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Comunità virtuali per l'apprendimento e nuove tecnologie

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Comunità <strong>virtuali</strong><strong>per</strong> l’apprendimentoe <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>INTRODUZIONELe comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimentorivestono oggi particolare interesse in ambitoformativo in quanto sembrano sanciredefinitivamente un cambiamento di paradigmateorico e metodologico. L’idea costruttivistasecondo cui l’apprendimento èsempre frutto di un lavoro di costruzione a-vente l’obiettivo di elaborare azioni e concettiviabili, cioè appropriati ai contesti incui vengono usati, e non di scoprire unarealtà ontologica di cui produrre copie oimmagini mentali [von Glasersfeld, 1998],ha, infatti, progressivamente sostituito ilmodello tradizionale del trasferimento di conoscenza,secondo cui apprendere significaessere in grado di esibire conoscenze e capacitàoggettivamente misurabili, decontestualizzatee aventi valore di verità oggettive,universalmente confrontabili.Quest’idea costruttivista si trova oggi semprepiù legata a quella di apprendimento comeprocesso dialogico, sociale e culturale,di creazione ed elaborazione congiunta disignificati, in cui il singolo, in quanto facenteparte di un gruppo, riceve sostegno emotivazione all’interno della sua “zona disviluppo prossimale” [Vygotskij, 1980].L’apprendimento e l’intelligenza non sono,quindi, titolarità esclusiva del singolo individuoche apprende, ma emergono piuttostodall’interazione sociale in cui gruppi diindividui intrattengono rapporti di naturacollaborativa finalizzati alla costruzione diconoscenze comuni e condivise [Salomon,1993] 1 .La ricerca educativa, sulla base di questiprincipi teorici, ha formulato soprattuttoQuali esigenze emergono in una comunità virtuale <strong>per</strong>l’apprendimento, e quali funzioni la piattaformatecnologica può offrire <strong>per</strong> soddisfarle?■Stefania Manca, Luigi Sarti, ITD-CNR, Genova[manca, sarti]@itd.ge.cnr.itnegli ultimi anni proposte di notevole interesseorientate verso il modello delle comunitàdi apprendimento. Ne sono esempi rappresentativi:le Communities of learners[Brown e Campione, 1994; Ligorio, 1994],ispirate alle modalità collaborative di costruzionedi <strong>nuove</strong> conoscenze in un datodominio proprie delle comunità scientifiche;le Knowledge-Building Communities[Scardamalia e Bereiter, 1994], basate principalmentesul concetto di apprendimento“intenzionale” che sottolinea l’importanzadella dimensione metacognitiva; le Learningcommunities del Cognition and TechnologyGroup at Vanderbilt [CTGV,1993], basate sul concetto di istruzione“ancorata”, in cui le attività di problem solvingdevono essere sempre radicate in situazionie contesti autentici e non fittizi; leCommunities of inquiry [Lipman, 1991], o-rientate allo sviluppo di un pensiero criticospecie nei bambini.Si tratta di proposte, formulate ed adottatesoprattutto in contesti scolastici, che hannoavuto il merito di portare in primo pianoproposte didattiche basate su approcci o-rientati ai problemi [Savery e Duffy, 1995],sull’istruzione ancorata [CTGV, 1993], sull’apprendistatocognitivo [Collins et al,1989], ecc., tutte espressioni del bisogno diridisegnare contesti di apprendimento incui gli studenti siano coinvolti in manieraattiva in problematiche significative e reali[Resnick, 1987].L’evoluzione degli scenari teorici e metodologiciqui brevemente richiamati, a cui sisono accompagnati i progressi del panoramatecnologico e degli strumenti informati-1Per una panoramica suidiversi modelli del costruttivismo,si veda[Steffe e Gale, 1995] e inItaliano [Varisco, 1995].11TD25numero 1-2002 Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>


Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>12TD25numero 1-20022Il CSCL richiama, anchenel nome, molto da vicinoil Computer SupportedCoo<strong>per</strong>ative Work oCSCW [Greif, 1988],che <strong>per</strong> primo ha elaboratoidee e strumenti di lavorodi gruppo e distribuito.3Le Collaborative ConstructiveTechnologies costituisconoun cambiamentodi prospettiva rispettoalle CollaborativeInstruction Technologies,che, pur facendo leva sulconcetto di collaborazione,sono state pensate innanzitutto<strong>per</strong> supportarel’interazione tra gli u-tenti e un’istituzione erogatricedi FAD, sostanziandocosì l’idea centraledell’interazione studente-docente.4Si tratta di quelle cheWittgenstein [1967]chiama forme di vita, secondocui qualunque domandarelativa al significatodi un termine o diun enunciato può trovarerisposta solo facendo appelloalle convenzioni e aicriteri pubblici propri diuna forma di vita, che riguardanol’asseribilità diun enunciato piuttostoche la sua verità. Per unapprofondimento delrapporto tra teorie del significatoe creazione enegoziazione dei significatinell’ambito di unacomunità di pratica, vedi[Manca e Sarti, 2001].ci e telematici, è diventata oggetto di indaginedell’area di ricerca che va sotto il nome diComputer Supported Collaborative Learningo CSCL 2 [Dillenbourg et al, 2001; Hoadleye Roschelle, 1999; Koschmann, 1996; Koschmannet al, 2002], che, dal punto di vistadegli strumenti, si è ormai orientata versole Collaborative Constructive Technologies3 , in grado di supportare i meccanismicollaborativi di costruzione della conoscenzapropri delle comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento.La stessa componente cruciale della <strong>virtuali</strong>tàviene inquadrata sotto una prospettivaparticolare: il problema non è, infatti, tantoquello di supplire alla distanza, spaziale etemporale, e all’isolamento del singolo checaratterizza, ad esempio, le situazioni formativedella FAD, creando misure atte a costituireun senso di comunità e di appartenenzae fornendo opportunità di comunicazionesotto forma di discussione e confrontocollettivi e di gruppo [Brown, 2001;Preece, 2000]. Ma, piuttosto, di estendereil concetto di contesto di apprendimento aldi là dell’hic et nunc propri dell’aula scolastica<strong>per</strong> “agganciare” l’imparare ai più ampicontesti sociali e culturali con cui esso èstrettamente intrecciato e situato.Da questo punto di vista, un’altra proposta,seppur originariamente formulata in un’otticaantropologica e rielaborata in ambitoorganizzativo ed aziendale, sta progressivamentericevendo maggiore interesse in ambitoformativo, in quanto, a nostro avviso,in grado di esplicitare alcuni importanti presupposticruciali dei processi di apprendimento.Si vedrà, infatti, come il modellodelle comunità di pratica [Lave e Wenger,1991; Wenger, 1998] enfatizzi il processodialogico legato all’apprendere in termini dipartecipazione e reificazione, da un lato, ebasi i propri meccanismi sulla mediazionetra la dimensione informativa e partecipativa,dall’altro.In questo lavoro, oltre ad evidenziare i caratteridi interesse che le comunità di praticarivestono <strong>per</strong> le situazioni formative, verrannosoprattutto analizzate le esigenze cheemergono nell’ambito delle comunità <strong>virtuali</strong><strong>per</strong> l’apprendimento e le domande acui le <strong>tecnologie</strong> informatiche e telematichesono chiamate a rispondere.COMUNITÀ VIRTUALIPER L’APPRENDIMENTOE COMUNITA DI PRATICACaratteristiche di una comunità di praticasono la condivisione di pratiche mutuamentedefinite, il coagularsi attorno adun’idea o a dei compiti condivisi, l’organizzarsisecondo le attività e secondo i bisogniche emergono, il poter essere costituita damembri geograficamente distanti e l’usarele <strong>tecnologie</strong> di rete <strong>per</strong> collaborare e comunicare.Per Wenger [1998] la pratica è sempre unfatto sociale ed include aspetti sia esplicitisia taciti, che possono rimanere inespressima senza dubbio rendono ragione dell’appartenenzaalla comunità: il linguaggio, glistrumenti, le immagini, i simboli, i regolamenti,i criteri specificati, le procedure codificate,i contratti, ma anche le relazioniimplicite, le convenzioni tacite, le euristichesottintese, le intuizioni, le assunzioni inespresse,le visioni del mondo condivise. Sinoti che il concetto di pratica trascende ilsemplice concetto di o<strong>per</strong>atività: non si tratta,infatti, soltanto di un “fare”, ma di un fareche trae il proprio significato e strutturadall’essere situato in un determinato contestostorico e sociale.Su un piano più generale questa caratterizzazionedi pratica si può tradurre in quelcomplesso di strutture fondamentali di naturaculturale ed intersoggettiva che costituisconolo sfondo e le condizioni di possibilità<strong>per</strong> ogni agire, concorrendo alla creazionee negoziazione dei significati, e chesanciscono il legame originario di caratterepratico-manipolativo che ci lega alle cose, esoprattutto al linguaggio 4 . All’origine delpensiero, del linguaggio e delle parole c’è,infatti, quella trama densa e complicata dipratiche intrecciate che, accompagnandosiad una tradizione, consente la comprensionee l’interpretazione del mondo in modointelligente. Dotate ciascuna di una propriaspecificità, di una propria forma e di un propriocontenuto della forma, “sono questepratiche che scheggiano la pietra, incidonole rupi e le caverne, costruiscono armi e u-tensili, edificano abitazioni, elaborano abitilinguistici, inventano sistemi di scrittura,ecc.: in una parola, l’insieme di ciò che noichiamiamo civiltà o cultura, con le sue praticheintelligenti e sensate” [Sini, 1992: pp.195-196].Nelle comunità di pratica l’es<strong>per</strong>ienza e lacollaborazione vengono, infatti, rielaboratee trasformate (reificate) in artefatti (simboli,procedure, regole, tecnologia, prodotti,gergo, ecc.) attraverso un processo di rinegoziazionedei significati, profondamentepartecipato e situato nel contesto dei problemireali e della realtà sociale di riferimento.I processi che si verificano al loro


interno considerano soprattutto l’apprendimentoin un quadro di partecipazione sociale,funzione delle attività, del contesto edella cultura nel quale è situato [Lave eWenger, 1991].Se si analizzano da vicino le differenze rilevantiche contraddistinguono una comunitàdi pratica da altre comunità di apprendimento(i cosiddetti practice fields) [Barab eDuffy, 2000], una prima riguarda il fattoche le comunità di pratica collocano in primopiano problematiche autentiche eprofondamente radicate nel mondo reale, enon ad esempio simulazioni di situazionireali o giochi di ruolo, partendo dall’assuntosecondo cui l’apprendimento richiede lacomprensione non solo dei concetti inquanto tali, ma soprattutto dei modi in cuiquesti possono essere usati nel mondo inquanto strumenti [Collins et al, 1989]. Perdirla con Heidegger, a fondamento della significativitàdel mondo sta, infatti, propriol’utilizzabilità delle cose, il loro essere innanzituttoe <strong>per</strong> lo più “cose a nostra disposizione”,il loro servire <strong>per</strong> un fine, in quantogià dotate di un senso e di una funzione.Anche la comprensione dei concetti è, quindi,regolata dalla “comprensione praticacoinvolta”, che istituisce una relazione congli “oggetti” in quanto utilizzabili ed aventiuna funzione [Heidegger, 1976] 5 .Un ulteriore carattere distintivo delle comunitàdi pratica è costituito dalla rilevanzache in esse assume il concetto di identitàcome sviluppo del sé attraverso la partecipazionead una comunità. Il processo di costruzionedei significati viene strettamentecorrelato a quello di costruzione dell’identità:l’apprendimento è infatti parte dellostesso processo che comprende il diventaremembro attivo nella comunità, e l’assumereun ruolo sempre più centrale evolvendoverso lo status di “es<strong>per</strong>to”.Considerando la conoscenza come un prodottocollettivo e distribuito, e non la merasomma dei contributi dei singoli 6 , in unacomunità di pratica le conoscenze di ognipartecipante sono infatti messe a disposizionedel gruppo. La responsabilità dell’apprendimentoè condivisa così tra i membridel gruppo, all’interno del quale ciascunocontribuisce con le sue conoscenze e capacitàindividuali. La condivisione dei compiticonsente l’attivazione di modalità coo<strong>per</strong>ativein cui il neofita, inizialmente ai marginidella comunità, si muove progressivamenteverso il suo centro (la cosiddetta partecipazione<strong>per</strong>iferica legittima [Lave eWenger, 1991]), arricchendo il proprio bagagliodi competenze e di ex<strong>per</strong>tise attraversoun processo dialettico che generalizza ilconcetto di apprendistato cognitivo [Collinset al, 1989].Quale sia la relazione tra una comunità virtuale<strong>per</strong> l’apprendimento e una comunitàdi pratica è oggetto di indagine e di ricercatuttora in corso, specie <strong>per</strong> quanto riguardail rapporto tra “progettazione esplicita” e“auto-organizzazione spontanea”, che caratterizzarispettivamente le due entità. Secondoalcuni [Johnson, 2001], mentre laprima viene sempre progettata, la seconda èun’entità culturale che può emergere 7 dallacostituzione di una comunità, sia essa virtualeo no, attraverso i modi con cui i partecipantiusano quest’ultima e il sostegnoche ricevono ad hoc 8 : ciò che consente l’emergeredella comunità di pratica è l’esistenzadi un apprendimento orientato allosvolgimento di un compito e la costituzione,attraverso la condivisione di obiettivi edi pratiche, di un’identità collettiva. Questesembrano essere proprio le caratteristicheprincipali delle comunità <strong>virtuali</strong> orientateall’apprendimento.In conclusione, oggi la ricerca in ambito e-ducativo sta cercando di incorporare alcunedelle caratteristiche cruciali delle comunitàdi pratica in ambienti di apprendimento <strong>virtuali</strong>,che volta <strong>per</strong> volta pongono l’accentosu caratteristiche diverse (vedi, ad esempio,[Palloff e Pratt, 1999; Rogers, 2000; Trentin,2000]). Pur essendo nato in contesti ditipo sociale ed organizzativo, il modellodelle comunità di pratica sembra, quindi,suggerire risposte interessanti ad esigenzedidattiche molteplici. Nello stesso tempociò pone in risalto alcune problematichecruciali. Com’è possibile, ad esempio, progettareun intervento formativo (in altre parole,un corso in rete) in cui i partecipanticostruiscano in modo coo<strong>per</strong>ativo il corpodi conoscenze obiettivo dell’iniziativa? Comecollocare l’es<strong>per</strong>ienza di una comunitàche si ponga all’interno di qualcosa di piùampio del contesto scolastico o formativo ingenere, fino a favorire dinamiche di apprendimentoche <strong>per</strong>durino lungo tutto l’arcodella vita? Quali misure - organizzative, metodologiche,tecnologiche - possono contribuireal suo successo? In questo stesso volume,ad esempio, Midoro [2002] proponealcune riflessioni in linea con le questionisopra indicate.Nelle prossime sezioni cercheremo di fornirealcune indicazioni su come la tecnologiapossa favorire l’efficacia di una comunitàvirtuale <strong>per</strong> l’apprendimento (<strong>per</strong> sempli-5La “riflessione teorica distaccata”o atteggiamentoconoscitivo di tiposcientifico basato sull’osservazionee la s<strong>per</strong>imentazioneè, quindi, quelrapporto meramente osservativo(ossia teoretico)che l’uomo instauracon gli “oggetti”, inquanti privi, <strong>per</strong>manentemente,della loro funzioneo utilizzabilità.6L’apprendimento collaborativo,o costruzionecollaborativa di conoscenza,implica, infatti,attività a due livelli di a-nalisi, individuale e digruppo [Salomon,1993].7Anche Wenger [1998: p.225] sostiene che “l’apprendimentonon può essereprogettato… l’apprendimentoavviene”.8Alcuni ricercatori (ad e-sempio, [McDermott,2000], ma lo stesso Wenger[Wenger e Snyder,2000]), alla luce dell’interesseche le comunità dipratica rivestono semprepiù in ambito organizzativo,stanno elaborandoindicazioni utili a facilitarela nascita di comunitàdi pratica e a sostenernela crescita in termini diefficacia dell’apprendimento.13TD25numero 1-2002 Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>


Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>14TD25numero 1-20029Nel presente contestonon si potrà dar conto deiprodotti disponibili incommercio, di cui, <strong>per</strong>altro,esistono diversi studied analisi di categorie e disingole applicazioni (vedi,<strong>per</strong> esempio, [Landon,2001; Persico e Manca,2000; Wenger, 2001]).10I MOO (Multi-user ObjectOriented) e i MUD (MultiUser Domain) sono ambientiche consentono lacomunicazione molti-amoltiin tempo reale viaInternet. Si tratta di programmiche accettanoconnessioni provenienti dapiù utenti contemporaneamentee fornisconol’accesso ad un databasecondiviso di oggetti einformazioni, in genereorganizzati secondo unametafora in cui ogni utente“entra” ed “esce” da“stanze” comunicanti incui si trovano “oggetti”manipolabili (attraversoquesta metafora l’utente difatto naviga e manipola undatabase).Il MOO/MUD è in uncerto senso un tipo direaltà virtuale, un luogorappresentato elettronicamenteche gli utenti possonovisitare. Rispetto allarealtà virtuale propriamentedetta, un MOO/MUDse ne differenzia <strong>per</strong> almenotre motivi: non fa usodi speciali dispositivihardware di tipo sensorialeche consentano all’utentel’immersione in un ambientevirtuale friubile attraverso<strong>per</strong>cezioni di tipovisivo o tattile; gli utentipossono aggiungere <strong>nuove</strong>stanze e altri oggetti aldatabase attraverso un linguaggiodi programmazioneincorporato (caratteristicaprecipua deiMUD); di solito iMOO/MUD hanno moltiutenti collegati nellostesso momento. Tutti gliutenti navigano e manipolanolo stesso database dioggetti e possono interagiresia con gli altri utenticollegati che con i nuovioggetti creati. Per un’interessantees<strong>per</strong>ienza didatticarealizzata con unMOO, si veda ad esempio[Bruckman, 1998].cità, indicata nel seguito come comunitàvirtuale). Identificheremo alcune esigenzetipiche di questo contesto e ne deriveremoindicazioni relative alle funzionalità che unambiente telematico dovrebbe rendere disponibili.LE ESIGENZE CHE EMERGONOE LE FUNZIONI CHE LE POSSONOSODDISFAREIn che modo la tecnologia può fornire supportoalle diverse esigenze di una comunitàvirtuale? Una prima considerazione generale,ed ovvia, è che una comunità virtuale,proprio in quanto virtuale, può vivere epros<strong>per</strong>are solo attraverso i servizi di comunicazionee produzione resi disponibilida una piattaforma telematica. Ma il ruoloche la tecnologia può giocare sull’efficaciadella comunità come contesto d’apprendimentova oltre la semplice messa a disposizionedi servizi di interconnettività, e contribuiscea definirne i flussi comunicativi ele modalità di produzione. È infatti cosaben diversa parlare di una tecnologia chepuò offrire un supporto <strong>per</strong> la collaborazionerispetto ad una tecnologia collaborativa.Mentre situazioni del primo tipo possonolimitarsi a supportare le interazioni e gliscambi comunicativi tra quanti si trovanocoinvolti senza “orientarne” le attività, laseconda è esplicitamente finalizzata allamutua produzione di <strong>nuove</strong> pratiche, cioèalla costituzione di nuovi modi comuni divedere, agire e conoscere [Roschelle,1992]. Una tecnologia collaborativa deve,quindi, sostenere forme autentiche di collaborazione,che poggino su un legame digenuina interdipendenza tra le informazionicondivise, l’attribuzione dei compiti chefanno capo alla divisione del lavoro, e l’attivitàdi ”pensare insieme” [Salomon,1992].Se veniamo ora alle esigenze, la caratteristicache possiamo riconoscere come “fondante”<strong>per</strong> le comunità <strong>virtuali</strong> è, come abbiamovisto, la loro doppia dimensione, partecipativae informativa. In un approccio diquesto tipo le esigenze possono essere organizzatenelle seguenti categorie:• La comunicazione, rappresentata nella retedi impegni generati dagli atti linguisticiche i membri si scambiano in continuazionee che assumono prevalentementela dimensione verbale scritta[Manca, 2001].• La produzione, ossia quel processo, dinamicoe dialogico, di generazione e legittimazionedi nuova conoscenza che sitraduce nella creazione di <strong>nuove</strong> pratiche[Wenger, 1998].• La memoria, che cattura sia la conoscenzagenerata localmente che riferimenti e-sterni fatti propri dalla comunità, e li rendedisponibili ai partecipanti.•I ruoli e l’identità, cioè la funzione che ilsingolo assume all’interno della comunitàe che, mediata dal processo di apprendimento,si traduce nella costruzionedi un’identità <strong>per</strong>sonale, oltre che collettiva:noi siamo – anche – ciò che apprendiamo[Wenger, 1998].• Il monitoraggio e la valutazione, con riferimentosia all’analisi dell’efficacia dell’iniziativaformativa nella sua globalità cheall’apprendimento dei singoli [Bocconiet al, 1999; Benigno e Trentin, 1999].Da questo insieme di necessità emerge uninsieme di funzionalità che l’infrastruttura èchiamata a fornire, e più in generale un concettodi usabilità della piattaforma telematicache tenga conto non solo degli aspettifunzionali in quanto tali (che cosa posso fare)ma anche delle modalità e delle politiched’interazione (come lo posso fare).Nel seguito abbiamo cercato di classificarele esigenze di una comunità virtuale in terminidi servizi e funzioni, indicando di voltain volta in quali direzioni la tecnologiadovrebbe indirizzare la propria offerta. Comesempre accade in questi casi, la classificazionenon deve essere intesa in termini rigidi:alcuni elementi funzionali potrebberoessere collocati in più di una categoria, e talvoltala nostra scelta è stata di privilegiare lachiarezza di esposizione, rinunciando allacompletezza formale. Si noti, inoltre, chenon è immediato usare questa classificazione<strong>per</strong> organizzare i prodotti commercialiche si indirizzano alla fascia di mercato dellecomunità <strong>virtuali</strong> 9 : ogni prodotto cerca dioffrire una vasta gamma di servizi, e finisce<strong>per</strong> coprire, in un modo o nell’altro, piùd’una categoria funzionale.La comunicazionePer quanto riguarda una delle esigenze primariedi una comunità virtuale, quella dicomunicare, un sistema di supporto dovrebbein primis rendere disponibile unospazio dinamico di discussione e coo<strong>per</strong>azionestrutturabile a più livelli <strong>per</strong> argomenti,fasi progettuali, obiettivi educativi, ecc.Si noti che la piattaforma di comunicazionedovrebbe poter ospitare approcci basati sullaproduzione coo<strong>per</strong>ativa di elaborati, ilche richiede a sua volta una stretta integrazionecon la base di conoscenza che costi-


tuisce la memoria relativamente stabile dellacomunità; sia gli aspetti di produzioneche quelli di gestione della memoria sonodescritti in seguito.Devono in prima istanza essere garantite:• Modalità di comunicazione basate su testosia asincrone (bulletin board) che sincrone(chat).• Modalità di comunicazione basati suaudio (audio-conferecing), video (desktopconferencing, video conferenza),grafica computerizzata (MOO/MUD -vedi sotto).• La possibilità di connotare diversamentei vari sotto-ambienti di discussione a secondadei diversi obiettivi che in essi vengono<strong>per</strong>seguiti. La struttura dell’informazionene influenza infatti la comprensione,in dipendenza di quali relazionisiano evidenziate, di quali inferenze se nepossano trarre, e di quale debba esserel’attività logicamente conseguente [Slofferet al, 1999]. A fronte di ordini di esigenzedifferenti il sistema dovrà diversificaresia gli aspetti funzionali e organizzativi,che di conseguenza quelli di presentazionee interfaccia. Ad esempio, potràessere opportuno dedicare una conferenzaall’interazione sociale non strutturata,il classico caffè, in cui le funzionalità privileginomodalità di interazione non organizzata.Analogamente, un ambientededicato al brainstorming presenterà requisitidi strutturazione decisamente inferioria quelli di un ambiente dedicatoall’analisi sistematica di concetti strutturati.Le conferenze dedicate alla costruzionecollaborativa di artefatti, infine, a-dotteranno differenti politiche di organizzazionedei messaggi <strong>per</strong> threads.• Un help desk che fornisca ai partecipantisupporto sia sui temi tecnologici che sugliaspetti comunicativi.Ci sono poi alcune funzionalità che, sebbenenon indispensabili, possono risultaremolto utili:•L’esplicitazione della presenza onlinedi altri membri (presence awareness,[Wenger 2001]) e la possibilità di inoltrarebrevi messaggi testuali ad altri partecipanticontemporaneamente connessial sistema (instant messaging), distintadai meccanismi di chat.• Meccanismi (semi-automatici) o interfacce(manuali) <strong>per</strong> la connotazione e-splicita delle interazioni in termini di attilinguistici: nella redazione di un messaggioil partecipante può (non necessariamentedeve) indicare se si tratti, ad esempio,di una domanda, o di un commentoad un’affermazione precedente, o diun’informazione di servizio.• Modalità di organizzazione e rappresentazionedei messaggi che sfruttino prospettivee punti di vista diversi (vedi, ad e-sempio, il sistema CSILE [Hewitt e Scardamalia,1998]). Funzionalità di questotipo consentono di rileggere i processicomunicativi, ne evidenziano le fasi salientie favoriscono momenti di metariflessionedi elevato valore cognitivo.• La possibilità di registrare e ritrasmetteresessioni sincrone, utile soprattutto a chinon abbia potuto parteciparvi in diretta.• La disponibilità di un ambienteMOO/MUD 10 che ospiti interazionisincrone e integri in una metafora spazialela rappresentazione della presenza edell’attività dei partecipanti. In un MOOconcetti complessi ed astrazioni formali,frutto del processo di costruzione, godonoinfatti di una rappresentazione esternache sfrutta modalità di reificazione immediatamentefruibili.La produzioneIn questa categoria di esigenze diamo ragionedella necessità di organizzare il lavorocollaborativo attraverso un insieme distrumenti <strong>per</strong> la produttività, in grado di facilitareil processo, dinamico e dialogico, digenerazione di nuova conoscenza e la sualegittimazione, sulla base dell’interazionenegoziale da parte dei membri. A tale scopoè opportuno avere a disposizione:• Uno spazio di produzione coo<strong>per</strong>ativa esincrona (ad esempio, lavagna condivisa,condivisione di applicazioni, navigazioneweb in gruppo, ecc.) che consenta il coordinamento,la reificazione e la messa in relazionedei contributi attraverso l’uso dimetafore spaziali e il riuso dei risultati delgruppo (<strong>per</strong> facilitare riflessione, confronto,rielaborazione) [Hoppe e Gassner,2002]. Tale spazio dovrebbe inoltrepoter essere integrato con altre risorse<strong>per</strong> la produzione (database, biblioteche<strong>virtuali</strong>, ecc.).• Il controllo delle versioni e la sincronizzazionedegli accessi concorrenti in scrittura(lock, check-in e check-out 11 ).• Strumenti <strong>per</strong> la pianificazione e la gestionedei progetti (ad esempio, carte diGantt, diagrammi Pert 12 , calendari condivisi<strong>per</strong> le attività, ecc.).•Strumenti di supporto alla co-decisione(brainstorming, metaplan 13 , rilevazionedi opinioni, votazione, ecc.).11Quando un partecipantedesidera modificare undocumento condiviso siattiva una transizione dicheck-in: il documentoviene copiato sulla macchinalocale del partecipante,e la copia condivisarisulta “bloccata inscrittura” (locked); altripartecipanti potranno sololeggerla, essendoinformati del fatto chequalcuno la sta modificando.Al termine dellemodifiche, quando laversione modificata vieneinfine pubblicata (checkout),il lock viene rimossoe il documento, nella suanuova versione, ritornadisponibile in scrittura atutti gli aventi diritto.15TD25numero 1-2002 Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>


Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>16TD25numero 1-200212Il diagramma di Gantt èuno strumento di visualizzazionesul calendariodelle attività e delle lorodurate: ha struttura tabulare,dove ogni riga rappresentaun’attività e lecolonne corrispondono asegmentazioni della scalacronologica. Per ciascunaattività si tracciano dellebarre orizzontali tra ledate d’inizio e fine, distinguendotra attivitàcritiche e non critiche. Laposizione di una barradelle attività in rapportoa un’altra indica se le attivitàsono consecutive o sisovrappongono. Possonoessere inserite le cosiddettemilestones, cioè glieventi fondamentali checaratterizzano lo sviluppodel progetto.Il diagramma di PERT(Program Evaluationand Review Technique) èusato <strong>per</strong> stimare la duratadel progetto complessivo,specialmente in casidi alto grado di incertezza;il progetto viene descrittoda una strutturareticolare in cui i nodirappresentano le attivitàe gli archi sono relazionidi causa-effetto o di precedenzatemporale tra leattività. Nel diagrammadi PERT è facilmente e-saminabile il <strong>per</strong>corso critico,costituito da quellaserie di attività che con laloro successione e duratacondizionano la data finaledel progetto.Per un’introduzione (inItaliano) all’uso di strumenti<strong>per</strong> la gestione diprogetto si vedahttp://www.csai.unipa.it/people/doctors/cossentino/project/index.htm.•L’integrazione col mondo Internet, conl’organizzazione dei risultati della ricerchesu spazi Web, che dia conto dei meccanismiindividuali di ricerca e di comequesti contribuiscano a creare, attraversoopportuni processi negoziali, prospettivedi gruppo [Stahl, 2000b].• Strumenti <strong>per</strong> la gestione dell’attenzione:all’utente dovrebbe essere notificato(sul desktop, o <strong>per</strong> e-mail) ogni evento<strong>per</strong> lui rilevante intervenuto nella comunità(ad esempio, un altro utente ha caricatoun documento, o inoltrato un messaggioin una conferenza); il fuoco dovrebbeessere mantenuto sulle attività incui l’utente è coinvolto più direttamente,con eventuale attenzione “<strong>per</strong>iferica” sualtre attività. L’utente stesso dovrebbepoter configurare l’ambiente, selezionandole tipologie di evento <strong>per</strong> le quali richiedenotifica.La memoriaUn’ulteriore esigenza, altrettanto basilarerispetto a quella comunicativa, e ad essastrettamente connessa, è costituita dalla necessitàdi mantenere un corpo documentaledi riferimento, un sistema <strong>per</strong> la gestionedella memoria di gruppo, un “repositorio diconoscenza”, uno spazio di condivisione dies<strong>per</strong>ienze, storie, strumenti, soluzioni,procedure, ecc.Il materiale sarà tipicamente rappresentatoin forma di documenti, in quanto prodottidelle attività della comunità stessa ed opportunamenteintegrati con materiali prodottiall’esterno; il repositorio dovrà, inoltre,essere in grado di riorganizzarsi <strong>per</strong> accoglierei contributi che i membri introduconoal suo interno.Questo ambiente dovrebbe garantire:•L’integrazione con gli strumenti di produttivitàin uso tra i partecipanti.• La <strong>per</strong>sistenza delle interazioni (anchequelle sincrone) e la re<strong>per</strong>ibilità e facilitàdi ricerca degli elementi che costituisconola storia degli scambi intervenuti nellacomunità.•L’integrazione col mondo Internet, soprattuttonel senso di mutua integrazionecon i database prodotti da altre comunità[Hewitt e Scardamalia, 1998].• La gestione di dati multimediali (ad e-sempio, interviste registrate ad es<strong>per</strong>ti,ma anche generici filmati).• Meccanismi di organizzazione, di indicizzazionee di ricerca full-text sui documenti.In genere questi meccanismi sibasano su descrittori (metadati) dellecaratteristiche “interrogabili” dei dati.•Strumenti <strong>per</strong> la realizzazione e la fruizionedi glossari e ontologie, in grado diconsentire l’organizzazione tassonomicadei termini gergali tipici della comunitàoltre che di un dato dominio di conoscenza[Stahl, 2000a].•FAQ 14 : se adeguatamente gestita, unaFAQ rappresenta spesso un distillato dicompetenze utilissimo <strong>per</strong> un neofita nellasua transizione verso livelli di es<strong>per</strong>ienzapiù centrali, e solleva i più es<strong>per</strong>ti dallanecessità di rispondere molte volte allestesse domande; richiede tuttavia un certosforzo di organizzazione e manutenzione,che può essere agevolato da adeguatistrumenti informatici.Come già osservato, lo spazio di comunicazionee il repositorio non sono nettamentedistinti: un’ulteriore esigenza che sempre e-merge richiede di metterli in stretta relazione.Le discussioni che si sviluppano fannospesso riferimento a un documento, <strong>per</strong>commentarlo o confrontarlo con altri documenti;la cosa è ancor più evidente quandoil documento viene co-prodotto nell’ambitodelle attività della comunità. D’altra partechi legga un documento può essere interessatoa risalire ai messaggi che lo hanno citato[Stahl, 2000b]. Molti prodotti commercialidi supporto alle comunità <strong>virtuali</strong>offrono servizi sia di comunicazione che digestione documentale, privilegiando ora u-no ora l’altro aspetto; nella maggior partedei casi, tuttavia, l’integrazione dei duemondi risulta carente.I ruoli e l’identitàIl sistema dei ruoli di una comunità virtuale(tutor, facilitatore, es<strong>per</strong>to, knowledge manager,ecc.) mira a garantire l’integrazionereciproca e l’equilibrio delle due dimensioni(informativa e partecipativa), oltre a sosteneregradi diversi di ex<strong>per</strong>tise e di “prospettive”<strong>per</strong>sonali e di gruppo.Inoltre, fondamentale <strong>per</strong> l’esistenza stessadi una comunità è la valorizzazione delle i-dentità dei singoli che la compongono e delsenso di appartenenza che ogni partecipante<strong>per</strong>cepisce (e costruisce) nella definizionedel proprio ruolo. L’esigenza di gestirequesti aspetti si traduce nella necessità di disporredi un sistema di esplicitazione, mantenimentoe valorizzazione delle identità edei profili dei partecipanti che offra i seguentiservizi:• Who’s who (“chi è chi”): ogni partecipantedefinisce e pubblica una scheda di presentazionedi sé, possibilmente corredata da


fotografia, che descriva non solo il proprioprofilo professionale o scolastico, ma anchecaratteristiche <strong>per</strong>sonali quali hobby einteressi vari. In situazioni <strong>virtuali</strong> dove cisi incontra raramente (o <strong>per</strong> niente) strumentidi questo tipo consentono di ridurrela distanza “sociale” e le difficoltà connessecon la necessità di coo<strong>per</strong>are con<strong>per</strong>sone altrimenti sconosciute.• Il re<strong>per</strong>torio dei profili sopra descrittodovrebbe essere strettamente integratocon l’ambiente di gestione della comunicazionee, possibilmente, anche conquello di gestione della documentazione:dovrebbe cioè essere immediato risalire alprofilo dell’autore di un messaggio o diun documento. Ad esempio, in alcuni sistemicommerciali il formato di presentazionedell’ambiente di discussione prevedeche nel campo “mittente” di ognimessaggio appaia, oltre al nome del partecipante,anche la sua fotografia. Analoghesoluzioni possono facilitare l’interazionein un ambiente di chat.• Il controllo dell’accesso dei vari membrialle aree di comunicazione, di memoria edi produzione. L’amministratore dellacomunità deve poter conferire a singolipartecipanti o a sotto-gruppi i diritti diaccesso (in lettura, scrittura, modifica,ecc.) indipendenti <strong>per</strong> ogni sotto-area incui la piattaforma è strutturata. Si notiche i diritti d’accesso possono essere soggettia variazioni, conseguenti alla migrazionedalla <strong>per</strong>iferia al centro della comunità:a mano a mano che il singolo partecipanteacquisisce es<strong>per</strong>ienza, crescono lepossibilità d’accesso che gli sono offerte,parallelamente all’evoluzione del suoruolo.• Il sistema di gestione dell’identità può i-noltre consentire la registrazione nel profilodei partecipanti del grado di autorevolezza(reputazione), proporzionale, adesempio, al successo che ogni partecipanteha nel supportare le dinamiche dell’apprendimentocollaborativo (quante volteha soddisfatto domande rivolte alla comunitàda altri).Il monitoraggio e la valutazioneUn’esigenza importante <strong>per</strong> chi organizzicomunità <strong>virtuali</strong> è poter monitorare e valutare,sia sul piano individuale che collettivo,i processi coo<strong>per</strong>ativi di costruzione di nuovaconoscenza. Secondo Varisco [2001] lavalutazione ha carattere progressivo, longitudinalelungo tutto il processo di apprendimento,che va analizzato in modo costantee continuo; anche i prodotti e le <strong>per</strong>formancedei singoli hanno senso solo se lettiin questa prospettiva e situati nel contestodelle pratiche di apprendimento. Viene sottolineatal’importanza della valutazione trapari e dell’auto-valutazione, come forme diresponsabilizzazione e momenti essenziali<strong>per</strong> la costruzione del proprio <strong>per</strong>corso diapprendimento.Per rispondere a queste esigenze il sistemadovrebbe rendere disponibili, sia agli amministratoriche ai singoli partecipanti, serviziquali:•Strumenti <strong>per</strong> determinare chi partecipaattivamente in termini di accessi al sistema,produzione di messaggi, lettura e rispostaa messaggi altrui, documenti scaricatio modificati, ecc. In quest’ambito sonopossibili due prospettive: (a) tener fissoun determinato partecipante, e ricostruirela storia delle sua attività; e (b) fermarel’attenzione su un processo, o un filonedi discussione, o un documentocondiviso, e rilevare (sia in termini quantitativiche qualitativi) come i partecipantinel tempo abbiano contribuito, interagito,coo<strong>per</strong>ato in quella attività. In generaledovrebbe essere possibile, almenosul piano statistico, rappresentare la frequenzae l’intensità della partecipazione,con granularità che possono giungere alsingolo documento o al singolo eventosincrono.• Un meccanismo di somministrazione diquestionari e di raccolta e rilevazione automaticadelle risposte, non tanto <strong>per</strong> ladistribuzione di test quanto <strong>per</strong> la rilevazionedi informazioni relative al gradimentoe alla <strong>per</strong>cezione che i singoli hannodell’evoluzione della comunità.•Meccanismi di valutazione tra pari: ad e-sempio, alcuni sistemi offrono a chi partecipiad una discussione online la possibilitàdi “votare” la qualità dei messaggidegli altri partecipanti, eventualmentecon riferimento a vari indicatori di valore(correttezza dei contenuti, contributo all’interazione,tempestività, ecc.).• Gestione dei diari di bordo: documenticompilati <strong>per</strong>iodicamente in modo condivisoin cui si registrano gli indicatori diprocesso considerati rilevanti nella vitadella comunità.CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEAl termine di quest’analisi delle esigenze edelle funzionalità connesse alle comunità<strong>virtuali</strong>, possiamo trarre due ordini di conclusioni.13Metaplan è una modalitàdi discussione strutturataorientata al compito moltodiffusa nella formazioned’impresa.Per una descrizione in i-taliano di veda:http://www.romacivica.net/scleto/uno.htm.14L’acronimo FAQ (FrequentlyAsked Questions,domande ricorrenti) indicauna raccolta di rispostestandardizzate adomande tipiche <strong>per</strong> undato dominio di conoscenza.17TD25numero 1-2002 Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>


Comunità <strong>virtuali</strong> <strong>per</strong> l’apprendimento e <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>Da un punto di vista metodologico siamosempre più convinti che, rispetto ad un paradigmadi didattica trasmissiva, istruzionale,che privilegia l’interazione studente-docente,dovrebbe essere preferito un modellocostruttivista dove il fuoco sia posto prevalentementesul rapporto collaborativo trapari, e l’apprendimento individuale non siasolo migliorato dalla partecipazione ad ungruppo, ma sia il gruppo stesso ad imparare,in un’ottica in cui le conoscenze sono distribuitein misura variabile tra i partecipantipiuttosto che concentrate in un’unicafonte di riferimento [Salomon, 1993; DePietro e Micelli, 1999].Quest’ordine di considerazioni si riflettenecessariamente sulle impostazioni di fondoche guidano i progettisti nel disegno dei sistemiinformatici di supporto. Il ruolo delcomputer non può, quindi, essere quello dilimitarsi alla presentazione automatizzata diinformazioni fattuali; ma, piuttosto, di consentirequelle forme di collaborazione e dicostruzione della conoscenza che non potrebberoaver luogo senza mezzi di comunicazionein rete e strumenti software <strong>per</strong> losviluppo della comprensione di gruppo. Ilcomputer infatti, può, oltre che gestire lacomplessità delle discussioni molti-a-molti,offrendo la possibilità di configurarle secondoprospettive multiple, su<strong>per</strong>are i limitidella memoria umana a breve termine attraversoil supporto fornito dal testo scrittonella generazione e condivisione di documenti[Stahl, 2002].Da un punto di vista più o<strong>per</strong>ativo, un a-spetto significativo è costituito dai requisitidi flessibilità della piattaforma telematica.Per quanto sia auspicabile, da parte dichi organizza ambienti d’apprendimentocollaborativi online, un’accurata pianificazionedelle attività, delle strutture e deimateriali che verranno proposti ai partecipanti,non sarà mai possibile prevedere inogni dettaglio l’evoluzione di processi insé estremamente complessi e articolati. Nederiva l’esigenza di disporre di ambienti ilpiù possibile flessibili e configurabili, checonsentano attività e modalità di interazioneed apprendimento basate su approcci e-riferimenti bibliografici18TD25numero 1-2002Barab S. A., Duffy T. (2000), FromPractice Fields to Communities ofPractice, in Jonassen D., Land S.(Eds) Theoretical Foundations ofLearning Environments, LawrenceErlbaum Associates, Mahwah, NJ.Benigno V., Trentin G. (1999), Lavalutazione secondo il modello Polaris,in Trentin G. (a cura di) Telematicae formazione a distanza. Ilcaso Polaris, Franco Angeli, Milano,pp. 229-248.Bocconi S., Midoro V., Sarti L.(1999), Valutazione della qualitànella formazione in rete, TD - TecnologieDidattiche, n. 16, pp. 24-49.Brown A. L., Campione J. C.(1994), Guided discovery in acommunity of learners, in McGillyK. (Ed) Classroom lessons: Integratingcognitive theory and classroompractice, MIT Press, Cambridge,MA, pp. 229-272.Brown R. 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ducativi differenziati; la piattaforma nondovrebbe privilegiare l’adozione di specifichemetodiche educative penalizzandonealtre. Sarebbe cioè utile poter pianificare leattività secondo modelli precostituiti etuttavia non “cablati” e immodificabili nelsistema. Ad esempio, la struttura tipica diun processo di brainstorming prevede unafase di generazione di idee seguita da unadiscussione a<strong>per</strong>ta <strong>per</strong> finire con la selezionedelle idee: il sistema dovrebbe prevedereil supporto ad un processo di questo tipo,senza tuttavia forzarne le caratteristichedi durata e consentendo modelli alternativi.Un altro esempio è costituito dalpeer-to-peer questioning: ad ogni studenteviene chiesto di proporre una domanda efornire un set di possibili risposte; gli altristudenti scelgono quindi una risposta epoi viene loro mostrata l’opzione preferitadal primo studente; parte infine un dialogodi giustificazione e di confronto dellevarie opinioni. Anche in questo caso il sistemapotrebbe integrare funzionalità disupporto ad attività di questo tipo, senzahttp://www.co-i-l.com/coil/knowledgegarden/cop/knowing.shtmlMidoro V. (2002), Dalle comunitàdi pratica alle comunità di apprendimento<strong>virtuali</strong>, TD - TecnologieDidattiche, n. 25, pp. 3-10.Palloff R., Pratt K. (1999), BuildingLearning Communities in Cyberspace,Jossey-Bass Publishers, SanFrancisco.Persico D., Manca S. (2000), Valutazionequalitativa di un sistema dicomputer conferenza nella formazionea distanza, TD - TecnologieDidattiche, n. 21, pp. 35-41.Preece J. (2000), Online communities.Designing usability, supportingsociability, John Wiley & Sons,Chichester, UK.Resnick L. B. (1987), Learning inschool and out, Educational Researcher,n. 16, pp. 13-20.Roschelle J. (1992), What ShouldCollaborative Technology Be? APerspective From Dewey and SituatedLearning, ACM SIGCUEOutlook, 21 (3), pp. 39-42.Rogers J. 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Siamo <strong>per</strong>tantograti a Claudio Bovo, Augusto Chioccariello,Nevio Faoro, Linda Giannini, GiuseppeGiliberto, Annarella Perra, AgostinoRoncallo. La responsabilità dei contenutidell’articolo è comunque dei soli autori.riferimenti bibliograficiConference on System Sciences,Maui, Hawaii, January 1999.Stahl G. (2000a), A Model of CollaborativeKnowledge-Building, inFishman B., O’Connor-DivelbissS. (Eds) Proceedings of the FourthInternational Conference of theLearning Sciences, Lawrence ErlbaumAssociates, Mahwah, NJ,pp. 70-77.Stahl G. (2000b), CollaborativeInformation Environments to SupportKnowledge Construction byCommunities, AI & Society, n. 14,pp. 71-97.Stahl G. (2002), Introduction:Foundations for a CSCL Community,in Stahl G. (Ed) Proceedings ofCSCL 2002, Boulder, Colorado, 7-11 January 2002, pp. 1-2.Steffe L. P., Gale J. (Eds) (1995),Constructivism in Education, LawrenceErlbaum Associates,Mahwah, NJ.Trentin G. (2000), Dalla formazionea distanza alle comunità di praticaattraverso l’appendimento inrete, TD - Tecnologie didattiche, n.20, pp. 21-29.15Una versione ridotta diquesto lavoro è stata presentataal Convegno Didamarica2002 col titolo,“Ambienti <strong>per</strong> le comunitàVirtuali di apprendimento”.Varisco B. M. (1995), Paradigmipsicologici e pratiche didattichecon il computer, TD - Tecnologie Didattiche,n. 7, pp. 57-68.Varisco B. M. (2001), TecnologieDidattiche, Apprendimento e Valutazione,in Persico D. (a cura di)Atti del convegno TED, Genova,12-14 Febbraio 2001, pp. 220-235.Vygotskij L. S. (1980), Il processocognitivo, Bollati Boringhieri, Torino(ed. or. Vygotskij L. S., Mindand Society, Cambridge UniversityPress, Cambridge, MA, 1978).Wenger E. C. (1998), Communitiesof practice. Learning, meaning,and identity, Cambridge UniversityPress, New York.Wenger E. C. 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