Corso di astronomia, Lezione 2, 18/11/2010. Daniele Gasparri.
Corso di astronomia, Lezione 2, 18/11/2010. Daniele Gasparri.
Corso di astronomia, Lezione 2, 18/11/2010. Daniele Gasparri.
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<strong>Corso</strong> <strong>di</strong> <strong>astronomia</strong>, <strong>Lezione</strong> 2, <strong>18</strong>/<strong>11</strong>/<strong>2010.</strong> <strong>Daniele</strong> <strong>Gasparri</strong>.<br />
• Le stelle<br />
• Le nebulose<br />
• Gli ammassi stellari<br />
Oltre il Sistema Solare, in viaggio nella nostra Galassia<br />
Nel comune linguaggio degli astrofili, si definiscono oggetti deep-sky o del cielo profondo tutti quelli esterni<br />
al sistema solare.<br />
Oltre i confini del sistema solare esiste il vero Universo, uno spazio sterminato popolato da corpi celesti<br />
enormi (le stelle, alcune anche 100 volte più gran<strong>di</strong> del Sole) che spesso fanno parte <strong>di</strong> gruppi più o meno<br />
numerosi chiamati ammassi stellari, che possono essere globulari o aperti a seconda della loro forma, del<br />
numero <strong>di</strong> componenti e della loro orbita, con <strong>di</strong>mensioni superiori a 100 anni luce.<br />
Accanto agli agglomerati stellari esistono le nebulose, gigantesche <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> gas e polveri che a seconda del<br />
modo con cui interagiscono con la luce si mostrano all’osservatore sottoforma <strong>di</strong> nebulose ad emissione,<br />
dette anche regioni HII (HII denota l’idrogeno, l’elemento più abbondante, ionizzato, cioè privato del suo<br />
unico elettrone), a riflessione, se <strong>di</strong>ffondono la luce proveniente da stelle vicine, oppure oscure se la quantità<br />
<strong>di</strong> polveri è elevata e non vi sono stelle nelle vicinanze. Vi sono anche altri tipi <strong>di</strong> nebulose, molto più<br />
piccole, che rappresentano lo sta<strong>di</strong>o finale della vita <strong>di</strong> una stella, che può avvenire in modo dolce<br />
(formando le nebulose planetarie) o estremamente violento (resti <strong>di</strong> supernova).<br />
Le nebulose e gli ammassi stellari che possiamo agevolmente osservare appartengono alla Via Lattea, la<br />
nostra galassia, la quale è solamente una delle decine <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> che popolano l’Universo. Le galassie<br />
osservabili sono qualche decina <strong>di</strong> migliaia e tutte si presentano spettacolari ed interessanti, ognuna <strong>di</strong>versa<br />
dalle altre.<br />
Gli oggetti più interessanti sono tutti <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>ffuso, cioè che hanno un’estensione angolare apprezzabile in<br />
modo da poter risolvere la loro forma.<br />
In effetti, l’osservazione <strong>di</strong> singole stelle non è quasi mai consigliata perché fine a se stessa: una stella, se<br />
non presenta particolarità (come variabilità o una o più compagne che le ruotano intorno) non è interessante.<br />
Anche le più vicine a noi (la più vicina è Proxima Centauri) sono così lontane che il <strong>di</strong>ametro angolare<br />
sotteso dal loro <strong>di</strong>sco è al <strong>di</strong> sotto del potere risolutivo <strong>di</strong> qualunque telescopio. In questo caso si afferma<br />
(impropriamente) che le stelle non possono essere ingran<strong>di</strong>te: una stella vi apparirà sempre puntiforme e se<br />
non lo dovesse essere ciò sarà causato dall’effetto della nostra atmosfera o dalle proprietà della luce.<br />
L’osservazione <strong>di</strong> una stella singola quin<strong>di</strong> non è ne emozionante ne, tanto meno, utile ad una comprensione<br />
del nostro Universo.<br />
Avremo modo <strong>di</strong> vedere che esiste almeno una classe <strong>di</strong> oggetti puntiformi interessanti, almeno dal punto <strong>di</strong><br />
vista emotivo: i quasar, in apparenza delle stelle, in realtà nuclei galattici che emettono una quantità <strong>di</strong><br />
energia anche 1000 volte superiore a quella dell’intera galassia che li ospita e per questo visibili fino ai<br />
confini dell’Universo osservabile, ad oltre 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce dalla Terra.<br />
Fortunatamente l’Universo è pieno <strong>di</strong> oggetti non stellari o <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimi agglomerati <strong>di</strong> stelle che hanno un<br />
<strong>di</strong>ametro apparente quasi sempre molto più grande <strong>di</strong> quello dei pianeti e che meritano <strong>di</strong> essere indagati con<br />
la tecnica <strong>di</strong>gitale per rivelare la loro natura, i loro dettagli e le loro caratteristiche fisiche, chimiche e<br />
<strong>di</strong>namiche.<br />
Le stelle<br />
Nel capitolo riguardante il Sole, nella passata lezione, abbiamo visto alcune caratteristiche che lo rendono<br />
una stella; in particolare, abbiamo visto che una stella è una gigantesca sfera <strong>di</strong> gas incandescente, quin<strong>di</strong> che<br />
emette luce propria, con una temperatura degli strati esterni <strong>di</strong> qualche migliaio <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>, che aumenta<br />
inesorabilmente verso il centro, cuore e motore dell’energia e della vita stessa <strong>di</strong> ogni stella. Nelle zone<br />
interne <strong>di</strong> ogni stella, dette anche regioni nucleari, la temperatura supera i 10 milioni <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> e la pressione è<br />
miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> volte superiore a quella dell’atmosfera terrestre. In questo ambiente così estremo, il gas che forma<br />
la stella, principalmente idrogeno (74%) ed elio (25%) si trova in uno stato particolare, quello <strong>di</strong> plasma.<br />
Gli stati <strong>di</strong> aggregazione della materia sono <strong>di</strong> solito ben conosciuti; pren<strong>di</strong>amo ad esempio l’acqua sulla<br />
Terra. Quando l’acqua si trova al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> zero gra<strong>di</strong> congela, <strong>di</strong>ventando solida: questo è uno degli stati <strong>di</strong><br />
aggregazione della materia. Se innalziamo la temperatura il ghiaccio si scioglie e l’acqua <strong>di</strong>venta liquida:<br />
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secondo stato <strong>di</strong> aggregazione della materia. Se innalziamo la temperatura oltre i 100 gra<strong>di</strong>, l’acqua dopo un<br />
po’ è scomparsa del tutto perché è evaporata, ovvero si è trasformata in gas: questo è il terzo stato <strong>di</strong><br />
aggregazione della materia. Ogni sostanza, dall’acqua ai metalli, può trovarsi in questi tre stati <strong>di</strong><br />
aggregazione, a seconda delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura e pressione.<br />
Accanto a questi 3 stati ben conosciuti, che ricapitolando sono: solido, liquido e gassoso, esiste nell’Universo<br />
un altro stato in cui la materia può trovarsi: il plasma.<br />
Quando un gas viene riscaldato ad oltre 10000 gra<strong>di</strong>, esso assume delle proprietà particolari. Tutta la materia<br />
infatti è costituita da molecole, le quali sono costituite da gruppi <strong>di</strong> almeno due atomi, aggregati elementari<br />
formati da un nucleo, nel quale si trovano protoni e neutroni, ed un involucro esterno formato da particelle<br />
molto piccole e leggere, denominate elettroni. I protoni del nucleo sono 2000 volte più pesanti degli elettroni<br />
ed hanno carica positiva. Gli elettroni, nonostante siano molto più leggeri, hanno carica negativa uguale e<br />
contraria a quella dei protoni. Attraverso una sorta <strong>di</strong> rotazione, gli elettroni riescono a non essere attratti<br />
dalle cariche positive del nucleo e formano l’atomo così come lo conosciamo. Ogni atomo è composto da un<br />
ugual numero <strong>di</strong> elettroni e protoni, così che la carica totale netta è nulla; questo è un fatto importante perché<br />
ci <strong>di</strong>ce che tutta la materia è elettricamente neutra.<br />
Quando un gas viene scaldato a temperature elevatissime, ad un certo punto l’energia che viene fornita<br />
attraverso il calore prima <strong>di</strong>sgrega le molecole nei singoli atomi: il gas, qualsiasi gas <strong>di</strong>venta atomico, ovvero<br />
formato da atomi e non più da molecole complesse. Aumentando il calore, oltre i 10000°C, i singoli atomi<br />
cominciano a perdere gli elettroni: quando un atomo perde uno o più elettroni si <strong>di</strong>ce ionizzato ed esso<br />
<strong>di</strong>venta elettricamente carico, perché non possiede più lo stesso numero <strong>di</strong> particelle positive e negative.<br />
Questo è lo stato <strong>di</strong> plasma: un gas così caldo che le molecole <strong>di</strong> cui è composto sono ormai <strong>di</strong>sgregate in<br />
singoli atomi, i quali inoltre sono ionizzati, ovvero protoni ed elettroni non stanno più insieme ma hanno una<br />
vita separata; in altre parole non esistono più gli atomi come li conosciamo e <strong>di</strong> fatto tutta la materia è<br />
<strong>di</strong>sgregata nei costituenti principali, che sono elettroni e nuclei atomici.<br />
Quando un gas è nello stato <strong>di</strong> plasma emette una grande quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica,<br />
principalmente nell’ultravioletto e nei raggi X. Inoltre, poiché non è più elettricamente neutro, esso non sente<br />
più solamente la presenza della forza <strong>di</strong> gravità, ma anche i campi magnetici che permeano praticamente<br />
tutto l’universo. Un gas allo stato <strong>di</strong> plasma può essere anche molto più denso perché le singole particelle che<br />
compongono gli atomi sono molto più piccole degli atomi stessi, quin<strong>di</strong> quando l’atomo si è <strong>di</strong>sgregato il gas<br />
può comprimersi almeno 1000 volte <strong>di</strong> più rispetto a quando non era nello stato <strong>di</strong> plasma. Questa maggiore<br />
compressione è alla base dell’esistenza stessa delle stelle e dell’Universo, perché rende possibile il processo<br />
<strong>di</strong> fusione nucleare con il quale le stelle brillano e quin<strong>di</strong> sopravvivono.<br />
Sebbene questo particolare stato della materia sia pressoché assente sulla Terra, è lo stato nel quale si trova<br />
circa il 99% <strong>di</strong> tutta la materia dell’Universo: ancora una volta, le nostre esperienze quoti<strong>di</strong>ane non<br />
rispecchiano il reale comportamento dell’Universo!<br />
All’interno <strong>di</strong> ogni stella il gas non è più composto da atomi, ma da nuclei atomici, principalmente idrogeno<br />
ed elio e da un mare <strong>di</strong> elettroni liberi. La grande temperatura e pressione comprime enormemente questa<br />
miscela <strong>di</strong> particelle atomiche, arrivando a produrre il fenomeno della fusione nucleare.<br />
E’ ben noto che quando avviciniamo due particelle aventi la stessa carica, esse si respingono. Si tratta <strong>di</strong><br />
un’esperienza simile a quella che potete fare con due calamite: se avvicinate due poli uguali essi si<br />
respingono e non c’è speranza <strong>di</strong> farli unire.<br />
Con le cariche elettriche succede la stessa cosa: due cariche dello stesso segno si respingono, tanto più<br />
quando sono vicine. All’interno della stella, quin<strong>di</strong>, dove protoni ed elettroni sono molto compressi, vi<br />
devono essere delle immense forza repulsive tra le singole particelle.<br />
Questo è vero, ma fino ad un certo punto.<br />
La Natura infatti ci stupisce ancora una volta con un fatto sorprendente, ma fondamentale per l’esistenza<br />
stessa dell’Universo: quando due particelle cariche positivamente, come due protoni, vengono avvicinate più<br />
<strong>di</strong> una certa soglia, invece <strong>di</strong> respingersi si attraggono e si fondono fino a formare un nucleo atomico<br />
composto da due protoni, ovvero un nucleo <strong>di</strong> una nuova sostanza: l’elio.<br />
Per capire bene l’esempio è come se facciamo scontrare due palle <strong>di</strong> gomma: maggiore è la forza che<br />
imprimiamo, più violento è l’urto e le palle rimbalzeranno con maggiore forza, allontanandosi le une dalle<br />
altre in modo sempre più veloce, fino ad un certo punto, quando la forza con cui le facciamo scontrare è così<br />
grande che le palle invece <strong>di</strong> rimbalzare l’una contro l’altra e allontanarsi, si uniscono, si fondono senza<br />
alcuna possibilità <strong>di</strong> separarsi.<br />
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Il processo <strong>di</strong> fusione nucleare è simile: quando la temperatura supera i 10 milioni <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>, gli urti tra i<br />
protoni <strong>di</strong>ventano così violenti che essi invece <strong>di</strong> respingersi si fondono formando un nuovo elemento, l’elio<br />
e liberando un’immensa quantità <strong>di</strong> energia: l’energia delle stelle.<br />
La luce delle stelle<br />
Le stelle emettono ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica, parte della quale viene percepita come luce dai nostri occhi.<br />
Che cosa è la luce? La luce, in realtà, è solamente una piccola parte dello spettro elettromagnetico, ovvero<br />
della totalità delle onde emesse dai corpi dell’Universo. Lo spettro elettromagnetico contiene i raggi<br />
infrarossi, le microonde (quelle che utilizzano i cellulari per comunicare), le onde ra<strong>di</strong>o (emesse dalle<br />
stazioni ra<strong>di</strong>o e tv), tutte ra<strong>di</strong>azioni invisibili ai nostri occhi, eppure presenti.<br />
L’unica informazione che abbiamo dagli oggetti del cielo è la ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica che essi ci<br />
inviano. Non possiamo raggiungerli (tranne alcuni pianeti vicini), non possiamo toccarli ne pesarli, ma solo<br />
stu<strong>di</strong>arli a <strong>di</strong>stanza analizzandone la luce.<br />
Il colore della luce delle stelle varia a seconda della lunghezza d’onda, un numero che misura la lunghezza<br />
dell’onda elettromagnetica emessa. Per i nostri scopi è importante capire che ad una lunghezza d’onda<br />
maggiore corrisponde un colore più “rosso”.<br />
La luce è lo spettro elettromagnetico visibile ai nostri occhi, con lunghezze d’onda comprese tra 400 nm<br />
(viola) e 700 nm (rosso). Nel mezzo ci sono tutti i colori che i nostri occhi possono percepire. Ogni tonalità<br />
corrisponde ad una determinata lunghezza d’onda.<br />
Le stelle nel cielo hanno colori <strong>di</strong>versi. Alcune appaiono bianche, altre arancio, altre ancora azzurre. Il colore<br />
che percepiamo delle stelle <strong>di</strong>pende dalla loro temperatura superficiale, o meglio, dalla temperatura dello<br />
strato gassoso che emette la luce che raggiunge la Terra. Una stella molto calda (35000°C) appare <strong>di</strong> colore<br />
azzurro, mentre una a temperatura me<strong>di</strong>o-bassa, come il Sole (5500°C), gialla. Una stella fredda (2000°C)<br />
appare <strong>di</strong> una tonalità rossa. Tutte le stelle dell’Universo obbe<strong>di</strong>scono a questa regola: il colore <strong>di</strong>pende<br />
unicamente dalla loro temperatura; maggiore la temperatura, più azzurra è la stella.<br />
La relazione tra la temperatura <strong>di</strong> un corpo qualsiasi (anche il corpo umano) ed il “colore” associato alla<br />
ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica emessa dal corpo (meglio, la lunghezza d’onda), è detta relazione <strong>di</strong> corpo nero<br />
ed è una delle leggi universali della Natura.<br />
A seconda del colore delle stelle, esse sono state <strong>di</strong>vise in <strong>di</strong>verse classi spettrali: OBAFGKM. Non è<br />
importante ricordarsi in nomi, ma capire che ogni classe è definita da una particolare temperatura. Le stelle<br />
più calde appaiono azzurre e sono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe O e B; il Sole è <strong>di</strong> classe G, mentre le stelle <strong>di</strong> colore<br />
rosso sono <strong>di</strong> classe M. Il colore, oltre ad identificare la temperatura, determina anche la massa delle stelle,<br />
ovvero quanta materia possiedono. Maggiore è la massa, maggiore è l’energia richiesta dalla fusione<br />
nucleare, maggiore è la temperatura: le stelle più calde contengono anche molta più materia <strong>di</strong> quelle più<br />
fredde, sono quin<strong>di</strong> più massicce. Una stella calda azzurra, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe O, può contenere anche 20 volte<br />
più materia del Sole.<br />
Attenzione: massa non significa <strong>di</strong>mensioni. Una stella molto massiccia spesso è più grande <strong>di</strong> una meno<br />
massiccia, ma non sempre! Quando tra poco parleremo dell’evoluzione stellare, vedremo che stelle simili al<br />
Sole, verso la fine della loro vita <strong>di</strong>venteranno delle giganti rosse 100 volte più gran<strong>di</strong>. Questo non significa<br />
che cambia la quantità <strong>di</strong> materia, che resta sempre la stessa (anche perché da dove la prenderebbero!) è<br />
semplicemente che, essendo costituite da gas, esso può essere più o meno compresso. E’ quin<strong>di</strong> il tasso <strong>di</strong><br />
compressione del gas, o meglio, la sua densità, a determinare le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> una stella, non la quantità <strong>di</strong><br />
materia presente, la massa, determinata dal colore della stella, quin<strong>di</strong> dalla sua temperatura!<br />
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Il meccanismo fisico che associa una determinata emissione ad una certa temperatura è detto corpo nero.<br />
Adesso che abbiamo capito quale è il meccanismo, possiamo stu<strong>di</strong>arlo in dettaglio analizzando le normali<br />
situazioni terrestri, che possiamo facilmente riprodurre e controllare, e poi applicare le conclusioni anche alle<br />
stelle, visto che seguono lo stesso principio fisico!<br />
Come funziona a gran<strong>di</strong> linee la teoria del corpo nero?<br />
Per esempio, possiamo generalizzare l'esperienza del nostro pezzo <strong>di</strong> ferro riscaldato: perché esso emette<br />
luce solamente sopra una certa temperatura? E' possibile che esso emetta ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica anche<br />
per temperature più basse, solo che non la ve<strong>di</strong>amo perché il nostro occhio non è sensibile?<br />
In fin dei conti abbiamo visto che aumentando la temperatura aumenta l'intensità della luce emessa e,<br />
soprattutto, <strong>di</strong>minuisce la lunghezza d'onda del punto <strong>di</strong> massimo dello spettro.<br />
E' possibile che la luminosità che osserviamo sia influenzata dalla sensibilità dell'occhio umano.<br />
Per averne la prova consideriamo un rilevatore ideale, sensibile, in egual misura, a tutto lo spettro<br />
elettromagnetico, ed osserviamo il pezzo <strong>di</strong> ferro, posto al buio totale, al quale, mano a mano, aumentiamo la<br />
temperatura.<br />
In effetti possiamo osservare che l'emissione dell'oggetto è sempre presente. Quando ha una temperatura <strong>di</strong><br />
circa 30°C ha una debole emissione nel me<strong>di</strong>o infrarosso, con un picco alla lunghezza d'onda <strong>di</strong> circa 9<br />
micron. Mano a mano che aumentiamo la temperatura il picco dello spettro si sposta verso lunghezze d'onda<br />
minori e cresce <strong>di</strong> intensità.<br />
Ad<strong>di</strong>rittura, l'emissione del corpo è presente anche a temperature bassissime, ben sotto gli 0°C.<br />
Se consideriamo la scala delle temperature assolute, i gra<strong>di</strong> Kelvin, ci accorgiamo che l'emissione tende a<br />
zero e a lunghezze d'onda infinitamente gran<strong>di</strong> per la temperatura limite <strong>di</strong> 0 K, ovvero -273,16°C.<br />
Paragone tra i colori e le <strong>di</strong>mensioni delle stelle nel cielo. A seconda della temperatura, quin<strong>di</strong> del colore, le stelle sono state <strong>di</strong>vise in<br />
gruppi. Il Sole appartiene alla classe G, ha un colore tendente al giallo ed è <strong>di</strong> taglia piccola. Le più gran<strong>di</strong> stelle appartengono alla<br />
classe O, hanno temperature <strong>di</strong> circa 35000°C e appaiono azzurre. In realtà, gran parte della ra<strong>di</strong>azione emessa appartiene<br />
all’ultravioletto, che i nostri occhi non percepiscono.<br />
Lo spettro delle stelle in dettaglio: la composizione chimica<br />
Il passo successivo per capire come funzionano le stelle è osservare da più vicino il loro spettro, ovvero<br />
scomporre ancora più in dettaglio la luce che ci inviano nei singoli colori, e vedere se vi sono altre<br />
caratteristiche che possono interessarci.<br />
In precedenza abbiamo visto che la forma dello spetto ci da in<strong>di</strong>cazioni sulla temperatura delle stelle.<br />
Maggiore temperatura significa una stella più grande; una temperatura bassa implica una stella meno<br />
massiccia, ovvero composta da meno materia.<br />
Se analizziamo bene lo spettro delle stelle, ci accorgiamo che esso è costellato da centinaia <strong>di</strong> sottili righe<br />
scure, dette linee in assorbimento.<br />
Da cosa sono causate queste linee sovraimpresse alla luce che ci invia la stella? Esse sono causate dalla<br />
presenza <strong>di</strong> gas, molto rarefatto, tra lo strato che emette la luce che arriva a noi e noi stessi, in altre parole<br />
dall’atmosfera delle stelle. Tutte le stelle hanno un’atmosfera molto rarefatta ma molto estesa, composta<br />
dagli stessi gas <strong>di</strong> cui è composta la stella, solo che hanno una temperatura più bassa.<br />
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In Natura quando un gas rarefatto e freddo viene fatto attraversare da una luce contenente tutti i colori dello<br />
spettro elettromagnetico esso blocca alcune parti <strong>di</strong> questa luce. Se noi osserviamo lo spettro della sorgente<br />
che attraversa questo gas freddo, possiamo vedere che mancano dei colori.<br />
La cosa strana e molto molo utile per stu<strong>di</strong>are le stelle e l’Universo stesso, è che ogni gas blocca dei<br />
particolari colori. Siccome il colore della luce è identificato anche come la lunghezza d’onda, si <strong>di</strong>ce, più<br />
propriamente, che ogni gas freddo, posto davanti ad una sorgente <strong>di</strong> luce, come una stella, blocca sempre le<br />
stesse lunghezze d’onda!<br />
Questo è un fatto importantissimo, perché stu<strong>di</strong>ando quali sono le linee bloccate nello spettro, le linee in<br />
assorbimento, possiamo capire subito quale tipo <strong>di</strong> gas causa l’assorbimento, proprio perché le linee <strong>di</strong><br />
assorbimento nello spettro elettromagnetico sono come impronte <strong>di</strong>gitali uniche per ogni gas. Siamo giunti<br />
ad un importante risultato: analizzando lo spettro delle stelle in dettaglio riusciamo a capire la sua<br />
composizione chimica!<br />
Classificazione delle stelle: classi spettrali e <strong>di</strong>agramma HR<br />
A causa della <strong>di</strong>versa temperatura superficiale e del <strong>di</strong>verso spettro (presenza o meno <strong>di</strong> alcune linee in<br />
assorbimento) tutte le stelle sono state classificate secondo 10 classi, come abbiamo visto proprio nelle prime<br />
pagine. Partendo dalle componenti più calde (azzurre) fino alle più fredde (rosse) si hanno le seguenti classi:<br />
OBAFGKMRNS. Ogni classe è sud<strong>di</strong>visa in 10 sottoclassi, contrad<strong>di</strong>stinte da un numero da 0 a 9. Secondo<br />
questo schema, il Sole risulta essere una stella <strong>di</strong> tipo G2, Vega, nella costellazione della Lira, <strong>di</strong> tipo A0. In<br />
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pratica, queste sono le classi alle quali appartengono tutte le stelle dell’Universo. Nessun’altra combinazione<br />
è possibile. Incre<strong>di</strong>bile ma vero!<br />
Nei primi anni del 900 due astronomi, Hertzsprung e Russell, in modo totalmente in<strong>di</strong>pendente, compilarono<br />
un <strong>di</strong>agramma oggi <strong>di</strong>ventato strumento insostituibile nello stu<strong>di</strong>o delle stelle dell'universo.<br />
Il <strong>di</strong>agramma HR è un semplice grafico nel quale in ascissa è riportata la temperatura delle stelle, la<br />
classificazione spettrale o l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> colore, tutte quantità in<strong>di</strong>canti la temperatura, ed in or<strong>di</strong>nata la<br />
luminosità assoluta, espressa in termini <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne assoluta o luminosità solare.<br />
Il grafico è chiamato anche <strong>di</strong>agramma colore magnitu<strong>di</strong>ne (C-M), per sottolineare le grandezze coinvolte<br />
nella sua costruzione.<br />
Questo grafico fu costruito per scoprire qualche correlazione tra varie grandezze fisiche stellari, alla ricerca<br />
delle regole che la natura ha stabilito per il funzionamento e l'evoluzione <strong>di</strong> questi oggetti. E' bene<br />
sottolineare, infatti, che nulla nell'universo è lasciato al caso, tutto si può descrivere attraverso leggi fisiche,<br />
che vengono sempre rispettate. In un certo senso, possiamo <strong>di</strong>re che la natura ha un suo schema, delle regole<br />
ben precise, spesso <strong>di</strong>fficili da scoprire: questo è il lavoro <strong>di</strong> un astronomo.<br />
Determinando la luminosità assoluta e la temperatura <strong>di</strong> un campione <strong>di</strong> stelle, Hertzsprung e Russell<br />
scoprirono proprio alcune fondamentali proprietà delle stelle dell'Universo.<br />
Un moderno <strong>di</strong>agramma HR è rappresentato dalla seguente figura, tratta da Wikipe<strong>di</strong>a:<br />
Come possiamo vedere, gran parte delle stelle si concentra in una sottile zona all'incirca <strong>di</strong>agonale, chiamata<br />
sequenza principale (main sequence in inglese). Tutti gli astri passano oltre il 90% della loro vita in questa<br />
zona del <strong>di</strong>agramma, bruciando nel loro nucleo l'idrogeno. Quando l'idrogeno si esaurisce, la struttura<br />
stellare subisce notevoli mo<strong>di</strong>ficazioni e, se la massa è superiore alle 0,5 volte quella del Sole, la stella riesce<br />
a bruciare anche l'elio, uscendo dalla sequenza principale e <strong>di</strong>rigendosi lentamente verso la parte superiore<br />
del <strong>di</strong>agramma, nel ramo delle giganti e supergiganti. In questa zona si trovano stelle giunte quasi al termine<br />
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della loro esistenza, molte sono le cosiddette variabili intrinseche, cioè stelle che variano la loro luminosità<br />
nel corso del tempo.<br />
La cosa importante è osservare che nell'universo non troveremo mai, ad esempio, stelle con una temperatura<br />
superficiale <strong>di</strong> 10000 K e una luminosità pari a quella solare, oppure che una stella <strong>di</strong> sequenza principale nel<br />
corso del tempo occupi zone del <strong>di</strong>agramma non previste. Il fatto che tutte le stelle si trovino in zone ben<br />
<strong>di</strong>stinte, invece che sparse in modo casuale, suggerisce che tutte seguono delle regole ben precise, senza<br />
eccezioni. Più in dettaglio, nel <strong>di</strong>agramma HR si sono classificate 5 classi <strong>di</strong> luminosità, ovvero 5 <strong>di</strong>verse<br />
categorie <strong>di</strong> stelle, in base alle <strong>di</strong>mensioni e luminosità (quin<strong>di</strong> non considerando la temperatura).<br />
Completando questa classificazione con la precedente, in base al colore (o temperatura), possiamo <strong>di</strong>re che il<br />
Sole è una stella <strong>di</strong> tipo G2V, dove V in<strong>di</strong>ca l'appartenenza alla sequenza principale.<br />
E' importante notare come tutte le stelle dell'Universo si comportino in questo modo, entrando nella sequenza<br />
principale, come appartenenti alla classe V, e <strong>di</strong>rigendosi poi verso la parte alta del <strong>di</strong>agramma, verso classi<br />
minori (in realtà le stelle estremamente rosse dei tipi NRS non raggiungono queste zone, a causa della massa<br />
ridotta). La collocazione esatta ed il tempo <strong>di</strong> permanenza <strong>di</strong>pendono unicamente dalla massa.<br />
Alla fine, molte <strong>di</strong> esse si trasformeranno in nane bianche, altre esploderanno come supernovae,<br />
trasformandosi in stelle <strong>di</strong> neutroni o buchi neri.<br />
In effetti, il <strong>di</strong>agramma HR può essere utilizzato anche come in<strong>di</strong>catore dell'evoluzione delle stelle.<br />
Il tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>agramma analizzato fino ad ora è definito teorico, perché considera le luminosità assolute delle<br />
stelle, le quali si conoscono solamente se si riesce a stimare la loro <strong>di</strong>stanza. In questi casi, dalla conoscenza<br />
anche della temperatura (attraverso lo spettro o l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> colore) <strong>di</strong> un campione significativo, si costruisce<br />
questo grafico valido per ogni stella dell'universo, che può essere utilizzato per indagare le proprietà <strong>di</strong> tutte<br />
le stelle. Una delle applicazioni più utili è la cosiddetta parallasse spettroscopica.<br />
Determinare la <strong>di</strong>stanza delle stelle è piuttosto <strong>di</strong>fficile e si riesce, in modo <strong>di</strong>retto ed esatto, solo per astri<br />
relativamente vicini alla Terra (metodo della parallasse trigonometrica, qualche centinaio <strong>di</strong> anni luce). Per<br />
oggetti più <strong>di</strong>stanti si devono usare altri sistemi, che richiedono una calibrazione.<br />
Se <strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>agramma HR calibrato su stelle vicine, delle quali conosciamo bene la <strong>di</strong>stanza,<br />
quin<strong>di</strong> la luminosità assoluta, possiamo utilizzarlo per stimare la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> astri molto più lontani.<br />
Attraverso lo stu<strong>di</strong>o dello spettro, riusciamo a capire se una stella appartiene alla sequenza principale, e<br />
determinare la temperatura superficiale (questo anche con la fotometria). Se abbiamo a <strong>di</strong>sposizione questi<br />
dati, sappiamo sicuramente dove posizionare l'astro nel nostro <strong>di</strong>agramma HR teorico, in quanto<br />
l'appartenenza alla sequenza principale e una temperatura fissata determinano un unico punto, al quale<br />
corrisponde una fissata luminosità assoluta. In questo modo possiamo leggere <strong>di</strong>rettamente la luminosità<br />
assoluta della stella e scoprire quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>stanza dalla Terra.<br />
Questo metodo produce incertezze <strong>di</strong> circa il 20% (dovute al <strong>di</strong>verso contenuto in metalli e fase evolutiva<br />
delle stelle), ma è comunque un ottimo in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> partenza per stimare la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> oggetti molto lontani<br />
e fare da controllo per altri meto<strong>di</strong> (cefei<strong>di</strong> in particolare)<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>agramma HR è quello osservativo.<br />
Un <strong>di</strong>agramma osservativo lo si costruisce per gruppi <strong>di</strong> stelle che possiamo considerare alla stessa <strong>di</strong>stanza e<br />
con la stessa età, ergo per tutti gli ammassi stellari (globulari e aperti).<br />
La <strong>di</strong>stanza dalla Terra (migliaia <strong>di</strong> anni luce) <strong>di</strong> questi oggetti è molto superiore rispetto alla <strong>di</strong>versa<br />
posizione delle singole stelle (al massimo qualche decina <strong>di</strong> anni luce), tanto che, con ottima<br />
approssimazione, possiamo considerarle tutte alla stessa <strong>di</strong>stanza. In questo caso, la <strong>di</strong>fferenza che<br />
misuriamo nella magnitu<strong>di</strong>ne apparente (luminosità delle stelle) è dovuta esclusivamente a <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />
luminosità assoluta. In una situazione <strong>di</strong> questo tipo possiamo costruire un <strong>di</strong>agramma HR ponendo in<br />
ascissa la solita temperatura (o in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> colore o classe spettrale) e in or<strong>di</strong>nata la magnitu<strong>di</strong>ne apparente, che<br />
riusciamo a misurare accuratamente senza conoscere la <strong>di</strong>stanza dell'oggetto, <strong>di</strong> ogni stella.<br />
Sovrapponendo questo <strong>di</strong>agramma ad uno teorico, possiamo calibrarlo con le luminosità assolute e stimare<br />
subito la <strong>di</strong>stanza dell'ammasso stellare con il metodo della parallasse spettroscopica.<br />
Inoltre, se supponiamo che tutte le stelle si siano formate all'incirca nello stesso periodo, analizzando la<br />
forma della sequenza principale riusciamo a stimare l'età dell'ammasso stellare.<br />
7
Determinare l’età delle stelle<br />
Quanto vive una stella? Sappiamo che le stelle azzurre sono molto più massicce, ovvero contengono molta<br />
più materia <strong>di</strong> quelle rosse. Maggiore è la materia contenuta in una stella, più essa tende ad essere calda,<br />
quin<strong>di</strong> ad apparire blu. Una stella che contiene molta materia, tuttavia, possiede una forza <strong>di</strong> gravità<br />
maggiore <strong>di</strong> una stella piccola, quin<strong>di</strong> le reazioni <strong>di</strong> fusione nucleare devono avvenire in modo molto più<br />
veloce se devono contrastare l’azione della forza <strong>di</strong> gravità che tende a far collassare la stella<br />
indefinitamente. Ne consegue che le stelle con massa maggiore consumano molto più rapidamente il<br />
combustibile nucleare (l’idrogeno) rispetto a quelle con massa minore e <strong>di</strong> fatto vinono sensibilmente <strong>di</strong><br />
meno. Le stelle azzurre, blu, quelle che possiamo identificare con la classe spettrale O, decine <strong>di</strong> volte più<br />
massicce del Sole e con una temperatura superficiale superiore ai 35000°C, vivono appena qualche milione<br />
<strong>di</strong> anni prima <strong>di</strong> terminare la loro esistenza con un’immane esplosione della supernova. Stelle con meno<br />
materia, quin<strong>di</strong> più fredde, come il Sole, la cui temperatura superficiale è <strong>di</strong> 5500°C, quin<strong>di</strong> è una stella <strong>di</strong><br />
classe spettrale G, ha combustibile a sufficienza per brillare almeno 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni!<br />
Le stelle più piccole che conosciamo, molto rosse, quin<strong>di</strong> fredde (circa 2000°C), quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> classe spettrale M,<br />
consumano così poco combustibile che<br />
possono vivere anche per 50 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni!<br />
Una stella è una macchina perfetta: consuma<br />
solamente lo stretto necessario che le serve per<br />
sopravvivere; l’energia richiesta è determinata<br />
solo dalla massa, ovvero da quanta materia<br />
contiene, per questo quando sappiamo quanta<br />
materia è contenuta nella stella sappiamo già<br />
per quanto tempo potrà vivere.<br />
Le stelle più calde, quin<strong>di</strong> più massicce,<br />
vivono sensibilmente meno <strong>di</strong> quelle meno<br />
massicce<br />
Se supponiamo che tutte si siano formate nella<br />
stessa epoca, la sequenza principale <strong>di</strong> ogni<br />
ammasso stellare si mostra interrotta in<br />
prossimità <strong>di</strong> una certa classe spettrale. Questo<br />
punto è chiamato punto <strong>di</strong> inversione: l'età<br />
dell'ammasso è tale per cui le stelle poste in<br />
questa zona stanno uscendo dalla sequenza<br />
Dal <strong>di</strong>agramma HR <strong>di</strong> un ammasso stellare, identificando il punto <strong>di</strong><br />
inversione si capisce perfettamente l’età dell’ammasso stellare, quin<strong>di</strong><br />
delle stelle in esso contenute!<br />
principale. Se conosciamo la permanenza in sequenza principale in funzione della luminosità assoluta delle<br />
stelle, allora possiamo stimare l'età dell'ammasso. Proprio in questo modo si è scoperta la <strong>di</strong>fferente età degli<br />
ammassi aperti rispetto ai globulari, e come questi ultimi siano gli oggetti più antichi dell'Universo.<br />
Negli ammassi globulari (quasi tutti), infatti, non esistono più stelle con massa superiore a quella Solare in<br />
sequenza principale; poiché la nostra stella trascorre circa 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni in questa zona, ne consegue che<br />
(quasi) tutti gli ammassi globulari devono avere almeno 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni.<br />
La stima dell'età è fondamentale per cercare <strong>di</strong> determinare la nascita e l'evoluzione stessa dell'Universo.<br />
8
Nascita delle stelle<br />
Ve<strong>di</strong>amo molto brevemente ed in sintesi come avviene la nascita <strong>di</strong> una stella e la sua successiva<br />
evoluzione fino alla morte. La descrizione che riportiamo è solo approssimativa essendo la realtà,<br />
come sempre, molto più complessa <strong>di</strong> ogni modello possiamo noi creare.<br />
Una enorme nube (nebulosa) costituita prevalentemente <strong>di</strong> idrogeno (l'elemento più <strong>di</strong>ffuso<br />
nell'universo) comincia a comprimersi grazie alla forza gravitazionale (sempre attrattiva) fra<br />
gli atomi che la compongono.<br />
Comprimendosi, la nube <strong>di</strong>viene sempre più densa e calda. Gli atomi <strong>di</strong> idrogeno, scaldandosi<br />
sempre più (la temperatura è legata alla energia cinetica degli atomi, ovvero al loro grado <strong>di</strong><br />
agitazione) cominciano ad urtarsi con maggiore energia.<br />
Ad un certo punto, a causa degli urti sempre più energetici, gli elettroni si staccano dagli atomi<br />
<strong>di</strong> idrogeno e si forma un plasma (stato <strong>di</strong> aggregazione della materia in cui nuclei ed elettroni<br />
sono mescolati in una specie <strong>di</strong> gas cal<strong>di</strong>ssimo).<br />
A causa della gravitazione la nube <strong>di</strong>venta<br />
sempre più densa e calda ed ad un certo punto i<br />
protoni cominciano ad urtarsi con sempre<br />
maggiore forza ed a raggiungere <strong>di</strong>stanze<br />
relative<br />
molto piccole. Riescono allora, a causa<br />
dell'enorme agitazione termica (energia) che<br />
possiedono,<br />
a vincere le forze <strong>di</strong> repulsione elettriche che a<br />
<strong>di</strong>stanze sempre più piccole <strong>di</strong>ventano sempre<br />
più gran<strong>di</strong> (inversamente proporzionali al<br />
quadrato della <strong>di</strong>stanza).<br />
Quando le <strong>di</strong>stanze fra i protoni <strong>di</strong>ventano più piccole <strong>di</strong> un certo valore critico, "scattano" le forze nucleari.<br />
La forza nucleare fra protoni fa sì che da nuclei <strong>di</strong> idrogeno si formino nuclei <strong>di</strong> elio. Questa<br />
reazione si chiama fusione nucleare.<br />
La reazione nucleare <strong>di</strong> fusione dell'idrogeno che avviene in una stella può essere così simbolicamente<br />
in<strong>di</strong>cata (in effetti è molto più complessa, ma a noi interessa capire il fenomeno a gran<strong>di</strong> linee) :<br />
1 deuterio + 1 deuterio ===> 1 nucleo <strong>di</strong><br />
elio + energia .<br />
La reazione per la creazione dell'elio a partire<br />
dall'idrogeno ha una fondamentale caratteristica.<br />
La massa <strong>di</strong> un nucleo <strong>di</strong> elio prodotto è<br />
lievemente minore della massa dei quattro<br />
nucleoni che l'hanno formato.<br />
Secondo il principio <strong>di</strong> conservazione della<br />
massa e dell'energia, se in una reazione si perde<br />
massa essa si deve trasformare in energia.<br />
L'energia che si libera in questa reazione è data<br />
dalla nota formula <strong>di</strong> Einstein : E = m c ².<br />
Sappiamo già (ve<strong>di</strong> precedente lezione, in<br />
particolare il capitolo riguardante il Sole) che la produzione <strong>di</strong> energia dalla fusione nucleare è enorme.<br />
La stella così si "accende" emettendo una enorme quantità <strong>di</strong> energia sotto forma <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione<br />
elettromagnetica (<strong>di</strong> tutti i tipi, dalle frequenze ra<strong>di</strong>o ai raggi gamma) e <strong>di</strong> particelle (per il nostro<br />
sole, è il cosiddetto vento solare).<br />
La stella raggiunge allora l'equilibrio e cessa <strong>di</strong> comprimersi perché la pressione verso l'esterno<br />
prodotta dalla fusione nucleare controbilancia la forza gravitazionale che tenderebbe a farla<br />
comprimere su se stessa indefinitamente.<br />
Ma l'idrogeno che costituisce il "combustibile", trasformandosi in elio, prima o poi si esaurisce. Dopo<br />
milioni o miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni (a seconda della sua massa) una stella è destinata a morire.<br />
9
La morte <strong>di</strong> una stella<br />
Avvengono allora tutta una serie <strong>di</strong> trasformazioni che portano la stella a <strong>di</strong>versi destini e ciò in<br />
<strong>di</strong>pendenza della sua massa.<br />
Schematizzando enormemente, si ha che se una<br />
stella è più leggera <strong>di</strong> una certa massa critica<br />
(circa 7 masse solari) una stella <strong>di</strong>venta prima<br />
una gigante rossa e poi una nana bianca<br />
rimanendo<br />
tale fino alla sua completa morte.<br />
Per le stelle <strong>di</strong> questo tipo, dopo che si è bruciato<br />
tutto l'idrogeno, si comincia a bruciare l'elio<br />
creando i nuclei fino al carbonio. A questo<br />
punto la stella, <strong>di</strong>venuta una nana bianca, sarà<br />
costituita da carbonio e così lentamente si<br />
spegnerà.<br />
Il nostro sole avrà questo destino !!! Nella fase<br />
precedente <strong>di</strong> gigante rossa <strong>di</strong>venterà così grande<br />
e caldo da inglobare e <strong>di</strong>struggere almeno i pianeti più vicini (compresa, ahimè, la nostra Terra).<br />
Per le stelle dell'altra categoria (quelle con massa maggiore della massa critica) l'evoluzione è molto<br />
più eclatante. Esse <strong>di</strong>venteranno giganti rosse e<br />
poi, esplodendo con una immane<br />
esplosione, (fase <strong>di</strong> supernova) <strong>di</strong>venteranno o<br />
stelle <strong>di</strong> neutroni o buchi neri.<br />
Durante la fase <strong>di</strong> gigante rossa, verranno creati<br />
dalle enormi temperature anche gli atomi fino al<br />
ferro.<br />
Gli atomi più pesanti del ferro, però non possono<br />
essere creati in quella fase. Non vi è energia<br />
sufficiente. Quando tutta la materia si è<br />
trasformata in ferro, non vi è più nulla da<br />
bruciare (non vi è energia sufficiente per fondere<br />
il ferro e creare atomi più pesanti). A questo<br />
punto la stella "crolla su se stessa" non essendo<br />
più la gravità controbilanciata dal calore prodotto dalla fusione nucleare.<br />
Si ha così la creazione <strong>di</strong> una supernova con una immane esplosione. In pochi istanti tutta la massa della<br />
stella collassa drammaticamente con emissione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> materia ed energia. Una supernova<br />
è ad<strong>di</strong>rittura visibile in pieno giorno !!! (si ricor<strong>di</strong>no le varie testimonianze storiche fra cui l'ultima , quella<br />
<strong>di</strong> Tycho Brahe del 1572).<br />
Durante l'esplosione che caratterizza la creazione <strong>di</strong> una supernova vengono messe in gioco energie così<br />
alte (si tratta dei fenomeni energetici più intensi conosciuti) tali da produrre i nuclei più pesanti del ferro.<br />
Abbiamo visto allora che i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> atomo vengono creati a partire dall'idrogeno in quelle enormi<br />
fucine che sono le stelle. Possiamo affermare quin<strong>di</strong> che veramente noi "siamo figli delle stelle" !!!<br />
Sorge allora una domanda inquietante. Come è possibile che qui sulla terra esistano gli elementi più<br />
pesanti del ferro quando il nostro sole non è in grado <strong>di</strong> produrli (appartenendo esso alla prima<br />
categoria <strong>di</strong> stelle) ?<br />
La risposta è che, probabilmente, la nebulosa da<br />
cui si è generato il sole (e con esso il sistema<br />
solare) è stata "inseminata" dall'esplosione <strong>di</strong><br />
una supernova che era nelle sue vicinanze.<br />
Quando una stella massiccia (del secondo tipo)<br />
muore, una sua parte, dopo l'esplosione<br />
che produce la supernova, si trasforma in un<br />
nucleo densissimo <strong>di</strong> neutroni.<br />
Se, infatti, gli elettroni si fondono con i protoni,<br />
si ottengono neutroni. Quin<strong>di</strong>, in certe<br />
con<strong>di</strong>zioni<br />
10
<strong>di</strong> pressione, la materia si trasforma in neutroni estremamente addensati. Tutta la massa <strong>di</strong> una<br />
stella si riduce così in una "palla" <strong>di</strong> pochi chilometri <strong>di</strong> raggio !!! E' così che si forma una stella <strong>di</strong> neutroni.<br />
Se poi, la densità <strong>di</strong> questa materia supera un certo valore, si ha un fenomeno che ha dell'incre<strong>di</strong>bile.<br />
Si ha la formazione <strong>di</strong> un buco nero che, secondo la teoria della relatività generale <strong>di</strong> Einstein,<br />
incurva così tanto lo spazio intorno a sé da far sì che nemmeno la luce ne possa più uscire (da qui il nome).<br />
Le nebulose<br />
Nella nostra galassia, oltre alle miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> stelle vi sono gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> gas e polveri che danno vita ad<br />
oggetti veramente spettacolari da osservare: le nebulose.<br />
Le loro <strong>di</strong>mensioni variano da 1 anno luce (nebulose planetarie) fino ad oltre 100 (nebulose oscure). Le<br />
<strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni sono un forte in<strong>di</strong>zio che non tutte sono uguali sia come comportamento fisico-chimico,<br />
sia per il modo in cui vengono create.<br />
Possono essere <strong>di</strong>vise in 5 classi: nebulose ad emissione, a riflessione, planetarie, resti <strong>di</strong> supernovae e<br />
nebulose oscure. Ogni gruppo ha caratteristiche peculiari che analizzeremo brevemente nei rispettivi<br />
paragrafi.<br />
I punti in comuni ad ogni nebulosa sono:<br />
• composizione chimica, principalmente idrogeno (oltre il 70%), elio (24%) ed il restante ossigeno e<br />
tracce <strong>di</strong> altri gas e polveri (principalmente silicati)<br />
• Densità: il gas <strong>di</strong> cui sono formate ha, nella migliore delle ipotesi, una densità <strong>di</strong> qualche miliardo <strong>di</strong><br />
19<br />
atomi ogni centimetro cubo, contro le circa 10 molecole presenti nell’aria al livello del mare.<br />
Benché possano essere molto appariscenti, soprattutto in fotografia, sono oggetti almeno 10 milioni<br />
<strong>di</strong> volte meno densi dell’aria, tanto che se il nostro Sole vi fosse posto all’interno probabilmente non<br />
ce ne accorgeremmo. Valori <strong>di</strong> densità me<strong>di</strong> sono dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100 atomi (o molecole) ogni<br />
centimetro cubo (più rarefatte del più spinto vuoto che si può creare artificialmente sulla Terra).<br />
Ad esclusione <strong>di</strong> quelle oscure, le nebulose sono oggetti brillanti e spettacolari; quelle ad emissione ad<br />
esempio sono molto calde (circa 10000 K) ed estese decine <strong>di</strong> anni luce, costituite da gas caldo che emette<br />
luce principalmente rossa (prodotta dall’idrogeno) e verde (ossigeno).<br />
Le nebulose purtroppo sono prive <strong>di</strong> colore all’osservazione visuale e piuttosto deboli, ben <strong>di</strong>verse dalle<br />
splen<strong>di</strong>de visioni fotografiche che si possono avere attraverso gli stessi strumenti.<br />
Nebulose ad emissione<br />
Sono sicuramente le più spettacolari da osservare con qualsiasi telescopio e anche delle importanti palestre<br />
per affinare le tecniche <strong>di</strong> osservazione.<br />
Le nebulose ad emissione brillano <strong>di</strong> luce propria, emessa<br />
principalmente dall’idrogeno e dall’ossigeno ionizzati, cioè<br />
privati <strong>di</strong> almeno un elettrone. Il meccanismo <strong>di</strong> emissione<br />
è semplice da capire qualitativamente: la ra<strong>di</strong>azione<br />
luminosa ultravioletta delle giovani stelle nate al loro<br />
interno è così intensa che strappa gli elettroni al gas,<br />
ionizzandolo. Gli atomi ionizzati dopo breve tempo<br />
recuperano l’elettrone perso (non necessariamente lo<br />
stesso), e nel processo, detto ricombinazione, emettono luce<br />
<strong>di</strong> lunghezza d’onda ben definita che <strong>di</strong>pende dalla specie<br />
atomica (idrogeno, elio ossigeno…) e dal livello energetico<br />
nel quale si posiziona l’elettrone catturato. Il processo <strong>di</strong><br />
ricombinazione produce delle emissioni con una ben<br />
determinata lunghezza d’onda, creando quello che si<br />
chiama spettro a righe.<br />
Le nebulose ad emissione emettono solo a lunghezze<br />
d’onda fissate, che nel visibile sono principalmente 3: riga<br />
H-alpha, dell’idrogeno a 656,3 nm (rosso), la più intensa;<br />
riga H-beta dell’idrogeno a 486,1 nm (azzurro); riga<br />
dell’ossigeno ionizzato 2 volte, detto OIII, a 500,7 nm<br />
(verde).<br />
Il complesso nebulare nella costellazione <strong>di</strong> Orione, <strong>di</strong><br />
cui M42, in basso a destra, è solo la parte più evidente.<br />
<strong>11</strong>
Ogni nebulosa ad emissione possiede al suo interno qualche giovane stella <strong>di</strong> grande massa (almeno 8 volte<br />
maggiore <strong>di</strong> quella del Sole) e temperatura, in grado <strong>di</strong> emettere la ra<strong>di</strong>azione ultravioletta necessaria ad<br />
“accenderla”. Quando ciò non avviene il gas non si illumina <strong>di</strong> luce propria e può risplendere per riflessione<br />
oppure non essere visibile affatto.<br />
Sebbene l’osservazione visuale delle nebulose sia priva <strong>di</strong> dettagli e colori attraverso qualsiasi telescopio, la<br />
loro visione, da un cielo scuro e con strumento <strong>di</strong> almeno 200 mm è sempre emozionante.<br />
Nel cielo esistono decine <strong>di</strong> nebulose ad emissione, tutte appartenenti Via Lattea. Un osservatore esperto e<br />
con uno strumento da almeno 250mm può osservare anche nebulose <strong>di</strong> altre galassie, come Andromeda, M33<br />
nel Triangolo ed altre ancora.<br />
La nebulosa ad emissione più famosa è sicuramente M42 nota anche come grande nebulosa <strong>di</strong> Orione, parte<br />
più brillante <strong>di</strong> un gigantesco complesso nebulare che copre tutta la costellazione. M42 ha <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong><br />
circa 35 anni luce ed in cielo sottende un’area 4 volte maggiore <strong>di</strong> quella della Luna piena, con una<br />
magnitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> visuale <strong>di</strong> 4,5 che la rende ben visibile anche ad occhio nudo come una debole stella sfocata.<br />
M42 è il primo obiettivo del cielo profondo <strong>di</strong> ogni telescopio.<br />
E’ importante ricordare come l’osservazione <strong>di</strong> questi oggetti <strong>di</strong>ffusi ed estremamente deboli deve essere<br />
fatta a bassi ingran<strong>di</strong>menti e da cieli estremamente scuri, altrimenti nessuno strumento sarà in grado <strong>di</strong><br />
rendere giustizia alla tenue e delicata bellezza <strong>di</strong> queste immense <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> gas e polveri.<br />
La grande nebulosa <strong>di</strong> Orione è una brillante nube <strong>di</strong> gas, estesa per 35 anni luce, <strong>di</strong>stante 1500. E’ visibile anche ad occhio nudo ma<br />
rivela la sua estensione e i suoi colori solo in fotografia.<br />
12
Nebulose Planetarie<br />
Sono oggetti piccoli ma con un’elevata luminosità superficiale e quin<strong>di</strong> facili da osservare in tutti i loro<br />
dettagli.<br />
Spesso le loro <strong>di</strong>mensioni sono angolarmente simili a<br />
quelle dei pianeti più gran<strong>di</strong> (Venere, Giove e Saturno), da<br />
qui il nome <strong>di</strong> nebulose planetarie.<br />
Fisicamente le nebulose planetarie sono poste agli antipo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> quelle ad emissione.<br />
Se quelle ad emissione sono testimoni <strong>di</strong> un recentissimo<br />
processo <strong>di</strong> formazione stellare, le planetarie sono l’atto<br />
finale della morte <strong>di</strong> una stella con massa poco maggiore o<br />
simile a quella solare (non oltre le 6-8 volte) che giunta al<br />
termine della sua vita espelle gli strati esterni nello spazio<br />
interstellare. Negli stessi istanti il nucleo si comprime e<br />
<strong>di</strong>venta una nana bianca, una stella estremamente<br />
compressa dalle <strong>di</strong>mensioni della Terra, che emette ingenti<br />
quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione ultravioletta (UV) responsabile della<br />
ionizzazione del gas espulso che quin<strong>di</strong> risplende con lo<br />
stesso processo chimico delle nebulose ad emissione.<br />
La nebulosa planetaria NGC3242, soprannominata<br />
fantasma <strong>di</strong> Giove per la sua vaga somiglianza,<br />
nell’osservazione visuale, al gigante gassoso.<br />
Solamente gli oggetti a noi più vicini sono visibili, alcuni apparentemente <strong>di</strong> aspetto stellare. Le planetarie<br />
osservabili con strumentazione amatoriale sono almeno un centinaio e su <strong>di</strong> loro si possono effettuare<br />
importanti stu<strong>di</strong> statistici in merito a forma, luminosità, estensione angolare e <strong>di</strong>stribuzione. La loro forma è<br />
tipicamente a simmetria sferica ma non sempre; molto spesso si tratta <strong>di</strong> una combinazione tra la forma<br />
originale e l’effetto della proiezione sulla sfera celeste.<br />
Dobbiamo infatti tenere presente che noi ve<strong>di</strong>amo tali oggetti (e in generale ogni corpo celeste) come se<br />
fosse bi<strong>di</strong>mensionale, o in alternativa come se la sua immagine fosse proiettata su uno sfondo scuro (la sfera<br />
celeste) e <strong>di</strong> questo dobbiamo tenere conto quando vogliano estrapolare informazioni in merito alla forma<br />
reale dell’oggetto osservato. Un esempio chiaro è quello <strong>di</strong> un guscio sferico: supponiamo che una nebulosa<br />
planetaria sia perfettamente sferica e costituita da un guscio <strong>di</strong> gas che si espande. Qualsiasi osservatore<br />
terrestre, che non può girarle intorno per stu<strong>di</strong>are la sua forma tri<strong>di</strong>mensionale, non vedrà un guscio sferico<br />
ma un anello: una nebulosa ad anello, come può essere quella della Lira, (M57) è in realtà un guscio sferico.<br />
L’effetto della proiezione sulla sfera celeste produce una forma particolare che però non rispecchia la realtà.<br />
Trovare a partire da dati bi<strong>di</strong>mensionali la forma tri<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> un corpo celeste è uno dei problemi<br />
osservativi più <strong>di</strong>fficili da risolvere.<br />
L’utilizzo <strong>di</strong> filtri a banda stretta, soprattutto quelli centrati sulla dell’ossigeno ionizzato due volte (OIII), può<br />
essere molto<br />
utile e permette <strong>di</strong> enfatizzare dettagli <strong>di</strong>fficilmente visibili, nonché <strong>di</strong> scurire il fondo cielo e <strong>di</strong> osservare<br />
anche le parti meno brillanti.<br />
la nebulosa planetaria M57, nella Lira. Le nebulose<br />
planetarie sono abbastanza brillanti da poter essere<br />
osservate anche con piccoli strumenti.<br />
I resti <strong>di</strong> supernova<br />
Anche in questo caso si tratta <strong>di</strong> gas proveniente da stelle morenti, solo che questa volta cambia il processo<br />
che le genera. Se le nebulose planetarie sono costituite da gas rilasciato lentamente dalla stella centrale, i<br />
resti <strong>di</strong> supernova sono il risultato <strong>di</strong> un’immane esplosione <strong>di</strong> una stella almeno 8 volte più massiccia del<br />
Sole, che rilascia ogni secondo una quantità <strong>di</strong> energia paragonabile a quella <strong>di</strong> 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Soli,<br />
13
denominata supernova. Il gas è generalmente scagliato a velocità <strong>di</strong> qualche migliaio <strong>di</strong> km/s e temperature<br />
<strong>di</strong> decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>. Al centro della nebulosa resta un oggetto dalle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> Km<br />
ma con una massa maggiore <strong>di</strong> 1,5 volte quella solare: si tratta <strong>di</strong> una stella <strong>di</strong> neutroni, o a seconda<br />
dell’orientazione verso il nostro pianeta <strong>di</strong> una pulsar, responsabile della ionizzazione e quin<strong>di</strong> della<br />
luminosità del gas circostante. Nel giro <strong>di</strong> qualche migliaio <strong>di</strong> anni esso si sarà espanso, rarefatto e<br />
raffreddato al punto che non sarà praticamente più visibile: come le nebulose planetarie, anche i resti <strong>di</strong><br />
supernova hanno vita relativamente breve.<br />
Il resto <strong>di</strong> supernova sicuramente più famoso e luminoso è M1, detta nebulosa del granchio, generato<br />
dall’esplosione <strong>di</strong> una stella avvenuta il 4 luglio 1054, alla <strong>di</strong>stanza 6500 anni luce dalla Terra. La luminosità<br />
della supernova in quei giorni aumentò <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> volte, arrivando ad essere visibile anche in pieno giorno<br />
(più luminosa <strong>di</strong> Venere). Il gas espulso alla velocità <strong>di</strong> circa 1000 Km/s e con una massa <strong>di</strong> 0,1 masse solari<br />
è andato a formare la nebulosa che oggi possiamo ammirare. Al centro, nascosta dal gas, resta una stella <strong>di</strong><br />
neutroni che ruota su se stessa 30 volte al secondo ed emette raggi X ed onde ra<strong>di</strong>o (questo tipo <strong>di</strong> stelle è<br />
detto anche pulsar).<br />
M1 è un’eccezione tra questo tipo <strong>di</strong> nebulose. Il cielo è pieno <strong>di</strong> resti <strong>di</strong> antiche supernove che ormai si sono<br />
espansi fino ad occupare un’area <strong>di</strong> svariati gra<strong>di</strong>: questo è il caso della nebulosa Velo nella costellazione del<br />
Cigno o degli immensi resti nella costellazione della Vela, visibili solo dall’emisfero sud e con strumenti <strong>di</strong><br />
almeno 150 mm.<br />
Il resto <strong>di</strong> supernova M1, detto nebulosa del granchio, ciò che resta <strong>di</strong> una stella esplosa nel 1054<br />
Nebulose a riflessione<br />
Sono nubi gassose a temperature interme<strong>di</strong>e tra le regioni HII (circa 10000 K) e le nebulose oscure (7-10 K)<br />
e si rendono visibili attorno a stelle o ammassi stellari.<br />
Sebbene la composizione sia la stessa degli altri tipi, si manifestano nel cielo a seguito <strong>di</strong> processi <strong>di</strong>versi.<br />
Le stelle avvolte in queste nubi non hanno abbastanza energia per ionizzare il gas e quin<strong>di</strong> non possono<br />
accendere l’idrogeno in esse contenuto, ma la loro luce attraversando la nube viene <strong>di</strong>ffusa dalle polveri<br />
presenti, principalmente silicati, nichel, ferro e carbonio (polvere <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante) allo stesso modo <strong>di</strong> come la<br />
luce del Sole viene <strong>di</strong>ffusa dall’atmosfera terrestre conferendo al cielo una colorazione azzurra. Il<br />
meccanismo è in effetti del tutto simile: la luce della stella attraversa le polveri che provvedono al processo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione, molto più efficiente per la ra<strong>di</strong>azione blu rispetto a quella rossa, conferendo alla nube <strong>di</strong> gas<br />
una tenue colorazione azzurro-blu. La luce della stella (o delle stelle) viene leggermente attenuata e arrossata<br />
mentre la nebulosa tende ad assumere le delicate colorazioni del cielo <strong>di</strong>urno terrestre e lo spettro tipico <strong>di</strong><br />
quello stellare, cioè <strong>di</strong> corpo nero.<br />
14
Esistono tuttavia anche nebulose a riflessione rosso-arancio formate da stelle rosse che quin<strong>di</strong> non emettono<br />
molta ra<strong>di</strong>azione azzurra, come nel caso della stella Antares nella costellazione dello scorpione,<br />
sfortunatamente invisibile con gli strumenti amatoriali, anche a causa della poca sensibilità<br />
dell’occhio alle lunghezze d’onda rosse quando è adattato al buio.<br />
Le nebulose a riflessione sono molto <strong>di</strong>fficili da osservare anche nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze del nostro<br />
sistema solare a causa della loro debolezza intrinseca al processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione responsabile della luce da loro<br />
emessa.<br />
L’ esempio più bello e spettacolare della volta celeste è sicuramente costituito dall’estesa e tenue nebulosità<br />
che avvolge l’ammasso aperto delle Pleia<strong>di</strong>, facile da<br />
osservare con strumenti da 150mm e cieli scuri.<br />
Oggetti relativamente facili da osservare sono M78 in<br />
Orione e la parte settentrionale della nebulosa Trifida<br />
(M20) nel Sagittario, quest’ultimo un ottimo esempio<br />
<strong>di</strong> coesistenza tra una regione ad emissione ed una<br />
totalmente a riflessione.<br />
Quasi ogni nebulosa a riflessione ha una componente<br />
oscura più o meno marcata e questo è del tutto<br />
consistente se si tiene presente il processo che<br />
permette alla nube <strong>di</strong> risplendere: quando la luce<br />
delle stelle contenute non è più sufficiente per<br />
produrre una <strong>di</strong>ffusione apprezzabile, la nube <strong>di</strong> gas e<br />
polveri risulta oscura.<br />
Nebulose Oscure<br />
Sono nubi <strong>di</strong> gas e polveri spesso molto più estese <strong>di</strong><br />
quelle ad emissione, estremamente fredde.<br />
La luce delle stelle dell’ammasso aperto delle Pleia<strong>di</strong> (M45)<br />
viene <strong>di</strong>ffusa dai grani <strong>di</strong> polvere <strong>di</strong> una nube galattica nella<br />
quale l’ammasso sta casualmente passando.<br />
La loro temperatura è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pochi gra<strong>di</strong> Kelvin (7-10) e quin<strong>di</strong> non emettono alcuna ra<strong>di</strong>azione<br />
visibile. La composizione chimica si trasforma da atomica a molecolare. Non è raro trovare molecole come<br />
l’acqua (tra le molecole più abbondanti dell’Universo!), qualche zucchero e persino qualche idrocarburo.<br />
Una componente non trascurabile è costituita da polveri (principalmente silicati) responsabili dell’oscurità<br />
della nube, la quale spesso blocca completamente la luce delle stelle poste <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essa, producendo<br />
l’effetto <strong>di</strong> un buco nel cielo.<br />
Dalle nebulose oscure nascono le stelle, che una volta formatesi ionizzano il gas e lo fanno risplendere,<br />
generando le nebulose ad emissione e/o a riflessione. In altre parole le nebulose oscure, ad emissione o a<br />
riflessione sono fisicamente gli stessi oggetti visti in perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi: quando all’interno non vi sono stelle la<br />
nebulosa è oscura, quando vi sono stelle molto gran<strong>di</strong> essa <strong>di</strong>venta ad emissione, se invece vi sono stelle<br />
simili al Sole allora la nebulosa sarà a riflessione.<br />
Nel <strong>di</strong>sco della Via Lattea, così come nei <strong>di</strong>schi delle altre galassie a spirale, vi sono gran<strong>di</strong> concentrazioni <strong>di</strong><br />
nebulose oscure.<br />
Non serve un telescopio per osservare le nebulose oscure più belle ed imponenti del cielo: è sufficiente dare<br />
uno sguardo alla Via Lattea estiva ad occhio nudo per accorgersi delle immense bande che attenuano in<br />
modo sensibile la luminosità delle stelle, originando delle vere e proprie spaccature nel <strong>di</strong>sco galattico.<br />
Ci sono naturalmente anche moltissimi oggetti telescopici, alcuni dei quali veramente curiosi: il caso più<br />
emblematico è costituito dalla nebulosa Testa <strong>di</strong> Cavallo (Barnard 33), dove una nube fredda e oscura, dalla<br />
forma che ricorda quella della testa <strong>di</strong> un cavallo, si proietta sullo sfondo <strong>di</strong> una brillante nebulosa ad<br />
emissione facente parte della gigantesca regione HII <strong>di</strong> Orione. Grazie allo sfondo particolarmente brillante<br />
siamo in grado <strong>di</strong> ammirare per contrasto la nube oscura. Nelle fotografie a lunga posa la nebulosa appare<br />
spettacolare, ma è molto evanescente all’osservazione visuale. Qualche osservatore afferma <strong>di</strong> averla<br />
intravista con strumenti da 200mm ed un cielo trasparente e scuro come quello in alta montagna.<br />
La presenza <strong>di</strong> nebulose oscure e <strong>di</strong> polveri è essenziale ai fini della formazione <strong>di</strong> nuove stelle ed ogni<br />
oggetto che ne possiede in abbondanza è ancora attivo da questo punto <strong>di</strong> vista. Alcune galassie a noi vicine<br />
come Andromeda ed M33 mostrano decine e decine <strong>di</strong> nubi <strong>di</strong> gas che si stagliano sullo sfondo costituito<br />
dalle miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> stelle <strong>di</strong> cui sono composte. Altre galassie a spirale più <strong>di</strong>stanti viste quasi <strong>di</strong> profilo<br />
appaiono spesso tagliate in due da una linea scura: stiamo guardando lungo il bordo del <strong>di</strong>sco nel quale si<br />
concentrano tutte le gran<strong>di</strong> nubi molecolari fredde che si manifestano come una gigantesca striscia oscura.<br />
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La nebulosa testa <strong>di</strong> cavallo è<br />
formata da una componente<br />
oscura (Barnard 33) che si<br />
proietta sullo sfondo <strong>di</strong> una<br />
nebulosa ad emissione<br />
appartenente al complesso <strong>di</strong><br />
Orione, nei pressi della stella<br />
Alnitak, nella cintura <strong>di</strong> Orione.<br />
Ammassi aperti<br />
Dalle gran<strong>di</strong> nubi molecolari oscure presenti in gran numero nella nostra Galassia possono nascere decine o<br />
<strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong> stelle gravitazionalmente legate, raggruppate in ammassi stellari chiamati aperti.<br />
Contrariamente agli ammassi globulari quest’ultimi sono morfologicamente e fisicamente molto <strong>di</strong>versi.<br />
Si tratta <strong>di</strong> oggetti generalmente giovani, nei quali si evidenzia la presenza <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> e luminose stelle blu <strong>di</strong><br />
classe spettrale O-B che nascono e si sviluppano nel giro <strong>di</strong> qualche decina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni nei bracci a<br />
spirale delle galassie, (quasi) gli unici luoghi dell’Universo nei quali è ancora attiva la formazione <strong>di</strong> nuove<br />
stelle.<br />
Gli ammassi aperti sono generalmente costituiti da qualche centinaio <strong>di</strong> stelle confinate in pochi anni luce <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ametro, con una concentrazione molto minore rispetto a quella dei globulari. La loro vita all’interno del<br />
<strong>di</strong>sco delle galassie è <strong>di</strong> breve durata e per niente tranquilla. Le stelle più luminose e quin<strong>di</strong> più massicce<br />
evolvono in fretta terminando in modo esplosivo la loro vita dopo qualche milione <strong>di</strong> anni; quelle meno<br />
massicce continuano a sopravvivere ma il destino dell’ammasso è comunque segnato.<br />
Gli ambienti galattici sono tutto fuorché tranquilli: l’incontro con nubi molecolari, polvere, eventuali stelle e<br />
l’esplosione <strong>di</strong> quelle più giovani alterano il precario equilibrio che tiene insieme le stelle ed in qualche<br />
centinaio <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni si saranno completamente <strong>di</strong>sperse: esse continueranno ad esistere per altri<br />
miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni (almeno quelle meno massicce) ma l’ammasso, inteso come gruppo <strong>di</strong> stelle legato<br />
gravitazionalmente, non esisterà più.<br />
L’ammasso aperto a noi più vicino è quello dell’Orsa Maggiore, ormai però quasi totalmente <strong>di</strong>sperso,<br />
costituito dalle stelle più vicine al Sole, tra le quali<br />
Sirio.<br />
La nostra stella si trova a transitare in mezzo alla<br />
lunga coda <strong>di</strong> alcune sue componenti ma non vi fa<br />
parte. L’ammasso aperto dal quale si pensa nacque si<br />
è ormai <strong>di</strong>ssolto ed è impossibile in<strong>di</strong>viduare le<br />
componenti sparse lungo tutto il <strong>di</strong>sco galattico.<br />
Poiché dopo circa 1 miliardo <strong>di</strong> anni un ammasso<br />
aperto si può considerare <strong>di</strong>ssolto, quelli che<br />
possiamo osservare sono oggetti relativamente<br />
giovani; in generale maggiore è la concentrazione e<br />
la presenza <strong>di</strong> stelle blu, minore è l’età dell’ammasso.<br />
Quasi tutti quelli visibili dalla Terra sono oggetti <strong>di</strong><br />
qualche decina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni; uno dei più giovani<br />
è il famoso M45, le Pleia<strong>di</strong>.<br />
Le <strong>di</strong>mensioni quasi sempre superiori o paragonabili<br />
a quelle della Luna piena ne fanno gli obiettivi<br />
preferiti dei piccoli strumenti o dei gran<strong>di</strong> binocoli,<br />
con ingran<strong>di</strong>menti compresi tra le 20 e le 50 volte.<br />
NGC 869-884 (doppio ammasso del Perseo) sono 2 ammassi<br />
aperti che ci appaiono prospetticamente vicini, l’uno <strong>di</strong>stante<br />
6800 anni luce (NGC 869) e l’altro 7600. Si tratta <strong>di</strong> due<br />
oggetti molto giovani, con un’età stimata intorno ai 5,6 milioni<br />
<strong>di</strong> anni (NGC 869) e solo 3,2 milioni <strong>di</strong> anni per NGC 884. Le<br />
<strong>di</strong>mensioni sono <strong>di</strong> 30’ ciascuno e brillano <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne 4.3,<br />
facilmente visibili ad occhio nudo. Possiedono molte giovani e<br />
calde stelle <strong>di</strong> classe spettrale B.<br />
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Ammassi Globulari<br />
Sono oggetti antichissimi composti da decine <strong>di</strong> migliaia, a volte milioni <strong>di</strong> stelle gravitazionalmente legate,<br />
raggruppate in uno spazio <strong>di</strong> qualche decina o centinaio <strong>di</strong> anni luce (valore me<strong>di</strong>o 150), orbitanti attorno al<br />
centro della nostra galassia, in una zona chiamata alone. La Via Lattea si pensa possedere circa 200 ammassi<br />
globulari, alcuni dei quali non sono stati ancora scoperti, ma essi sono comuni a tutte le galassie, sia ellittiche<br />
che spirali; Andromeda ne dovrebbe contenere almeno 500, mentre le ellittiche giganti come M87 ne<br />
possiedono <strong>di</strong>verse migliaia.<br />
Un tipico ammasso globulare è un oggetto dalla forma sferoidale, con una concentrazione <strong>di</strong> stelle me<strong>di</strong>a<br />
intorno alle 0,4 per parsec cubico (1 parsec = 3,26 anni luce), che al centro può arrivare fino a<br />
3<br />
1000stelle<br />
/ pc , maggiore <strong>di</strong> qualsiasi ambiente galattico.<br />
Sono spettacolari da osservare visualmente.<br />
M13 ed M22 sono molto brillanti e visibili, seppur a fatica, ad occhio nudo.<br />
Le stelle più brillanti degli ammassi maggiori (M13 e M22) hanno magnitu<strong>di</strong>ni attorno a <strong>11</strong>,5, alla portata <strong>di</strong><br />
strumenti <strong>di</strong> almeno 120 mm.<br />
Con un telescopio da 200 mm, sotto un buon cielo, lo spettacolo è assicurato e potrete risolvere tutti i<br />
principali globulari se utilizzate ingran<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> almeno 100 volte.<br />
L’ammasso globulare M13 nella costellazione <strong>di</strong> Ercole <strong>di</strong>sta 25000 anni luce dalla Terra ed è uno dei più belli e gran<strong>di</strong> da riprendere<br />
nell’emisfero boreale. Brilla <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne 5,7 ed è visibile, seppur a fatica, anche ad occhio nudo da un cielo molto scuro. Il suo<br />
<strong>di</strong>ametro apparente è simile a quello della Luna piena, mentre le <strong>di</strong>mensioni reali sono <strong>di</strong> 170 anni luce. L’età stimata è <strong>di</strong> circa 14<br />
miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni: come ogni ammasso globulare, si tratta <strong>di</strong> un oggetto antichissimo. Le stelle più brillanti visibili in questa immagine<br />
sono <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne <strong>11</strong>,5, le più deboli <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne 22. La grande risoluzione e <strong>di</strong>namica del sensore CCD ha permesso <strong>di</strong><br />
risolvere le singole componenti fino al denso centro dell’ammasso.<br />
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