoltre se il, Rotolo <strong>di</strong> Rame fosse entrato in loro possesso, quale oggetto poteva essere più<br />

in<strong>di</strong>cato a simboleggiare la mappa del tesoro del Tempio se non la scacchiera E' anche interessante notare come Pantaleone<br />

effettui un particolare accostamento formale e cromatico tra la scacchiera bianca e nera, con la quale rappresenta la Torre a sinistra<br />

dell'Albero, e la scacchiera bianca e nera del <strong>mosaico</strong>, alla base dell'albero ed nel cavo della coppa-Graal, rappresentata<br />

metaforicamente dai due rami curvi. Se, come cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>mostrato, Pantaleone entrò in possesso del Vangelo <strong>di</strong> Filippo,<br />

opera gnostica conosciuta solo dopo i ritrovamenti del 1947 a Nag Hamma<strong>di</strong> in Egitto, è possibile che questo sia stato uno dei<br />

reperti portati alla luce dai Templari. Lo stesso simbolo della sirena presente nella corona e <strong>di</strong> cui più volte abbiamo parlato, proprio<br />

nella forma <strong>di</strong> Abraxas costituisce uno tra i vari sigilli che sono stati adoperati dall'Or<strong>di</strong>ne, ne ve<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> seguito alcune immagini:<br />

L'Abraxas, chiaramente raffigurato come un cavaliere con elmo, è presente nella raffigurazione con una emblematica scritta<br />

"Secretum Templi"14. Interessante è anche la presenza delle tre torri tipiche <strong>di</strong> alcuni dei suddetti sigilli templari talora sostituite una<br />

torre centrale e due pesci, o una torre con tre merli, raffigurazioni molto simili alla torre <strong>di</strong> Babele del <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>:<br />

O ancora il simbolo del calice-nido con il pellicano che si strappa il petto per nutrire i tre piccoli insi<strong>di</strong>ato da un serpente, contiene in<br />

sé le principali allegorie del <strong>mosaico</strong>:<br />

<strong>Il</strong> <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> ed il mistero <strong>di</strong> Rennes-le-Château<br />

Passiamo ad un'altra coincidenza cronologica che ci riporta che al citato libro Holy Blood, Holy Grail e che riguarda, ancora una<br />

volta, i Templari. Sappiamo che il <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> fu realizzato tra il 1163 ed il 1165. Tra il 1156 ed il 1169, Bertrand de<br />

Blanquefort o Blanchefort fu Gran Maestro dell'or<strong>di</strong>ne Templare. Blanchefort fu fatto prigioniero dello stesso anno della sua elezione<br />

a Gran Maestro (1156) e fu liberato tre anni dopo (1159) per intercessione <strong>di</strong> Manuel Commène imperatore <strong>di</strong> Costantinopoli.<br />

Combatté con valore al fianco <strong>di</strong> Raymond Roger de Trencavel,celebre cataro, che gli fece dono <strong>di</strong> alcune terre nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong><br />

Rennes-le-Château e <strong>di</strong> Bezu à l'Ordre15. E' proprio questo legame cronologico con il <strong>mosaico</strong>, affiancato a ciò che abbiamo già<br />

evidenziato e che ricollega il <strong>mosaico</strong> all'or<strong>di</strong>ne Templare a farci fare un'ulteriore passo verso un'altra intricata e tutt'altro che limpida<br />

storia: quella della chiesetta <strong>di</strong> Rennes-le-Château proprio nel territorio che fu donato al Gran Maestro. L'argomento è stato oggetto<br />

<strong>di</strong> un numero enorme <strong>di</strong> pubblicazioni articoli e <strong>di</strong> recente ha acceso fantasie <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere, tanto che è oggettivamente <strong>di</strong>fficile<br />

se non impossibile capire dove è la realtà e dove, invece, comincia la fantasia. Pur rimandando alla vastissima letteratura più o<br />

meno fondata pubblicata intorno all'argomento vogliamo soffermarci sui fatti oggettivi che la storia della chiesetta contiene e che<br />

vanno doverosamente riconnessi al <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> nella interpretazione che abbiamo proposto nel precedente numero <strong>di</strong><br />

Episteme. Sono, infatti, a nostro avviso <strong>di</strong>versi gli elementi oggettivi che accomunano la storia <strong>di</strong> questa oscura chiesetta a quella<br />

dei templari ed il <strong>mosaico</strong>.<br />

le crociate e l'anno <strong>di</strong> costruzione del <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> (1163-1165) la rotta privilegiata delle navi crociate tra <strong>Otranto</strong> ed i Balcani.<br />

<strong>Il</strong> <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> e la cattedrale <strong>di</strong> Chartres<br />

Per proseguire in questa carrellata de<strong>di</strong>cata ai documenti ed alle opere architettoniche ed artistiche che avvalorano la ricostruzione<br />

del simbolismo adoperato da Pantaleone nel <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> non possiamo non ricordare una delle più spettacolari realizzazioni<br />

dell'arte gotica: la cattedrale <strong>di</strong> Chartres. Essa presenta, sebbene adottando forme artistiche variegate (vetrate, bassorilievi,<br />

sculture) tematiche e accostamenti che sono comuni anche al <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong>. Interessante è, ad esempio, il bassorilievo che<br />

ritrae insieme Melchisedek, la regina <strong>di</strong> Saba e re Salomone. Melchisedek reca tra le mani una coppa e nella <strong>di</strong>citura che<br />

campeggia sotto il bassorilievo vi è una enigmatica scritta in latino "HIC AMITITUR ARCHA CEDERIS". In questa forma la frase è<br />

priva <strong>di</strong> significato. Una delle possibili alternative potrebbe essere "HIC AMICITUR ARCHA FOEDERIS", in pratica "Qui è nascosta<br />

l'arca dell'alleanza", ma in<strong>di</strong>pendentemente dal significato, l'accostamento tra Re Salomone e Melchisedek, la regina <strong>di</strong> Saba e il<br />

Graal è interamente presente nel <strong>mosaico</strong> con un simbolismo più criptico ma simile. Nel <strong>mosaico</strong>, infatti, ritorna la doppia funzione<br />

della immagine <strong>di</strong> Salomone che è allo stesso tempo Re <strong>di</strong> Salem (Jerusalem o "città della Pace" con etimologia ebraica) ma anche<br />

Re <strong>di</strong> Giustizia (essendo egli stesso il simbolo massimo della giustizia e della saggezza) così come l'enigmatico Re <strong>di</strong> Salem<br />

(Gerusalemme nel papiro qumraniano 11Qmelch) Melchisedek è, nella etimologia ebraica il re (melek in lingua ebraica) <strong>di</strong> giustizia<br />

(sedek in lingua ebraica). I due personaggi rappresentano il doppio messianesimo tipico dell'essenismo (il messia <strong>di</strong> Aronne ed il<br />

Messia <strong>di</strong> Davide) che, se vogliamo, ci riporta alla doppia funzione del Messia: sacerdotale e politica che si unisce nel Cristo, in<br />

particolare in quello giudaico-cristiano prima, e gnostico dopo. La centralità <strong>di</strong> Melchisedek è un elemento fortemente caratterizzante<br />

delle scritture qumraniane (papiro 11Qmelch, Libri <strong>di</strong> Enoch), <strong>di</strong> quelle gnostiche (scritti <strong>di</strong> Nag Hamma<strong>di</strong>) e <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> matrice<br />

giudaico-cristiana (la Lettera agli Ebrei, chiaramente rivolta ai giudeo-cristiani come invito alla unificazione con la corrente paolina


del cristianesimo, è l'unico tra gli scritti neotestamentari che fa un chiaro riferimento a questa figura). Quin<strong>di</strong> Melchisedek è, <strong>di</strong> per<br />

sé, un primo forte in<strong>di</strong>zio che colloca gli autori della cattedrale <strong>di</strong> Chartes e del <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> nell'ambito della teologia gnostica<br />

o al più giudaico-cristiana. La figura della regina <strong>di</strong> Saba, invece, è un elemento simbolico che caratterizza le opere chiaramente ed<br />

univocamente come gnostiche. La regina <strong>di</strong> Saba è il simbolo della saggezza (caratteristica questa della Maddalena), ma è anche la<br />

regina nera che richiama alla mente il culto <strong>di</strong> Iside, e il culto della Madonna nera, introdotto, proprio da Re Dagoberto. Ed è proprio<br />

l'ambiguità del nome Maria che consente agli eretici gnostici <strong>di</strong> nascondere il culto della Maddalena <strong>di</strong>etro quello della Vergine, e<br />

forse il culto del figlio avuto da Gesù <strong>di</strong>etro Gesù stesso. Questa ambiguità è presente, come in<strong>di</strong>cato, nel <strong>mosaico</strong> attraverso la<br />

pantera (chiaro richiamo alla tesi del polemista Celso ed alle scritture Toledot ebraiche che volevano Gesù figlio <strong>di</strong> un soldato<br />

romano <strong>di</strong> nome Pandera) che regge l'ariete e che segnala il passaggio da un era, quella dell'Ariete, ad un'altra, quella dei Pesci,<br />

(rappresentati dalla sua compagna la sirena a due code) attraverso Gesù. La pantera ha una compagna, la Sirena Melusine, che è<br />

nel contempo la Madre dell'Ariete (Gesù) e compagna (Miriam in ebraico) dello stesso Gesù e quin<strong>di</strong> progenitrice della stirpe<br />

Merovingia (per il dettaglio <strong>di</strong> questa tesi riman<strong>di</strong>amo ai precedenti due articoli pubblicati su Episteme n. 5). Nella raffigurazione <strong>di</strong><br />

Chartres, Melchisedek regge una coppa chiaramente in<strong>di</strong>cante il sangue e la coppa dell'ultima cena. <strong>Il</strong> fatto che sia lui a tenere in<br />

mano la coppa lo ricollega al sacerdozio eterno cui è destinato, e che ha in Gesù il legittimo successore.<br />

L'eresia catara, il Vangelo <strong>di</strong> Filippo ed il <strong>mosaico</strong> <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong><br />

Nella convinzione che l'eresia Catara trovi parziale riscontro anche nell'opera musiva <strong>di</strong> Pantaleone riportiamo <strong>di</strong> seguito un brano<br />

trattato dalla Historia Albigensis <strong>di</strong> Pierre de Vaux de Cernay. <strong>Il</strong> lungo estratto evidenzia gli aspetti principali della eresia che<br />

ritroviamo nell'opera musiva <strong>di</strong> Pantaleone: Prima <strong>di</strong> tutto, bisogna sapere che gli eretici ritenevano che ci siano due Creatori; cioè<br />

uno delle cose invisibili, che chiamano il Dio buono, ed un altro delle cose visibili, che chiamano il Dio maligno. Attribuivano il Nuovo<br />

Testamento al Dio buono e l'Antico Testamento al Dio maligno e quest'ultimo lo rifiutavano interamente, con l'eccezione <strong>di</strong> alcuni<br />

passi che sono accolti nel Nuovo Testamento; questi ultimi li ritenevano degni <strong>di</strong> essere accolti per la riverenza dovuta al Nuovo<br />

Testamento. Essi accusavano l'autore dell'Antico Testamento <strong>di</strong> falsità, poiché il Creatore <strong>di</strong>sse: "Nel giorno che mangerete<br />

dell'albero della conoscenza del bene e del male, morirete"; ma (<strong>di</strong>cono) dopo averne mangiato non morirono; mentre, invero, dopo<br />

aver mangiato il frutto proibito (gli uomini) furono assoggettati alla miseria della morte. Lo chiamano anche omicida, sia per aver<br />

bruciato Sodoma e Gomorra ed aver <strong>di</strong>strutto il mondo con le acque del <strong>di</strong>luvio, sia per aver scaraventato nel mare Faraone e gli<br />

Egiziani. Affermavano anche che tutti i padri dell'Antico Testamento erano dannati; che Giovanni il Battista era uno dei più gran<strong>di</strong><br />

demoni. Essi <strong>di</strong>cevano anche, nella loro dottrina segreta, che quel Cristo che era nato nel mondo visibile, nella Betlemme terrestre,<br />

e fu crocifisso a Gerusalemme, era malvagio, e che Maria Maddalena era la sua concubina; e che era lei la donna sorpresa in<br />

adulterio, <strong>di</strong> cui leggiamo nel vangelo. Poiché il Cristo buono, <strong>di</strong>cevano, non mangiò mai, né bevve, né prese su <strong>di</strong> sé carne mortale,<br />

né fu mai in questo mondo, eccetto che spiritualmente nel corpo <strong>di</strong> Paolo ... Dicevano che quasi tutta la chiesa <strong>di</strong> Roma era un covo<br />

<strong>di</strong> ladri; e che era la prostituta <strong>di</strong> cui si legge nell'Apocalisse. Erano così contrari ai sacramenti della Chiesa, da insegnare<br />

pubblicamente che l'acqua del Santo Battesimo equivaleva in tutto all'acqua <strong>di</strong> un fiume e che l'Ostia del Santissimo Sangue <strong>di</strong><br />

Cristo non era <strong>di</strong>versa da un pane comune, instillando nelle orecchie dei semplici questa bestemmia, che il corpo <strong>di</strong> Cristo, anche se<br />

fosse stato grande come le Alpi avrebbe dovuto da tempo essere consumato e <strong>di</strong>strutto da quelli che ne avevano mangiato.<br />

Consideravano la Cresima e la Confessione inutili e frivole. Pre<strong>di</strong>cavano che il Santo Matrimonio equivaleva al meretricio e che<br />

nessuno poteva salvarsi in esso, se avesse generato dei figli. Negando anche la Resurrezione della carne, inventavano delle storie<br />

inau<strong>di</strong>te, <strong>di</strong>cendo che le nostre anime sono quelle <strong>di</strong> spiriti angelici che, scaraventati giù dal cielo a causa dell'apostasia<br />

dell'orgoglio, lasciarono in aria i propri corpi glorificati; e che queste stesse anime, dopo aver <strong>di</strong>morato in successione in sette corpi<br />

terrestri, <strong>di</strong> una specie o dell'altra, avendo alla fine adempiuto la propria penitenza, ritornano ai loro corpi abbandonati. Pur tenendo<br />

conto del fatto che la testimonianza è fortemente inficiata dall'atteggiamento negativo che il monaco cistercense premette alla sua<br />

analisi va anche detto che le rare testimonianze (principalmente interrogatori della Santa Inquisizione) sono abbastanza concor<strong>di</strong>. <strong>Il</strong><br />

primo aspetto rilevante è sicuramente la testimonianza del concubinaggio tra la Maddalena e Gesù in cui credevano i Catari ma<br />

che, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto si può pensare visto il puritanesimo estremo dei Catari, è in linea con la loro teologia. In effetti i Catari<br />

<strong>di</strong>stinguevano nettamente l'apparenza corporea – che viene da loro associata inequivocabilmente al <strong>di</strong>o dal male, come ogni cosa<br />

visibile - ed il Gesù spirituale. <strong>Il</strong> Gesù carnale può aver fatto e forse ha fatto realmente, nella visione catara, ogni sorta <strong>di</strong> male. Se<br />

vogliamo questo è il<br />

classico dualismo gnostico ed è anche uno dei principi esposti, tra gli altri testi, anche nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo ove la materia è lo<br />

strumento con cui gli Arconti ingannano l'uomo. Interessanti sono, ad esempio brani come questo, tratti dal Vangelo <strong>di</strong> Filippo<br />

(54,20): Gli arconti vollero ingannare l'uomo a motivo della sua parentela con quelli che sono veramente buoni.<br />

Presero il nome <strong>di</strong> coloro che sono buoni e lo attribuirono a coloro che non sono buoni ... Quin<strong>di</strong> nessuna meraviglia che il nome <strong>di</strong><br />

Gesù venga associato a pratiche sessuali illecite con la Maddalena. Del resto il <strong>di</strong>sprezzo per il Gesù materiale e l'adorazione per<br />

quello spirituale poteva ben conciliarsi con un analogo atteggiamento per la Maddalena e quin<strong>di</strong> il <strong>di</strong>sprezzo per la Maddalena<br />

carnale ed il culto per la Maddalena spirituale massima espressione del pensiero gnostico ed esempio nella ricerca della<br />

ricongiunzione al Padre. E ancora, ecco come il Vangelo <strong>di</strong> Filippo ci aiuta a capire il dualismo del Gesù cataro(55,30): C'è chi<br />

<strong>di</strong>ce>. Sbagliano. ... Quando mai una donna ha<br />

concepito per opera <strong>di</strong> una donna Maria è la vergine e non fu mai contaminata da alcuna forza ... E il Signore non avrebbe<br />

detto: se non avesse avuto un altro padre. Egli avrebbe detto semplicemente: <strong>Il</strong><br />

brano è perfettamente in linea con la polemica delle Toledot ebraiche e quella <strong>di</strong> Celso che voleva Gesù figlio <strong>di</strong> un soldato romano<br />

<strong>di</strong> nome Pandera. Anzi l'adulterio è in perfetta linea con la separazione tra il Gesù spirituale e quello carnale cui, proprio perché<br />

materiale, sono possibili ogni sorta <strong>di</strong> perversione. Lo stesso argomento della non credenza nella resurrezione dei corpi è tipico del<br />

Vangelo <strong>di</strong> Filippo (56,30):Alcuni temono <strong>di</strong> resuscitare nu<strong>di</strong>, perciò desiderano resuscitare nella carne. Costoro non sanno che<br />

proprio quantiportano la carne sono nu<strong>di</strong> ... ... . Che significa La sua carne è il Logos ed il suo sangue è lo<br />

Spirito Santo. Colui che ha ricevuto questo ha cibo, bevanda e vestito.<br />

Chi avesse letto questo brano e gli altri simili del Vangelo <strong>di</strong> Filippo non poteva non pervenire alla conclusione che l'eucarestia non<br />

aveva valore. Un <strong>di</strong>scorso analogo vale per il Battesimo. Ecco cosa afferma il Vangelo <strong>di</strong> Filippo in merito (64,30) Se uno scende<br />

nell'acqua e ne risale senza avere ricevuto nulla e <strong>di</strong>ce: : costui si prende in


prestito il Nome. Ma se riceve lo Spirito Santo, costui ha il Nome come dono. A colui che ha ricevuto un dono non lo si domanda<br />

in<strong>di</strong>etro.<br />

Anche per il Matrimonio vale il medesimo <strong>di</strong>scorso, seppure il brano riportato dal monaco non è atten<strong>di</strong>bile in quanto ritroviamo altri<br />

brani in cui il matrimonio, pur riconosciuto come fonte <strong>di</strong> peccato, non lo è se lo scopo resta quello della procreazione. Nella Summa<br />

de Chataribus <strong>di</strong> Raniero Sacconi si legge: Condannano anche il sacramento del matrimonio, <strong>di</strong>cendo che i coniugi commettono<br />

peccato mortale se si uniscono senza aspettativa <strong>di</strong> generare - inoltre, non si curano della compaternità, <strong>di</strong>sprezzano i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

affinità carnale e spirituale e gli impe<strong>di</strong>menti degli Or<strong>di</strong>ni (monastici) e del pubblico pudore e le proibizioni della chiesa ... <strong>di</strong>cono<br />

anche che la chiesa ha sbagliato nel proibire il matrimonio del clero, mentre la chiesa orientale lo ammette. Questo duplice<br />

atteggiamento sul matrimonio è visibile anche nel Vangelo <strong>di</strong> Filippo (65,10) ove si legge: Vi sono spiriti impuri maschili e femminili: i<br />

maschi si associano alle anime che hanno preso domicilio in corpi <strong>di</strong> femmine e i femminili sono associati a quelle dei corpi degli<br />

uomini a motivo <strong>di</strong> colui che <strong>di</strong>sobbedì: e non sfugge loro alcuno - poiché essi lo trattengono - a meno che uno non riceva una forza<br />

maschile e una forza femminile e cioè quella del fidanzato e della fidanzata. Questo poi si riceve in immagine nella camera nuziale.<br />

Anche se in Filippo il matrimonio <strong>di</strong>viene la massima espressione del cristiano gnostico ed è una via in<strong>di</strong>spensabile per la<br />

ricongiunzione degli Eoni al Padre (69,30): La redenzione ha luogo nella camera nuziale. Ma la camera nuziale è superiore ad essa<br />

poiché tu non troverai nulla come essa.<br />

Del resto l'accoppiamento casto dei due elefanti (Gesù e Maddalena secondo la nostra ricostruzione) alla ra<strong>di</strong>ce dell'albero nel<br />

<strong>mosaico</strong> è chiaramente vicino a questa posizione e non a quella estrema dei Catari. Ma passiamo ora al più interessante degli<br />

aspetti: la visione veterotestamentaria dei Catari. Cominciamo col <strong>di</strong>re che, in periodo post-iconoclasta e sulla base della repulsione<br />

che i Catari avevano per le reliquie e per le immagini, la rappresentazione veterotestamentaria può essere consentita solo a patto<br />

che non la si ritenga sacra. Tutto ciò che è sacro, invece, se vogliamo addentrarci nella mentalità <strong>di</strong> un cataro o <strong>di</strong> uno gnostico<br />

vicino a questo modo <strong>di</strong> vedere il mondo, va espresso in forma allegorica. E' forse questo il motivo per il quale Pantaleone<br />

rappresenta in forma chiara e leggibile le scene veterotestamentarie e in forma simbolica e nascosta quelle neotestamentarie (la<br />

croce, la Maddalena, ecc.). Agli occhi <strong>di</strong> un eretico gnostico che si ispirasse al Catarismo, il Vecchio Testamento appariva come un<br />

inganno del Demonio e quin<strong>di</strong> del Dio del Male. Scene come il <strong>di</strong>avolo al centro della chiesa (il serpente), le scene grottesche <strong>di</strong> re<br />

Artù nel para<strong>di</strong>so terrestre, o dei mostri Leviathan e Melusine (Abraxas) lì dove ci dovrebbe essere Dio o della nascita non verginale<br />

<strong>di</strong> Cristo attraverso il soldato Pandera (la pantera alata) sembrano più che plausibili, anzi obbligate in quest'ottica. La polemica<br />

anticlericale <strong>di</strong> Pantaleone che ci invita ad uscire dalla chiesa seguendo l'albero, pare tutt'altro che irreale. <strong>Il</strong> dualismo bene-male lo<br />

ritroviamo in tutta la sua forza ed in tutte le parti del <strong>mosaico</strong>. Due alberi del bene e del male campeggiano nelle navate laterali, ed<br />

entrambi sono alquanto enigmatici. L'alberodel male nella navata sinistra, ricco <strong>di</strong> scene che l'amico Corona ha associato<br />

giustamente a varie scenografie dantesche, contiene un elemento emblematico: in cima ad esso, a sinistra (e quin<strong>di</strong> dallo stesso<br />

lato del male nell'albero del male) ci sono i patriarchi Isacco, Giacobbe e Abramo. Solo un cataro avrebbe collocato i Padri del<br />

Vecchio Testamento in ciò che è inequivocabilmente l'Inferno. Ma lo stesso albero del bene, nella navata destra, non <strong>di</strong>fferisce<br />

molto. Scene strane come quella <strong>di</strong> un leone (scritto in maniera altrettanto strana L Eone) che mangia la coda <strong>di</strong> un serpente che a<br />

sua volta mangia una capra non sembrano simboleggiare nulla <strong>di</strong> associabile al bene, tantomeno se si pensa che in basso a destra<br />

c'è, ad<strong>di</strong>rittura, un Minotauro famoso per i sacrifici umani che gli erano tributati e non a caso un richiamo al labirinto quale quello che<br />

campeggia al centro della cattedrale <strong>di</strong> Chartres. Inutile <strong>di</strong>re che, nella visione catara, il Vecchio Testamento è un inganno come un<br />

inganno è la morte della quale vengono minacciati Adamo ed Eva per aver mangiato dall'albero del bene e del male. Un inganno cui<br />

solo gli stupi<strong>di</strong> possono credere gli stupi<strong>di</strong> che si credono Re, come Artù, ma che cavalcano una capra usurpando titoli (quelli <strong>di</strong><br />

cristiani) che non gli appartengono ottenuti anche questi con l'inganno (il gatto con gli stivali). Malvagio è il <strong>di</strong>o demoniaco dell'Antico<br />

Testamento, nella eresia catara, che <strong>di</strong>strugge il mondo e che al Noè implorante fa costruire una Arca per salvare l'umanità. Eppure<br />

la generazione che esce fuori da quell'Arca è una serie tremenda <strong>di</strong> mostruosi uomini imbestialiti, animali immon<strong>di</strong> e multiformi ma<br />

pur sempre uomini (ve<strong>di</strong> parte centrale inferiore destra del <strong>mosaico</strong>). Ed in tutto ciò l'uomo cerca mezzi assur<strong>di</strong> per raggiungere Dio:<br />

la torre <strong>di</strong> Babele (al centro a destra) o i grifoni su cui Alessandro vuol raggiungere il cielo (al centro a sinistra). La stessa Croce -<br />

l'albero che campeggia al centro della chiesa, raffigurante quella su cui fu crocefisso Cristo – viene sbeffeggiata, facendo sedere<br />

una donna nuda su uno dei bracci e facendola sorreggere da due elefanti che si accoppiano seppure castamente.<br />

Dai Catari al progetto Templare<br />

I Catari rappresentano, molto più probabilmente, solo la parte visibile <strong>di</strong> una corrente <strong>di</strong> pensiero assai più complessa <strong>di</strong> matrice<br />

chiaramente gnostica, che adoperava il catarismo come strumento per combattere la Chiesa esponendo solo la parte "popolare" <strong>di</strong><br />

quel pensiero e riservando a pochi eletti la visione profonda e la ricerca dura, con un "viaggio iniziatico" attraverso <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong><br />

misteri che ritroviamo in opere ancor più <strong>di</strong>fficili da decifrare del <strong>mosaico</strong> e del Vangelo <strong>di</strong> Filippo come la Pistis Sophia. In questo<br />

quadro il culto della Maddalena e quello della "camera nuziale" del Vangelo <strong>di</strong> Filippo, resta prerogativa degli Eletti. I Templari erano<br />

certamente, tra coloro che oggettivamente e culturalmente potevano aspirare a questo ruolo. Del resto, sebbene le interconnessioni<br />

tra essi ed i Catari non siano, stranamente, mai state usate come elemento <strong>di</strong> accusa nei processi inquisitori, sono ormai molti<br />

coloro che ritengono che sia <strong>di</strong>fficile negare una fortissima interrelazione tra questo gruppo <strong>di</strong> cavalieri e gli eretici <strong>di</strong> Linguadoca.<br />

Abbracciando questa tesi non si può non notare che il <strong>di</strong>sprezzo per la Chiesa ufficiale, tipico del mondo cataro doveva essere solo<br />

un pallido riflesso <strong>di</strong> quello che questo gruppo <strong>di</strong> Eletti provava. Eppure se i Templari erano davvero gli ispiratori del movimento o<br />

comunque erano in qualche modo collegati ad esso è evidente che l'aver deciso <strong>di</strong> operare all'interno della Chiesa per <strong>di</strong>struggerla<br />

comportava una notevole capacita <strong>di</strong> autocontrollo e <strong>di</strong> scissione della missione da compiere dallo strumento per portarla a termine<br />

che ben si concilia con chi demonizza la materia e la carne ma nello stesso tempo venera il simbolo spirituale che rappresenta. Da<br />

quello che abbiamo appurato la missione potrebbe essere stata duplice: fondare politicamente ed economicamente (furono i primi<br />

banchieri d'Europa) un nuovo impero cristiano con sede a Gerusalemme e restituire il trono <strong>di</strong> Francia ai legittimi <strong>di</strong>scendenti (i<br />

Merovingi) <strong>di</strong>sgregando e <strong>di</strong>struggendo la struttura ecclesiastica dall'interno. In<strong>di</strong>pendentemente dall'atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> queste<br />

leggende,viene definito un tempo per la loro formazione che è il 1100. Inoltre il <strong>mosaico</strong> raffigura insieme, in uno schema unico<br />

compatto e cronologicamente coerente,leggende che appaiono altrimenti slegate e in<strong>di</strong>pendenti. Altro suo possibile pregio è il<br />

legame che si evincerebbe tra la corrente gnostica, cui evidentemente apparteneva il monaco Pantaleone, e la stirpe Merovingia.<br />

Viene da pensare che l'or<strong>di</strong>ne dei cavalieri Templari, che si vuole fondato nel 1118, possa essere stato uno dei tanti risvolti della<br />

corrente gnostica <strong>di</strong> cui Pantaleone era uno degli esponenti, e che probabilmente era <strong>di</strong>ffusa e nascosta nei meandri e nelle pieghe


degli or<strong>di</strong>ni ecclesiastici. Visti gli anni (circa 500) trascorsi dalla morte <strong>di</strong> Dagoberto, la passione che Pantaleone mostra per i<br />

Merovingi, il fatto che proprio in coincidenza con la composizione del <strong>mosaico</strong> nasca il più <strong>di</strong>scusso e potente degli or<strong>di</strong>ni<br />

monastico-cavallereschi (appunto i Templari), il fatto che proprio da <strong>Otranto</strong> partissero le navi che portavano i cavalieri crociati alla<br />

conquista della Terra Santa, non può non far sorger l'idea che tutti questi fatti siano tra loro strettamente connessi. Una tanto<br />

complessa formazione del pensiero, e una così coerente costanza <strong>di</strong> elementi che si rilevano presenti non solo nell'architettura del<br />

<strong>mosaico</strong>, ma anche in costruzioni ben più lontane, come le cattedrali <strong>di</strong> Santiago de Compostela, <strong>di</strong> Metz e <strong>di</strong> Chartres, non sono<br />

verosimilmente dovute a una coincidenza, bensì alla presenza <strong>di</strong> un coor<strong>di</strong>namento fra queste entità <strong>di</strong>verse. Ciò richiama alcune<br />

teorie sull'antica formazione della massoneria, che si vuole nata proprio dai dei maestri muratori", architetti e artisti che presero<br />

parte alla costruzione delle chiese <strong>di</strong> tutta Europa, e utilizzando una simbologia dal significato criptico per i profani. Ma perché<br />

<strong>Otranto</strong> <strong>Otranto</strong> in quell’epoca era un crocevia per le comunicazioni tra <strong>Oriente</strong> ed Occidente, tra il nord Europa e l'Africa, con la<br />

Repubblica <strong>di</strong> Venezia sempre più interessata ad essere attore principale in tutti gli scambi, poi non dobbiamo <strong>di</strong>menticare le<br />

Crociate dal cui porto <strong>di</strong> <strong>Otranto</strong> sicuramente sono partite delle navi e dove è logico abbiano fatto scalo anche al ritorno. Qui si<br />

innesta il Mito <strong>di</strong> Re Artù che se apparentemente estraneo alla cultura dell'Italia meri<strong>di</strong>onale dell'epoca, basti pensare che i primi<br />

manoscritti che parlavano delle imprese <strong>di</strong> Re Artù sono <strong>di</strong> gran lunga posteriori all'epoca del <strong>mosaico</strong>, e si potrebbe ritenere che il<br />

Monaco Pantaleone abbia avuto contatti <strong>di</strong>retti con rappresentanti dell'Or<strong>di</strong>ne del Tempio i Templari, d'altro canto simboli templari e<br />

massoni si possono riscontrare nel Mosaico, ve<strong>di</strong> la scacchiera. E se si considera che verso la metà del XI secolo Papa Alessandro<br />

II con un e<strong>di</strong>tto bandì il gioco degli scacchi considerato sacrilego, ed allora aver inserito in questo contesto una scacchiera, potrebbe<br />

essere un messaggio ben preciso <strong>di</strong> Pantaleone che non fosse proprio in linea con le idee della chiesa <strong>di</strong> Roma ma non vorrei osare<br />

troppo pensando a un riferimento esplicite ai “nostri”templi.

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