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PDF (L'esperienza della spagna nell'olivicoltura superintensiva)

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SPECIALE<br />

S<br />

APPUNTI DI UN VIAGGIO DI STUDIO DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DELL’OLIVO<br />

L’esperienza <strong>della</strong> Spagna<br />

nell’olivicoltura <strong>superintensiva</strong><br />

di Nino Iannotta, Enzo Perri<br />

In occasione del viaggio di studio<br />

in Spagna, organizzato dall’Accademia<br />

nazionale dell’olivo e dell’olio<br />

di Spoleto, nello scorso mese<br />

di ottobre, è stato possibile valutare<br />

il nuovo sistema superintensivo di coltivazione<br />

dell’olivo. In Catalogna sono<br />

stati visitati i vivai Agromillora e alcune<br />

aziende di Tarragona; in Andalusia<br />

alcune aziende di Cordova e Siviglia.<br />

I vivai Agromillora rappresentano<br />

una notevole realtà non solo vivaisticoproduttiva,<br />

ma anche di ricerca (sia in<br />

proprio che in collaborazione con l’Institut<br />

de recerca y tecnologia agroalimentaries-Irta<br />

– <strong>della</strong> Catalogna), che<br />

si avvale di tecnologie innovative avanzate,<br />

anche per la propagazione in vitro.<br />

Producono piante certificate, non solo<br />

di olivo, e distribuiscono il materiale<br />

in ogni parte del mondo. Le piantine<br />

•<br />

Con il sistema superintensivo,<br />

che prevede dalle 1.600<br />

alle 2.000 piante /ha, nella Penisola<br />

Iberica sono stati piantati<br />

ben 10.000 ha nel solo 2004.<br />

Si tratta di un modello che va<br />

diffondendosi in tutto il mondo<br />

•<br />

di olivo rappresentano, tuttavia, la parte<br />

preponderante <strong>della</strong> loro produzione<br />

e si può dire che il nuovo sistema di coltivazione<br />

superintensivo è promosso e<br />

sostenuto proprio da questi vivai e non<br />

solo in Spagna.<br />

Il direttore commerciale Jordi Mateu,<br />

infatti, nella sua relazione in occasione<br />

dell’incontro organizzato in vivaio con<br />

tutti gli accademici partecipanti al viaggio<br />

di studio, ha sottolineato che il siste-<br />

ma è stato esportato in Usa, Argentina,<br />

Cile, Francia, Portogallo, Tunisia, Australia,<br />

Sud Africa e, naturalmente, anche<br />

Italia.<br />

Nel nostro Paese il sistema è, però, utilizzato<br />

solo su qualche decina di ettari,<br />

da pochissimo tempo, per lo più<br />

in Puglia e nel Centro Italia (Lazio e Toscana).<br />

Le cultivar<br />

Il sistema superintensivo in Spagna è<br />

basato sull’impiego di 3 cultivar – Arbequina,<br />

Arbosana e Koroneiki – a ridotto<br />

sviluppo vegetativo in modo da<br />

essere impiegate con una densità di<br />

1.600-2.000 piante/ha. In realtà, si tratta<br />

di cloni delle tre varietà menzionate,<br />

rispettivamente Irta i-18, i-43, i-38, selezionati<br />

e brevettati dagli stessi vivai<br />

Agromillora.<br />

Si tratta di cloni caratterizzati da en-<br />

Olivo superintensivo<br />

Negli impianti superintensivi in Spagna si utilizzano le cultivar Arbequina, Arbosana e Koroneiki<br />

1/2006 • L’Informatore Agrario<br />

59


S<br />

Olivo superintensivo<br />

La potatura è finalizzata a orientare<br />

lo sviluppo dei rametti nella direzione<br />

del filo, alla eliminazione del superfluo<br />

effettuata a mano con seghetti elettrici,<br />

avendo cura di rispettare i rametti<br />

fruttiferi per la produzione dell’anno<br />

successivo, e una potatura meccanica<br />

in cima (topping), effettuata con lame<br />

a disco.<br />

Quest’ultima pratica serve, con le<br />

piante a pieno regime produttivo, a<br />

mantenere la loro altezza, o, quantomeno,<br />

la loro parte maggiormente lignifitrata<br />

in produzione anticipata, elevata<br />

produttività e maturazione uniforme.<br />

Arbequina e Arbosana sono genotipi<br />

spagnoli: l’Arbosana in tempi passati<br />

era quasi abbandonata perché a frutto<br />

piccolo e bassa vigoria, le stesse caratteristiche<br />

per le quali oggi è stata rivalutata<br />

e rilanciata. Koroneiki è un genotipo<br />

greco, con caratteristiche simili alle<br />

due varietà spagnole citate.<br />

I sesti d’impianto<br />

I sesti d’impianto utilizzati sono: in<br />

Catalogna di 4 m tra le file e 1,50 m sulla<br />

fila, con densità d’impianto di oltre 1.600<br />

piante/ha; in Andalusia, dove si registrano<br />

una maggiore luminosità e temperature<br />

medie più elevate, di 3,75 m × 1,35 m,<br />

con densità di circa 2.000 piante/ha.<br />

Forma di allevamento<br />

e potatura<br />

La forma di allevamento <strong>della</strong> pianta<br />

è costituita da un asse centrale, sostenuto<br />

da un tutore (generalmente di<br />

bambù, ma talvolta anche di ferro a cui<br />

viene fissato un filo che scorre sulla fila)<br />

e dallo sviluppo laterale dei rami lungo<br />

il filo teso sul filare tra i sostegni.<br />

SPECIALE<br />

cata (da tecnici dei vivai Agromillora)<br />

entro i 2,20 m di altezza, per consentire<br />

un corretto impiego <strong>della</strong> macchina<br />

scavallatrice utilizzata per la raccolta.<br />

Irrigazione e difesa<br />

I vivai<br />

Agromillora<br />

(nella foto)<br />

producono,<br />

applicando<br />

tecnologie<br />

innovative,<br />

piante<br />

certificate di<br />

olivo e di altre<br />

specie e le<br />

esportano in<br />

tutto il mondo<br />

Questi oliveti superintensivi sono dotati<br />

di irrigazione con distribuzione localizzata<br />

(volumi intorno ai 2.000-2.500<br />

m 3 /ha), attraverso cui si distribuiscono<br />

anche i fertilizzanti al terreno (concime<br />

complesso 20-10-10).<br />

1a<br />

Foto 1 - Impianto superintesivo di Arbosana a 5 anni<br />

dall’impianto a Tarragona (a); la forma di allevamento<br />

<strong>della</strong> pianta prevede un asse centrale e dei rametti che si<br />

sviluppano lateralmente lungo il filare (b)<br />

1b<br />

2b<br />

2a<br />

Foto 2 - Impianto superintensivo<br />

di Arbequina in Andalusia<br />

(Siviglia) al decimo anno. Nella<br />

parte alta delle piante si nota<br />

la «squadratura» ottenuta con<br />

la potatura meccanica <strong>della</strong><br />

cima (topping) (a); nella foto b il<br />

particolare del topping sulla singola<br />

pianta


S<br />

Le piante vengono fertirrigate,<br />

5-6 volte all’anno,<br />

tramite impianto a distribuzione<br />

localizzata. Inoltre<br />

si effettuano varie concimazioni<br />

fogliari (essenzialmente<br />

azotate, insieme alle<br />

quali si effettuano i trattamenti<br />

(5-6) contro la mosca<br />

(dimetoato) e le malattie<br />

crittogamiche più frequenti<br />

(rame).<br />

Recentemente, in Andalusia<br />

si stanno sperimentando<br />

impianti superintensivi<br />

anche senza l’ausilio<br />

dell’irrigazione, in asciutto,<br />

con sesto di 7 × 1,35 m (circa<br />

1.000 piante/ha).<br />

Diffusione<br />

In Spagna i primi impianti<br />

realizzati con questo sistema risalgono<br />

al 1994, quindi l’esperienza e l’osservazioni<br />

delle produttività sono limitate<br />

a poco più di 10 anni.<br />

Rimane sconosciuta l’evoluzione <strong>della</strong><br />

coltivazione oltre questo tempo, e<br />

quindi non si possono valutare perfettamente<br />

i tempi di ammortamento dell’investimento<br />

iniziale.<br />

Tuttavia, nel Paese si registra una notevole<br />

diffusione del sistema, con coinvolgimento<br />

entusiasta dei produttori<br />

che hanno impiantato nel solo 2004<br />

ben 10.000 ha di nuovi oliveti superintensivi.<br />

Attualmente nel mondo l’olivo superintensivo<br />

è coltivato su 25-30.000 ha,<br />

di cui oltre la metà in Spagna.<br />

Costi di impianto<br />

e raccolta<br />

a<br />

Le piantine di<br />

olivo sono messe<br />

a dimora mediante<br />

trapiantatrice<br />

meccanica (a)<br />

con protezione<br />

del fusto (b)<br />

o senza (c)<br />

b<br />

c<br />

Il costo d’impianto a ettaro è valutato<br />

(da tecnici dei vivai Agromillora) in<br />

circa 9.000 euro, contemplando in questo<br />

costo: acquisto piantina (di età di<br />

6-7 mesi, altezza di 30-40 cm e prezzo<br />

di circa 2 euro); preparazione del terreno;<br />

paletto tutore e filo; messa a dimora<br />

<strong>della</strong> piantina con apposita macchina<br />

piantatrice; interventi di formazione<br />

<strong>della</strong> pianta e quanto altro occorre nei<br />

primi due anni di improduttività.<br />

In Spagna opera una ditta (Todolivo)<br />

che si occupa dell’esecuzione di tutte<br />

queste operazioni e, volendo, anche<br />

<strong>della</strong> gestione successiva di tutte le pratiche<br />

colturali, compresa la raccolta.<br />

Quest’ultima operazione, in cui probabilmente<br />

risiede il successo del sistema<br />

superintensivo, viene effettuata con<br />

macchina scavallatrice. È la stessa macchina<br />

che si utilizza normalmente come<br />

vendemmiatrice, con una modifica<br />

nel numero degli scuotitori, aumentati<br />

da 4 a 9-10 coppie.<br />

Questa macchina, impiegabile per<br />

entrambe le specie (vite e olivo) raccoglie<br />

ben oltre il 90% del prodotto, con<br />

una velocità di avanzamento di 1,2 km<br />

orari, e la capacità di raccogliere 8.000<br />

piante al giorno (pari a oltre 4 ha). Possiede<br />

una capacità di carico di circa<br />

3.000 kg di olive (raccoglibili in 200 m<br />

di filare) che vengono successivamente<br />

scaricate su un apposito carro raccoglitore<br />

trainato dalla trattrice.<br />

Anche questa operazione è totalmente<br />

meccanizzata, per cui il cantiere di<br />

raccolta è costituito da 2 soli operatori<br />

alla guida delle macchine.<br />

La macchina di raccolta, la cui efficienza<br />

lavorativa risulta di indubbia<br />

suggestione emotiva, è la New Holland-<br />

Braud, dal costo di acquisto in Spagna<br />

di circa 150.000 euro, e un costo di noleggio<br />

di 150 euro/ora.<br />

Durante i lavori di raccolta ha dimostrato<br />

una notevole efficienza, anche se,<br />

collateralmente, sono da registrare piccole<br />

escoriazioni alla corteccia delle piante.<br />

Escoriazioni che potrebbero avere la<br />

conseguenza di aprire la via a infezioni<br />

batteriche e fungine. Per questo motivo,<br />

in genere subito dopo la raccolta, si effettua<br />

un trattamento con prodotti rameici.<br />

Infatti, laddove tali trattamenti non<br />

vengono effettuati si notano congrue infezioni<br />

di rogna, provocata dal batterio<br />

Pseudomonas savastanoi.<br />

Produzioni<br />

Le produzioni dichiarate per 1 ha di<br />

oliveto sono dell’ordine di 30 q già al 3°<br />

anno di età delle piante e poi, a regime,<br />

di 80-120 q. Viene, inoltre, riferita una<br />

bassa incidenza dell’alternanza di produzione,<br />

per effetto <strong>della</strong> bassa produttività<br />

per singola pianta e del massiccio<br />

impiego di nutrienti.<br />

Impressioni<br />

e considerazioni<br />

Le prime impressioni, spontanee, rispetto<br />

a questo nuovo sistema superintensivo<br />

di coltivazione dell’olivo si<br />

possono definire molto positive, forse<br />

anche entusiasmanti, alla luce di una<br />

olivicoltura che appare di alta produtti-<br />

Olivo superintensivo<br />

1/2006 • L’Informatore Agrario<br />

61


S<br />

SPECIALE<br />

Olivo superintensivo<br />

vità con costi di produzione contenuti.<br />

Insomma, una olivicoltura ad alta competitività<br />

economica che i produttori di<br />

tutto il mondo, italiani compresi, hanno<br />

sempre sognato; un’olivicoltura in<br />

cui sono stati risolti<br />

tutti i problemi, annosi,<br />

che l’affliggono:<br />

raccolta, potatura,<br />

alternanza di produzione,<br />

qualità <strong>della</strong><br />

produzione, ecc.<br />

Osservando visivamente questi oliveti<br />

estesi su spazi sterminati, con tutta<br />

la suggestione del paesaggio caratterizzato<br />

da questa specie, si percepiva una<br />

sensazione di benessere e soddisfazione,<br />

che entusiasmava e portava subito a<br />

immaginare una trasposizione di un simile<br />

scenario nelle nostre aree olivicole.<br />

Questa sensazione era diffusa, sia pure<br />

in misura diversa, in tutti i partecipanti<br />

al viaggio di studio, compresi quelli più<br />

scettici e in partenza pessimisti.<br />

Nei ricercatori, compresi noi che scriviamo,<br />

nasceva istintivamente l’idea,<br />

peraltro non abbandonata nemmeno<br />

dopo il ritorno, di sperimentare il sistema<br />

in ambienti nostrani e con cultivar<br />

autoctone.<br />

Dopo un’attenta e più razionale riflessione,<br />

però, sono sorte perplessità<br />

e interrogativi. Innanzitutto, risultava<br />

evidente la limitata esperienza temporale<br />

del modello di coltivazione, il che<br />

Il comportamento degli impianti<br />

superintensivi dopo il decimo<br />

anno è ancora da verificare<br />

a<br />

b<br />

Visione<br />

anteriore (a)<br />

e posteriore<br />

(b) <strong>della</strong><br />

macchina New<br />

Holland-Braud<br />

in raccolta<br />

in un oliveto<br />

superintensivo,<br />

in grado di<br />

raccogliere il<br />

90% delle<br />

drupe su 8.000<br />

piante<br />

al giorno,<br />

pari a oltre<br />

4 ha<br />

La produttività delle cultivar Arbosana (a)<br />

e Arbequina (b) è molto elevata. In questi<br />

impianti superintensivi l’alternanza di<br />

produzione è poco evidente, per effetto <strong>della</strong><br />

bassa produttività/pianta e del massiccio<br />

impiego di nutrienti. Le produzioni passano<br />

dai 30 q/ha al terzo anno agli 80-120 delle<br />

piante adulte<br />

a<br />

generava diverse domande. Cosa accadrà<br />

a questi impianti nel tempo, dopo<br />

il decimo anno e negli anni successivi<br />

Queste strutture produttive riusciranno<br />

a mantenere un habitus vegetativo<br />

contenuto malgrado<br />

le spinte nutrizionali<br />

a cui sono<br />

sottoposte La flessibilità<br />

delle strutture<br />

portanti <strong>della</strong><br />

pianta (asse centrale e rami), specialmente<br />

nelle parti più alte, si conserva<br />

nel tempo come richiesto dalla macchina<br />

di raccolta, o, invece, la pianta crescendo<br />

si irrigidisce a tal punto da impedirne<br />

l’uso<br />

A queste domande, senza<br />

risposta, si aggiungono altre<br />

considerazioni. La prima<br />

riguarda l’uso indiscriminato<br />

e illimitato degli<br />

agrochimici in un modello<br />

di coltivazione in cui non si<br />

tiene conto del conseguente<br />

impatto ambientale. Come<br />

si possono conciliare le<br />

grandi quantità di concimi<br />

e di fitofarmaci impiegate,<br />

oltre alla estrema specializzazione<br />

<strong>della</strong> coltura, con il<br />

mantenimento in equilibrio<br />

dell’ecosistema che, invece,<br />

ha bisogno di biodiversità<br />

vegetale e condizioni di<br />

«naturalità» per la salvaguardia<br />

<strong>della</strong> biocenosi<br />

Questa considerazione<br />

appare di particolare importanza<br />

nei Paesi <strong>della</strong><br />

Unione Europea, di cui la<br />

stessa Spagna fa parte, in<br />

cui si dovrebbero recepire<br />

le norme <strong>della</strong> politica agricola comune<br />

tutte indirizzate verso criteri di coltivazione<br />

improntati alla compatibilità<br />

ambientale. Un’Unione Europea in cui<br />

si ritiene che una coscienza ambientale<br />

sia ormai radicata nella mentalità dei<br />

produttori, oltre che nell’opinione pubblica<br />

in generale.<br />

Una seconda considerazione riguarda<br />

la qualità <strong>della</strong> produzione nella sua accezione<br />

concettuale. Il modello proposto<br />

è caratterizzato dalla produzione di<br />

olio a bassa acidità, grazie alla raccolta<br />

effettuata direttamente dalla pianta e<br />

alla trasformazione realizzata in tempi<br />

brevi, ma è risaputo che i parame-<br />

b<br />

62 L’Informatore Agrario • 1/2006


SPECIALE<br />

S<br />

tri merceologici non sono gli unici per<br />

la caratterizzazione <strong>della</strong> qualità di un<br />

olio; ne occorrono altri, chimici, nutrizionali<br />

e organolettici (oltre che di sicurezza,<br />

condizione alquanto dubbia a<br />

conseguirsi con quel modello), che non<br />

è detto che le cultivar utilizzate posseggano.<br />

Tali riflessioni, maturate singolarmente<br />

in ciascuno dei partecipanti, ma<br />

emerse e confrontate nelle discussioni,<br />

hanno spento o, quantomeno, ridimensionato<br />

gli iniziali entusiasmi e hanno<br />

generato comunque una spontanea<br />

domanda: il modello superintensivo di<br />

coltivazione adottato in Spagna potrebbe<br />

essere applicato anche in Italia<br />

La risposta, ovviamente, dovrebbe scaturire<br />

da una apposita sperimentazione,<br />

che fra l’altro è già in qualche caso in<br />

atto, come in Puglia, a opera dell’Università<br />

degli studi di Bari (promotore<br />

Angelo Godini; n.d.r.: vedi articoli<br />

a pag 65 e 68 di questo stesso Speciale)<br />

e in Toscana (a opera di imprenditori<br />

privati), eventualmente da estendere<br />

anche ad altri areali, soprattutto saggiando<br />

cultivar autoctone.<br />

L’aspetto varietale è di importanza<br />

strategica per l’Italia, in quanto, nel<br />

nostro Paese non è concepibile una olivicoltura<br />

che prescinda dagli obiettivi<br />

di specificità e tipicità quali elementi<br />

portanti <strong>della</strong> produzione.<br />

Così come è da valutare la compatibilità<br />

del modello superintensivo con l’ottenimento<br />

di produzioni integrate e/o<br />

biologiche.<br />

Queste sono condizioni (denominazioni<br />

di origine protetta – dop – e cultivar<br />

autoctone, biologico, integrato)<br />

imprescindibilmente legate alla nostra<br />

filosofia produttiva, per offrire una certificazione<br />

di qualità<br />

all’olio prodotto e<br />

perciò conferirgli valore<br />

aggiunto e competitività<br />

sul mercato.<br />

Infine, è difficile<br />

immaginare scenari<br />

olivicoli in Italia come<br />

quelli spagnoli,<br />

segnatamente come<br />

quelli andalusi. In<br />

Andalusia, infatti, le<br />

superfici investite sono<br />

vastissime, mentre<br />

è ben nota la nostra<br />

frammentazione<br />

fondiaria; là sono dominanti<br />

la pianura o<br />

la collina dolcissima,<br />

in Italia l’olivo è diffuso<br />

maggiormente<br />

in collina, spesso con<br />

significative pendenze,<br />

e solo in minima<br />

misura su terreni pianeggianti.<br />

L’impiego <strong>della</strong> macchina scavallatrice<br />

in oliveti estensivamente limitati,<br />

o ad orografia accidentata, avrebbe ben<br />

diverso rendimento, se non addirittura<br />

mancherebbe di economicità.<br />

Anche le<br />

condizioni climatiche<br />

nostrane, più umide<br />

e fredde di quelle andaluse,<br />

insieme al microclima<br />

creato dalla<br />

coesistenza di tante<br />

piante tra loro vicine,<br />

Il modello di coltivazione<br />

superintensivo prevede<br />

l’uso massiccio di concimi<br />

e fitofarmaci, da tenere<br />

presente per valutarne<br />

l’impatto ambientale<br />

Spesso la raccolta meccanica provoca<br />

escoriazioni <strong>della</strong> corteccia che aprono<br />

la via a infezioni batteriche (nella foto<br />

infezioni di rogna) e fungine, prevenute<br />

con prodotti rameici subito dopo la<br />

raccolta<br />

potrebbero costituire<br />

un ostacolo all’adozione del sistema<br />

superintensivo, per il determinarsi di<br />

condizioni più favorevoli allo sviluppo<br />

dei parassiti più pericolosi e dannosi<br />

(specialmente mosca e occhio di pavone<br />

che prediligono ambienti umidi).<br />

In definitiva, solo un’attenta, precisa e<br />

specifica sperimentazione «in loco» potrà<br />

dare risposta risolutiva alla domanda<br />

relativa alla possibilità di importare<br />

il modello superintensivo spagnolo nei<br />

diversi areali olivicoli italiani.<br />

In conclusione, insieme all’affascinante<br />

suggestione del sistema superintensivo<br />

spagnolo, foriero di alte produzioni<br />

a costi ridotti – di cui comunque<br />

è doveroso prendere atto – rimane il<br />

dubbio sulla sua applicabilità, con altrettanta<br />

efficacia, in Italia, soprattutto<br />

in relazione al «tipo» di qualità del<br />

prodotto.<br />

Nella nostra realtà è essenziale disporre<br />

di una qualità certificata piuttosto<br />

che di una qualità<br />

generica, come quella<br />

da loro ottenuta, basata<br />

solo su valori merceologici,<br />

in cui prevale<br />

la filosofia <strong>della</strong> produttività<br />

quantitativa,<br />

esclusivamente obbediente<br />

alla logica economica.<br />

Quest’ultima logica risulta spesso incompatibile<br />

con la tutela dell’ambiente,<br />

valore da noi considerato molto importante<br />

e fortemente «raccomandato»<br />

dalla politica agricola comunitaria.<br />

Ma è facile prevedere che di questa<br />

produzione sarà invaso, nel prossimo<br />

futuro, il mercato internazionale dell’olio,<br />

italiano compreso, con immaginabili<br />

ripercussioni sui prezzi: una ulteriore<br />

preoccupazione per i produttori<br />

italiani.<br />

•<br />

Nino Iannotta<br />

Enzo Perri<br />

Cra - Istituto sperimentale per l’olivicoltura<br />

Rende (Cosenza)<br />

nino.iannotta@entecra.it<br />

enzo.perri@entecra.it<br />

Olivo superintensivo<br />

1/2006 • L’Informatore Agrario<br />

63

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