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Bernardo di Chiaravalle - Associazione Nuova Citeaux

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<strong>Bernardo</strong> <strong>di</strong> <strong>Chiaravalle</strong> 5Il pensiero <strong>di</strong> <strong>Bernardo</strong>La via mistica« Quanto più si è buoni, tanto più si è cattivi, se si attribuisce a proprio merito ciò per cui si è buoni. »(San <strong>Bernardo</strong> <strong>di</strong> <strong>Chiaravalle</strong>, Sermones super Cantica Canticorum, LXXXIV)<strong>Bernardo</strong> è fondamentalmente propenso non alla speculazione intellettuale, ma alle questioni pratiche, <strong>di</strong> vita vissuta,e alle riflessioni morali. Secondo <strong>Bernardo</strong> l'unico modo per giungere alla verità consiste nella pratica dellacontemplazione e della preghiera e non nell'astratto ragionamento. Nel Sermo 36 super cantica, <strong>Bernardo</strong> illustra lanatura e i limiti del sapere affermando che lo stu<strong>di</strong>o può essere giustificato solo se ha una finalità <strong>di</strong> tipo religioso,mentre se è condotto per il puro desiderio <strong>di</strong> sapere, per illuminare l'intelletto, per risolvere problemi <strong>di</strong> ogni genere,esso viene etichettato come “turpis” (vergognoso, immorale).La più alta conquista umana è, per <strong>Bernardo</strong>, il volo dell'anima verso la contemplazione: l'unica via attraverso laquale sia possibile conoscere Dio. Attraverso l'assidua me<strong>di</strong>tazione dei misteri del Cristo è possibile giungere allaconoscenza e all'amore nei confronti del crocifisso. Solo la contemplazione mistica è in grado <strong>di</strong> dare la pace e lagioia del pieno possesso.Per giungere a questo risultato è però necessaria una limitazione dell'intelletto che, se si spinge troppo oltre e invadei confini della fede, compie una vera e propria profanazione del sacro. Come esempi da non imitare, <strong>di</strong> curiosità evanità, <strong>Bernardo</strong> presenta Aristotele e Platone, ritenuti i due massimi esponenti dell'umana sapienza. Occorre evitare<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are le curiose sottigliezze del primo e le vane arguzie del secondo. Dice il santo ai suoi monaci che i nostrimaestri dovrebbero essere Pietro e Paolo, che ci insegnano invece a vivere.In occasione della presentazione a Innocenzo II dell'accusa contro Abelardo, <strong>Bernardo</strong> prende <strong>di</strong> mira gli“Academici” ad<strong>di</strong>tandoli come pensatori che vagano qua e là, curiosi e vani, tra opinioni ed errori, che devonoaccontentarsi <strong>di</strong> rimanere nell'incertezza e non possono mai giungere a verità certe. [7]La restaurazione della natura umanaRiguardo al suo pensiero teologico e filosofico, <strong>Bernardo</strong> esprime sul piano morale un orientamento ispirato,apparentemente, al pessimismo:« [...] generati dal peccato, noi peccatori generiamo peccatori; nati corrotti, generiamo dei corrotti; nati schiavi, generiamodegli schiavi. »San <strong>Bernardo</strong>, dunque, combatte alcune tesi del suo tempo, come la teoria secondo la quale i <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Adamo(cioè noi) non abbiano in sé un «peccato originale» sin dalla nascita, ma solo un «malum poenae», un «male <strong>di</strong> pena».<strong>Bernardo</strong> <strong>di</strong>ce anche:« L'uomo è impotente <strong>di</strong> fronte al peccato. »Ciò, evidentemente non è una giustificazione al peccato stesso, ma una spiegazione della miseria umana che neinostri peccati si rivela, ma che è originata dal peccato originale che in ciascuno è impresso come un marchio.Dunque, la questione fondamentale è restaurare la natura umana, per riportare l'uomo al suo stato <strong>di</strong> «figlio <strong>di</strong> Dio», edunque «essere eterno» nella beatitu<strong>di</strong>ne del Padre. Poiché ognuno porta in sé il peccato originale, però, nessuno puòrestaurare la propria natura da solo, ma può farlo solamente attraverso la «me<strong>di</strong>azione» <strong>di</strong> Cristo, che è «Soter» (cioè«Salvatore»), proprio in quanto per noi è morto, espiando al nostro posto quel peccato originale che nessun altropoteva espiare, essendone sottoposto. Nella sua opera De gra<strong>di</strong>bus humilitatis et superbiae, tuttavia, <strong>di</strong>ce che, peravere la «me<strong>di</strong>azione» <strong>di</strong> Cristo, l'uomo deve superare l'«io <strong>di</strong> carne», deve limitare e poi annullare la superbia el'amore <strong>di</strong> sé, attraverso l'umiltà. Contro <strong>di</strong> sé, dunque, deve porre l'amore <strong>di</strong> Dio, poiché solo col Suo amore si

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